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LEZIONE P8 Il dolo eventuale e la colpa cosciente nell`evoluzione

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LEZIONE P8 Il dolo eventuale e la colpa cosciente nell`evoluzione
LEZIONE P8
Il dolo eventuale e la colpa cosciente
nell’evoluzione giurisprudenziale
Sommario: 1. Le diverse teorie sulla distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente. – 2. Il
caso dei rapporti sessuali non protetti con malato di HIV. – 3. Il caso delle lesioni o del decesso nella circolazione stradale. – 4. La responsabilità dei vertici di un’impresa per eventi
lesivi dell’incolumità dei lavoratori: il caso ThyssenKrupp esaminato dalle Sezioni Unite. –
5. Il c.d. caso Spaccarotella. – 6. Altre questioni in tema di dolo (rinvio).
1. Le diverse teorie sulla distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente
Il dolo eventuale ricorre quando il reo, agendo ad altro scopo, si rappresenta in termini concreti la possibilità che l’evento illecito si produca e che,
nonostante siffatta previsione, si determini all’azione accettando il rischio
della sua realizzazione. In tal caso, il soggetto pur rappresentandosi l’evento non lo vuole (infatti, la volontà non si dirige verso l’evento), ma agisce
anche a costo che questo si verifichi.
Figura affine a quella del dolo eventuale è la colpa cosciente o con
previsione che ricorre quando il soggetto pone in essere un fatto di reato
pur avendo previsto la possibilità che si realizzi, anche se tale rappresentazione è accompagnata dalla convinzione individuale che la conseguenza
lesiva alla fine non si realizzerà. Ove si riconosca la presenza di una fattispecie concreta inquadrabile nell’alveo della colpa cosciente, alla pena
base verrà applicato un aumento fino ad un terzo, stante il disposto dell’art.
61, comma 1, n. 3 c.p. Dunque, anche se l’evento entra nella sfera della
rappresentazione, comunque si può parlare di colpa, come, del resto, fa
la disposizione normativa da ultimo richiamata (che parla chiaramente di
“delitti colposi”), purché ovviamente manchi la coscienza e volontà anche
di uno soltanto degli elementi positivi o vi sia l’erronea convinzione dell’esistenza di un elemento negativo.
Così enunciata la nozione di colpa cosciente, è evidente che essa presenti una forte attiguità con quella, già tracciata, del dolo eventuale.
La distinzione tra le due figure ha ricadute applicative di estrema rilevanza. I due parametri soggettivi possono implicare conseguenze sanzionatorie diverse, essendo punito più gravemente il delitto doloso rispetto a
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parte generale
quello colposo, sempreché lo stesso sia previsto dalla legge anche a tale
ultimo titolo (si pensi all’omicidio volontario di cui all’art. 575 c.p., punito più severamente dell’omicidio colposo di cui all’art. 589 c.p.). Qualora
il delitto non sia previsto anche come colposo va esclusa la sussistenza
stessa dell’illecito penale (si veda, a tal proposito, l’art. 42, comma 2, c.p.).
È d’uopo, pertanto, precisare in modo puntuale i confini tra le due figure
soggettive. Al riguardo, sono state avanzate molteplici teorie, sintetizzabili
in tre principali indirizzi ermeneutici.
Una prima impostazione rinviene il discrimen tra la colpa con previsione ed il dolo eventuale nella prevedibilità del risultato, atteso che nella prima la verificabilità dell’evento resta un’ipotesi astratta, mentre nel secondo
il verificarsi dell’evento si atteggia come concretamente possibile.
Altre correnti di pensiero, vagamente moraleggianti, individuano
nell’indifferenza o nell’approvazione, il criterio principe onde sancire se nel
caso concreto si configuri l’uno o l’altro requisito psicologico. Il soggetto agisce in dolo quando si mostra indifferente rispetto alla realizzazione
dell’evento, che, dunque, in una certa misura accetta anche se non è oggetto immediato della sua volontà, mentre è in colpa, seppur aggravata,
ove egli supponga come non realizzabile l’evento, ritenendolo evitabile in
virtù di abilità personali esistenti o presupposte ovvero per l’intervento di
altri fattori. La distinzione tra le due categorie viene per tal via affidata a
schemi di tipo emotivo.
Un diverso approccio evidenzia la particolare pregnanza che nell’indagine deve assumere l’elemento volitivo. Così, si distingue il dolo eventuale
dalla colpa cosciente a seconda della illiceità o liceità dello scopo perseguito dall’agente oppure ci si sofferma sulla prognosi di quale sarebbe stata
la condotta del reo qualora fosse stato sicuro il verificarsi dell’evento lesivo
da lui non voluto, considerando responsabile il reo a titolo di dolo eventuale
ove egli avrebbe cionondimeno agito. In questa prospettiva, ricorre il dolo
eventuale se il soggetto avrebbe agito anche se avesse avuto la certezza
della verificazione dell’evento collaterale, mentre ricorre la colpa cosciente
qualora il soggetto sarebbe astenuto dalla condotta.
Si segnala, infine, la c.d. teoria mista, che tenta di coniugare il momento rappresentativo con quello volitivo. Si fa leva sul criterio discretivo
dell’accettazione del rischio, alla stregua del quale assume un atteggiamento psicologico qualificabile in termini di dolo eventuale il soggetto
che, pur non volendo cagionare l’evento, perché la sua condotta è diretta ad altri scopi, accetta il rischio che il medesimo si verifichi quale
conseguenza della sua condotta. Secondo tale orientamento accettare il
rischio di produrre l’evento equivale a volerlo, atteso che in tali evenienze il soggetto agisce anche a costo di determinare quell’esito, mentre
nella colpa cosciente l’agente si rappresenta la possibilità che l’evento si
possa realizzare, ma opera nella ragionevole speranza che non si verifi-
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chi, confidando nella propria capacità di controllare la condotta e le sue
conseguenze o nell’intervento di fattori esterni. Al riguardo, fondamentale
risulta il tipo di valutazione che il soggetto compie di fronte all’incertezza
del decorso degli avvenimenti. La mera speranza non appare sufficiente
per ritenere integrata una fattispecie colposa, dovendo essere accompagnata dalla certezza che l’evento non si realizzi, certezza che, per quanto
soggettiva ed avventata, sia comunque dotata di un fondamento razionale, nel senso che a posteriori si può ragionevolmente ritenere che, date la
condizione soggettiva e le circostanze di fatto, il soggetto abbia confidato
di essere in grado di scongiurare l’evento.
Secondo la teoria dell’accettazione del rischio, dunque, oggi prevalente
in dottrina ed in giurisprudenza, il dolo eventuale si differenzia dalla colpa cosciente in quanto il primo consiste nella rappresentazione della
concreta possibilità della realizzazione del fatto, con accettazione del
rischio (e, quindi, volizione) di esso, mentre la seconda consiste nella
astratta possibilità della realizzazione del fatto, accompagnata dalla
sicura fiducia che in concreto esso non si realizzerà (quindi, non-volizione) (in questi termini, tra le altre, Cass. pen., Sez. I, 1 agosto 2012, n.
31449; Cass., Sez. IV, 14 giugno 2012, n. 23588; Cass., Sez. IV, 24 marzo
2010, n. 11222; Cass., Sez. IV, 24 giugno 2009, n. 28231).
Va, peraltro, precisato che affinché sussista il dolo l’accettazione non
deve riguardare solo la situazione di pericolo posta in essere, ma deve
estendersi anche alla possibilità che si realizzi l’evento non direttamente
voluto, pur coscientemente prospettatosi. Invero, il dolo eventuale è pur
sempre una forma di dolo e l’art. 43, comma 1, c.p. richiede non soltanto
la previsione, ma anche la volontà di cagionare l’evento, sicché la forma
più tenue della volontà dolosa, oltre la quale si colloca la colpa (cosciente),
deve essere costituita dalla consapevolezza che l’evento, non direttamente
voluto, ha la probabilità di verificarsi in conseguenza della propria azione
nonché dell’accettazione volontaristica di tale rischio.
Se normalmente il dolo eventuale si configura in relazione all’elemento
volitivo, in realtà, può attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in
presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone
per ciò stesso l’esistenza (Cass., Sez. IV, 27 giugno 2011, n. 25668).
È chiaro, però, che, al di là delle questioni teoriche, il vero problema che si pone concerne l’accertamento in concreto, poiché, qualunque sia la teoria che si voglia seguire, è indispensabile, per un verso o
per l’altro, indagare sull’effettivo atteggiarsi della volontà dell’agente
e del modo con cui egli si sia rapportato rispetto all’evento.
Particolarmente significativo della sussistenza di varie teorie sulla differenza tra dolo eventuale e colpa cosciente, è il passaggio di motivazione
della Cass. Sez. I, 14 giugno 2001, n. 30425, ove si legge “Il problema
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parte generale
dell’individuazione dei criteri distintivi tra colpa cosciente e dolo eventuale
è da tempo oggetto di attenzione da parte della dottrina, ma non appare
opportuno riportare in questa sede tutte le teorie che sono state elabora‑
te in proposito. Appare invece più utile e proficuo un breve esame della
giurisprudenza più recente di questa Corte, formatasi sul tema. Da tale
esame, sia pure con qualche diversità di accenti e sfumature, emergo‑
no essenzialmente due principali filoni giurisprudenziali. Il primo, decisa‑
mente prevalente, privilegia la tesi che l’elemento che differenzia il dolo
eventuale dalla colpa con previsione dell’evento si basa sul cosiddetto
criterio dell’accettazione del rischio: si afferma cioè che risponde a titolo di
dolo l’agente che, pur non volendo l’evento, accetta il rischio che esso si
verifichi come risultato della sua condotta, comportandosi anche “a costo
di determinarlo”, mentre risponde a titolo di colpa aggravata l’agente che,
pur rappresentandosi l’evento come possibile risultato della sua condotta,
agisce nella ragionevole speranza che esso non si verifichi. In tal modo,
si dice generalmente, accettare il rischio di produrre l’evento equivale a
volerlo, e in tal modo si rispettano ed applicano le norme vigenti in tema
di elemento psicologico (artt. 42 e 43 c.p.), che, ai fini della sussistenza
del dolo, richiedono comunque come indefettibile l’esistenza dell’elemento
volitivo sotto l’aspetto della consapevole volontarietà dell’evento. In tale
solco si inseriscono indubbiamente le seguenti sentenze, per alcune delle
quali si riportano anche le massime: “La linea di demarcazione tra dolo
eventuale e colpa con previsione è individuata nel diverso atteggiamento
psicologico dell’agente che, nel primo caso, accetta il rischio che si realizzi
un evento diverso non direttamente voluto, mentre nella seconda ipotesi,
nonostante l’identità di prospettazione, respinge il rischio, confidando nella
propria capacità di controllare l’azione. Comune è, pertanto, la previsione
dell’evento diverso da quello voluto, mentre ciò che diverge è l’accettazio‑
ne o l’esclusione del rischio relativo”. (Cass., Sez. IV, 20 dicembre 1996,
n. 11024). “Il fondamento dell’imputazione dolosa, nel dolo eventuale, in
cui l’attributo eventuale non concerne il dolo che deve sussistere ma il
risultato possibile, per l’appunto eventuale, cui il dolo si riferisce, va rav‑
visato nell’accettazione da parte dell’agente della possibilità dell’evento,
sia pure come risultato accessorio rispetto allo scopo della sua condotta.
Qualora l’agente abbia, invece, escluso tale possibilità, confidando di po‑
terla evitare, si versa nella colpa cosciente che, se è caratterizzata dalla
previsione dell’evento, postula che questo non sia stato voluto né accetta‑
to nell’ipotesi che si verifichi”.(Cass., Sez. I, 3 giugno 1993, n. 7382). … Il
secondo, pur non escludendo del tutto l’aspetto del rischio, pone tuttavia
l’accento sulla prevedibilità dell’evento, ed afferma che si ha dolo eventua‑
le nel caso in cui il verificarsi dell’evento si presenti come concretamente
possibile, mentre si versa in ipotesi di colpa cosciente allorché la verifica‑
bilità dell’evento rimane una ipotesi astratta. L’aspetto dell’accettazione
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Lezione P8. Il dolo eventuale e la colpa cosciente
del rischio rimane relegato in secondo piano come un elemento implicito
nella volizione dell’azione. Appartengono a tale filone giurisprudenziale le
seguenti sentenze, delle quali si riportano le massime: “Il dato differen‑
ziale tra dolo eventuale e colpa cosciente va rinvenuto nella previsione
dell’evento. Questa, nel dolo eventuale, si propone non come incerta, ma
come concretamente possibile e l’agente nella volizione dell’azione ne ac‑
cetta il rischio, così che la volontà investe anche l’evento rappresentato.
Nella colpa cosciente la verificabilità dell’evento rimane un’ipotesi astratta
che nella coscienza dell’autore non viene concepita come concretamente
realizzabile e, pertanto, non è in alcun modo voluta”. (Cass., Sez. I, 8
novembre 1995, n. 832). “Il dato differenziale tra dolo eventuale e colpa
cosciente, prima ancora che nell’elemento volitivo, sta nella previsione
del fatto di reato che, nel caso di dolo eventuale, si propone come incerto
ma concretamente possibile e, per conseguenza, ne viene accettato il ri‑
schio; nel caso di colpa con previsione, invece, la verificabilità dell’evento
rimane come ipotesi astratta che, nella coscienza dell’agente, non viene
percepita come concretamente realizzabile e perciò non può essere, in
qualsiasi modo, voluta” (Cass., Sez. I, 21 aprile 1994, n. 458). Vi sono poi
alcune correnti giurisprudenziali minori. Una di esse fa riferimento al co‑
siddetto criterio dell’indifferenza: “In tema di omicidio, si configura la colpa
con previsione allorché il soggetto si pone in una concreta situazione di
indifferenza rispetto all’evento, sperando che esso non abbia a realizzarsi
ritenendolo evitabile per abilità personale o per intervento di altri fattori. Si
configura, invece, il dolo eventuale allorché l’agente si rappresenta due
determinate conseguenze della sua condotta, entrambe volute come pos‑
sibili o probabili come effetto del rischio della sua attività” (Cass. Sez. IV,
5 ottobre 1987, n. 27). Un’altra ritiene comunque indispensabile l’accerta‑
mento della reale previsione e volizione dell’evento: “Al fine di accertare la
ricorrenza del dolo eventuale o della colpa con previsione dell’evento non
è sufficiente il rilievo che l’evento stesso si presenti come obiettivamente
prevedibile, dovendosi avere riguardo alla reale previsione e volizione di
esso ovvero all’imprudente o negligente valutazione delle circostanze di
fatto. Ne consegue che non può rispondere di lesioni volontarie, sulla base
esclusiva dell’obiettiva prevedibiliià dell’evento, il militare che avendo ro‑
vesciato dal suo letto un commilitone, ne abbia provocato l’urto violento
contro il muro e una conseguente commozione cerebrale. Cass., Sez. I,
15 luglio 1988, n. 6581)”.
2. Il caso dei rapporti sessuali non protetti con malato di HIV
Un terreno in cui in giurisprudenza si è accreditato il criterio dell’accettazione del rischio è quello dei rapporti sessuali non protetti incorsi tra un
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soggetto affetto dal virus HIV ed un altro inconsapevole dell’esistenza di un
tale stato morboso.
La problematica non è risolvibile aprioristicamente, come dimostrano le
pronunce di legittimità e di merito che si sono succedute nella materia de
qua con epiloghi differenti.
Giova al riguardo constatare che per poter verificare se nei casi portati
all’attenzione dei giudici sia stato integrato il requisito subiettivo del dolo
eventuale o della colpa cosciente occorre effettuare un’indagine specifica
che non può prescindere dalla situazione fattuale. Invero, al fine di vagliare
se il soggetto nella fattispecie concreta abbia accettato il rischio di verificazione dell’evento bisogna aver riguardo ad alcuni parametri codificati
dall’elaborazione giurisprudenziale, quali il livello di cultura dell’agens, la
frequenza dei rapporti non protetti, l’armonia della coppia, lo stato delle conoscenze medico-scientifiche in un determinato contesto storico, l’approccio del singolo alla malattia, specie ove si atteggi in termini di rimozione e
sottovalutazione dei rischi di contagio.
Così, in considerazione delle diverse peculiarità del caso concreto, le
singole pronunce giurisprudenziali sono giunte a conclusioni divergenti. La
Corte di Cassazione ha ribadito, al riguardo, che per discernere le due
diverse figure criminose (omicidio doloso ovvero colposo) occorre incentrare l’indagine sull’effettiva volontà dell’agente e sul modo con cui si sia
rapportato all’evento. La Corte ha chiarito, dunque, che il dolo eventuale
sussiste quando il soggetto si rappresenti la probabilità o, almeno, la possibilità del verificarsi dell’evento come epilogo della sua condotta ed il rischio
di quella verificazione sia accettato con il suo comportamento. È, invece,
da ravvisare un’ipotesi di colpa cosciente quando l’individuo, pur avendo
preveduto l’evento come possibile, abbia agito nella convinzione, giusta o
sbagliata che sia, che esso non si sarebbe comunque verificato e, pertanto, la conseguenza lesiva non può essere attribuita alla sua sfera volitiva
(Cass., Sez. I, 14 giugno 2001 n. 30425, cit. (nella specie, la condanna è
stata per omicidio colposo).
Alla stregua di tali premesse, la Corte Suprema ha ritenuto corretto l’iter
motivazionale della pronuncia della Corte di Assise di Appello di Brescia,
secondo cui le condizioni di degrado culturale del reo, la scarsa presenza
all’epoca dei fatti di campagne di informazione nel settore ed il livello medio
delle conoscenze scientifiche in quel contesto spazio-temporale convergevano nella ricostruzione secondo cui l’esito infausto è stato preveduto ma
non accettato dall’agente.
Diversamente, in un’altra circostanza la Suprema Corte, precisando che
le due principali tesi in tema di distinzione tra colpa cosciente e dolo eventuale (ossia quella intellettualistica e quella dell’accetazione del rischio)
non si contraddicono del tutto perché è evidente che l’accettazione del
rischio sarà in concreto ravvisabile quando il verificarsi dell’evento si pre-
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Lezione P8. Il dolo eventuale e la colpa cosciente
senti come concretamente possibile ed anzi altamente probabile, precisa
che, nel caso esaminato, correttamente i giudici di merito avevano ritenuto
sussistente il dolo eventuale visto che la donna malata era perfettamente a
conoscenza del male dal quale era affetta, era ben conscia della concreta
possibilità di trasmettere il male al proprio partner con il protrarsi della relazione sessuale, e non poteva avere dubbi in ordine al possibile, ed anzi,
probabile esito letale dell’infezione da HIV (Cass., Sez. V, 17 dicembre
2008, n. 44712 (nella specie, la condanna è stata per lesioni gravissime
dolose, non essendo deceduta la vittima); nello stesso senso, Cass., Sez.
V, 26 marzo 2009, n. 13388, per cui in caso di contagio da HIV, determinato
da rapporto sessuale (con penetrazione anale) non protetto, ricorre il reato
di lesioni personali gravissime, sussistendo il dolo eventuale (tale sentenza si occupa anche della sussistenza, nella specie, del nesso di causalità
materiale); così anche Cass., Sez. V, 20 febbraio 2013, n.8513 per cui
sussiste la responsabilità, a titolo di dolo dal reato di lesioni personali gravissime, di un soggetto che, consapevole di essere affetto da sindrome di
HIV, ciò nonostante intrattiene per lunghi anni rapporti sessuali con il proprio partner, senza avvertirlo del pericolo e così finendo per trasmettergli il
virus della suddetta malattia).
Analoga è la soluzione fornita dal Tribunale di Savona in un caso
simile a quello appena visto. In tale pronuncia, infatti, si è ravvisato nel
contegno del soggetto un’ipotesi di dolo eventuale, per la piena consapevolezza del reo in ordine alle peculiarità del malattia e delle modalità di
contagio, in uno con un livello culturale adeguato a comprendere le conseguenze del suo agire (Trib. Savona, 6 dicembre 2007 (nella specie, la
condanna è stata per lesioni gravissime dolose, non essendo deceduta
la vittima).
3. Il caso delle lesioni o del decesso nella circolazione stradale
In caso di lesioni ovvero di decesso provocati ai danni di un pedone
investito da chi conduce in modo spericolato un veicolo, la giurisprudenza
ha sempre ritenuto sussistente in capo al conducente una responsabilità
a titolo di colpa (con previsione), a seconda dei casi, per lesioni personali
(art. 590 c.p.) ovvero per omicidio (art. 589 c.p.).
Negli ultimi tempi, stante l’intensificarsi dei casi di investimenti letali di
pedoni da parte di soggetti messisi alla guida in stato di ebbrezza, sull’onda
emotiva suscitata nell’opinione pubblica da tali gravi accadimenti, la giurisprudenza dapprima solo requirente e successivamente anche giudicante
ha cominciato a ritenere insoddisfacente la qualificazione dei reati come
colposi ed ha cominciato a qualificare in termini di dolo eventuale e non di
colpa con previsione il titolo di responsabilità di cui rispondono tali soggetti,
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parte generale
configurando così le diverse fattispecie delle lesioni personali volontarie
(art. 582 c.p.) e dell’omicidio volontario (art. 575 c.p.).
La prima sentenza che ha qualificato come doloso, sub specie di dolo
eventuale, la condotta di giuda di un soggetto che aveva investito e procurato la morte di un pedone, è del Tribunale di Roma, ufficio G.i.p., 26
novembre 2008 (depositata il 7 gennaio 2009), n. 2708. Nel caso esaminato, un soggetto, fortemente turbato da una lite con la fidanzata, alla guida
di una vettura di grossa cilindrata, aveva attraversato un incrocio in zona
centrale della capitale, in orario in cui era elevata la circolazione pedonale
e veicolare, procedendo a velocità estremamente elevata, non inferiore ai
novanta km orari, ed attraversato consecutivamente due incroci nonostante il semaforo nella sua direzione di marcia indicasse luce rossa. Secondo
il giudice romano, tenendo questo comportamento, il soggetto si è evidentemente rappresentato il rischio di incidenti, anche con possibili gravi conseguenze e ciò nonostante non ha desistito dalla sua folle condotta di guida, accettando almeno in parte il rischio di un evento drammatico. Dunque,
avuto riguardo alle modalità di guida, allo stato dei luoghi, alle circostanze
di tempo in cui si è verificato il sinistro, si è ritenuto di poter ravvisare la
prova della consapevolezza del rischio estremamente elevato di incidente
stradale conseguente alla folle condotta di guida e 1’accettazione del suo
possibile verificarsi.
La pronuncia del G.i.p. romano è stata riformata dalla Corte di Assise
di Appello di Roma, con la sentenza del 18 giugno 2009, che ha ritenuto il
fatto sussumibile nella diversa ipotesi di reato di cui agli artt. 589, comma
2, e 61, commA 1, n. 3, c.p. (omicidio colposo aggravato dalla violazione
della disciplina della circolazione stradale e dalla colpa con previsione) e,
con le già riconosciute attenuanti generiche ritenute equivalenti alle contestate aggravanti, ha ridotto la pena ad anni cinque di reclusione, a fronte
del dieci comminati in primo grado.
Il ricorso in Cassazione proposto dal Procuratore Generale presso la
Corte di Appello di Roma è stato rigettato. La Suprema Corte ha ribadito
la distinzione tra il dolo eventuale e la colpa cosciente in base alla teoria
dell’accettazione del rischio ed ha ritenuto che di tale teoria abbia fatto
corretta applicazione nel caso di specie la Corte di Appello di Roma. In
particolare, si legge in un passaggio significativo della motivazione che
“… i giudici del merito hanno correttamente considerato che – richiamato
il disposto dell’art. 43, 1° c., 3° cpv. 5 c.p., e l’inciso “anche se prevedu‑
to” –, in effetti “il reato colposo non cessa di essere tale quando l’agen‑
te abbia preveduto l’evento..”, id est solo perché ha preveduto l’evento;
“è necessario un qualche cosa in più perché, a partire dalla previsione
dell’evento, sia attinta la soglia del dolo, sia pure nella forma del dolo
eventuale..”, giacché “il dolo eventuale, in quanto pur sempre, ed innan‑
zitutto, dolo, non cessa di richiedere la volontà dell’evento”, che nel dolo
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Lezione P8. Il dolo eventuale e la colpa cosciente
eventuale significa, appunto, prevedere ed accettare che questo possa
verificarsi. Anche l’elevato grado di colpa “non si traduce di per sé nella
prova che l’agente abbia voluto uccidere”: diversamente il dolo, pur nella
sua forma eventuale, sarebbe ravvisabile in re ipsa “per il solo fatto di una
condotta rimproverabile”, o altamente rimproverabile, laddove, in effetti,
la gravità della colpa è elemento (valutabile ex art. 133 c.p.) che dispiega
i suoi effetti, quanto all’elemento psicologico del reato, ancora sul ver‑
sante e nell’ambito di una condotta colposa, non ancora, solo per questo,
dolosa; il grado della colpa non vale ad “individuare una soglia oltre la
quale la colpa trasmodi in dolo”.
Hanno altrettanto correttamente ritenuto che “occorre distinguere la
volontà dell’evento dannoso da cui dipende l’esistenza del reato... dalla
volontà di non osservare leggi, regolamenti, ordini o discipline che quell’e‑
vento sono intesi ad evitare... Il dolo eventuale... ricorre quando si dimostri
che nell’agente sia maturata non una astratta previsione dell’evento po‑
tenzialmente derivante dalle violazioni, ma si dimostri che l’agente abbia,
in concreto, previsto quello specifico evento poi verificatosi”, e – giova ag‑
giungere – lo abbia accettato nella sua possibile verificazione: “una tale
dimostrazione... non può risolversi nella mera constatazione della condotta
integrante la violazione, per quanto grave, dei precetti cautelari...; la con‑
statazione di un grado quanto si voglia elevato di colpa non può porsi come
di per sé dirimente al fine di discernere se l’agente abbia agito in colpa
ovvero abbia agito dolosamente” (ovviamente sub specie di dolo eventua‑
le). Rilevato, poi che, per ritenere la sussistenza del dolo eventuale, “è ne‑
cessario provare che l’agente abbia ‘in concreto’ previsto quel determinato
evento poi verificatosi”, i giudici del merito si sono interrogati, “in fatto, su
quale sia stato il momento in cui l’imputato percepiva” il sopraggiungere
del veicolo a bordo del quale viaggiavano le vittime”; hanno richiamato “le
indicazioni tecniche del prof Giuseppe Marcon” (consulente del P.M.) e le
dichiarazioni rese da Valentina Giordano; ne hanno inferito, appunto “in fat‑
to”, che quando la situazione di pericolo astratta assunse le connotazioni di
concretezza l’imputato “percep” a filmine la presenza del ciclomotore quan‑
do null’altro poteva fare..”, determinandosi, a tal punto – di concretizzata
sussistenza della effettiva, tangibile e percepibile possibilità di verificazione
dell’evento – “un tempo incompatibile con quel quid di cosciente, con quel‑
la decisione di ‘rischiare’ che è necessario intestare all’imputato per poter,
poi, a lui riferire l’omicidio a titolo di dolo eventuale. …” (Cass., Sez. IV, 24
marzo 2010, n. 11222, cit.).
Con riferimento ad un altro recente episodio di investimento letale di un
pedone da parte di un soggetto alla giuda di un autovettura, la Suprema
Corte ha ribadito che la differenza tra dolo eventuale e colpa cosciente
risiede nella considerazione che il dolo eventuale è rappresentazione della
(concreta) possibilità della realizzazione del fatto e accettazione del rischio
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parte generale
di esso, mentre la colpa cosciente è rappresentazione della (astratta) possibilità della realizzazione del fatto, ma accompagnata dalla sicura fiducia che in concreto non si realizzerà (Cass., Sez. IV, 10 febbraio 2009, n.
13083, cit. Applica pure il criterio della c.d. accettazione del rischio, in tema
di circolazione stradale in caso di scontro tra veicoli, Cass., Sez. Fer., 24
luglio 2008, n. 40878, che, conclude, nel caso sottoposto al suo esame,
per la corretta individuazione da parte del giudice di merito della colpa con
previsione).
Così opinando, la Corte ha ritenuto congruamente motivato il provvedimento impugnato (emesso dal Tribunale del riesame) con cui si era rilevato che la giovane età del conducente e la disponibilità di un veicolo di
grossa cilindrata, rendevano evidente il quadro di un giovane spericolato
ed eccitato, indotto ad una condotta di guida estremamente imprudente
e negligente e intesa a rimarcare agli occhi degli amici passeggeri e dei
ragazzi che poco prima avevano contestato la guida pericolosa, la propria
sicurezza, il predominio e la padronanza dell’auto e della strada. Inoltre, si
era ulteriormente rilevato che il riscontrato stato di ubriachezza aveva certamente contribuito ad ingenerare nell’agente il senso di onnipotenza che
in uno alla giovane età ha consentito di agire convinto di non correre rischi
di sorta, confidando nelle proprie capacità di guida, considerando, sotto un
profilo più generale, che lo stato di ebbrezza alcolica che sia lieve o che
sia notevole malamente si concilia con una condotta cosciente di una persona che accetta il rischio di verificazione dell’evento, concludendo, così,
che dagli elementi a disposizione tutto sembrava far propendere per una
bravata di un ragazzo, convinto di essere più bravo degli altri a guidare e
convinto che nulla gli sarebbe potuto accadere.
Da quanto fin qui esposto, si può notare che il supporto teorico della
decisioni fin qui menzionate è il medesimo: tutte accolgono la teoria della
c.d. accettazione del rischio, con qualche influenza della teoria intellettualistica.
Con una successiva decisione, la Cassazione è tornata sulla differenza
tra dolo eventuale e colpa cosciente in tema di circolazione di veicoli ed
ha affermato che, in presenza di una condotta particolarmente spericolata
e consapevole, può ricorrere il reato di omicidio volontario (dolo eventuale),
invece del meno grave omicidio colposo aggravato dalla previsione dell’evento (Cass., Sez. I, 15 marzo 2011, n. 10411, nella fattispecie, l’imputato,
alla guida di un furgone rubato del peso di circa 2 tonnellate, nel tentativo
di sfuggire ai poliziotti, aveva tagliato diversi incroci, malgrado il semaforo
rosso, ad una velocità che variava dai 100 ai 160 km orari, ed aveva travolto un veicolo con a bordo tre ragazzi, uccidendone uno e ferendo gli
altri due, in più, sull’asfalto nel punto in cui è avvenuto l’incidente non c’era
alcun segno di frenata né tentativo di deviazione, il che è sufficiente per
concludere che la persona alla guida, che non aveva assunto né stupefa-
208
Lezione P8. Il dolo eventuale e la colpa cosciente
centi né alcolici, fosse consapevole dell’altissima probabilità di provocare
un incidente mortale).
La Corte ha sostenuto che poiché la rappresentazione, da parte dell’agente, dell’intero fatto tipico come probabile o possibile è presente sia nel
dolo eventuale che nella colpa cosciente, il criterio distintivo dev’essere
ricercato sul piano della volizione, nel senso che mentre nel dolo eventuale
il soggetto avrebbe agito anche se avesse avuto la certezza del verificarsi
di quel fatto, nella colpa cosciente una tale certezza lo avrebbe trattenuto
dall’agire. Al fine di accertare se ricorra l’una o l’altra di tali ipotesi il giudice
deve effettuare un’acuta e penetrante indagine in ordine al fatto unitariamente inteso, alle sue probabilità di verificarsi, alla percezione soggettiva delle probabilità, ai segni della percezione del rischio, ai dati obiettivi
capaci di fornire una dimensione riconoscibile dei reali processi interiori
dell’agente e della loro proiezione finalistica. Precisa, inoltre, che nel dolo
eventuale il rischio deve essere accettato a seguito di una deliberazione
con la quale l’agente subordina consapevolmente un determinato bene a
un altro. L’autore del reato, che si prospetta chiaramente il fine da raggiungere e coglie la correlazione che può sussistere tra il soddisfacimento
dell’interesse perseguito e il sacrificio dì un bene diverso, effettua in via
preventiva una valutazione comparata tra tutti gli interessi in gioco – il suo
e quelli altrui – e attribuisce prevalenza a uno di essi. L’obiettivo intenzionalmente perseguito per il soddisfacimento di tale interesse preminente
attrae l’evento collaterale, che viene dall’agente posto coscientemente in
relazione con il conseguimento dello scopo perseguito. Non è, quindi, sufficiente la previsione della concreta possibilità di verificazione dell’evento
lesivo, ma è indispensabile l’accettazione, sia pure in forma eventuale, del
danno che costituisce il prezzo (eventuale) da pagare per il conseguimento
di un determinato risultato.
Con ciò si prendono le distanze dalla c.d. teoria intellettualistica in tema
di distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente e si esalta quella c.d.
mista dell’accettazione del rischio, ponendo l’accento sulla volizione della
condotta, nel senso che nel dolo eventuale il soggetto avrebbe agito anche
se avesse avuto la certezza del verificarsi del fatto, mentre nella colpa con
previsione la rappresentazione come certa del determinarsi del fatto avrebbe trattenuto l’agente.
Nell’ambito della medesima vicenda, oggetto della già citata Cass.,
Sez. I, 15 marzo 2011, n. 10411, a seguito di impugnazione della sentenza
d’appello che si era pronunciata nel giudizio di rinvio, seguito alla predetta
Cass. n. 10411/2011, la Cassazione ha ribadito che ormai esiste un indirizzo “consolidato” nella giurisprudenza di legittimità per cui sussiste sempre
il dolo (eventuale) – e quindi l’omicidio volontario – “quando chi agisce si
rappresenta come seriamente possibile (ma non come certo) il verificarsi
dell’evento come conseguenza dell’azione” e “pur di non rinunciare all’a‑
209
lezioni e sentenze di diritto penale
–
parte generale
zione” ed “ai vantaggi che se ne ripromette”, accetta che il fatto possa
verificarsi ‘costi quel che costi’, mettendo cioè in conto la realizzazione del
fatto” (Cass., Sez. V, 27 settembre 2012, n. 42973).
Negli stessi termini, si è successivamente pronunciata la Suprema Corte affermando che il dolo eventuale consiste nella volontà dell’azione a
costo di causare l’evento, e quindi nella volontà (anche) del detto evento,
mentre la colpa cosciente consiste nella volontà dell’azione nella convinzione che l’evento – sia pur prevedibile – non si verificherà (Cass., Sez.
I. 13 maggio 2013, n. 20564, nella specie la Corte ha annullato con rinvio
la sentenza del giudice d’appello, che aveva condannato affermato la responsabilità a titolo di dolo eventuale di un automobilista che, in stato di
alterazione provocata dall’assunzione di uno spinello e di una pastiglia di
Xanax, effettuava un sorpasso azzardato, scontrandosi con un veicolo procedente in direzione opposta e così cagionando la morte del conducente
del veicolo medesimo).
4.
La responsabilità dei vertici di un’impresa per eventi lesivi dell’incolumità dei lavoratori: il caso ThyssenKrupp esaminato dalle Sezioni Unite
Va ora presa in esame la questione della responsabilità dei vertici di un’impresa per eventi lesivi dell’incolumità dei lavoratori o di terzi, in ordine al
quale si è registrata una tendenza espansiva del dolo eventuale a spese
della colpa con previsione.
Tale tendenza è partita dai giudici di merito e il caso più noto è proprio
quello relativo all’incendio sviluppatosi nelle acciaierie ThyssenKrupp di
Torino.
La Corte d’Assise di Torino, con la sentenza del 15 aprile 2011, la cui
ampia motivazione è stata depositata il 14 novembre 2011, ha condannato
alcuni manager della multinazionale ThyssenKrupp per la morte di sette
operai bruciati vivi da un incendio scoppiato all’interno delle acciaierie torinesi gestite dalla predetta multinazionale.
Il collegio giudicante, facendo propria l’impostazione accusatoria, ha
condannato l’amministratore delegato di ThyssenKrupp Terni S.p.a. per per
i delitti di omicidio volontario plurimo (artt. 81 comma 1, 575 c.p.), incendio
doloso (art. 423 c.p.), e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul
lavoro aggravata dall’evento (art. 437, comma 2, c.p.), avvinti dall’unicità
del disegno criminoso. Gli altri cinque imputati, amministratori e dirigenti
dell’impresa, sono stati condannati anch’essi per il delitto di cui all’art. 437,
comma 2, c.p., nonché per omicidio colposo plurimo (art. 589, commi 1, 2
e 3 c.p.) e incendio colposo (art. 449, in relazione all’art. 423 c.p.), questi
ultimi entrambi aggravati dalla previsione dell’evento.
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Lezione P8. Il dolo eventuale e la colpa cosciente
La Corte d’Assise ha, inoltre, condannato la società ThyssenKrupp
Terni S.p.A. per omicidio colposo ai sensi dell’art. 25-septies D.Lgs. n.
231/2001, infliggendole una sanzione pecuniaria pari ad un milione di
euro, nonché disponendo, oltre alle sanzioni interdittive ed alla confisca
del profitto del reato, la pubblicazione della sentenza sui quotidiani di
diffusione nazionale.
Nella motivazione si esaminano le scelte aziendali, scaturite dalla gestione degli imputati, che hanno condotto alla verificazione dell’evento. La
pronuncia mette in evidenza come, a partire dalla metà dell’anno 2006,
nelle acciaierie Thyssen di Torino le condizioni della sicurezza sul lavoro
in generale, e della sicurezza antincendio in particolare, fossero affette da
gravissime carenze strutturali e organizzative, quali, a titolo esemplificativo, la mancanza del certificato di prevenzione incendi; la riduzione degli
interventi di manutenzione e di pulizia sulle linee, con conseguenti perdite
di olio dai tubi che cagionavano frequenti incendi di varie proporzioni; il
mero affidamento alla “mano dell’uomo” delle operazioni di rilevazione e
spegnimento incendi, senza peraltro dotare i lavoratori di indumenti ignifughi e adeguata formazione, ed al contempo riducendo progressivamente il
numero dei dipendenti con le professionalità più qualificate. Si è accertato
che tale situazione fosse il risultato di precise scelte aziendali: la prima di
trasferire gli impianti torinesi presso il polo produttivo di Terni, e dunque di
dedicare alla nuova sede tutti gli interventi di prevenzione, evitando così
costosi investimenti; la seconda, pure ispirata a logiche di profitto, di continuare il più a lungo possibile la produzione torinese, fino cioè alla definitiva
chiusura dello stabilimento.
Si è anche accertato in che modo queste scelte aziendali che ignoravano la sicurezza dei lavoratori siano state la causa dell’incidente letale. Il
profilo di maggior interesse della decisione, e che qui più interessa, concerne l’accertamento del dolo eventuale di incendio ed omicidio in capo
all’amministratore delegato di ThyssenKrupp Terni, con conseguente sua
condanna ai sensi degli artt. 423 e 575 c.p. Si tratta, sul punto, di una sentenza assolutamente innovativa panorama della giurisprudenza penale in
materia di sicurezza sul lavoro.
Come accennato, i medesimi eventi lesivi, cioè l’incendio e le morti che
ne sono derivate, vengono rimproverati agli imputati sulla base di diversi
coefficienti psicologici: colpa cosciente, per cinque di loro; dolo eventuale,
per l’amministratore delegato. Questa conclusione si fonda su una precisa
ricostruzione teorica dei confini tra dolo eventuale e colpa cosciente, alla
luce della quale la Corte d’Assise individua gli elementi di fatto che consentono di risalire all’atteggiamento psicologico degli imputati.
In tesi generale, la sentenza si inserisce nel solco della citata decisione
della Corte di Cassazione n. 10411/2011 relativa, come visto, ad un caso
di condotta di guida spericolata sfociata in un incidente mortale. Uno dei
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