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Affreschi - Istituto Pascal RE

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Affreschi - Istituto Pascal RE
Pietro da Cortona, Trionfo della Divina Provvidenza, 1633-39, Roma Pal. Barberini
(vedi diapo successiva)
Sull’affresco “Divina Provvidenza” di P. da Cortona
Per Argan questo affresco “è il testo figurativo fondamentale della rettorica
barocca: una macchina figurativa grandiosa, spettacolare, quasi a
dimostrare che i contenuti non sono più che un pretesto all’onnipotente
tecnica dell’arte”.
Per il libro di testo la pittura di Cortona è “vigorosa, animata da una
pennellata fluida, a larghi tratti, esprime un classicismo che è insieme frutto
dell’adesione al gusto erudito dei suoi committenti e scelta autonoma di
grandi modelli; esso viene vivificato dalla naturalezza espressiva,
dall’accensione dei colori di ascendenza veneta (Veronese “Trionfo di
Venezia” in Palazzo ducale) e dal vigore degli effetti plastici ai quali non può
essere estranea l’esperienza della prima scultura del Bernini (riferimento al
Ratto delle Sabine del Cortona e il Ratto di Proserpina del Bernini vedi diapo
succesiva).
Se per Annibale Carracci la pittura deve rappresentare “quelle realtà
dell’immaginazione che sono le immagini (…) che, oltrepassando i limiti del
reale, si sostituiscono alle verità oggettive della natura e della
storia”(Argan), per contro il classicismo di Cort. è un discorso allegorico,
colto e socialmente elevato(…). La prospettiva non è un concetto dello
spazio ma una sua allegoria enfatizzata.
All’”Ut pictura poesis”(Orazio) di Annibale, e cioè il far sì che la pittura
abbia lo stesso potere della Poesia di creare una realtà altra da quella
conosciuta con il potere evocativo delle immagini,
Si contrappone l’assenza di “idealismo”della pittura di Cortona che sembra
essere (sempre secondo Argan), pura tecnica del visibile, dell’appariscente.
G.L.Bernini, Ratto di
Proserpina,marmo,
1621-22, Roma
Galleria Borghese
P.Da Cortona, Ratto delle Sabine, olio , dopo il 1626,
Roma, musei capitolini.
Il tema (ratto delle Sabine) ricorre spesso in questo
Periodo ed è emblematico della virtù femminile.
Lo sfondo è quello usuale nell’opera dell’artista: temPli antichi, obelischi, statue, colonne, alberi lussureggianti,
Che, come in teatro, fanno da fondale alle gesta rappreSentate in primo piano.(in:”Art Dossier”,n°72,Giunti)
E’ evidente nell’opera di Cortona l’ispirazione alla
Scultura del Bernini. I due artisti si frequentarono nei
Primi anni della permanenza di P.da Cortona a Roma.
Affresco della “Divina Provvidenza”
Particolare del “Trionfo” con la figura
Della Provvidenza; sotto di lei Crono
E le Parche (allegoria del potere che
Ella ha sul Tempo). A lato L’Immorta
Lità che porta la corona di stelle verso
Lo stemma del casato Barberini posto
Più in alto.
Si notino nella struttura arch.dipinta,
Gli ignudi (qui però trasformati in tritoni)
a lato di medaglioni bronzei,
Già noti in Annibale e Michelangelo
Le virtù teologali sorreggono
La ghirlanda d’alloro (simbolo
Di immortalità) e al centro
Campeggiano enormi le tre
Api icasticamente riprodotte
come nello stemma Barberini.
Sopra, le allegorie della Reli
Gione con le chiavi, e di Roma
Che sorregge la tiara papale.
L’angioletto che compare in
Alto a sinistra mentre porge un
Serto d’alloro, è una
allusione alle qualità
di poeta di Urbano VIII, che
Commissionò quest’opera proprio
Per celebrare la sua elezione al
Soglio pontificio.
Trionfo della divina Provvidenza, part. Con Saturno e le Parche
In questo particolare di uno dei due lati lunghi del Trionfo
È “il trionfo della pace” la cui principale figura allegorica è
La matrona di veronesiana memoria (la Pace) assisa al centro con
la Prudenza a sinistra e la Potestà a destra.
Sulla destra è dipinto il Furore incatenato(non visibile) e a
Sinistra i Ciclopi che forgiano armi
Trionfo della divina Provvidenza, part. Con Il Furore incatenato (a destra)
La scena è dipinta su uno
dei lati brevi del salone. Nei
giganti che precipitano
verso il basso c’è il ricordo
dell’affresco a Mantova di
Giulio Romano ; più vicino
cronologicamente c’è il
precedente di una figura di
san Crisogomo affrescata
da Guercino nell’omonima
chiesa romana.
Di Guercino, Cortona
assimila anche il
cangiantismo dei colori
chiaroscurati e metallici e il
modellato guizzante e
plastico.
Minerva simboleggia la
Ragione che trionfa sulla
ferocia e la forza bruta,
espressa dai Giganti.
Minerva scaccia i Giganti, part. Del Trionfo Div. Provv.
Copia da Guercino dell’affresco
In San Crtisogono a Roma,
Gloria di san Crisogono
Si fa risalire a questo
affresco(Assunzione di Maria)
Di Giovanni Lanfranco, l’inizio
della grande decorazione barocca
romana.
Dipinto fra il 1624 e 1627 nella
cupola di Sant’Andrea della Valle a
Roma, è antecedente di una decina
d’anni alla decorazione del soffitto
Barberini.
E’ la ripresa della concezione
spaziale del Correggio che simula
uno spazio libero e dilatato.
I girali concentrici di nuvole
assiepate di santi e beati, evocano
fortemente l’immagine di un
vortice il cui fulcro visivo è la
figura in forte scorcio di Maria
Al centro della cupola.
Luminismo caravaggesco e colori
che vieppiù si sale sfaldano la
forma, contribuiscono alla
suggestione prospettica
G. Lanfranco, Gloria dei
beati,
(1641), Napoli, Duomo,
cappella del Tesoro.
Un’analoga soluzione a
quella
di sant’Andrea della Valle a
Roma, è questa di Napoli,
Dove al centro campeggia
L’Onnipotente e le schiere
Dei beati sono disposte sulla
spirale ascendente della
composizione.
Il ritmo appare ancora più
Serrato e meno rarefatto;
Il luminismo del primo
ordine di figure sfuma
gradualmente verso il
giallo-oro della luce divina.
P.Da Cortona, Trinità in
Gloria e profeti,(1648-51),
Roma,
Santa Maria in Vallicella,
Cupola
Il movimento rotatorio è
Assicurato dai due princi
pali cerchi concentrici;
Quello centrale, con l’effigie
simbolica
Della colomba, sembra
Ruotare per la spinta
Dei dinamici angeli posti
Attorno.
L’altro anello di figure,
Più ampio, dipinto col
consueto chiaroscuro, pare
Ruotare nel senso opposto.
Fase matura del barocco
i grandi cicli di affreschi
La prospettiva evoca uno spazio infinito e illusorio
e non è più un mezzo per conoscere la realtà,
come accadeva nel Rinascimento
La figura umana perde centralità ed importanza a
favore dei gruppi affollati di figure
Gli andamenti sinuosi delle composizioni(anche in
arch.)si basano sulla linea curva e formano
spesso figure policentriche,come l’ellisse o la
spirale
Gli affreschi sulle volte hanno l’obiettivo di
“stupire”, “meravigliare” ed hanno una prevalente
funzione decorativa
Fase matura del barocco
Pittura,
architettura, scultura
concorrono insieme a creare l’effetto
scenico o scenografico voluto,
fondendosi spesso in un unico
organismo artistico-teatrale
G.B.Gaulli,Esaltazione del nome di
Gesù, affresco, Roma, chiesa del
Gesù (1676-79)
La volta è completamente
affrescata, anche nelle partiture
Dell’architettura dorata.
La sorgente di luce proviene
dal trigramma di Cristo; un fiotto
Di luce investe i beati e li
Proietta al di fuori della quadratura
Compositiva accrescendo così
L’effetto di sfondamento
Spaziale.
Andrea Pozzo, Gloria di sant’Ignazio, affresco, Roma, chiesa di sant’Ignazio (1691-94)
L’artista crea qui l’idea di uno spazio infinito che s’innesta sullo
spazio reale della chiesa, eliminando ogni ordine visibile tra
architettura reale, quella dipinta e lo spazio aperto del cielo.
L’illusione ottica generata dalla prospettiva e dalla fusione delle
arti(pittura,scultura,architettura), tipica delle grandi decorazioni
barocche risulta qui assolutamente perfetta, se l’osservatore si
pone nel punto appositamente indicato da un disco sulla
pavimentazione della chiesa.
Il punto di fuga , si trova nel centro geometrico della
composizione verso cui convergono le linee della struttura
architettonica dipinta, e in cui è collocata la figura chiave di
Cristo (Tornaghi E. “Le stanze dell’arte”).
Il Pozzo adottò un particolare metodo per la quadratura: di notte
una graticola di fili veniva proiettata sul muro da affrescare e qui
trasposta nella forma deformata della volta. Questo
procedimento empirico si basava sull’uso di una sola fonte
luminosa che dava luogo a un effetto illusivo di sfondato con un
unico punto di vista. Veniva così creato un passaggio
impercettibile dal reale al sovrannaturale(Storia Universale
dell’arte, “Da Caravaggio a Bernini”, vol 9)
A.Pozzo,Gloria di Sant’Ignazio, part.
Il soggetto esalta l’opera missionaria dell’ordine
dei gesuiti fondato da sant’Ignazio; un raggio di
luce parte dal Cristo centrale e colpisce il santo già
collocato nell’empireo dei beati e, riflesso da
questo, viene catturato da specchi ustori (col
monogramma di Cristo IHS) che accendono il
“fuoco” sulla terra(allusione a una citazione
evangelica, e cioè alla fede in Cristo propagata nel
mondo; in questo caso dai Gesuiti).
Nei lati lunghi le figure sedute sulla cornice
architettonica rappresentano le allegorie dei
quattro continenti nei quali la Compagnia svolgeva
la sua missione di apostolato: Asia, Africa, Europa
e America.(“Da Caravaggio a Bernini”, cit.)
Luca giordano
Trionfo di Giuditta
1703-04
affresco,Certosa di San Martino,
Napoli
Questa pittura che porta al centro il
Trionfo di Giuditta e intorno altre
storie del Vecchio Testamento
racconta l'ultimo Giordano: pittore
tra sogno e realtà. In questa opera il
racconto sviluppato secondo una
circolarità ininterrotta per effusioni
di luci e sottili trapassi cromatici
accresce allusivamente le dimensioni
della cupola, aumenta la profondità
dello spazio; è un'opera "accordata
magicamente come un universo che
si riflette entro una lente convessa,
armonica, così da risultare
monumentale, pur entro dimensioni
ridottissime; il più straordinario
artificio pittorico realizzato a Napoli
nel solco dell'illusionismo barocco
alle soglie del Rococò
europeo".(Ferraro)
Luca Giordano (Napoli, 1634-1705). Da ragazzo Giordano
studia e apprende la tecnica pittorica nella bottega di Jusepe
de Ribera. Nel 1652 parte per il primo dei suoi numerosi
viaggi. Dopo una sosta a Roma, prosegue per Firenze e
Venezia avendo così modo di formarsi una cultura ricca e
aggiornata. Il contatto con la pittura veneta lo induce ad
abbandonare l’iniziale chiaroscuro di matrice caravaggesca
appreso dal Ribera per dedicarsi ad una produzione luminosa e
dinamica. Tornato a Napoli sperimenta questo suo nuovo
modo di dipingere nelle numerose chiese dove viene chiamato
a lavorare. Il successo della sua arte pittorica appare evidente
dal suo secondo viaggio che lo porta a Firenze e Venezia, dove
Giordano diventa per molti altri artisti il maestro da ammirare
e imitare. In età matura egli alterna periodi di lavoro a Napoli,
con soggiorni in altre città.
Nel 1682 a Firenze esegue la galleria affrescata di Palazzo
Medici-Riccardi, uno dei suoi capolavori. Risulta ormai
chiara la rottura con gli schemi della pittura classica: le
figure libere sullo sfondo del cielo che Luca dipinge
sembrano preannunciare i caratteri tipici dell’arte
settecentesca. Diventato famoso in tutta Europa, nel 1692
si trasferisce a Madrid dove lavora per circa un decennio
affrescando i soffitti dell’Escorial ed eseguendo uno
straordinario "Omaggio a Velazquez" .Alle soglie dei
settant’anni torna a Napoli, dove nel 1704 dipinge il
"trionfo di Giuditta" nella cappella del Tesoro della certosa
di San Martino, ultimo suo capolavoro.
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