Stupefacenti: sì all`attenuante di lieve entità in caso di minima
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Stupefacenti: sì all`attenuante di lieve entità in caso di minima
Stupefacenti: sì all’attenuante di lieve entità in caso di minima offensività Cassazione penale, sez. III, sentenza 19.03.2014 n. 20190 (Alessandro Ferretti) Nella fattispecie di cui all’art. 73, comma quinto del D.P.R. n. 309/1990, la qualità dello stupefacente va rapportata alla sue caratteristiche intrinseche e al suo grado di purezza che, rapportati alla quantità, concorrano a misurarne le potenzialità droganti e, dunque, l'offensività della condotta. La circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità di cui all'art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309/1990 può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell'azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio. E’ questo il principio di diritto che la Suprema Corte ha ribadito con la sentenza 19 marzo 2014, n. 20190. Nel caso di specie, il giudice per le indagini preliminari, all’esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato l’imputato colpevole del reato ascrittogli, condannandolo alla pena di anni 2 di reclusione e € 5000 di multa. Ricorre per cassazione il Procuratore Generale della Corte di appello territoriale non potendo far altro che rilevare la falsa applicazione dell’art. 73, comma 5 del D.P.R. n. 309/1990, in quanto il Giudice di merito aveva ritenuto di ancorare il giudizio di lieve entità alla qualità della sostanza, poiché ciò non risulta più consentito dalla novella del 2006 che ha parificato a fini sanzionatoti droghe pesanti e droghe leggere. Gli Ermellini, chiamati a pronunciarsi sul punto, dichiarano fondato il ricorso, evidenziando anch’essi il comportamento contradditorio del giudice. Infatti – come si legge nella sentenza - il giudice, dopo aver dato egli stesso atto della presenza di elementi che, esprimendo una non minima offensività della condotta, sarebbero stati ostativi all'applicabilità della circostanza attenuante 'de qua' (la non episodicità della condotta, la sua riconducibilità ad un contesto di più ampia e fiorente attività di spaccio, il non modico quantitativo di sostanza), ha contraddittoriamente qualificato il fatto come di "lieve entità" prendendo il considerazione la sola (ancorché non accertata) qualità della sostanza e lo stato di tossicodipendenza dell'imputato. Al contrario - affermano i Giudici di Piazza Cavour - il giudice avrebbe dovuto semplicemente prendere atto dell’impossibilità di ricondurre il fatto nell’ambito dell’ipotesi attenuata di cui all’art. 73 cit. Da qui l’annullamento della sentenza con rinvio al Tribunale che, in sede di nuovo giudizio, dovrà tenere conto del mutato quadro normativo. Per approfondimenti: Disciplina penale degli stupefacenti. Condotte, sanzioni, profili processuali, di Simone Marani, Altalex Editore, 2012. (Altalex, 25 novembre 2014. Nota di Alessandro Ferretti) / stupefacenti / lieve entità / droga / Alessandro Ferretti / SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III PENALE Sentenza 19 marzo 2014, n. 20190 (Presidente Amatucci – Relatore Sestini) Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 25/06/2013 il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Livorno, all'esito di giudizio abbreviato, ha dichiarato R.B. colpevole del reato di cui all'art. 73, comma 1-bis, lett. a), d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (illecita detenzione, a fine di spaccio, di gr. 385,00 di sostanza stupefacente del tipo hashish) e, riconosciuta l'attenuante del comma 5° dell'art. 73, d.P.R. 309/90 cit., lo ha condannato alla pena, già ridotta per il rito, di anni 2 di reclusione ed € 5.000,00 di multa, oltre statuizioni accessorie. 2. Ricorre per Cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Firenze lamentando difetto di motivazione e falsa applicazione dell'art. 73, comma 5, d.RR. 309/90. Rileva in particolare, il PG ricorrente, che il Giudice ha fatto erronea applicazione della legge penale allorquando ha ritenuto di ancorare il giudizio di lieve entità alla qualità della sostanza, poiché ciò non è più consentito dalla novella del 2006 che ha parificato, a fini sanzionatori, droghe pesanti e droghe leggere. Nè tale giudizio può essere desunto dalla mera tossicodipendenza dell'imputato, a fronte dei pur riconosciuti precedenti penali e della non modesta quantità di droga. Considerato in diritto 3. II ricorso è fondato. Secondo il consolidato orientamento di questa Suprema Corte, «la circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità di cui all'art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990 può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell'azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio» (Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911; Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216668). Nel caso in esame, il Giudice, dopo aver dato egli stesso atto della presenza di elementi che, esprimendo una non minima offensività della condotta, sarebbero stati ostativi all'applicabilità della circostanza attenuante 'de qua' (la non episodicità della condotta, la sua riconducibilità ad un contesto di più ampia e fiorente attività di spaccio, il non modico quantitativo di sostanza), ha contraddittoriamente qualificato il fatto come di "lieve entità" prendendo il considerazione la sola (ancorché non accertata) qualità della sostanza e lo stato di tossicodipendenza dell'imputato. E' evidente la contraddizione in cui cade il Giudice che, in applicazione dell'insegnamento di questa Corte, avrebbe dovuto puramente e semplicemente prendere atto dell'impossibilità di ricondurre il fatto nell'ambito dell'ipotesi attenuata dell'art. 73, d.P.R, 309/90. Tra l'altro, conformemente a quanto lamentato dal PG ricorrente, e come risulta dal testo stesso della sentenza, il giudice ha dato rilievo al dato qualitativo della sostanza in assenza di accertamento alcuno sulla quantità di principio attivo drogante presente nella sostanza. La qualità dello stupefacente, infatti, va rapportata alla sue caratteristiche intrinseche e al suo grado di purezza che, rapportati alla quantità, concorrano a misurarne le potenzialità droganti e, dunque, l'offensività della condotta. Ne consegue che la sentenza deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Livorno che, in sede di nuovo giudizio, terrà conto anche del mutato quadro normativo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al tribunale di Livorno. Così deciso il 19/03/2014. ( da www.altalex.it )