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IMAM Ro 44-docum - Gruppo Modellistico Sorexina

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IMAM Ro 44-docum - Gruppo Modellistico Sorexina
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IMAM Ro 44
Questo sconosciuto.
Proprio così sconosciuto, ovviamente, non lo è; visto anche il recente rigurgito modellistico che lo
ha visto protagonista in diverse proposte, assieme al suo “genitore” l’IMAM Ro 43, valido
ricognitore navale imbarcato sulle principali unità della Regia Marina negli anni trenta.
Tuttavia non molto noto al vasto pubblico, dal momento che anche chi si è accinto a descriverne la
storia lo ha ironicamente elencato tra i “dimenticati”. Infatti la derivazione dell’idrocaccia
direttamente dal biposto Ro43 fu effettuata dall’Ing. Galasso delle Industrie Meccaniche
Aeronautiche Meridionali Romeo, senza neppure necessità di un bando di gara, semplicemente sulla
base di considerazioni di oggettiva convenienza sfruttando la possibilità di avere come istruttore il
biposto Ro43; ma ovviamente avvenne in tempi in cui oramai era ampiamente dimostrata, almeno
nel teatro Occidentale e del Mediterraneo, l’obsolescenza dell’idrocaccia a tutto vantaggio dei
caccia terrestri. Solo nel teatro del Pacifico, specialmente da parte dei giapponesi, anche se
limitatamente a specifiche condizioni, poteva esserci ancora spazio per un impiego effettivamente
operativo dei caccia idrovolanti.
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Fu così che, pur avendo mantenuto la ripiegabilità delle ali, l’IMAM Ro 44 non venne mai
imbarcato e non ebbe un ruolo concretamente operativo, salvo che per sporadici interventi della
161^ squadriglia dislocata a Lero nell’Egeo, finché le varie squadriglie, a cominciare dalla metà
1940 vennero o riconvertite con l’impiego di caccia terrestri, all’epoca prevalentemente Fiat Cr 42,
o soppresse.
Le macchine superstiti vennero così destinate alla scuole caccia, prevalentemente quella di Pola
Puntisella, dove confluirono velivoli provenienti da varie squadriglie.
Forse proprio per questa sua storia un po’ a margine e per l’indiscusso fascino che ha sempre
esercitato l’idrovolante nell’aviazione italiana, L’idrocaccia IMAM Ro44 non manca di colpire per
la sua linea simpatica e anche elegnate nonostante l’appesantimento del galleggiante principale; non
dimentichiamo che i marinai della Regia Marina tutto sommato si erano affezionati alla linea
sostanzialmete identica del suo predecessore, Il Ro43,tanto che vedendolo così accovacciato sulla
punta o sulla poppa delle loro belle navi gli avevano scherzosamente affibbiato il nomignolo di
“grillo”.
Scheda tecnica
Motore
Potenza
Apertura alare
Piaggio P. X
cv 700
11,57 m
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Lunghezza totale
Altezza totale
Superficie alare
Peso a vuoto
Peso pieno carico
Velocità massima
Velocità minima
Tempo di salita
Tangenza massima
Autonomia
Armamento
9,71 m
3,55 m
33,36 mq
1770 kg
2200 kg
316 km/h a 2500m
98 km/h
8’ 40” a 4000m
6900m
1200 km
2 mtr. Da 12,7 nel muso (attraverso il disco dell’elica)
Il Modello che ho voluto riprodurre è una macchina della 166^ Squadriglia (88° Gruppo Autonomo
Caccia Marittima) basata fino all’estate del 1940, epoca della sua soppressione, all’idroscalo di
Vigna di Valle. La basetta raffigura un ipotetico angolo di idroscalo con parte dell’hangar e gli
specialisti indaffarati a predisporre il velivolo per la rimessa, mentre l’ufficiale pilota si rilassa
fumando una sigaretta.
Il kit utilizzato è uno “short run” della Octopus/Pavla scala 1/72, non particolarmente benfatto,
anche se dotato di alcune parti in resina. Il lavoro di finitura e ricostruzione è stato decisamente
oneroso. Le pannellature sono state quasi tutte ritoccate; gli alettoni, il timone e i piani di coda sono
stati staccati per metterli in posizione rilasciata. Le piastrine, superiore e inferiore, della semiala
sinistra sono state tagliate per consentire la fase di ripiegamento; all’uopo sono stati realizzati i
supporti che venivano posizionati al momento del ripiegamento per tenere in tensione le semiali e
che in posizione di volo, ad ali spiegate, non sono presenti. Ho cercato di dettagliare il più possibile
il motore Piaggio P .X R, radiale a nove cilindri.
Le parti maggiormente visibili degli interni sono state ricostruite con dei cavetti di rame. Per
completezza ho realizzato anche il serbatoio principale alloggiato davanti all’abitacolo del pilota.
Una nota a parte merita il colore degli interni. Dopo prolungate ricerche e constatata l’ormai
riconosciuta impossibilità di arrivare ad una conclusione sicuramente certa, ho optato per un
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giallino semi-trasparente in base al seguente ragionamento (già avanzato dal altri modellisti e
ricercatori). Siccome le norme uniformi per le vernici da utilizzare per i velivoli della Regia
Aeronautica, impartite dalla DGCA, Direzione Generale delle Costruzioni e degli
Approvvigionamenti, risalgono all’Ottobre del 1941, e anche la famosa Tavola 10, citata dalla
bellissima edizione a cura del GMT “Colori e schemi mimetici della Regia Aeronautica dal 1935 al
1943”, probabilmente si riferisce a periodi successivi al 1940, mi sono riferito al manuale stesso di
montaggio e manutenzione del 1936. Detto manuale specifica che gli interni erano pitturati con
varie mani di emaillite, che corrisponde grosso modo alla vernice trasparente antri corrosione, tipo
“flat” per le imbarcazioni, che proprio completamente trasparente non è, ma ha un aspetto tipo
miele chiaro. Questo tipo di vernice, applicato come tenditela, ma anche direttamente sulle parti in
alluminio e duralluminio per preservarle dalla corrosione, assume appunto quel colore giallastro
semi-trasparente che dicevo. Ovviamente, la mia deduzione resta nel campo delle ipotesi plausibili,
non potendo, attualmente trovare riscontro in dati iconografici certi o reperti storici.
Gli esterni sono color alluminio dato che tutto l’aeromobile, tranne le parti vive di galleggiamento
che erano colorate in nero, era verniciato con varie mani di “alluminata” (che poi era ancora la
famosa emaillite con aggiunta di polveri di metallo), per motivi di preservazione dalla corrosione
degli agenti atmosferici che nelle zone marittime erano piuttosto rilevanti. Ho solo prestato
attenzione a differenziare leggermente le parti verniciate di alluminio vero e proprio da quelle
verniciate, ma di tela presupponendo, come si riesce a intuire da qualche foto dell’epoca, che
l’alluminata sulla tela assumesse una tonalità leggermente più spenta. Le vernici utilizzate in questo
caso sono le Alclad White Alluminium e Duralluminium, su un fondo di primrer grigio Tamiya e
Gloss Black Alclad, a seconda dei casi.
Ho cercato di rendere fedelmente la maggior parte dei dettagli, aggiungendo, ad esempio, i ganci
per la catapulta che, anche se non imbarcato, erano presenti sullo scarpone centrale, il tubicino di
raccordo per il pescaggio della benzina nel serbatoio dello scarpone stesso fascettato al montante di
supporto; i tiranti del timoncino del galleggiante, i tiranti dei “trimm” di coda, i reggitori dei tubi di
scappament, etc.
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La basetta
La basetta, che raffigura un immaginario angolo di idroscalo, dove, una volta sollevato dall’acqua
con le apposite gru e posto sul suo carrello di alaggio il velivolo viene praparato dagli specialisti per
il rimessaggio, cominciando dal ripiegamento delle ali; è completamente auto costruita, con gesso
legno e altri materiali. L’acqua del mare è stata realizzata con vari strati di resina bi componente E
30 opportunameti colorati con pigmenti. L’ultimo strato è stato modellato in fase di indurimento per
creare l’effetto delle onde le cui creste sono state realizzate con gel acrilico Mig, colorato ove
necessario.
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Conclusioni
Il lavoro è stato per me piuttosto impegnativo e lugno, ma infine, tra ricerca storica e realizzazione è
stato veramente appassionante lavorare a questo modello; e così si può dire che anch’io mi sono
affezionato al mio piccolo “grillo”.
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