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Il rischio di cambio e la sua copertura 1/4

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Il rischio di cambio e la sua copertura 1/4
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modulo 9
La gestione degli scambi con l’estero
lezione 100
Gli scambi con l’estero e i relativi rischi
Il rischio di cambio e la sua copertura
Le operazioni commerciali con l’estero comportano numerosi rischi, tra i quali assume particolare rilevanza (nelle transazioni con Paesi extra-Uem) il rischio di variazione del rapporto di cambio.
Ipotizziamo, ad esempio, che un importatore italiano acquisti merci per un totale di USD 100.000 presso un
fornitore statunitense, concordando il regolamento in valuta straniera a 3 mesi, e che il cambio al momento
della fatturazione sia il seguente: EUR/USD 1,2635. Il pagamento a pronti della fornitura comporterebbe un
esborso pari a E 79.145,23 (ottenuti dal rapporto 100.000 : 1,2635).
Per l’impresa importatrice il rischio di cambio consiste nella possibilità che la quotazione in prossimità della scadenza diminuisca, richiedendo cosı̀ un esborso maggiore per l’estinzione del debito in valuta.
Se, infatti, allo scadere dei 3 mesi il cambio dovesse essere, ad esempio, EUR/USD 1,2528 si avrebbe:
USD 100.000 al cambio EUR/USD 1,2528
E 79.821,20
Quindi:
costo di acquisto sostenuto
E 79.821,20 –
costo di acquisto preventivato
E 79.145,23 =
maggior costo sostenuto
E 675,97
Naturalmente è anche possibile che, al contrario, decorsi i 3 mesi il rapporto di cambio sia superiore rispetto a
quello esistente al momento della fatturazione; in tale ipotesi l’andamento delle quotazioni avrebbe per l’impresa importatrice un effetto positivo (in quanto comporterebbe un costo minore rispetto alle previsioni).
È evidente che la posizione di un esportatore italiano, che consenta alla clientela il regolamento differito in valuta delle forniture, risulta opposta a quella prospettata.
Dall’esempio proposto è agevole trarre le seguenti conclusioni:
un importatore che concorda il pagamento dilazionato della fornitura in valuta estera teme il deprezzamento della moneta nazionale nei confronti di quella estera;
un esportatore, al contrario, teme che la valuta estera, nei confronti di quella nazionale, si svaluti.
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Per un’impresa importatrice o esportatrice la soluzione più semplice da applicare per evitare il rischio connesso
alla variabilità dei cambi consiste nel pattuire con la controparte il regolamento in moneta nazionale; in tal modo, infatti, il rischio viene trasferito sull’operatore straniero.
Esistono alcune tecniche che consentono alle aziende dei Paesi dell’area euro che operano con Paesi extraUem, concordando il pagamento delle transazioni in valute diverse dall’euro, di garantirsi una copertura dal
rischio di variazione dei corsi.
Le principali sono:
la compensazione delle posizioni creditorie e debitorie per ciascuna valuta in cui l’impresa opera; si
tratta di perseguire un sostanziale equilibrio tra i flussi di riscossione e di pagamento connessi alle transazioni
con l’estero;
l’ottenimento di un finanziamento in valuta a fronte di posizioni creditorie aventi identico ammontare
e scadenza; un esportatore che concorda con l’importatore estero una determinata dilazione di pagamento
può, infatti, coprirsi dai rischi di cambio attraverso la negoziazione di un finanziamento in valuta: tale debito
alla scadenza viene estinto, utilizzando la divisa ricevuta dal cliente;
l’acquisto di valuta estera per lo stesso ammontare della propria posizione debitoria e il suo impiego in
attività fruttifere di identica scadenza (ad esempio, depositi bancari); l’importatore, però, per effettuare tale
operazione deve disporre del controvalore a pronti;
la stipulazione di apposite polizze di assicurazione presso la Sace (Sezione speciale per l’assicurazione del
credito all’esportazione);
la stipulazione di operazioni in cambi a termine, con le quali è possibile acquistare o vendere un determi-
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nato ammontare di valuta estera a una data futura, fissando il cambio nel momento in cui si compie l’operazione;
la scelta di operare sul mercato delle opzioni su cambi, attraverso le quali un operatore si riserva la facoltà
di acquistare o vendere valuta estera a una data futura e a un cambio prefissato.
1. Il mercato dei cambi a termine
Nel mercato dei cambi a termine i contraenti negoziano valute con regolamento differito; essi, in altri termini,
definiscono in anticipo il cambio che sarà applicato a termine a una determinata operazione, allo scopo di attribuire certezza ai costi e ricavi futuri.
L’eliminazione del rischio di cambio si realizza:
da parte degli importatori, acquistando a termine la valuta estera da corrispondere ai fornitori;
da parte degli esportatori, vendendo a termine la valuta estera che riceveranno dai clienti.
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Il cambio a termine (forward) di una valuta dipende da diversi fattori; tra essi, notevole rilevanza assume il
differenziale fra i tassi di interesse che maturano sulle due monete scambiate.
Per chiarire il concetto ci pare utile ricorrrere a un esempio. Un operatore italiano che ha contratto un debito
in dollari con scadenza a 3 mesi, per sottrarsi al rischio di una diminuzione del cambio (cioè, di un apprezzamento del dollaro Usa rispetto all’euro), può acquistare a pronti la valuta estera cedendo euro.
Operando in tal modo egli:
ottiene interessi sui dollari acquistati;
rinuncia agli interessi sugli euro impiegati.
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Come sappiamo, ciascuna valuta è caratterizzata da un proprio tasso di finanziamento; se il tasso dell’euro e
quello del dollaro sono uguali, gli interessi sugli euro ai quali l’operatore rinuncia corrispondono esattamente a
quelli che maturano sui dollari acquistati.
Il cambio a pronti (spot) della valuta estera è in questo caso uguale al cambio a termine (forward). La situazione prospettata non è frequente; ne consegue che il cambio a termine è normalmente diverso da quello a
pronti.
Nella quotazione certo per incerto, il cambio a termine è quello che si ottiene sommando al cambio a pronti
gli interessi sulla moneta estera e sottraendo gli interessi sulla moneta nazionale.
In presenza di una quotazione certo per incerto, possiamo quindi scrivere la seguente relazione: cioè:
cambio
a termine
=
cambio
a pronti
+
interessi sulla
valuta estera
–
interessi sulla
valuta nazionale
cioè:
cambio
a termine
=
cambio
a pronti
+
differenziale interessi tra
le due valute
Se gli interessi sulla valuta nazionale sono superiori rispetto a quelli sulla valuta estera, il differenziale interessi
assume un valore negativo e, quindi, il cambio a termine è meno elevato del cambio a pronti. Se, al contrario,
sono superiori gli interessi sulla moneta estera, il differenziale interessi assume valore positivo; il cambio a termine, pertanto, è maggiore del cambio a pronti.
esempio
Determinazione del cambio a termine
La Coral s.p.a. di Milano deve pagare fra 90 giorni un debito di yen 18.450.000 alla Kyoto Electronics Ltd. Sapendo che:
il cambio a pronti EUR/JPY è 139,8480;
il tasso dello yen è il 2,50%;
il tasso dell’euro è il 3,50%.
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"
Determiniamo il cambio a tre mesi dello yen e calcoliamo la somma pagata dall’importatore, nell’ipotesi che l’operatore
decida di stipulare un’operazione a termine.
Gli interessi per 90 giorni sullo yen ammontano a:
I=
139,8480 2,50 90
= 0,8621
36:500
Calcoliamo ora i corrispondenti interessi sull’euro:
I=
139,8480 3,50 90
= 1,2069
36:500
ll cambio a termine è dato dal cambio spot aumentato degli interessi sullo yen e diminuito di quelli sull’euro:
139,8480 + 0,8621 – 1,2069 = 139,5032
cambio a termine
È possibile pervenire al medesimo risultato calcolando direttamente il differenziale interessi e sottraendolo poi al cambio
a pronti:
I=
139,8480 ð2,50 3,50Þ 90
= – 0,3448
36:500
139,8480
cambio a pronti
–
0,3448
differenziale interessi
=
139,5032
cambio dello yen a 90 giorni
La Coral s.p.a., quindi, può cautelarsi da un andamento sfavorevole dei cambi (apprezzamento dello yen rispetto all’euro) vendendo a termine la valuta giapponese; in tal modo, essa è in grado di quantificare fin da ora l’ammontare che
pagherà fra 90 giorni:
JPY 18.450.000 al cambio a termine di 139,5032 = 18.450.000 : 139,5032 = F 132.255,03
Nella realtà operativa, i cambi a termine sono influenzati anche da altri elementi, e in particolare dalle aspettative che, non sempre razionalmente, sono formulate dal mercato circa l’andamento futuro delle monete. Il
cambio a termine in presenza di valutazioni positive circa il comportamento futuro della valuta quotata risulta
più elevato rispetto alla sua parità teorica, mentre assume valori più bassi in caso contrario.
Le quotazioni dei cambi a termine sono riportate in appositi prospetti sulla stampa specializzata.
Fonte: ‘‘Il Sole-24 Ore’’, 8 aprile 2011.
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2. Le opzioni su cambi
Il rischio di cambio può anche essere coperto con le cosiddette opzioni su cambi (currency options), attraverso
le quali l’operatore si riserva la facoltà di acquistare o vendere valuta a una data futura e a un cambio prefissato.
Vi sono, quindi, due tipi di opzioni:
opzioni che attribuiscono al compratore il diritto di acquistare valuta, dette call options;
opzioni che attribuiscono al compratore il diritto di vendere valuta, dette put options.
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Il prezzo pagato per acquistare l’opzione è detto premio.
Ad esempio, un importatore che deve effettuare un pagamento in valuta con scadenza a tre mesi può acquistare l’opzione che gli consente di ottenere (se gli converrà) fra tre mesi la valuta estera a un prezzo prestabilito, denominato prezzo di esercizio o striking price.
Egli, trascorsi i tre mesi, può scegliere la soluzione più vantaggiosa:
se la valuta estera, rispetto a quella nazionale, ha subito un deprezzamento, non utilizza l’opzione acquistata
(abbandono dell’opzione), potendo acquistare la divisa sul mercato a un cambio più favorevole;
se, al contrario, la valuta estera si è rivalutata, egli dà esecuzione al contratto, cioè si avvale dell’opzione
per acquistare la divisa al cambio prefissato, evitando di subire il peggioramento della quotazione.
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In modo analogo, un esportatore che deve ricevere un pagamento in valuta con scadenza a tre mesi può acquistare l’opzione di vendere a tre mesi la valuta estera a un corso prestabilito.
Egli, dopo tre mesi, può scegliere la soluzione più vantaggiosa:
se il valore della valuta estera è aumentato, non dà esecuzione al contratto, potendo vendere la divisa ricevuta a un cambio più favorevole;
se, al contrario, il valore della valuta estera è diminuito, dà esecuzione al contratto, vendendo la divisa al
cambio prefissato ed evitando in questo modo l’andamento sfavorevole che la quotazione ha subito nel corso dei tre mesi.
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