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scoppiare di carcere - Centro Servizi Volontariato Salento

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scoppiare di carcere - Centro Servizi Volontariato Salento
‘
ambiente
La nostra acqua
quotidiana: attesa
per il 4 dicembre
Ottobre-Novembre 2010 - Anno V - n.44
speciale
Servizio Civile:
un bel gioco dura
poco?
a pag. 13
SCOPPIARE DI CARCERE
Viaggio in un mondo ristretto, non solo dalle gabbie fisiche,
ma anche dall’assenza di alternative possibili
M
illequattrocentoquarantuno detenuti nel carcere di Lecce con un
indice di sovraffollamento del 120%.
Il 90% fa uso di ansiolitici. 754 agenti
di polizia penitenziaria di cui il 43,5%
assente per vari motivi, 251 i poliziotti effettivi nei reparti e nelle sezioni. 8
educatori e 6 psicologi, cioè 1 educatore ogni 180 detenuti e uno psicologo
ogni 240 reclusi. 2 suicidi dall’inizio
dell’anno, 20 i tentativi messi in atto.
Alta la presenza di stranieri (il 25,7%)
e tossicodipendenti attivi (oltre il
16%). La sanità pubblica non riesce a
far fronte ai problemi: sono 80 le visite
giornaliere dei medici in carcere, oltre
24mila in un anno.
Continua a pag. 8
MEZZOGIORNO, TERZO SETTORE E BENI
COMUNI. AL VIA FQTS IN PUGLIA
S
i è tenuto a Conversano (Ba) il 29
e 30 ottobre scorso il seminario
d’avvio del percorso formativo I beni
comuni del Mezzogiorno, un’iniziativa voluta
dal Forum Nazionale
del Terzo Settore, della Consulta nazionale
del volontariato, della
Convol-Conferenza dei
presidenti di OdV, di
CSVnet-Coordinamento
nazionale tra i centri di servizio per il
volontariato, con il sostegno finanziario della Fondazione per il Sud. La proposta formativa è destinata
ai dirigenti delle organizzazioni non profit pugliesi, 30
partecipanti circa, e punta
alla elaborazione di un patto per la sussidiarietà che le
principali organizzazioni del
terzo settore pugliese...
Continua a pag. 2
le parole che contano
C’è una crepa in ogni cosa.
Ed è da lì che entra la luce.
Leonard Cohen
CONFERENZA
ORGANIZZATIVA
DI CSVNET
S
i è conclusa con l’adozione del
Manifesto “CSVnet e territorio”,
la seconda Conferenza Organizzativa
di CSVnet avviata a Roma il 26 ottobre e proseguita a Cagliari nei giorni
5-6-7 novembre 2010. Tema centrale
della Conferenza 2010, ripreso dal
Manifesto conclusivo, “I territori di
frontiera. Organizzare le sussidiarietà “in” territori e “con” territori ad
alta complessità.
Continua a pag. 3
a pag. 15
editoriale
di Luigi Russo
SISTEMACSV,
TERRITORI E RETI
L
a Conferenza organizzativa dei
72 Centri di servizi del volontariato d’Italia si è tenuta dal 5 al 7
novembre a Cagliari. La partecipazione è stata elevatissima e il dibattito di alto livello, segno che i CSV
italiani oltre ad essersi strutturati su
tutto il territorio nazionale, stanno
diventando sempre più consapevoli
del ruolo che devono avere per portare a compimento la maturazione di
tutto il Terzo Settore, nella direzione, certamente, della soggettività e
competenza tecnica, ma anche sempre più politica e di rappresentanza.
I temi intorno ai quali si è concentrata la discussione sono stati fondamentalmente tre: il “SistemaCSV”,
il “territorio”, le “reti”.
SistemaCSV, nel senso che ormai
gli elementi costitutivi dello stesso sistema, i CSV, seppure diversi
in dimensioni e configurazioni e
natura, sono ormai organicamente
interdipendenti, e sono accomunati dagli stessi valori (vision), della
stesse finalità (mission), dalle stesse
regole e modelli operativi e rendicontativi.
È dunque l’ora, questa, per fare un
passo avanti: superare cioè la fase
in cui si è agito, in buona fede certamente, attraverso azioni frammentarie, a volte condizionate dalle
lobby del Terzo settore, per portare
al centro dell’attenzione il tema del
“territorio”, con tutte le sue contraddizioni e i suoi bisogni. L’azione
dei CSV non può essere realizzata
in maniera asettica, “a prescindere”
come direbbe Totò, agendo con la
mentalità del treno in corsa alimentato da risorse esterne, che procede
comunque su due binari paralleli,
incontaminabili dalla cultura locale,
Continua a pag. 2
22
CSVS INFORMA
MEZZOGIORNO, TERZO SETTORE E BENI COMUNI
AVVIATO IL PERCORSO FORMATIVO PER DIRIGENTI E QUADRI DELLE ORGANIZZAZIONI NON PROFIT PUGLIESI
S
i è tenuto a Conversano (Ba) il 29
e 30 ottobre scorso il seminario
d’avvio del percorso formativo I beni
comuni del Mezzogiorno, un’iniziativa
voluta dal Forum Nazionale del Terzo
Settore, della Consulta nazionale del
volontariato, della
Convol-Conferenza dei presidenti di
OdV, di CSVnetCoordinamento
nazionale tra i centri di servizio per il
volontariato, con
il sostegno finanziario della Fondazione per il Sud.
La proposta formativa è destinata
ai dirigenti delle
organizzazioni non
profit pugliesi, 30
partecipanti circa,
e punta alla elaborazione di un patto
per la sussidiarietà
che le principali
organizzazioni del
terzo settore pugliese intendono
proporre alle istituzioni, la Regione
Puglia in primo luogo, nella consapevolezza che i cittadini possono svolgere un ruolo importante nella valorizzazione e nella tutela dei beni comuni, in
ossequio al principio di sussidiarietà
che è stato introdotto nella nostra Costituzione (art. 118, 4° comma) con la
riforma del 2001.
Al tema della sussidiarietà e della declinazione di questo principio in termini
di cura dei beni comuni è stata dedicata
la prima lezione del seminario, tenuta
dal Prof. Giuseppe Cotturri, docente
all’Università di Bari, che ha ripercorso la vicenda storica legata all’affermarsi del principio nel nostro ordinamento, rilevando il ruolo cruciale che
ha avuto l’attività del Forum del Terzo
Settore per la formulazione definitiva
che ha assunto l’articolo costituzionale: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono
l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di
attività di interesse generale, sulla base
del principio di sussidiarietà.”.
In questo spirito di recente il Forum del
Terzo Settore ha proposto di ragionare
sulle sfide che attendono l’Italia a partire da quanto concretamente già fanno
i tanti soggetti non profit (Libro Verde
2010): non un catalogo di richieste al
governo, secondo il modulo di vecchi
rapporti con la politica, ma un analisi schietta su se stessi e sulle proprie
organizzazioni, alla ricerca delle indicazioni sul miglioramento possibile,
su ciò che ognuno può fare, di più e
meglio, nell’interesse del Paese, sulla
base delle esperienze e delle competenze accumulate nel tempo, e soprattutto
sulla base della convinzione che l’autonomia delle forze sociali ha valore se
è capace di promuovere responsabilità
rete dei servizi sociosanitari rappresenta infatti una grande opportunità per lo
sviluppo delle iniziative di cittadinanza attiva se, come indicato chiaramente
nel corso del seminario, esse sono cor-
rettamente intese come le autonome attività che i cittadini compiono nell’interesse generale.
L’attività seminariale si è conclusa con
una lezione sul tema della rappresentanza, intesa come capacità
delle stesse organizzazioni
sociali di fare rete, superando
le logiche di autoreferenzialità e mutuo accomodamento
che spesso caratterizzano le
pratiche quotidiane nelle relazioni fra terzo settore e istituzioni pubbliche. La degenerazione di queste pratiche
ostacola lo sviluppo delle
nostre comunità, rappresentando, nel piccolo, un ostacolo al superamento della
crisi nella quale sembra imprigionato il sistema paese.
Cosa possiamo dunque fare
per arginare questo rischio?
Cosa può fare il terzo settore
per il futuro della Puglia? La
riflessione è stata avviata.
Per informazioni sugli ulteriori appuntamenti:
0832.392640
Foto: Gruppo FQTS Puglia
verso la comune convivenza.
Per il Mezzogiorno, e per la nostra regione, tale consapevolezza deve maturare nell’identità delle organizzazioni,
e proporsi concretamente nel rapporto
con le istituzioni, valorizzando le risorse delle comunità locali, individuando
l’agenda delle priorità sulle quali intervenire, i beni comuni da valorizzare e
tutelare. Si tratta a bene vedere di un
cambiamento radicale del paradigma
assistenziale, operando secondo la logica della sussidiarietà i cittadini non
chiedono nulla alle istituzione, ma
al contrario offrono qualcosa, il proprio tempo, le proprie energie, le proprie competenze, nel perseguimento
dell’interesse generale.
Nel corso del seminario si è tenuta una
tavola rotonda, coordinata da Daniele
Ferrocino, della Comunità Emmanuel,
cui hanno partecipato la Dott.ssa Anna
Maria Candela, dirigente dell’Assessorato regionale al Welfare, Francesco
Spina, Sindaco di Bisceglie, in rappresentanza dell’ANCI, il portavoce
del Forum regionale del Terzo Settore
Gianluca Budano, Piero D’Argento,
coordinatore del Gruppo regionale di
assistenza tecnica alla programmazione sociale della Regione Puglia. La discussione si è sviluppata sulle politiche
sociali regionali, quale esempio di programmazione che orienta le pubbliche
amministrazioni all’adozione d’interventi che favoriscano lo sviluppo del
capitale sociale nelle comunità locali,
nell’ambito dell’attuazione dei Piani
Sociali di Zona. La dimensione locale
sulle quali ormai va sviluppandosi la
CONTABILITÀ E RENDICONTAZIONE
DEI FONDI 5 PER MILLE
Gli obblighi fiscali che interessano le odv nel seminario promosso dal
Csv Salento, in programma a Lecce presso la sede di via Gentile 1
N
ell’ambito delle attività formative promosse dal Csv Salento
e rivolte alle odv del territorio, è in
programma per venerdì 26 novembre
alle ore 18 a Lecce, presso la sede
provinciale del Csvs in via Gentile 1,
il seminario formativo “Tenuta della
contabilità e rendicontazione dei fondi
5 per mille”.
L’incontro, della durata di tre ore, sarà
tenuto da Vito Luna. Il seminario si
propone di presentare gli obblighi fiscali che interessano le odv illustrando
le procedure per una corretta gestione
della tenuta della contabilità e della
rendicontazione del 5 per mille.
SISTEMACSV, TERRITORI E RETI
continua da pag.1
ma deve tenere conto della specificità del volontariato di quel territorio,
delle risorse, della qualità dei diversi
soggetti pubblici o privati o del sociale che lì agiscono, per realizzare
quella sussidiarietà orizzontale e verticale prevista dalla riforma del titolo
V della Costituzione.
Infine le “reti”. Rappresentano, quando ci sono e quando sono solide, la
prova della maturità del Terzo Settore di un quel territorio, ma anche
la prova dell’efficacia dei CSV. È
impossibile pensare oggi a un volontariato frammentato, fatto di singole
associazioni o sigle, che tenta di affrontare con questi limiti le sfide della complessità: non si può costruire il
Bene Comune se non vince la modalità della cooperazione e del dialogo
tra i diversi soggetti implicati. Come
direbbe Zamagni, il Bene comune si
consolida quando Stato-Mercato-Terzo Settore contribuiscono insieme,
ciascuno secondo la sua specificità, a
declinare l’efficienza con la relazionalità, la legalità con lo sviluppo e la
solidarietà.
Queste tre parole saranno il vangelo
dei CSV nei prossimi anni.
CSVS INFORMA
3
UNA PETIZIONE PER SALVARE IL VOLONTARIATO ITALIANO
È
MOBILITAZIONE NAZIONALE CONTRO LE PROPOSTE DI MODIFICA DELLA LEGGE QUADRO SUL VOLONTARIATO CONTENUTA NELLA
“LEGGE SULLA MONTAGNA”. CSV PUGLIA NET PROMUOVE UNA PETIZIONE POPOLARE
in atto una vera e propria minaccia al volontariato italiano. Infatti,
nella V Commissione della Camera dei
Deputati è in discussione il Progetto di
Legge n. 41 “disposizioni in favore dei
territori di montagna” il cui art. 5 modifica la Legge 266/91 “legge quadro
sul volontariato” in particolare l’art. 12 e l’art.
15.
Nel dettaglio la modifica
prevede:
1. di aggiungere sia a
chi gestisce i CSV e sia
a chi usufruisce dei loro
benefici, oltre alle organizzazioni di volontariato, anche tutte le onlus,
le cooperative sociali, le
associazioni sportive dilettantistiche, le associazioni bandistiche, i cori
amatoriali, le filodrammatiche, le associazioni
dilettantistiche di musica
e danza popolare;
2. di destinare almeno il
10% delle risorse di tutti
i CSV ai soli CSV che
operano in territori montani e di consentire che
la quota eventualmente eccedente le
loro attività di servizio venga utilizzata
per acquistare attrezzature, materiali e
mezzi il cui utilizzo sia strettamente
connesso alle attività di natura sociale;
3. Di estendere la tipologia di progetti
finanziabili dall’Osservatorio nazionale del Volontariato dalle emergenze
sociali, tradizionale area di intervento
dei progetti, agli interventi nei territori
montani e nelle aree territorialmente
marginali.
Inoltre nell’incontro della Commissione del 5 ottobre scorso è stato deciso di
inoltrare alla Presidenza della Camera
la richiesta di trasferimento alla sede
legislativa del Senato, del progetto di
legge. Questo significherebbe saltare
a piè pari tutto l’iter della Camera per
far traghettare direttamente al Senato il
progetto di legge.
CSVnet, CSV Puglia Net, il Forum del
Terzo Settore, la Consulta Nazionale
blica amministrazione, alle auto blu,
all’evasione fiscale. Per il volontariato
meridionale, che sta già subendo gravi
danni per effetto della crisi finanziaria
internazionale che ha tagliato di oltre
il 50% le risorse disponibili, tutto questo potrebbe significare il tracollo e la
del Volontariato presso il Forum e la
ConVol esprimono profonda preoccupazione e dissenso in merito alle ipotesi di modifica, inaccettabili tanto nel
metodo quanto nei contenuti.
Caustico il commento di Luigi Russo, presidente del CSV Salento: “È
veramente preoccupante questa idea
del leghista Giorgetti, presidente della
Commissione Bilancio della Camera,
di una normativa pensata per la giusta
valorizzazione delle comunità montane ma che va a colpire il mondo del volontariato. Quelle risorse potrebbero,
invece, essere reperite in altri settori,
magari nei tagli agli sprechi della pub-
chiusura dei Centri Servizio. La Lega
fa solo gli interessi del suo territorio e
delle sue lobby di interesse. Noi difendiamo il valore di tutto il volontariato
italiano”.
IL SOSTEGNO DELLA POLITICA
“È un progetto di legge gravissimo, criminale”, dichiara senza mezzi termini
l’Assessore regionale pugliese al Welfare Elena Gentile . “Ancora una volta
si mina il patrimonio del Sud per mano
di politici del Nord, in un momento peraltro cruciale, come quello della crisi
che sta mettendo in grave sofferenza
famiglie, singoli, imprese, istituzioni e
a cui il mondo del volontariato sta for-
nendo, attraverso la sua enorme competenza e le sue straordinarie energie,
un supporto eccezionale e indispensabile. Che è il supporto della solidarietà
e della coesione sociale”.
Anche sulla procedura annunciata,
l’assessore regionale Elena Gentile ha
toni netti: “Trovo
gravissimo che si
possa modificare
così profondamente una legge come quella
del volontariato,
senza chiamare
attorno ad un tavolo i principali
protagonisti”.
“Proprio nei
giorni
scorsi - dichiara il
Segretario provinciale PD Salvatore Capone
- in occasione
della presentazione del rapporto “Visti da noi”,
abbiamo avuto
una dimostrazione concreta della
rilevanza del ruolo e del lavoro svolto
dal CSV Salento e dalle organizzazioni
di volontariato nel campo del sociale e
non solo, in provincia di Lecce. Oggi,
il provvedimento in esame propone di
sottrarre fondi ai CSV per dirottarli a
beneficio di altri tipi di organizzazioni
no-profit, per le quali sono già previsti
altri strumenti di sostegno, situate nei
territori montani. Oltre alla confusione tra strumenti normativi, è evidente
come il Salento, non essendo montano,
risulterebbe fortemente penalizzato
dall’adozione di tale misura”.
Daria Caione
LE CONCLUSIONI DELLA CONFERENZA ORGANIZZATIVA DI CSVNET
L’IMPORTANZA DEL RADICAMENTO TERRITORIALE DEL SISTEMA CSV AL CENTRO DEL MANIFESTO CONCLUSIVO “CSVNET E TERRITORIO”
S
i è conclusa con l’adozione del
Manifesto “CSVnet e territorio”,
la seconda Conferenza Organizzativa
di CSVnet avviata a Roma il 26 ottobre e proseguita a Cagliari nei giorni
5-6-7 novembre 2010. Tema centrale
della Conferenza 2010, ripreso dal
Manifesto conclusivo, “I territori di
frontiera. Organizzare le sussidiarietà “in” territori e “con” territori ad
alta complessità: reti, autonomie ed
integrazioni per il volontariato” con
l’obiettivo di approfondire i presupposti dell’essere rete e il modo mi-
gliore di organizzarsi per gestire insieme le sfide future del sistema. Al
centro della riflessione il “territorio”
inteso sia come spazio su cui organizzare la rete delle componenti del sistema CSVnet in una dinamica locale
e nazionale, sia come comunità - bacino dei bisogni, nella duplice veste
di luogo del governo (come insieme
delle organizzazioni di volontariato)
e di beneficiario (come mondo del
volontariato). “Il Sistema Csv intende perseguire e promuovere processi
di identità e di sviluppo sostenibili ed
efficaci, ancorati irrinunciabilmente ai territori dove le organizzazioni
di volontariato nascono, crescono ed
operano”, si legge nel Manifesto, che
si propone come riferimento identitario del Sistema. Territori rispetto ai
quali “le componenti del SistemaCSV
sono chiamate ad essere attori portatori di intenzionalità”, interpretando
e garantendo “la funzione di interfaccia e relazione tra interlocutori/
risorse/istanze locali e interlocutori/
risorse/istanze sovralocali”. Nessun
territorio è riducibile ad unum per-
ché, al suo interno, si presentano molteplicità irriducibili, è caratterizzato
da disomogeneità e presenta attori
contraddistinti anche da differenze,
frammentazioni,
contrapposizioni,
pluriappartenenze, punto di partenza
e valore aggiunto dell’attività di ciascun Csv, che si riconosce “espressione di una base sociale di cui tutela e
promuove l’identità e le funzioni e a
cui richiede coinvolgimento e responsabilità”.
Antonio Carbone
ASSOCIAZIONI
4
LA POESIA PER “IL GALANTUOMO”
SI RINNOVA PER IL QUINTO ANNO LA FORTUNATA INIZIATIVA DELL’ASSOCIAZIONE DON DI NANNI ALIAS LI SCUMBENATI,
APERTA PER LA PRIMA VOLTA ANCHE AI CITTADINI ALBANESI. LA SCADENZA DELLE ISCRIZIONI PREVISTA IL 15 FEBBRAIO 2011
D
opo il successo delle scorse edizioni si rinnova anche quest’anno
l’impegno dell’associazione di volontariato “Don Di Nanni alias Li Scumbenati” nella promozione del quinto
concorso internazionale di poesia “Il
Galantuomo”. Il concorso, aperto anche quest’anno agli adulti ed
agli studenti delle scuole di
ogni ordine e grado del Salento (Lecce, Brindisi e Taranto) e
agli ospiti degli istituti di pena
della regione Puglia, per la prima volta con questa edizione
si rivolgerà anche agli adulti e
studenti di ogni ordine e grado
dell’Albania. Una novità che
viene ulteriormente a rafforzare
il legame che già lega a questa
nazione l’associazione Don
Di Nanni, impegnata per il secondo anno consecutivo in un
progetto di adozione a distanza
di bambini albanesi, grazie alla collaborazione con Avsi. C’è tempo fino al
prossimo 15 febbraio 2011 per parteci-
pare al concorso con una poesia in lingua o vernacolo salentino per gli ospiti
degli istituti di pena, con l’aggiunta del
grecanico per gli studenti delle scuole
salentine. Mentre gli adulti e studenti
albanesi potranno presentare un poesia
in lingua italiana. “Negli anni scor-
pazioni nell’ultima edizione, nella
quale sono stati assegnati 63 premi”.
Significativa la partecipazione, alla
quarta edizione, di 15 detenuti “dalla
insospettata preparazione scolastica e
linguistica” come commenta Arigliani,
appartenenti a nazioni come Colombia,
si abbiamo avuto una partecipazione
straordinaria” commenta il presidente
Achille Arigliani. “Ben 411 parteci-
Algeria, Ghana, Brasile, a denotare il
carattere internazionale dell’iniziativa.
80 i premi che si prevede di assegnare
UN CICLAMINO PER GUARIRE
DALLA FIBROSI CISTICA
VIII SETTIMANA NAZIONALE PER LA RICERCA SULLA FIBROSI CISTICA:
OLTRE 700 PIANTE VENDUTE DALLA DELEGAZIONE SALENTINA
S
i è svolta in tutta Italia dall’11 al
17 ottobre l’VIII Settimana nazionale della ricerca sulla fibrosi cistica, promossa dalla Fondazione per
la ricerca su questa patologia. Proprio
allo scopo di raccogliere fondi e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla
malattia genetica grave più diffusa,
il fiore simbolo della ricerca – il ciclamino – ha colorato 300 piazze in
tutta Italia lo scorso sabato 16 ottobre, grazie anche all’entusiasmo e
all’aiuto offerto quest’anno dai giovani dell’associazione Round Table
Italia, impegnati a coadiuvare la raccolta fondi. 5 le piazze salentine interessate dall’iniziativa - piazza Mazzini e S. Oronzo a Lecce, piazza S.
Pietro a Galatina, piazza Aldo Moro
a Maglie, piazza Paisiello a Tricase –
coordinata dalla giovane delegazione
salentina della Fondazione, costituita
a gennaio di quest’anno ma che può
contare già su risultati di rilievo. “La
nostra è stata la delegazione che ha
venduto di più in Italia – conferma
Francesca Musardo, responsabile
della delegazione salentina – con la
vendita di oltre 700 piante in tutta la
provincia e una maggiore risposta
nei piccoli centri più che nel capoluogo leccese, forse più assuefatto ad
iniziative di questo tipo”. Risultato
ancora più positivo ove si consideri
che la fibrosi cistica, al contrario di
altri mali più diffusi e percepiti come
i tumori, è una patologia che pochi
conoscono. “Eppure se si considera
che ogni 2500 bambini uno nasce
malato, che ci sono circa 200 nuovi
casi all’anno e che nel paese il 4%
della popolazione si rivela esser fatta
da portatori sani del gene che causa la malattia, forse si può cogliere
l’importanza che la ricerca in questo
settore ha” continua. Con una critica
amara che riguarda direttamente la
nostra regione, priva di uno screening
neonatale che consentirebbe di fare
una diagnosi precoce della malattia.
Offrire nuove speranze di cura ai malati è la mission che la Fondazione
per la ricerca si prefigge da 13 anni
anche e soprattutto grazie all’impegno e all’entusiasmo dei volontari
delle delegazioni locali, come quella
salentina, che hanno bisogno, però,
del sostegno di tutti.
Daria Caione
nell’edizione di quest’anno, con l’attribuzione al primo classificato di una
statuetta di cartapesta riproducente “Il
galantuomo” (titolo di un periodico
mensile di Don Giovanni Bosco) e di
manufatti in pietra leccese per gli altri
premiati, realizzati dalla stessa associazione. La premiazione, che
si svolgerà nel mese di maggio
2011 a Lecce, in carcere e in Albania, sarà allietata da momenti
di spettacolo e vedrà la partecipazione di personaggi illustri e
autorità cittadine. Illustri come
i componenti della giuria di 8
elementi che assegnerà i premi,
“composta dai migliori scrittori
dell’area salentina” come tiene
a sottolineare il presidente. Regolamento del bando e scheda
di iscrizione al concorso sono
disponibili anche sul sito www.
csvsalento.it nella sezione “Bandi di gara”.
Daria Caione
“LA FORTUNA DI
SALVARE UNA VITA”
A TRICASE REALIZZATO UN DOPPIO ESPIANTO DI MIDOLLO OSSEO, UNO DA
DONATORE NON FAMILIARE SOCIO DELLA SEZIONE LOCALE DELL’ADMO
L
a donazione del midollo osseo è
ancora oggi l’unica speranza di
guarigione e di vita per migliaia di malati. Una speranza spesso remota ma
che porta ancora di più ad apprezzare
eventi come quello avvenuto nell’ospedale Panico di Tricase, interessato lo
scorso 20 ottobre da un doppio espianto. “L’impianto delle cellule dal midollo era l’unica possibilità di cura che i
due malati avevano – ha detto il Vincenzo Pavone, direttore della divisione
di ematologia dell’ospedale, che ha
eseguito gli espianti insieme al direttore del Sit (Servizio Immuno Trasfusionale) Angelo Ostuni. Affermo questo
per sottolineare l’importanza della donazione di midollo osseo e l’importanza che i donatori siano sempre di più:
quanti più siamo più vite umane salviamo”. La difficoltà di trovare la compatibilità tra donatori e pazienti è ancora
oggi il principale ostacolo con cui convivono quotidianamente le associazioni di donatori di midollo osseo. Tanto
che, significativamente, l’iscrizione nel
registro dei donatori è consentita solo
alle persone di età compresa tra i 18 e
i 40 anni, che hanno maggiori probabilità di essere chiamati prima del raggiungimento della soglia limite per la
donazione, fissata nei 50 anni d’età.
Ciò nonostante l’iscrizione al registro
regionale, che fa parte di un più ampio
registro nazionale e addirittura mondiale, non è un investimento a perdere.
“Lo dimostra il caso di Tricase, in cui
uno dei donatori era socio dell’Admo, o
quello del donatore che 4 anni fa ha donato le proprie cellule staminali ad una
ragazza inglese” ci tiene a sottolineare
Mimmo Turco, presidente dell’Admo
Tricase. “Casi come questi sono rari,
è vero, ma rappresentano una duplice
opportunità: l’unica speranza per tanti
malati di qualsiasi età, ma anche una
fortuna per chi, iscritto al registro,
venga chiamato a donare. La grande
fortuna di aver salvato una vita”. Il primo passo per chi volesse iscriversi al
registro dei donatori di midollo osseo è
quello di recarsi presso una delle sezioni locali dell’Admo, per poi effettuare
l’esame del sangue necessario alla tipizzazione.
Chi fosse interessato può rivolgersi
a: Mimmo Turco, Admo Tricase, tel.
335/365656 o Francesco Gannuzzi,
Admo Lecce, 0832/661919.
Daria Caione
IMMIGRAZIONE
5
CARITAS MIGRANTES, LA PUGLIA DEGLI “SBARCHI”
S
È LA PRIMA REGIONE IN ITALIA PER GLI SBARCHI E PER LA RICHIESTA DI REGOLARIZZAZIONE DELLE ASSISTENTI FAMILIARI. CONTENUTA LA PRESENZA,
SOLO 84.320 I RESIDENTI, IL 2% DELLA POPOLAZIONE PUGLIESE. AGRICOLTURA E SERVIZI I SETTORI DI MAGGIORE IMPIEGO
ono quasi 5 milioni i residenti
stranieri nel nostro paese (un immigrato ogni 12 residenti), una presenza triplicata nell’ultimo triennio. È
il primo dato significativo che emerge
dal Dossier statistico 2010 – XX
Rapporto immigrazione” realizzato da Caritas – Migrantes presentato nei
giorni scorsi. Il dossier
evidenzia come il rapporto poi tra spese
pubbliche sostenute
per gli immigrati e i
contributi e le tasse
da loro pagate va decisamente a vantaggio del sistema Italia
(9miliardi e 950milioni di uscite nel 2008 a
fronte di 10miliardi e 820
milioni di entrate). Infatti
dai dati del Dossier emerge
che gli immigrati assicurano un
contributo notevole all’economia italiana, pagando 7,5 miliardi di euro di
contributi previdenziali e dichiarando
al fisco un imponibile di oltre 33 miliardi di euro.
All’interno del dossier statistico nazionale anche la situazione della Puglia. “I numeri che presentiamo, più
che servire a contare le persone ci
fanno capire che le persone contano”.
Così il delegato regionale Caritas per
la Puglia,
Don Maurizio Tarantino nei giorni
scorsi ha presentato la sezione Puglia
del dossier.
Di fatto, la presenza degli stranieri
in Puglia è ancora relativamente bas-
sa, soprattutto se confrontata con i
dati delle altre regioni italiane: solo
84.320 residenti stranieri al dicembre
2009, il 2,1 % della popolazione totale (4.084.035 di residenti), a fronte
del 7 % registrato in media in
Italia con livelli più alti in
Lombardia, che accoglie
un quinto dei residenti
stranieri (23,2 % della
popolazione regionale), Veneto (11,3%)
ed Emilia Romagna
(10,9%). La Puglia,
nella classifica delle regioni italiane
si colloca così al
14esimo posto, sebbene abbia registrato
un incremento significativo delle presenze tra
il 2008 e il 2009, stimabile
nel 14%. Albania, Romania,
Marocco, Cina e Polonia le
prime 5 nazionalità presenti nella
nostra regione nel 2009. La Puglia ha
invece il primato in Italia per il numero di sbarchi e le richieste di regolarizzazione degli assistenti familiari.
L’agricoltura è il principale settore
di occupazione degli immigrati nel
territorio regionale (31,7%) con una
spiccata concentrazione nel foggiano,
seguito da servizi (40,6%) e industria
(25,6%). Un capitolo del Dossier è poi
dedicato ai detenuti in carcere: anche
qui il dato è in aumento, in Puglia il
18% dei detenuti è straniero, una percentuale nettamente inferiore a quella nazionale (37%) e nel sud d’Italia
superiore solo alla Campania (13%).
Una nota negativa proviene – secondo il rapporto Caritas Migrantes – dai
dati relativi al numero di corsi di alfabetizzazione italiana, poiché le cifre
dimostrano l’inesistenza di questo
tipo di attività all’interno degli istituti
pugliesi.
Altra problematica che non va sottovalutata è quella legata alla seconda
generazione. Bambini e adolescenti
che nascono in Puglia e che poi frequentano la scuola con non poche criticità (oltre un forte nucleo albanese,
ci sono altre comunità presenti in Puglia, quali rumeni, marocchini, cinesi)
necessitano di attenzione e di concrete
politiche inclusive. Secondo i dati del
Dossier Caritas/Migrantes il 38,5%
degli alunni della scuola primaria pugliese è straniero. La maggior parte di
questi, è nato in Italia.
Daria Caione
ACCOGLIENZA, LA CORTE DÀ RAGIONE ALLA PUGLIA
LA LEGGE ERA STATA IMPUGNATA DAL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MA LA CORTE HA RESPINTO IL RICORSO: SÌ ALLE
CURE URGENTI E ALLA SCELTA DEL MEDICO DI BASE PER GLI STRANIERI SOLO TEMPORANEAMENTE SOGGIORNANTI
S
i tratta della sentenza della Corte
Costituzionale (n. 299/2010) del
22 ottobre scorso con la quale la Corte
respinge quasi per intero il ricorso presentato dal Presidente del Consiglio
dei Ministri contro molte disposizioni
contenute nella Legge Regione Puglia
32/2009 (“Norme per l’accoglienza,
la convivenza civile e l’integrazione
degli immigrati in Puglia”).
Viene dichiarata infondata la questione di legittimità di diverse disposizioni. Di particolare interesse è il giudizio sulle disposizioni in materia di
assistenza sanitaria.
Infatti la legge regionale n. 32/2009
prevede che gli stranieri assistiti con il
codice STP abbiano diritto alla scelta
del medico di base (cosa non prevista
dalle disposizioni nazionali). La Corte
dichiara legittima questa disposizione,
dato che non altera le restrizioni sul
tipo di cure cui lo straniero irregolarmente soggiornante ha diritto (cure
urgenti o essenziali, anche a carattere
continuativo).
La legge regionale prevede anche che
ai cittadini comunitari presenti sul territorio regionale che non risultano assistiti dallo Stato di provenienza, privi
dei requisiti per l’iscrizione al SSR e
che versino in condizioni di indigenza,
sono garantite le cure urgenti, essenziali e continuative attraverso
l’attribuzione del codice ENI (europeo non in regola). Le modalità
per l’attribuzione del codice ENI
e per l’accesso alle prestazioni,
sono le medesime individuate per
gli STP. La Corte, dichiara legittima anche questa disposizione, osservando come essa sia coerente
con l’interpretazione delle disposizioni del D.Lgs. 30/2007 offerta
dalla Circolare del Ministero della salute 19/2/2008.
La questione è rilevante e di peso
per le conseguenze che reca. Infatti quella circolare indicava
come il fondamento del rilascio
del codice ENI fosse proprio nel
principio costituzionale della tutela del diritto alla salute (art. 32 della
Costituzione). Ora, è la stessa Corte
Costituzionale a benedire quella tesi,
mettendo al riparo la circolare dai tagli del governo centrale.
Le disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime dalla Corte sono
invece solo due: quelle che garantiscono il diritto di difesa dello straniero soggiornante a qualunque titolo (si
tratta infatti di materia di competenza
statale); l’applicazione dei principi della Convenzione ONU 18/12/1990 sui
diritti dei migranti e delle loro famiglie
(la Convenzione non è stata ratificata
dall’Italia e le Regioni non possono dare esecuzione ad accordi
internazionali indipendentemente
dalle leggi di ratifica).
“E’ una vittoria sul fronte delle politiche di salute, ma anche
di tutte le politiche di settore – è
l’esordio soddisfatto dell’assessore regionale al welfare Elena Gentile che aveva promosso e portato
in Consiglio regionale quella legge fino alla sua approvazione. Ma
è anche una vittoria di civiltà e di
chiarezza. Abbiamo avuto ragione
– conclude la Gentile - e la Corte
ci ha restituito quello che la legge
già ci attribuiva: la possibilità di
legiferare su questioni di esclusiva competenza regionale. Ora
possiamo solo andare avanti”.
Daria Caione
DISABILITÀ
6
LA DISABILITÀ TRA IMMAGINI, ESPERIENZE, EMOTIVITÀ
“
I RISULTATI DEL RAPPORTO CENSIS SULLA PERCEZIONE DELLA DISABILITÀ IN ITALIA. NEI CONFRONTI DEGLI OLTRE 4 MILIONI
DI DISABILI PARTECIPAZIONE UMANA MA ANCHE PAURA E UN PO’ DI IGNORANZA
La disabilità tra immagini, esperienze, emotività” è il titolo del
primo rapporto che il Censis dedica
alla percezione sociale della disabilità,
prendendo a riferimento le conoscenze su quattro tipologie di disabilità
collegate a sindrome di Down, malattia di Parkinson, sclerosi multipla
e autismo.
Sotto la lente di ingrandimento i 4,1
milioni di persone disabili che vivono
in Italia, secondo le stime del Censis,
pari al 6,7% della popolazione, e i sentimenti prevalenti nei confronti della
disabilità, che oscillano tra la partecipazione umana e la paura. Se, infatti,
le persone disabili suscitano in gran
parte degli italiani sentimenti positivi, come la solidarietà (per il 91,3%),
l’ammirazione per la loro forza di volontà e la determinazione che comuni-
cano (85,9%), il desiderio di rendersi
utili (82,7%), sono tuttavia diffusi anche sentimenti controversi, imbarazzo
e disagio. Il 54,6% degli italiani prova
paura, per l’eventualità di potersi trovare un giorno a dover sperimentare
la disabilità in prima persona o nella
propria famiglia. Poi c’è il timore di
poter involontariamente offendere o
ferire la persona disabile con parole e
comportamenti inopportuni (34,6%).
Mentre il 14,2% degli italiani afferma di provare indifferenza, perché il
problema della disabilità non li tocca
minimamente.
Le persone disabili sembrano ancora scontare invisibilità, ignoranza e
pregiudizi. Due terzi degli intervistati (66%) ritengono che soprattutto le
persone con disabilità mentale sono
accettate solo a parole dalla società,
ma nei fatti vengono spesso emarginate. Quasi un quarto del campione
(23,3%) ha un’opinione ancora più negativa, ritenendo che non c’è nessuna
accettazione sociale, perché la disabilità mentale fa paura e queste persone
si ritrovano quasi sempre discriminate
e sole. Solo il 10,7% degli intervistati
ritiene che invece sono accettate pienamente e che nei loro confronti c’è
disponibilità all’aiuto e al sostegno.
C’è una disabilità che si vede e una invisibile. La maggioranza degli italiani
ha una immagine della disabilità esclusivamente in termini di limitazione del
movimento (62,9%), il 15,9% pensa a
una disabilità intellettiva (il ritardo
mentale o la demenza), il 2,9% a una
disabilità sensoriale (sordità o cecità),
mentre il 18,4% associa il concetto a
un deficit plurimo, ossia alla combina-
zione di due o più disabilità.
Resistono i falsi miti e i luoghi comuni. Ma quanto è diffusa tra gli italiani
la corretta conoscenza di alcune specifiche forme di disabilità? L’82,9% del
campione afferma di conoscere la sindrome di Down, segue la malattia di
Parkinson (66,5%) e la sclerosi multipla (64,9%), mentre il livello più basso di conoscenza si rileva a proposito
dell’autismo (noto solo al 59,9% del
campione). Ma anche tra chi afferma
di sapere di cosa si tratta, le informazioni appaiono generiche e superficiali. E le convinzioni errate sembrano
essersi sedimentate, all’interno di una
sorta di rumore di fondo informativo,
come effetto di una comunicazione
mediatica che sul tema è spesso confusa e sensazionalistica.
Daria Caione
IL SALENTO SCOPRE GLI SPORT PARALIMPICI
L
GRANDE SUCCESSO PER LA GIORNATA NAZIONALE DELLO SPORT PARALIMPICO SVOLTA A LECCE LO SCORSO 14 OTTOBRE.
250 ATLETI DISABILI ALL’INSEGNA DI UN UNICO SLOGAN: “LO SPORT È UNO SOLO ED È PER TUTTI”
’obiettivo è stato raggiunto: il 14
ottobre scorso lo sport paralimpico ha dato uno “scossone” al Salento.
Quanti disabili e famiglie, quanti “normodotati” e famiglie hanno finalmente capito che “lo sport è uno solo ed è
per tutti”, che tutti possono divertirsi,
crescere, e i migliori, diventare campioni, con lo sport. Al Palazzetto dello Sport Ventura di
Lecce, una delle tredici città
italiane scelte per celebrare
la V Giornata Paralimpica, la
manifestazione organizzata
dal Cip Puglia e dalla Fondazione Enel Cuore Onlus è
stata un successo.
Duecentocinquanta
atleti
disabili(dalla coppia Campione d’Italia di danza sportiva
formata da Antonella Sterlacci e Vincenzo Ignomiriello,
agli atleti del tennistavolo,
dello show-down, del Judo,
del calcio a 5 e del basket in
carrozzina) e sugli spalti centinaia di studenti di ogni ordine e grado, hanno fatto vivere
un momento di integrazione,
una grande giornata di sport
e amicizia, di superamento delle barriere mentali, culminata quando intorno a mezzogiorno hanno fatto il
loro ingresso nel PalaVentura i cestisti
professionisti della New Basket Enel
Brindisi. La Giornata, organizzata con
il patrocinio di Regione Puglia, Provincia e Comune di Lecce, ha visto
la partecipazione di diciotto società
pugliesi: Gargano Giovinazzo; Elos
Bitonto; Sport Insieme Sud Barletta;
Delfino Taranto; il Sole Taranto; Uic
Bari; Ascus Uic Lecce; Astra Bari; H
Bari 2003; Filanto 2001 Lecce; Lupiae
Lecce; Utopia Lecce; Gruppo Sportivo
Silenziosi Lecce; Unione Sportiva Sa-
fondimento su organizzazione e attività del Cip, doping e riabilitazione,
tutela sanitaria e protesi, rapporti con
la scuola, disabilità mentale e progetti
di formazione ideato da Coni Lecce e
Cip provinciale rivolto a tecnici, medici, insegnanti di sostegno, esperti
della riabilitazione, ma anche ad atleti
lentina Lecce; Judo Club Olimpia Lizzanello; Cuban Club Danza Sportiva.
Più di duecento partecipanti e quindici
relatori hanno partecipato nella giornata successiva al Convegno tecnicoscientifico sul tema “Una storia lunga
50 anni: dallo sport-terapia allo sport
paralimpico”, una giornata di appro-
diversabili e normodotati.
“In questi 50 anni, a partire dalle
Olimpiadi di Roma - ha affermato in
videoconferenza il Presidente Nazionale del Cip Luca Pancalli - abbiamo
fatto veramente la storia ed abbiamo
trasformato il concetto di disabilità,
oggi finalmente intesa come risor-
sa del Paese. Il Cip è uno strumento
attivo che fa dello sport un mezzo
di speranza per migliaia di atleti, di
educazione, di integrazione sociale e
di agonismo”. I lavori sono poi proseguiti con le relazioni di: Vincenzo
Castellano, Antonio Spataro, Marco
Bernardi, Angelo Tornese, Gennaro
Verni, Francesco Manfredi,
Giuseppe Piccinno, Marinella Ambrosio, Marco
Borzacchini, Costanzo Mastrangelo, Michele Giorgio,
Alfredo Pagliaro.
“Sono stati due giorni intensi - ha dichiarato il delegato
provinciale del Cip, Antonio
Vernole -, che hanno messo
al centro dell’attenzione le
persone con disabilità che
hanno necessità di praticare sport per fini terapeutici
e per una vera integrazione
sociale. Spero che queste
giornate siano la base di
partenza per promuovere e
diffondere la pratica sportiva tra le persone disabili e
tra quelle appartenenti a categorie sociali svantaggiate,
per uscire dall’isolamento e dall’emarginazione attraverso l’attività motoria
e sportiva”. E subito nasce un nuovo
progetto per la costituzione di uno
staff di dieci medici per la riabilitazione, la terapia sportiva dei disabili.
Silvana Sarli
DISABILITÀ
7
L’ODISSEA FERROVIARIA DEL DISABILE
VIAGGI DI NOTTE PRECLUSI, OBBLIGO DI ACCOMPAGNATORE, ASSISTENZA LENTA E CARENTE.
BREVE MAPPA DELLA MANCANZE DI TRENITALIA
B
asta parlare con l’Assistenza
Clienti Trenitalia di Lecce per
avere chiaro il problema: i treni notturni non sono attrezzati al trasporto
disabili. Non c’è certo l’obbligo di
partire di giorno, almeno non formalmente, ma la situazione non dà scelta. I
corridoi, in particolare
quelli dei moderni vagoni letto, sono così
stretti che una carrozzina non è in grado di
passare, se è elettrica è
inutile anche provare,
forse quella di un bambino…I bagni hanno
una porta di ridotte
dimensioni e i sanitari sono molto vicini.
Le cuccette sono più
grandi, più agevoli,
soprattutto quelle per
quattro persone, ma è
comunque impossibile
muoversi in carrozzina
dentro lo scompartimento.
È consigliato quindi
partire di giorno, dove
su numerosi treni ci sono corridoi
ampi e bagni accessibili, attrezzati per
disabili, in grado di permettere una
rotazione completa della carrozzina
e dare completa indipendenza ai pas-
seggeri disabili.
Di fatto, se si osserva la mappa dei treni attrezzati per passeggeri sulla sedia
a rotelle, da Lecce partono solo 12 treni, di cui 4 raggiungono Bari, 2 Bolzano, 3 Milano, 3 Roma. Viaggiano tutti
dalle 5.00 alle 17.00, ad eccezione di
uno che parte per Bari alle 21.01.
Ma quando Trenitalia parla di prenotazione dei PostiBlu, posti per persone
con ridotta capacità motoria, i vagoni
USO INDEBITO DEL
CONTRASSEGNO DISABILI,
NIENTE TRUFFA
CORTE DI CASSAZIONE: IL PERMESSO DISABILI, USATO SENZA IL TITOLARE,
DÀ LUOGO SOLO A SANZIONE AMMINISTRATIVA
L
a Corte della Cassazione con
sentenza n.35004 del 28 settembre 2010 ha dichiarato che l’automobilista che utilizza indebitamente
il contrassegno disabili sulla propria
auto, senza il titolare, rischia solo una
condanna amministrativa e non una
condanna penale. Questa la risposta
ad un ricorso della Procura di Firenze
che si opponeva al non luogo a procedere verso alcuni automobilisti che
avevano utilizzato indebitamente il
permesso invalidi senza il suo titolare
a bordo. La Corte ha, infatti, stabilito che non vi è nessun reato di truffa
in quanto, come afferma la sentenza,
“manca come requisito implicito della fattispecie tipica del reato di truffa,
l’atto di disposizione patrimoniale
che costituisce l’elemento intermedio derivante dall’errore ed è causa
dell’ingiusto profitto con l’altrui danno”. Si fa presente inoltre che l’uso
improprio del contrassegno è contemplato nel quarto e quinto camma
dell’art.118 del codice della strada,
dove sono previste tutte le possibili
ipotesi di abuso delle strutture statali
riservate agli invalidi: “la loro utilizzazione in assenza di autorizzazione,
o fuori dalle condizioni e dei limiti
dell’autorizzazione, l’uso improprio
dell’autorizzazione ”. La Corte ha
ribadito che “la condotta contestata
agli imputati è oggetto”, quindi, “di
una specifica previsione normativa,
che riconduce, senza residui, il fatto
ad un mero illecito amministrativo”.
letto degli Intercity Night sono ampiamente citati.
SOLI O ACCOMPAGNATI?
Secondo il Servizio Clienti Trenitalia una certa disposizione (circolare,
regolamento o cosa?) - di cui non è
dato conoscere i dettagli - vieterebbe
“ai disabili, se non deambulanti, di
viaggiare da soli”. Che una tale norma
esista è quanto meno dubbio. E, se esistente, sarebbe comunque in contrasto
con il Regolamento europeo n.1371
del 2007, secondo il quale “le imprese
ferroviarie stabiliscono norme di accesso non discriminatorie applicabili
al trasporto di persone con disabilità
e di persone a mobilità ridotta” (art.19
comma 1) e “un’impresa ferroviaria,
un venditore di biglietti o un tour operator non possono (..) chiedere che
una tale persona sia accompagnata da
altri” (art. 19 comma 2).
PRENOTAZIONE TELEFONICA
I Posti Blu consentono ai disabili di
prenotare i biglietti al momento stesso
della richiesta d’assistenza. La prenotazione si può eseguire solo telefonando ai tre recapiti di TrenItalia o recandosi direttamente presso le sale Blu.
Questi numeri telefonici sono comunque a pagamento, contro il Regolamento Europeo 1371/07 che stabilisce
chiaramente come “le prenotazioni ed
i biglietti sono offerti alle persone con
disabilità e alle persone a mobilità ridotta senza costi aggiuntivi”(art.19
comma 2). È possibile poi pagare il
biglietto successivamente.
IL SERVIZIO ASSISTENZA
In generale i posti attrezzati e quelli
riservati ai disabili possono essere
assegnati anche un’ora prima della partenza, ma secondo TreniItalia
“compatibilmente con i tempi minimi
previsti per la programmazione del
servizio d’assistenza”, che a Lecce richiede ventiquattro ore.
Per poter usufruire dell’assistenza
nei posti ordinari, dunque, occorre
un preavviso di ventiquattro ore dalla
partenza, che diventano quarantotto
per i posti letto.
Non è ben chiaro il perché di questa
differenza esistente nel tempo di preavviso per usufruire del servizio assistenza, che spesso consiste solo nel
trasporto dall’ingresso della stazione
al binario, e viceversa, e in caso di
cambi di treno di trasporto sui diversi
binari.
Quello che è certo, è che non si può
partire senza preavviso, se non si vuole incorrere nel pericolo di non trovare
nessuno ad accompagnare la persona
disabile ai binari o di rimanere sulla
propria carrozzina, vicino ai servizi.
Sara Beaujeste D’Arpe
DISLESSIA E APPRENDIMENTO,
APPROVATA LA LEGGE
350 MILA STUDENTI POTRANNO USUFRUIRE DEI PROVVEDIMENTI COMPENSATIVI
G
E DISPENSATIVI LUNGO TUTTO IL PERCORSO SCOLASTICO
rande cambiamento in vista per
i 350mila studenti che soffrono
di disturbi di dislessia o discalculia.
È stata infatti varata una nuova legge, la n.170/2010, sui DSA (disturbi
specifici dell’apprendimento) in ambito scolastico, che entrerà in vigore
il 2 novembre. La legge riconosce il
problema e stimola la scuola ad individuare precocemente i sintomi e offrire
agli alunni modi, tempi e strumenti
per imparare.
Spetterà al Ministero dell’Istruzione e
ad un Comitato tecnico-scientifico di
esperti sui DSA – istituito con decreto dello stesso Ministero - il compito
di creare le linee guida. Entro gennaio 2011, un altro decreto individuerà
le modalità di formazione di docenti
e dirigenti scolastici, l’applicazione
della diagnosi precoce, la costituzione
di piani didattici personalizzati, la di-
spensa da alcune attività come scrivere alla lavagna o leggere ad alta voce e
l’utilizzo di strumenti innovativi come
la videoscrittura e i computer come
sostegno alla didattica. Inoltre saranno
previste forme di verifica differenziate
per gli studenti con DSA.
Stretta sarà la collaborazione tra il
Ministero dell’Istruzione e il Ministero della Salute che creeranno dei
protocolli regionali per le attività di
identificazione dei disturbi. Sono già
stati stanziati 2 milioni di euro per la
preparazione degli insegnanti e dei
dirigenti scolastici, che avranno un
ruolo fondamentale nella stesura dei
Piani didattici personalizzati. Sono
questi a dare effettiva attuazione alle
nuove tecniche che permetteranno di
apprendere nel rispetto delle proprie
caratteristiche, espresse in termini di
capacità ed abilità.
DOSSIER
8
CONDANNA COLLETTIVA
La situazione: in Italia, in Puglia, a
Lecce
Sin dal 1975, la legge n. 354 recita:
“il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto delle dignità della
persona”.
Se si facesse il giro degli istituti penitenziari d’Italia, sicuramente si noterebbe un’alta violazione della legge,
e non determinata solo dal numero dei
detenuti presenti.
Uno dei punti della questione, però,
sono proprio loro, i detenuti, e la loro
affluenza più che numerosa negli istituti.
In totale, in Italia, secondo le statistiche che il Ministero della Giustizia
pubblica semestralmente, abbiamo
206 istituti, con una capienza regolamentare di 44.608 posti, ma con un
numero di detenuti effettivamente
presenti pari a 68.345.
In Puglia la situazione è sicuramente
tra le peggiori. In totale abbiamo infatti, 12 istituti con una capienza regolamentare di 2.528 detenuti, ma effettivamente ne sono presenti il doppio,
cioè 4.618. Di questi 927 sono stranieri, 215 le donne, 98 sono in semilibertà e tra gli stranieri solo 2.
Il dato più sconcertante, però, se anche
questo non bastasse, fa riferimento ad
un altro punto della legge 354: “ il
trattamento degli imputati deve essere
rigorosamente informato al principio
che essi non sono considerati colpevoli sino alla condanna definitiva.”
In Italia i condannati definitivi sono
36.781 sui circa 68.000 presenti, quasi
la metà, e la proporzione non si differenzia in Puglia, con un numero di definitivi pari a 2.706 sui 4.618 presenti,
cioè il 58,6%.
I numeri del Borgo San Nicola
Quello di Lecce, come viene ribadito
da dipendenti e persone che vi collaborano, non è un carcere differente
rispetto agli altri.
“Abbiamo circa 1.400 detenuti, di
questi circa 90 (94, ndr) sono donne.
Non so quanti sono precisamente i definitivi, un po’ meno della metà, siamo
nelle statistiche nazionali. Circa 300
sono stranieri. C’è una percentuale
nella media nazionale per i tossicodipendenti, per il personale assistiamo
ad un progressivo assottigliarsi del
personale della polizia penitenziaria,
ma anche per quanto riguarda il comparto ministeri”.
Così descrive la situazione, la direttrice del Borgo San Nicola, Anna Rosaria Piccinni.
Ma, per chi di istituti ne ha visti tanti,
il quadro si presenta in maniera differente. “ Il carcere di Lecce, sostiene infatti Sergio D’Elia, presidente
dell’associazione Nessuno Tocchi
Caino, “figura ai primissimi posti nella triste classifica nazionale del sovraffollamento carcerario e da quello che
ho visto e in parte descritto, è uno dei
peggiori.”
Per quale motivo il Borgo San Nicola
sia tra i peggiori, viene fuori dalla continuazione della descrizione: “ho trovato un carcere con quasi 900 detenuti
in più della capienza regolamentare e
oltre 400 rispetto anche a quella considerata tollerabile! Nelle celle, di neanche 12 metri quadrati, originariamente
previste per ospitare un solo detenuto,
ce n’erano 3 su letti a castello a tre piani dove il materasso più in alto è a 50
centimetri dal soffitto. Pertanto, tenuto
conto dello spazio occupato da servizi
igienici, letto e suppellettili, ogni detenuto dispone di una superficie media
di appena 1,75 metri quadrati di spazio calpestabile, il che gli consente di
muoversi per la cella solo quando gli
altri due sono stesi sul letto. L’illuminazione e l’aerazione della cella sono
del tutto insufficienti in quanto c’è
una sola finestra di 1 metro per 1,70.
I servizi igienici sono privi di acqua
calda e di doccia e sono collocati in
un vano cieco annesso alla cella che
spesso funge anche da cucina. La fornitura d’acqua peraltro è intermittente,
soprattutto d’estate, anche perché il
sistema fognario è stato realizzato a
suo tempo per un numero nettamente
inferiore di detenuti e per evitare rotture all’impianto viene sospesa forzatamente l’erogazione d’acqua per
consentire il rinvaso nelle vasche di
raccolta. Sulle terrazze dei padiglioni
e sulle reti di protezione dei passeggi
sono depositati spazzatura, uno strato
di guano rilasciato da piccioni e gabbiani e carcasse degli stessi uccelli.”
Gli stranieri: un ghetto nel ghetto
Nel Borgo San Nicola, gli stranieri
sono separati da tutti gli altri, in una
sezione. In tutto sono 371, cioè il
25,7% di tutti i detenuti. 20 sono le
donne. Sono incompatibili con gli italiani, dicono, e così, mentre si passa da
una sezione all’altra, ci si accorge delle differenze, da una parte solo italiani
e un unico ragazzo lituano, dall’altra,
sbirciando dalla finestra, tutti ragazzi
di pelle nera, in quello spazio dell’ora
d’aria, sono seduti dopo aver giocato
a pallone.
I migranti, i detenuti stranieri, come si
adattano qui?
Risponde con parole dolorose, lo psichiatra del carcere il dott. Giuseppe
Gennaro, “Non voglio parlare delle
persone di diverse nazionalità dalla
nostra, dei quali non conosciamo neanche la lingua, la cultura e i loro
problemi.
La violenza è prima la loro, poi la
mia, di parlare con loro, senza capirsi
a vicenda. Senza che ci siano interpreti o mediatori culturali.” Il mediatore
culturale a Lecce, c’è stato solo per un
breve periodo, adesso non hanno neanche un interprete e proprio il ragazzo lituano, racconta della difficoltà a
comunicare nel momento in cui è stato
portato al Borgo San Nicola. Non conosceva l’italiano e nessuno lo capiva,
ora, lui studia e lavora come volontario nella biblioteca del carcere.
SCOPP
CARC
Se la civiltà di un popolo si giudica anche dalle sue prig
nel carcere di Lecce con un indice di sovraffollamento de
penitenziaria di cui il 43,5% assente per vari motivi, 251 i
6 psicologi, cioè 1 educatore ogni 180 detenuti e uno psico
tentativi messi in atto. Alta la presenza di stranieri (il 25,7
blica non riesce a far fronte ai problemi: sono 80 le visite g
Viaggio in un mondo ristretto non solo dalle gabbie fi
di Laura M
IL NUMERO DEI DETENUTI
Capienza regolamentare(utilizzo stanze detentive monoposto)
659
Capienza tollerabile
1100
Detenuti presenti al 3.10.2010 (indice di sovraffollamento 120%) di cui:
1441
Detenuti classificati Media Sicurezza:
Italiani Uomini
750
Stranieri Uomini
351
Italiani donne
35
Stranieri Donne
19
Detenuti classificati alta Sicurezza:
Italiani Uomini
232
Stranieri Uomini
8
Italiani donne
39
Stranieri Donne
1
Detenuti collaboratori di giustizia
Fonte: Segreteria Regionale UIL Penitenziari - Aggiornamento 8/10/2010
6
DOSSIER
9
cosa qui ha una sola funzione: uscire
quanto prima.
Le loro problematiche sono quasi per
tutte uguali: salute, lavoro e impossibilità di essere ascoltate.
Il contatto e la separazione fisica dai
figli è il dolore più grande.
PIARE di
CERE
gioni, allora forse è meglio non mostrarle. 1.441 detenuti
el 120%. Il 90% fa uso di ansiolitici. 754 agenti di polizia
i poliziotti effettivi nei reparti e nelle sezioni. 8 educatori e
ologo ogni 240 reclusi. 2 suicidi dall’inizio dell’anno, 20 i
7%) e tossicodipendenti attivi (oltre il 16%). La sanità pubgiornaliere dei medici in carcere, oltre 24mila in un anno.
fisiche, ma anche dall’assenza di alternative possibili.
Mangialardo
UNO SGUARDO SUL MONDO CHIUSO AL MONDO
Il carcere: com’è
Il Borgo San Nicola, assomiglia ad
un grande centro commerciale, fuori
dalla città, con un grande parcheggio
all’esterno e con all’interno un mondo a sé. Quando si entra il cancello si
chiude e in quel momento si capisce di
essere entrati in un’altra dimensione,
dove la solitudine urla e la grandezza,
lotta con gli argini imponenti.
A sinistra c’è il blocco femminile, è
più vicino e più piccolo ed è separato
dal resto dell’area da un’altra recinzione. A destra c’è il maschile, con l’area
circondariale, e al centro c’è un tocco di verde allestito con strutture che
sembrano enormi gabbie d’uccello.
Il femminile è quello che molti definiscono il salotto buono di casa. Nel
femminile non ci dovrebbero essere
agenti uomini, ma ci sono, per sopperire alle mancanze di personale.
Si notano subito le due celle in cui le
donne lavorano, sono divise tra “alta
sicurezza” e così dette “comuni”. Subito dopo c’è lo spazio in cui trascorrono “l’ora d’aria”. È talmente piccolo, grigio e con i muri alti, che forse è
meglio restare dentro, e c’è qualcuno
che nell’ora d’aria non scende.
Raccontano con diffidenza, guardano
negli occhi e cercano di dare la risposta giusta, sperando che quell’intervista in realtà sia anche un esame, ogni
Il personale che c’è, quello che manca, quello che ci sarebbe
“Un carcere tutto sommato in condizione di sofferenza, per il sovraffollamento e per la carenza di personale.”
La visione cambia però, se le parole
non escono dalla bocca della direttrice Piccinni, ma da quella di un uomo
che da diversi anni lavora nel Borgo
San Nicola, come agente e segretario
regionale Uil penitenziario.
“Cominciamo col dire, sostiene Donato Montinaro, che il Borgo San Nicola è stato inaugurato nel ‘97, dopo
22 anni di lavori per la costruzione. È
stato collaudato e progettato per 650
posti con le relative celle o meglio
spazi detentivi”. Con i numeri non ci
siamo, sottolinea Montinaro, è impossibile con queste cifre creare un ambiente di vivibilità.
“A differenza di quello che dicono altri, e la stessa direttrice, non è il ‘problema carcere’ in genere, il carcere di
Lecce ha un problema particolare, perché se tu hai gli organici della polizia
penitenziaria coperti, anzi, in esubero,
se si segue lo strumento normativo
che è il decreto ministeriale che utilizza tutta l’Italia, e da quel piano orga-
nico risulta che a Lecce il personale è
in esubero, tu non puoi dire che ci si
trova in uno stato di sofferenza”.
L’organico della sezione femminile,
è stato carente di tre unità per alcuni mesi, ma poi sono state assegnate
altre tre agenti, il problema consiste
nella forza assente: agenti in malattia,
in ospedale militare, dei quali, molti
sono assenti ingiustificati. Ma il problema non è neanche quello, è riuscire
a giustificare 328 agenti uomini assenti su un totale di 754, il 43,5%. Come
mai ci sono? Parliamo di un congedo
assenza del 5%, 140 hanno certificati
brevi, ma 53 hanno patologie da stress
lavorativo.
Tutto questo va integrato con il numero che si riferisce al comparto ministeriale. “Negli anni c’è stato un fuggi
fuggi...Lecce ha avuto sempre gli investimenti dovuti… ha amministrato
65 unità di polizia penitenziaria distaccate da Brindisi mentre ristrutturavano, adesso 32 unità sono rimaste, e
in virtù di queste unità la direzione ha
deciso di aprire un altro reparto. Avevamo il reparto destinato ai semiliberi
che è stato convertito.”
Direzione sotto accusa dunque, ma
non solo, continua il segretario regionale Uil della Polizia Penitenziaria,
“è risaputo che quella di Lecce è la
magistratura più trattenuta d’Italia,
su mille detenuti, 10 sono semiliberi,
beh... la proporzione non è proprio
corretta…”
I numeri del personale di polizia penitenziaria (al 3 ottobre 2010)
Organico previsto dal d.M. Del 2001
763
Poliziotti effettivi in sede
714
Poliziotti in distacco in
75
Poliziotti in distacco out+comandati in missione
35
Personale Pol.Pen. Amministrato ed effettivamente disponibile
754
Poliziotti assenti x malattia
108
Poliziotti avviati alla cmo** x patologie da stress lav.+ Ansiose-depressive
53
Poliziotti in servizio al locale nucleo traduzioni e piantonamenti
106
Poliziotti assegnati incarichi amministrativi contabili
181
Poliziotti con qualifica di ispettori+commissari
Poliziotti effettivi x servizi di reparto e sezioni detentive
55
251
Dati del 30.09.2010:
Personale in congedo ordinario
56
Personale in riposo settimanale
42
Personale in riposo recupero lav. Straordinario
2
Personale in aspettativa
2
Personale in congedo straordinario
21
Personale in permesso sindacale
6
Personale in permesso l. 53/2000
13
Personale in permesso l. 104/92 Art. 33
25
Personale sospeso dal servizio
1
Totali
167
Assenti x malattia
108
Assenti x CMO**
53
Personale assente a vario titolo
Ore di lavoro straordinario espletate in mese agosto
**Commissione Medico Ospedaliera (militare)
Fonte: Segreteria Regionale UIL Penitenziari
328
14956
DOSSIER
CONTINUA DA...
SCOPPIARE di
CARCERE
celle, dice uno dei detenuti, i compagni di cella aiutano sempre quello in
difficoltà, è un dovere, non gli permettono di uccidersi. Se lo fanno, lo fanno
in infermeria, altrimenti…” altrimenti
non sono suicidi? “Può essere” .
“Per ogni suicidio venti almeno sono
stati tentati, bloccati per intervento
della polizia e dei compagni di cella”,
SALUTE: FUORI LE MURA, C’E’ ANCORA L’UOMO?
La situazione
Posizioni a parte, quello di Lecce resta
un carcere in difficoltà, sicuramente
come tanti altri in Italia, ma il rifiuto a
concedere altro personale, risulta, agli
occhi dei comuni non esperti, un dato
a favore di chi sostiene che quello del
personale, non è un problema numerico ma di cattiva gestione.
A pagarne le conseguenze sono i detenuti.
Alla fine di agosto, secondo il presidente dell’associazione “Nessuno tocchi Caino”, nell’istituto erano ristretti,
spesso in maniera promiscua con altri
detenuti, 242 tossicodipendenti, di cui
62 in terapia metadonica e 18 sieropositivi, 350 affetti da epatite C e 140
con patologie di tipo psichiatrico.
Non solo, tra loro sono presenti persone che oltre tutte queste problematiche
presentano anche problemi di disabilità fisica.
È il caso di Francesca (nome di fantasia), 27 anni, tossicodipendente e
invalida civile al 65%.
“Ho difficoltà legate alla struttura architettonica, racconta Francesca, e
ho anche una necrosi al femore, ma
non manifesto il problema perché ho
paura. Prima per malattie gravi veniva effettuata la sospensione pena, ora
ti mandano nei centri clinici dove ci
sono persone che stanno morendo, e la
detenzione diventa più angosciante…
Ho anche l’epatite C.”
Non riesco a capire di cosa abbia paura, poi controllo quello che lei non
dice, la necrosi femorale, detta osteonecrosi, è una malattia più frequente
nei pazienti sieropositivi.
Quello dell’hiv non è un test obbligatorio, e per quanto si cerchi di tranquillizzare i detenuti nel sostenere che non
si trasmette certamente con la stretta di
mano, a nessuno riesce facile pensare
di viverci 24 ore al giorno, in 12 metri
quadrati, condividendo anche i servizi
igienici. Ecco quello di cui Francesca
ha paura. Non è l’unico caso di grave
malattia in carcere.
Morire in carcere
Solo nel 2010 i morti sono stati 130
sul territorio nazionale, solo nel mese
di settembre 2010 a Lecce ce n’è stato uno. Un uomo italiano, morto a 48
anni d’infarto, ha smesso di respirare
prima di arrivare in ospedale.
“Il sistema all’interno del carcere,
sostiene il dott. Rima, responsabile
sanitario, è molto semplice, c’è un
responsabile dell’area sanitaria, un
vice che è in servizio per 18 ore settimanali, due medici di guardia medica
che svolgono anche servizio per cure
primarie all’interno delle sezioni…
ci sono due altri medici per 24 ore al
giorno di guardia medica grazie alle
quali coprono il servizio nelle urgenze
(malesseri improvvisi)…
Noi ogni giorno abbiamo una media di
80 visite ordinarie per dolori articolari,
tossi, bronchiti, addominalgie. Sono
tutte patologie dovute alle condizioni
detenzione.
La patologia per antonomasia, è la depressione e l’ansia che sfocia addirittura in psicosi.
Il 90% dei detenuti, è costituito da
soggetti ansiosi e depressi, e fa uso di
ansiolitici e antidepressivi.
Circa il 40 % sono psicotici, gli altri
sono ansiosi.
La sanità qualitativamente non ha
niente da invidiare a quella che sta
fuori…il problema è che i detenuti
sono aumentati in modo vorticoso…
Abbiamo avuto in appena due anni
una triplicazione del numero. È una
responsabilità del Dap e dell’amministrazione di Lecce, devono mettere un
freno…”
I toni sommessi del dottor Rima diventano alti e rabbiosi quando si inizia a parlare di responsabilità: “La
direzione, dice, si deve assumere la
responsabilità di aver permesso al
Dap (dipartimento di amministrazione
penitenziaria) di accatastare nel carcere di Lecce 1.500 persone, le stanze
dovevano contenere un detenuto a
cella”.
Questo sovrannumero è anche la causa di tanti altri problemi legati alla
condizione di salute, problemi come
mancanza di acqua, di un sistema
fognario adeguato che non sono stati
progettati per 1.500 persone, ma solo
per un terzo. “La palestra non l’hanno
mai usata. Abbiamo tanti spazi e tanti
campi, che ognuno si assuma la sua
responsabilità. Se tu tieni ristrette tante persone, aumenta la repressione…
le malattie…loro non ammettono che
non c’è una suddivisione giusta dei detenuti, non vengono suddivisi secondo
le gravità, abbiamo denunciato queste
situazioni, abbiamo chiesto di metterle
in stanze singole…”
I suicidi
Suicidi e tentati suicidi, fanno poi
quello che la morte naturale non riesce
a fare: mettere a tacere altre persone
disperate. Il 2010 ha dettato sin dal primo mese, il trend terribile che nel corso dei mesi successivi ha continuato a
seguire, 7 morti suicidi solo a gennaio,
53 fino ai primi di ottobre. A Lecce
fino a settembre, ci sono stati due suicidi. “Non è possibile suicidarsi nelle
10
dice il dottor Giuseppe Gennaro, psichiatra del Borgo San Nicola, “quante
cose e tanto spazio fuori e poche cose
e poco spazio dentro. La violenza è
questa: pochissimo spazio pochissime cose, compreso l’aria, l’acqua e le
docce: i detenuti non sanno che fare
tutto il giorno, stanno in cella in balia
di se stessi”.
Eventi critici dal 1.1.2010 Al 03.10.2010
Morti naturali
2
Morti per suicidio
2
Tentati suicidi fonte dap
36
Tentati suicidi fonte locale
20
Eventi critici in genere (atti autolesionismo, suicidi, tentati suicidi, morti naturali,
scioperi della fame e sete, azioni di protesta in genere)
Aggressioni in danno personale di polizia penitenziaria
821
4
Fonte: Segreteria Regionale UIL Penitenziari
Il tempo dentro ha altre lancette, lente. Sveglia la mattina alle 6, e davanti
una lenta giornata scandita dal nulla
Il problema “carcere di Lecce” però
non esisterebbe, se non fosse solo
per una questione numerica, secondo
don Raffaele. Se i reati sono in calo,
si chiede il cappellano del carcere,
perché i detenuti sono in aumento? La
risposta è che probabilmente è stata
messa in atto una campagna mediatica e culturale con politica basata sulla
paura.
Il problema è secondo don Raffaele la
carenza di agenti, di 40 unità, smentito
però da Donato Montinaro, secondo
cui in realtà il numero di agenti c’è ma
è speso male. La direzione del carcere
nelle mani della stessa persona da 20
anni, ha portato, sempre secondo il segretario Uil, ad una serie di favoritismi
“Un modo di gestire le risorse umane
in maniera impropria…se la direzione
si permette il lusso di avere tre autisti che invece spettano al comparto
ministeri, i poliziotti devono sostituire
gli autisti, i poliziotti devono sostituire i segretari, 7 unità nella segreteria,
…l’ultimo è un responsabile informatico…chi porta la merce dall’esterno
all’interno è un poliziotto…il Borgo
San Nicola è un istituto con cinque dirigenti. Per quanto possa essere grande, in Italia ci sono molti istituti che
non hanno neanche un direttore”.
Dalle interviste ai detenuti e alle detenute, è emerso in modo inconfondibile, la necessità primaria di fare
qualcosa. La necessità di studiare, di
lavorare, di frequentare corsi.
Lecce, è un carcere tra i peggiori, a
detta dai detenuti, non per una questione di spazio, ma perché privo di ogni
forma di utilizzo finalizzato del tempo,
che sia per svago o per formazione.
Da un’intervista ad una detenuta
emerge la mancanza di educatori. Lei,
madre di un bambino di 11 anni, alla
quinta detenzione, non ne ha mai incontrato uno.
Il lavoro e la formazione
Nel reparto femminile, oltre alle donne che svolgono i normali lavori di
“scopine” o nella mensa,
ci sono 12 detenute che lavorano con
“Made in Carcere”, il marchio di Officina Creativa che opera appunto nel
Borgo San Nicola, e da poco tempo
anche nell’istituto di Trani.
Ha tutte le sembianze di una missione umanitaria, non priva però dei suoi
vantaggi. La legge 193/2000, cosiddetta “Smuraglia”, stabilisce che le
imprese pubbliche o private e le cooperative che intendono avviare un’attività all’interno di un istituto di pena
devono stipulare una convenzione con
l’amministrazione penitenziaria, ma
stabilisce anche i vantaggi, piuttosto
elevati, che un’azienda riceve nel momento in cui stipula questa convenzione.
Questo il quadro: diminuzione dei
costi fissi, e riduzioni e agevolazioni
contributive, fiscali ed economiche,
riduzione dell’80% per il datore di
lavoro relativamente alla retribuzione
di detenuti ed internati assunti a tempo determinato purché per un periodo
superiore a 30 giorni o a tempo indeterminato, le agevolazioni proseguono
per ulteriori 6 mesi successivi alla fine
della detenzione; sgravi fiscali per
ogni lavoratore assunto per un periodo superiore ai 30 giorni è previsto un
credito d’imposta di 516,46 euro mensili proporzionalmente ridotto in base
alle ore prestate.
A Lecce le detenute hanno contratti
regolari, lavorano 6 ore al giorno dal
lunedì al sabato, ma dalle loro parole,
con una timidezza incerta, viene fuori
che qualcuna di loro non ha il contratto e lavora da 4 mesi in nero senza stipendio. È in prova.
Dall’altra parte, al maschile, un giovane detenuto, con davanti una lunga
pena, pensa all’inutilità di stare lì, a
tutti gli anni che perderà e al fatto che
non può neanche studiare: “sono poco
più che ventenne, dice Cristian, ho da
scontare ancora 16 anni, se potessi
studierei impiegando questo tempo in
qualcosa di costruttivo per me stesso.
Sono poggiato qui”.
L’alienazione del non far niente
Il senso dell’inutilità si contrappone a
quella che del carcere dovrebbe essere
la funzione primaria: l’educazione o la
DOSSIER
ri-educazione.
Sono 250 i detenuti che vanno a scuola, secondo il responsabile dell’area
trattamentale, Fabio Zacheo, in realtà
però gli stessi detenuti parlano della
difficoltà di proseguire le lezioni, a
volte s’interrompono per vari motivi e
tutto diventa vano.
Insomma, per lavorare o studiare bisogna fare la famosa domandina, ma non
sempre viene accettata, anzi, molto
spesso vengono ignorate, nel racconto
che ce ne danno i detenuti.
Ufficiosamente è stabilito che, ad essere favoriti per il lavoro, sono i detenuti con una pena più lunga e una situazione economica più disagiata, ma
anche in questo caso tutto è relativo, è
palese infatti il caso di un detenuto che
svolge due lavori, mentre un altro sostiene e ribadisce che anche in carcere,
per lavorare, “beh, devi essere carino,
disponibile. Ecco, non ti danno niente
per niente”.
Ma i problemi sono anche di accesso
agli spazi e “socialità”.
E l’aria verde con quelle famose giganti gabbie?
Non è mai stata utilizzata, insieme al
campo di calcio e insieme alla palestra. Nel momento in cui sono state
costruite, hanno dimenticato un piccolo particolare, il passaggio di sicurezza. E così, il carcere diventa un’Italia
in miniatura, grandi opere in disuso
perché non passano al collaudo.
UEPE, MAGISTRATURA DI SORVEGLIANZA
E MISURE ALTERNATIVE
In Puglia, il totale dei detenuti lavoranti, nel secondo semestre del 2009, è
stato pari a 962, di cui 32 donne.
Quanto costa lasciare un uomo nella
sua cella
Oggi un detenuto costa mediamente
113 euro al giorno (Ministero della
Giustizia, luglio 2010), circa 40 euro
in meno rispetto al 2008.
Osservando le voci delle spese, si può
notare come negli ultimi anni siano
state tagliate principalmente quelle relative all’educazione.
In più, sostiene il magistrato Tarantino
“mantenere un detenuto in una struttura differente, costa molto di più. È più
conveniente dunque, ammucchiarli in
carcere”.
È così che il carcere diventa un altrove. Ma chi paga per questo? “Il cittadino, continua il magistrato, il quale,
se invece di veder sprecare i suoi soldi
inutilmente, tenendo rinchiusi coloro
che hanno commesso reati, potesse, sicuramente preferirebbe investirli in un
cambiamento della persona. Ma così
non si fa altro che alimentare il senso
della paura. È una scelta politica”.
Misure alternative. I numeri
Nel primo semestre del
2010, nell’area meridionale del nostro Paese,
i tossicodipendenti che
sono stati affidati in prova
da uno stato di detenzione,
sono stati 457, 312 invece, quelli provenienti da
uno stato di libertà. Cifre
irrisorie se paragonate a
quelle dei detenuti presenti nell’area meridionale.
Alla fine di agosto, il numero di detenuti definitivi
a Lecce era di circa 800,
solo il 55,5% di tutti i detenuti.
Dalla valutazione di questo dato derivano due
considerazioni. Innanzitutto la metà dei detenuti
è costituita da persone
in attesa di giudizio. E la
seconda: tra gli 800 defi-
nitivi, e pertanto in parte eleggibili a
misure alternative, solo 16 (lo 0,2%)
sono in semilibertà alle dipendenze di
datori di lavoro esterni. Più drammatica la situazione per i detenuti che invece potrebbero lavorare all’esterno: “In
25 anni un solo detenuto ha usufruito
dell’art.21 e quindi del lavoro all’esterno” dice Donato Montinaro della Uil
Penitenziari. Il riferimento è alla legge
26 luglio 1975 n. 354, che all’art.21 disciplina il lavoro all’esterno per persone che abbiano già scontato almeno un
terzo della pena o anche per ergastolani
che abbiano già espiato dieci anni.
Da quando nel 2006 c’è stato l’indulto,
il numero dei reati è diminuito eppure
le notizie relative ai delitti è aumentato. Dice Sergio D’Elia “quando si dice
stampa di regime, non significa solo
che è asservita ad un regime, significa
anche che costituisce e alimenta un regime. Il regime della paura.”
Le misure alternative, nello stesso arco
temporale, sono state, nell’area meridionale, come anche nel resto d’Italia,
irrisorie.
Coloro che da uno stato di detenzione
sono passati ad un affidamento in semilibertà, sono 503, mentre sono 117
Il carcere di Borgo San Nicola visto dall’alto
11
quelli arrivati direttamente da uno stato di libertà ad uno di semilibertà.
A questo proposito, è ovvio che ad influire sono anche condizioni dettate da
un lavoro di coordinamento tra educatori, polizia penitenziaria, psicologo, e
tutte le figure che tramite colloqui ed
osservazioni, sono in grado di esprimere un giudizio valutando la possibilità di concedere o meno la misura
alternativa.
Ma non può aiutare nella valutazione,
la scarsità di educatori.
LA PREVENZIONE, UNICA RISORSA PER
ARGINARE E AIUTARE
Il magistrato di sorveglianza, Luigi
Tarantino, avanza una proposta, quella
della messa alla prova.
Lo strumento già presente nel minorile
da allargare anche ad altre fasce d’età.
“Se tu commetti un reato, perché io
intervenga, non ci deve essere bisogno
che tu ne commetta altri, se il tuo problema è la tossicodipendenza io devo
intervenire con più incisività, senza che
la modalità sia necessariamente penale, punitiva…anche la devianza di carattere economico, tipica di gente che
non ha lavoro e la butta nello spaccio,
io devo dare un’ alternativa, non devo
aspettare che accumuli lesioni sociali
prima di metterlo in carcere e poi farlo
uscire con lo stesso problema.”
Il carcere come la malattia, dice Tarantino, è un incidente della vita che può
interessare tutti, ma che tutti allontanano da sé.Per questa ragione, come si
fa per la salute, bisogna puntare sulla
prevenzione, prima che sulla cura, tante
volte anche palliativa.
Se una parte dei soldi destinati al detenuto, potesse essere gestito anche
dai magistrati, probabilmente, secondo
Tarantino, si cercherebbe di sfruttarli in
maniera più proficua, molto spesso la
concezione comune è quella del detenuto che sta bene perché ozia e guarda
la televisione. Invece, il problema è
proprio quel non far niente.
La continuità dei rapporti tra i detenuti e il personale preposto a fornire
gli elementi del trattamento, è di fatto
pregiudicata dalla scarsità di personale
e ulteriormente aggravata dal sovraffollamento, essendo, a fronte di circa
1.500 detenuti, effettivamente in ser-
vizio 8 educatori e 6 psicologi, cioè 1
educatore ogni 180 detenuti e 1 psicologo ogni 240 reclusi.
La nostra Carta Costituzionale prevede
la sussidiarietà orizzontale e verticale,
nella prima lo Stato interviene solo
dove la società non riesce, le associazioni dovrebbero essere dunque le
prime a lavorare all’interno di strutture
come il carcere. Ma così non è.
Il problema è soprattutto di natura culturale, chiaramente di offerta da parte
delle associazioni o del singolo cittadino; in situazioni più floride ci dovrebbe
essere l’offerta non solo di formazione,
ma anche lavorativa.
Il problema, secondo lo psichiatra Giuseppe Gennaro, è nella responsabilità e
dignità del detenuto stesso, in quanto
uomo. Nel momento in cui un uomo
adulto, entra in carcere, infatti, perde
ogni forma del suo essere adulto, deve
chiedere il permesso per qualsiasi cosa,
per fare la doccia, per comprare qualcosa, per lavorare, per prendere una
pastiglia per il mal di denti. Con questo
modo di fare, di sottomettere al controllo altrui l’azione dell’uomo in stato di
detenzione, egli non può fare altro che
perdere il suo senso di responsabilità,
o nell’estremo opposto, reagire d’impulso con atti violenti. “La cosa che mi
offende, conclude Tarantino, è capire
come ci sia un costante processo di rimozione all’esterno del carcere, come
se fosse solo un problema dei detenuti
e non della collettività.”
Il carcere è come un fiume, l’acqua sta
salendo e sta per rompere gli argini.
In questo momento la risposta deve venire dalla politica, la magistratura non
ha gli strumenti per
gestire il problema.
E certamente non si
può fare un nuovo
indulto.
Allora, a chi fa comodo avere tanti detenuti rinchiusi nelle
celle?
A molti senza dubbio
e per differenti ragioni. Per esempio a
quanti hanno diffuso
il regime della paura,
sollevando il terrore
popolare per i rom,
per ladruncoli, per
i tossicodipendenti. Ecco, si potrebbe dire, molti sono
dentro, e voi (noi)
italiani perbene al
sicuro. Quella gente
spaventosa, in carcere, in questo carcere,
muore.
AMBIENTE
12
ECOSISTEMA URBANO 2010: BENE LECCE
IL CAPOLUOGO SALENTINO CONQUISTA 10 POSIZIONI MA PUGLIA E ITALIA PEGGIORANO
L
o stato ambientale delle città italiane
è sempre più allarmante. Al massimo,
può consolare il fatto che la Puglia, in controtendenza, stia migliorando. Sono stati
presentati nei giorni scorsi a Bari, per la
parte pugliese, nella sede regionale di Legambiente, i risultati della XVII edizione
di Ecosistema Urbano, l’annuale ricerca di
Legambiente, di Ambiente Italia e del Sole
24 Ore, sullo stato di salute ambientale dei
comuni capoluogo italiani. L’indagine è
stata realizzata attraverso questionari e interviste dirette ai 103 comuni capoluogo
di provincia e sulla base di altre fonti statistiche, con informazioni su 125 parametri
ambientali, sintetizzati in 25 indicatori di
qualità ambientale, per un corpus totale di
oltre 125mila dati, che fanno riferimento
all’anno 2009. Nella classifica generale le
città capoluogo pugliesi sono migliorate di
qualche posizione ad eccezione di Foggia,
87° posto. Bari è al 54° posto, Brindisi al
61°, Taranto al 64° e Lecce al 71°. La nuova provincia BAT non è entrata in classifica perché Andria e Barletta non hanno
risposto al questionario e Trani ha fornito
dati insufficienti. Scendendo nel dettaglio,
la città di Lecce si distingue in Italia per la
capacità di depurazione delle acque: è pri-
ma, insieme a Vercelli e Milano e altri 10
comuni. Il consumo giornaliero pro capite
di acqua potabile resta invece molto alto,
Lecce è 56ma in graduatoria con 166,7 litri pro-capite. Ancora peggio risulta il dato
sulla dispersione di acqua, 44% sull’acqua
immessa (dato 2008) e 82ma posizione. La
Puglia migliora poco per qualità dell’aria:
Lecce è 16ma, con 27 microgrammi per
metro cubo, nelle emissioni di biossido di
azoto; 42ma, con 30,3 microgrammi per
metro cubo, nelle polveri sottili; 31ma,
con il superamento della media mobile
per 14 giorni all’anno, in concentrazione
dell’ozono. Sul fronte rifiuti ed in particolare sulla produzione annuale pro capite di
rifiuti urbani, Lecce, 83ma, è la città che
ne produce di più in Puglia, 663,1 kg. La
raccolta differenziata rimane sempre al
palo, ancora lontanissima dagli obiettivi di
legge e con quasi tutti i capoluoghi in coda
alla classifica. Lecce è all’84° posto, con
il 15%. Nel trasporto pubblico, è 61ma e
ultima in Puglia per la percorrenza annua
per abitante, 85ma per passeggeri trasportati annualmente per abitante. E’ fanalino
di coda anche per numero di auto circolanti, 85ma, con 68 auto ogni 100 abitanti, e
di motocicli, 60ma, con 12 motocicli.
E’ invece la migliore del sud Italia per le
zone a traffico limitato (al 7° posto con 11
mq/abitante, alla pari di Firenze) e per le
piste ciclabili (15ma con 17m equivalenti
ogni 100 abitanti). Per le isole pedonali,
Lecce è 36ma, comunque sotto il mq per
abitante. Prendendo in considerazione
l’indicatore della mobilità sostenibile
(autobus a chiamata, controlli elettronici
ZTL, bike sharing ecc…) Bari entra nella
top ten dei capoluoghi italiani più virtuosi piazzandosi al 6° posto della classifica
generale,mentre Lecce è 39ma.
Il verde urbano fruibile rimane al palo in
tutti i capoluoghi. Lecce è in coda, all’82°
posto con 4 mq/abitante, 44ma e 74ma,
rispettivamente per consumo procapite di
carburante benzina e diesel ed elettrico per
uso domestico.
Sul fronte delle politiche energetiche Lecce si distingue per il solare termico installato sugli edifici comunali con 3,63 metri
quadri installati su edifici comunali ogni
1.000 abitanti. E registra la migliore performance in Puglia, 30° posto, per quanto
riguarda l’indice della Pianificazione e
partecipazione ambientale.
Silvana Sarli
LA LUNGA ATTESA DEL
PIANO REGIONALE
AMIANTO
L
a legge n.257/1992, ben diciotto anni fa, delegava alle
Regioni il compito di redigere,
entro 180 giorni dalla sua entrata in vigore, il “Piano Regionale
Amianto”: un programma per il
censimento, la bonifica e lo smaltimento dei materiali contaminati.
Il 19 ottobre 2010 la Giunta regionale pugliese ha finalmente fatto
il primo passo istituendo una “
Commissione regionale interdisciplinare tecnico-scientifica amianto”. La commissione supporterà
la redazione del “ Piano regionale
di protezione dell’ambiente, decontaminazione, smaltimento e
bonifica ai fini della difesa dai pericolo derivanti dall’amianto”.
Inoltre il Ministero dello Sviluppo
Economico ha incrementato gli
incentivi per quelle aziende che
sostituiranno le coperture eternit
con pannelli fotovoltaici attivati
nel triennio 2011-2013.
DALL’UNIONE EUROPEA SI LEGALIZZA LA VIVISEZIONE
POSSIBILE UTILIZZARE I RANDAGI PER TEST MEDICI. OPINIONE PUBBLICA DIVISA
I
l Parlamento Europeo ha approvato, i primi di settembre, una nuova direttiva sulla
protezione degli animali utilizzati per fini
scientifici. Questa legge sostituisce quella
del 1986 che creava molta disparità tra gli
stati europei, mentre resta comunque in vigore il regolamento europeo del 2009, che
vieta la ricerca sugli animali per fini cosmetici. È un provvedimento che ha sollevato un
dibattito molto agguerrito. Infatti, l’art.11
della nuova direttiva prevede che gli animali
randagi possano essere utilizzati per la ricerca scientifica se non è possibile raggiungere
altrimenti lo “scopo di procedura” di ricerca.
È inoltre prevista la vivisezione sulle grandi
scimmie come gli scimpanzé che hanno in
comune con l’uomo il 98% del DNA.
L’opinione pubblica si è subito divisa, da
una parte si sono schierati gli ambientalisti
che rifiutano totalmente la sperimentazione
animale, paragonandola alla tortura, dall’altra i più moderati che hanno visto in questa
legge l’unificazione dei limiti e l’introduzione di controlli più severi, anche in quegli
stati dove non erano previsti. Ora ogni esperimento deve avere, infatti, ben tre autorizzazioni preventive che ne valutino l’effettiva
necessità; si introduce inoltre la possibilità
di fare ispezioni e la presenza di un veterinario esperto in benessere animale in ogni
laboratorio.
Non è chiaro se gli stati che hanno una legislazione più severa e restrittiva potranno
conservarla: in Italia infatti è vietato dal 1991
fare esperimenti su cani e gatti randagi.
Sara Beaujeste D’Arpe
IL DIFFICILE ACCORDO SUL CLIMA
I
DA TIANJIN A CANCUN, I LEADER MONDIALI CERCANO UN ACCORDO SUL PROTOCOLLO DI KYOTO.
FRATTURA TRA PAESI RICCHI E POVERI
primi di ottobre si è svolto un importante incontro a Tianjin, nel nord
della Cina, tra 177 potenze mondiali
per cercare di raggiungere un accordo
sull’attuazione del Protocollo di Kyoto, principale progetto sui cambiamenti
climatici che scade nel 2012.
I negoziati non sono stati molto efficaci: manca la fiducia reciproca tra paesi
ricchi e poveri sui fondi per il clima, si
chiede maggiore trasparenza sugli im-
pegni presi per la riduzione delle emissioni e i paesi ricchi non accettano le
dimensioni dei tagli proposti. Sono le
stesse conclusioni del meeting di Copenaghen dell’anno scorso che ha prodotto solo un accordo non vincolante,
senza regole certe e condivise per la
riduzione delle emissioni.
Questi colloqui erano ingenuamente
considerati molto importanti in vista
del principale incontro dell’anno sul
clima che si svolgerà a Cancun, in
Messico il 29 novembre. Fondamentale sarebbe stato trovare un punto di
incontro su cui basare i negoziati, visto
che, lasciando la situazione immutata,
il problema non può che peggiorare.
Come ha dichiarato, Christiana Figueres, responsabile Onu dei cambiamenti
climatici: “è tempo di accelerare la ricerca di un terreno comune. Il multilateralismo non va da nessuna parte!”
SPECIALE ACQUA
LA NOSTRA ACQUA QUOTIDIANA
I
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UNA BATTAGLIA SU PIÙ BINARI, LE ASSOCIAZIONI INCALZANO, LA REGIONE PROPONE, L’OPPOSIZIONE DISSAUDE
l 4 dicembre sarà una giornata di
mobilitazione mondiale per l’acqua,
in vista della Conferenza mondiale
sul clima di Cancun. In Italia in tutte
le regioni si svolgeranno manifestazioni per chiedere una moratoria per
l’assegnazione dei servizi idrici fino ai
referendum del 2011. Il provvedimento sarebbe finalizzato a posticipare le
scadenze previste dalla legge Ronchi
e la soppressione degli Ato, ambito
territoriale ottimale. Intanto in Puglia la discussione della commissione
permanente sull’acquedotto pugliese,
è già cominciata ed è finalizzata non
solo all’acqua pubblica, ma, come
sostiene l’assessore regionale ai servizi pubblici, Amati, ai “principi per
la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per
la ripubblicizzazione del servizio
idrico”. Ed essendo consapevoli
dell’ importanza della tematica,
per il raggiungimento di obiettivi
concreti il lavoro è stato enorme
e proprio nella regione vendoliana, ad intervenire sono state
numerose associazioni, enti,
sindacati, e di fondamentale
importanza, una cittadinanza
attiva e responsabile. Un impegno che ha visto coinvolte
il 90% di associazioni, ed il
dato non è passato inosservato tanto che il presidente della
seconda commissione, Giovanni Brigante, lo ha sottoposto
all’attenzione dei consiglieri,
come “argomento interessante che
ci deve spingere ad andare avanti
su questo binario”. Ma le iniziative
in Puglia non finiscono qui, e mentre in
Regione si discute sul raggiungimento
degli obiettivi, l’Adoc, associazione
nazionale per la difesa e l’orientamento dei consumatori, si è mobilitata con
forza, chiedendo come priorità alla
Regione Puglia, l’istituzione di un Garante del servizio idrico integrato. La
proposta è stata avanzata in occasione
dell’ audizione della Commissione permanente del Consiglio Regionale che
sta valutando il testo del disegno di
legge per la costituzione dell’Azienda
pubblica regionale AQP. Il perché di
questa scelta “è dettata dal fatto che un
Garante, sostiene Pino Salamon, presidente regionale dell’Adoc, può svolgere concretamente le funzioni di indirizzo e controllo come richiesto dall’art.
6, evitando l’istituzione di un consiglio
di sorveglianza che sarebbe composto da una moltitudine di componenti
di diversa estrazione e provenienza.
Quindi, anche quella di escludere preventivamente l’eventualità di cordate
interne al proponendo consiglio,
in quanto il Garante opererebbe
in piena autonomia e indipendenza di giudizio, formulerebbe i parametri di controllo per le politiche
tariffarie, esprimerebbe valutazioni
sulle richieste
avanzate da
tutti i soggetti istituzionali e
as-
sociativi”.
Una funzione, sostiene l’Adoc regionale,
che deve integrarsi con quella che svolge il Comitato per la Vigilanza sull’uso
delle risorse idriche a livello nazionale.
Ed è lo stesso Garante, sempre a giudizio dell’associazione, che diventerebbe
molto utile, anzi verrebbe utilizzato a
compensazione di quanti non rientrerebbero tra gli organi di governo dell’Aqp,
come indicato nell’art. 8 del ddl. Per di
più, risponderebbe a pieno a quanto previsto dall’art. 10 aiutando l’Ente regione nell’attività di vigilanza con un controllo più minuzioso e accurato. Senza
tener conto di quanto costruttivo sarebbe il suo ruolo, nell’individuare coloro
i quali beneficerebbero dell’erogazione
gratuita di un quantitativo minimo gior-
naliero di acqua commisurata ai parametri indicati dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità),
come descritto nell’art.13
dello stesso ddl.
Il Garante del servizio idrico integrato,
dunque dovrebbe
essere la figura
super partes,
che al di là
di lobbies
e interessi
per-
s o nali
e
politici, potrebbe rispondere
meglio alle esigenze dei
cittadini ma anche degli enti e delle istituzioni.
Tuttavia le polemiche non mancano e
mentre il partito democratico avanza un
emendamento, dall’opposizione partono le accuse di allargamento delle poltrone. Secondo quanto proposto dal Partito Democratico, infatti, i tre quinti del
consiglio di amministrazione dovrebbero essere espressione dell’assemblea dei
sindaci, dunque, Aqp proprietà regionale con un maggiore potere ai comuni. Il
consiglio di amministrazione, secondo
Mennea, consigliere regionale del pd,
sarebbe così un organo di garanzia per
tutti i pugliesi. Tramite l’emendamento proposto in commissione, la Puglia
diventerebbe, inoltre, proprietaria al
100% del capitale sociale dell’Acquedotto pugliese, mentre adesso l’Aqp è
condiviso con la Basilicata.
GLI IMPEGNI DELL’ASSEMBLEA
DI SETTEMBRE: “SI SCRIVE ACQUA, SI LEGGE DEMOCRAZIA”
Ma ancora una volta sono le associazioni che nell’underground politico si
muovono come lobbies del benessere e
da loro e dall’assemblea di Firenze dello scorso settembre, l’appello raggiunge
ogni orecchio d’Italia.
“Noi donne e uomini dei movimenti
sociali territoriali, della cittadinanza
attiva, del mondo dell’associazionismo
laico e religioso, delle forze sociali,
sindacali e politiche, del mondo della
scuola, della ricerca e dell’Università,
del mondo della cultura e dell’arte,
del mondo agricolo, delle comunità
laiche e religiose” recita l’appello,
incitando tutta la cittadinanza alla
mobilitazione.
Si rivolge a tutti coloro che in
questo tempo si sono mobilitati
al fine di contrastare la privatizzazione del servizio idrico, perché sottrae alle collettività un
diritto essenziale alla vita, di
socializzare i saperi e le esperienze, allargando la sensibilizzazione e il consenso, di raccogliere oltre 400.000 firme. Il
voto referendario, recita ancora
l’appello, apre una stagione decisiva per l’affermazione dell’acqua
bene comune e della sua gestione
pubblica e partecipativa, “una vittoria
ai referendum della prossima primavera potrà aprire nuove speranze per un
diverso modello economico e sociale,
basato sui diritti, sui beni comuni e sulla
partecipazione diretta delle persone”.
L’appello dunque, è che “in questi
mesi che ci porteranno al referendum
si apra una grande stagione di sensibilizzazione sociale sul tema dell’acqua,
e si produca, ciascuno nella sua realtà e
con le sue attitudini e potenzialità, uno
straordinario sforzo di comunicazione
sull’importanza della vertenza in corso
e sulla necessità del coinvolgimento di
tutto il popolo italiano, con l’obiettivo
di arrivare all’affermazione dei tre referendum abrogativi. Tutte e tutti assieme
possiamo affermare l’acqua come bene
comune, sottrarla alle logiche del mercato, restituirla alla gestione partecipativa delle comunità locali. Tutte e tutti
assieme siamo coinvolti nel problema e
possiamo divenire parte della soluzione.
Il tempo è ora. Perché si scrive acqua e
si legge democrazia.”
Laura Mangialardo
GIOVANI
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GIOVANI E LAVORO, I DATI ISTAT E LAPOLIS
CRESCE LA SFIDUCIA. 2 MILIONI DI GIOVANI TERMINATI GLI STUDI NON HANNO ESPERIENZE DI LAVORO DURATURE
S
econdo un recente studio
dell’ISTAT “Ingresso dei giovani nel mondo del lavoro”, con riferimento al secondo semestre del 2009,
sono 2 milioni i giovani tra i 15 e i
34 anni che, terminati gli studi, non
hanno esperienze lavorative significative, cioè superiori ai tre mesi. Più
della metà sono donne. Secondo la
ricerca, la possibilità di trovare un
lavoro stabile cresce con l’aumentare della formazione. E’ quindi più
difficile trovare lavoro per chi ha
un’istruzione bassa: solo il 64% con
la licenza media dichiara di avere
avuto un’esperienza lavorativa, che
diventa il 77% per i diplomati e laureati. Tra i giovani dai 15 ai 34, che
hanno un’istruzione, il 73% dichiara
di avere avuto un’esperienza di lavoro di almeno tre mesi e la percentuale
sale con l’età: dal 29,7% dei ragazzi
tra i 15-19, al 60,1% di quelli tra 2024 e al 75% per i giovani tra 25-29,
fino all’81,2% di quelli tra 30-34.
Di quelli che hanno avuto un’esperienza significativa di lavoro nei tre
mesi successivi all’uscita dal mondo
dell’istruzione sono 73,9% i maschi
occupati e 54,7% le donne, 3,6% i
maschi disoccupati e 3,5% le donne,
mentre gli inattivi sono 2,3% e 7,3%
le donne. Di quelli senza esperienza
significativa sono occupati solo il
2,8% degli uomini e il 2,9% delle
donne, i ragazzi disoccupati sono il
6,1% e le ragazze il 6,9%; gli inattivi
sono 11,2% e 24,8% tra le donne.
Se si analizza la situazione per tipo di
lavoro intrapreso, secondo la ricerca
sono il 34,6% i professionisti laureati, l’1,2% quelli con il diploma e nessuno con la terza media. Anche per i
tecnici la situazione è simile: 35,9%
quelli laureati, 20,7% quelli diplomati e solo il 2% quelli con la terza
media. Per quanto riguarda gli impiegati, il 15% hanno o una laurea o un
diploma, mentre il 2,4% solo la terza
media. La situazione è l’opposto per
artigiani e operai: il 51,6% hanno la
terza media, il 27% un diploma e solo
il 2,2% la laurea. Solo il 6,5% degli
addetti alle vendite hanno la laurea,
mentre circa il 24% il diploma o la
terza media.
Anche L’istituto LaPolis, Laboratorio
di studi politici dell’Università di Urbino “Carlo Bo”, ha svolto una sua
ricerca su “I giovani: valori, partecipazione, stili di vita e di consumo”.
Fondamentale nella ricerca è lo studio del rapporto tra giovani e lavoro.
Le conclusioni sono amare e strettamente collegate con l’attuale periodo
socio-economico. Quello che i giovani cercano è infatti il posto fisso, con
adeguata retribuzione, anche se non
in sintonia con le proprie aspirazioni:
il 41% ritiene infatti che del lavoro sia
fondamentale lo stipendio e il 39% la
stabilità. Per il 24% sono importanti
le condizioni di lavoro e per il 25%la
qualità dei rapporti con i superiori ed
i colleghi. Solo l’8% dà importanza
all’utilità sociale del proprio lavoro e
il 21% ritiene che la coerenza con gli
studi e la vicinanza ai propri interessi
sia una carta vincente. Questi ragazzi credono ancora nella meritocrazia
per il 74% e vorrebbero che fosse
applicata; il 55% di loro sa che per
migliorare la propria condizione di
lavoro dovrebbero andare all’estero,
ma sono legati al territorio in cui preferirebbero restare. Nel 17% dei casi
i ragazzi ritengono che la ricchezza e
il sostegno della propria famiglia sia
fondamentale per ottenere successo e
il 23% crede che siano importanti le
conoscenze personali e famigliari.
C’è anche un forte disimpegno politico e sociale: il 55% socializza attraverso associazioni sportive e culturali, il 34% fa volontariato, il 26% va in
parrocchia. Solo il 21% partecipa alle
attività politiche e sindacali.
Solo il 5% crede che il Parlamento
europeo si occupi dei giovani, il 9%
spera nel Governo, ma per il 37%
confida più nel Comune e il 17% nella Regione. I giovani credono, quindi, che le istituzioni non abbiamo a
cuore i loro problemi. C’è una sostanziale sfiducia che rispecchia il precariato, l’impossibilità di costruirsi una
vita, di avere figli senza il pericolo di
trovarsi all’improvviso disoccupato,
senza una casa, e nell’impossibilità
di pagare il mutuo.
Sara Beaujeste D’Arpe
“CORTO MAGLIESE”, COMUNICARE LA SICUREZZA
PER LA GIORNATA NAZIONALE DELLE VITTIME DELLA STRADA INIZIATIVE E CONCORSI PER L’EDUCAZIONE AD UNA GUIDA SICURA
S
i celebra il 21 novembre la giornata nazionale del ricordo delle
vittime della strada.
E per ricordarle tutte non basterebbe un anno. In Puglia
nel 2008 si sono verificati
12.024 incidenti, con 353
morti e 20.259 feriti. Il numero degli incidenti è aumentato sia rispetto al 2007 sia rispetto al 2006, tuttavia quello
dei morti, seppure di poco
sembra essere diminuito, nel
2007 infatti si sono verificati
366 morti e nell’anno precedente, 409. Testimonianze
tristi e da far accapponare la
pelle, appelli per la ricerca di
testimoni, rabbia, speranza di
mettere fine a queste assurde
morti, riempiono le parole di
chi puntualmente si rivolge
all’ AIFVS, Associazione italiana familiari e vittime della
strada onlus.
Familiari e vittime, doppiamente feriti, per la perdita di una caro, per la
perdita della vita, per l’arroganza con
cui ancora si continua a guidare nelle
strade italiane.
Ogni anno in Italia muoiono circa
7000 persone, vittime di incidenti
stradali, 300.000 sono i feriti, ed oltre
20.000 coloro che restano in una condizione di disabilità.
Un numero enorme, di cui nel 2008,
all’improvviso vengono coinvolte e
uccise da mezzi.
Il parlamento Europeo ha chiesto
circa 1000 conducenti al di sotto dei
30 anni, 950 tra i 30 e 44 anni, per la
maggior parte uomini. In Puglia, nello stesso anno ci sono state 38 persone
trasportate, morte al di sotto dei 30
anni, 52 dai 30 anni in su.
A questo dato, già di per sé grave, si
aggiungano i pedoni, le persone che
all’Italia di ridurre del 40% in dieci
anni questi numeri. A ciò, secondo la
denuncia del Aifvs, lo Stato italiano
ha risposto con un sempre calante presidio del territorio e con un grave ritardo nell’adeguamento degli organici
delle forze dell’ordine e delle norme
del Codice della strada.
Sono spesso i giovanissimi che lasciano la vita in auto guidate a velocità
incontrollabili, e per questa ragione
l’associazione ha cercato
nel tempo di lanciare messaggi per un’educazione
alla guida responsabile.
Le iniziative si susseguono sul territorio nazionale
e nel mese di settembre, in
particolare, si è concluso a
Maglie, “Corto Magliese”,
un concorso di cortometraggi dedicato, quest’anno, alla sicurezza stradale.
L’iniziativa, rivolta proprio
ai giovanissimi, ha cercato
di esprimere in un linguaggio leggero, il messaggio
legato alla guida sicura per
una sicurezza propria e degli altri.
Uscendo fuori dai canoni
dei video shock, il vincitore
ha mostrato due rapinatori
scaltri, che però indossano la cintura
di sicurezza e alla fine si fanno beccare dalla polizia per non investire una
vecchietta.
Laura Mangialardo
SERVIZIO CIVILE
15
SERVIZIO CIVILE NAZIONALE, UN BEL GIOCO DURA POCO?
FISSATO A 113 MILIONI DI EURO LO STANZIAMENTO PER I PROSSIMI ANNI. IL DATO PIù BASSO DI SEMPRE
L
e più fosche previsioni sul futuro
del Servizio Civile Nazionale che
hanno alimentato i dibattiti di questi
ultimi mesi sembrano ormai prendere
sempre più consistenza. Il Consiglio
dei Ministri, il 14 ottobre 2010 ha
di avvio.
In subbuglio il mondo degli enti e dei
volontari che prendono unanime posizione, rivendicando maggiori fondi
e attenzione da parte del mondo politico.
de di fissare un tetto fisso di 40.000
volontari annui. Petizione appoggiata
ufficialmente dalla Rappresentanza
Nazionale dei Volontari in SCN.
Fania Alemanno, delegata nazionale
dei volontari in SCN per il Sud Italia,
in servizio nel progetto “Azioni Volontarie” del CSV Salento, dichiara che la posizione
della “Rappresentanza” è
ferma nel chiedere “finanziamenti che mirino al potenziamento di questo servizio, utile
non solo ai volontari, ma alla
comunità tutta e che la loro riduzione mina inevitabilmente
le fondamenta di quest’esperienza che è un’importante
scuola di vita”.
I numeri del
tracollo in Puglia
fissato a 113 milioni di euro, il finanziamento per il 2011. La stessa cifra è
prevista per il 2012 e per il 2013. Si
tratta dello stanziamento più basso in
assoluto nella storia del Servizio Civile, se si escludono le fasi sperimentali
La CNESC, Conferenza Nazionale
Enti per il Servizio Civile, insieme
al Forum del Terzo Settore ha promosso una petizione intitolata “Basta
schiaffi ai giovani, diamo un futuro al
Servizio Civile Nazionale”, che chie-
Anno
Posti in bando
2007
1392
2008
1134
2009
857
2010
630
IL TESTO DELLA PETIZIONE DELLA CNESC
I
“BASTA SCHIAFFI AI GIOVANI, DIAMO UN FUTURO AL SERVIZIO CIVILE NAZIONALE”
l servizio civile, si è più volte detto,
naviga in brutte acque.
Negli ultimi cinque anni il numero delle posizioni finanziate sono diminuite
di oltre il 60%.
Di questo passo a breve l’esperienza
quasi quarantennale di servizio civile che raccoglie apprezzamenti anche
fuori dall’Italia chiuderà!
Le principali vittime di questa ghigliottina sono i giovani, le persone e i
beni pubblici che beneficiano del loro
servizio.
Il servizio civile, come richiamato dalla corte costituzionale fin dal 1985 ed
ai sensi della legge vigente, concorre
alla difesa della patria, con mezzi ed
attività non militari. Eppure il servizio
civile, che ha un bilancio 150 volte più
piccolo di quello del servizio militare,
viene mortificato da continui tagli che
ne mettono a repentaglio l’esistenza
stessa, mentre si trovano i fondi per la
“mini-naja”, anche ricorrendo ai fondi
Mensile delle associazioni di volontariato della Provincia di Lecce
Ottobre - Novembre - Anno V - n.44
Iscritto al n.916 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 24/01/2006
Direttore Responsabile: Luigi Russo
Redazione: Serenella Pascali (coordinatrice), Luigi Conte, Sara Mannocci,
Sara D’Arpe, Daria Caione, Laura Mangialardo, Luca Spagnolo
Grafica e impaginazione: Sergio De Cataldis
Sede: Centro Servizi Volontariato Salento - via Gentile, 1 - Lecce
Tel. 0832.392640 - Fax 0832.391232 - Direttore: 335.6458557
www.csvsalento.it
[email protected]
Stampa: SERAFINO ARTI GRAFICHE - TRICASE - Tel e Fax 0833.541866
non impiegati delle scuole, che finora
restavano alle scuole stesse per impieghi successivi.
Nonostante ogni anno circa 100.000
giovani chiedano di prestare servizio civile, assistiamo al momento più
drammatico della storia del servizio civile nel più complice disinteresse delle
Istituzioni.
Pertanto chiediamo :
- Al Governo che nel prossimo documento di programmazione economica
e finanziaria 2011-2013, vengano previsti stanziamenti utili all’avvio di almeno 40.000 giovani su base annua;
- Alle Regioni e Province Autonome
che prevedano, come già fatto da alcune, propri stanziamenti aggiuntivi, utili
ad incrementare ulteriormente il numero di giovani coinvolti;
- che siano chiaramente stabilite per
legge le finalità dell’istituto del servizio civile nazionale rivolte ai giovani
residenti nel nostro Paese di educazione alla pace e alla cittadinanza attiva e
di apprendimento di concrete capacità
pratiche.
Per aderire, per iscritto o on-line,
il riferimento è al sito ufficiale
www.cnesc.it.
Riflessioni di una volontaria:
“Servizio Civile Nazionale, in
una società senza certezze”
C
he ci fosse aria di crisi era già noto da
qualche tempo.
Oggi, ancor di più, nell’epoca liquida, ci
sono infinite ragioni, per sentirsi insicuri
ed incerti. Ci si sta rendendo sempre più
conto che contingenza, casualità, ambiguità e irregolarità sono caratteristiche
inalienabili di tutto ciò che esiste, e pertanto sono irremovibili anche dalla vita
sociale e individuale degli essere umani,
soprattutto delle nuove generazioni.
Oggi, ci si aspetta che siano donne e uomini, singolarmente, a cercare e trovare
risposte individuali a problemi creati socialmente; ad agire su di essi utilizzando
le proprie risorse, assumendosi la responsabilità delle scelte, nonché del successo o
insuccesso delle azioni.
In altri termini, oggi siamo tutti “individui
per decreto”, cui si ordina, presupponendo che ne siamo capaci, di progettare le
nostre vite e di mobilitare tutto ciò che
serve per perseguire e realizzare i nostri
obiettivi di vita.
Per la maggior parte di noi, tuttavia, questa apparente “acquisizione di capacità” è
in tutto, o quanto meno in parte, una finzione.
L’idea di colmare le lacune del sistema
di welfare riservando una quota di posti
di Servizio Civile Nazionale per progetti
assistenziali, non si può che far pensare ad
una “politica della toppa”. Si cerca, infatti,
di tamponare il bisogno di assistenza delle persone utilizzando strumenti che, per
legge, non sono assistenziali. Così facendo si devia il Servizio Civile Nazionale
verso posizioni che lo identificano come
stampella del welfare, invece che come
strumento di difesa non armata e nonviolenta della Patria, così come lo definisce la
legge fondativa.
Il Servizio Civile Nazionale, in realtà,
dovrebbe favorire il progresso sociale, la
formazione civica, culturale e professionale dei giovani attraverso il loro diretto
coinvolgimento in attività e progetti e non
solo per soddisfare le richieste di assistenza. Il Servizio Civile è stato pensato, sin
dagli albori, come un investimento sulle
giovani generazioni che sappia proporre
esperienze improntate ai valori della solidarietà, partecipazione, dell’autodeterminazione del cittadino, della giustizia
sociale, della pace.
Oggi, ancor di più, nella società dell’incertezza, che futuro attenderà il Servizio
Civile Nazionale?
Oggi, ancor di più, che futuro avranno
quelle giovani generazioni che intendono
offrire la loro ricchezza al prossimo in maniera vera e sincera?
Quesiti che non riescono a trovare delle
risposte positive in noi giovani del terzo
millennio, in noi, giovani vittime di una
società capace di destrutturare l’identità,
la personalità umana.
Ciò che ci rimane non può essere che, il
senso di vivere nell’incertezza quotidiana
e l’impotenza di migliorarla e essere affranti da un nuovo sospetto, cioè che essa
sia incurabile.
Antonella Nicolì
Volontaria nel progetto del CSVS,
Azioni Volontarie
16
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