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L`acidificazione degli oceani
L’acidificazione degli oceani di Claudio Boccalatte L 20 misura dell’acidità o della basicità di una soluzione. In chimica si definisce “acido“ una sostanza che dissociandosi in acqua, libera ioni H+, e “base“ una sostanza che libera ioni OH - . Il PH solitamente assume valori compresi tra 0 (acido forte) e 14 (base forte). Al valore intermedio di 7 corrisponde la condizione di neutralità, tipica dell’acqua pura; a titolo di esempio, la candeggina ha un PH di circa 13, il sapone di circa 10, l’aceto di circa 3 è l’acido solforico di zero. È stato stimato che, tra il 1751 e il 1994, il PH superficiale delle acque oceaniche si sia abbassato da 8,25 a 8,14, con un corrispondente aumento della concentrazione di ioni H+. La variazione può sembrare trascurabile. Occorre, però, ricordare che la scala del PH è di tipo logaritmico, per cui ad un aumento unitario del PH corrisponde una divisione per 10 della concentrazione ionica; pertanto una diminuzione del PH di 0,1 corrisponde ad un aumento del 26% della concentrazione. Per la fine del XXI secolo molti scienziati predicono una diminuzione del PH degli oceani di 0,3 - 0,4, cui corrisponde un aumento del 100 - 150% della concentrazione ionica. All’attuale tasso di crescita dell’anidride carbonica in atmosfera, nel 2100 il PH del mare potrebbe scendere fino a 7,7, mentre, secondo le ricostruzioni paleoclimatiche, negli ultimi 2 milioni d’anni non è mai sceso sotto ad 8,1. In realtà non abbiamo nessuna misura del valore del PH degli oceani prima degli ultimi decenni; possiamo, però, effettuare delle stime sulla base di altri parametri. Una nuova minaccia ambientale per il nostro mare? a maggior parte degli scienziati oggi ritiene che l’impiego dei combustibili fossili in quantità molto elevate, caratteristico della nostra società a partire dalla rivoluzione industriale, porti alla produzione di “gas serra” con conseguenti cambiamenti climatici indesiderabili a livello planetario, come il riscaldamento globale e la conseguente fusione delle calotte polari; il principale dei “gas serra” è l’anidride carbonica (CO2). Un’altra possibile conseguenza negativa della combustione dei combustibili fossili è la cosiddetta “acidificazione degli oceani”, fenomeno che, interessando direttamente il mare, preoccupa particolarmente chi, come i lettori di questa Rivista, al mare è profondamente legato. Circa un quarto della CO2 presente nell’atmosfera va infatti a finire negli oceani dove, sciogliendosi, dà luogo ad una serie di composti chimici: CO2 libera disciolta, acido carbonico (H2CO3), ioni bicarbonato (HCO3−) e carbonato (CO32-). Il rapporto tra questi composti dipende da vari fattori tra cui la temperatura e l’alcalinità dell’acqua. In particolare l’acido carbonico è il responsabile dell’acidificazione degli oceani. Il termine acidificazione in realtà trae in inganno, in quanto l’acqua del mare non è acida, e non lo diventerà mai; rimarrà invece sempre basica (ovvero con un PH superiore a 7). Il suo PH è, però, in lenta, ma costante, diminuzione dall’inizio dell’epoca industriale, e del conseguente impiego estensivo dei combustibili fossili. Ricordiamo che il PH (termine introdotto nel 1909 dal chimico danese Søren Sørensen) è una scala di marzo-aprile 2013 Variazione del PH della superficie marina causata dalla CO2 di origine antropica tra il 1700 e il 1990. In apertura, “Allarme CO2” Ad esempio, nei ghiacciai sono rimaste intrappolate bolle d’aria, dalle quali possiamo ricavare la quantità di CO2 presente nell’aria negli ultimi 800.000 anni: questo valore non è mai salito oltre le 280 ppm (parti per milione), cui corrisponde, in condizioni d’equilibrio, un PH delle acque oceaniche superficiali di circa 8,2. Altri studi, più complessi, si basano sulla predi centinaia di migliaia, per cui la CO2 si concentra senza dei diversi isotopi del boro (∂10B e ∂11B) nelle sole acque superficiali, che sono soggette ad nelle parti calcificate degli organismi fossili mariuna diminuzione del PH senza precedenti. ni, e sembrano confermare che per gli ultimi miSecondo molti scienziati l’acidificazione degli lioni di anni il valore del PH marino non è mai oceani avrà conseguenze negative per l’ecosistema sceso sotto 8,2. Nel passato ci sono state ere (come marittimo; in particolare, a seguito di complesse l’inizio del periodo ordoviciano, circa tra 490 e reazioni chimiche, aumentando l’acidità diminui440 milioni di anni or sono) durante le quali sono sce la disponibilità complessiva di ioni carbonato state immesse in atmosfera quantità molto elevate di anidride carbonica di origine vulcanica, ma il fenomeno è durato centinaia di migliaia di anni e l’anidride carbonica assorbita dagli oceani ha fatto in tempo a trasferirsi nelle zone più profonde, diluendosi nell’enorme massa d’acqua contenuta nel mare. Inoltre, sul fondo degli oceani sono presenti grandi quantità di carbonati (sotto forma di rocce e di residui di organismi viventi), che, reagendo con l’acido carbonico, ne neutralizzano l’effetto. Oggi, invece, i cambiamenti avvengono con una scala di centinaia di anni e non Il ciclo della CO2 tra l’atmosfera e l’oceano marzo-aprile 2013 21 Altra immagine del ciclo della CO2 nella quale si evidenzia il passaggio da CO2 libera a CO2 disciolta (1), la quale componendosi con l’acqua forma acido carbonico H2CO3 (2), ed infine ioni bicarbonato (HCO3−) e carbonato (CO32-), oltre agli ioni idrogeno H+ (3) che sono alla base della variazione del PH degli oceani rigenerano più lentamente il proprio scheletro, soggetto ad erosione per effetto di onde e correnti. Analogamente alcuni molluschi (come ostriche e vongole) potrebbero essere affetti da tassi elevati di gusci deformati o troppo sottili, mentre gli in(CO32-), ioni che molte creature marine (come i coflussi sul plancton (in particolare su alcune alghe ralli, il plancton e vari molluschi) impiegano per microscopiche il cui ciclo vitale si basa sulla dispocostruire i propri scheletri o conchiglie. Sarebbero nibilità dello ione carbonato) devono ancora essere quindi a rischio le barriere coralline, in particolare studiati. quelle delle acque temperate, in quanto i coralli, a Lo studio dell’acidificazione degli oceani è nuovo causa della ridotta disponibilità di ioni carbonato, (quasi tutti gli studi risalgono agli ultimi dieci anni), e fortemente multidisciplinare, coinvolgendo settori come la chimica, la biologia, l’ecologia e la paleontologia; particolarmente importante per capire gli impatti di questo fenomeno è la chimica dei carbonati, materia complessa anche per gli addetti ai lavori. Mentre si è sempre saputo che l’aumento della percentuale di CO 2 nell’atmosfera stava portando ad una modifica del PH delle acque marine superficiali, solo recentemente la comunità scientifica internazionale è giunta alla conclusione che quest’aumento potrebbe portare Il ciclo del carbonio è normalmente in equilibrio, in quanto gli scambi tra terra, aria e mare si anad effetti negativi per dinullano. Le attività umane, come la deforestazione e la combustione dei combustibili fossili porverse forme di vita maritano ad un aumento dell’emissione di anidride carbonica verso l’atmosfera; quasi la metà di questa è assorbita dall’oceano, sia mediante fenomeni fisici che biologici ne. Si è quindi iniziato a 22 marzo-aprile 2013 Una rappresentazione del PH superficiale degli oceani. Le aree con PH più basso, come il Pacifico Orientale (viola in figura) sono quelle dove le correnti di acqua fredda e ricca di CO2 assorbita nelle zone artiche tornano in superficie discutere dell’argomento nei fori in cui si parla del cambiamento climatico, come l’autorevole United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC) Conference of the Parties (COP), organizzazione dell’ONU che ha iniziato ad occuparsi dell’acidificazione degli oceani solo nel 2007. Secondo uno studio effettuato da ricercatori dell’University of Western Australia e dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Ismar-Cnr), alcuni coralli dispongono di un meccanismo fisiologico che contrasta gli effetti negativi dell’acidificazione degli oceani. I coralli, per produrre il proprio scheletro, possono impiegare due diverse fasi mineralogiche del carbonato di calcio: aragonite e calcite. Secondo Paolo Montagna dell’Ismar-Cnr “i coralli aragonitici, ad esempio del genere Acropora o Porites, hanno meccanismi biologici di autoregolazione che permettono di aumentare il pH interno, proteggendosi in questo modo dai cambiamenti dell’ambiente”. Esistono diversi fenomeni, legati al riscaldamento globale, che dovrebbero attenuare, anche se solo parzialmente, l’acidificazione degli oceani: tra di essi il riscaldamento della temperatura del mare, con conseguente rilascio di parte dell’anidride carbonica disciolta, e lo scioglimento delle calotte polari, con conseguente immissione d’acqua dolce, l’aumento delle precipitazioni, con conseguente aumento delle particelle di roccia (prevalentemente alcaline, in quanto a base di carbonati) trascinati dai fiumi negli oceani. Sui fondali marini sono presenti grandi quantità di rocce calcaree, che con la diminuzione del PH dovrebbero dissolversi, contrastando l’effetto dell’acidificazione. Le alghe macroscopiche che sfruttano la fotosintesi clorofilliana, a differenza dei coralli, dei molluschi e del plancton, crescono meglio in acque ricche di CO2; queste alghe offrono poi un habitat favorevole a numerose specie di pesci. Occorrono altre ricerche per capire come tutti questi complessi fenomeni si combinano tra loro e quale ne sarà l’effetto globale. Altri fenomeni dovuti all’attività umana invece rafforzano l’effetto dell’acidificazione degli oceani. Un esemplare di Globigerina bulloides raccolta in campione di sedimento antartico; questa foraminifera è un componente del plancton il cui comportamento a seguito dell’acidificazione degli oceani è oggetto di particolari studi marzo-aprile 2013 23 to e dalla presenza umana (fertilizzanti, liquami e altre sostanze), che portano all’aumento della biomassa (principalmente sotto forma di plancton), biomassa che decomponendosi assorbe ossigeno e rilascia anidride carbonica. Si tratta di fenomeni locali, mentre l’acidificazione Variazioni del PH delle acque superficiali dell’oceano nei periodi glaciali e intergladegli oceani è un fenomeno globaciali (per i punti blu dei valori del pH vale la scala inversa a destra). Nello stesso grafico è raffigurato l’andamento della CO2 atmosferica (curva magenta) relativo agli le, ma vanno nella stessa direzione. ultimi 800mila anni Anche l’acidificazione, del resto, pur essendo un fenomeno globale, si presenta in maniera diversa nei vari mari del globo: alcune zone tropicali ed equatoriali, come il pacifico orientale, presentano un’acidità più elevata, forse per l’emersione di masse d’acqua fredde provenienti dalle profondità e più ricche d’anidride carbonica. Al variare delle caratteristiche ambientali gli organismi viventi possono reagire in tre modi differenti: acclimatarsi, adattarsi od estinguersi. Sicuramente, se, come sembra, il fenomeno dell’acidificazione delle acque oceaniche è destinato a durare, ci saranno organismi che reagiranno in ciascuno di questi tre modi. Non siamo, però, in grado di predire quale sarà lo stato finale, quali specie si saranno estinte, quali altre le avranno rimpiazzate, quali ecosistemi usciranno rafforzati e quali invece scompariranno. Per affrontare questa nuova minaccia alla vita maIl pteropode Cavolinia uncinate, un componente del plancton rina, le principali azioni che la comunità scientifimarino la cui risposta all’acidificazione degli oceani è oggetto di studio ca internazionale raccomanda sono due: dedicare più risorse allo studio del fenomeno, e, più in generale, allo studio dell’ambiente oceanico, ancora troppo poco conosciuto, e diminuire la quantità di combustibili fossili che bruciamo per muoverci e per produrre energia, evitando sprechi e consumi inutili o volutTre esemplari del coccolitoforide Emiliania huxleyi (un componente del plancton) caratterizzati da diversi morfotipi (forma delle celle). L’esemplare di sinistra è un esemtuari e facendo quanto più possibile plare con struttura sana, quello centrale ed ancor più quello di destra presentano una ricorso a forme d’energia alternaticrescita incompleta della struttura calcarea, che si ritiene possa essere legata ad una ve e non inquinanti, come le enermaggiore acidità dell’acqua gie rinnovabili. Vediamo quindi che l’acidificazione degli oceani, pur essendo un fenomeno distinto Le piogge acide, che contengono acido solforico e dai cambiamenti climatici che tanto preoccupano nitrico derivante dalla combustione dei combustiscienziati e politici che si occupano d’energia, ha bili fossili, possono cadere sulla superficie degli in comune le stesse cause e, come visto, anche le oceani, diminuendo ulteriormente il PH delle acsoluzioni sono le stesse; molto suggestiva è la defique superficiali delle zone più vicine alle coste delle nizione dell’acidificazione degli oceani come global regioni industrializzate. Le stesse acque sono intewarming’s evil twin (il gemello malefico del riscaldaressate da un altro fenomeno, l’eccesso di sostanze mento globale) impiegata da alcuni scienziati annutrienti originate dall’agricoltura, dall’allevamen■ glosassoni. 24 marzo-aprile 2013