...

L`articolo in pdf

by user

on
Category: Documents
29

views

Report

Comments

Transcript

L`articolo in pdf
MERCOLEDÌ 8 SE T TEMBRE 2010
LA SICILIA
.17
Cultura
SCAFFALE
MORGANTINA
Piovani nella musica e nel cinema
La Venere torna in primavera
CineNostrum, il festival catenoto del Cinema italiano, nella sua 5^ edizione è stato
dedicato al grande compositore Nicola Piovani. Franco La Magna e Mario Patanè
hanno curato la pubblicazione del volume «La cometa musicale di Piovani» ed. Città
del Sole, Reggio Calabria- Aci Catena, 2009, della collana CineNostrum, patrocinata
dalla Regione Siciliana, dalla Provincia di Catania e dalla Facoltà di Scienze Politiche di
Catania. L’opera contiene notevoli contributi da parte di esperti in storia del cinema e
della musica ed offre uno sguardo tridimensionale in ambito cinematografico e
musicale. Non vi si narra, infatti, solo la persona e l’artista Nicola Piovani (attraverso le
parole di un’intervista e le testimonianze di attori e registi che lo hanno direttamente
conosciuto), ma viene tracciato un percorso nell’arte e nella storia del cinema e della
musica italiani. Aneddoti, curiosità, riferimenti al processo compositivo della musica,
vengono raccontati con un linguaggio semplice, vibrante e puntuale.
ENNA.Sono già rientrati a Enna gli argenti che, recentemente, sono stati esposti alla
mostra di Shangai e che saranno messi in mostra al museo di Aidone il prossimo 15
ottobre. Lo ha detto l’assessore ai Beni Culturali, Gaetano Armao, nel corso di un
incontro che ha avuto, ieri mattina, con il presidente della Provincia di
Enna,Giuseppe Monaco, alla presenza del nuovo soprintendente ai Beni Culturali
di Enna Fulvia Caffo, del neo Parco archeologico di Morgantina, dottor Caruso, e
del Parco archeologico di Piazza Armerina, dottor Meli. Armao ha dato notizie
confortanti circa l’arrivo della Venere di Morgantina ad Aidone, nella primavera del
prossimo anno , possibilmente il giorno in cui sarà aperta al pubblico la Villa
romana del Casale, inserita tra gli avvenimenti culturali più importanti del 150°
anniversario dell’Unità d’Italia,e con la possibile presenza del presidente della
Repubblica, Giorgio Napolitano.
LAURA NAPOLI
FLAVIO GUZZONE
«Sangue di cane»
Pugno al ventre
di una Siracusa
dark e ipocrita
MARIO BARRESI
i un dolore improvviso e lancinante, come un pugno nello stomaco. Ma anche
sanguigno e mediterraneo, anzi più da
Medio Oriente che da Magna Grecia. Eppure così avvolto da quella triste nebbia dell’Est,
così spudoratamente appiccicato sulla pelle un
popolo - quello polacco - maledetto dalla storia e
crocifisso dalla speranza. È uno scorrere di storie
tremende e impossibili,
Sangue di cane (Laurana,
232 pagine, 15 euro), primo romanzo di vita - e
della vita - di Veronica Tomassini, 39 anni (nella foto di Laura Fisauli) nostra
delicatissima penna siracusana. Esce venerdì 10
in tutte le librerie d’Italia,
ed è il titolo d’esordio di
Laurana, nuova casa editrice dell’agrigentino Calogero Garlisi, legato a doppio filo a Nando Dalla
Chiesa. Ma nel retroscena del romanzo - per onor
di cronaca, più che di critica - c’è anche l’imprimatur di Marco Travaglio. «Non l’ho mai conosciuto rivela l’autrice - ma ha letto le bozze e si è battuto
per me, per la mia storia». Ma un greeting lo merita, nel tripudio della prima volta, anche Giulio
Mozzi, scrittore, talent scout e consulente editoriale: «Senza la sua generosità e la sua pazienza, non
sarei andata da nessuna parte».
Chi l’ha letto ne è rimasto entusiasta, almeno
quanto noi. «Un nuovo marchio editoriale esordisce con una nuova autrice e fa subito centro. Il romanzo di Veronica Tomassini alza il velo che riesce
a rendere invisibili le vite degli immigrati»
(Glamour). «Lo sguardo scava e accoppia le parole,
con punte di sofferta poesia. L’amore perde sempre, si sa. E tutti, cani compresi, urlano» (Rolling
Stones).
Detto con chiarezza: Tomassini ha scritto quello che voleva - e forse doveva - scrivere da una vita. L’intima epopea di un barbone polacco, malato
di alcol e di nostalgia, in una Siracusa meravigliosa e maledetta. Un viaggio nelle stazioni di una via
crucis laica, attraverso l’epistolario di una protagonista tanto anonima quanto reale. «Ma è soltanto
liberamente tratto da alcune esperienze molto
forti della mia vita», si difende lei. Che ammette:
«Forse soltanto scrivendo di polacchi potevo scrivere di un pezzo di me». Un narrare con un fascino
rauco e circense, dove il dolore è il tedium perenne di un abbaglio storico, la morte è un calice alzato, un brindisi con uno sputo di bile, tutto questo
dentro una storia d’amore, terribile e disperata.
Anni 90. Slawek, puttaniere che vive nei vagoni
morti, è un fiore nel fango. Un bastardo capace di
slanci e di generosità; l’ultimo soldato di un esercito che combatte una guerra impari nel metauniverso popolato da anti-eroi. Un basso fondo che
profuma di birra e di sangue. E che puzza di acqua
di colonia, borghese stigma di una città che finge
di non vedere. Siracusa sarebbe soltanto un espediente letterario, una parentesi incidentale. Se non
fosse per l’amara descrizione di una città amena e
distratta, spaventata da una vita intestina cocciutamente ignorata. Anche quando nelle grotte della Balza Akradina si muore di freddo - e non sono
suggestioni romanzesche, si muore davvero mentre a dieci metri continua la vita segnata da un
peccato di leggerezza, fors’anche di ottimismo. Al
crocevia dove la città visibile s’illude d’incontrare
la città invisibile, le donne eleganti ma con le calze sfilate si accontentano di fare filantropia, scambiandola per carità, innalzandola con aristocratica
ferocia a umanità. Ma c’è un bimbo, Grzegorz, che
inneggia alla vita. E una sorella laica che rimesta, e
sfiora la divinità, in questo oceano di fango. Che
sprigiona amore. Nonostante tutto. Nonostante
noi.
D
Carlo Muscetta (a
sinistra) e Rocco
Scotellaro (a
destra) in un
ritratto realizzato
dallo scrittore e
pittore Carlo Levi.
Il volume che
raccoglie le
lettere è
pubblicato dalle
Edizioni il
Girasole
Scotellaro e «l’uva puttanella»
Il volto inedito del giovane poeta-sindaco lucano nel carteggio con Carlo Muscetta
ROSALBA GALVAGNO
o scorso 23 agosto è stato presentato, sulla collina di Acitrezza, per iniziativa della vedova
Marcella Tedeschi Muscetta,
un prezioso volumetto di Carlo Muscetta, curato da Enzo Frustaci e pubblicato nella «collana di scritture Efesto» diretta dal poeta Angelo Scandurra per le sue Edizioni Il Girasole.
Ed è curioso che a pubblicare le lettere di un poeta-sindaco (Rocco Scotellaro fu eletto nelle elezioni amministrative del 1946, a soli 23 anni, sindaco di Tricarico in Lucania) sia stato
proprio un altro poeta-sindaco, Angelo Scandurra, che ha esercitato la
sua sindacatura, com’è noto, nella
città di Valverde.
Il volumetto intitolato «Rocco Scotellaro e la cultura dell’"Uva puttanella"» (Valverde 2010) raccoglie il carteggio inedito intercorso fra Rocco
Scotellaro e Carlo Muscetta dal 2
maggio 1949 al 6 febbraio 1952, preceduto da un saggio (apparso, per la
prima volta, nell’ottobre del 1954 sulle pagine di «Società», la celebre rivista comunista diretta in quegli anni
dallo stesso Muscetta e da Gastone
Manacorda), scritto per il giovane
poeta di Tricarico morto prematuramente all’età di 30 anni, il 15 dicembre 1953.
Ma chi è Rocco Scotellaro e, soprattutto, cosa si intende per cultura dell’uva puttanella? È lo stesso Muscetta che, nel suo intervento del 1954,
spiega esattamente, riportando una
lunga citazione dello scrittore lucano,
che cos’è l’uva puttanella e quindi il
significato metaforico che questa
espressione assume nel romanzo autobiografico incompiuto di Scotellaro
intitolato appunto «L’uva puttanella» (che sarà pubblicato postumo da
Laterza con una prefazione di Carlo
L
Levi nel 1955):
«L’ordine che non c’è non lo troverete come appunto è nel grappolo
d’uva che gli acini sono di diversa
grandezza anche a volere usare la più
accurata sgramolatura. Questi sono
acini piccoli, aspireni, seppure maturi che andranno egualmente nelle tina del mosto il giorno della vendemmia. Così il mio paese fa parte dell’Italia. Io e il mio paese meridionale
siamo l’uva puttanella, piccola e matura nel grappolo per dare il poco
succo che abbiamo».
«Quel disordine patologico dell’Uva», commenta Muscetta, «egli lo assumeva a simbolo, ideale e vanto della sua anarchia di artista, di disprezzo per ogni principio di organizzazione…fino a definire la cultura dell’uva
puttanella come una cultura marcata da anarchismo, immaturità, va-
Fu Carlo Levi a
presentare i due
letterati, la cui
corrispondenza
testimonia affinità
culturali e una
fraterna amicizia
INTESA DI COLLABORAZIONE PER INIZIATIVE D’ARTE E STUDIO
Burgio con Faenza per la ceramica
Il museo della ceramica di Burgio (Muceb) esce fuori
dai confini regionali e va alla ricerca di intese e
collaborazioni con enti ed istituzioni che hanno
esperienze secolari in un comparto che in passato ha
dato tanto all’occupazione, all’economia locale e
anche alla cultura. Il Muceb, con il sindaco Vito
Ferrantelli, che da anni ha sposato la causa della
valorizzazione della realtà ceramicola, vecchia e
nuova, va in trasferta a Faenza ed ottiene una concreta
collaborazione tra l’ente locale
agrigentino e la Fondazione del Museo
Internazionale della Ceramica che nei
giorni scorsi ha organizzato una
manifestazione europea di tre giorni dal
titolo «Argillà».
L’incontro tra Faenza e Burgio ha
permesso al piromo cittadino del centro
agrigentino di firmare un protocollo di
intesa finalizzato alla creazione di un
rapporto di collaborazione volto a
valorizzare il patrimonio culturale e storico dell’arte
ceramica, con la realizzazione di una serie di attività e
di iniziative come lo sviluppo della documentazione e
dell’informazione dei rispettivi musei, con studi e
ricerche, l’organizzazione di mostre temporanee, di
incontri, seminari, convegni, corsi di aggiornamento,
lo svolgimento di attività educative e didattiche, la
produzione comune di pubblicazioni scientifiche e
divulgative del ricco patrimonio ceramicolo, la
valorizzazione dei rispettivi musei e delle loro
collezione di opere, il collegamento e la collaborazione
con istituzioni ed enti analoghi a livello nazionale e
internazionale, la collaborazione con altri musei
attraverso lo scambio di opere e di competenze, oltre
al coinvolgimento di soggetti privati e pubblici con
prestito di proprie opere.
«Il Muceb vuole diventare - ha detto il sindaco
Ferrantelli nella sua relazione tenuta al liceo artistico
Ballardini di Faenza - un momento di recupero della
memoria storica e di una antica tradizione artigianale,
vecchia di oltre quattro secoli e nel contempo essere
strumento di sviluppo socio-culturale di altri comparti
come il turismo, l’agricoltura e soprattutto
l’artigianato locale in fortissima ripresa. Vogliamo
realizzare un progetto informativo e formativo,
didattico, che permetta a quanti arrivano a Burgio di
interessarsi della ceramica, della maiolica, ma anche
della storia e della presenza corposa dei beni
monumentali e artistici che la cittadina possiede in
uno scrigno che aspetta di essere solo aperto».
Il Muceb in tre mesi ha avuto più di 7000 visitatori.
L’assessore ai Beni Culturali, Armao, ha fissato al 6
gennaio del 2011 la proroga del prestito di manufatti e
reperti, oggi a Burgio, di proprietà di enti pubblici e di
collezionisti privati.
ENZO MINIO
gheggiamento narcisistico».
Fu Carlo Levi a presentare il sindaco «Pelorosso» a Carlo Muscetta, al
quale affidò anche le carte di Rocco,
che sono così passate quasi tutte per
le mani del critico che apre lo scritto
del 1954 con la sua consueta ironica
bonomìa nei confronti di Levi e con
un’affettuosa e precisissima descrizione del giovane poeta:
«Di Rocco Scotellaro mi aveva spesso parlato Carlo Levi come di una delle sue più belle scoperte in Lucania
durante la campagna elettorale per la
Repubblica. Me ne aveva parlato in
quel tono di leggenda in cui gli piace
sempre aureolare ogni sua "invenzione della verità" (per servirmi di un
concetto caro alla sua poetica). Nella
primavera del ’49 una mattina Rocco
venne a cercarmi da Einaudi. Non dimostrava i suoi ventisei anni, gracile
com’era, e con quel suo volto roseo e
lentigginoso: un ilare folletto lucano
(tale appariva) un "monachicchio".
Nella sua timidezza repressa aveva la
confidenza gentile e insieme un po’
maliziosa di bambino che già sa tanto della vita. Ma apparteneva davvero alla mitica Lucania primitiva di
Carlo Levi? "Ora mi devi sentire", disse a un certo punto, e, svolte le sue
carte, cominciò a leggermi poesie da
un manoscritto quasi pronto per la
stampa, che non solo nel titolo, ma
anche nella sua architettura, corrispondeva alla prima parte del libro
uscito da Mondadori appunto quest’estate, "È fatto giorno" (Milano,
1954)».
La sofferta e complicata trattativa
editoriale di questa raccolta sarà al
centro del Carteggio tra l’editor Carlo Muscetta, allora responsabile di
spicco della sede romana della casa
editrice Einaudi, e l’inquieto poeta
lucano che ha tentato di dar voce agli
afasici contadini del Sud.
Fly UP