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Premessa Le prime lezioni del corso trattano argomenti di geometria

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Premessa Le prime lezioni del corso trattano argomenti di geometria
Premessa
Le prime lezioni del corso trattano argomenti di geometria. Lo scopo di
queste lezioni è duplice.
Il primo obiettivo è quello di fornire delle nozioni di geometria analitica dello spazio. Mi spiego meglio: la maggior parte di voi ha familiarità con la geometria analitica del piano, ad esempio conosce la descrizione
dei punti del piano mediante coordinate cartesiane; conosce la descrizione
delle rette del piano mediante equazioni cartesiane; è in grado di studiare
l’intersezione di due rette o l’appartenenza di un punto a una retta se ha
delle descrizioni cartesiane (dunque algebriche) di questi oggetti geometrici.
Quello che vogliamo fare è generalizzare queste nozioni e queste tecniche allo
spazio (tridimensionale): ad esempio, vogliamo descrivere punti, rette e piani
nello spazio con coordinate ed equazioni e utilizzare queste descrizioni per
studiare problemi sull’intersezione di oggetti geometrici di questo tipo. Per
arrivare a questo risultato, le nozioni che forniamo in queste prime lezioni
saranno via via approfondite durante tutto lo svolgimento del corso.
Il secondo obiettivo è fornire un modello concreto e visibile delle nozioni
di algebra lineare che spiegheremo durante il corso. L’algebra lineare è una
teoria astratta. Questa astrazione è motivata dal fatto che è una teoria applicabile a problemi concreti di natura diversa, ad esempio di economia, di
fisica, di geometria. E da questo punto vista l’astrazione è una ricchezza.
Dal punto di vista di chi studia l’algebra lineare per la prima volta, invece,
l’astrazione è una difficoltà e vedere l’applicazione della teoria astratta almeno a un modello concreto, dovrebbe facilitarne la comprensione.
1
Gli oggetti basilari di quella (piccola) parte della geometria che può essere
studiata mediante l’algebra lineare sono i vettori. In geometria un vettore è
un segmento orientato, cioè per i cui estremi è stabilito un ordine. Graficamente, un vettore geometrico è rappresentato da una freccia, con la punta
sul secondo estremo del vettore.
A
A
B
B
−→
il vettore AB
−→
il vettore BA
Prima di tutto fissiamo le notazioni e la terminologia di base.
- Il primo estremo di un vettore si chiama anche punto di applicazione
del vettore. Quindi un vettore applicato nel punto A è un vettore che ha A
come primo estremo.
- Non è escluso che il primo e il secondo estremo di un vettore coincidano:
in questo caso il vettore è ridotto a un punto e si dice vettore degenere o
nullo.
- La lunghezza del vettore v si indica con kvk. Ci è ben noto che kvk è
un numero reale positivo o nullo. Come al solito per un numero reale α, |α|
indica il valore assoluto di α.
Le due operazioni sui vettori geometrici che stiamo per definire, somma di
due vettori e prodotto di un vettore per uno scalare fanno parte delle nozioni
di base della teoria che dovremo sviluppare. La somma di due vettori è
definita solo nel caso in cui i due vettori sono applicati nello stesso punto.
Quindi da ora in poi supponiamo che tutti i vettori che consideriamo siano
applicati nel medesimo punto O (O come origine).
−→
- Dunque un vettore v sarà un vettore di tipo OP , dove O è fissato una
volta per tutte e P è un punto arbitrario dello spazio. È chiaro che, se v
è non degenere, allora esiste un unica retta che contiene v (nella notazione
precedente la retta per O e P ): indicheremo questa retta con rv .
- Dire che un certo vettore u ha la stessa direzione di v significa che u
giace sulla retta rv .
- Il punto O determina due semirette su rv . Se u ha la stessa direzione di
v, allora dire che u ha lo stesso verso di v significa che u e v giacciono sulla
stessa semiretta, rispetto a O; nel caso contrario di dice che
u e v hanno verso opposto. Ora possiamo definire la prima operazione.
Prodotto di un vettore per uno scalare. Qui il sostantivo scalare
significa numero reale. L’operazione funziona cosı̀: dati un vettore v e un
2
numero reale α, il vettore α v (prodotto di v per lo scalare α) è il vettore
che: giace sulla retta che contiene v; ha lunghezza uguale a |α|kvk; ha verso
uguale a quello di v se α > 0 e verso opposto se α < 0; è il vettore nullo se
α = 0.
− 23 v
v
O
5
v
3
Definiamo la seconda operazione.
Somma di due vettori. La somma di due vettori applicati nello stesso
punto O si definisce con la regola del parallelogramma. Nel caso di due vettori che non giacciono sulla stessa retta, la costruzione, illustrata nel disegno
−→ −−→
seguente, è questa: dati i due vettori OA e OB costruiamo l’unico parallelogramma che ha O, A e B come tre dei suoi vertici; chiamiamo C il quarto
vertice del parallelogramma; per definizione poniamo
−→ −−→ −→
OA + OB = OC.
B
C
O
A
→ pasIn dettaglio il punto C è ottenuto cosı̀: si traccia la parallela a r−
OA
−
→ passante per il punto A;
sante per il punto B; si traccia la parallela a r−
OB
l’intersezione di queste due rette è il punto C.
Questa costruzione non funziona se i due vettori da sommare stanno sulla
stessa retta.
Un modo equivalente di costruire la somma dei due vettori, esemplificato
nel disegno seguente, è questo:
−→
trasliamo il vettore OA fino a portare il punto O su B; chiamiamo A0
il secondo estremo del vettore ottenuto; allora A0 coincide con il punto C
costruito sopra, quindi
−→ −−→ −−→0
OA + OB = OA .
//
B
O
//
A
3
A0
Questa costruzione invece ha senso anche se i vettori da sommare stanno
sulla stessa retta. Vediamo cosa si ottiene, ancora con l’aiuto di un disegno.
In entrambi gli esempi illustrati si ha
−→ −−→ −−→0
OA + OB = OA
O
B
A
A0
B
A0
O
A
È immediato controllare che la somma di due vettori non dipende dall’ordine
degli addendi:
la somma vettoriale è commutativa, cioè, per ogni coppia di vettori u e
v, si ha che u + v = v + u.
Un vettore che si può ottenere da due vettori fissati u e v per mezzo delle
due operazioni che abbiamo definito si dice una combinazione lineare di u e
v. Precisamente,
una combinazione lineare di u e v è un vettore di tipo
α u + β v,
con α e β numeri reali.
Cerchiamo di capire cosa sono esattamente le combinazioni lineari di due
vettori fissati. La prima cosa che osserviamo è che, dati due vettori u e v che
non giacciono sulla stessa retta, esiste, ed è unico, un piano che li contiene
entrambi: lo chiameremo il piano generato da u e v e lo indicheremo con
πu,v . Chiaramente tutti i vettori ottenuti per combinazione lineare di u e v
stanno su πu,v . Ma vale anche il viceversa, cioè:
tutti i vettori che giacciono su πu,v sono combinazioni lineari di u e v.
La costruzione geometrica che dimostra questa affermazione è semplice
ed è illustrata nel disegno seguente:
−→
dato un vettore arbitrario sul piano generato da u e v, sia esso OP ,
con P complanare a u e v, consideriamo le due rette ru e rv contenenti
rispettivamente u e v; tracciamo le due rette passanti per P e parallele a
queste; le intersezioni tra le quattro rette considerate danno due nuovi punti,
−−→
Pu e Pv ; il vettore OPu è di tipo α u, con α numero reale, perché Pu sta sulla
4
−−→
retta ru e analogamente il vettore OPu è di tipo β v, con β numero reale; per
−→
−−→ −−→
−→
costruzione il vettore OP è al somma OPu + OPv , quindi OP = α u + β v,
−→
come volevamo. È chiaro che la decomposizione di OP come combinazione
lineare di u e v è unica, cioè gli scalari α e β sono unici. Infatti, in valore
−−→
assoluto α deve essere il rapporto tra la lunghezza di OPu e quella di u e,
−−→
analogamente, |β| = kOPv k/kvk.
P
Pv
v
Pu
O
u
ru
rv
Ripetiamo la nostra conclusione:
Teorema. Se u e v sono due vettori non giacenti sulla stessa retta e πu,v è
il piano da essi generato, allora le combinazioni lineari di u e v sono tutti (e
soli) i vettori giacenti su πu,v . Inoltre, ogni vettore del piano πu,v si scrive in
modo unico come combinazione lineare di u e v.
Se u e v giacciono sulla stessa retta, invece, le combinazioni lineari di u
e v danno esattamente tutti i vettori che giacciono ancora sulla medesima
retta di u e v.
Osservazione. Notiamo che nella figura precedente si ha questa situa−→ −−→ −−→
−−→
−−→
zione: OP = OPu + OPv , con OPu = α u, OPv = β v, α e β numeri
reali, α < 0 e β > 0.
La situazione generale è questa: le due rette ru e rv dividono il piano πu,v
in quattro regioni, o quadranti; ciascun quadrante è caratterizzato dal segno
dei coefficienti α e β nella scrittura dei vettori nella forma α u + β v, come
indicato nella figura seguente:
5
(−, +)
(+, +)
v
u
O
(−, −)
ru
(+, −)
rv
I vettori che giacciono, ad esempio nel quadrante contrassegnato con (+, −)
sono tutti e soli i e vettori che si possono scrivere nella forma α u + β v con
α > 0 e β < 0. I vettori che giacciono sulle rette ru e rv sono quelli per cui
almeno uno tra α e β è uguale a zero.
Cominciamo a estendere le considerazioni precedenti allo spazio tridimensionale. Consideriamo tre vettori, u, v e w (tutti applicati in O) non
complanari. Il fatto che siano non complanari può essere espresso nel modo
seguente: u e v non stanno sulla stessa retta; inoltre w non sta sul piano
generato da u e v. Quello che succede, in questo caso, è che le combinazioni
lineari dei tre vettori u, v e w, cioè i vettori di tipo
αu+βv +γw
danno tutti i vettori dello spazio (applicati in O).
Questa sarà la nostra conclusione, ma procediamo con ordine e chiediamoci prima di tutto:
- che vuol dire α u + β v + γ w? noi la somma l’abbiamo definita per due
vettori, mentre qui ne stiamo sommando tre
- la risposta è facile: sommiamo tra loro i primi due e al vettore ottenuto
sommiamo il terzo; in altre parole associamo la nostra somma cosı̀:
(α u + β v) + γ w
- e se l’associassi cosı̀:
α u + (β v + γ w)?
- qui non resta che fermarci, riprendere foglio e matita e cercare di capire
con un disegno cosa stiamo dicendo. Il problema è questo: dati tre vettori
arbitrari, u, v e w, i vettori (u + v) + w e u + (v + w) coincidono?
6
u
O
w
v
qui il vettore tratteggiato e v + w, mentre quello rosso è u + (v + w)
u
v
w
O
qui il vettore tratteggiato e u + v, mentre quello rosso è (u + v) + w.
Dunque quello che stiamo chiedendo è se i vettori rossi delle due figure
precedenti sono il medesimo vettore. Per convincersi che è veramente cosı̀
basta guardare la prossima figura:
u
v
w
O
Qui abbiamo costruito l’unico parallelepipedo che ha i vettori u, v e w
come tre dei suoi spigoli; il secondo vertice del vettore rosso è, in tutte e tre
le figure, il vertice opposto a O di questo parallelepipedo.
Abbiamo quindi che:
La somma di vettori è associativa, cioè, per ogni scelta dei vettori u, v, w,
si ha che (u + v) + w = u + (v + w).
Come conseguenza, se u1 , u2 , . . . , un sono n vettori, dove n è un qualunque
numero intero maggiore o uguale a tre, allora la somma
u1 + u2 + · · · + un
7
è ben definita ed è il vettore che si ottiene associando gli addendi in uno
qualunque dei modi possibili.
A questo punto possiamo tornare al nostro problema: fissati tre vettori
non complanari, u, v e w, vogliamo mostrare che è possibile esprimere tutti
i vettori dello spazio come combinazione lineare di quelli, cioè come somma
α u + β v + γ w.
−→
Quindi dato un generico vettore OP spieghiamo come decomporlo esplicitamente in una combinazione lineare dei tre vettori fissati. La costruzione
geometrica dei vettori α u, β v, γ w tali che
−→
OP = α u + β v + γ w,
illustrata nella figura seguente, è questa: i vettori dati individuano naturalmente tre piani: πu,v , piano generato da u e v, πu,w , generato da u e w, e
πv,w , generato da v e w; consideriamo il piano parallelo a πv,w e passante
per il punto P ; questo interseca la retta ru in un punto Pu ; allora il vettore
−−→
OPu è di tipo α u; in modo analogo, β v e γ w si costruiscono considerando
le intersezioni del piano parallelo a πu,w e passante per P con la retta rv e
l’intersezione del piano parallelo a πu,v e passante per P con la retta rw . È
−→
chiaro che la decomposizione di OP come combinazione lineare di u, v e w è
unica, cioè gli scalari α, β e γ sono unici.
Pw
P
w
Pu
Pv
u
O
v
È chiaro che nella situazione della figura precedente si ha
−→
OP = α u + β v + γ w
8
con α < 0, β > 0, γ > 0. La situazione generale è questa: i tre piani πu,v ,
πu,w e πv,w ripartiscono lo spazio in otto regioni (ottanti), che corrispondono
alle otto scelte possibili dei segni dei coefficienti α, β, e γ.
Riassumiamo le nostre conclusioni.
Teorema. Se u, v e w sono tre vettori non giacenti sullo stesso piano, allora
le combinazioni lineari di u, v e w danno tutti i vettori dello spazio. Inoltre,
ogni vettore dello spazio si scrive in modo unico come combinazione lineare
di u, v e w.
Questo teorema è il fondamento delle nozioni di sistema di riferimento e di
sistema di coordinate cartesiane che in parte vi è già familiare. Le definizioni
sono queste:
Un sistema di riferimento nello spazio è una quadrupla (O, u, v, w),
dove O è un punto fissato e u, v e w sono tre vettori applicati in O e non
complanari.
Se (O, u, v, w) è un sistema di riferimento e z è un arbitrario vettore applicato in O, le coordinate di z rispetto al sistema di riferimento considerato
sono, per definizione, gli unici scalari α, β e γ tali che z = α u + β v + γ w.
Più precisamente, il vettore delle coordinate di z rispetto a (O, u, v, w) è
la tripla ordinata (α, β, γ). (Qui vettore non significa più vettore geometrico,
ma sequenza ordinata di numeri reali)
Se (O, u, v, w) è un sistema di riferimento e P è un arbitrario punto dello
spazio, le coordinate di P rispetto al sistema di riferimento considerato
−→
sono, per definizione, le coordinate del vettore OP .
Esercizio - Esempio. Fissato il sistema di riferimento (O, u, v, w), quali
sono le coordinate dei vettori u, v e w? Quali sono le coordinate del punto
O?
Risposta. Basta applicare la definizione: si ha che u = 1 u + 0 v + 0 w,
quindi u ha coordinate (1, 0, 0); analogamente v ha coordinate (0, 1, 0) e w
−→
(0, 0, 1). Inoltre, visto che OO = 0 u + 0 v + 0 w, il punto O ha coordinate
(0, 0, 0).
Notazione. Spesso preferiamo scrivere le coordinate come colonne di numeri
 invece che nella notazione “in riga” usata sopra, ad esempio scriveremo
1
0 invece di (1, 0, 0).
0
9
Denotiamo con R3 (leggi “erre tre”) l’insieme di tutte le triple ordinate
di numeri reali.
Dunque, fissato un sistema di riferimento (O, u, v, w), abbiamo le corrispondenze biunivoche
R3
{vettori applicati in O}
{punti dello spazio}
−→
Se OP si decompone come αu+βv +γw, esplicitamente le corrispondenze
sono:
−→
(α, β, γ)
OP
P
Anche le sequenze ordinate di numeri reali sono chiamate usualmente vettori (precisamente vettori “reali” o “di numeri reali”); in questa terminologia,
gli elementi di R3 sono i “vettori reali a tre componenti”. Su R3 sono definite
un’operazione di somma e un’operazione di prodotto per scalari:
Somma. Per ogni a, b, c, a0 , b0 , c0 in R


   0
a
a
a + a0
 b  +  b0  =def  b + b0 
c + c0
c
c0
Prodotto per uno scalare. Per ogni a, b, c e λ in R poniamo
 
 
a
λa
λ  b  =def  λb 
c
λc
Dunque la freccia orizzontale nel diagramma di corrispondenze biunivoche
precedente collega due insiemi che hanno entrambi una propria algebra di
operazioni, operazioni ovviamente diverse nel significato, ma formalmente
simili. Il fatto importante, che sta alla base della geometria analitica che
studieremo, è che questa corrispondenza biunivoca rispetta le operazioni in
questo senso:
10
 
a

se z ↔ b 
c
 0
a
0

e z ↔ b0  ,
c0


a + a0
allora (z + z 0 ) ↔  b + b0 
c + c0
cioè le coordinate della somma sono la somma delle coordinate e, analogamente,
 
 
a
λa



se z ↔ b
e λ ∈ R, allora λz ↔ λb 
c
λc
È importante capire che le due asserzioni precedenti sono enunciati di
geometria; più che scriverne una dimostrazione completa cercheremo di analizzarne il significato. Cominciamo con la somma. La nostra ipotesi è che
e z = a0 u + b0 v + c0 w,
z = au + bv + cw
quindi è immediato che
z + z 0 = au + bv + cw + a0 u + b0 v + c0 w.
Invece dire che z + z 0 ha coordinate (a + a0 , b + b0 , c + c0 ) vuol dire che
z + z 0 = (a + a0 )u + (b + b0 )v + (c + c0 )w.
Vediamo come si può passare dalla prima alla seconda decomposizione di
z + z 0 . Per prima cosa possiamo commutare e associare gli addendi in questo
modo:
au + bv + cw + a0 u + b0 v + c0 w = (au + a0 u) + (bv + b0 v) + (cw + c0 w);
ora servirebbe che (au + a0 u) = (a + a0 )u e l’analoga identità per gli altri
due addendi tra parentesi tonde, cioè quello che serve è questa proprietà
distributiva: per ogni coppia di scalari α e α0 e per ogni vettore x
(α + α0 )x = αx + α0 x
Questo adesso è un enunciato geometrico abbastanza chiaro, che illustriamo
con il disegno seguente:
A0
O
X
S
11
A
Qui abbiamo disegnato il caso speciale in cui α e α0 sono due numeri interi,
precisamente
−→
−−→
OA = 5 OX;
−−→0
−−→
−→ −→ −−→
−−→
OA = −2 OX e OS = OA + OA0 = 3OX
(ma naturalmente l’enunciato vale per α e α0 reali qualunque). Il senso è
che la somma di due vettori allineati si ottiene facendo la somma algebrica
delle lunghezze, cioè: se prendiamo la lunghezza kuk come unità di misura, i
numeri α e α0 non sono altro che le lunghezze dei vettori α u e α0 u prese con
il segno + o − a seconda che il verso sia concorde o meno con quello di u; la
nostra regola disributiva dice che la lunghezza col segno del vettore α u + α0 u
è la somma α + α0 . Questo fatto segue direttamente dalla regola di addizione
dei vettori.
Quindi possiamo concludere che si ha z+z 0 = (a+a0 )u+(b+b0 )v+(c+c0 )w.
Abbiamo appena visto che vale una regola distributiva del prodotto rispetto
alla somma. In realtà, nel nostro contesto di regole distributive possiamo
scriverne due:
(α + α0 ) x = α x + α0 x
con α, α0 ∈ R, x vettore;
(1)
α (x + x0 ) = α x + α x0
con α ∈ R, x, x0 vettori
(2)
La prima l’abbiamo appena analizzata. Vale anche la seconda. Per spiegare
cosa vuol dire facciamo ancora un disegno illustrativo nel caso molto speciale
in cui α è un intero positivo, per esempio disegniamo il caso α = 2.
X0
S
O
X
−−→
−−→
−→
Qui intendiamo x = OX, x0 = OX 0 e quindi x + x0 = OS. La proprietà (2),
in questo caso speciale dice che raddoppiando la lunghezza dei lati raddoppia
anche la lunghezza della diagonale del parallelogramma: questo si vede immediatamente con un argomento di similitudine di triangoli e ovviamente
vale per ogni numero reale positivo α, cioè, scalando i lati di un fattore α,
anche la diagonale risulta scalata dello stesso fattore. È facile estendere il
risultato anche al caso α ≤ 0.
12
Un’altra proprietà che vale per il prodotto scalari-vettori è questa associatività: per ogni α e α0 R e ogni vettore x,
(αα0 ) x = α (α0 x).
Provate a pensare al significato geometrico di questa regola, aiutandovi con
qualche esempio.
Riprendiamo “il filo del discorso”. Eravamo partiti dalla compatibilità
con le operazioni della nostra corrispondenza tra vettori geometrici e vettori di R3 e per il momento abbiamo chiarito il caso della somma. Adesso
possiamo chiarire anche il caso del prodotto per scalari. Ricordiamoci che
vogliamo la cosa seguente:
 
 
a
λa



se z ↔ b
e λ ∈ R, allora λz ↔ λb 
c
λc
il che vuol dire:
se z = a u + b v + c w,
allora λz = (λa)u + (λb)v + (λc)w.
Ora, il lavoro “geometrico” che occorre l’abbiamo già fatto e basta sfruttare
le regole algebriche che abbiamo stabilito. Infatti
λz = λ(a u + b v + c w) =
[per la seconda proprietà distributiva che abbiamo scritto]
= λ(a u) + λ(b v) + λ(c w) =
[per la proprietà associativa che abbiamo scritto]
= (λa)u + (λb)v + (λc)w
che è quello che vogliamo.
Le operazioni sui vettori di R3 hanno tutte le proprietà analoghe a quelle
che abbiamo studiato per i vettori geometrici: • commutatività e associatività della somma; • proprietà distributive del prodotto rispetto alla somma;
• proprietà associativa dei prodotti scalare × scalare × vettore. Nel caso dei
vettori reali queste proprietà sono quasi evidenti: seguono direttamente dalle
ben note proprietà delle operazioni sui numeri reali, dato che le operazioni
sui vettori sono definite componente per componente.
13
Equazioni di rette e piani nello spazio
Il lavoro fatto finora ci permette di affrontare i problemi di geometria
analitica del tipo descritto nella prima pagina di questa dispensa, precisamente: fornire una descrizione algebrica di punti, rette e piani nello spazio
che sia utile per fare dei calcoli su questi oggetti, generalizzando le tecniche
che già conosciamo per il caso di punti e rette nel piano.
Supponiamo fissato un sistema di riferimento nello spazio (O, i, j, k). Allora ogni vettore applicato in O è rappresentato da un vettore di R3 . La
perfetta corrispondenza tra vettori geometrici con le loro operazioni e vettori
reali con le loro operazioni ci permette di identificare l’insieme dei vettori
applicati in O con R3 , dal punto di vista dei calcoli. Per quanto riguarda
la notazione, se vè ilvettore geometrico di coordinate (a, b, c), scriveremo
a

direttamente v = b .
c
Naturalmente una tale identificazione non ha senso per i punti dello
spazio, visto che sui punti non abbiamo definito alcuna operazione, quindi
per un punto P non useremo mai una scrittura del tipo “P = un certo
vettore di numeri reali, diciamo (a, b, c)”; scriveremo sempre per esteso “P
punto
 di
 coordinate (a, b, c)”; o al massimo abbrevieremo
  questa scrittura in
a
a
−→  


P : b . La notazione ammessa è, invece, OP = b . Prima di procedere
c
c
aggiungiamo qualche altra notazione.
Notazioni. Se v è un vettore (geometrico o algebrico) “−v” vuol dire
per definizione “−1 v”. Geometricamente −v si ottiene riflettendo v rispetto
all’origine lungo la sua direzione; algebricamente −v si ottiene cambiando il
segno delle sue coordinate. Inoltre, se w è un altro vettore, “w − v” vuol dire,
−→
per definizione, “w + (−v)”. Il vettore nullo, cioè OO, di solito viene indicato
con 0; algebricamente è il vettore con tutte e tre le componenti uguali a 0.
Chiaramente per ogni vettore v si ha che v − v = 0 e che 0 v = 0..
Il nostro prossimo obiettivo e spiegare come si descrivono le rette e i piani
dello spazio per mezzo di equazioni algebriche. La maggior parte di voi sa che
una retta nel piano è descritta da un’equazione di tipo ax + by = c. Questo
vuol dire che un generico punto X dello piano, di coordinate (x, y), sta su
quella retta se e solo se x e y soddisfano quella equazione. Un’equazione
di questo tipo si chiama un’equazione cartesiana della retta. Anticipiamo
le conclusioni alle quali arriveremo per evitare che nascano idee sbagliate:
14
se generalizziamo al caso tridimensionale l’equazione cartesiana precedente
otteniamo un’equazione di tipo:
ax + by + cz = d.
Un’equazione cartesiana di questo tipo non descrive una retta, bensı̀ un piano, nello spazio. La generalizzazione corretta della situazione bidimensionale
è questa: una singola equazione lineare descrive un oggetto che ha una dimensione in meno dell’ambiente in cui lavoriamo. Una retta dello spazio si
può ottenere intersecando due piani, e quindi algebricamente una retta potrà
essere descritta da un sistema di due equazioni lineari. Prima di arrivare a
descrivere rette e piani mediante equazioni cartesiane, studiamo un altro tipo
di descrizione e cioè la descrizione per mezzo di equazioni parametriche.
Primo problema. Dato un vettore non nullo v, descrivere la retta rv
che contiene v.
Poiché v è applicato in O, rv passa per O. Chiaramente un punto X
−−→
appartiene a rv se e solo se il vettore OX giace su rv .
rv
v
O
X
Abbiamo imparato che i vettori che giacciono su rv sono esattamente tutti
quelli della forma α v per ogni α in R, quindi: X ∈ rv se e solo se esiste un
numero reale α tale che
−−→
OX = α v
Complichiamo di poco la situazione.
Secondo problema. Dati un vettore non nullo v e un punto P , descrivere la retta r parallela a rv e passante per P .
r
P
X
v
O
−−→
È facile vedere che un punto X giace sulla retta r se e solo se il vettore OX si
−→
ottiene come somma vettoriale di OP più un vettore che giace su rv , quindi
se e solo se:
−−→ −→
OX = OP + αv,
per un certo α ∈ R.
15
−−→
−−→ −→
Le equazioni OX = α v e OX = OP + αv si chiamano equazioni
parametriche delle rette rv e r; l’indeterminata reale α si chiama parametro
(reale). Queste sono equazioni vettoriali; se le scriviamo coordinata per coordinata le traduciamo in sistemi di tre equazioni scalari, come vedremo in
concreto nel prossimo esempio.
 
 
1
−1



Esempio. Sia v = 0 e sia P il punto di coordinate −2.
−3
 2
x
−−→  
Se poniamo OX = y e usiamo la lettera “t”, invece di α, l’equazione
z
parametrica vettoriale della retta passante per P e parallela a v è questa:
   
 
x
−1
1
y  = −2 + t 0
z
−3
2
Se scriviamo l’equazione precedente componente per componente, otteniamo
un sistema di tre equazioni:

x = −1 + t
y = −2

z = −3 + 2t
Questo è un sistema di equazioni parametriche della retta considerata.
Ora possiamo facilmente risolvere anche questo problema: determinare
un sistema di equazioni parametriche della retta passante per due punti dati.
Facciamo direttamente un esempio.
   
1
2
Esercizio – Esempio. Siano P e Q i punti di coordinate 1 e 3,
2
1
rispettivamente. Scrivere le equazioni parametriche della retta passante per
P e Q.
Nella notazione della figura seguente, la retta da studiare deve passare
−−→
per P e essere parallela al vettore OQ0
Q
P
Q0
O
16
dove OQ0 è determinato dalla condizione:
−−→0 −→ −→
OQ + OP = OQ,
     
2
1
1
−−→0 −→ −→





2 .
e quindi OQ = OQ − OP = 3 − 1 =
1
2
−1
Dunque l’equazione parametrica vettoriale è:
−−→ −→
−→ −→
OX = OP + t(OQ − OP ),
cioè
   
 
x
1
1
y  = 1 + t  2 ,
z
2
−1
che dà il sistema di equazioni parametriche

x = 1 + t
y = 1 + 2t

z =2−t
Dalle equazioni parametriche è molto facile stabilire se un certo punto
appartiene o no alla retta. Ad esempio risolviamo questo problema:
 
0
Esercizio – Esempio. Stabilire se i due punti di coordinate −1 e
3
 
2
3 appartengono alla retta dell’esempio precedente.
2
Il problema è molto semplice da risolvere: basta sostituire le coordinate
dei punti dati a x, y, z e vedere se esiste un t che soddisfa il sistema di
equazioni ottenuto. Per il primo punto si ottiene

0 = 1 + t
−1 = 1 + 2t

3=2−t
ed è chiaro che t = −1 soddisfa simultaneamente le tre equazioni, per cui il
punto sta sulla retta. Invece per il secondo punto si ottiene

2 = 1 + t
3 = 1 + 2t

2=2−t
17
ed è chiaro che il sistema non è risolubile, perché la prima equazione ha come
(unica) soluzione t = 1, che ovviamente non soddisfa la terza equazione,
quindi il punto considerato non appartiene alla retta.
Un altro problema facile da risolvere è determinare l’intersezione di due
rette descritte mediante equzioni parametriche. Prima di affrontare algebricamente il problema ragioniamo sulla geometria. Nel piano due rette sono
o parallele o incidenti; nello spazio sappiamo che oltre a queste possibilità
ce n’è un’altra, cioè: le rette possono essere sghembe. Se non avete un’idea
intuitiva di come sono disposte due rette sghembe, pensate prima di tutto
a due rette incidenti poste, ad esempio, su un piano orizzontale; quindi immaginate di sollevare dal piano una delle due rette: in questo modo avrete
due rette sghembe. È chiaro che la direzione di una retta descritta mediante equazioni parametriche è data dal vettore dei coefficienti del parametro,
 
1

2.
ad esempio, la retta dell’esempio precedente è parallela al vettore
−1
Quindi dalle equazioni parametriche si vede subito se due rette sono parallele. Consideriamo, ad esempio, le due rette di equazioni parametriche


x = 2 + t
x = 3 − 3t
y = 3 + 2t e
y = 5 − 6t


z = −t
z = −1 + 3t
Queste sono entrambe parallele
  a quella dell’esempio precedente, perché la
1

2, che è il vettore scritto sopra, l’altra ha la
prima ha la direzione di
−1
 
−3

direzione di −6, che è parallelo al vettore precedente visto che si ottiene
3
da esso moltiplicandolo per −3.
Quello che non si vede con chiarezza è se due rette parallele sono la stessa
retta oppure no, ma questo lo vedremo tra poco. Vediamo prima come si
affronta in generale il problema dell’intersezione, direttamente su un esempio.
Esercizio – Esempio. Calcolare le intersezioni r ∩ r0 e r ∩ r00 dove r, r0
e r00 sono le rette di equazioni parametriche



x = 2 + t
x = 2 − t
x = 2 − t
y =3+t ,
y =1+t
y =1+t
, rispettivamente.
e



z = −t
z = 2 + 2t
z = −1 + 2t
18
Per studiare
r0 ragioniamo cosı̀: se P è un punto di r, allora P ha
 r ∩
2+t

coordinate 3 + t, per un certo t reale; se P appartiene anche a r0 , le sue
−t


2−s
coordinate si potranno scrivere anche nella forma  1 + s , per un certo s
2 + 2s
reale; quindi devono esistere un s e un t reali tali che


 

2+t
2−s
t + s = 0
3 + t =  1 + s  , cioè
t − s = −2

−t
2 + 2s
−t − 2s = 2
Vediamo che le prime due equazioni determinano s e t, precisamente da esse
si ottiene t = −1 e s = 1; questi valori non soddisfano la terza equazione
(sostituendo otteniamo −1 = 2), quindi il sistema non è risolubile. Questo
vuol dire che r ∩ r0 = ∅. Se osserviamo in più che le due rette non sono
parallele, possiamo concludere che r e r0 sono sghembe.
Quando consideriamo r ∩ r00 otteniamo invece


 

2+t
2−s
t + s = 0
3 + t =  1 + s  , cioè
t − s = −2
,

−t
−1 + 2s
−t − 2s = −1
sistema che differisce dal precedente solo nella terza equazione. In questo
caso il sistema è risolubile, perché i valori t = −1 e s = 1 ricavati dalle
prime due equazioni soddisfano anche la terza equazione, e t = −1, s = 1
ne è l’unica soluzione. Questo vuol dire che r e r00 si intersecano in unico
punto, precisamente il punto che si ottiene dalle equazioni di r per t = −1,
o equivalentemente dalle equazioni di r00 per s = 1. Dunque r ∩ r00 = {P },
dove P è il punto di coordinate:

 
  
2 + (−1)
2−1
1
3 + (−1) =  1 + 1  = 2
−(−1)
−1 + 2
1
Due rette non parallele o sono sghembe e dunque hanno intersezione
vuota, o si intersecano in un unico punto. Due rette parallele invece, o
sono disgiunte, cioè hanno intersezione vuota, o coincidono, e in questo caso
l’intersezione è la retta stessa, dunque consiste di infiniti punti.
Come abbiamo premesso, in generale non è evidente dalle equazioni parametriche se due rette parallele sono o non sono la stessa retta. Lo vediamo
nel prossimo esempio.
19
Esercizio – Esempio. Calcolare le intersezioni r ∩ r0 e r ∩ r00 dove r, r0
e r sono le rette di equazioni parametriche



x = 2 + t
x = 3 − 3t
x = 2 + t
y = 3 + 2t ,
y = 5 − 6t
y = 3 + 2t , rispettivamente.
e



z = −t
z = −1 + 3t
z =1−t
00
Consideriamo prima r ∩ r0 .

 

2+t
3 − 3s
Da 3 + 2t =  5 − 6s 
−t
−1 + 3s

t + 3s = 1
2t + 6s = 2

−t − 3s = −1
otteniamo il sistema
Le tre equazioni di questo sistema sono tra loro equivalenti, visto che sono
ognuna multipla delle altre. Quindi abbiamo in effetti un sistema di una
sola equazione in s e t, dunque un sistema risolubile e con infinite soluzioni.
Questo vuol dire che r = r0 .
Per r ∩ r00 ,


 

2+t
2+s
t − s = 0




3 + 2t = 3 + 2s
2t − 2s = 0
da
otteniamo il sistema

−t
1−s
−t + s = 1
Questo è un sistema chiaramente non risolubile, perché la terza equazione è
incompatibile con le precedenti, quindi r ∩ r00 = ∅.
Vediamo ora come si ottengono le equazioni parametriche per un piano.
Sappiamo che se P , Q e R sono tre punti non allineati, allora esiste un piano
che contiene P , Q e R e questo piano è unico. Quello che vedremo è come
scrivere delle equazioni parametriche del piano passante per tre punti non
allineati di cui conosciamo le coordinate.
Prima di fare questo impariamo come controllare che tre punti siano non
allineati. Aiutiamoci con un disegno:
Q
P
Q
R
P
R
Q0
O
Q0
R0
O
20
R0
In entrambe le figure abbiamo che
−−→0 −→ −→
OQ = OQ − OP ,
−−→0 −→ −→
OR = OR − OP
−−→
−−→
e quindi OQ0 è parallelo al segmento P Q e OR0 è parallelo al segmento P R.
−−→ −−→
Segue che P , Q, e R sono allineati se e solo se i vettori OQ0 e OR0 stanno
sulla stessa retta.
Quindi possiamo concludere che: P , Q, e R sono allineati se e solo se esiste
−−→
−−→
un numero reale t tale che OQ0 = t OR0 , cioè
−→ −→
−→ −→
OQ − OP = t(OR − OP ).
Esercizio – Esempio. Siano P , Q, R, S i punti di coordinate:
 
 
 
 
1
2
−1
2







0 , R:
3 , S : 0 .
P : 1 , Q:
0
−1
2
2
(1) Stabilire se P , Q e R sono allineati; (2) Stabilire se P , Q e S sono
allineati.
(1) Abbiamo
     
2
1
1
−→ −→      
0 − 1 = −1
OQ−OP =
−1
0
−1
quindi

    
−1
1
−2
−→ −→
e OR−OP =  3−1 =  2 ,
2
0
2
−→ −→
−→ −→
OR − OP = −2 (OQ − OP )
e perciò P , Q e R sono allineati.
(2) In questo caso dobbiamo confrontare
     
     
2
1
1
2
1
1
−→ −→      
−→ −→
0 − 1 = −1
OQ−OP =
e OS−OP = 0−1 = −1 .
−1
0
−1
2
0
2
I due vettori scritti sopra non sono proporzionali, perché il rapporto tra
le coordinate di uguale posizione non è costante (il rapporto tra la terza
−→ −→
−→ −→
coordinata di OS − OP e la terza coordinata di OQ − OP è −2, mentre
l’analogo rapporto relativo alle prime e seconde coordinate è 1). Segue che
P , Q, e S non sono allineati.
21
Ora supponiamo di avere tre punti P , Q e R non allineati e cerchiamo di
di descrivere il piano passante per essi.
Q
P
R
Q0
O
π
πO
R0
Chiamiamo π il piano che vogliamo descrivere. Cominciamo prima con il
descrivere il piano parallelo a quello che ci interessa e passante per l’origine:
chiamiamolo πO . Nella notazione della figura precedente, πO è, per costruzione,
−−→ −−→
il piano per O, Q0 e R0 , quindi è il piano generato dai vettori OQ0 e OR0 , cioè
l’insieme delle combinazioni lineari
−−→
−−→
−→ −→
−→ −→
s OQ0 + t OR0 = s (OQ − OP ) + t (OR − OP ).
−−→
A questo punto ci basta capire che, se il punto X giace su π, allora OX si
−→
decompone come OP più un vettore che giace su πO , cioè
−−→ −→
−→ −→
−→ −→
OX = OP + s (OQ − OP ) + t (OR − OP ),
(∗)
e, viceversa, tutti gli X con questa proprietà stanno su π. Quindi l’equazione
(∗) scritta sopra è un’equazione parametrica di π, scritta in forma vettoriale.
Questa dà un sistema di tre equazioni parametriche sulle coordinate (x, y, z)
di X.
Esercizio – Esempio. Scrivere un sistema di equazioni parametriche
del piano passante per i punti P , Q, S dell’esempio precedente.
Abbiamo
 
 
 
1
2
2





0 , S : 0 ,
P : 1 , Q:
0
−1
2
quindi

    
2
1
1
−→ −→      
0 − 1 = −1
OQ−OP =
−1
0
−1
     
2
1
1
−→ −→      
e OS−OP = 0 − 1 = −1 .
2
0
2
22
L’equazione (∗) si traduce in:
   
 
 
x
1
1
1
 y  = 1 + s −1 + t −1 ,
z
0
−1
2
che dà il sistema di equazioni parametriche

x = 1 + s + t
y =1−s−t

z = −s + 2t
Stabilire l’appartenenza di un punto dato a un piano descritto per mezzo
di equazioni parametriche, come nel caso analogo di una retta, consiste nello
studiare la risolubiltà di un sistema lineare. Lo vediamo nel prossimo esempio.
Esercizio – Esempio. Stabilire se i due punti di coordinate
 
 
1
1
0 e 1
1
1
appartengono al piano di equazioni parametriche

x = 1 + s + t
y =1−s−t

z = −s + 2t
Cominciamo col primo punto: questo sta sul piano se e solo se possiamo
trovare un s e un t reali tali che


1 = 1 + s + t
s + t = 0
0 = 1 − s − t cioè
−s − t = −1


1 = −s + 2t
−s + 2t = 1
Quello che abbiamo ottenuto è un sistema non risolubile, perché le prime
due equazioni sono chiaramente incompatibili, quindi il punto considerato
non appartiene al piano.
Per il secondo punto il sistema in s e t da studiare è


s + t = 0
1 = 1 + s + t
−s − t = 0
1 = 1 − s − t cioè


1 = −s + 2t
−s + 2t = 1
23
Qui la prima e la seconda equazione sono equivalenti; il sistema è risolubile
(ha soluzione, unica, t = 31 , s = − 13 ) e quindi il punto considerato sta sul
piano.
Ora possiamo affrontare il problema della descrizione di rette e piani nello
spazio mediante equazioni cartesiane. Quello che vorremmo è un’equazione
algebrica, o un sistema di equazioni algebriche, nelle incognite (x, y, z), il
cui insieme delle soluzioni corrisponda esattamente ai punti del piano o della
retta che vogliamo descrivere. Precisamente questa equazione o sistema di
equazioni dovrebbe avere la proprietà che: (x0 , y0 , z0 ) è una sua soluzione se
e solo se il punto di coordinate (x0 , y0 , z0 ) appartiene al piano o alla retta che
vogliamo descrivere.
Pensiamo prima al caso di una retta: una retta è nota quando sono noti
almeno due suoi punti distinti; noti due punti distinti, siamo in grado di
scrivere un sistema di equazioni parametriche della retta passante per essi.
Come abbiamo visto nell’esempio a pagina 17, dato il punto P di coordinate
(x0 , y0 , z0 ), stabilire l’appartenenza di P alla retta equivale a studiare la risolubilità del sistema in t che si ottiene dalle equazioni parametriche sostituendo
a x, y, z i numeri reali x0 , y0 , z0 . La situazione generale è questa: una delle
tre equazioni parametriche in t determina il valore di t; ma questo valore, in
generale, non soddisfa anche le altre due equazioni, le soddisfa se e solo se
il punto considerato sta sulla retta. Ripetiamo il calcolo fatto a pagina 17
lasciando indeterminate le coordinate (x0 , y0 , z0 ):


x 0 = 1 + t
t = x 0 − 1
y0 = 1 + 2t otteniamo
2t = y0 − 1
da
(sistema nell’incognita t);


z0 = 2 − t
−t = z0 − 2
dalla prima equazione si trova il valore t = x0 − 1 che, sostituito nelle altre
due equazioni, dà:
2(x0 − 1) = y0 − 1
2x0 − y0 = 1
equivalente a
−(x0 − 1) = z0 − 2
x0 + z0 = 3
La conclusione è che P appartiene alla retta se e solo se le sue coordinate
soddisfano l’ultimo sistema trovato. Liberiamoci dell’indice “0” che abbiamo
usato solo per chiarire il procedimento: possiamo conlcudere che il punto di
coordinate x, y, z sta sulla retta se e solo se
2x − y = 1
x+z =3
e quindi il sistema scritto è un sistema di equazioni cartesiane della retta
considerata.
24
Dalle equazioni cartesiane il controllo dell’appartenenza di un punto alla
retta è immediato. Per i punti dell’esempio di pagina 17, di coordinate
(0, −1, 3) e (2, 3, 2), rispettivamente, sostituendo le coordinate nelle equazioni
cartesiane otteniamo
2 · 0 − (−1) = 1
2·2−3=1
e
2+1=3
2+2=3
il che conferma che il primo punto sta sulla retta, perché le sue coordinate
soddisfano le equazioni cartesiane, e il secondo no, perché le sue coordinate
non soddisfano la seconda equazione cartesiana. La retta che abbiamo appena considerato l’avevamo definita (pag. 16) come la retta passante per i
punti di coordinate (1, 1, 2) e (2, 3, 1): per esercizio, verificate che, come deve
essere, le coordinate di questi punti soddisfano le equazioni cartesiane.
Pensiamo ora al caso di un piano. Vediamo come ottenere, in questo caso,
l’equazione cartesiana a partire da quelle parametriche. Torniamo all’esempio
di pagina 23, quindi al piano di equazioni parametriche

x = 1 + s + t
y =1−s−t

z = −s + 2t
Qui, come abbiamo visto negli esempi trattati, quando sostituiamo a x, y, z
le coordinate reali di un punto dello spazio, otteniamo il sistema in s e t

s + t = x − 1
−s − t = y − 1

−s + 2t = z
Ora, la terza equazione e insieme una sola delle prime due permettono di
determinare i valori di s e t. Ma questi valori, in generale, non soddisfano
anche l’equazione rimanente. Ad esempio è chiaro che il sistema formato
dalla seconda e terza equazione è risolubile; ma le soluzioni che troveremo
soddisferanno la prima equazione se e solo se x − 1 = −(y − 1), cioè
x+y =2
Quella scritta sopra è quindi un’equazione cartesiana del piano.
Notiamo che conoscere l’equazione cartesiana rende molto più semplice
stabilire se un punto appartiene o no al piano, ad esempio se consideriamo
nuovamente il problema di pagina 23, vediamo subito che il punto di coordinate (1, 0, 1) non sta sul piano perché sostituendo queste coordinate
25
nell’equazione cartesiana troviamo 1 + 0 = 2, mentre quello di coordinate
(1, 1, 1) sta sul piano perché in questo caso otteniamo 1 + 1 = 2.
Quello che abbiamo fatto è, nella la terminologia classica, ottenere le
equazioni cartesiane da quelle parametriche eliminando i parametri. Il metodo
che abbiamo usato si riassume cosı̀:
(a) nel caso della retta scegliamo una delle equazioni parametriche per determinare il valore dell’unico parametro presente (in funzione di x, y, z,); imponiamo la condizione che le altre due equazioni siano soddisfatte dal valore
trovato: questa condizione fornisce un sistema di due equazioni cartesiane
della retta.
(b) nel caso del piano scegliamo due delle equazioni parametriche per determinare il valore dei due parametri presenti (in funzione di x, y, z,); imponiamo la condizione che l’equazione rimanente sia soddisfatta dai valori trovati:
questa condizione fornisce un’equazione cartesiana del piano.
Il procedimento descritto sopra è generale, nel senso che è sempre possibile
scegliere due delle tre equazioni parametriche di un piano che permettano di
determinare s e t in funzione di x, y, z. Questo segue dalla geometria del
problema e sarà chiaro più avanti, quando avremo studiato la teoria dei
sistemi lineari. Per il momento
ricordiamo che un sistema lineare di due
as + bt = c
equazioni in due incognite
determina s e t (cioè ha soluzione
a0 s + b 0 t = c 0
unica) se e solo se la differenza dei prodotti incrociati ab0 − ba0 è diversa da
0. Questa condizione equivale a questa: as + bt e a0 s + b0 t non differiscono
per un fattore costante. Nell’esempio precedente, le prime due equazioni
parametriche non determinano s e t perché s + t e −s − t differiscono per il
fattore −1. Invece, la terza equazione più una delle prime due determinano
s e t in modo unico.
Facciamo qualche altro esempio.
Esercizio - Esempio. Determinare un sistema di equazioni cartesiane
per le rette r e r0 e per il piano π descritti dai seguenti sistemi di equazioni
parametriche:



x = 2
x = 2s − 1
x = s + t − 1
0
y = 2s + 3 ;
y=2
y = −1
r:
r :
;
π:



z=2
z = −s + 1
z = 2s − t + 1
26
Per r: la seconda equazione determina t; ovviamente, qualunque sia
questo valore le altre due equazioni sono soddisfatte se e solo se
x=2
,
z=2
quindi non occorre alcun calcolo, questo è un sistema di equazioni cartesiane
di r.
Per r0 : la terza equazione dà s = 1 − z; sostituendo nelle altre si trova:
x = 2(1 − z) − 1 = −2z + 1 e ancora y = 2, quindi
x + 2z = 1
y=2
è un sistema di equazioni cartesiane di r0 .
Per π: la prima e la terza equazione determinano s e t, e quali che siamo
questi valori la seconda equazione è soddisfatta se e solo se y = −1, quindi
y = −1
è l’equazione cartesiana di π.
Nel caso di un piano l’equazione cartesiana è unica a meno di fattori
costanti, questo è il motivo per cui diciamo l’equazione, con l’articolo determinativo.
Nel caso di una retta, invece i sistemi di equazioni cartesiane che descrivono la medesima retta sono essenzialmente infiniti. Per capire perché
ragioniamo sul fatto che ciascuna delle due equazioni cartesiane di una retta
descrive un piano, quindi il sistema delle due equazioni esprime la retta come
intersezione di questi due piani. Ma le coppie di piani che si intersecano in
una certa retta sono infinite.
Abbiamo visto come passare dalle equazioni parametriche a quelle cartesiane. Spieghiamo come fare il passaggio inverso. Dalle equazioni cartesiane
si possono ottenere delle equazioni parametriche semplicemente risolvendo le
equazioni cartesiane. Facciamo degli esempi.
Esercizio – Esempio. Calcolare un sistema di equazioni parametriche:
(a) del piano di equazione cartesiana x+y−3z = 2; (b) del piano di equazione
cartesiana x + z = 2; (c) del piano di equazione cartesiana y = 0.
(a) Dobbiamo risolvere un sistema di una equazione in tre incognite.
Ovviamente le soluzioni esistono e sono infinite (formano il piano considerato). Dal punto di vista algebrico, possiamo, per esempio, attribuire valori a
27
piacere a y e z e determinare x in funzione di essi, cioè: per ogni s e t in R,
abbiamo la soluzione y = s, z = t, e x = −s + 3t + 2. Questa scrittura delle
soluzioni ci dà le equazioni parametriche del piano

x = −s + 3t + 2
y=s

z=t
Nei casi (b) e (c) si ragiona allo stesso modo, basta solo fare attenzione al
fatto che abbiamo delle equazioni in x, y e z, anche se le tre incognite non
compaiono tutte esplicitamente. Nel caso (b) y può variare liberamente in R
e possiamo scegliere una tra x e z come secondo parametro, ad esempio un
sistema di equazioni parametriche corretto è

x = s
y=t

z = −s + 2
Nel caso (c) x e z sono libere e un un sistema di equazioni parametriche
corretto è

x = s
y=0

z=t
Esercizio – Esempio. Calcolare unsistema di equazioni parametriche:
x+y−z =1
(a) per la retta di equazioni cartesiane
; (b) per la retta di
x
−
y
=
0
x+y =1
equazioni cartesiane
.
x−y =1
(a) Il sistema delle equazioni cartesiane ha infinite soluzioni (tutti i punti
della retta considerata). Dal punto di vista algebrico, possiamo, ad esempio,
attribuire valori a piacere a y e determinare di conseguenza x e z. Otteniamo
il sistema di equazioni parametriche

x = s
y=s

z = 2s − 1
(b) Qui lasciamo z libera, mentre x e y sono determinate. Otteniamo il
sistema di equazioni parametriche

x = 1
y=0

z=s
28
Concludiamo con qualche considerazione sul calcolo dell’intersezione di
due piani. Prima di tutto osserviamo che calcolare l’intersezione di due piani per mezzo delle equazioni parametriche, con un procedimento analogo a
quello usato per l’intersezione di due rette, costa risolvere tre equazioni in
quattro incognite. Invece, se usiamo le equazioni cartesiane, ci riduciamo a
un sistema di due equazioni in tre incognite: è più economico.
Ora ragioniamo sulla geometria. Il primo fatto che osserviamo è che due
piani non paralleli hanno sempre come intersezione una retta. Invece due
piani paralleli o sono disgiunti, o sono coincidenti, cioè la loro intersezione
o è vuota o è un piano. Il secondo vantaggio di lavorare con le equazioni
cartesiane è che dalle equazioni cartesiane è evidente se due piani sono paralleli o no, mentre in generale non è evidente dalle equazioni parametriche.
La seguente affermazione ci sarà chiara più avanti: I due piani di equazioni
cartesiane ax + by + cz = d e a0 x + b0 y + c0 z = d0 sono paralleli se e solo se
esiste uno scalare non nullo λ ∈ R tale che a0 x + b0 y + c0 z = λ(ax + by + cz).
Se questo accade, allora i due piani coincidono se anche d0 = λd, altrimenti
sono disgiunti.
x y z
− + = 1 e 2x −
Ad esempio, delle tre equazioni x − y + z = 2,
2 2 2
2y + 2z = 1, le prime due descrivono lo stesso piano, mentre la terza descrive
un piano parallelo al precedente, ma disgiunto da esso.
Esercizio – Esempio. Calcolare l’intersezione dei due piani di equazioni
cartesiane
x − y + z = 2 e 2x + y − z = 1
I due piani dati non sono paralleli, quindi la loro intersezione è una retta,
precisamente è la retta descritta dal sistema di equazioni cartesiane
x−y+z =2
2x + y − z = 1
Se vogliamo descrivere in modo più concreto questa retta, possiamo risolvere le equazioni cartesiane e ottenere una descrizione parametrica. Notiamo
che la somma delle due equazioni dà 3x = 3, quindi x è determinata; possiamo
far variare liberamente o y o z per avere le soluzioni in forma parametrica,
per esempio, se poniamo y = t, otteniamo

x = 1
y=t

z =1+t
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Se analizziamo la descrizione parametrica in questo modo:
  
 
  
 
x
1
1+0·t
1
0
y  =  t  = 0 + 1 · t = 0 + t 1 ,
z
1+t
1+1·t
1
1
vediamo che la retta ottenuta è parallela al vettore (0, 1, 1) e passa per il
punto di cordinate (1, 0, 1).
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