Premessa Le prime lezioni del corso trattano argomenti di geometria
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Premessa Le prime lezioni del corso trattano argomenti di geometria
Premessa Le prime lezioni del corso trattano argomenti di geometria. Lo scopo di queste lezioni è duplice. Il primo obiettivo è quello di fornire delle nozioni di geometria analitica dello spazio. Mi spiego meglio: la maggior parte di voi ha familiarità con la geometria analitica del piano, ad esempio conosce la descrizione dei punti del piano mediante coordinate cartesiane; conosce la descrizione delle rette del piano mediante equazioni cartesiane; è in grado di studiare l’intersezione di due rette o l’appartenenza di un punto a una retta se ha delle descrizioni cartesiane (dunque algebriche) di questi oggetti geometrici. Quello che vogliamo fare è generalizzare queste nozioni e queste tecniche allo spazio (tridimensionale): ad esempio, vogliamo descrivere punti, rette e piani nello spazio con coordinate ed equazioni e utilizzare queste descrizioni per studiare problemi sull’intersezione di oggetti geometrici di questo tipo. Per arrivare a questo risultato, le nozioni che forniamo in queste prime lezioni saranno via via approfondite durante tutto lo svolgimento del corso. Il secondo obiettivo è fornire un modello concreto e visibile delle nozioni di algebra lineare che spiegheremo durante il corso. L’algebra lineare è una teoria astratta. Questa astrazione è motivata dal fatto che è una teoria applicabile a problemi concreti di natura diversa, ad esempio di economia, di fisica, di geometria. E da questo punto vista l’astrazione è una ricchezza. Dal punto di vista di chi studia l’algebra lineare per la prima volta, invece, l’astrazione è una difficoltà e vedere l’applicazione della teoria astratta almeno a un modello concreto, dovrebbe facilitarne la comprensione. 1 Gli oggetti basilari di quella (piccola) parte della geometria che può essere studiata mediante l’algebra lineare sono i vettori. In geometria un vettore è un segmento orientato, cioè per i cui estremi è stabilito un ordine. Graficamente, un vettore geometrico è rappresentato da una freccia, con la punta sul secondo estremo del vettore. A A B B −→ il vettore AB −→ il vettore BA Prima di tutto fissiamo le notazioni e la terminologia di base. - Il primo estremo di un vettore si chiama anche punto di applicazione del vettore. Quindi un vettore applicato nel punto A è un vettore che ha A come primo estremo. - Non è escluso che il primo e il secondo estremo di un vettore coincidano: in questo caso il vettore è ridotto a un punto e si dice vettore degenere o nullo. - La lunghezza del vettore v si indica con kvk. Ci è ben noto che kvk è un numero reale positivo o nullo. Come al solito per un numero reale α, |α| indica il valore assoluto di α. Le due operazioni sui vettori geometrici che stiamo per definire, somma di due vettori e prodotto di un vettore per uno scalare fanno parte delle nozioni di base della teoria che dovremo sviluppare. La somma di due vettori è definita solo nel caso in cui i due vettori sono applicati nello stesso punto. Quindi da ora in poi supponiamo che tutti i vettori che consideriamo siano applicati nel medesimo punto O (O come origine). −→ - Dunque un vettore v sarà un vettore di tipo OP , dove O è fissato una volta per tutte e P è un punto arbitrario dello spazio. È chiaro che, se v è non degenere, allora esiste un unica retta che contiene v (nella notazione precedente la retta per O e P ): indicheremo questa retta con rv . - Dire che un certo vettore u ha la stessa direzione di v significa che u giace sulla retta rv . - Il punto O determina due semirette su rv . Se u ha la stessa direzione di v, allora dire che u ha lo stesso verso di v significa che u e v giacciono sulla stessa semiretta, rispetto a O; nel caso contrario di dice che u e v hanno verso opposto. Ora possiamo definire la prima operazione. Prodotto di un vettore per uno scalare. Qui il sostantivo scalare significa numero reale. L’operazione funziona cosı̀: dati un vettore v e un 2 numero reale α, il vettore α v (prodotto di v per lo scalare α) è il vettore che: giace sulla retta che contiene v; ha lunghezza uguale a |α|kvk; ha verso uguale a quello di v se α > 0 e verso opposto se α < 0; è il vettore nullo se α = 0. − 23 v v O 5 v 3 Definiamo la seconda operazione. Somma di due vettori. La somma di due vettori applicati nello stesso punto O si definisce con la regola del parallelogramma. Nel caso di due vettori che non giacciono sulla stessa retta, la costruzione, illustrata nel disegno −→ −−→ seguente, è questa: dati i due vettori OA e OB costruiamo l’unico parallelogramma che ha O, A e B come tre dei suoi vertici; chiamiamo C il quarto vertice del parallelogramma; per definizione poniamo −→ −−→ −→ OA + OB = OC. B C O A → pasIn dettaglio il punto C è ottenuto cosı̀: si traccia la parallela a r− OA − → passante per il punto A; sante per il punto B; si traccia la parallela a r− OB l’intersezione di queste due rette è il punto C. Questa costruzione non funziona se i due vettori da sommare stanno sulla stessa retta. Un modo equivalente di costruire la somma dei due vettori, esemplificato nel disegno seguente, è questo: −→ trasliamo il vettore OA fino a portare il punto O su B; chiamiamo A0 il secondo estremo del vettore ottenuto; allora A0 coincide con il punto C costruito sopra, quindi −→ −−→ −−→0 OA + OB = OA . // B O // A 3 A0 Questa costruzione invece ha senso anche se i vettori da sommare stanno sulla stessa retta. Vediamo cosa si ottiene, ancora con l’aiuto di un disegno. In entrambi gli esempi illustrati si ha −→ −−→ −−→0 OA + OB = OA O B A A0 B A0 O A È immediato controllare che la somma di due vettori non dipende dall’ordine degli addendi: la somma vettoriale è commutativa, cioè, per ogni coppia di vettori u e v, si ha che u + v = v + u. Un vettore che si può ottenere da due vettori fissati u e v per mezzo delle due operazioni che abbiamo definito si dice una combinazione lineare di u e v. Precisamente, una combinazione lineare di u e v è un vettore di tipo α u + β v, con α e β numeri reali. Cerchiamo di capire cosa sono esattamente le combinazioni lineari di due vettori fissati. La prima cosa che osserviamo è che, dati due vettori u e v che non giacciono sulla stessa retta, esiste, ed è unico, un piano che li contiene entrambi: lo chiameremo il piano generato da u e v e lo indicheremo con πu,v . Chiaramente tutti i vettori ottenuti per combinazione lineare di u e v stanno su πu,v . Ma vale anche il viceversa, cioè: tutti i vettori che giacciono su πu,v sono combinazioni lineari di u e v. La costruzione geometrica che dimostra questa affermazione è semplice ed è illustrata nel disegno seguente: −→ dato un vettore arbitrario sul piano generato da u e v, sia esso OP , con P complanare a u e v, consideriamo le due rette ru e rv contenenti rispettivamente u e v; tracciamo le due rette passanti per P e parallele a queste; le intersezioni tra le quattro rette considerate danno due nuovi punti, −−→ Pu e Pv ; il vettore OPu è di tipo α u, con α numero reale, perché Pu sta sulla 4 −−→ retta ru e analogamente il vettore OPu è di tipo β v, con β numero reale; per −→ −−→ −−→ −→ costruzione il vettore OP è al somma OPu + OPv , quindi OP = α u + β v, −→ come volevamo. È chiaro che la decomposizione di OP come combinazione lineare di u e v è unica, cioè gli scalari α e β sono unici. Infatti, in valore −−→ assoluto α deve essere il rapporto tra la lunghezza di OPu e quella di u e, −−→ analogamente, |β| = kOPv k/kvk. P Pv v Pu O u ru rv Ripetiamo la nostra conclusione: Teorema. Se u e v sono due vettori non giacenti sulla stessa retta e πu,v è il piano da essi generato, allora le combinazioni lineari di u e v sono tutti (e soli) i vettori giacenti su πu,v . Inoltre, ogni vettore del piano πu,v si scrive in modo unico come combinazione lineare di u e v. Se u e v giacciono sulla stessa retta, invece, le combinazioni lineari di u e v danno esattamente tutti i vettori che giacciono ancora sulla medesima retta di u e v. Osservazione. Notiamo che nella figura precedente si ha questa situa−→ −−→ −−→ −−→ −−→ zione: OP = OPu + OPv , con OPu = α u, OPv = β v, α e β numeri reali, α < 0 e β > 0. La situazione generale è questa: le due rette ru e rv dividono il piano πu,v in quattro regioni, o quadranti; ciascun quadrante è caratterizzato dal segno dei coefficienti α e β nella scrittura dei vettori nella forma α u + β v, come indicato nella figura seguente: 5 (−, +) (+, +) v u O (−, −) ru (+, −) rv I vettori che giacciono, ad esempio nel quadrante contrassegnato con (+, −) sono tutti e soli i e vettori che si possono scrivere nella forma α u + β v con α > 0 e β < 0. I vettori che giacciono sulle rette ru e rv sono quelli per cui almeno uno tra α e β è uguale a zero. Cominciamo a estendere le considerazioni precedenti allo spazio tridimensionale. Consideriamo tre vettori, u, v e w (tutti applicati in O) non complanari. Il fatto che siano non complanari può essere espresso nel modo seguente: u e v non stanno sulla stessa retta; inoltre w non sta sul piano generato da u e v. Quello che succede, in questo caso, è che le combinazioni lineari dei tre vettori u, v e w, cioè i vettori di tipo αu+βv +γw danno tutti i vettori dello spazio (applicati in O). Questa sarà la nostra conclusione, ma procediamo con ordine e chiediamoci prima di tutto: - che vuol dire α u + β v + γ w? noi la somma l’abbiamo definita per due vettori, mentre qui ne stiamo sommando tre - la risposta è facile: sommiamo tra loro i primi due e al vettore ottenuto sommiamo il terzo; in altre parole associamo la nostra somma cosı̀: (α u + β v) + γ w - e se l’associassi cosı̀: α u + (β v + γ w)? - qui non resta che fermarci, riprendere foglio e matita e cercare di capire con un disegno cosa stiamo dicendo. Il problema è questo: dati tre vettori arbitrari, u, v e w, i vettori (u + v) + w e u + (v + w) coincidono? 6 u O w v qui il vettore tratteggiato e v + w, mentre quello rosso è u + (v + w) u v w O qui il vettore tratteggiato e u + v, mentre quello rosso è (u + v) + w. Dunque quello che stiamo chiedendo è se i vettori rossi delle due figure precedenti sono il medesimo vettore. Per convincersi che è veramente cosı̀ basta guardare la prossima figura: u v w O Qui abbiamo costruito l’unico parallelepipedo che ha i vettori u, v e w come tre dei suoi spigoli; il secondo vertice del vettore rosso è, in tutte e tre le figure, il vertice opposto a O di questo parallelepipedo. Abbiamo quindi che: La somma di vettori è associativa, cioè, per ogni scelta dei vettori u, v, w, si ha che (u + v) + w = u + (v + w). Come conseguenza, se u1 , u2 , . . . , un sono n vettori, dove n è un qualunque numero intero maggiore o uguale a tre, allora la somma u1 + u2 + · · · + un 7 è ben definita ed è il vettore che si ottiene associando gli addendi in uno qualunque dei modi possibili. A questo punto possiamo tornare al nostro problema: fissati tre vettori non complanari, u, v e w, vogliamo mostrare che è possibile esprimere tutti i vettori dello spazio come combinazione lineare di quelli, cioè come somma α u + β v + γ w. −→ Quindi dato un generico vettore OP spieghiamo come decomporlo esplicitamente in una combinazione lineare dei tre vettori fissati. La costruzione geometrica dei vettori α u, β v, γ w tali che −→ OP = α u + β v + γ w, illustrata nella figura seguente, è questa: i vettori dati individuano naturalmente tre piani: πu,v , piano generato da u e v, πu,w , generato da u e w, e πv,w , generato da v e w; consideriamo il piano parallelo a πv,w e passante per il punto P ; questo interseca la retta ru in un punto Pu ; allora il vettore −−→ OPu è di tipo α u; in modo analogo, β v e γ w si costruiscono considerando le intersezioni del piano parallelo a πu,w e passante per P con la retta rv e l’intersezione del piano parallelo a πu,v e passante per P con la retta rw . È −→ chiaro che la decomposizione di OP come combinazione lineare di u, v e w è unica, cioè gli scalari α, β e γ sono unici. Pw P w Pu Pv u O v È chiaro che nella situazione della figura precedente si ha −→ OP = α u + β v + γ w 8 con α < 0, β > 0, γ > 0. La situazione generale è questa: i tre piani πu,v , πu,w e πv,w ripartiscono lo spazio in otto regioni (ottanti), che corrispondono alle otto scelte possibili dei segni dei coefficienti α, β, e γ. Riassumiamo le nostre conclusioni. Teorema. Se u, v e w sono tre vettori non giacenti sullo stesso piano, allora le combinazioni lineari di u, v e w danno tutti i vettori dello spazio. Inoltre, ogni vettore dello spazio si scrive in modo unico come combinazione lineare di u, v e w. Questo teorema è il fondamento delle nozioni di sistema di riferimento e di sistema di coordinate cartesiane che in parte vi è già familiare. Le definizioni sono queste: Un sistema di riferimento nello spazio è una quadrupla (O, u, v, w), dove O è un punto fissato e u, v e w sono tre vettori applicati in O e non complanari. Se (O, u, v, w) è un sistema di riferimento e z è un arbitrario vettore applicato in O, le coordinate di z rispetto al sistema di riferimento considerato sono, per definizione, gli unici scalari α, β e γ tali che z = α u + β v + γ w. Più precisamente, il vettore delle coordinate di z rispetto a (O, u, v, w) è la tripla ordinata (α, β, γ). (Qui vettore non significa più vettore geometrico, ma sequenza ordinata di numeri reali) Se (O, u, v, w) è un sistema di riferimento e P è un arbitrario punto dello spazio, le coordinate di P rispetto al sistema di riferimento considerato −→ sono, per definizione, le coordinate del vettore OP . Esercizio - Esempio. Fissato il sistema di riferimento (O, u, v, w), quali sono le coordinate dei vettori u, v e w? Quali sono le coordinate del punto O? Risposta. Basta applicare la definizione: si ha che u = 1 u + 0 v + 0 w, quindi u ha coordinate (1, 0, 0); analogamente v ha coordinate (0, 1, 0) e w −→ (0, 0, 1). Inoltre, visto che OO = 0 u + 0 v + 0 w, il punto O ha coordinate (0, 0, 0). Notazione. Spesso preferiamo scrivere le coordinate come colonne di numeri invece che nella notazione “in riga” usata sopra, ad esempio scriveremo 1 0 invece di (1, 0, 0). 0 9 Denotiamo con R3 (leggi “erre tre”) l’insieme di tutte le triple ordinate di numeri reali. Dunque, fissato un sistema di riferimento (O, u, v, w), abbiamo le corrispondenze biunivoche R3 {vettori applicati in O} {punti dello spazio} −→ Se OP si decompone come αu+βv +γw, esplicitamente le corrispondenze sono: −→ (α, β, γ) OP P Anche le sequenze ordinate di numeri reali sono chiamate usualmente vettori (precisamente vettori “reali” o “di numeri reali”); in questa terminologia, gli elementi di R3 sono i “vettori reali a tre componenti”. Su R3 sono definite un’operazione di somma e un’operazione di prodotto per scalari: Somma. Per ogni a, b, c, a0 , b0 , c0 in R 0 a a a + a0 b + b0 =def b + b0 c + c0 c c0 Prodotto per uno scalare. Per ogni a, b, c e λ in R poniamo a λa λ b =def λb c λc Dunque la freccia orizzontale nel diagramma di corrispondenze biunivoche precedente collega due insiemi che hanno entrambi una propria algebra di operazioni, operazioni ovviamente diverse nel significato, ma formalmente simili. Il fatto importante, che sta alla base della geometria analitica che studieremo, è che questa corrispondenza biunivoca rispetta le operazioni in questo senso: 10 a se z ↔ b c 0 a 0 e z ↔ b0 , c0 a + a0 allora (z + z 0 ) ↔ b + b0 c + c0 cioè le coordinate della somma sono la somma delle coordinate e, analogamente, a λa se z ↔ b e λ ∈ R, allora λz ↔ λb c λc È importante capire che le due asserzioni precedenti sono enunciati di geometria; più che scriverne una dimostrazione completa cercheremo di analizzarne il significato. Cominciamo con la somma. La nostra ipotesi è che e z = a0 u + b0 v + c0 w, z = au + bv + cw quindi è immediato che z + z 0 = au + bv + cw + a0 u + b0 v + c0 w. Invece dire che z + z 0 ha coordinate (a + a0 , b + b0 , c + c0 ) vuol dire che z + z 0 = (a + a0 )u + (b + b0 )v + (c + c0 )w. Vediamo come si può passare dalla prima alla seconda decomposizione di z + z 0 . Per prima cosa possiamo commutare e associare gli addendi in questo modo: au + bv + cw + a0 u + b0 v + c0 w = (au + a0 u) + (bv + b0 v) + (cw + c0 w); ora servirebbe che (au + a0 u) = (a + a0 )u e l’analoga identità per gli altri due addendi tra parentesi tonde, cioè quello che serve è questa proprietà distributiva: per ogni coppia di scalari α e α0 e per ogni vettore x (α + α0 )x = αx + α0 x Questo adesso è un enunciato geometrico abbastanza chiaro, che illustriamo con il disegno seguente: A0 O X S 11 A Qui abbiamo disegnato il caso speciale in cui α e α0 sono due numeri interi, precisamente −→ −−→ OA = 5 OX; −−→0 −−→ −→ −→ −−→ −−→ OA = −2 OX e OS = OA + OA0 = 3OX (ma naturalmente l’enunciato vale per α e α0 reali qualunque). Il senso è che la somma di due vettori allineati si ottiene facendo la somma algebrica delle lunghezze, cioè: se prendiamo la lunghezza kuk come unità di misura, i numeri α e α0 non sono altro che le lunghezze dei vettori α u e α0 u prese con il segno + o − a seconda che il verso sia concorde o meno con quello di u; la nostra regola disributiva dice che la lunghezza col segno del vettore α u + α0 u è la somma α + α0 . Questo fatto segue direttamente dalla regola di addizione dei vettori. Quindi possiamo concludere che si ha z+z 0 = (a+a0 )u+(b+b0 )v+(c+c0 )w. Abbiamo appena visto che vale una regola distributiva del prodotto rispetto alla somma. In realtà, nel nostro contesto di regole distributive possiamo scriverne due: (α + α0 ) x = α x + α0 x con α, α0 ∈ R, x vettore; (1) α (x + x0 ) = α x + α x0 con α ∈ R, x, x0 vettori (2) La prima l’abbiamo appena analizzata. Vale anche la seconda. Per spiegare cosa vuol dire facciamo ancora un disegno illustrativo nel caso molto speciale in cui α è un intero positivo, per esempio disegniamo il caso α = 2. X0 S O X −−→ −−→ −→ Qui intendiamo x = OX, x0 = OX 0 e quindi x + x0 = OS. La proprietà (2), in questo caso speciale dice che raddoppiando la lunghezza dei lati raddoppia anche la lunghezza della diagonale del parallelogramma: questo si vede immediatamente con un argomento di similitudine di triangoli e ovviamente vale per ogni numero reale positivo α, cioè, scalando i lati di un fattore α, anche la diagonale risulta scalata dello stesso fattore. È facile estendere il risultato anche al caso α ≤ 0. 12 Un’altra proprietà che vale per il prodotto scalari-vettori è questa associatività: per ogni α e α0 R e ogni vettore x, (αα0 ) x = α (α0 x). Provate a pensare al significato geometrico di questa regola, aiutandovi con qualche esempio. Riprendiamo “il filo del discorso”. Eravamo partiti dalla compatibilità con le operazioni della nostra corrispondenza tra vettori geometrici e vettori di R3 e per il momento abbiamo chiarito il caso della somma. Adesso possiamo chiarire anche il caso del prodotto per scalari. Ricordiamoci che vogliamo la cosa seguente: a λa se z ↔ b e λ ∈ R, allora λz ↔ λb c λc il che vuol dire: se z = a u + b v + c w, allora λz = (λa)u + (λb)v + (λc)w. Ora, il lavoro “geometrico” che occorre l’abbiamo già fatto e basta sfruttare le regole algebriche che abbiamo stabilito. Infatti λz = λ(a u + b v + c w) = [per la seconda proprietà distributiva che abbiamo scritto] = λ(a u) + λ(b v) + λ(c w) = [per la proprietà associativa che abbiamo scritto] = (λa)u + (λb)v + (λc)w che è quello che vogliamo. Le operazioni sui vettori di R3 hanno tutte le proprietà analoghe a quelle che abbiamo studiato per i vettori geometrici: • commutatività e associatività della somma; • proprietà distributive del prodotto rispetto alla somma; • proprietà associativa dei prodotti scalare × scalare × vettore. Nel caso dei vettori reali queste proprietà sono quasi evidenti: seguono direttamente dalle ben note proprietà delle operazioni sui numeri reali, dato che le operazioni sui vettori sono definite componente per componente. 13 Equazioni di rette e piani nello spazio Il lavoro fatto finora ci permette di affrontare i problemi di geometria analitica del tipo descritto nella prima pagina di questa dispensa, precisamente: fornire una descrizione algebrica di punti, rette e piani nello spazio che sia utile per fare dei calcoli su questi oggetti, generalizzando le tecniche che già conosciamo per il caso di punti e rette nel piano. Supponiamo fissato un sistema di riferimento nello spazio (O, i, j, k). Allora ogni vettore applicato in O è rappresentato da un vettore di R3 . La perfetta corrispondenza tra vettori geometrici con le loro operazioni e vettori reali con le loro operazioni ci permette di identificare l’insieme dei vettori applicati in O con R3 , dal punto di vista dei calcoli. Per quanto riguarda la notazione, se vè ilvettore geometrico di coordinate (a, b, c), scriveremo a direttamente v = b . c Naturalmente una tale identificazione non ha senso per i punti dello spazio, visto che sui punti non abbiamo definito alcuna operazione, quindi per un punto P non useremo mai una scrittura del tipo “P = un certo vettore di numeri reali, diciamo (a, b, c)”; scriveremo sempre per esteso “P punto di coordinate (a, b, c)”; o al massimo abbrevieremo questa scrittura in a a −→ P : b . La notazione ammessa è, invece, OP = b . Prima di procedere c c aggiungiamo qualche altra notazione. Notazioni. Se v è un vettore (geometrico o algebrico) “−v” vuol dire per definizione “−1 v”. Geometricamente −v si ottiene riflettendo v rispetto all’origine lungo la sua direzione; algebricamente −v si ottiene cambiando il segno delle sue coordinate. Inoltre, se w è un altro vettore, “w − v” vuol dire, −→ per definizione, “w + (−v)”. Il vettore nullo, cioè OO, di solito viene indicato con 0; algebricamente è il vettore con tutte e tre le componenti uguali a 0. Chiaramente per ogni vettore v si ha che v − v = 0 e che 0 v = 0.. Il nostro prossimo obiettivo e spiegare come si descrivono le rette e i piani dello spazio per mezzo di equazioni algebriche. La maggior parte di voi sa che una retta nel piano è descritta da un’equazione di tipo ax + by = c. Questo vuol dire che un generico punto X dello piano, di coordinate (x, y), sta su quella retta se e solo se x e y soddisfano quella equazione. Un’equazione di questo tipo si chiama un’equazione cartesiana della retta. Anticipiamo le conclusioni alle quali arriveremo per evitare che nascano idee sbagliate: 14 se generalizziamo al caso tridimensionale l’equazione cartesiana precedente otteniamo un’equazione di tipo: ax + by + cz = d. Un’equazione cartesiana di questo tipo non descrive una retta, bensı̀ un piano, nello spazio. La generalizzazione corretta della situazione bidimensionale è questa: una singola equazione lineare descrive un oggetto che ha una dimensione in meno dell’ambiente in cui lavoriamo. Una retta dello spazio si può ottenere intersecando due piani, e quindi algebricamente una retta potrà essere descritta da un sistema di due equazioni lineari. Prima di arrivare a descrivere rette e piani mediante equazioni cartesiane, studiamo un altro tipo di descrizione e cioè la descrizione per mezzo di equazioni parametriche. Primo problema. Dato un vettore non nullo v, descrivere la retta rv che contiene v. Poiché v è applicato in O, rv passa per O. Chiaramente un punto X −−→ appartiene a rv se e solo se il vettore OX giace su rv . rv v O X Abbiamo imparato che i vettori che giacciono su rv sono esattamente tutti quelli della forma α v per ogni α in R, quindi: X ∈ rv se e solo se esiste un numero reale α tale che −−→ OX = α v Complichiamo di poco la situazione. Secondo problema. Dati un vettore non nullo v e un punto P , descrivere la retta r parallela a rv e passante per P . r P X v O −−→ È facile vedere che un punto X giace sulla retta r se e solo se il vettore OX si −→ ottiene come somma vettoriale di OP più un vettore che giace su rv , quindi se e solo se: −−→ −→ OX = OP + αv, per un certo α ∈ R. 15 −−→ −−→ −→ Le equazioni OX = α v e OX = OP + αv si chiamano equazioni parametriche delle rette rv e r; l’indeterminata reale α si chiama parametro (reale). Queste sono equazioni vettoriali; se le scriviamo coordinata per coordinata le traduciamo in sistemi di tre equazioni scalari, come vedremo in concreto nel prossimo esempio. 1 −1 Esempio. Sia v = 0 e sia P il punto di coordinate −2. −3 2 x −−→ Se poniamo OX = y e usiamo la lettera “t”, invece di α, l’equazione z parametrica vettoriale della retta passante per P e parallela a v è questa: x −1 1 y = −2 + t 0 z −3 2 Se scriviamo l’equazione precedente componente per componente, otteniamo un sistema di tre equazioni: x = −1 + t y = −2 z = −3 + 2t Questo è un sistema di equazioni parametriche della retta considerata. Ora possiamo facilmente risolvere anche questo problema: determinare un sistema di equazioni parametriche della retta passante per due punti dati. Facciamo direttamente un esempio. 1 2 Esercizio – Esempio. Siano P e Q i punti di coordinate 1 e 3, 2 1 rispettivamente. Scrivere le equazioni parametriche della retta passante per P e Q. Nella notazione della figura seguente, la retta da studiare deve passare −−→ per P e essere parallela al vettore OQ0 Q P Q0 O 16 dove OQ0 è determinato dalla condizione: −−→0 −→ −→ OQ + OP = OQ, 2 1 1 −−→0 −→ −→ 2 . e quindi OQ = OQ − OP = 3 − 1 = 1 2 −1 Dunque l’equazione parametrica vettoriale è: −−→ −→ −→ −→ OX = OP + t(OQ − OP ), cioè x 1 1 y = 1 + t 2 , z 2 −1 che dà il sistema di equazioni parametriche x = 1 + t y = 1 + 2t z =2−t Dalle equazioni parametriche è molto facile stabilire se un certo punto appartiene o no alla retta. Ad esempio risolviamo questo problema: 0 Esercizio – Esempio. Stabilire se i due punti di coordinate −1 e 3 2 3 appartengono alla retta dell’esempio precedente. 2 Il problema è molto semplice da risolvere: basta sostituire le coordinate dei punti dati a x, y, z e vedere se esiste un t che soddisfa il sistema di equazioni ottenuto. Per il primo punto si ottiene 0 = 1 + t −1 = 1 + 2t 3=2−t ed è chiaro che t = −1 soddisfa simultaneamente le tre equazioni, per cui il punto sta sulla retta. Invece per il secondo punto si ottiene 2 = 1 + t 3 = 1 + 2t 2=2−t 17 ed è chiaro che il sistema non è risolubile, perché la prima equazione ha come (unica) soluzione t = 1, che ovviamente non soddisfa la terza equazione, quindi il punto considerato non appartiene alla retta. Un altro problema facile da risolvere è determinare l’intersezione di due rette descritte mediante equzioni parametriche. Prima di affrontare algebricamente il problema ragioniamo sulla geometria. Nel piano due rette sono o parallele o incidenti; nello spazio sappiamo che oltre a queste possibilità ce n’è un’altra, cioè: le rette possono essere sghembe. Se non avete un’idea intuitiva di come sono disposte due rette sghembe, pensate prima di tutto a due rette incidenti poste, ad esempio, su un piano orizzontale; quindi immaginate di sollevare dal piano una delle due rette: in questo modo avrete due rette sghembe. È chiaro che la direzione di una retta descritta mediante equazioni parametriche è data dal vettore dei coefficienti del parametro, 1 2. ad esempio, la retta dell’esempio precedente è parallela al vettore −1 Quindi dalle equazioni parametriche si vede subito se due rette sono parallele. Consideriamo, ad esempio, le due rette di equazioni parametriche x = 2 + t x = 3 − 3t y = 3 + 2t e y = 5 − 6t z = −t z = −1 + 3t Queste sono entrambe parallele a quella dell’esempio precedente, perché la 1 2, che è il vettore scritto sopra, l’altra ha la prima ha la direzione di −1 −3 direzione di −6, che è parallelo al vettore precedente visto che si ottiene 3 da esso moltiplicandolo per −3. Quello che non si vede con chiarezza è se due rette parallele sono la stessa retta oppure no, ma questo lo vedremo tra poco. Vediamo prima come si affronta in generale il problema dell’intersezione, direttamente su un esempio. Esercizio – Esempio. Calcolare le intersezioni r ∩ r0 e r ∩ r00 dove r, r0 e r00 sono le rette di equazioni parametriche x = 2 + t x = 2 − t x = 2 − t y =3+t , y =1+t y =1+t , rispettivamente. e z = −t z = 2 + 2t z = −1 + 2t 18 Per studiare r0 ragioniamo cosı̀: se P è un punto di r, allora P ha r ∩ 2+t coordinate 3 + t, per un certo t reale; se P appartiene anche a r0 , le sue −t 2−s coordinate si potranno scrivere anche nella forma 1 + s , per un certo s 2 + 2s reale; quindi devono esistere un s e un t reali tali che 2+t 2−s t + s = 0 3 + t = 1 + s , cioè t − s = −2 −t 2 + 2s −t − 2s = 2 Vediamo che le prime due equazioni determinano s e t, precisamente da esse si ottiene t = −1 e s = 1; questi valori non soddisfano la terza equazione (sostituendo otteniamo −1 = 2), quindi il sistema non è risolubile. Questo vuol dire che r ∩ r0 = ∅. Se osserviamo in più che le due rette non sono parallele, possiamo concludere che r e r0 sono sghembe. Quando consideriamo r ∩ r00 otteniamo invece 2+t 2−s t + s = 0 3 + t = 1 + s , cioè t − s = −2 , −t −1 + 2s −t − 2s = −1 sistema che differisce dal precedente solo nella terza equazione. In questo caso il sistema è risolubile, perché i valori t = −1 e s = 1 ricavati dalle prime due equazioni soddisfano anche la terza equazione, e t = −1, s = 1 ne è l’unica soluzione. Questo vuol dire che r e r00 si intersecano in unico punto, precisamente il punto che si ottiene dalle equazioni di r per t = −1, o equivalentemente dalle equazioni di r00 per s = 1. Dunque r ∩ r00 = {P }, dove P è il punto di coordinate: 2 + (−1) 2−1 1 3 + (−1) = 1 + 1 = 2 −(−1) −1 + 2 1 Due rette non parallele o sono sghembe e dunque hanno intersezione vuota, o si intersecano in un unico punto. Due rette parallele invece, o sono disgiunte, cioè hanno intersezione vuota, o coincidono, e in questo caso l’intersezione è la retta stessa, dunque consiste di infiniti punti. Come abbiamo premesso, in generale non è evidente dalle equazioni parametriche se due rette parallele sono o non sono la stessa retta. Lo vediamo nel prossimo esempio. 19 Esercizio – Esempio. Calcolare le intersezioni r ∩ r0 e r ∩ r00 dove r, r0 e r sono le rette di equazioni parametriche x = 2 + t x = 3 − 3t x = 2 + t y = 3 + 2t , y = 5 − 6t y = 3 + 2t , rispettivamente. e z = −t z = −1 + 3t z =1−t 00 Consideriamo prima r ∩ r0 . 2+t 3 − 3s Da 3 + 2t = 5 − 6s −t −1 + 3s t + 3s = 1 2t + 6s = 2 −t − 3s = −1 otteniamo il sistema Le tre equazioni di questo sistema sono tra loro equivalenti, visto che sono ognuna multipla delle altre. Quindi abbiamo in effetti un sistema di una sola equazione in s e t, dunque un sistema risolubile e con infinite soluzioni. Questo vuol dire che r = r0 . Per r ∩ r00 , 2+t 2+s t − s = 0 3 + 2t = 3 + 2s 2t − 2s = 0 da otteniamo il sistema −t 1−s −t + s = 1 Questo è un sistema chiaramente non risolubile, perché la terza equazione è incompatibile con le precedenti, quindi r ∩ r00 = ∅. Vediamo ora come si ottengono le equazioni parametriche per un piano. Sappiamo che se P , Q e R sono tre punti non allineati, allora esiste un piano che contiene P , Q e R e questo piano è unico. Quello che vedremo è come scrivere delle equazioni parametriche del piano passante per tre punti non allineati di cui conosciamo le coordinate. Prima di fare questo impariamo come controllare che tre punti siano non allineati. Aiutiamoci con un disegno: Q P Q R P R Q0 O Q0 R0 O 20 R0 In entrambe le figure abbiamo che −−→0 −→ −→ OQ = OQ − OP , −−→0 −→ −→ OR = OR − OP −−→ −−→ e quindi OQ0 è parallelo al segmento P Q e OR0 è parallelo al segmento P R. −−→ −−→ Segue che P , Q, e R sono allineati se e solo se i vettori OQ0 e OR0 stanno sulla stessa retta. Quindi possiamo concludere che: P , Q, e R sono allineati se e solo se esiste −−→ −−→ un numero reale t tale che OQ0 = t OR0 , cioè −→ −→ −→ −→ OQ − OP = t(OR − OP ). Esercizio – Esempio. Siano P , Q, R, S i punti di coordinate: 1 2 −1 2 0 , R: 3 , S : 0 . P : 1 , Q: 0 −1 2 2 (1) Stabilire se P , Q e R sono allineati; (2) Stabilire se P , Q e S sono allineati. (1) Abbiamo 2 1 1 −→ −→ 0 − 1 = −1 OQ−OP = −1 0 −1 quindi −1 1 −2 −→ −→ e OR−OP = 3−1 = 2 , 2 0 2 −→ −→ −→ −→ OR − OP = −2 (OQ − OP ) e perciò P , Q e R sono allineati. (2) In questo caso dobbiamo confrontare 2 1 1 2 1 1 −→ −→ −→ −→ 0 − 1 = −1 OQ−OP = e OS−OP = 0−1 = −1 . −1 0 −1 2 0 2 I due vettori scritti sopra non sono proporzionali, perché il rapporto tra le coordinate di uguale posizione non è costante (il rapporto tra la terza −→ −→ −→ −→ coordinata di OS − OP e la terza coordinata di OQ − OP è −2, mentre l’analogo rapporto relativo alle prime e seconde coordinate è 1). Segue che P , Q, e S non sono allineati. 21 Ora supponiamo di avere tre punti P , Q e R non allineati e cerchiamo di di descrivere il piano passante per essi. Q P R Q0 O π πO R0 Chiamiamo π il piano che vogliamo descrivere. Cominciamo prima con il descrivere il piano parallelo a quello che ci interessa e passante per l’origine: chiamiamolo πO . Nella notazione della figura precedente, πO è, per costruzione, −−→ −−→ il piano per O, Q0 e R0 , quindi è il piano generato dai vettori OQ0 e OR0 , cioè l’insieme delle combinazioni lineari −−→ −−→ −→ −→ −→ −→ s OQ0 + t OR0 = s (OQ − OP ) + t (OR − OP ). −−→ A questo punto ci basta capire che, se il punto X giace su π, allora OX si −→ decompone come OP più un vettore che giace su πO , cioè −−→ −→ −→ −→ −→ −→ OX = OP + s (OQ − OP ) + t (OR − OP ), (∗) e, viceversa, tutti gli X con questa proprietà stanno su π. Quindi l’equazione (∗) scritta sopra è un’equazione parametrica di π, scritta in forma vettoriale. Questa dà un sistema di tre equazioni parametriche sulle coordinate (x, y, z) di X. Esercizio – Esempio. Scrivere un sistema di equazioni parametriche del piano passante per i punti P , Q, S dell’esempio precedente. Abbiamo 1 2 2 0 , S : 0 , P : 1 , Q: 0 −1 2 quindi 2 1 1 −→ −→ 0 − 1 = −1 OQ−OP = −1 0 −1 2 1 1 −→ −→ e OS−OP = 0 − 1 = −1 . 2 0 2 22 L’equazione (∗) si traduce in: x 1 1 1 y = 1 + s −1 + t −1 , z 0 −1 2 che dà il sistema di equazioni parametriche x = 1 + s + t y =1−s−t z = −s + 2t Stabilire l’appartenenza di un punto dato a un piano descritto per mezzo di equazioni parametriche, come nel caso analogo di una retta, consiste nello studiare la risolubiltà di un sistema lineare. Lo vediamo nel prossimo esempio. Esercizio – Esempio. Stabilire se i due punti di coordinate 1 1 0 e 1 1 1 appartengono al piano di equazioni parametriche x = 1 + s + t y =1−s−t z = −s + 2t Cominciamo col primo punto: questo sta sul piano se e solo se possiamo trovare un s e un t reali tali che 1 = 1 + s + t s + t = 0 0 = 1 − s − t cioè −s − t = −1 1 = −s + 2t −s + 2t = 1 Quello che abbiamo ottenuto è un sistema non risolubile, perché le prime due equazioni sono chiaramente incompatibili, quindi il punto considerato non appartiene al piano. Per il secondo punto il sistema in s e t da studiare è s + t = 0 1 = 1 + s + t −s − t = 0 1 = 1 − s − t cioè 1 = −s + 2t −s + 2t = 1 23 Qui la prima e la seconda equazione sono equivalenti; il sistema è risolubile (ha soluzione, unica, t = 31 , s = − 13 ) e quindi il punto considerato sta sul piano. Ora possiamo affrontare il problema della descrizione di rette e piani nello spazio mediante equazioni cartesiane. Quello che vorremmo è un’equazione algebrica, o un sistema di equazioni algebriche, nelle incognite (x, y, z), il cui insieme delle soluzioni corrisponda esattamente ai punti del piano o della retta che vogliamo descrivere. Precisamente questa equazione o sistema di equazioni dovrebbe avere la proprietà che: (x0 , y0 , z0 ) è una sua soluzione se e solo se il punto di coordinate (x0 , y0 , z0 ) appartiene al piano o alla retta che vogliamo descrivere. Pensiamo prima al caso di una retta: una retta è nota quando sono noti almeno due suoi punti distinti; noti due punti distinti, siamo in grado di scrivere un sistema di equazioni parametriche della retta passante per essi. Come abbiamo visto nell’esempio a pagina 17, dato il punto P di coordinate (x0 , y0 , z0 ), stabilire l’appartenenza di P alla retta equivale a studiare la risolubilità del sistema in t che si ottiene dalle equazioni parametriche sostituendo a x, y, z i numeri reali x0 , y0 , z0 . La situazione generale è questa: una delle tre equazioni parametriche in t determina il valore di t; ma questo valore, in generale, non soddisfa anche le altre due equazioni, le soddisfa se e solo se il punto considerato sta sulla retta. Ripetiamo il calcolo fatto a pagina 17 lasciando indeterminate le coordinate (x0 , y0 , z0 ): x 0 = 1 + t t = x 0 − 1 y0 = 1 + 2t otteniamo 2t = y0 − 1 da (sistema nell’incognita t); z0 = 2 − t −t = z0 − 2 dalla prima equazione si trova il valore t = x0 − 1 che, sostituito nelle altre due equazioni, dà: 2(x0 − 1) = y0 − 1 2x0 − y0 = 1 equivalente a −(x0 − 1) = z0 − 2 x0 + z0 = 3 La conclusione è che P appartiene alla retta se e solo se le sue coordinate soddisfano l’ultimo sistema trovato. Liberiamoci dell’indice “0” che abbiamo usato solo per chiarire il procedimento: possiamo conlcudere che il punto di coordinate x, y, z sta sulla retta se e solo se 2x − y = 1 x+z =3 e quindi il sistema scritto è un sistema di equazioni cartesiane della retta considerata. 24 Dalle equazioni cartesiane il controllo dell’appartenenza di un punto alla retta è immediato. Per i punti dell’esempio di pagina 17, di coordinate (0, −1, 3) e (2, 3, 2), rispettivamente, sostituendo le coordinate nelle equazioni cartesiane otteniamo 2 · 0 − (−1) = 1 2·2−3=1 e 2+1=3 2+2=3 il che conferma che il primo punto sta sulla retta, perché le sue coordinate soddisfano le equazioni cartesiane, e il secondo no, perché le sue coordinate non soddisfano la seconda equazione cartesiana. La retta che abbiamo appena considerato l’avevamo definita (pag. 16) come la retta passante per i punti di coordinate (1, 1, 2) e (2, 3, 1): per esercizio, verificate che, come deve essere, le coordinate di questi punti soddisfano le equazioni cartesiane. Pensiamo ora al caso di un piano. Vediamo come ottenere, in questo caso, l’equazione cartesiana a partire da quelle parametriche. Torniamo all’esempio di pagina 23, quindi al piano di equazioni parametriche x = 1 + s + t y =1−s−t z = −s + 2t Qui, come abbiamo visto negli esempi trattati, quando sostituiamo a x, y, z le coordinate reali di un punto dello spazio, otteniamo il sistema in s e t s + t = x − 1 −s − t = y − 1 −s + 2t = z Ora, la terza equazione e insieme una sola delle prime due permettono di determinare i valori di s e t. Ma questi valori, in generale, non soddisfano anche l’equazione rimanente. Ad esempio è chiaro che il sistema formato dalla seconda e terza equazione è risolubile; ma le soluzioni che troveremo soddisferanno la prima equazione se e solo se x − 1 = −(y − 1), cioè x+y =2 Quella scritta sopra è quindi un’equazione cartesiana del piano. Notiamo che conoscere l’equazione cartesiana rende molto più semplice stabilire se un punto appartiene o no al piano, ad esempio se consideriamo nuovamente il problema di pagina 23, vediamo subito che il punto di coordinate (1, 0, 1) non sta sul piano perché sostituendo queste coordinate 25 nell’equazione cartesiana troviamo 1 + 0 = 2, mentre quello di coordinate (1, 1, 1) sta sul piano perché in questo caso otteniamo 1 + 1 = 2. Quello che abbiamo fatto è, nella la terminologia classica, ottenere le equazioni cartesiane da quelle parametriche eliminando i parametri. Il metodo che abbiamo usato si riassume cosı̀: (a) nel caso della retta scegliamo una delle equazioni parametriche per determinare il valore dell’unico parametro presente (in funzione di x, y, z,); imponiamo la condizione che le altre due equazioni siano soddisfatte dal valore trovato: questa condizione fornisce un sistema di due equazioni cartesiane della retta. (b) nel caso del piano scegliamo due delle equazioni parametriche per determinare il valore dei due parametri presenti (in funzione di x, y, z,); imponiamo la condizione che l’equazione rimanente sia soddisfatta dai valori trovati: questa condizione fornisce un’equazione cartesiana del piano. Il procedimento descritto sopra è generale, nel senso che è sempre possibile scegliere due delle tre equazioni parametriche di un piano che permettano di determinare s e t in funzione di x, y, z. Questo segue dalla geometria del problema e sarà chiaro più avanti, quando avremo studiato la teoria dei sistemi lineari. Per il momento ricordiamo che un sistema lineare di due as + bt = c equazioni in due incognite determina s e t (cioè ha soluzione a0 s + b 0 t = c 0 unica) se e solo se la differenza dei prodotti incrociati ab0 − ba0 è diversa da 0. Questa condizione equivale a questa: as + bt e a0 s + b0 t non differiscono per un fattore costante. Nell’esempio precedente, le prime due equazioni parametriche non determinano s e t perché s + t e −s − t differiscono per il fattore −1. Invece, la terza equazione più una delle prime due determinano s e t in modo unico. Facciamo qualche altro esempio. Esercizio - Esempio. Determinare un sistema di equazioni cartesiane per le rette r e r0 e per il piano π descritti dai seguenti sistemi di equazioni parametriche: x = 2 x = 2s − 1 x = s + t − 1 0 y = 2s + 3 ; y=2 y = −1 r: r : ; π: z=2 z = −s + 1 z = 2s − t + 1 26 Per r: la seconda equazione determina t; ovviamente, qualunque sia questo valore le altre due equazioni sono soddisfatte se e solo se x=2 , z=2 quindi non occorre alcun calcolo, questo è un sistema di equazioni cartesiane di r. Per r0 : la terza equazione dà s = 1 − z; sostituendo nelle altre si trova: x = 2(1 − z) − 1 = −2z + 1 e ancora y = 2, quindi x + 2z = 1 y=2 è un sistema di equazioni cartesiane di r0 . Per π: la prima e la terza equazione determinano s e t, e quali che siamo questi valori la seconda equazione è soddisfatta se e solo se y = −1, quindi y = −1 è l’equazione cartesiana di π. Nel caso di un piano l’equazione cartesiana è unica a meno di fattori costanti, questo è il motivo per cui diciamo l’equazione, con l’articolo determinativo. Nel caso di una retta, invece i sistemi di equazioni cartesiane che descrivono la medesima retta sono essenzialmente infiniti. Per capire perché ragioniamo sul fatto che ciascuna delle due equazioni cartesiane di una retta descrive un piano, quindi il sistema delle due equazioni esprime la retta come intersezione di questi due piani. Ma le coppie di piani che si intersecano in una certa retta sono infinite. Abbiamo visto come passare dalle equazioni parametriche a quelle cartesiane. Spieghiamo come fare il passaggio inverso. Dalle equazioni cartesiane si possono ottenere delle equazioni parametriche semplicemente risolvendo le equazioni cartesiane. Facciamo degli esempi. Esercizio – Esempio. Calcolare un sistema di equazioni parametriche: (a) del piano di equazione cartesiana x+y−3z = 2; (b) del piano di equazione cartesiana x + z = 2; (c) del piano di equazione cartesiana y = 0. (a) Dobbiamo risolvere un sistema di una equazione in tre incognite. Ovviamente le soluzioni esistono e sono infinite (formano il piano considerato). Dal punto di vista algebrico, possiamo, per esempio, attribuire valori a 27 piacere a y e z e determinare x in funzione di essi, cioè: per ogni s e t in R, abbiamo la soluzione y = s, z = t, e x = −s + 3t + 2. Questa scrittura delle soluzioni ci dà le equazioni parametriche del piano x = −s + 3t + 2 y=s z=t Nei casi (b) e (c) si ragiona allo stesso modo, basta solo fare attenzione al fatto che abbiamo delle equazioni in x, y e z, anche se le tre incognite non compaiono tutte esplicitamente. Nel caso (b) y può variare liberamente in R e possiamo scegliere una tra x e z come secondo parametro, ad esempio un sistema di equazioni parametriche corretto è x = s y=t z = −s + 2 Nel caso (c) x e z sono libere e un un sistema di equazioni parametriche corretto è x = s y=0 z=t Esercizio – Esempio. Calcolare unsistema di equazioni parametriche: x+y−z =1 (a) per la retta di equazioni cartesiane ; (b) per la retta di x − y = 0 x+y =1 equazioni cartesiane . x−y =1 (a) Il sistema delle equazioni cartesiane ha infinite soluzioni (tutti i punti della retta considerata). Dal punto di vista algebrico, possiamo, ad esempio, attribuire valori a piacere a y e determinare di conseguenza x e z. Otteniamo il sistema di equazioni parametriche x = s y=s z = 2s − 1 (b) Qui lasciamo z libera, mentre x e y sono determinate. Otteniamo il sistema di equazioni parametriche x = 1 y=0 z=s 28 Concludiamo con qualche considerazione sul calcolo dell’intersezione di due piani. Prima di tutto osserviamo che calcolare l’intersezione di due piani per mezzo delle equazioni parametriche, con un procedimento analogo a quello usato per l’intersezione di due rette, costa risolvere tre equazioni in quattro incognite. Invece, se usiamo le equazioni cartesiane, ci riduciamo a un sistema di due equazioni in tre incognite: è più economico. Ora ragioniamo sulla geometria. Il primo fatto che osserviamo è che due piani non paralleli hanno sempre come intersezione una retta. Invece due piani paralleli o sono disgiunti, o sono coincidenti, cioè la loro intersezione o è vuota o è un piano. Il secondo vantaggio di lavorare con le equazioni cartesiane è che dalle equazioni cartesiane è evidente se due piani sono paralleli o no, mentre in generale non è evidente dalle equazioni parametriche. La seguente affermazione ci sarà chiara più avanti: I due piani di equazioni cartesiane ax + by + cz = d e a0 x + b0 y + c0 z = d0 sono paralleli se e solo se esiste uno scalare non nullo λ ∈ R tale che a0 x + b0 y + c0 z = λ(ax + by + cz). Se questo accade, allora i due piani coincidono se anche d0 = λd, altrimenti sono disgiunti. x y z − + = 1 e 2x − Ad esempio, delle tre equazioni x − y + z = 2, 2 2 2 2y + 2z = 1, le prime due descrivono lo stesso piano, mentre la terza descrive un piano parallelo al precedente, ma disgiunto da esso. Esercizio – Esempio. Calcolare l’intersezione dei due piani di equazioni cartesiane x − y + z = 2 e 2x + y − z = 1 I due piani dati non sono paralleli, quindi la loro intersezione è una retta, precisamente è la retta descritta dal sistema di equazioni cartesiane x−y+z =2 2x + y − z = 1 Se vogliamo descrivere in modo più concreto questa retta, possiamo risolvere le equazioni cartesiane e ottenere una descrizione parametrica. Notiamo che la somma delle due equazioni dà 3x = 3, quindi x è determinata; possiamo far variare liberamente o y o z per avere le soluzioni in forma parametrica, per esempio, se poniamo y = t, otteniamo x = 1 y=t z =1+t 29 Se analizziamo la descrizione parametrica in questo modo: x 1 1+0·t 1 0 y = t = 0 + 1 · t = 0 + t 1 , z 1+t 1+1·t 1 1 vediamo che la retta ottenuta è parallela al vettore (0, 1, 1) e passa per il punto di cordinate (1, 0, 1). 30