scoppiare di carcere - Centro Servizi Volontariato Salento
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scoppiare di carcere - Centro Servizi Volontariato Salento
‘ ambiente La nostra acqua quotidiana: attesa per il 4 dicembre Ottobre-Novembre 2010 - Anno V - n.44 speciale Servizio Civile: un bel gioco dura poco? a pag. 13 SCOPPIARE DI CARCERE Viaggio in un mondo ristretto, non solo dalle gabbie fisiche, ma anche dall’assenza di alternative possibili M illequattrocentoquarantuno detenuti nel carcere di Lecce con un indice di sovraffollamento del 120%. Il 90% fa uso di ansiolitici. 754 agenti di polizia penitenziaria di cui il 43,5% assente per vari motivi, 251 i poliziotti effettivi nei reparti e nelle sezioni. 8 educatori e 6 psicologi, cioè 1 educatore ogni 180 detenuti e uno psicologo ogni 240 reclusi. 2 suicidi dall’inizio dell’anno, 20 i tentativi messi in atto. Alta la presenza di stranieri (il 25,7%) e tossicodipendenti attivi (oltre il 16%). La sanità pubblica non riesce a far fronte ai problemi: sono 80 le visite giornaliere dei medici in carcere, oltre 24mila in un anno. Continua a pag. 8 MEZZOGIORNO, TERZO SETTORE E BENI COMUNI. AL VIA FQTS IN PUGLIA S i è tenuto a Conversano (Ba) il 29 e 30 ottobre scorso il seminario d’avvio del percorso formativo I beni comuni del Mezzogiorno, un’iniziativa voluta dal Forum Nazionale del Terzo Settore, della Consulta nazionale del volontariato, della Convol-Conferenza dei presidenti di OdV, di CSVnet-Coordinamento nazionale tra i centri di servizio per il volontariato, con il sostegno finanziario della Fondazione per il Sud. La proposta formativa è destinata ai dirigenti delle organizzazioni non profit pugliesi, 30 partecipanti circa, e punta alla elaborazione di un patto per la sussidiarietà che le principali organizzazioni del terzo settore pugliese... Continua a pag. 2 le parole che contano C’è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce. Leonard Cohen CONFERENZA ORGANIZZATIVA DI CSVNET S i è conclusa con l’adozione del Manifesto “CSVnet e territorio”, la seconda Conferenza Organizzativa di CSVnet avviata a Roma il 26 ottobre e proseguita a Cagliari nei giorni 5-6-7 novembre 2010. Tema centrale della Conferenza 2010, ripreso dal Manifesto conclusivo, “I territori di frontiera. Organizzare le sussidiarietà “in” territori e “con” territori ad alta complessità. Continua a pag. 3 a pag. 15 editoriale di Luigi Russo SISTEMACSV, TERRITORI E RETI L a Conferenza organizzativa dei 72 Centri di servizi del volontariato d’Italia si è tenuta dal 5 al 7 novembre a Cagliari. La partecipazione è stata elevatissima e il dibattito di alto livello, segno che i CSV italiani oltre ad essersi strutturati su tutto il territorio nazionale, stanno diventando sempre più consapevoli del ruolo che devono avere per portare a compimento la maturazione di tutto il Terzo Settore, nella direzione, certamente, della soggettività e competenza tecnica, ma anche sempre più politica e di rappresentanza. I temi intorno ai quali si è concentrata la discussione sono stati fondamentalmente tre: il “SistemaCSV”, il “territorio”, le “reti”. SistemaCSV, nel senso che ormai gli elementi costitutivi dello stesso sistema, i CSV, seppure diversi in dimensioni e configurazioni e natura, sono ormai organicamente interdipendenti, e sono accomunati dagli stessi valori (vision), della stesse finalità (mission), dalle stesse regole e modelli operativi e rendicontativi. È dunque l’ora, questa, per fare un passo avanti: superare cioè la fase in cui si è agito, in buona fede certamente, attraverso azioni frammentarie, a volte condizionate dalle lobby del Terzo settore, per portare al centro dell’attenzione il tema del “territorio”, con tutte le sue contraddizioni e i suoi bisogni. L’azione dei CSV non può essere realizzata in maniera asettica, “a prescindere” come direbbe Totò, agendo con la mentalità del treno in corsa alimentato da risorse esterne, che procede comunque su due binari paralleli, incontaminabili dalla cultura locale, Continua a pag. 2 22 CSVS INFORMA MEZZOGIORNO, TERZO SETTORE E BENI COMUNI AVVIATO IL PERCORSO FORMATIVO PER DIRIGENTI E QUADRI DELLE ORGANIZZAZIONI NON PROFIT PUGLIESI S i è tenuto a Conversano (Ba) il 29 e 30 ottobre scorso il seminario d’avvio del percorso formativo I beni comuni del Mezzogiorno, un’iniziativa voluta dal Forum Nazionale del Terzo Settore, della Consulta nazionale del volontariato, della Convol-Conferenza dei presidenti di OdV, di CSVnetCoordinamento nazionale tra i centri di servizio per il volontariato, con il sostegno finanziario della Fondazione per il Sud. La proposta formativa è destinata ai dirigenti delle organizzazioni non profit pugliesi, 30 partecipanti circa, e punta alla elaborazione di un patto per la sussidiarietà che le principali organizzazioni del terzo settore pugliese intendono proporre alle istituzioni, la Regione Puglia in primo luogo, nella consapevolezza che i cittadini possono svolgere un ruolo importante nella valorizzazione e nella tutela dei beni comuni, in ossequio al principio di sussidiarietà che è stato introdotto nella nostra Costituzione (art. 118, 4° comma) con la riforma del 2001. Al tema della sussidiarietà e della declinazione di questo principio in termini di cura dei beni comuni è stata dedicata la prima lezione del seminario, tenuta dal Prof. Giuseppe Cotturri, docente all’Università di Bari, che ha ripercorso la vicenda storica legata all’affermarsi del principio nel nostro ordinamento, rilevando il ruolo cruciale che ha avuto l’attività del Forum del Terzo Settore per la formulazione definitiva che ha assunto l’articolo costituzionale: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.”. In questo spirito di recente il Forum del Terzo Settore ha proposto di ragionare sulle sfide che attendono l’Italia a partire da quanto concretamente già fanno i tanti soggetti non profit (Libro Verde 2010): non un catalogo di richieste al governo, secondo il modulo di vecchi rapporti con la politica, ma un analisi schietta su se stessi e sulle proprie organizzazioni, alla ricerca delle indicazioni sul miglioramento possibile, su ciò che ognuno può fare, di più e meglio, nell’interesse del Paese, sulla base delle esperienze e delle competenze accumulate nel tempo, e soprattutto sulla base della convinzione che l’autonomia delle forze sociali ha valore se è capace di promuovere responsabilità rete dei servizi sociosanitari rappresenta infatti una grande opportunità per lo sviluppo delle iniziative di cittadinanza attiva se, come indicato chiaramente nel corso del seminario, esse sono cor- rettamente intese come le autonome attività che i cittadini compiono nell’interesse generale. L’attività seminariale si è conclusa con una lezione sul tema della rappresentanza, intesa come capacità delle stesse organizzazioni sociali di fare rete, superando le logiche di autoreferenzialità e mutuo accomodamento che spesso caratterizzano le pratiche quotidiane nelle relazioni fra terzo settore e istituzioni pubbliche. La degenerazione di queste pratiche ostacola lo sviluppo delle nostre comunità, rappresentando, nel piccolo, un ostacolo al superamento della crisi nella quale sembra imprigionato il sistema paese. Cosa possiamo dunque fare per arginare questo rischio? Cosa può fare il terzo settore per il futuro della Puglia? La riflessione è stata avviata. Per informazioni sugli ulteriori appuntamenti: 0832.392640 Foto: Gruppo FQTS Puglia verso la comune convivenza. Per il Mezzogiorno, e per la nostra regione, tale consapevolezza deve maturare nell’identità delle organizzazioni, e proporsi concretamente nel rapporto con le istituzioni, valorizzando le risorse delle comunità locali, individuando l’agenda delle priorità sulle quali intervenire, i beni comuni da valorizzare e tutelare. Si tratta a bene vedere di un cambiamento radicale del paradigma assistenziale, operando secondo la logica della sussidiarietà i cittadini non chiedono nulla alle istituzione, ma al contrario offrono qualcosa, il proprio tempo, le proprie energie, le proprie competenze, nel perseguimento dell’interesse generale. Nel corso del seminario si è tenuta una tavola rotonda, coordinata da Daniele Ferrocino, della Comunità Emmanuel, cui hanno partecipato la Dott.ssa Anna Maria Candela, dirigente dell’Assessorato regionale al Welfare, Francesco Spina, Sindaco di Bisceglie, in rappresentanza dell’ANCI, il portavoce del Forum regionale del Terzo Settore Gianluca Budano, Piero D’Argento, coordinatore del Gruppo regionale di assistenza tecnica alla programmazione sociale della Regione Puglia. La discussione si è sviluppata sulle politiche sociali regionali, quale esempio di programmazione che orienta le pubbliche amministrazioni all’adozione d’interventi che favoriscano lo sviluppo del capitale sociale nelle comunità locali, nell’ambito dell’attuazione dei Piani Sociali di Zona. La dimensione locale sulle quali ormai va sviluppandosi la CONTABILITÀ E RENDICONTAZIONE DEI FONDI 5 PER MILLE Gli obblighi fiscali che interessano le odv nel seminario promosso dal Csv Salento, in programma a Lecce presso la sede di via Gentile 1 N ell’ambito delle attività formative promosse dal Csv Salento e rivolte alle odv del territorio, è in programma per venerdì 26 novembre alle ore 18 a Lecce, presso la sede provinciale del Csvs in via Gentile 1, il seminario formativo “Tenuta della contabilità e rendicontazione dei fondi 5 per mille”. L’incontro, della durata di tre ore, sarà tenuto da Vito Luna. Il seminario si propone di presentare gli obblighi fiscali che interessano le odv illustrando le procedure per una corretta gestione della tenuta della contabilità e della rendicontazione del 5 per mille. SISTEMACSV, TERRITORI E RETI continua da pag.1 ma deve tenere conto della specificità del volontariato di quel territorio, delle risorse, della qualità dei diversi soggetti pubblici o privati o del sociale che lì agiscono, per realizzare quella sussidiarietà orizzontale e verticale prevista dalla riforma del titolo V della Costituzione. Infine le “reti”. Rappresentano, quando ci sono e quando sono solide, la prova della maturità del Terzo Settore di un quel territorio, ma anche la prova dell’efficacia dei CSV. È impossibile pensare oggi a un volontariato frammentato, fatto di singole associazioni o sigle, che tenta di affrontare con questi limiti le sfide della complessità: non si può costruire il Bene Comune se non vince la modalità della cooperazione e del dialogo tra i diversi soggetti implicati. Come direbbe Zamagni, il Bene comune si consolida quando Stato-Mercato-Terzo Settore contribuiscono insieme, ciascuno secondo la sua specificità, a declinare l’efficienza con la relazionalità, la legalità con lo sviluppo e la solidarietà. Queste tre parole saranno il vangelo dei CSV nei prossimi anni. CSVS INFORMA 3 UNA PETIZIONE PER SALVARE IL VOLONTARIATO ITALIANO È MOBILITAZIONE NAZIONALE CONTRO LE PROPOSTE DI MODIFICA DELLA LEGGE QUADRO SUL VOLONTARIATO CONTENUTA NELLA “LEGGE SULLA MONTAGNA”. CSV PUGLIA NET PROMUOVE UNA PETIZIONE POPOLARE in atto una vera e propria minaccia al volontariato italiano. Infatti, nella V Commissione della Camera dei Deputati è in discussione il Progetto di Legge n. 41 “disposizioni in favore dei territori di montagna” il cui art. 5 modifica la Legge 266/91 “legge quadro sul volontariato” in particolare l’art. 12 e l’art. 15. Nel dettaglio la modifica prevede: 1. di aggiungere sia a chi gestisce i CSV e sia a chi usufruisce dei loro benefici, oltre alle organizzazioni di volontariato, anche tutte le onlus, le cooperative sociali, le associazioni sportive dilettantistiche, le associazioni bandistiche, i cori amatoriali, le filodrammatiche, le associazioni dilettantistiche di musica e danza popolare; 2. di destinare almeno il 10% delle risorse di tutti i CSV ai soli CSV che operano in territori montani e di consentire che la quota eventualmente eccedente le loro attività di servizio venga utilizzata per acquistare attrezzature, materiali e mezzi il cui utilizzo sia strettamente connesso alle attività di natura sociale; 3. Di estendere la tipologia di progetti finanziabili dall’Osservatorio nazionale del Volontariato dalle emergenze sociali, tradizionale area di intervento dei progetti, agli interventi nei territori montani e nelle aree territorialmente marginali. Inoltre nell’incontro della Commissione del 5 ottobre scorso è stato deciso di inoltrare alla Presidenza della Camera la richiesta di trasferimento alla sede legislativa del Senato, del progetto di legge. Questo significherebbe saltare a piè pari tutto l’iter della Camera per far traghettare direttamente al Senato il progetto di legge. CSVnet, CSV Puglia Net, il Forum del Terzo Settore, la Consulta Nazionale blica amministrazione, alle auto blu, all’evasione fiscale. Per il volontariato meridionale, che sta già subendo gravi danni per effetto della crisi finanziaria internazionale che ha tagliato di oltre il 50% le risorse disponibili, tutto questo potrebbe significare il tracollo e la del Volontariato presso il Forum e la ConVol esprimono profonda preoccupazione e dissenso in merito alle ipotesi di modifica, inaccettabili tanto nel metodo quanto nei contenuti. Caustico il commento di Luigi Russo, presidente del CSV Salento: “È veramente preoccupante questa idea del leghista Giorgetti, presidente della Commissione Bilancio della Camera, di una normativa pensata per la giusta valorizzazione delle comunità montane ma che va a colpire il mondo del volontariato. Quelle risorse potrebbero, invece, essere reperite in altri settori, magari nei tagli agli sprechi della pub- chiusura dei Centri Servizio. La Lega fa solo gli interessi del suo territorio e delle sue lobby di interesse. Noi difendiamo il valore di tutto il volontariato italiano”. IL SOSTEGNO DELLA POLITICA “È un progetto di legge gravissimo, criminale”, dichiara senza mezzi termini l’Assessore regionale pugliese al Welfare Elena Gentile . “Ancora una volta si mina il patrimonio del Sud per mano di politici del Nord, in un momento peraltro cruciale, come quello della crisi che sta mettendo in grave sofferenza famiglie, singoli, imprese, istituzioni e a cui il mondo del volontariato sta for- nendo, attraverso la sua enorme competenza e le sue straordinarie energie, un supporto eccezionale e indispensabile. Che è il supporto della solidarietà e della coesione sociale”. Anche sulla procedura annunciata, l’assessore regionale Elena Gentile ha toni netti: “Trovo gravissimo che si possa modificare così profondamente una legge come quella del volontariato, senza chiamare attorno ad un tavolo i principali protagonisti”. “Proprio nei giorni scorsi - dichiara il Segretario provinciale PD Salvatore Capone - in occasione della presentazione del rapporto “Visti da noi”, abbiamo avuto una dimostrazione concreta della rilevanza del ruolo e del lavoro svolto dal CSV Salento e dalle organizzazioni di volontariato nel campo del sociale e non solo, in provincia di Lecce. Oggi, il provvedimento in esame propone di sottrarre fondi ai CSV per dirottarli a beneficio di altri tipi di organizzazioni no-profit, per le quali sono già previsti altri strumenti di sostegno, situate nei territori montani. Oltre alla confusione tra strumenti normativi, è evidente come il Salento, non essendo montano, risulterebbe fortemente penalizzato dall’adozione di tale misura”. Daria Caione LE CONCLUSIONI DELLA CONFERENZA ORGANIZZATIVA DI CSVNET L’IMPORTANZA DEL RADICAMENTO TERRITORIALE DEL SISTEMA CSV AL CENTRO DEL MANIFESTO CONCLUSIVO “CSVNET E TERRITORIO” S i è conclusa con l’adozione del Manifesto “CSVnet e territorio”, la seconda Conferenza Organizzativa di CSVnet avviata a Roma il 26 ottobre e proseguita a Cagliari nei giorni 5-6-7 novembre 2010. Tema centrale della Conferenza 2010, ripreso dal Manifesto conclusivo, “I territori di frontiera. Organizzare le sussidiarietà “in” territori e “con” territori ad alta complessità: reti, autonomie ed integrazioni per il volontariato” con l’obiettivo di approfondire i presupposti dell’essere rete e il modo mi- gliore di organizzarsi per gestire insieme le sfide future del sistema. Al centro della riflessione il “territorio” inteso sia come spazio su cui organizzare la rete delle componenti del sistema CSVnet in una dinamica locale e nazionale, sia come comunità - bacino dei bisogni, nella duplice veste di luogo del governo (come insieme delle organizzazioni di volontariato) e di beneficiario (come mondo del volontariato). “Il Sistema Csv intende perseguire e promuovere processi di identità e di sviluppo sostenibili ed efficaci, ancorati irrinunciabilmente ai territori dove le organizzazioni di volontariato nascono, crescono ed operano”, si legge nel Manifesto, che si propone come riferimento identitario del Sistema. Territori rispetto ai quali “le componenti del SistemaCSV sono chiamate ad essere attori portatori di intenzionalità”, interpretando e garantendo “la funzione di interfaccia e relazione tra interlocutori/ risorse/istanze locali e interlocutori/ risorse/istanze sovralocali”. Nessun territorio è riducibile ad unum per- ché, al suo interno, si presentano molteplicità irriducibili, è caratterizzato da disomogeneità e presenta attori contraddistinti anche da differenze, frammentazioni, contrapposizioni, pluriappartenenze, punto di partenza e valore aggiunto dell’attività di ciascun Csv, che si riconosce “espressione di una base sociale di cui tutela e promuove l’identità e le funzioni e a cui richiede coinvolgimento e responsabilità”. Antonio Carbone ASSOCIAZIONI 4 LA POESIA PER “IL GALANTUOMO” SI RINNOVA PER IL QUINTO ANNO LA FORTUNATA INIZIATIVA DELL’ASSOCIAZIONE DON DI NANNI ALIAS LI SCUMBENATI, APERTA PER LA PRIMA VOLTA ANCHE AI CITTADINI ALBANESI. LA SCADENZA DELLE ISCRIZIONI PREVISTA IL 15 FEBBRAIO 2011 D opo il successo delle scorse edizioni si rinnova anche quest’anno l’impegno dell’associazione di volontariato “Don Di Nanni alias Li Scumbenati” nella promozione del quinto concorso internazionale di poesia “Il Galantuomo”. Il concorso, aperto anche quest’anno agli adulti ed agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado del Salento (Lecce, Brindisi e Taranto) e agli ospiti degli istituti di pena della regione Puglia, per la prima volta con questa edizione si rivolgerà anche agli adulti e studenti di ogni ordine e grado dell’Albania. Una novità che viene ulteriormente a rafforzare il legame che già lega a questa nazione l’associazione Don Di Nanni, impegnata per il secondo anno consecutivo in un progetto di adozione a distanza di bambini albanesi, grazie alla collaborazione con Avsi. C’è tempo fino al prossimo 15 febbraio 2011 per parteci- pare al concorso con una poesia in lingua o vernacolo salentino per gli ospiti degli istituti di pena, con l’aggiunta del grecanico per gli studenti delle scuole salentine. Mentre gli adulti e studenti albanesi potranno presentare un poesia in lingua italiana. “Negli anni scor- pazioni nell’ultima edizione, nella quale sono stati assegnati 63 premi”. Significativa la partecipazione, alla quarta edizione, di 15 detenuti “dalla insospettata preparazione scolastica e linguistica” come commenta Arigliani, appartenenti a nazioni come Colombia, si abbiamo avuto una partecipazione straordinaria” commenta il presidente Achille Arigliani. “Ben 411 parteci- Algeria, Ghana, Brasile, a denotare il carattere internazionale dell’iniziativa. 80 i premi che si prevede di assegnare UN CICLAMINO PER GUARIRE DALLA FIBROSI CISTICA VIII SETTIMANA NAZIONALE PER LA RICERCA SULLA FIBROSI CISTICA: OLTRE 700 PIANTE VENDUTE DALLA DELEGAZIONE SALENTINA S i è svolta in tutta Italia dall’11 al 17 ottobre l’VIII Settimana nazionale della ricerca sulla fibrosi cistica, promossa dalla Fondazione per la ricerca su questa patologia. Proprio allo scopo di raccogliere fondi e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla malattia genetica grave più diffusa, il fiore simbolo della ricerca – il ciclamino – ha colorato 300 piazze in tutta Italia lo scorso sabato 16 ottobre, grazie anche all’entusiasmo e all’aiuto offerto quest’anno dai giovani dell’associazione Round Table Italia, impegnati a coadiuvare la raccolta fondi. 5 le piazze salentine interessate dall’iniziativa - piazza Mazzini e S. Oronzo a Lecce, piazza S. Pietro a Galatina, piazza Aldo Moro a Maglie, piazza Paisiello a Tricase – coordinata dalla giovane delegazione salentina della Fondazione, costituita a gennaio di quest’anno ma che può contare già su risultati di rilievo. “La nostra è stata la delegazione che ha venduto di più in Italia – conferma Francesca Musardo, responsabile della delegazione salentina – con la vendita di oltre 700 piante in tutta la provincia e una maggiore risposta nei piccoli centri più che nel capoluogo leccese, forse più assuefatto ad iniziative di questo tipo”. Risultato ancora più positivo ove si consideri che la fibrosi cistica, al contrario di altri mali più diffusi e percepiti come i tumori, è una patologia che pochi conoscono. “Eppure se si considera che ogni 2500 bambini uno nasce malato, che ci sono circa 200 nuovi casi all’anno e che nel paese il 4% della popolazione si rivela esser fatta da portatori sani del gene che causa la malattia, forse si può cogliere l’importanza che la ricerca in questo settore ha” continua. Con una critica amara che riguarda direttamente la nostra regione, priva di uno screening neonatale che consentirebbe di fare una diagnosi precoce della malattia. Offrire nuove speranze di cura ai malati è la mission che la Fondazione per la ricerca si prefigge da 13 anni anche e soprattutto grazie all’impegno e all’entusiasmo dei volontari delle delegazioni locali, come quella salentina, che hanno bisogno, però, del sostegno di tutti. Daria Caione nell’edizione di quest’anno, con l’attribuzione al primo classificato di una statuetta di cartapesta riproducente “Il galantuomo” (titolo di un periodico mensile di Don Giovanni Bosco) e di manufatti in pietra leccese per gli altri premiati, realizzati dalla stessa associazione. La premiazione, che si svolgerà nel mese di maggio 2011 a Lecce, in carcere e in Albania, sarà allietata da momenti di spettacolo e vedrà la partecipazione di personaggi illustri e autorità cittadine. Illustri come i componenti della giuria di 8 elementi che assegnerà i premi, “composta dai migliori scrittori dell’area salentina” come tiene a sottolineare il presidente. Regolamento del bando e scheda di iscrizione al concorso sono disponibili anche sul sito www. csvsalento.it nella sezione “Bandi di gara”. Daria Caione “LA FORTUNA DI SALVARE UNA VITA” A TRICASE REALIZZATO UN DOPPIO ESPIANTO DI MIDOLLO OSSEO, UNO DA DONATORE NON FAMILIARE SOCIO DELLA SEZIONE LOCALE DELL’ADMO L a donazione del midollo osseo è ancora oggi l’unica speranza di guarigione e di vita per migliaia di malati. Una speranza spesso remota ma che porta ancora di più ad apprezzare eventi come quello avvenuto nell’ospedale Panico di Tricase, interessato lo scorso 20 ottobre da un doppio espianto. “L’impianto delle cellule dal midollo era l’unica possibilità di cura che i due malati avevano – ha detto il Vincenzo Pavone, direttore della divisione di ematologia dell’ospedale, che ha eseguito gli espianti insieme al direttore del Sit (Servizio Immuno Trasfusionale) Angelo Ostuni. Affermo questo per sottolineare l’importanza della donazione di midollo osseo e l’importanza che i donatori siano sempre di più: quanti più siamo più vite umane salviamo”. La difficoltà di trovare la compatibilità tra donatori e pazienti è ancora oggi il principale ostacolo con cui convivono quotidianamente le associazioni di donatori di midollo osseo. Tanto che, significativamente, l’iscrizione nel registro dei donatori è consentita solo alle persone di età compresa tra i 18 e i 40 anni, che hanno maggiori probabilità di essere chiamati prima del raggiungimento della soglia limite per la donazione, fissata nei 50 anni d’età. Ciò nonostante l’iscrizione al registro regionale, che fa parte di un più ampio registro nazionale e addirittura mondiale, non è un investimento a perdere. “Lo dimostra il caso di Tricase, in cui uno dei donatori era socio dell’Admo, o quello del donatore che 4 anni fa ha donato le proprie cellule staminali ad una ragazza inglese” ci tiene a sottolineare Mimmo Turco, presidente dell’Admo Tricase. “Casi come questi sono rari, è vero, ma rappresentano una duplice opportunità: l’unica speranza per tanti malati di qualsiasi età, ma anche una fortuna per chi, iscritto al registro, venga chiamato a donare. La grande fortuna di aver salvato una vita”. Il primo passo per chi volesse iscriversi al registro dei donatori di midollo osseo è quello di recarsi presso una delle sezioni locali dell’Admo, per poi effettuare l’esame del sangue necessario alla tipizzazione. Chi fosse interessato può rivolgersi a: Mimmo Turco, Admo Tricase, tel. 335/365656 o Francesco Gannuzzi, Admo Lecce, 0832/661919. Daria Caione IMMIGRAZIONE 5 CARITAS MIGRANTES, LA PUGLIA DEGLI “SBARCHI” S È LA PRIMA REGIONE IN ITALIA PER GLI SBARCHI E PER LA RICHIESTA DI REGOLARIZZAZIONE DELLE ASSISTENTI FAMILIARI. CONTENUTA LA PRESENZA, SOLO 84.320 I RESIDENTI, IL 2% DELLA POPOLAZIONE PUGLIESE. AGRICOLTURA E SERVIZI I SETTORI DI MAGGIORE IMPIEGO ono quasi 5 milioni i residenti stranieri nel nostro paese (un immigrato ogni 12 residenti), una presenza triplicata nell’ultimo triennio. È il primo dato significativo che emerge dal Dossier statistico 2010 – XX Rapporto immigrazione” realizzato da Caritas – Migrantes presentato nei giorni scorsi. Il dossier evidenzia come il rapporto poi tra spese pubbliche sostenute per gli immigrati e i contributi e le tasse da loro pagate va decisamente a vantaggio del sistema Italia (9miliardi e 950milioni di uscite nel 2008 a fronte di 10miliardi e 820 milioni di entrate). Infatti dai dati del Dossier emerge che gli immigrati assicurano un contributo notevole all’economia italiana, pagando 7,5 miliardi di euro di contributi previdenziali e dichiarando al fisco un imponibile di oltre 33 miliardi di euro. All’interno del dossier statistico nazionale anche la situazione della Puglia. “I numeri che presentiamo, più che servire a contare le persone ci fanno capire che le persone contano”. Così il delegato regionale Caritas per la Puglia, Don Maurizio Tarantino nei giorni scorsi ha presentato la sezione Puglia del dossier. Di fatto, la presenza degli stranieri in Puglia è ancora relativamente bas- sa, soprattutto se confrontata con i dati delle altre regioni italiane: solo 84.320 residenti stranieri al dicembre 2009, il 2,1 % della popolazione totale (4.084.035 di residenti), a fronte del 7 % registrato in media in Italia con livelli più alti in Lombardia, che accoglie un quinto dei residenti stranieri (23,2 % della popolazione regionale), Veneto (11,3%) ed Emilia Romagna (10,9%). La Puglia, nella classifica delle regioni italiane si colloca così al 14esimo posto, sebbene abbia registrato un incremento significativo delle presenze tra il 2008 e il 2009, stimabile nel 14%. Albania, Romania, Marocco, Cina e Polonia le prime 5 nazionalità presenti nella nostra regione nel 2009. La Puglia ha invece il primato in Italia per il numero di sbarchi e le richieste di regolarizzazione degli assistenti familiari. L’agricoltura è il principale settore di occupazione degli immigrati nel territorio regionale (31,7%) con una spiccata concentrazione nel foggiano, seguito da servizi (40,6%) e industria (25,6%). Un capitolo del Dossier è poi dedicato ai detenuti in carcere: anche qui il dato è in aumento, in Puglia il 18% dei detenuti è straniero, una percentuale nettamente inferiore a quella nazionale (37%) e nel sud d’Italia superiore solo alla Campania (13%). Una nota negativa proviene – secondo il rapporto Caritas Migrantes – dai dati relativi al numero di corsi di alfabetizzazione italiana, poiché le cifre dimostrano l’inesistenza di questo tipo di attività all’interno degli istituti pugliesi. Altra problematica che non va sottovalutata è quella legata alla seconda generazione. Bambini e adolescenti che nascono in Puglia e che poi frequentano la scuola con non poche criticità (oltre un forte nucleo albanese, ci sono altre comunità presenti in Puglia, quali rumeni, marocchini, cinesi) necessitano di attenzione e di concrete politiche inclusive. Secondo i dati del Dossier Caritas/Migrantes il 38,5% degli alunni della scuola primaria pugliese è straniero. La maggior parte di questi, è nato in Italia. Daria Caione ACCOGLIENZA, LA CORTE DÀ RAGIONE ALLA PUGLIA LA LEGGE ERA STATA IMPUGNATA DAL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MA LA CORTE HA RESPINTO IL RICORSO: SÌ ALLE CURE URGENTI E ALLA SCELTA DEL MEDICO DI BASE PER GLI STRANIERI SOLO TEMPORANEAMENTE SOGGIORNANTI S i tratta della sentenza della Corte Costituzionale (n. 299/2010) del 22 ottobre scorso con la quale la Corte respinge quasi per intero il ricorso presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri contro molte disposizioni contenute nella Legge Regione Puglia 32/2009 (“Norme per l’accoglienza, la convivenza civile e l’integrazione degli immigrati in Puglia”). Viene dichiarata infondata la questione di legittimità di diverse disposizioni. Di particolare interesse è il giudizio sulle disposizioni in materia di assistenza sanitaria. Infatti la legge regionale n. 32/2009 prevede che gli stranieri assistiti con il codice STP abbiano diritto alla scelta del medico di base (cosa non prevista dalle disposizioni nazionali). La Corte dichiara legittima questa disposizione, dato che non altera le restrizioni sul tipo di cure cui lo straniero irregolarmente soggiornante ha diritto (cure urgenti o essenziali, anche a carattere continuativo). La legge regionale prevede anche che ai cittadini comunitari presenti sul territorio regionale che non risultano assistiti dallo Stato di provenienza, privi dei requisiti per l’iscrizione al SSR e che versino in condizioni di indigenza, sono garantite le cure urgenti, essenziali e continuative attraverso l’attribuzione del codice ENI (europeo non in regola). Le modalità per l’attribuzione del codice ENI e per l’accesso alle prestazioni, sono le medesime individuate per gli STP. La Corte, dichiara legittima anche questa disposizione, osservando come essa sia coerente con l’interpretazione delle disposizioni del D.Lgs. 30/2007 offerta dalla Circolare del Ministero della salute 19/2/2008. La questione è rilevante e di peso per le conseguenze che reca. Infatti quella circolare indicava come il fondamento del rilascio del codice ENI fosse proprio nel principio costituzionale della tutela del diritto alla salute (art. 32 della Costituzione). Ora, è la stessa Corte Costituzionale a benedire quella tesi, mettendo al riparo la circolare dai tagli del governo centrale. Le disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime dalla Corte sono invece solo due: quelle che garantiscono il diritto di difesa dello straniero soggiornante a qualunque titolo (si tratta infatti di materia di competenza statale); l’applicazione dei principi della Convenzione ONU 18/12/1990 sui diritti dei migranti e delle loro famiglie (la Convenzione non è stata ratificata dall’Italia e le Regioni non possono dare esecuzione ad accordi internazionali indipendentemente dalle leggi di ratifica). “E’ una vittoria sul fronte delle politiche di salute, ma anche di tutte le politiche di settore – è l’esordio soddisfatto dell’assessore regionale al welfare Elena Gentile che aveva promosso e portato in Consiglio regionale quella legge fino alla sua approvazione. Ma è anche una vittoria di civiltà e di chiarezza. Abbiamo avuto ragione – conclude la Gentile - e la Corte ci ha restituito quello che la legge già ci attribuiva: la possibilità di legiferare su questioni di esclusiva competenza regionale. Ora possiamo solo andare avanti”. Daria Caione DISABILITÀ 6 LA DISABILITÀ TRA IMMAGINI, ESPERIENZE, EMOTIVITÀ “ I RISULTATI DEL RAPPORTO CENSIS SULLA PERCEZIONE DELLA DISABILITÀ IN ITALIA. NEI CONFRONTI DEGLI OLTRE 4 MILIONI DI DISABILI PARTECIPAZIONE UMANA MA ANCHE PAURA E UN PO’ DI IGNORANZA La disabilità tra immagini, esperienze, emotività” è il titolo del primo rapporto che il Censis dedica alla percezione sociale della disabilità, prendendo a riferimento le conoscenze su quattro tipologie di disabilità collegate a sindrome di Down, malattia di Parkinson, sclerosi multipla e autismo. Sotto la lente di ingrandimento i 4,1 milioni di persone disabili che vivono in Italia, secondo le stime del Censis, pari al 6,7% della popolazione, e i sentimenti prevalenti nei confronti della disabilità, che oscillano tra la partecipazione umana e la paura. Se, infatti, le persone disabili suscitano in gran parte degli italiani sentimenti positivi, come la solidarietà (per il 91,3%), l’ammirazione per la loro forza di volontà e la determinazione che comuni- cano (85,9%), il desiderio di rendersi utili (82,7%), sono tuttavia diffusi anche sentimenti controversi, imbarazzo e disagio. Il 54,6% degli italiani prova paura, per l’eventualità di potersi trovare un giorno a dover sperimentare la disabilità in prima persona o nella propria famiglia. Poi c’è il timore di poter involontariamente offendere o ferire la persona disabile con parole e comportamenti inopportuni (34,6%). Mentre il 14,2% degli italiani afferma di provare indifferenza, perché il problema della disabilità non li tocca minimamente. Le persone disabili sembrano ancora scontare invisibilità, ignoranza e pregiudizi. Due terzi degli intervistati (66%) ritengono che soprattutto le persone con disabilità mentale sono accettate solo a parole dalla società, ma nei fatti vengono spesso emarginate. Quasi un quarto del campione (23,3%) ha un’opinione ancora più negativa, ritenendo che non c’è nessuna accettazione sociale, perché la disabilità mentale fa paura e queste persone si ritrovano quasi sempre discriminate e sole. Solo il 10,7% degli intervistati ritiene che invece sono accettate pienamente e che nei loro confronti c’è disponibilità all’aiuto e al sostegno. C’è una disabilità che si vede e una invisibile. La maggioranza degli italiani ha una immagine della disabilità esclusivamente in termini di limitazione del movimento (62,9%), il 15,9% pensa a una disabilità intellettiva (il ritardo mentale o la demenza), il 2,9% a una disabilità sensoriale (sordità o cecità), mentre il 18,4% associa il concetto a un deficit plurimo, ossia alla combina- zione di due o più disabilità. Resistono i falsi miti e i luoghi comuni. Ma quanto è diffusa tra gli italiani la corretta conoscenza di alcune specifiche forme di disabilità? L’82,9% del campione afferma di conoscere la sindrome di Down, segue la malattia di Parkinson (66,5%) e la sclerosi multipla (64,9%), mentre il livello più basso di conoscenza si rileva a proposito dell’autismo (noto solo al 59,9% del campione). Ma anche tra chi afferma di sapere di cosa si tratta, le informazioni appaiono generiche e superficiali. E le convinzioni errate sembrano essersi sedimentate, all’interno di una sorta di rumore di fondo informativo, come effetto di una comunicazione mediatica che sul tema è spesso confusa e sensazionalistica. Daria Caione IL SALENTO SCOPRE GLI SPORT PARALIMPICI L GRANDE SUCCESSO PER LA GIORNATA NAZIONALE DELLO SPORT PARALIMPICO SVOLTA A LECCE LO SCORSO 14 OTTOBRE. 250 ATLETI DISABILI ALL’INSEGNA DI UN UNICO SLOGAN: “LO SPORT È UNO SOLO ED È PER TUTTI” ’obiettivo è stato raggiunto: il 14 ottobre scorso lo sport paralimpico ha dato uno “scossone” al Salento. Quanti disabili e famiglie, quanti “normodotati” e famiglie hanno finalmente capito che “lo sport è uno solo ed è per tutti”, che tutti possono divertirsi, crescere, e i migliori, diventare campioni, con lo sport. Al Palazzetto dello Sport Ventura di Lecce, una delle tredici città italiane scelte per celebrare la V Giornata Paralimpica, la manifestazione organizzata dal Cip Puglia e dalla Fondazione Enel Cuore Onlus è stata un successo. Duecentocinquanta atleti disabili(dalla coppia Campione d’Italia di danza sportiva formata da Antonella Sterlacci e Vincenzo Ignomiriello, agli atleti del tennistavolo, dello show-down, del Judo, del calcio a 5 e del basket in carrozzina) e sugli spalti centinaia di studenti di ogni ordine e grado, hanno fatto vivere un momento di integrazione, una grande giornata di sport e amicizia, di superamento delle barriere mentali, culminata quando intorno a mezzogiorno hanno fatto il loro ingresso nel PalaVentura i cestisti professionisti della New Basket Enel Brindisi. La Giornata, organizzata con il patrocinio di Regione Puglia, Provincia e Comune di Lecce, ha visto la partecipazione di diciotto società pugliesi: Gargano Giovinazzo; Elos Bitonto; Sport Insieme Sud Barletta; Delfino Taranto; il Sole Taranto; Uic Bari; Ascus Uic Lecce; Astra Bari; H Bari 2003; Filanto 2001 Lecce; Lupiae Lecce; Utopia Lecce; Gruppo Sportivo Silenziosi Lecce; Unione Sportiva Sa- fondimento su organizzazione e attività del Cip, doping e riabilitazione, tutela sanitaria e protesi, rapporti con la scuola, disabilità mentale e progetti di formazione ideato da Coni Lecce e Cip provinciale rivolto a tecnici, medici, insegnanti di sostegno, esperti della riabilitazione, ma anche ad atleti lentina Lecce; Judo Club Olimpia Lizzanello; Cuban Club Danza Sportiva. Più di duecento partecipanti e quindici relatori hanno partecipato nella giornata successiva al Convegno tecnicoscientifico sul tema “Una storia lunga 50 anni: dallo sport-terapia allo sport paralimpico”, una giornata di appro- diversabili e normodotati. “In questi 50 anni, a partire dalle Olimpiadi di Roma - ha affermato in videoconferenza il Presidente Nazionale del Cip Luca Pancalli - abbiamo fatto veramente la storia ed abbiamo trasformato il concetto di disabilità, oggi finalmente intesa come risor- sa del Paese. Il Cip è uno strumento attivo che fa dello sport un mezzo di speranza per migliaia di atleti, di educazione, di integrazione sociale e di agonismo”. I lavori sono poi proseguiti con le relazioni di: Vincenzo Castellano, Antonio Spataro, Marco Bernardi, Angelo Tornese, Gennaro Verni, Francesco Manfredi, Giuseppe Piccinno, Marinella Ambrosio, Marco Borzacchini, Costanzo Mastrangelo, Michele Giorgio, Alfredo Pagliaro. “Sono stati due giorni intensi - ha dichiarato il delegato provinciale del Cip, Antonio Vernole -, che hanno messo al centro dell’attenzione le persone con disabilità che hanno necessità di praticare sport per fini terapeutici e per una vera integrazione sociale. Spero che queste giornate siano la base di partenza per promuovere e diffondere la pratica sportiva tra le persone disabili e tra quelle appartenenti a categorie sociali svantaggiate, per uscire dall’isolamento e dall’emarginazione attraverso l’attività motoria e sportiva”. E subito nasce un nuovo progetto per la costituzione di uno staff di dieci medici per la riabilitazione, la terapia sportiva dei disabili. Silvana Sarli DISABILITÀ 7 L’ODISSEA FERROVIARIA DEL DISABILE VIAGGI DI NOTTE PRECLUSI, OBBLIGO DI ACCOMPAGNATORE, ASSISTENZA LENTA E CARENTE. BREVE MAPPA DELLA MANCANZE DI TRENITALIA B asta parlare con l’Assistenza Clienti Trenitalia di Lecce per avere chiaro il problema: i treni notturni non sono attrezzati al trasporto disabili. Non c’è certo l’obbligo di partire di giorno, almeno non formalmente, ma la situazione non dà scelta. I corridoi, in particolare quelli dei moderni vagoni letto, sono così stretti che una carrozzina non è in grado di passare, se è elettrica è inutile anche provare, forse quella di un bambino…I bagni hanno una porta di ridotte dimensioni e i sanitari sono molto vicini. Le cuccette sono più grandi, più agevoli, soprattutto quelle per quattro persone, ma è comunque impossibile muoversi in carrozzina dentro lo scompartimento. È consigliato quindi partire di giorno, dove su numerosi treni ci sono corridoi ampi e bagni accessibili, attrezzati per disabili, in grado di permettere una rotazione completa della carrozzina e dare completa indipendenza ai pas- seggeri disabili. Di fatto, se si osserva la mappa dei treni attrezzati per passeggeri sulla sedia a rotelle, da Lecce partono solo 12 treni, di cui 4 raggiungono Bari, 2 Bolzano, 3 Milano, 3 Roma. Viaggiano tutti dalle 5.00 alle 17.00, ad eccezione di uno che parte per Bari alle 21.01. Ma quando Trenitalia parla di prenotazione dei PostiBlu, posti per persone con ridotta capacità motoria, i vagoni USO INDEBITO DEL CONTRASSEGNO DISABILI, NIENTE TRUFFA CORTE DI CASSAZIONE: IL PERMESSO DISABILI, USATO SENZA IL TITOLARE, DÀ LUOGO SOLO A SANZIONE AMMINISTRATIVA L a Corte della Cassazione con sentenza n.35004 del 28 settembre 2010 ha dichiarato che l’automobilista che utilizza indebitamente il contrassegno disabili sulla propria auto, senza il titolare, rischia solo una condanna amministrativa e non una condanna penale. Questa la risposta ad un ricorso della Procura di Firenze che si opponeva al non luogo a procedere verso alcuni automobilisti che avevano utilizzato indebitamente il permesso invalidi senza il suo titolare a bordo. La Corte ha, infatti, stabilito che non vi è nessun reato di truffa in quanto, come afferma la sentenza, “manca come requisito implicito della fattispecie tipica del reato di truffa, l’atto di disposizione patrimoniale che costituisce l’elemento intermedio derivante dall’errore ed è causa dell’ingiusto profitto con l’altrui danno”. Si fa presente inoltre che l’uso improprio del contrassegno è contemplato nel quarto e quinto camma dell’art.118 del codice della strada, dove sono previste tutte le possibili ipotesi di abuso delle strutture statali riservate agli invalidi: “la loro utilizzazione in assenza di autorizzazione, o fuori dalle condizioni e dei limiti dell’autorizzazione, l’uso improprio dell’autorizzazione ”. La Corte ha ribadito che “la condotta contestata agli imputati è oggetto”, quindi, “di una specifica previsione normativa, che riconduce, senza residui, il fatto ad un mero illecito amministrativo”. letto degli Intercity Night sono ampiamente citati. SOLI O ACCOMPAGNATI? Secondo il Servizio Clienti Trenitalia una certa disposizione (circolare, regolamento o cosa?) - di cui non è dato conoscere i dettagli - vieterebbe “ai disabili, se non deambulanti, di viaggiare da soli”. Che una tale norma esista è quanto meno dubbio. E, se esistente, sarebbe comunque in contrasto con il Regolamento europeo n.1371 del 2007, secondo il quale “le imprese ferroviarie stabiliscono norme di accesso non discriminatorie applicabili al trasporto di persone con disabilità e di persone a mobilità ridotta” (art.19 comma 1) e “un’impresa ferroviaria, un venditore di biglietti o un tour operator non possono (..) chiedere che una tale persona sia accompagnata da altri” (art. 19 comma 2). PRENOTAZIONE TELEFONICA I Posti Blu consentono ai disabili di prenotare i biglietti al momento stesso della richiesta d’assistenza. La prenotazione si può eseguire solo telefonando ai tre recapiti di TrenItalia o recandosi direttamente presso le sale Blu. Questi numeri telefonici sono comunque a pagamento, contro il Regolamento Europeo 1371/07 che stabilisce chiaramente come “le prenotazioni ed i biglietti sono offerti alle persone con disabilità e alle persone a mobilità ridotta senza costi aggiuntivi”(art.19 comma 2). È possibile poi pagare il biglietto successivamente. IL SERVIZIO ASSISTENZA In generale i posti attrezzati e quelli riservati ai disabili possono essere assegnati anche un’ora prima della partenza, ma secondo TreniItalia “compatibilmente con i tempi minimi previsti per la programmazione del servizio d’assistenza”, che a Lecce richiede ventiquattro ore. Per poter usufruire dell’assistenza nei posti ordinari, dunque, occorre un preavviso di ventiquattro ore dalla partenza, che diventano quarantotto per i posti letto. Non è ben chiaro il perché di questa differenza esistente nel tempo di preavviso per usufruire del servizio assistenza, che spesso consiste solo nel trasporto dall’ingresso della stazione al binario, e viceversa, e in caso di cambi di treno di trasporto sui diversi binari. Quello che è certo, è che non si può partire senza preavviso, se non si vuole incorrere nel pericolo di non trovare nessuno ad accompagnare la persona disabile ai binari o di rimanere sulla propria carrozzina, vicino ai servizi. Sara Beaujeste D’Arpe DISLESSIA E APPRENDIMENTO, APPROVATA LA LEGGE 350 MILA STUDENTI POTRANNO USUFRUIRE DEI PROVVEDIMENTI COMPENSATIVI G E DISPENSATIVI LUNGO TUTTO IL PERCORSO SCOLASTICO rande cambiamento in vista per i 350mila studenti che soffrono di disturbi di dislessia o discalculia. È stata infatti varata una nuova legge, la n.170/2010, sui DSA (disturbi specifici dell’apprendimento) in ambito scolastico, che entrerà in vigore il 2 novembre. La legge riconosce il problema e stimola la scuola ad individuare precocemente i sintomi e offrire agli alunni modi, tempi e strumenti per imparare. Spetterà al Ministero dell’Istruzione e ad un Comitato tecnico-scientifico di esperti sui DSA – istituito con decreto dello stesso Ministero - il compito di creare le linee guida. Entro gennaio 2011, un altro decreto individuerà le modalità di formazione di docenti e dirigenti scolastici, l’applicazione della diagnosi precoce, la costituzione di piani didattici personalizzati, la di- spensa da alcune attività come scrivere alla lavagna o leggere ad alta voce e l’utilizzo di strumenti innovativi come la videoscrittura e i computer come sostegno alla didattica. Inoltre saranno previste forme di verifica differenziate per gli studenti con DSA. Stretta sarà la collaborazione tra il Ministero dell’Istruzione e il Ministero della Salute che creeranno dei protocolli regionali per le attività di identificazione dei disturbi. Sono già stati stanziati 2 milioni di euro per la preparazione degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, che avranno un ruolo fondamentale nella stesura dei Piani didattici personalizzati. Sono questi a dare effettiva attuazione alle nuove tecniche che permetteranno di apprendere nel rispetto delle proprie caratteristiche, espresse in termini di capacità ed abilità. DOSSIER 8 CONDANNA COLLETTIVA La situazione: in Italia, in Puglia, a Lecce Sin dal 1975, la legge n. 354 recita: “il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto delle dignità della persona”. Se si facesse il giro degli istituti penitenziari d’Italia, sicuramente si noterebbe un’alta violazione della legge, e non determinata solo dal numero dei detenuti presenti. Uno dei punti della questione, però, sono proprio loro, i detenuti, e la loro affluenza più che numerosa negli istituti. In totale, in Italia, secondo le statistiche che il Ministero della Giustizia pubblica semestralmente, abbiamo 206 istituti, con una capienza regolamentare di 44.608 posti, ma con un numero di detenuti effettivamente presenti pari a 68.345. In Puglia la situazione è sicuramente tra le peggiori. In totale abbiamo infatti, 12 istituti con una capienza regolamentare di 2.528 detenuti, ma effettivamente ne sono presenti il doppio, cioè 4.618. Di questi 927 sono stranieri, 215 le donne, 98 sono in semilibertà e tra gli stranieri solo 2. Il dato più sconcertante, però, se anche questo non bastasse, fa riferimento ad un altro punto della legge 354: “ il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio che essi non sono considerati colpevoli sino alla condanna definitiva.” In Italia i condannati definitivi sono 36.781 sui circa 68.000 presenti, quasi la metà, e la proporzione non si differenzia in Puglia, con un numero di definitivi pari a 2.706 sui 4.618 presenti, cioè il 58,6%. I numeri del Borgo San Nicola Quello di Lecce, come viene ribadito da dipendenti e persone che vi collaborano, non è un carcere differente rispetto agli altri. “Abbiamo circa 1.400 detenuti, di questi circa 90 (94, ndr) sono donne. Non so quanti sono precisamente i definitivi, un po’ meno della metà, siamo nelle statistiche nazionali. Circa 300 sono stranieri. C’è una percentuale nella media nazionale per i tossicodipendenti, per il personale assistiamo ad un progressivo assottigliarsi del personale della polizia penitenziaria, ma anche per quanto riguarda il comparto ministeri”. Così descrive la situazione, la direttrice del Borgo San Nicola, Anna Rosaria Piccinni. Ma, per chi di istituti ne ha visti tanti, il quadro si presenta in maniera differente. “ Il carcere di Lecce, sostiene infatti Sergio D’Elia, presidente dell’associazione Nessuno Tocchi Caino, “figura ai primissimi posti nella triste classifica nazionale del sovraffollamento carcerario e da quello che ho visto e in parte descritto, è uno dei peggiori.” Per quale motivo il Borgo San Nicola sia tra i peggiori, viene fuori dalla continuazione della descrizione: “ho trovato un carcere con quasi 900 detenuti in più della capienza regolamentare e oltre 400 rispetto anche a quella considerata tollerabile! Nelle celle, di neanche 12 metri quadrati, originariamente previste per ospitare un solo detenuto, ce n’erano 3 su letti a castello a tre piani dove il materasso più in alto è a 50 centimetri dal soffitto. Pertanto, tenuto conto dello spazio occupato da servizi igienici, letto e suppellettili, ogni detenuto dispone di una superficie media di appena 1,75 metri quadrati di spazio calpestabile, il che gli consente di muoversi per la cella solo quando gli altri due sono stesi sul letto. L’illuminazione e l’aerazione della cella sono del tutto insufficienti in quanto c’è una sola finestra di 1 metro per 1,70. I servizi igienici sono privi di acqua calda e di doccia e sono collocati in un vano cieco annesso alla cella che spesso funge anche da cucina. La fornitura d’acqua peraltro è intermittente, soprattutto d’estate, anche perché il sistema fognario è stato realizzato a suo tempo per un numero nettamente inferiore di detenuti e per evitare rotture all’impianto viene sospesa forzatamente l’erogazione d’acqua per consentire il rinvaso nelle vasche di raccolta. Sulle terrazze dei padiglioni e sulle reti di protezione dei passeggi sono depositati spazzatura, uno strato di guano rilasciato da piccioni e gabbiani e carcasse degli stessi uccelli.” Gli stranieri: un ghetto nel ghetto Nel Borgo San Nicola, gli stranieri sono separati da tutti gli altri, in una sezione. In tutto sono 371, cioè il 25,7% di tutti i detenuti. 20 sono le donne. Sono incompatibili con gli italiani, dicono, e così, mentre si passa da una sezione all’altra, ci si accorge delle differenze, da una parte solo italiani e un unico ragazzo lituano, dall’altra, sbirciando dalla finestra, tutti ragazzi di pelle nera, in quello spazio dell’ora d’aria, sono seduti dopo aver giocato a pallone. I migranti, i detenuti stranieri, come si adattano qui? Risponde con parole dolorose, lo psichiatra del carcere il dott. Giuseppe Gennaro, “Non voglio parlare delle persone di diverse nazionalità dalla nostra, dei quali non conosciamo neanche la lingua, la cultura e i loro problemi. La violenza è prima la loro, poi la mia, di parlare con loro, senza capirsi a vicenda. Senza che ci siano interpreti o mediatori culturali.” Il mediatore culturale a Lecce, c’è stato solo per un breve periodo, adesso non hanno neanche un interprete e proprio il ragazzo lituano, racconta della difficoltà a comunicare nel momento in cui è stato portato al Borgo San Nicola. Non conosceva l’italiano e nessuno lo capiva, ora, lui studia e lavora come volontario nella biblioteca del carcere. SCOPP CARC Se la civiltà di un popolo si giudica anche dalle sue prig nel carcere di Lecce con un indice di sovraffollamento de penitenziaria di cui il 43,5% assente per vari motivi, 251 i 6 psicologi, cioè 1 educatore ogni 180 detenuti e uno psico tentativi messi in atto. Alta la presenza di stranieri (il 25,7 blica non riesce a far fronte ai problemi: sono 80 le visite g Viaggio in un mondo ristretto non solo dalle gabbie fi di Laura M IL NUMERO DEI DETENUTI Capienza regolamentare(utilizzo stanze detentive monoposto) 659 Capienza tollerabile 1100 Detenuti presenti al 3.10.2010 (indice di sovraffollamento 120%) di cui: 1441 Detenuti classificati Media Sicurezza: Italiani Uomini 750 Stranieri Uomini 351 Italiani donne 35 Stranieri Donne 19 Detenuti classificati alta Sicurezza: Italiani Uomini 232 Stranieri Uomini 8 Italiani donne 39 Stranieri Donne 1 Detenuti collaboratori di giustizia Fonte: Segreteria Regionale UIL Penitenziari - Aggiornamento 8/10/2010 6 DOSSIER 9 cosa qui ha una sola funzione: uscire quanto prima. Le loro problematiche sono quasi per tutte uguali: salute, lavoro e impossibilità di essere ascoltate. Il contatto e la separazione fisica dai figli è il dolore più grande. PIARE di CERE gioni, allora forse è meglio non mostrarle. 1.441 detenuti el 120%. Il 90% fa uso di ansiolitici. 754 agenti di polizia i poliziotti effettivi nei reparti e nelle sezioni. 8 educatori e ologo ogni 240 reclusi. 2 suicidi dall’inizio dell’anno, 20 i 7%) e tossicodipendenti attivi (oltre il 16%). La sanità pubgiornaliere dei medici in carcere, oltre 24mila in un anno. fisiche, ma anche dall’assenza di alternative possibili. Mangialardo UNO SGUARDO SUL MONDO CHIUSO AL MONDO Il carcere: com’è Il Borgo San Nicola, assomiglia ad un grande centro commerciale, fuori dalla città, con un grande parcheggio all’esterno e con all’interno un mondo a sé. Quando si entra il cancello si chiude e in quel momento si capisce di essere entrati in un’altra dimensione, dove la solitudine urla e la grandezza, lotta con gli argini imponenti. A sinistra c’è il blocco femminile, è più vicino e più piccolo ed è separato dal resto dell’area da un’altra recinzione. A destra c’è il maschile, con l’area circondariale, e al centro c’è un tocco di verde allestito con strutture che sembrano enormi gabbie d’uccello. Il femminile è quello che molti definiscono il salotto buono di casa. Nel femminile non ci dovrebbero essere agenti uomini, ma ci sono, per sopperire alle mancanze di personale. Si notano subito le due celle in cui le donne lavorano, sono divise tra “alta sicurezza” e così dette “comuni”. Subito dopo c’è lo spazio in cui trascorrono “l’ora d’aria”. È talmente piccolo, grigio e con i muri alti, che forse è meglio restare dentro, e c’è qualcuno che nell’ora d’aria non scende. Raccontano con diffidenza, guardano negli occhi e cercano di dare la risposta giusta, sperando che quell’intervista in realtà sia anche un esame, ogni Il personale che c’è, quello che manca, quello che ci sarebbe “Un carcere tutto sommato in condizione di sofferenza, per il sovraffollamento e per la carenza di personale.” La visione cambia però, se le parole non escono dalla bocca della direttrice Piccinni, ma da quella di un uomo che da diversi anni lavora nel Borgo San Nicola, come agente e segretario regionale Uil penitenziario. “Cominciamo col dire, sostiene Donato Montinaro, che il Borgo San Nicola è stato inaugurato nel ‘97, dopo 22 anni di lavori per la costruzione. È stato collaudato e progettato per 650 posti con le relative celle o meglio spazi detentivi”. Con i numeri non ci siamo, sottolinea Montinaro, è impossibile con queste cifre creare un ambiente di vivibilità. “A differenza di quello che dicono altri, e la stessa direttrice, non è il ‘problema carcere’ in genere, il carcere di Lecce ha un problema particolare, perché se tu hai gli organici della polizia penitenziaria coperti, anzi, in esubero, se si segue lo strumento normativo che è il decreto ministeriale che utilizza tutta l’Italia, e da quel piano orga- nico risulta che a Lecce il personale è in esubero, tu non puoi dire che ci si trova in uno stato di sofferenza”. L’organico della sezione femminile, è stato carente di tre unità per alcuni mesi, ma poi sono state assegnate altre tre agenti, il problema consiste nella forza assente: agenti in malattia, in ospedale militare, dei quali, molti sono assenti ingiustificati. Ma il problema non è neanche quello, è riuscire a giustificare 328 agenti uomini assenti su un totale di 754, il 43,5%. Come mai ci sono? Parliamo di un congedo assenza del 5%, 140 hanno certificati brevi, ma 53 hanno patologie da stress lavorativo. Tutto questo va integrato con il numero che si riferisce al comparto ministeriale. “Negli anni c’è stato un fuggi fuggi...Lecce ha avuto sempre gli investimenti dovuti… ha amministrato 65 unità di polizia penitenziaria distaccate da Brindisi mentre ristrutturavano, adesso 32 unità sono rimaste, e in virtù di queste unità la direzione ha deciso di aprire un altro reparto. Avevamo il reparto destinato ai semiliberi che è stato convertito.” Direzione sotto accusa dunque, ma non solo, continua il segretario regionale Uil della Polizia Penitenziaria, “è risaputo che quella di Lecce è la magistratura più trattenuta d’Italia, su mille detenuti, 10 sono semiliberi, beh... la proporzione non è proprio corretta…” I numeri del personale di polizia penitenziaria (al 3 ottobre 2010) Organico previsto dal d.M. Del 2001 763 Poliziotti effettivi in sede 714 Poliziotti in distacco in 75 Poliziotti in distacco out+comandati in missione 35 Personale Pol.Pen. Amministrato ed effettivamente disponibile 754 Poliziotti assenti x malattia 108 Poliziotti avviati alla cmo** x patologie da stress lav.+ Ansiose-depressive 53 Poliziotti in servizio al locale nucleo traduzioni e piantonamenti 106 Poliziotti assegnati incarichi amministrativi contabili 181 Poliziotti con qualifica di ispettori+commissari Poliziotti effettivi x servizi di reparto e sezioni detentive 55 251 Dati del 30.09.2010: Personale in congedo ordinario 56 Personale in riposo settimanale 42 Personale in riposo recupero lav. Straordinario 2 Personale in aspettativa 2 Personale in congedo straordinario 21 Personale in permesso sindacale 6 Personale in permesso l. 53/2000 13 Personale in permesso l. 104/92 Art. 33 25 Personale sospeso dal servizio 1 Totali 167 Assenti x malattia 108 Assenti x CMO** 53 Personale assente a vario titolo Ore di lavoro straordinario espletate in mese agosto **Commissione Medico Ospedaliera (militare) Fonte: Segreteria Regionale UIL Penitenziari 328 14956 DOSSIER CONTINUA DA... SCOPPIARE di CARCERE celle, dice uno dei detenuti, i compagni di cella aiutano sempre quello in difficoltà, è un dovere, non gli permettono di uccidersi. Se lo fanno, lo fanno in infermeria, altrimenti…” altrimenti non sono suicidi? “Può essere” . “Per ogni suicidio venti almeno sono stati tentati, bloccati per intervento della polizia e dei compagni di cella”, SALUTE: FUORI LE MURA, C’E’ ANCORA L’UOMO? La situazione Posizioni a parte, quello di Lecce resta un carcere in difficoltà, sicuramente come tanti altri in Italia, ma il rifiuto a concedere altro personale, risulta, agli occhi dei comuni non esperti, un dato a favore di chi sostiene che quello del personale, non è un problema numerico ma di cattiva gestione. A pagarne le conseguenze sono i detenuti. Alla fine di agosto, secondo il presidente dell’associazione “Nessuno tocchi Caino”, nell’istituto erano ristretti, spesso in maniera promiscua con altri detenuti, 242 tossicodipendenti, di cui 62 in terapia metadonica e 18 sieropositivi, 350 affetti da epatite C e 140 con patologie di tipo psichiatrico. Non solo, tra loro sono presenti persone che oltre tutte queste problematiche presentano anche problemi di disabilità fisica. È il caso di Francesca (nome di fantasia), 27 anni, tossicodipendente e invalida civile al 65%. “Ho difficoltà legate alla struttura architettonica, racconta Francesca, e ho anche una necrosi al femore, ma non manifesto il problema perché ho paura. Prima per malattie gravi veniva effettuata la sospensione pena, ora ti mandano nei centri clinici dove ci sono persone che stanno morendo, e la detenzione diventa più angosciante… Ho anche l’epatite C.” Non riesco a capire di cosa abbia paura, poi controllo quello che lei non dice, la necrosi femorale, detta osteonecrosi, è una malattia più frequente nei pazienti sieropositivi. Quello dell’hiv non è un test obbligatorio, e per quanto si cerchi di tranquillizzare i detenuti nel sostenere che non si trasmette certamente con la stretta di mano, a nessuno riesce facile pensare di viverci 24 ore al giorno, in 12 metri quadrati, condividendo anche i servizi igienici. Ecco quello di cui Francesca ha paura. Non è l’unico caso di grave malattia in carcere. Morire in carcere Solo nel 2010 i morti sono stati 130 sul territorio nazionale, solo nel mese di settembre 2010 a Lecce ce n’è stato uno. Un uomo italiano, morto a 48 anni d’infarto, ha smesso di respirare prima di arrivare in ospedale. “Il sistema all’interno del carcere, sostiene il dott. Rima, responsabile sanitario, è molto semplice, c’è un responsabile dell’area sanitaria, un vice che è in servizio per 18 ore settimanali, due medici di guardia medica che svolgono anche servizio per cure primarie all’interno delle sezioni… ci sono due altri medici per 24 ore al giorno di guardia medica grazie alle quali coprono il servizio nelle urgenze (malesseri improvvisi)… Noi ogni giorno abbiamo una media di 80 visite ordinarie per dolori articolari, tossi, bronchiti, addominalgie. Sono tutte patologie dovute alle condizioni detenzione. La patologia per antonomasia, è la depressione e l’ansia che sfocia addirittura in psicosi. Il 90% dei detenuti, è costituito da soggetti ansiosi e depressi, e fa uso di ansiolitici e antidepressivi. Circa il 40 % sono psicotici, gli altri sono ansiosi. La sanità qualitativamente non ha niente da invidiare a quella che sta fuori…il problema è che i detenuti sono aumentati in modo vorticoso… Abbiamo avuto in appena due anni una triplicazione del numero. È una responsabilità del Dap e dell’amministrazione di Lecce, devono mettere un freno…” I toni sommessi del dottor Rima diventano alti e rabbiosi quando si inizia a parlare di responsabilità: “La direzione, dice, si deve assumere la responsabilità di aver permesso al Dap (dipartimento di amministrazione penitenziaria) di accatastare nel carcere di Lecce 1.500 persone, le stanze dovevano contenere un detenuto a cella”. Questo sovrannumero è anche la causa di tanti altri problemi legati alla condizione di salute, problemi come mancanza di acqua, di un sistema fognario adeguato che non sono stati progettati per 1.500 persone, ma solo per un terzo. “La palestra non l’hanno mai usata. Abbiamo tanti spazi e tanti campi, che ognuno si assuma la sua responsabilità. Se tu tieni ristrette tante persone, aumenta la repressione… le malattie…loro non ammettono che non c’è una suddivisione giusta dei detenuti, non vengono suddivisi secondo le gravità, abbiamo denunciato queste situazioni, abbiamo chiesto di metterle in stanze singole…” I suicidi Suicidi e tentati suicidi, fanno poi quello che la morte naturale non riesce a fare: mettere a tacere altre persone disperate. Il 2010 ha dettato sin dal primo mese, il trend terribile che nel corso dei mesi successivi ha continuato a seguire, 7 morti suicidi solo a gennaio, 53 fino ai primi di ottobre. A Lecce fino a settembre, ci sono stati due suicidi. “Non è possibile suicidarsi nelle 10 dice il dottor Giuseppe Gennaro, psichiatra del Borgo San Nicola, “quante cose e tanto spazio fuori e poche cose e poco spazio dentro. La violenza è questa: pochissimo spazio pochissime cose, compreso l’aria, l’acqua e le docce: i detenuti non sanno che fare tutto il giorno, stanno in cella in balia di se stessi”. Eventi critici dal 1.1.2010 Al 03.10.2010 Morti naturali 2 Morti per suicidio 2 Tentati suicidi fonte dap 36 Tentati suicidi fonte locale 20 Eventi critici in genere (atti autolesionismo, suicidi, tentati suicidi, morti naturali, scioperi della fame e sete, azioni di protesta in genere) Aggressioni in danno personale di polizia penitenziaria 821 4 Fonte: Segreteria Regionale UIL Penitenziari Il tempo dentro ha altre lancette, lente. Sveglia la mattina alle 6, e davanti una lenta giornata scandita dal nulla Il problema “carcere di Lecce” però non esisterebbe, se non fosse solo per una questione numerica, secondo don Raffaele. Se i reati sono in calo, si chiede il cappellano del carcere, perché i detenuti sono in aumento? La risposta è che probabilmente è stata messa in atto una campagna mediatica e culturale con politica basata sulla paura. Il problema è secondo don Raffaele la carenza di agenti, di 40 unità, smentito però da Donato Montinaro, secondo cui in realtà il numero di agenti c’è ma è speso male. La direzione del carcere nelle mani della stessa persona da 20 anni, ha portato, sempre secondo il segretario Uil, ad una serie di favoritismi “Un modo di gestire le risorse umane in maniera impropria…se la direzione si permette il lusso di avere tre autisti che invece spettano al comparto ministeri, i poliziotti devono sostituire gli autisti, i poliziotti devono sostituire i segretari, 7 unità nella segreteria, …l’ultimo è un responsabile informatico…chi porta la merce dall’esterno all’interno è un poliziotto…il Borgo San Nicola è un istituto con cinque dirigenti. Per quanto possa essere grande, in Italia ci sono molti istituti che non hanno neanche un direttore”. Dalle interviste ai detenuti e alle detenute, è emerso in modo inconfondibile, la necessità primaria di fare qualcosa. La necessità di studiare, di lavorare, di frequentare corsi. Lecce, è un carcere tra i peggiori, a detta dai detenuti, non per una questione di spazio, ma perché privo di ogni forma di utilizzo finalizzato del tempo, che sia per svago o per formazione. Da un’intervista ad una detenuta emerge la mancanza di educatori. Lei, madre di un bambino di 11 anni, alla quinta detenzione, non ne ha mai incontrato uno. Il lavoro e la formazione Nel reparto femminile, oltre alle donne che svolgono i normali lavori di “scopine” o nella mensa, ci sono 12 detenute che lavorano con “Made in Carcere”, il marchio di Officina Creativa che opera appunto nel Borgo San Nicola, e da poco tempo anche nell’istituto di Trani. Ha tutte le sembianze di una missione umanitaria, non priva però dei suoi vantaggi. La legge 193/2000, cosiddetta “Smuraglia”, stabilisce che le imprese pubbliche o private e le cooperative che intendono avviare un’attività all’interno di un istituto di pena devono stipulare una convenzione con l’amministrazione penitenziaria, ma stabilisce anche i vantaggi, piuttosto elevati, che un’azienda riceve nel momento in cui stipula questa convenzione. Questo il quadro: diminuzione dei costi fissi, e riduzioni e agevolazioni contributive, fiscali ed economiche, riduzione dell’80% per il datore di lavoro relativamente alla retribuzione di detenuti ed internati assunti a tempo determinato purché per un periodo superiore a 30 giorni o a tempo indeterminato, le agevolazioni proseguono per ulteriori 6 mesi successivi alla fine della detenzione; sgravi fiscali per ogni lavoratore assunto per un periodo superiore ai 30 giorni è previsto un credito d’imposta di 516,46 euro mensili proporzionalmente ridotto in base alle ore prestate. A Lecce le detenute hanno contratti regolari, lavorano 6 ore al giorno dal lunedì al sabato, ma dalle loro parole, con una timidezza incerta, viene fuori che qualcuna di loro non ha il contratto e lavora da 4 mesi in nero senza stipendio. È in prova. Dall’altra parte, al maschile, un giovane detenuto, con davanti una lunga pena, pensa all’inutilità di stare lì, a tutti gli anni che perderà e al fatto che non può neanche studiare: “sono poco più che ventenne, dice Cristian, ho da scontare ancora 16 anni, se potessi studierei impiegando questo tempo in qualcosa di costruttivo per me stesso. Sono poggiato qui”. L’alienazione del non far niente Il senso dell’inutilità si contrappone a quella che del carcere dovrebbe essere la funzione primaria: l’educazione o la DOSSIER ri-educazione. Sono 250 i detenuti che vanno a scuola, secondo il responsabile dell’area trattamentale, Fabio Zacheo, in realtà però gli stessi detenuti parlano della difficoltà di proseguire le lezioni, a volte s’interrompono per vari motivi e tutto diventa vano. Insomma, per lavorare o studiare bisogna fare la famosa domandina, ma non sempre viene accettata, anzi, molto spesso vengono ignorate, nel racconto che ce ne danno i detenuti. Ufficiosamente è stabilito che, ad essere favoriti per il lavoro, sono i detenuti con una pena più lunga e una situazione economica più disagiata, ma anche in questo caso tutto è relativo, è palese infatti il caso di un detenuto che svolge due lavori, mentre un altro sostiene e ribadisce che anche in carcere, per lavorare, “beh, devi essere carino, disponibile. Ecco, non ti danno niente per niente”. Ma i problemi sono anche di accesso agli spazi e “socialità”. E l’aria verde con quelle famose giganti gabbie? Non è mai stata utilizzata, insieme al campo di calcio e insieme alla palestra. Nel momento in cui sono state costruite, hanno dimenticato un piccolo particolare, il passaggio di sicurezza. E così, il carcere diventa un’Italia in miniatura, grandi opere in disuso perché non passano al collaudo. UEPE, MAGISTRATURA DI SORVEGLIANZA E MISURE ALTERNATIVE In Puglia, il totale dei detenuti lavoranti, nel secondo semestre del 2009, è stato pari a 962, di cui 32 donne. Quanto costa lasciare un uomo nella sua cella Oggi un detenuto costa mediamente 113 euro al giorno (Ministero della Giustizia, luglio 2010), circa 40 euro in meno rispetto al 2008. Osservando le voci delle spese, si può notare come negli ultimi anni siano state tagliate principalmente quelle relative all’educazione. In più, sostiene il magistrato Tarantino “mantenere un detenuto in una struttura differente, costa molto di più. È più conveniente dunque, ammucchiarli in carcere”. È così che il carcere diventa un altrove. Ma chi paga per questo? “Il cittadino, continua il magistrato, il quale, se invece di veder sprecare i suoi soldi inutilmente, tenendo rinchiusi coloro che hanno commesso reati, potesse, sicuramente preferirebbe investirli in un cambiamento della persona. Ma così non si fa altro che alimentare il senso della paura. È una scelta politica”. Misure alternative. I numeri Nel primo semestre del 2010, nell’area meridionale del nostro Paese, i tossicodipendenti che sono stati affidati in prova da uno stato di detenzione, sono stati 457, 312 invece, quelli provenienti da uno stato di libertà. Cifre irrisorie se paragonate a quelle dei detenuti presenti nell’area meridionale. Alla fine di agosto, il numero di detenuti definitivi a Lecce era di circa 800, solo il 55,5% di tutti i detenuti. Dalla valutazione di questo dato derivano due considerazioni. Innanzitutto la metà dei detenuti è costituita da persone in attesa di giudizio. E la seconda: tra gli 800 defi- nitivi, e pertanto in parte eleggibili a misure alternative, solo 16 (lo 0,2%) sono in semilibertà alle dipendenze di datori di lavoro esterni. Più drammatica la situazione per i detenuti che invece potrebbero lavorare all’esterno: “In 25 anni un solo detenuto ha usufruito dell’art.21 e quindi del lavoro all’esterno” dice Donato Montinaro della Uil Penitenziari. Il riferimento è alla legge 26 luglio 1975 n. 354, che all’art.21 disciplina il lavoro all’esterno per persone che abbiano già scontato almeno un terzo della pena o anche per ergastolani che abbiano già espiato dieci anni. Da quando nel 2006 c’è stato l’indulto, il numero dei reati è diminuito eppure le notizie relative ai delitti è aumentato. Dice Sergio D’Elia “quando si dice stampa di regime, non significa solo che è asservita ad un regime, significa anche che costituisce e alimenta un regime. Il regime della paura.” Le misure alternative, nello stesso arco temporale, sono state, nell’area meridionale, come anche nel resto d’Italia, irrisorie. Coloro che da uno stato di detenzione sono passati ad un affidamento in semilibertà, sono 503, mentre sono 117 Il carcere di Borgo San Nicola visto dall’alto 11 quelli arrivati direttamente da uno stato di libertà ad uno di semilibertà. A questo proposito, è ovvio che ad influire sono anche condizioni dettate da un lavoro di coordinamento tra educatori, polizia penitenziaria, psicologo, e tutte le figure che tramite colloqui ed osservazioni, sono in grado di esprimere un giudizio valutando la possibilità di concedere o meno la misura alternativa. Ma non può aiutare nella valutazione, la scarsità di educatori. LA PREVENZIONE, UNICA RISORSA PER ARGINARE E AIUTARE Il magistrato di sorveglianza, Luigi Tarantino, avanza una proposta, quella della messa alla prova. Lo strumento già presente nel minorile da allargare anche ad altre fasce d’età. “Se tu commetti un reato, perché io intervenga, non ci deve essere bisogno che tu ne commetta altri, se il tuo problema è la tossicodipendenza io devo intervenire con più incisività, senza che la modalità sia necessariamente penale, punitiva…anche la devianza di carattere economico, tipica di gente che non ha lavoro e la butta nello spaccio, io devo dare un’ alternativa, non devo aspettare che accumuli lesioni sociali prima di metterlo in carcere e poi farlo uscire con lo stesso problema.” Il carcere come la malattia, dice Tarantino, è un incidente della vita che può interessare tutti, ma che tutti allontanano da sé.Per questa ragione, come si fa per la salute, bisogna puntare sulla prevenzione, prima che sulla cura, tante volte anche palliativa. Se una parte dei soldi destinati al detenuto, potesse essere gestito anche dai magistrati, probabilmente, secondo Tarantino, si cercherebbe di sfruttarli in maniera più proficua, molto spesso la concezione comune è quella del detenuto che sta bene perché ozia e guarda la televisione. Invece, il problema è proprio quel non far niente. La continuità dei rapporti tra i detenuti e il personale preposto a fornire gli elementi del trattamento, è di fatto pregiudicata dalla scarsità di personale e ulteriormente aggravata dal sovraffollamento, essendo, a fronte di circa 1.500 detenuti, effettivamente in ser- vizio 8 educatori e 6 psicologi, cioè 1 educatore ogni 180 detenuti e 1 psicologo ogni 240 reclusi. La nostra Carta Costituzionale prevede la sussidiarietà orizzontale e verticale, nella prima lo Stato interviene solo dove la società non riesce, le associazioni dovrebbero essere dunque le prime a lavorare all’interno di strutture come il carcere. Ma così non è. Il problema è soprattutto di natura culturale, chiaramente di offerta da parte delle associazioni o del singolo cittadino; in situazioni più floride ci dovrebbe essere l’offerta non solo di formazione, ma anche lavorativa. Il problema, secondo lo psichiatra Giuseppe Gennaro, è nella responsabilità e dignità del detenuto stesso, in quanto uomo. Nel momento in cui un uomo adulto, entra in carcere, infatti, perde ogni forma del suo essere adulto, deve chiedere il permesso per qualsiasi cosa, per fare la doccia, per comprare qualcosa, per lavorare, per prendere una pastiglia per il mal di denti. Con questo modo di fare, di sottomettere al controllo altrui l’azione dell’uomo in stato di detenzione, egli non può fare altro che perdere il suo senso di responsabilità, o nell’estremo opposto, reagire d’impulso con atti violenti. “La cosa che mi offende, conclude Tarantino, è capire come ci sia un costante processo di rimozione all’esterno del carcere, come se fosse solo un problema dei detenuti e non della collettività.” Il carcere è come un fiume, l’acqua sta salendo e sta per rompere gli argini. In questo momento la risposta deve venire dalla politica, la magistratura non ha gli strumenti per gestire il problema. E certamente non si può fare un nuovo indulto. Allora, a chi fa comodo avere tanti detenuti rinchiusi nelle celle? A molti senza dubbio e per differenti ragioni. Per esempio a quanti hanno diffuso il regime della paura, sollevando il terrore popolare per i rom, per ladruncoli, per i tossicodipendenti. Ecco, si potrebbe dire, molti sono dentro, e voi (noi) italiani perbene al sicuro. Quella gente spaventosa, in carcere, in questo carcere, muore. AMBIENTE 12 ECOSISTEMA URBANO 2010: BENE LECCE IL CAPOLUOGO SALENTINO CONQUISTA 10 POSIZIONI MA PUGLIA E ITALIA PEGGIORANO L o stato ambientale delle città italiane è sempre più allarmante. Al massimo, può consolare il fatto che la Puglia, in controtendenza, stia migliorando. Sono stati presentati nei giorni scorsi a Bari, per la parte pugliese, nella sede regionale di Legambiente, i risultati della XVII edizione di Ecosistema Urbano, l’annuale ricerca di Legambiente, di Ambiente Italia e del Sole 24 Ore, sullo stato di salute ambientale dei comuni capoluogo italiani. L’indagine è stata realizzata attraverso questionari e interviste dirette ai 103 comuni capoluogo di provincia e sulla base di altre fonti statistiche, con informazioni su 125 parametri ambientali, sintetizzati in 25 indicatori di qualità ambientale, per un corpus totale di oltre 125mila dati, che fanno riferimento all’anno 2009. Nella classifica generale le città capoluogo pugliesi sono migliorate di qualche posizione ad eccezione di Foggia, 87° posto. Bari è al 54° posto, Brindisi al 61°, Taranto al 64° e Lecce al 71°. La nuova provincia BAT non è entrata in classifica perché Andria e Barletta non hanno risposto al questionario e Trani ha fornito dati insufficienti. Scendendo nel dettaglio, la città di Lecce si distingue in Italia per la capacità di depurazione delle acque: è pri- ma, insieme a Vercelli e Milano e altri 10 comuni. Il consumo giornaliero pro capite di acqua potabile resta invece molto alto, Lecce è 56ma in graduatoria con 166,7 litri pro-capite. Ancora peggio risulta il dato sulla dispersione di acqua, 44% sull’acqua immessa (dato 2008) e 82ma posizione. La Puglia migliora poco per qualità dell’aria: Lecce è 16ma, con 27 microgrammi per metro cubo, nelle emissioni di biossido di azoto; 42ma, con 30,3 microgrammi per metro cubo, nelle polveri sottili; 31ma, con il superamento della media mobile per 14 giorni all’anno, in concentrazione dell’ozono. Sul fronte rifiuti ed in particolare sulla produzione annuale pro capite di rifiuti urbani, Lecce, 83ma, è la città che ne produce di più in Puglia, 663,1 kg. La raccolta differenziata rimane sempre al palo, ancora lontanissima dagli obiettivi di legge e con quasi tutti i capoluoghi in coda alla classifica. Lecce è all’84° posto, con il 15%. Nel trasporto pubblico, è 61ma e ultima in Puglia per la percorrenza annua per abitante, 85ma per passeggeri trasportati annualmente per abitante. E’ fanalino di coda anche per numero di auto circolanti, 85ma, con 68 auto ogni 100 abitanti, e di motocicli, 60ma, con 12 motocicli. E’ invece la migliore del sud Italia per le zone a traffico limitato (al 7° posto con 11 mq/abitante, alla pari di Firenze) e per le piste ciclabili (15ma con 17m equivalenti ogni 100 abitanti). Per le isole pedonali, Lecce è 36ma, comunque sotto il mq per abitante. Prendendo in considerazione l’indicatore della mobilità sostenibile (autobus a chiamata, controlli elettronici ZTL, bike sharing ecc…) Bari entra nella top ten dei capoluoghi italiani più virtuosi piazzandosi al 6° posto della classifica generale,mentre Lecce è 39ma. Il verde urbano fruibile rimane al palo in tutti i capoluoghi. Lecce è in coda, all’82° posto con 4 mq/abitante, 44ma e 74ma, rispettivamente per consumo procapite di carburante benzina e diesel ed elettrico per uso domestico. Sul fronte delle politiche energetiche Lecce si distingue per il solare termico installato sugli edifici comunali con 3,63 metri quadri installati su edifici comunali ogni 1.000 abitanti. E registra la migliore performance in Puglia, 30° posto, per quanto riguarda l’indice della Pianificazione e partecipazione ambientale. Silvana Sarli LA LUNGA ATTESA DEL PIANO REGIONALE AMIANTO L a legge n.257/1992, ben diciotto anni fa, delegava alle Regioni il compito di redigere, entro 180 giorni dalla sua entrata in vigore, il “Piano Regionale Amianto”: un programma per il censimento, la bonifica e lo smaltimento dei materiali contaminati. Il 19 ottobre 2010 la Giunta regionale pugliese ha finalmente fatto il primo passo istituendo una “ Commissione regionale interdisciplinare tecnico-scientifica amianto”. La commissione supporterà la redazione del “ Piano regionale di protezione dell’ambiente, decontaminazione, smaltimento e bonifica ai fini della difesa dai pericolo derivanti dall’amianto”. Inoltre il Ministero dello Sviluppo Economico ha incrementato gli incentivi per quelle aziende che sostituiranno le coperture eternit con pannelli fotovoltaici attivati nel triennio 2011-2013. DALL’UNIONE EUROPEA SI LEGALIZZA LA VIVISEZIONE POSSIBILE UTILIZZARE I RANDAGI PER TEST MEDICI. OPINIONE PUBBLICA DIVISA I l Parlamento Europeo ha approvato, i primi di settembre, una nuova direttiva sulla protezione degli animali utilizzati per fini scientifici. Questa legge sostituisce quella del 1986 che creava molta disparità tra gli stati europei, mentre resta comunque in vigore il regolamento europeo del 2009, che vieta la ricerca sugli animali per fini cosmetici. È un provvedimento che ha sollevato un dibattito molto agguerrito. Infatti, l’art.11 della nuova direttiva prevede che gli animali randagi possano essere utilizzati per la ricerca scientifica se non è possibile raggiungere altrimenti lo “scopo di procedura” di ricerca. È inoltre prevista la vivisezione sulle grandi scimmie come gli scimpanzé che hanno in comune con l’uomo il 98% del DNA. L’opinione pubblica si è subito divisa, da una parte si sono schierati gli ambientalisti che rifiutano totalmente la sperimentazione animale, paragonandola alla tortura, dall’altra i più moderati che hanno visto in questa legge l’unificazione dei limiti e l’introduzione di controlli più severi, anche in quegli stati dove non erano previsti. Ora ogni esperimento deve avere, infatti, ben tre autorizzazioni preventive che ne valutino l’effettiva necessità; si introduce inoltre la possibilità di fare ispezioni e la presenza di un veterinario esperto in benessere animale in ogni laboratorio. Non è chiaro se gli stati che hanno una legislazione più severa e restrittiva potranno conservarla: in Italia infatti è vietato dal 1991 fare esperimenti su cani e gatti randagi. Sara Beaujeste D’Arpe IL DIFFICILE ACCORDO SUL CLIMA I DA TIANJIN A CANCUN, I LEADER MONDIALI CERCANO UN ACCORDO SUL PROTOCOLLO DI KYOTO. FRATTURA TRA PAESI RICCHI E POVERI primi di ottobre si è svolto un importante incontro a Tianjin, nel nord della Cina, tra 177 potenze mondiali per cercare di raggiungere un accordo sull’attuazione del Protocollo di Kyoto, principale progetto sui cambiamenti climatici che scade nel 2012. I negoziati non sono stati molto efficaci: manca la fiducia reciproca tra paesi ricchi e poveri sui fondi per il clima, si chiede maggiore trasparenza sugli im- pegni presi per la riduzione delle emissioni e i paesi ricchi non accettano le dimensioni dei tagli proposti. Sono le stesse conclusioni del meeting di Copenaghen dell’anno scorso che ha prodotto solo un accordo non vincolante, senza regole certe e condivise per la riduzione delle emissioni. Questi colloqui erano ingenuamente considerati molto importanti in vista del principale incontro dell’anno sul clima che si svolgerà a Cancun, in Messico il 29 novembre. Fondamentale sarebbe stato trovare un punto di incontro su cui basare i negoziati, visto che, lasciando la situazione immutata, il problema non può che peggiorare. Come ha dichiarato, Christiana Figueres, responsabile Onu dei cambiamenti climatici: “è tempo di accelerare la ricerca di un terreno comune. Il multilateralismo non va da nessuna parte!” SPECIALE ACQUA LA NOSTRA ACQUA QUOTIDIANA I 13 UNA BATTAGLIA SU PIÙ BINARI, LE ASSOCIAZIONI INCALZANO, LA REGIONE PROPONE, L’OPPOSIZIONE DISSAUDE l 4 dicembre sarà una giornata di mobilitazione mondiale per l’acqua, in vista della Conferenza mondiale sul clima di Cancun. In Italia in tutte le regioni si svolgeranno manifestazioni per chiedere una moratoria per l’assegnazione dei servizi idrici fino ai referendum del 2011. Il provvedimento sarebbe finalizzato a posticipare le scadenze previste dalla legge Ronchi e la soppressione degli Ato, ambito territoriale ottimale. Intanto in Puglia la discussione della commissione permanente sull’acquedotto pugliese, è già cominciata ed è finalizzata non solo all’acqua pubblica, ma, come sostiene l’assessore regionale ai servizi pubblici, Amati, ai “principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico”. Ed essendo consapevoli dell’ importanza della tematica, per il raggiungimento di obiettivi concreti il lavoro è stato enorme e proprio nella regione vendoliana, ad intervenire sono state numerose associazioni, enti, sindacati, e di fondamentale importanza, una cittadinanza attiva e responsabile. Un impegno che ha visto coinvolte il 90% di associazioni, ed il dato non è passato inosservato tanto che il presidente della seconda commissione, Giovanni Brigante, lo ha sottoposto all’attenzione dei consiglieri, come “argomento interessante che ci deve spingere ad andare avanti su questo binario”. Ma le iniziative in Puglia non finiscono qui, e mentre in Regione si discute sul raggiungimento degli obiettivi, l’Adoc, associazione nazionale per la difesa e l’orientamento dei consumatori, si è mobilitata con forza, chiedendo come priorità alla Regione Puglia, l’istituzione di un Garante del servizio idrico integrato. La proposta è stata avanzata in occasione dell’ audizione della Commissione permanente del Consiglio Regionale che sta valutando il testo del disegno di legge per la costituzione dell’Azienda pubblica regionale AQP. Il perché di questa scelta “è dettata dal fatto che un Garante, sostiene Pino Salamon, presidente regionale dell’Adoc, può svolgere concretamente le funzioni di indirizzo e controllo come richiesto dall’art. 6, evitando l’istituzione di un consiglio di sorveglianza che sarebbe composto da una moltitudine di componenti di diversa estrazione e provenienza. Quindi, anche quella di escludere preventivamente l’eventualità di cordate interne al proponendo consiglio, in quanto il Garante opererebbe in piena autonomia e indipendenza di giudizio, formulerebbe i parametri di controllo per le politiche tariffarie, esprimerebbe valutazioni sulle richieste avanzate da tutti i soggetti istituzionali e as- sociativi”. Una funzione, sostiene l’Adoc regionale, che deve integrarsi con quella che svolge il Comitato per la Vigilanza sull’uso delle risorse idriche a livello nazionale. Ed è lo stesso Garante, sempre a giudizio dell’associazione, che diventerebbe molto utile, anzi verrebbe utilizzato a compensazione di quanti non rientrerebbero tra gli organi di governo dell’Aqp, come indicato nell’art. 8 del ddl. Per di più, risponderebbe a pieno a quanto previsto dall’art. 10 aiutando l’Ente regione nell’attività di vigilanza con un controllo più minuzioso e accurato. Senza tener conto di quanto costruttivo sarebbe il suo ruolo, nell’individuare coloro i quali beneficerebbero dell’erogazione gratuita di un quantitativo minimo gior- naliero di acqua commisurata ai parametri indicati dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità), come descritto nell’art.13 dello stesso ddl. Il Garante del servizio idrico integrato, dunque dovrebbe essere la figura super partes, che al di là di lobbies e interessi per- s o nali e politici, potrebbe rispondere meglio alle esigenze dei cittadini ma anche degli enti e delle istituzioni. Tuttavia le polemiche non mancano e mentre il partito democratico avanza un emendamento, dall’opposizione partono le accuse di allargamento delle poltrone. Secondo quanto proposto dal Partito Democratico, infatti, i tre quinti del consiglio di amministrazione dovrebbero essere espressione dell’assemblea dei sindaci, dunque, Aqp proprietà regionale con un maggiore potere ai comuni. Il consiglio di amministrazione, secondo Mennea, consigliere regionale del pd, sarebbe così un organo di garanzia per tutti i pugliesi. Tramite l’emendamento proposto in commissione, la Puglia diventerebbe, inoltre, proprietaria al 100% del capitale sociale dell’Acquedotto pugliese, mentre adesso l’Aqp è condiviso con la Basilicata. GLI IMPEGNI DELL’ASSEMBLEA DI SETTEMBRE: “SI SCRIVE ACQUA, SI LEGGE DEMOCRAZIA” Ma ancora una volta sono le associazioni che nell’underground politico si muovono come lobbies del benessere e da loro e dall’assemblea di Firenze dello scorso settembre, l’appello raggiunge ogni orecchio d’Italia. “Noi donne e uomini dei movimenti sociali territoriali, della cittadinanza attiva, del mondo dell’associazionismo laico e religioso, delle forze sociali, sindacali e politiche, del mondo della scuola, della ricerca e dell’Università, del mondo della cultura e dell’arte, del mondo agricolo, delle comunità laiche e religiose” recita l’appello, incitando tutta la cittadinanza alla mobilitazione. Si rivolge a tutti coloro che in questo tempo si sono mobilitati al fine di contrastare la privatizzazione del servizio idrico, perché sottrae alle collettività un diritto essenziale alla vita, di socializzare i saperi e le esperienze, allargando la sensibilizzazione e il consenso, di raccogliere oltre 400.000 firme. Il voto referendario, recita ancora l’appello, apre una stagione decisiva per l’affermazione dell’acqua bene comune e della sua gestione pubblica e partecipativa, “una vittoria ai referendum della prossima primavera potrà aprire nuove speranze per un diverso modello economico e sociale, basato sui diritti, sui beni comuni e sulla partecipazione diretta delle persone”. L’appello dunque, è che “in questi mesi che ci porteranno al referendum si apra una grande stagione di sensibilizzazione sociale sul tema dell’acqua, e si produca, ciascuno nella sua realtà e con le sue attitudini e potenzialità, uno straordinario sforzo di comunicazione sull’importanza della vertenza in corso e sulla necessità del coinvolgimento di tutto il popolo italiano, con l’obiettivo di arrivare all’affermazione dei tre referendum abrogativi. Tutte e tutti assieme possiamo affermare l’acqua come bene comune, sottrarla alle logiche del mercato, restituirla alla gestione partecipativa delle comunità locali. Tutte e tutti assieme siamo coinvolti nel problema e possiamo divenire parte della soluzione. Il tempo è ora. Perché si scrive acqua e si legge democrazia.” Laura Mangialardo GIOVANI 14 GIOVANI E LAVORO, I DATI ISTAT E LAPOLIS CRESCE LA SFIDUCIA. 2 MILIONI DI GIOVANI TERMINATI GLI STUDI NON HANNO ESPERIENZE DI LAVORO DURATURE S econdo un recente studio dell’ISTAT “Ingresso dei giovani nel mondo del lavoro”, con riferimento al secondo semestre del 2009, sono 2 milioni i giovani tra i 15 e i 34 anni che, terminati gli studi, non hanno esperienze lavorative significative, cioè superiori ai tre mesi. Più della metà sono donne. Secondo la ricerca, la possibilità di trovare un lavoro stabile cresce con l’aumentare della formazione. E’ quindi più difficile trovare lavoro per chi ha un’istruzione bassa: solo il 64% con la licenza media dichiara di avere avuto un’esperienza lavorativa, che diventa il 77% per i diplomati e laureati. Tra i giovani dai 15 ai 34, che hanno un’istruzione, il 73% dichiara di avere avuto un’esperienza di lavoro di almeno tre mesi e la percentuale sale con l’età: dal 29,7% dei ragazzi tra i 15-19, al 60,1% di quelli tra 2024 e al 75% per i giovani tra 25-29, fino all’81,2% di quelli tra 30-34. Di quelli che hanno avuto un’esperienza significativa di lavoro nei tre mesi successivi all’uscita dal mondo dell’istruzione sono 73,9% i maschi occupati e 54,7% le donne, 3,6% i maschi disoccupati e 3,5% le donne, mentre gli inattivi sono 2,3% e 7,3% le donne. Di quelli senza esperienza significativa sono occupati solo il 2,8% degli uomini e il 2,9% delle donne, i ragazzi disoccupati sono il 6,1% e le ragazze il 6,9%; gli inattivi sono 11,2% e 24,8% tra le donne. Se si analizza la situazione per tipo di lavoro intrapreso, secondo la ricerca sono il 34,6% i professionisti laureati, l’1,2% quelli con il diploma e nessuno con la terza media. Anche per i tecnici la situazione è simile: 35,9% quelli laureati, 20,7% quelli diplomati e solo il 2% quelli con la terza media. Per quanto riguarda gli impiegati, il 15% hanno o una laurea o un diploma, mentre il 2,4% solo la terza media. La situazione è l’opposto per artigiani e operai: il 51,6% hanno la terza media, il 27% un diploma e solo il 2,2% la laurea. Solo il 6,5% degli addetti alle vendite hanno la laurea, mentre circa il 24% il diploma o la terza media. Anche L’istituto LaPolis, Laboratorio di studi politici dell’Università di Urbino “Carlo Bo”, ha svolto una sua ricerca su “I giovani: valori, partecipazione, stili di vita e di consumo”. Fondamentale nella ricerca è lo studio del rapporto tra giovani e lavoro. Le conclusioni sono amare e strettamente collegate con l’attuale periodo socio-economico. Quello che i giovani cercano è infatti il posto fisso, con adeguata retribuzione, anche se non in sintonia con le proprie aspirazioni: il 41% ritiene infatti che del lavoro sia fondamentale lo stipendio e il 39% la stabilità. Per il 24% sono importanti le condizioni di lavoro e per il 25%la qualità dei rapporti con i superiori ed i colleghi. Solo l’8% dà importanza all’utilità sociale del proprio lavoro e il 21% ritiene che la coerenza con gli studi e la vicinanza ai propri interessi sia una carta vincente. Questi ragazzi credono ancora nella meritocrazia per il 74% e vorrebbero che fosse applicata; il 55% di loro sa che per migliorare la propria condizione di lavoro dovrebbero andare all’estero, ma sono legati al territorio in cui preferirebbero restare. Nel 17% dei casi i ragazzi ritengono che la ricchezza e il sostegno della propria famiglia sia fondamentale per ottenere successo e il 23% crede che siano importanti le conoscenze personali e famigliari. C’è anche un forte disimpegno politico e sociale: il 55% socializza attraverso associazioni sportive e culturali, il 34% fa volontariato, il 26% va in parrocchia. Solo il 21% partecipa alle attività politiche e sindacali. Solo il 5% crede che il Parlamento europeo si occupi dei giovani, il 9% spera nel Governo, ma per il 37% confida più nel Comune e il 17% nella Regione. I giovani credono, quindi, che le istituzioni non abbiamo a cuore i loro problemi. C’è una sostanziale sfiducia che rispecchia il precariato, l’impossibilità di costruirsi una vita, di avere figli senza il pericolo di trovarsi all’improvviso disoccupato, senza una casa, e nell’impossibilità di pagare il mutuo. Sara Beaujeste D’Arpe “CORTO MAGLIESE”, COMUNICARE LA SICUREZZA PER LA GIORNATA NAZIONALE DELLE VITTIME DELLA STRADA INIZIATIVE E CONCORSI PER L’EDUCAZIONE AD UNA GUIDA SICURA S i celebra il 21 novembre la giornata nazionale del ricordo delle vittime della strada. E per ricordarle tutte non basterebbe un anno. In Puglia nel 2008 si sono verificati 12.024 incidenti, con 353 morti e 20.259 feriti. Il numero degli incidenti è aumentato sia rispetto al 2007 sia rispetto al 2006, tuttavia quello dei morti, seppure di poco sembra essere diminuito, nel 2007 infatti si sono verificati 366 morti e nell’anno precedente, 409. Testimonianze tristi e da far accapponare la pelle, appelli per la ricerca di testimoni, rabbia, speranza di mettere fine a queste assurde morti, riempiono le parole di chi puntualmente si rivolge all’ AIFVS, Associazione italiana familiari e vittime della strada onlus. Familiari e vittime, doppiamente feriti, per la perdita di una caro, per la perdita della vita, per l’arroganza con cui ancora si continua a guidare nelle strade italiane. Ogni anno in Italia muoiono circa 7000 persone, vittime di incidenti stradali, 300.000 sono i feriti, ed oltre 20.000 coloro che restano in una condizione di disabilità. Un numero enorme, di cui nel 2008, all’improvviso vengono coinvolte e uccise da mezzi. Il parlamento Europeo ha chiesto circa 1000 conducenti al di sotto dei 30 anni, 950 tra i 30 e 44 anni, per la maggior parte uomini. In Puglia, nello stesso anno ci sono state 38 persone trasportate, morte al di sotto dei 30 anni, 52 dai 30 anni in su. A questo dato, già di per sé grave, si aggiungano i pedoni, le persone che all’Italia di ridurre del 40% in dieci anni questi numeri. A ciò, secondo la denuncia del Aifvs, lo Stato italiano ha risposto con un sempre calante presidio del territorio e con un grave ritardo nell’adeguamento degli organici delle forze dell’ordine e delle norme del Codice della strada. Sono spesso i giovanissimi che lasciano la vita in auto guidate a velocità incontrollabili, e per questa ragione l’associazione ha cercato nel tempo di lanciare messaggi per un’educazione alla guida responsabile. Le iniziative si susseguono sul territorio nazionale e nel mese di settembre, in particolare, si è concluso a Maglie, “Corto Magliese”, un concorso di cortometraggi dedicato, quest’anno, alla sicurezza stradale. L’iniziativa, rivolta proprio ai giovanissimi, ha cercato di esprimere in un linguaggio leggero, il messaggio legato alla guida sicura per una sicurezza propria e degli altri. Uscendo fuori dai canoni dei video shock, il vincitore ha mostrato due rapinatori scaltri, che però indossano la cintura di sicurezza e alla fine si fanno beccare dalla polizia per non investire una vecchietta. Laura Mangialardo SERVIZIO CIVILE 15 SERVIZIO CIVILE NAZIONALE, UN BEL GIOCO DURA POCO? FISSATO A 113 MILIONI DI EURO LO STANZIAMENTO PER I PROSSIMI ANNI. IL DATO PIù BASSO DI SEMPRE L e più fosche previsioni sul futuro del Servizio Civile Nazionale che hanno alimentato i dibattiti di questi ultimi mesi sembrano ormai prendere sempre più consistenza. Il Consiglio dei Ministri, il 14 ottobre 2010 ha di avvio. In subbuglio il mondo degli enti e dei volontari che prendono unanime posizione, rivendicando maggiori fondi e attenzione da parte del mondo politico. de di fissare un tetto fisso di 40.000 volontari annui. Petizione appoggiata ufficialmente dalla Rappresentanza Nazionale dei Volontari in SCN. Fania Alemanno, delegata nazionale dei volontari in SCN per il Sud Italia, in servizio nel progetto “Azioni Volontarie” del CSV Salento, dichiara che la posizione della “Rappresentanza” è ferma nel chiedere “finanziamenti che mirino al potenziamento di questo servizio, utile non solo ai volontari, ma alla comunità tutta e che la loro riduzione mina inevitabilmente le fondamenta di quest’esperienza che è un’importante scuola di vita”. I numeri del tracollo in Puglia fissato a 113 milioni di euro, il finanziamento per il 2011. La stessa cifra è prevista per il 2012 e per il 2013. Si tratta dello stanziamento più basso in assoluto nella storia del Servizio Civile, se si escludono le fasi sperimentali La CNESC, Conferenza Nazionale Enti per il Servizio Civile, insieme al Forum del Terzo Settore ha promosso una petizione intitolata “Basta schiaffi ai giovani, diamo un futuro al Servizio Civile Nazionale”, che chie- Anno Posti in bando 2007 1392 2008 1134 2009 857 2010 630 IL TESTO DELLA PETIZIONE DELLA CNESC I “BASTA SCHIAFFI AI GIOVANI, DIAMO UN FUTURO AL SERVIZIO CIVILE NAZIONALE” l servizio civile, si è più volte detto, naviga in brutte acque. Negli ultimi cinque anni il numero delle posizioni finanziate sono diminuite di oltre il 60%. Di questo passo a breve l’esperienza quasi quarantennale di servizio civile che raccoglie apprezzamenti anche fuori dall’Italia chiuderà! Le principali vittime di questa ghigliottina sono i giovani, le persone e i beni pubblici che beneficiano del loro servizio. Il servizio civile, come richiamato dalla corte costituzionale fin dal 1985 ed ai sensi della legge vigente, concorre alla difesa della patria, con mezzi ed attività non militari. Eppure il servizio civile, che ha un bilancio 150 volte più piccolo di quello del servizio militare, viene mortificato da continui tagli che ne mettono a repentaglio l’esistenza stessa, mentre si trovano i fondi per la “mini-naja”, anche ricorrendo ai fondi Mensile delle associazioni di volontariato della Provincia di Lecce Ottobre - Novembre - Anno V - n.44 Iscritto al n.916 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 24/01/2006 Direttore Responsabile: Luigi Russo Redazione: Serenella Pascali (coordinatrice), Luigi Conte, Sara Mannocci, Sara D’Arpe, Daria Caione, Laura Mangialardo, Luca Spagnolo Grafica e impaginazione: Sergio De Cataldis Sede: Centro Servizi Volontariato Salento - via Gentile, 1 - Lecce Tel. 0832.392640 - Fax 0832.391232 - Direttore: 335.6458557 www.csvsalento.it [email protected] Stampa: SERAFINO ARTI GRAFICHE - TRICASE - Tel e Fax 0833.541866 non impiegati delle scuole, che finora restavano alle scuole stesse per impieghi successivi. Nonostante ogni anno circa 100.000 giovani chiedano di prestare servizio civile, assistiamo al momento più drammatico della storia del servizio civile nel più complice disinteresse delle Istituzioni. Pertanto chiediamo : - Al Governo che nel prossimo documento di programmazione economica e finanziaria 2011-2013, vengano previsti stanziamenti utili all’avvio di almeno 40.000 giovani su base annua; - Alle Regioni e Province Autonome che prevedano, come già fatto da alcune, propri stanziamenti aggiuntivi, utili ad incrementare ulteriormente il numero di giovani coinvolti; - che siano chiaramente stabilite per legge le finalità dell’istituto del servizio civile nazionale rivolte ai giovani residenti nel nostro Paese di educazione alla pace e alla cittadinanza attiva e di apprendimento di concrete capacità pratiche. Per aderire, per iscritto o on-line, il riferimento è al sito ufficiale www.cnesc.it. Riflessioni di una volontaria: “Servizio Civile Nazionale, in una società senza certezze” C he ci fosse aria di crisi era già noto da qualche tempo. Oggi, ancor di più, nell’epoca liquida, ci sono infinite ragioni, per sentirsi insicuri ed incerti. Ci si sta rendendo sempre più conto che contingenza, casualità, ambiguità e irregolarità sono caratteristiche inalienabili di tutto ciò che esiste, e pertanto sono irremovibili anche dalla vita sociale e individuale degli essere umani, soprattutto delle nuove generazioni. Oggi, ci si aspetta che siano donne e uomini, singolarmente, a cercare e trovare risposte individuali a problemi creati socialmente; ad agire su di essi utilizzando le proprie risorse, assumendosi la responsabilità delle scelte, nonché del successo o insuccesso delle azioni. In altri termini, oggi siamo tutti “individui per decreto”, cui si ordina, presupponendo che ne siamo capaci, di progettare le nostre vite e di mobilitare tutto ciò che serve per perseguire e realizzare i nostri obiettivi di vita. Per la maggior parte di noi, tuttavia, questa apparente “acquisizione di capacità” è in tutto, o quanto meno in parte, una finzione. L’idea di colmare le lacune del sistema di welfare riservando una quota di posti di Servizio Civile Nazionale per progetti assistenziali, non si può che far pensare ad una “politica della toppa”. Si cerca, infatti, di tamponare il bisogno di assistenza delle persone utilizzando strumenti che, per legge, non sono assistenziali. Così facendo si devia il Servizio Civile Nazionale verso posizioni che lo identificano come stampella del welfare, invece che come strumento di difesa non armata e nonviolenta della Patria, così come lo definisce la legge fondativa. Il Servizio Civile Nazionale, in realtà, dovrebbe favorire il progresso sociale, la formazione civica, culturale e professionale dei giovani attraverso il loro diretto coinvolgimento in attività e progetti e non solo per soddisfare le richieste di assistenza. Il Servizio Civile è stato pensato, sin dagli albori, come un investimento sulle giovani generazioni che sappia proporre esperienze improntate ai valori della solidarietà, partecipazione, dell’autodeterminazione del cittadino, della giustizia sociale, della pace. Oggi, ancor di più, nella società dell’incertezza, che futuro attenderà il Servizio Civile Nazionale? Oggi, ancor di più, che futuro avranno quelle giovani generazioni che intendono offrire la loro ricchezza al prossimo in maniera vera e sincera? Quesiti che non riescono a trovare delle risposte positive in noi giovani del terzo millennio, in noi, giovani vittime di una società capace di destrutturare l’identità, la personalità umana. Ciò che ci rimane non può essere che, il senso di vivere nell’incertezza quotidiana e l’impotenza di migliorarla e essere affranti da un nuovo sospetto, cioè che essa sia incurabile. Antonella Nicolì Volontaria nel progetto del CSVS, Azioni Volontarie 16