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scarica il pdf - La Storia de Trieste
Massimiliano FUCILATO A QUERETARO IL 19 GIUGNO 1867 FIGLIO D’ASBURGO, FRATELLO DI FRANCESCO GIUSEPPE, ARCIDUCA D’AUSTRIA E SFORTUNATO IMPERATORE DEL MESSICO Massimiliano, non ti fidare resta al castello di Miramare! Quella corona di Montezuma è un nappo gallico, pieno di schiuma. Del Timeo Danaos or ti ricorda: sotto la porpora trovi la corda. Massimiliano I, imperatore fino al 15 maggio 1867 C osì recitavano a Trieste, nel 1864, i versi di una nota canzonetta, le cui strofe orecchiabili si riferivano all’offerta della corona del Messico a Ferdinando Massimiliano d’Asburgo. E bene l’arciduca d’Austria avrebbe fatto ad ascoltarla quella canzone, che paragonava l’assurda corona d’oltre Oceano al cavallo di Troia e agli insidiosi doni dei greci antichi. Ma il figlio d’Asburgo non ascoltò quella saggezza popolare, né ascoltò se stesso. E partì verso un tragico destino… Illuminato liberale che aveva governato con spirito aperto e riformatore il Lombardo-Veneto e condannato la schiavitù dei negri in America, l’arciduca d’Austria era anche il romantico reazionario che a Granada, sulla tomba dei re cattolici Ferdinando e Isabella, si abbandonava a visionari sogni di impossibili imperi; uomo colto e studioso, buon scrittore e discreto poeta, degno erede di un vero trono che accetta con ingenuità il trono illusorio di un Paese di cui ben poco sa, si paragonava, in una sua lirica, a un uccello ferito all’ala e impedito di volare. Imperatore del Messico per volere di Napoleone III, Massimiliano viene lasciato solo quando cerca di governare, secondo il suo animo generoso e il suo senso austriaco dello Stato, con liberalità, sensibilità sociale e laicità avversa all’ingerenza della Chiesa. Abbandonato dall’esercito francese del maresciallo Bazaine durante la rivoluzione capeggiata da Benito Juarez, Massimiliano rifiuta di fuggire. Rimane a quello che un destino fatale lo aveva legato, con quello che considera ormai il suo popolo, sino ad affrontare con estrema dignità la morte per fucilazione; la moglie Carlotta gli sopravviverà, preda della pazzia, per lunghissimi anni, divenendo anche lei una figura del mito dei due infelici sposi imperiali. Vivissima fu l’impressione e la commozione a Trieste quando giunse la notizia del tragico epilogo. Una storia tragica e romantica, quella di Massimiliano e Carlotta, che ha lasciato alla città un ricordo struggente e malinconico e uno dei castelli più belli d’Europa. Sopra: Massimiliano I, ultimo imperatore del Messico. Il suo breve regno è durato dal 10 aprile 1864 al 15 maggio 1867. Qui sotto: lo stemma imperiale di Massimiliano I del Messico. A sinistra: Carlotta del Belgio (Charlotte di SassoniaCoburgo-Gotha), moglie di Ferdinando Massimiliano e imperatrice del Messico. Alle 10 di sera del 18 giugno 1867 Massimiliano I, ultimo imperatore del Messico, spense la luce nella sua piccola camera nel convento dei Cappuccini di Santiago de Queretaro (la città dove, nel 1824, era stata firmata la Costituzione messicana) e andò a letto. Massimiliano era molto lontano da casa. Nato in Austria, fratello minore dell’imperatore Francesco Giuseppe, aveva 35 anni, occhi azzurri, lunghi capelli biondi e una folta barba fiammeggiante a due punte. Apparteneva alla casa d’Asburgo, la più antica dinastia europea. Era arrivato in Messico nel 1864, solo poco più di tre anni prima, con la sua bella moglie, Carlotta, direttamente da Trieste, dal castello di Miramar. E questa sarebbe stata la sua ultima notte. La mattina dopo, con altri due uomini, fu portato fino alla cima di una vicina collina chiamata “Cerro de las Campanas”. Il plotone comandato per l’esecuzione era composto da sette soldati; erano già lì, in divisa, allineati, armati di fucili. Al suo arrivo, Massimiliano scese dalla carrozza e consegnò a un servo il cappello e il fazzoletto, chiedendo che fossero consegnati alla madre e al fratello. Non c’è da meravigliarsi se non lasciò alcun oggetto per la sua amata Carlotta: gli era stato detto – probabilmente per rendergli la morte più facile da sopportare – che fosse morta. Se avesse saputo la verità! Finalmente l’imperatore si girò e guardò i sette uomini scelti per essere suoi carnefici, e ad ognuno di essi diede una moneta d’oro chiedendo di mirare dritto al cuore per fargli fare una morte rapida e dignitosa. Chiese anche che non lo sfigudigni rassero, perché sua madre, l’arciduchessa rasser Sofia, potesse vederlo ancora una volta Sofia nella bara. Dicono che si sia appuntato uun pezzo di stoffa rossa alla camicia bianca plissettata, a segnare il punto in cui i tiratori avrebbero dovuto mirare. Massimiliano indossava un semplice abito nero, senza alcun segno distintivo del suo lignaggio o del suo ufficio imperiale. Affrontò i suoi carnefici con grande Af dignità ed estrema calma. “Io perdodig no tutti. t Prego anche che ognuno possa perdonare me, e che il mio sangue, che perdo sta per p essere versato, possa portare la pace in Messico. Viva Mexico! Viva l’indipendenza!” gridò in lingua spagnola. Furono le sue ultime parole. Le sette fucilate ancora risuona- PAGINE DI STORIA 183 www.storiadetrieste.it www.ilmercatino.it Qui sotto: il celebre quadro di Eduard Manet dedicato alla fucilazione dell’imperatore Massimiliano I del Messico a Queretaro (Stadtische Kunsthalle Mannheim). vano nell’aria che Massimiliano barcollò all’indietro e cadde a terra. Morì all’istante, eppure l’ufficiale che comandava il plotone si fece avanti e gli sparò un ultimo colpo a bruciapelo al fine di garantire che fosse davvero morto. Venne poi la volta dei due compagni dell’imperatore, i generali Miguel Miramon e Tomas Mejia, condannati a morire con lui. Solo pochi minuti, e i loro corpi accartocciati cadevano accanto a quello di Massimiliano, mentre le loro ultime grida si disperdevano nell’aria: “Dio salvi l’imperatore!” (secondo altre testimonianze ed altre ricostruzioni, i tre vennero fucilati insieme: Massimiliano al centro, fra Miramon alla sua sinistra e Mejia alla destra). Alla fine, i tre corpi inanimati e crivellati di colpi vennero portati via. Massimiliano aveva dato istruzioni precise prima della sua morte, su come la sua salma doveva essere preparata e rimandata in Europa. Le monete d’oro non sono bastate per mantenere intatto il suo corpo, perché la madre potesse rivolgergli un ultimo sguardo. In qualche modo un proiettile era finito lontano dal quel pezzetto di stoffa che l’imperatore si era appuntato sul petto per dirigere il tiro dei suoi esecutori, e aveva colpito Massimiliano negli occhi. Il corpo fu poi deposto in una cassa di legno, dopo aver sostituito l’occhio con uno di vetro, vistosamente dipinto. Il giornale di Queretaro “Boletin Repubblicano” nella sua edizione del 20 giugno si limitò a pubblicare un tra- 184 PAGINE DI STORIA Sopra a sinistra: il convento dei cappuccini a Santiago de Queretaro, dove Massimiliano venne tenuto prigioniero prima della sua esecuzione. la sua sentenza di morte. Sopra a destra: gli ultimi momenti di vita di Massimiliano prima di essere portato a Cerro de las Campanas, dove sarebbe stata eseguita In basso al centro: una rara istantanea del plotone incaricato della fucilazione dell’imperatore Massimiliano. Qui sotto: la collina di Cerro de las Campanas, il luogo dell’esecuzione. matiche e tentennamenti degli Asburgo, Carlotta, ormai in condizioni pietose, venne riportata amorevolmente in Belgio: non farà mai più ritorno a Miramar. Solo una volta rientrata in patria, e diversi mesi dopo la tragedia, verrà a sapere della triste sorte dell’amato marito. Morirà cinquant’anni dopo nel castello di Bouchout a Meise. Era il 1927, e l’ultima imperatrice del Messico aveva 86 anni. La coppia imperiale filetto telegrafico: “Alle sette del mattino di ieri l’arciduca Ferdinando Massimiliano d’Austria ha cessato di esistere”. La “Via Crucis” di Carlotta in Europa Mentre a Queretaro veniva eseguita la sentenza di morte di Massimiliano, Carlotta – che era partita dal Messico già il 9 luglio 1866 – girava disperatamente l’Europa, chiedendo aiuto per lo sfortunato marito. Napoleone III, colui che aveva messo Massimiliano sul trono del Messico, sostenendolo in un primo tempo con l’oro e con l’esercito francesi, aveva ormai rinunciato alla sua avventura imperiale in Nord America, giudicata troppo rischiosa, e negò ogni aiuto. Il suo atteggiamento scatenò le ire di Carlotta, che reagì in modo violento di fronte al netto rifiuto proprio dell’uomo che li aveva destinati a compiere quello sfortunato viaggio attraverso l’oceano, per andare in un Paese che non li voleva. L’imperatrice decise allora di appellarsi al cognato Francesco Giuseppe, ma inutilmente. Disperata, andò a Roma in visita a Pio IX: era il 27 settembre. Il pontefice, l’unico di cui ancora si fidava, fu costretto letteralmente ad imboccarla, e a farla dormire in Vaticano (a quanto pare, l’unica donna ad avere questo diritto). Fu tutto inutile. Nessuno mosse un dito. L’ammalarsi della giovane imperatrice del Messico, disillusa, tradita dalla famiglia acquisita e poi dai suoi stessi pari fu come un’implosione. Il 9 ottobre venne riportata a Miramar, e lì praticamente segregata, affidata alle cure dei dottori Riedel e Jilek, i quali ne diagnosticarono lo stato di follia. Il 27 luglio 1867, dopo un duro braccio di ferro con Francesco Giuseppe, tra grane diplo- E’ stato un finale drammatico per una storia cominciata molti anni prima, pieno di promesse e di felicità per gli sposi reali. Charlotte – com’era conosciuta prima di diventare imperatrice del Messico, era nata a Laeken nel 1840, figlia del re del Belgio Leopoldo I di SassoniaCoburgo-Gotha. Seria, attenta e posata, dotata di una forte personalità, era attratta dalla musica di Bach e amava leggere libri di storia. Massimiliano era tranquillo e riflessivo, e faceva un bel contrasto con lei, alta e bionda, e piena di voglia di vivere. Si sposarono il 27 luglio 1856: Carlotta aveva sedici anni, Massimiliano ventiquattro. I due lasciarono l’Europa partendo per il Messico dal castello di Miramar il 14 aprile 1864: erano pieni di speranze e di sogni per il loro futuro, e pensavano di diventare gli amati governanti di un nuovo impero. L’arciduca ci credeva davvero, sinceramente. Aveva accettato il nuovo incarico con entusiasmo e con Sopra: la camicia di Massimiliano crivellata dai colpi dei fucili del plotone d’esecuzione. Sotto: la salma di Massimiliano a Queretaro, in attesa di essere portata a Veracruz. Nelle foto a sinistra. Sopra: Napoleone III, imperatore di Francia. Sotto: Massimiliano I, imperatore del Messico. In basso: Benito Juarez, il presidente messicano rivoluzionario. Qui sopra: il primo monumento a Massimiliano, eretto sul luogo dell’esecuzione nel 1885. Qui sotto: la cappella dedicata a Massimiliano I del Messico a Cerro de las Campanas. grande senso di responsabilità, applicandosi nella ricerca quasi maniacale di tutto ciò che avrebbe potuto realizzare nel suo nuovo Paese per il bene dei suoi sudditi. Si immerse nello studio della storia, della cultura, della politica e dell’identità nazionale del suo nuovo impero. Un obiettivo certamente arduo quello di trasformarsi in un vero e proprio imperatore del Messico, per un arciduca d’Austria, della casa d’Asburgo, nato nel castello di Schönbrunn, fratello dell’imperatore d’Austria-Ungheria Francesco Giuseppe, allevato sulle rive del Danubio, spensierato, abituato ad ascoltare i valzer di Strauss e a gustare le squisite torte al cioccolato dell’arte pasticciera viennese. Poco dopo il loro arrivo, Massimiliano e Carlotta scoprirono la diversa verità sulla loro designazione al trono imperiale del Messico, mancando ogni supporto e sostegno al ruolo delle loro maestà imperiali in un Paese che li respingeva e di cui in realtà ben poco sapevano. Sconcertato da queste scomode rivelazioni Massimiliano si ripiegò su se stesso rientrando nell’abituale ruolo di esponente di una Casa reale europea: iniziò a tenere balli sontuosi, splendidi banchetti e grandi feste e ricevimenti nella sua dimora a Città del Messico, lo splendido castello di Chapultepec. Fortemente sfavorito dalle circostanze, non fu in grado di trovare un modo per fronteggiare la situazione difficile: un’impresa pressoché impossibile per un monarca straniero appoggiato da eserciti stranieri che avrebbe dovu- Senza alcun preavviso, nel 1865 Napoleone III iniziò a ritirare le sue truppe dal Messico. Un generale francese, convinto che fosse suo dovere informarne Massimiliano, consigliò l’imperatore di abdicare e di partire con loro. Ma Carlotta convinse il marito che una simile decisione era troppo disonorevole, sostenendo la tesi che il popolo messicano si era sì rivoltato contro i francesi, ma amava il suo imperatore. Quindi, lasciato il consorte in Messico, la giovane imperatrice partì per la Francia, pensando che avrebbe trovato aiuti e solidarietà in Napoleone III. Massimiliano venne abbandonato da tutti. Anche gli ultimi soldati francesi partirono. Coraggiosamente andò a Queretaro per affrontare l’esercito rivoluzionario di Juarez, ma venne tradito e catturato. Già prima del processo si sapeva quale ne sarebbe stato l’esito. Tutti gli appelli di clemenza caddero nel vuoto. Juarez era deciso a dare un segnale forte a quelle potenze europee che avrebbero potuto pensare di intervenire negli affari interni del Messico. Così, lo sfortunato imperatore del Messico è entrato nelle pagine tragiche della storia. liarmente chiamato, era il secondo figlio dell’arciduca d’Austria Francesco Carlo d’Asburgo-Lorena (fratello minore dell’imperatore Ferdinando I) e della principessa di Baviera Sofia. Mentre il primo figlio della coppia, Francesco Giuseppe, divenne imperatore d’Austria dopo l’abdicazione di Ferdinando I in suo favore (causata dall’insurrezione viennese del 1848), a Massimiliano spettarono i titoli di principe imperiale e arciduca d’Austria, principe reale d’Ungheria e Boemia. Oltre a Francesco Giuseppe, Massimiliano aveva altri due fratelli e una sorella: Carlo Ludovico, Ludovico Vittorio e Maria Anna Caroline Pia. Fu teneramente amato dalla madre, probabilmente più dell’erede al trono, e ciò creò tra il fratello maggiore e futuro imperatore e Massimiliano una frattura che mai si sarebbe sanata. Ebbe un’istruzione che spaziava in modo ampio nei vari campi dello scibile. Ricevette lezioni di lingue (francese, italiano, inglese, ungherese e ceco), lezioni di filosofia, storia, diritto canonico e scienze, oltre alla formazione militare, come si confaceva ad un rampollo della Casa imperiale. Amava dipingere e scrivere e, particolarmente attratto dalla natura, si interessò moltissimo di botanica. Coltivava gli studi di letteratura e storia, in particolare quella della propria famiglia. Profondamente affascinato dalla vita sul mare intraprese, a partire dal 1850, molti viaggi nel Mediterraneo, verso la Grecia, il Vicino Oriente, la Spagna, l’Algeria, quasi un presagio to regnare su una popolazione risentita. Massimiliano non ha visto alcuna possibilità per lui e Carlotta di uscire dai guai. Per un uomo d’onore qual era, pensare di abdicare, di tornarsene in Europa con la coda fra le gambe assieme ai francesi che abbandonavano il Messico era assolutamente fuori questione. Così decise di rimanere, sperando che con il tempo il popolo messicano, conoscendolo, avrebbe anche imparato a rispettarlo e ad amarlo. Intanto, in Francia, Napoleone III quantificava gli altissimi costi del suo intervento in Messico. Egli, purtroppo, aveva sottovalutato non solo i costi di occupazione di un Paese tanto lontano, ma anche e soprattutto la resistenza e la ribellione, che si andavano facendo di giorno in giorno sempre più forti fino a devastare il Messico intero allorché il popolo insorse per liberarsi dall’occupazione francese. Da Vienna a Trieste, a Milano, a Miramar Ferdinando Massimiliano Giuseppe d’Asburgo-Lorena nacque il 6 luglio 1832 nel castello di Schönbrunn, residenza estiva degli Asburgo, nei pressi di Vienna. Max, come veniva fami- PAGINE DI STORIA 185 In alto, a sinistra: Massimiliano d’Asburgo e Carlotta del Belgio, sposi il 27 luglio 1856. Qui sopra, nell’ordine da sinistra: lo stemma degli Asburgo, lo stemma del Regno del Lombardo-Veneto e quello di Trieste asburgica, “Città immediata all’Impero”. A sinistra, foto di gruppo della famiglia imperiale d’Asburgo. Da sinistra, in piedi: l’imperatore dell’Austria-Ungheria Francesco Giuseppe, l’arciduca Ferdinando Massimiliano, Carlotta del Belgio (moglie di Max), gli arciduchi Ludovico Vittorio e Carlo Ludovico; davanti, da sinistra: l’imperatrice Elisabetta (Sissi, moglie di Franz) con in braccio il principino Rodolfo e accanto la principessina Gisella, la principessa Sofia e l’arciduca Francesco Carlo d’Asburgo-Lorena. A destra: copertina dell’imponente opera (21 volumi) dedicata alla straordinaria impresa scientifica della fregata «Novara»a (Vienna, 1861-1876). Sotto: l’inaugurazione della cappella dedicata a Massimiliano a Cerro de las Campanas (Queretaro) il 10 aprile 1901, alla presenza della famiglia von Fürstenberg. della sua forse maggiore impresa per mare, promossa con finalità scientifiche: il giro del mondo compiuto dall’aprile 1857 all’agosto 1859 dalla fregata “Novara” (Il Mercatino ha dedicato a questa grande impresa due puntate delle “Pagine di Storia”, pubblicate nei numeri 18 e 19, rispettivamente dell’8 e del 15 maggio 2010, consultabili anche sui siti internet www.ilmercatino.it e www.storiadetrieste.it). Fu durante uno di questi viaggi che Massimiliano vide Trieste, e se ne innamorò. Ritornato nella città adriatica nel 1852, si stabilì a Villa Lazzarovich, sul colle di San Vito. Entrò giovanissimo in Marina raggiungendo ben presto i più alti gradi: nel 1853 venne nominato capitano di corvetta e nel 1854, all’età di ventidue anni, comandante supremo della Imperiale Marina da guerra austriaca: nomina molto apprezzata a Trieste e Venezia, perché qui era nota la volontà, più volte manifestata dall’arciduca, di rinnovare e di rafforzare la flotta. In effetti, Massimiliano intervenne profondamente nell’ampliamento e nell’ammodernamento del porto di Trieste e nel rinnovamento e nella riorganizzazione della flotta austriaca, dal punto di vista tecnico-militare decisamente superata e non certo rappresentativa per una importante realtà politica e militare qual era l’Impero austro-ungarico. Nella sua opera ristrutturò radicalmente e potenziò la Marina da guerra, ispirandosi a quella inglese e sollecitando la costruzione di nuove unità a vapore 186 PAGINE DI STORIA con scafi in metallo. Saranno talmente apprezzabili i risultati del suo impegno che, con la rinnovata Marina imperiale l’ammiraglio Wilhelm von Tegetthoff, alcuni anni più tardi, batterà l’ammiraglio Carlo Pellion di Persano nella battaglia di Lissa (Terza guerra d’indipendenza italiana). Si racconta che Massimiliano, mentre era in navigazione nel golfo di Trieste, sorpreso da una violenta tempesta fu costretto a rifugiarsi nella piccola baia di Grignano. Rimase molto colpito dalla bellezza del luogo e decise che là avrebbe eretto la sua dimora. Il primo marzo 1856, su progetto di Carl Junker, iniziarono i lavori di costruzione, in bianca pietra d’Istria proveniente dalle cave di Orsera, del castello di Miramar. Durante una missione diplomatica in Belgio affidatagli dal fratello, a Bruxelles conobbe una delle più belle principesse d’Europa: Carlotta di SassoniaCoburgo-Gotha, figlia del re del Belgio Leopoldo I e di Maria Luisa d’Orleans. I due si sposarono il 27 luglio del 1857. Nel frattempo, dopo le dimissioni del vecchio feldmaresciallo conte Radetzky, il fratello imperatore aveva nominato Massimiliano governatore del Lombardo-Veneto (10 marzo), con esclusione del comando militare (affidato al generale Gyulai). In settembre la coppia si stabilì quindi a Milano, ed elesse a sua residenza la Villa Reale di Monza, mentre a Grignano continuavano i lavori. Nella sua nuova veste, particolarmente influenzato dalle idee progressiste allora tanto in voga, Massimiliano, che nel frattempo aveva studiato e imparato l’italiano, si adoperò per accattivarsi le simpatie dell’aristocrazia finanziaria lombarda, ma fallì nel proposito di ottenere per le province lombarde, da Vienna, una più ampia autonomia. Si dimostrò contrario alle repressioni violente dei moti liberali che scoppiavano di continuo in città e avviò con gli ita- liani una politica di collaborazione, attirando sia l’ostilità del gabinetto di Vienna sia quella di Cavour, che temeva una eccessiva popolarità del nuovo governatore asburgico. Visti vani tutti i suoi tentativi, Massimiliano alla fine chiese di essere esonerato. La Seconda guerra di indipendenza italiana (1859) vide confrontarsi l’esercito franco-piemontese e quello dell’Impero austriaco, battuto nelle sanguinose battaglie di Solferino e S. Martino. La sua conclusione, giunta con la pace di Zurigo permise il ricongiungimento della Lombardia al Regno di Sardegna e pose le basi per la costituzione del Regno d’Italia, mentre all’Austria rimanevano il Veneto e le fortezze di Mantova e Peschiera. Abbandonata Milano, Massimiliano fu costretto a ritornare a Trieste. Non essendo ancora pronto il castello, decise di far costruire un edificio più piccolo ma molto simile a quello in costruzione (il Castelletto), che venne inaugurato con una grande festa per i bambini poveri, al suono della banda della Marina. Lì la coppia risiedette fino al Natale del 1860, anno in cui Massimiliano e Carlotta entrarono ufficialmente nel castello di Miramar (del quale era stato completato solo il primo piano). A Trieste anche Carlotta, che aveva salutato la municipalità con un discorso in italiano, venne accolta con grande simpatia, dopo essere stata un po’ snobbata alla corte di Vienna. Furono questi, molto probabilmente, gli anni più sereni per l’arciduca e la www.storiadetrieste.it www.ilmercatino.it Nelle due foto qui a sinistra: la sfarzosa sala del trono di Massimiliano nel castello di Miramar e la batteria di cannoni, dono di nozze di re Leopoldo I del Belgio alla figlia Carlotta, sistemati in una piazzola posta di fronte al castello, accanto al “Castelletto”. sua bella e giovane moglie: la coppia, libera da incarichi ufficiali e impegnativi, poteva godersi il castello e il calore dei triestini. Il 18 maggio del 1861, reduce da Madera, sbarcò nel porticciolo di Miramar la bellissima Sissi (l’imperatrice Elisabetta, moglie di Francesco Giuseppe) che, in visita ai cognati, rimase colpita dalla bellezza del castello e del suo parco. In questo periodo Massimiliano non si dedicava solo ai piaceri di corte ma viaggiava molto, specialmente nelle capitali europee, per motivi diplomatici e con la segreta speranza di poter riscattare lo sfortunato periodo milanese. Massimiliano accetta la corona del Messico Ma il destino si era già rimesso in moto, e stava preparando per i due giovani arciduchi un’altra imprevedibile, drammatica avventura che li porterà, nella primavera del 1864, ad allontanarsi da quel loro “nido d’amor costruito invano”, come dirà Carducci nella sua famosa ode “Miramar”. Nel balletto delle teste coronate che fecero da contorno alla vicenda, il “deus ex machina” fu l’imperatore Napoleone III che, dietro le pressanti richieste della Chiesa cattolica in Messico – legata ancora alla tradizione spagnola, e in possesso di molti terreni – e per salvaguardare l’influenza della Francia sul continente americano e controbilanciare la crescente potenza degli Stati Uniti (impegnati nella guerra di Secessione), inviò Qui sopra, a sinistra: il castello di Miramar, dimora di Massimiliano e Carlotta a Trieste, progettato dall’architetto austriaco Carl Junker e la cui costruzione ebbe inizio l’1 marzo 1856. Sopra a destra: al castello di Miramar, don José Maria Gutierrez de Estrada, capo della delegazione di nobili messicani, offre la corona imperiale del Messico a Massimiliano (in un dipinto di Cesare Dell’Acqua). Qui a destra: lo stemma di Massimiliano d’Asburgo scolpito nella pietra del castello di Miramar. nella repubblica messicana una spedizione militare che cacciò il presidente Benito Juarez, sostituendolo con un governo-fantoccio, in attesa dell’arrivo di un sovrano scelto in una corte europea. In realtà, già nel 1859 Massimiliano era stato avvicinato da monarchici messicani, che gli avevano proposto di diventare imperatore del Messico; ma egli non aveva accettato, preferendo soddisfare la propria passione per la botanica con una nuova spedizione scientifica nelle foreste del Brasile. Nel novembre dello stesso anno acquistò l’isola dalmata di Lacroma, presso Ragusa, con l’intenzione di restaurarne la bella abbazia per farne una lussuosa residenza estiva. In quegli anni, ricche famiglie messicane che avevano perso i vecchi privilegi a seguito dell’indipendenza del Paese nordamericano dal dominio spagnolo, si rivolgevano ai monarchi europei per poter restaurare gli antichi pri- vilegi. Alcuni Paesi che vantavano forti crediti nei confronti del Messico concordarono di intervenire militarmente e, nell’ottobre del 1861, truppe francesi, spagnole e inglesi invasero il Paese dei mariachi per arrivare a Città del Messico nel giugno del ’63. Il 3 ottobre dello stesso anno il castello di Miramar aprì i suoi cancelli a quattro carrozze: le attendevano l’arciduca Massimiliano e la consorte, principessa Carlotta. Dalle vetture scese una delegazione messicana guidata da don José Maria Gutierrez de Estrada, un esule residente a Roma che, dietro sollecitazione di Napoleone III, offrì ufficialmente la corona del Messico all’Asburgo. Dopo una serie di consultazioni tra i monarchi europei che gli sconsigliavano di accettare (l’unico a promettergli aiuto incondizionato e appoggio era stato naturalmente Napoleone III), Massimiliano chiese al Messico un referendum consultivo per conoscere il parere del popolo. Che si tenne mentre le truppe francesi occupavano Città del Messico. Il voto confermò la caduta del presidente in carica, Benito Juarez, e la proclamazione dell’Impero. Secondo quanto prevedevano le regole della Casa d’Asburgo, Massimiliano chiese anche il consenso del capo della famiglia, Francesco Giuseppe. L’imperatore gli chiarì subito che, pur non negandogli il consenso, non gli poteva però promettere alcun appoggio, perché l’Impero austro-ungarico non aveva alcuna intenzione di inimicarsi gli Stati Uniti e di imbarcarsi in imprese di dubbia utilità ma dai costi elevatissimi. L’imperatore gli consigliava di accettare solo di fronte ad un preciso impegno ed a serie garanzie di Gran Bretagna e Francia. Papa Pio IX, molto preoccupato per le notizie che giungevano dal Messico, si limitò a formulare generici “voti augurali” per una missione “tesa a difendere la fede e le tradizioni di un popolo cattolico”. (1. continua) Puoi inviarci commenti, pareri, approfondimenti e contributi sulle “Pagine di Storia” (notizie, informazioni, foto e documenti) scrivendo a: Il Mercatino “Pagine di Storia” Via Gambini 3 – 34138 Trieste, oppure via fax allo 040 660088 e-mail a [email protected] o collegandoti al sito internet www.storiadetrieste.it. Grazie per la tua partecipazione. PAGINE DI STORIA 187