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GLI ItaLIanIsmI neLLa LInGUa spaGnoLa

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GLI ItaLIanIsmI neLLa LInGUa spaGnoLa
Pe dro Navarro
e i corsari del Tirreno
MATERIALI DI APPROFONDIMENTO
l
GLI italianismi
nellA LINGUA spagnola
a lingua spagnola ha sempre avuto un debole per gli italianismi. Una passione antica,
scoppiata in tutta la sua forza nel XV secolo, quando con la dominazione aragonese a
Napoli e le corti spagnole dei Borgia a Roma le relazioni tra le due aree linguistiche da
occasionali diventano stabili. A noi ora il grato compito di raccontare questo intrigante
e appassionato rapporto. Prendendo le mosse dalle prime “scappatelle”, ovvero quei
rapporti marittimi, commerciali e finanziari che intrepidi naviganti o affaristi italiani (genovesi, pisani, fiorentini e lombardi) avevano saltuariamente intrattenuto con la Spagna fin dal XII
secolo, facendo sì che tra gli ambiti semantici più ricchi di apporti italiani figurino in spagnolo
proprio la marina e il commercio.
Parole in commercio
Così la chusma (ciurma) delle parole marinaresche naviga veloce su un brigantín (brigantino) o
una fragata (fregata), sospinta dalla tramontana verso una dársena ispanica mentre la brújula
(bussola) rassicura il piloto (pilota). Gli scambi, da commerciali diventano linguistici, e abbracciano un ampio arco di secoli: nel XIV si può pagare con il florín (fiorino); nel XV si aprono gli
sportelli del banco (la banca) e del cambio (non si cambia, però, la mercancía venduta); nel XVI chi
ha un deposito con valuta superiore al millón (milione) non teme certo la bancarrota; nel XVII infine si spera che il saldo o il balance (bilancio) non diano cero (zero), altrimenti si dovrà ricorrere
al contrabando... Industria e artigianato italiani offrono prodotti di ottima qualità, come porcelana,
bronce (bronzo) o brocado (broccato).
A colpi di bombarda
Il filosofo greco Eraclito diceva che la guerra è madre di tutte le cose: nel nostro caso è madre
di molte parole. Tra il XIII e il XVIII secolo eserciti provenienti dalla Spagna conquistano vari
territori italiani (le Isole, Napoli, Milano o la Toscana), imparando dagli italiani, maestri nell’arte
della guerra, moltissimi nuovi termini militari (attestati dal XV secolo): così il batallón del caporal
e l’intera compañía possono mettersi a marchar insieme, stando sempre alerta prima di sferrare,
con mosquete o bombarda, un asalto al bastión o alla casamata. Per la gioia dei maldicenti, la politica italiana ha fatto arricchire anche gli spagnoli (secoli XV-XIX): dal più antico embajada al più
recente irredentismo.
Signori, in carroza!
Il clero lascia qualcosa in eredità (secoli XVI-XVII): dalla papalina al camposanto. Nonostante
sia grande tre volte l’Italia, il Venezuela è di fatto una “piccola Venezia”, e tra i secoli XV e XVIII
l’Italia ha regalato alla Spagna tanti nomi geografici, come gruta (grotta) o golfo, e purtroppo anche il terremoto. Nei secoli XVI-XIX in Spagna i trasporti si affidano soprattutto alla carroza, guidata dal postillón (postiglione), ma più di recente è sceso in pista anche il trasporto ferroviario.
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e i corsari del Tirreno
MATERIALI DI APPROFONDIMENTO
Non sono lussureggianti gli apporti di flora e fauna (secoli XV-XVIII), ma guai a farsi pungere
da una tarántula mentre ci si gusta un pistacho (pistacchio) o un’anchoa (da ancioa, l’antica forma
genovese di acciuga). A cavallo tra fauna e letteratura trotta l’hipogrifo, ariostesco cavallo alato
accolto dal Cervantes nelle sue scuderie letterarie (studi recenti mostrano come questi facesse
largo uso di italianismi).
Libri in claroscuro
Eccoci così giunti alle arti, campo in cui il conquistatore spagnolo fu conquistato dal genio italico. Nei secoli XVI-XVIII anche un principiante sa fare un diseño, un modelo o un boceto (bozzetto),
ma claroscuro, escorzo (scorcio), fresco (da a(f)fresco), miniatura o caricatura sono roba da maestri
della pittura (secoli XVI-XIX). Quale degli artisti spagnoli che praticano la scultura (secoli XVIXIX) si aggiudicherà la medalla per il miglior bajo relievo o busto? L’architettura italiana lascia gli
spagnoli di estuco (stucco) ma gli fa trovare la quadratura del cerchio, anzi della rotonda (secoli
XV-XIX): ora progettare un pórtico, una galería o la planta (pianta) di un campanil è facile come
affacciarsi a un balcón, come scendere per una escalinata a passo d’uomo. Dal XV al XVII secolo
gli amanti della letteratura si dedicano alla novela o al soneto, meglio se in verso non esdrújulo
(sdrucciolo) e in lingua non macarrónica. Va di moda anche la pasquinada, tanto che oggi in Sud
America il pasquinero è per estensione un “giornalista provocatore”. Nel campo dell’educazione
tra le parole di cui l’Italia omaggia la Spagna spicca il pedante, in origine un “pedagogo”. Tra i
mezzi di comunicazione va a ruba la gaceta (gazzetta).
Il virtuoso e il comediante
Tra XVI e XVIII secolo il teatro italiano fa il tutto esaurito, e sulla scena si danno da fare il protagonista e la comparsa, nei panni di comediante o di arlequín (arlecchino). Roba da piazza, invece,
sono buratín, bufón e saltimbanco. In ambito artistico però la marcia trionfale spetta alla musica
(sinfonica, da camera o lirica), con un numero di contributi altissimo e ininterrotto dal XVI al
XXI secolo: il maestro, con la batuta in mano (nel senso di “bacchetta del direttore d’orchestra”,
da battuta) dirige adagio il concierto, e mentre scherzando la soprano fa i gargarismi con un’aria alquanto cantable, il barìtono in duo con il contralto esegue presto una cantata in crescendo,
finché il piano non toglie la sordina e il violín spalleggiato dal violoncelo con virtuoso impeto
suonano in fuga un alegro e un andante che il pubblico con sonori bravo gli chiede di bisar (bissare). Nel lessico si rispecchia anche la vita di tutti i giorni. La casa spagnola (secoli XV-XIX) si
arricchisce di cantina e persianas, e i suoi inquilini di toalla (da tovaglia).
Che cucaña i macarrones
Nell’abbigliamento (secoli XV-XX) si arriva a indossare persino il turbante, mentre la sombrilla
(parasole) è un curioso incrocio tra sombra e ombrello. Agli spagnoli gli italiani passano alcune
malattie (dal XV secolo), come l’influenza o la malaria. La vita sociale (secoli XVI-XIX) è movimentata. Ma occhio, fanciulle: se a volervi cortejar (corteggiare) è un chulo (“uno che si dà delle
arie”, dall’aferesi di fanciullo), si tratta senz’altro di un charlatán o di un hipócrita, dunque merita
un fiasco o un fracaso (“fallimento”, da fracasso), e lo potrete tranquillamente poner en berlina.
Tra le parole spagnole battezzate con nomi propri italiani ricordiamo almeno il cocoliche, quella
singolare varietà dello spagnolo d’Argentina intrisa di italiano (specie il lessico quotidiano e
gastronomico, come chao, risoto, ricota, capuchino, ecc.) in virtù delle massicce immigrazioni tra
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il XIX e il XX secolo: la parola riproduce il cognome dell’attore italiano di fine Ottocento “Coccolicce”, che a zonzo per l’Argentina con la sua compagnia teatrale condiva di italiano il suo
spagnolo maccheronico. Eccoci dunque al saporito campo della gastronomia, il piatto forte degli
italianismi tra il XV e il XX secolo (quelli più recenti si devono alla moda mondiale degli ultimi
decenni): nell’antico banquete troviamo macarrones o salchicha (in barba ai bacchettoni, dall’italiano “salciccia”, e non “salsiccia”!), mentre oggi nelle pizzerias accanto a espaguettis (spaghetti), pizza o pasta (nel senso di “pastasciutta”, al dente o meno) possono anche servirci cibi un po’ meno
noti come la mortadela, mentre per fine tavola è di rigore un buon expresso (da (caffè) espresso)
o un bel cono con stracciatella. Nell’arte dei divertimenti Italia e Spagna sono sorelle (dal XVI
secolo): si va dai classici (e chiassosi) carnaval, cucaña o morra, a recenti parole dello sport come
candado (il catenaccio del calcio), escudería (scuderia, forse per influenza della scuderia Ferrari)
o finalíssima (alla cui origine si può forse ipotizzare la “finalissima” tra Italia e Germania nei
mondiali di Spagna 1982).
Cassanate a parte…
Come si è visto, gli apporti lessicali recenti sono molti meno rispetto al passato, quando il contatto diretto tra i due popoli era stabile. Ma il numero e la qualità degli italianismi consolidatisi
nel patrimonio lessicale spagnolo, molti dei quali coscientemente sentiti come tali (specie nella
musica, nelle arti e nella gastronomia), e insieme le convergenze di vario tipo tra le due lingue,
regalano agli spagnoli di oggi una discreta dimestichezza con l’italiano. Studi recenti mostrano
come nei nomi delle attività commerciali (soprattutto moda e arte) l’italiano sia manipolato dagli
spagnoli in maniera tutto sommato decente, e come nella stampa spagnola del terzo millennio
spuntino come funghi parole ed espressioni in lingua italiana (fenomeno dovuto anche al cliché, diffuso dalla stessa stampa, secondo cui Italia e Spagna, nel loro concentrato di modernità
e arretratezza, genio artistico e passionale, sarebbero due culture “gemelle”). Si va dunque dalle
terminologie di musica, sport e spettacolo in primis ai nudi e crudi prestiti culturali (di sapore
locale, come la dolce vita, l’omertà o le cassanate di Cassano al Real Madrid). Passando però per citazioni più impegnative (eppur si muove o lasciate ogni speranza...), e mostrando spesso calchi
o adattamenti alle norme linguistiche spagnole che in buona sostanza promuovono il prestito a
neologismo, come in espaguetada (spaghettata), cúpula (da cupola (mafiosa)), tifosos o paparazzis.
E gli pseudoitalianismi come capo = “boss mafioso” o la azzurra = “la squadra azzurra” risultano
quasi piacevoli, in quanto testimoni di una singolare vitalità dell’italiano al di là dei propri confini. In Spagna, insomma, la passione per gli italianismi è tutt’altro che spenta. Nell’età dell’anglicismo globale, è roba da prima pagina.
Per un approfondimento
Ottima brújula per orientarsi sul tema dell’italiano nel mondo fornisce P. Bertini Malgarini, in
Storia della lingua italiana, vol. III, Torino 1994, p. 883-922 (con rinvii bibliografici). La più ricca
galería degli italianismi nello spagnolo peninsulare è offerta da J. Terlingen, in Enciclopedia lingüística hispánica, vol. II, Madrid 1967, p. 263-305. Degli italianismi più recenti presentano un
diseño D. Romano (in Lingua e letteratura italiana nel mondo oggi, Firenze 1991, p. 575-85), M. T.
Navarro Salazar (in L’italiano allo specchio: aspetti dell’italianismo recente, Torino 1991, p. 79-92) e S.
Porras Castro (in Cuadernos de filología italiana, 2000, p. 923-934); in un convegno della Sociedad
Española de Lingüística (Madrid, 18 dicembre 2006) P. Quiroga ha fatto un balance su Italianismos
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y etimologías en el Diccionario de la Real Academia Española 2003. Agli italianismi del cocoliche e di
tutto lo spagnolo d’America rivolgono il loro chao M. Sala et alii, El español de América, 2 vol.,
Bogotá 1982 (specie vol. I, p. 487-560, capitolo: “Elemento italiano”). Per osservare da un balcón
diverso la storia dei rapporti tra le due aree linguistiche si veda A. D’Agostino, “L’apporto spagnolo, portoghese e catalano”, in Storia della lingua italiana, vol. III, Torino 1994, p. 791-824. La
pericolosa tarántula dei falsi italianismi si eviterà con l’aiuto di S. Sañé, G. Schepisi: Falsos amigos
al acecho (Bologna 1992).
Yorick Gomez Gane*
* Yorick Gomez Gane è nato a Roma. È linguista e si occupa di Lingua e Letteratura latina e di Storia della Lingua italiana. Ha scritto
innumerevoli articoli e opere su questi due campi di ricerca. E’ dottore di ricerca nelle due materie citate e professore di ruolo in diversi
licei statali di Roma oltre ad essere giornalista pubblicista. Ha collaborato e collabora con l’Università La Sapienza di Roma, con l’Università del Queensland (Australia) e l’Istituto di Studi Catalani di Roma.
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