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Il ruolo del reumatologo nelle malattie
da accumulo lisosomiale
R. Cimaz
Reumatologia Pediatrica, Ospedale Anna Meyer, Firenze
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Tra le diagnosi differenziali da prendere in considerazione nel caso di un’artropatia che non presenti
attività flogistica evidente, soprattutto se caratterizzata da contratture e rigidità più che da tumefazioni,
bisogna includere anche le malattie da accumulo lisosomiale, un vasto gruppo di malattie genetiche
causate dall’alterazione di specifici processi catabolici che avvengono all’interno dei lisosomi.
Vi sono infatti delle segnalazioni in letteratura che alcuni casi di mucopolisaccaridosi (soprattutto le
forme con fenotipo più lieve) possono restare per lungo tempo non diagnosticati in quanto, essendo
paucisintomatici, possono essere confusi con altre patologie, per esempio di carattere reumatologico.
La mucopolisaccaridosi di tipo primo (MPS I) è una patologia complessa, multisistemica, progressiva,
eterogenea e potenzialmente fatale [1]. La malattia si presenta sotto diverse forme a seconda della
gravità e dell’età dei pazienti.
La malattia ha un’incidenza di circa 1:100.000 neonati in tutto il mondo. I pazienti affetti da
mucopolisaccaridosi di Tipo I presentano un difetto genetico di tipo autosomico recessivo che induce
una carenza dell’enzima lisosomiale α-L-iduronidasi; sono ad oggi note diverse mutazioni [2]. L’assenza
di questo enzima provoca disturbi del metabolismo dei glicosaminoglicani (GAG), ma i meccanismi
precisi per i quali poi si arriva alla complessa sintomatologia clinica progressiva sono ancora
sconosciuti.
Tradizionalmente, i pazienti affetti da MPS I vengono classificati in una di tre diverse sindromi:
sindrome di Hurler, Hurler-Scheie, o Scheie rispettivamente di forma grave, media o ‘lieve’. Tuttavia
non esistono chiari criteri clinici o biochimici per definire con precisione queste sindromi. Il termine
‘lieve’ appare inadeguato per i pazienti affetti da MPS I dal momento che questi soggetti presentano
sintomi e complicanze patologiche che portano ad una morbosità e disabilità notevoli. Appare più
appropriato parlare di uno spettro patologico con, da una parte, un’insorgenza precoce (la forma più
grave) e, dall’altra parte, la forma ad insorgenza ritardata (più lieve).
Nel caso della forma più grave, la diagnosi viene formulata piuttosto presto e i pazienti muoiono entro i
primi 10 anni di vita. Presentano malattie somatiche quali epatosplenomegalia, disturbi a carico dello
scheletro, opacità corneale e riduzione dell’acuità visiva, disturbi articolari, sordità, problemi cardiaci
associati ad un ritardo dello sviluppo e ad un grave ritardo mentale.
Si incontrano le seguenti complicazioni patologiche principali: idrocefalo, apnea notturna, rinite e
frequenti infezioni alle orecchie, artropatia progressiva, cardiomiopatia, glaucoma, pneumopatia
complessa, opacità corneale e degenerazione della retina. I problemi dello sviluppo mentale e la
disostosi multipla hanno inizio nei primi anni di vita mentre i sintomi a carico delle articolazioni e del
tessuto connettivo si sviluppano più avanti.
I pazienti con la forma intermedia presentano difetti intellettuali di scarso rilievo o del tutto assenti ma
potrebbero avere un’importante malattia ostruttiva delle vie aeree, una patologia cardiovascolare,
rigidità/contratture delle articolazioni, anomalie scheletriche e una ridotta acuità visiva. I pazienti
muoiono in età adolescenziale e nei 20 anni.
I pazienti con la forma meno grave potrebbero non presentare lineamenti grossolani del viso ma
avranno comunque sintomi quali stanchezza, malattie scheletriche ed articolari, manifestazioni
cardiache, sindrome del tunnel carpale, come anche taluni sintomi gastrointestinali come, ad esempio, la
diarrea.
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Potrebbero avere un’aspettativa di vita normale e la diagnosi in genere viene formulata più avanti. In
generale quindi la malattia si presenta molto eterogenea nel suo intero spettro patologico.
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Sintomi a carico delle articolazioni e dello scheletro
I sintomi a carico delle articolazioni e dello scheletro, quindi quelli di interesse del reumatologo, sono
rappresentati da rigidità, contratture articolari, dolore e gravi deformità scheletriche, con conseguente
perdita di mobilità.
Essi sono causati da un accumulo progressivo di GAG nella sinovia, nei tessuti periarticolari e nelle
ossa. La velocità di crescita dei pazienti con MPS I è quasi sempre inferiore alla norma con conseguente
statura relativamente bassa.
Nel caso di MPS I meno grave, le caratteristiche cliniche possono essere fuorvianti per chi ha familiarità
con il fenotipo classico più grave di Hurler. Se si guarda con attenzione possono però apparire evidenti
caratteristiche quali statura relativamente bassa, mascella ampia, collo corto ed ipertricosi. Spesso sono
presenti rigurgito aortico e mitrale e displasia dell’anca. L’esistenza di fenotipi più lievi è dovuta
probabilmente ad una certa attività enzimatica residua che riduce il tasso di accumulo dei substrati nelle
cellule.
La diagnosi delle forme meno gravi è problematica per tutte le mucopolisaccaridosi. Il trattamento della
forma meno grave della MPS I dipende dai sintomi e dal decorso previsto per la malattia.
Una diagnosi precoce è fondamentale per la gestione clinica ottimale della MPS I. Dei nuovi metodi
potrebbero essere usati come opzioni di screening (uno si basa sulla misurazione del livello degli enzimi
nel sangue e l’altro si riferisce ai livelli di GAG nelle urine) [3]. Il prelievo (goccia) di sangue può essere
facilmente messo su carta assorbente ed inviato per posta. Il test degli enzimi non richiede alcuna
manipolazione, viene automatizzato e convalidato facilmente e può quindi essere usato anche nelle
strutture ospedaliere più piccole.
La terapia di supporto delle complicanze muscoloscheletriche della MPS I si basa sulla fisioterapia, in
quanto la rigidità delle articolazioni, che si manifesta in tutti i pazienti, può essere misurata con la
valutazione del movimento. È possibile rimediare con una terapia passiva ed attiva del movimento o
con l’applicazione di stecche.
La chirurgia ortopedica può fare molto per i pazienti con MPS [4-8]. L’accumulo di GAG nel tessuto
osseo dà origine ad anomalie istologiche della cartilagine d’accrescimento e ad un’ossificazione
insufficiente.
Di conseguenza i pazienti sono di bassa statura ed hanno disostosi multipla che comprende displasia
dell’anca, cifosi toraco-lombare, ginocchio valgo, rigidità delle mani, dita a scatto e sindrome del tunnel
carpale.
Queste anomalie muscoloscheletriche non si possono prevenire con il trapianto di midollo osseo. La
chirurgia della mano può comprendere la decompressione del tunnel carpale e della puleggia per il
trattamento delle dita a scatto [9]. Per il trattamento della displasia dell’anca, si possono eseguire
osteotomie femorali ed altre procedure. I pazienti con cifosi toracolombare possono essere sottoposti a
riduzione anteriore e posteriore e fusione della colonna vertebrale [10]. L’intervento per il ginocchio
valgo si esegue solo in casi a rapido deterioramento e consiste in una procedura di epifisiodesi sec.
Blount.
La strategia raccomandata per la gestione ortopedica è quella di seguire il seguente ordine di priorità di
intervento: mani, anche, colonna vertebrale e ginocchio valgo. La chirurgia è anche importante per il
trattamento della sindrome del tunnel carpale, un’altra delle complicazioni associate alla MPS I che si
osserva piuttosto spesso.
Una nuova era nel trattamento della MPS I è iniziata dal momento dello sviluppo della terapia
enzimatica sostitutiva [11-14]. La produzione su larga scala di α-L-iduronidasi fu iniziata in cellule di
ovaio di criceto cinese sui microvettori usando la tecnologia con DNA ricombinante. Il primo prodotto
fu impiegato in un modello canino di MPS I. La distribuzione ad un’ampia varietà di tessuti fu osservata
con un’effettiva riduzione dei GAG nei tessuti.
Nel dicembre del 2000, ebbe inizio lo studio di Fase III e l’Aldurazyme® è stato approvato dalla FDA
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negli USA il 30 aprile del 2003 e dalla Commissione Europea il 10 giugno del 2003. Nei primi studi
effettuati, dopo 50 settimane si registravano miglioramenti significativi nel punteggio dell’indice di
disabilità (CHAQ/HAQ) e nelle misurazioni della qualità della vita (SF-36/CHQ).
La progressione veniva misurata nei seguenti punteggi: scale dei componenti fisici e mentali, salute
generale, funzionalità fisica, dolore corporeo, e funzionalità sociale. In totale, su più di 1500 infusioni di
laronidasi effettuate nel corso di uno studio controllato, la tolleranza e la collaborazione dei pazienti è
stata eccellente. Tra gli eventi segnalati, i più frequenti sono stati vampate, emicrania, febbre, ed
eruzioni cutanee.
Tra gli altri approcci terapeutici, ricordiamo il trapianto di midollo osseo [15] e il trapianto di cellule
staminali emopoietiche. Il trapianto è associato comunque ad una mortalità significativa.
Per la terapia enzimatica sostitutiva ci vorrà molto tempo prima di poter osservare ulteriori prove di
miglioramento. Per i pazienti con disturbi gravi in cui la funzionalità del sistema nervoso centrale e
neurocognitiva è molto scarsa, non si può offrire alcun trattamento efficace per invertire questo
processo. In futuro il trasferimento e l’espressione del gene dell’iduronato-2-solfatasi potrà
probabilmente essere effettuato in vitro e in vivo.
Tra le altre patologie metaboliche che possono mimare le forme reumatologiche, ricordiamo il morbo
di Gaucher (che può presentarsi con dolori ossei o con osteoporosi) e il morbo di Fabry, tra le cui
manifestazioni le acroparestesie conducono talvolta il paziente all’attenzione del reumatologo.
L’anamnesi e l’esame obbiettivo alla ricerca di segni o sintomi extrascheletrici saranno allora
fondamentali per il sospetto diagnostico, e per procedere agli accertamenti ulteriori.
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Bibliografia
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