Peste suina: "fateci salvare le nostre aziende"

L’UNIONE SARDA
martedì 18 ottobre 2011 - www.unionesarda.it
ECONOMIA
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Redazione Cagliari
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Peste suina. Coldiretti chiede a Regione e Ministero di evitare la paralisi della macellazione IL CASO
«Fateci salvare le nostre aziende»
Proposto un corridoio sanitario per le imprese non interessate
Coldiretti lancia l’allarme
per gli allevamenti di suini. I 22 focolai rilevati
quest’anno
nell’Isola
stanno creando seri danni alle aziende certificate
e non investite dalla Psa.
COMMENTO
Il fallimento
dei piani
attuati
fino a oggi
Andrea Piras
È se fosse stato un fallimento? Lo è stato, inutile nasconderlo. La peste
suina era stata portata
in Sardegna e dall’Isola
non è mai volata via. A
dispetto di tante campagne, di lotte per l’eradicazione annunciate e
magari anche concluse.
Piani triennali e piani
quinquennali.Tutto inutile. Si dice che la colpa
sia tutta della scarsa
propensione di molti allevatori a collaborare
con le istituzioni, con i
servizi veterinari. Può
anche essere. D’altra
parte non è difficile assistere all’illegalità di porcilaie senza cancelli e
senza limiti, dove maiali, scrofe e suinetti gironzolano liberi in barba ai
divieti e al buon senso.
Ma allora, se questa è la
condizione principe perché la peste suina si diffonda, perché non fermarlo, l’illecito?
Dal 1978 ad oggi poco
è cambiato se ancora gli
allevatori (quelli seri, la
stragrande parte del
comparto) sono costretti a denunciare i danni.
Dalle parti di Loceri c’è
un imprenditore di 70
anni, Luigi Usai, che si
ritrova l’azienda bloccata. Bloccato l’allevamento, bloccati salumificio e
macello. Senza mai aver
avuto un maiale malato.
Accade lo stesso a San
Gavino, nell’azienda di
Mamusa. La Psa non si
contagia se non con la
contaminazione diretta.
Una trasmissione frutto
di volontà precise, non
di tragici miracoli. E allora sì che si può parlare di fallimento.
I ventidue focolai di peste suina
africana scoperti quest’anno in
Sardegna adesso fanno davvero
paura. E poco importa che siano stati in qualche modo circoscritti con l’abbattimento dei
maiali contagiati dal virus. Sono le conseguenze che la Psa si
sta trascinando dietro a far temere il peggio per le 15 mila
porcilaie sarde (18 mila i capi
allevati in tutta l’Isola, secondo i
dati regionali delle Asl) e soprattutto per le circa 400 aziende accreditate dal sistema nazionale
e regionale con l’Hblh, vale a dire con la certificazione di alto livello di biosicurezza. Allevamenti fiore all’occhiello della
produzione del maiale sardo
che nonostante tutto rischiano
di non poter più esportare.
IL MALE. La recente recrudescenza di peste suina africana
sta già paralizzando anche le
aziende di macellazione e lavorazione delle carni, ma la mi-
«Soltanto i terreni a lato (20 metri per una fase successiva, ha tenuto a precisa- previsto l’impiego di tecnologie avanzate
parte) della tubazione prevista per il ga- re l’azienda in una nota, «per definire, e di misure speciali di mitigazione amsdotto Galsi saranno interessati da servi- normalmente in via bonaria, gli indenniz- bientale».
LE RETI LOCALI. Infine, sul fronte della metù e non saranno sottoposti ad esproprio, zi per il vincolo di servitù e per i danni
ma avranno il vincolo di non edificabilità eventualmente subiti per le attività can- tanizzazione dell’Isola, Galsi ha ricordae rimarranno in possesso dei proprietari tieristiche».
to che «la Regione ha già stanziato imL’AMBIENTE. Per gli aspetti ambientali portanti risorse finanziarie per la realizche potranno svolgere qualsiasi attività
agricola». Lo ha precisato la società del (come detto, è stata ottenuta nel febbraio zazione in corso delle reti locali di distrimetanodotto Galsi, che porterà il gas dal- scorso una valutazione positiva) i gasdot- buzione del gas. Per rendere possibile la
l’Algeria all’Italia passando
realizzazione delle interper la Sardegna.
connessioni regionali fra
«Il progetto avrà un minimo impatto ambientale
LE PROTESTE. Sul progetto
Galsi e le reti di distribuzione locale, il progetto prevenon sono mancate proteste
con un vincolo di non edificabilità per i proprietari
de sin d’ora 38 punti di
sia per i possibili espropri
che saranno ricompensati con degli indennizzi»
stacco ubicati ogni 15 chilosia per l’ubicazione (come
metri lungo tutto il tracciain Gallura) delle stazioni di
to della condotta. Nell’atpompaggio. La società ha
anche ricordato che il progetto ha ottenu- ti «sono infrastrutture con un impatto tuale contesto di mercato liberalizzato»,
to il cosiddetto Via (Valutazione d’impat- ambientale minimo, limitato alla fase di conclude la società, «le attività di realizto ambientale) dal ministero dell’Ambien- costruzione e reversibile. Una volta termi- zazione e gestione di gasdotti (inclusi le
te. Per quanto riguarda invece le servitù nati i lavori di posa e ripristino ambien- interconnessioni regionali) sono regolate
(cioè il diritto del Galsi di sfruttare un ter- tale, l’opera non lascerà tracce significa- in Italia dall’Autorità per l’energia eletreno altrui), tutti i proprietari saranno tive sul paesaggio». Mentre «per gli ap- trica e il gas e non sono soggette ad alcun
contattati e incontrati singolarmente in prodi e le aree ambientali più sensibili è tipo di monopolio». (lan. ol.)
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A destra, il direttore
di Coldiretti Luca Saba
e il presidente regionale
Marco Scalas
categoria, Marco Scalas e il direttore Luca Saba - che venga
riconosciuto il danno subito dalle aziende per il blocco della movimentazione e della macellazione, ma serve anche una rivisitazione del sistema degli indennizzi introducendo la premialità nei bandi regionali per
le aziende virtuose che mantengono, anche con forti investimenti, i propri allevamenti indenni dalla peste suina africana». Per Coldiretti bisogna «attivare immediatamente una
task-force tra gli assessorati regionali alla Sanità, all’Agricoltura, all’Ambiente e all’Industria»,
ma anche «incentivare i controlli per l’importazione di animali
vivi e carni di origine extraregionale ed estera».
LA CRISI. Insomma, per mettere fine alla crisi, bisognerebbe
veramente voltare pagina. Gli
operatori stanno investendo nella valorizzazione della filiera
suinicola sarda, molti hanno addirittura garantito i prestiti con
i loro beni personali e devono
vivere con la spada di Damocle
della peste suina africana che
quarant’anni dopo la sua comparsa in Sardegna non si è stati
ancora in grado di sconfiggere.
«Una situazione di tale gravità
che va affrontata con un progetto forte di eradicazione».
A. Pi.
Galsi, nessun esproprio sui terreni
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nessun animale infetto) a chiedere con forza l’autorizzazione
in deroga a macellare. E ora a
far propria l’iniziativa e rilanciarla è Coldiretti Sardegna.
LA PROPOSTA. Diverse le richieste, in testa l’istituzione di un
corridoio sanitario preferenziale per le aziende non interessate dalla Psa. «È anche necessario - hanno detto il presidente
regionale dell’associazione di
Le zone vicine al metanodotto saranno sottoposte solo a una servitù di passaggio
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naccia potrebbe arrivare dalle
decisioni del ministero della Sanità di “recintare” la Sardegna.
Un’ipotesi che l’assessore alla
Sanità Simona De Francisci e la
Regione stanno cercando di impedire.
Nei giorni scorsi era stato l’imprenditore cagliaritano Pierluigi
Mamusa, titolare di un’aziendamodello a San Gavino (16 mila
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Pier Luigi Mamusa
Le società certificate
«Non si può
bloccare l’export
di carni sarde»
Trentatré anni fa divenne famosa. Per la
Sardegna, una piaga. Era il 1978 e in una
porcilaia della provincia di Cagliari i veterinari toccarono con mano ciò che fino ad
allora avevano studiato sui libri. Psa, ovvero la peste. Il morbo africano che faceva strage di maiali. Un male che in pochi
mesi iniziò la diffondersi velocemente
(raggiungendo il Nuorese) e costringendo
la Regione (era il 1982) a promuovere il
primo piano quinquennale di eradicazione della Psa. Trentatrè anni dopo la peste
suina africana fa ancora paura. Agli imprenditori proprietari degli allevamenti
intensivi su strutture adeguate e in condizioni di “marchio” di alta biosicurezza;
agli allevamenti a conduzione familiare
con sistemi semibradi.
È così la Sardegna. «Generalmente il
comparto riguarda produzioni legate al
territorio con una presenza di animali allevati allo stato brado e semibrado, soprattutto nelle zone interne, che utilizza risorse naturali e sottoprodotti aziendali e
dell’industria alimentare. La produzione è
quella del suinetto da latte destinato al
consumo locale», spiegano alla Coldiretti.
«Sono però presenti nell’Isola anche realtà caratterizzate da allevamenti intensivi
per la produzione del maialino da latte di
sei, dieci chili, ma anche all’allevamento
dei magroni di 80, 110 chili».
«Purtroppo - dicono Pier Luigi e Alessandro Mamusa - esistono sacche di illegalità e di pascolo abusivo che impediscono di vincere sulla peste suina. Situazioni, sia chiaro, che non vanno confuse con
l’allevamento brado e semibrado che anzi andrebbe incentivato. Adesso, come
aziende certificate, chiediamo che si eviti
il blocco delle esportazioni, perché impedire la presenza delle carni di suino sardo nei banchi del mercato d’oltre Tirreno
vuol dire la perdite di uno status di qualità anche nel mercato isolano». (a.pi.)
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