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la collezione dei dipinti della Banca del Monte di
LA CASANA 50-59:Layout 1 14-11-2007 19:06 Pagina 50 Cinque secoli di storia, cinque lustri di mecenatismo: la collezione dei dipinti della Banca del Monte di Lucca Arte di Roberto Santamaria Sono ormai 2000 anni che si parla di mecenatismo. Dai tempi in cui l’influente consigliere dell’imperatore Ottaviano Augusto, Gaio Cilnio Mecenate, dal quale deriva il termine, trascorreva i suoi pomeriggi nel produttivo ozio delle argomentazioni letterarie con Orazio, Virgilio e Properzio, questo fenomeno di protezione degli artisti e di sostegno concreto delle loro opere ha cambiato più e più volte protagonisti e modalità. LA CASANA 50-59:Layout 1 14-11-2007 19:06 A fronte Alfredo Meschi, “Piazza San Martino”, pastello su carta. Pagina 51 Matteo Civitali, “Madonna in trono con il Bambino”, tempera su tavola. L’epoca d’oro del mecenatismo coincide con quella che è stata considerata l’età insuperata dell’arte, il Rinascimento. E non è un caso che i mecenati del giorno d’oggi, fra i quali vanno senz’altro annoverati gli istituti di credito, abbiano fra i principali obiettivi la ricerca di capolavori di quell’epoca. È questa una delle principali direttrici della politica culturale della Banca del Monte di Lucca, città entro le cui mura, in quel periodo aureo, trovarono accoglienza artisti come Ghirlandaio, Fra’ Bartolomeo e Filippino Lippi. L’istituto, collocato nell’antica Casa dell’Opera di Santa Croce, ha da tempo intrapreso un’attività di acquisizione di importanti opere d’arte, provenienti per lo più dal mercato antiquario, che ad oggi ha consentito di raccogliere alcune decine di opere, essenzialmente dipinti ma anche arazzi e mobili. Questo patrimonio ha trovato ospitalità e visibilità pubblica proprio nella storica sede di piazza San Martino, nel cuore antico della città, a fianco del duomo, una collocazione che attesta l’indiscutibile e affermato riconoscimento di prestigio dell’istituto fin dall’inizio della sua cinquecentenaria storia. La costruzione dell’edificio prende il via nel 1291, sotto la direzione del magister lapidum Gianni da Como, area geografica da cui provenivano molti di quei maestri “antelami” che tanta importanza hanno avuto anche nella storia architettonica e urbanistica di Genova. Arte 51 LA CASANA 50-59:Layout 1 14-11-2007 19:06 Pagina 52 La ricchezza del patrimonio artistico della Banca si può oggi riscontrare facilmente grazie al catalogo edito a cura dell’istituto stesso nel 19971. Sfogliare queste pagine costituisce l’occasione per conoscere un corpus di opere che la disparata provenienza riesce solo in parte a rendere disomogeneo. Questo vale soprattutto per la preziosa sezione dei più antichi dipinti lucchesi, databili fra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, fra i quali spicca la Madonna in trono con il Bambino (tempera su tavola, cm 146 x 74), in catalogo attribuita a Baldassarre di Biagio, ma recentemente assegnata a Matteo Civitali anche in virtù della stringente assonanza stilistica con il bassorilievo autografo del Civitali “Madonna del latte” detta anche “Madonna della Tosse” conservata presso il Museo Nazionale di Villa Guinigi. Le due opere, entrambe risalenti agli anni Ottanta del Quattrocento, evidenziano analogie compositive e stilistiche che sembrano confermare agli storici dell’arte il Civitali come autore anche del dipinto; senza dubbio uno dei capolavori della pittura quattrocentesca lucchese, forse da identificare con l’opera che egli dipinse per la chiesa domenicana di San Romano nel 1480. Oltre ai “primitivi” lucchesi, la collezione annovera altri interessanti esempi della scuola locale, a partire da un dipinto che costituisce un punto imprescindibile nel catalogo delle opere del raro Pietro Sigismondi (Lucca, ? – Roma 1623), il Sansone e Dalila (olio su tela, cm 152 x 132), datato 1606 e quindi fra le prime prove dell’artista che, in questa come in altre opere, si firmava “Lucensis”, di Lucca. Un riferimento ad un primo, ipotetico ma probabilissimo caso di mecenatismo dell’istituto è costituito dalla intensa tela che raffigura il BeaPietro Sigismondi, “Sansone e Dalila”, olio su tela. Paolo Biancucci, “Il Beato Bernardino da Feltre”, olio su tela. Arte LA CASANA 50-59:Layout 1 14-11-2007 19:06 to Bernardino da Feltre (cm 71,5 x 53), attribuito a Paolo Biancucci (Lucca 1596-1650/51), pittore che solo adesso viene rivalutato e che in vita fu concorrente dell’oggi più noto conterraneo Pietro Paolini. Il Santo, ripreso frontalmente, addita con l’indice della mano destra uno stendardo recante l’immagine del Cristo sofferente e retto da un’asta impostata su tre sassi, simbolo appunto del Monte di Pietà, antesignano della Banca del Monte di Lucca, con sede - dal 1517 - nella Casa dell’Opera di Santa Croce. In questa sezione dedicata agli artisti locali trovano spazio anche alcune opere contemporanee fra le quali i pastelli su carta di Alfredo Meschi (Lucca 1905-1981), raffiguranti tre punti di vista assai cari ai lucchesi: la piazza del Duomo (cm 40 x 50), fiancheggiato proprio dall’antico palaz- Pagina 53 zo dell’Opera con il suo alternarsi dei rossi del cotto e dei bianchi del marmo apuano; una veduta dall’alto delle celebri mura verso la città (cm 35 x 49), con le case filtrate attraverso gli alberi e le piante; infine, uno scorcio prospettico del canale della Burlamacca (cm 35 x 49), simbolo dell’aspirazione marittima di una città che nel Quattrocento scrutava l’orizzonte del Tirreno. Il legame con il territorio e l’attenzione per i nomi certo meno noti ma in qualche maniera documentati, si ritrovano nelle due tavolette con Miracoli di San Frediano (cm 29 x 65,5), titolare del seggio vescovile della città dal 560 al 588. La coppia di tempere è ciò che resta della predella di una pala d’altare, forse quella dipinta nel 1483 per la cappella della Compagnia di San Frediano, detta “della Alfredo Meschi, “Dalle Mura”, pastello su carta. “La Burlamacca”, pastello su carta. Arte 53 LA CASANA 50-59:Layout 1 14-11-2007 19:06 Bruciata”, nella omonima chiesa fiorentina. Autore dell’ancona, distrutta nel secondo conflitto bellico, era un allievo di Filippo Lippi, Jacopo del Sellaio, alla bottega del quale si formò il figlio Arcangelo (Firenze 1477/78-1532), pittore che, come recita il contratto di commissione, portò a termine nel 1506 l’opera lasciata incompiuta dal padre, in particolare eseguendo la predella, allora mancante, e di cui queste due formelle verosimilmente costituiscono quanto sopravvissuto alle vicende del tempo. Certo più noto è Jacopo Negretti, detto Palma il Giovane (Venezia 1548 – 1628), al quale, anche sulla scorta di 54 Pagina 54 un disegno recentemente pubblicato che pare esserne il bozzetto preparatorio, è attribuita la scena con Giuditta e Oloferne (olio su tela, cm 98,2 x 122,5). Erede della generazione dei grandi veneziani cinquecenteschi, il pittore si misura qui con un tema che sarà tanto caro a Caravaggio e ai suoi seguaci, artisti che muovevano i loro passi quasi in contemporanea con questa tela, da porre cronologicamente già nel secolo XVII. Pienamente caravaggesco, almeno per quanto riguarda l’ambientazione notturna della scena rischiarata dalla luce di una lanterna, è la Cattura di Cristo (olio su tela, cm 96 x 134), il cui autore è sicuramente da ricer- care fra i molti “franzesi e fiamenghi che vanno e vengono” e “non li si può dar regola”, come affermava - nel 1620 circa - Giulio Mancini, scrittore d’arte nonché medico di papa Urbano VIII. Roma, meta obbligata per il completamento degli studi artistici, è infatti anche il luogo di convergenza di numerosi giovani d’Oltralpe, la cui sensibilità è stimolata – nel primo decennio del Seicento – dalla rivoluzionaria figura del Merisi. E, come il loro ideale capo-scuola, anche questi pittori, che avevano resiArcangelo di Jacopo del Sellaio, “Due miracoli di San Frediano”, tempere su tavola. Arte LA CASANA 50-59:Layout 1 14-11-2007 19:06 denza e ritrovo nei pressi di piazza di Spagna, erano personaggi fuori dagli schemi che sfuggivano alle convenzioni e che, pertanto, sono di precaria identificazione. È, quella di Lucca, una scena di ambientazione notturna, tenebrosa, un quadro “di notte”, come venivano definiti allora dipinti del genere. Il “campione” di questo genere fu l’olandese Gerrit Van Honthorst, la cui fortuna nel periodo italiano è testimoniata dal soprannome che gli fu attribuito, Gherardo delle Notti. La sua è una maniera che ha precedenti anche nostrali, poiché fu Luca Cambiaso uno dei primi sperimentatori del notturno. E non è improbabile che l’artista di Pagina 55 Utrecht abbia potuto ammirare tali dipinti proprio a Genova, forse nel corso del viaggio di andata verso Roma, attorno al 1610, o in quello di ri- torno in patria, nel 1620. Certo è che i suoi modi determinarono l’esplosione di un gusto che il dipinto di Lucca ben testimonia. Jacopo Negretti detto Palma il Giovane, “Giuditta e Oloferne”, olio su tela. Pittore franco-fiammingo “La Cattura di Cristo”, olio su tela. Arte 55 LA CASANA 50-59:Layout 1 14-11-2007 19:06 Pagina 56 Pittore genovese, “Ritratto del Cardinal Guido Bentivoglio”, olio su tela (copia da Van Dyck). 56 Arte LA CASANA 50-59:Layout 1 14-11-2007 19:06 Pagina 57 Giovanni Maria Delle Piane, detto il Mulinaretto “Ritratto di condottiero”, olio su tela. Pittore italiano del Centro Nord, “Ritratto di gentiluomo”, olio su tela. Ottavio Vannini, “David con la testa di Golia”, olio su tela. Arte 57 LA CASANA 50-59:Layout 1 14-11-2007 19:06 L’importanza di alcuni temi trattati da artisti celeberrimi già al loro tempo o la reinterpretazione degli stessi è evidente nel David con la testa di Golia (olio su tela, cm 144 x 115) del fiorentino Ottavio Vannini (1585-1644), un dipinto che nasce nella mente del pittore con una contaminazione precisa, quella derivata dalla Giuditta con la testa di Oloferne di Cristofano Allori, conservata alla Galleria Palatina di Firenze. Anche la temperie culturale è quella del neoclassicismo dell’Allori: in un’epoca ormai “violentata” dalla luce caravaggesca, questo dipinto, pur nella crudezza della scena rappresentata, è impostato sulla statica e fissa figura di David, con il corpo in leggera torsione, quasi a spingere in primo piano la testa del gigante filisteo sconfitto. L’affascinante e dibattuta questione dei 58 Pagina 58 modelli e delle copie o repliche derivate da un prototipo, si ripresenta nella raccolta di Lucca in due dipinti. Il primo è la settecentesca Adorazione dei Magi (olio su tela, cm 90 x 74) ricalcante l’opera di Carlo Maratta nella chiesa di San Marco a Roma. La tela, di autore ignoto, è un omaggio fedele ad uno dei più affermati pittori del suo tempo, soprattutto negli ambienti che perseguivano la ricerca del “Bello” teorizzata dal suo amico e biografo Giovan Pietro Bellori. Il secondo dipinto in copia è il Ritratto del Cardinale Guido Bentivoglio (olio su tela, cm 198 x 145), ottima riproduzione dell’originale di Anthon Van Dyck, oggi alla Galleria Palatina di Firenze, realizzato per l’influente e dotto prelato ferrarese dopo il 1621, anno della nomina cardinalizia. Rispetto all’originale, è da evidenziare nel- la copia, con buona probabilità coeva, un minore approfondimento di alcuni particolari decorativi (si vedano, per esempio, la trama dei tessuti trattati più in superficie e con una gradazione dello stesso colore del fondo o la semplificazione dello schienale della poltrona). Ma i graduali e delicati passaggi dalla penombra alla luce e soprattutto lo sguardo vivido e arguto del cardinale sono indizi della spiccata personalità dell’ignoto copista, da ricercare nell’ambiente genovese anche se non necessariamente fra gli artisti della scuola locale, quanto – forse – fra i numerosi conterranei del pittore di Anversa che soggiornavano stabilmente sotto la Lanterna. Il genere ritrattistico, così aulico e necessario per attestare il prestigio e lo status politico-sociale raggiunto da personaggi immortalati dai pennelli di artisti più o meno noti, è testimoniato nella raccolta di Lucca da ulteriori due tele, la prima delle quali rappresenta un gentiluomo (olio su tela, cm 127 x 102). L’opera è databile all’ultimo quarto del secolo XVIII e ascrivibile alla mano di un autore non ignaro dei modi del più grande ritrattista dell’epoca, il lucchese Pompeo Batoni. Quale autore dell’effigie del condottiero idealmente dipinto sul campo di battaglia che compare alle sue spalle (olio su tela, cm 126 x 101), è stato fatto il nome del più noto ritrattista genovese fra Sei e Settecento, vale a dire Giovanni Maria Delle Piane, detto il Mulinaretto (1660-1745). Oltre alla supposta scuola meridionale, la genesi nell’area emiliana non è da escludere a priori per un’altra opera con cui si conclude questa breve rassegna dei dipinti della Banca del Monte di Lucca, e cioè la seicentesca Suonatrice di liuto (olio su tela, cm 70 x 55) che forse altro non è che una pacata e languida allegoria della musica. Nota La Banca del Monte di Lucca. L’edificio e le collezioni d’arte, a cura di Maria Teresa Filieri, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca 1997. Per i riferimenti bibliografici delle opere illustrate in questa sede si rimanda alle schede del catalogo. 1 Arte LA CASANA 50-59:Layout 1 14-11-2007 19:06 A fronte Pittore dell’Italia Meridionale, “Suonatrice di liuto”, olio su tela. Arte Pagina 59 Pittore dell’Italia Centrale, “Adorazione dei Magi”, olio su tela. 59