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Il mercato immobiliare italiano: Tendenze recenti e prospettive

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Il mercato immobiliare italiano: Tendenze recenti e prospettive
AITEC
Associazione Italiana
Tecnico Economica Cemento
NOTA di RICERCA
dell’UFFICIO STUDI AITEC
www.aitecweb.com
[email protected]
IL MERCATO IMMOBILIARE
ITALIANO: TENDENZE
RECENTI E PROSPETTIVE
febbraio 2012
AITEC
TENDENZE DELL’INDUSTRIA ITALIANA DEL CEMENTO
TRIMESTRALE A CURA DELL’UFFICIO STUDI AITEC
www.aitecweb.com - [email protected]
La competitività del mercato immobiliare italiano
Nella nostra consueta analisi delle performance del mercato del cemento abbiamo assistito negli ultimi
cinque anni ad un forte decremento (-32%) dei volumi. Il perdurare della crisi economica sta colpendo
in particolare il mondo delle costruzioni; le finanze pubbliche sono assorbite dall’espandersi delle spese
correnti e lasciano poco spazio agli investimenti. La risorsa principale rimane la ricchezza delle famiglie
italiane, un valore da primato, che potrebbe risollevare le sorti del mercato immobiliare qualora quest’ultimo offrisse rischi accettabili e rendimenti adeguati. Il mercato delle costruzioni costituisce più del
10% della ricchezza nazionale, coinvolge circa 2 milioni di addetti ed è la parte dell’economia che ha
trainato la seppur modesta crescita economica italiana dagli anni ‘90 al 2007.
Questa Nota cerca proprio di approfondire le cause alla base della crisi del settore immobiliare che ha
avuto pesanti ripercussioni sul mercato delle costruzioni e su quello del cemento in particolare.
Nell’analisi dei dati e nelle ipotesi di scenari abbiamo registrato un’elevata incertezza: da un lato la
domanda “naturale” di abitazioni e la ricchezza delle famiglie italiane mostrano i fattori necessari e sufficienti per una ripartenza del mercato, dall’altro i rendimenti modesti e la scarsa attenzione del legislatore
paventano un ulteriore decremento del mercato, sulla scorta di altri paesi (Spagna e Irlanda) che hanno
raggiunto livelli di disoccupazione critici.
L’investimento real estate rende oggi molto poco (intorno al 2-3%), è oberato da una tassazione eccessiva e sconta un periodo di mancata rivalutazione di circa 6 anni. Questo è il problema essenziale che
rende non competitivo investire oggi in Italia in immobili contribuendo a spostare risorse verso altri asset,
come i titoli di Stato o anche verso l’immobiliare estero.
A questo si vanno ad aggiungere le criticità della cornice tributaria e le incertezze legate alla fiscalità
immobiliare, che conducono agli annunci di erosione o alle limature effettive dei crediti di imposta per le
vecchie ristrutturazioni, oppure alla reintroduzione dell’imposta patrimoniale sulla prima casa.
L’enorme ricchezza delle famiglie italiane, un fenomeno da primato legato alla nostra antropologica
propensione al risparmio, necessiterebbe di essere veicolata in qualche modo verso il patrimonio immobiliare nazionale attraverso rendimenti che siano adeguati e competitivi.
Tra le linee di indirizzo che sentiamo possano essere di ausilio alla ripartenza del mercato elenchiamo, in sintesi:
• Una generale revisione delle politiche impositive che gravano sul settore immobiliare.
• Un consistente rilancio dei progetti di riqualificazione urbana che, attraverso puntuali interventi di
demolizione e ricostruzione, possano insieme ridare smalto alle nostre città e da straordinari e transitori possano affermarsi come strumenti ordinari di intervento, dirottandoli verso una coerenza di
obiettivi e di ruoli con la pianificazione urbanistica, di cui debbono diventare a pieno titolo strumenti
di attuazione.
• Un nuovo piano per l’housing sociale che favorisca l’accesso delle categorie svantaggiate, in primis
giovani coppie e studenti, a un contesto abitativo e sociale dignitoso che consenta il miglioramento e
il rafforzamento della loro condizione.
• Una revisione, nel medio termine delle politiche migratorie in grado di compensare il calo demografico della componente indigena della popolazione italiana.
Quella di supportare il mercato delle costruzioni non è una richiesta tout court finalizzata solo a costruire
per costruire ma ha il nobile scopo di migliorare le condizioni abitative e di vita degli italiani contemplando la riqualificazione urbanistica delle nostre città, la demolizione e ricostruzione di edifici fatiscenti e
infrastrutture obsolete e l’incremento del confort abitativo.
1
NOTA di RICERCA dell’UFFICIO STUDI AITEC
AITEC
La ricchezza delle famiglie italiane
Se le casse dello Stato languono, quelle delle famiglie italiane sembrano godere di ottima salute.
Stando al rapporto annuale della Banca d’Italia, alla fine del 2010 la ricchezza netta delle famiglie italiane, cioè la
somma di attività reali (abitazioni, terreni, ecc.) e di attività finanziarie (depositi, titoli, azioni, ecc.), al netto delle
passività finanziarie (mutui, prestiti personali, ecc.), è risultata pari a circa 8.640 miliardi di euro, ovvero quasi cinque
volte l’ammontare del nostro debito pubblico e 8,2 volte il reddito disponibile lordo, livello questo, sostanzialmente
stabile rispetto agli anni più recenti (era 6 nel 1995, 7 nel 1999, 8 nel 2008 e 8,3 nel 2009). La ricchezza netta per
famiglia è quantificabile in circa 350 mila euro (200 mila se si tiene conto solo del patrimonio abitativo).
Di questa ricchezza le attività reali rappresentano il 62,2%, quota questa, che è cresciuta rispetto ai primi anni del
decennio scorso a scapito di quella detenuta in attività finanziarie.
A fine 2010 le abitazioni rappresentavano quasi l’84 per cento del totale delle attività reali.
Ricchezza delle famiglie italiane e sue componenti, 1995-2010
10.000
(miliardi di euro a prezzi correnti; stime preliminari sul I semestre 2011)
Fonte:
Banca d’Italia
9.000
8.000
7.000
6.000
5.000
4.000
3.000
2.000
1.000
0
-1.000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 I-sem
2011
Attività reali
Attività finanziarie
Passività finanziarie
Abitazioni
Ricchezza netta
Nel confronto internazionale le famiglie italiane risultano inoltre relativamente più ricche rispetto a quelle delle
economie più avanzate. Nel 2009 la ricchezza netta è stata pari a 8,3 volte il reddito disponibile, in linea con
quanto registrato nel Regno Unito (8), superiore a quello di Francia (7,5) e Giappone (7) e notevolmente più alto
a quello del Canada (5,5) e soprattutto degli USA (4,9).
Nello specifico è interessante notare come le attività reali in rapporto al reddito disponibile lordo detenute alla
fine del 2009 dalle famiglie italiane (5,6) superassero quelle delle famiglie francesi (5,5), britanniche (5,1), americane (2,1), giapponesi (3,3) e canadesi (3,4). Ciò conferma non solo la solida e tradizionale propensione dell’Italia
all’investimento immobiliare, ma sintetizza un sistema produttivo imperniato sulle microimprese familiari per le
quali gli immobili costituiscono inevitabilmente capitale d’impresa.
Depositi nominativi e c/c delle famiglie: ammontare per classe di importo
80%
(valori percentuali)
2000
2007
60%
40%
20%
0%
Fino a 50.000
50.000-250.000
2
Oltre 250.000
Fonte:
Banca d’Italia
NOTA di RICERCA dell’UFFICIO STUDI AITEC
AITEC
Il mattone come investimento rifugio
Da un’indagine realizzata da ACRI-Ipsos emerge che il “mattone” resta l’investimento preferito dalle famiglie
italiane , ma la percentuale crolla di oltre dieci punti percentuali nell’ultimo anno (dal 54% al 43%), tornando sui
livelli di dieci anni fa. Il decremento più evidente è stato registrato nel Nord Est e nel Centro, dopo che nel 2010
c’era stato un calo significativo nel Nord Ovest, che oggi invece si mostra più stabile. In particolare tra coloro che
hanno effettivamente risparmiato nel 2011, e che quindi esprimono un giudizio molto prossimo alle effettive
intenzioni, il crollo delle preferenze per gli investimenti immobiliari è ancora più marcato: dal 58% al 41%. La
causa di questo fenomeno può essere individuata nell’anomalo aumento dei rendimenti dei titoli di stato e delle
obbligazioni, verso i quali gli Italiani non sembrano mostrare timori di mancato onoramento alla scadenza.
Se si analizza la tabella relativa all’andamento dei prezzi nominali e reali delle abitazioni nei semicentri delle città
in Italia, relativamente al periodo 1990 – 2011, (la tabella completa di dati a partire dal 1958 è disponibile tra le
Tavole Statistiche di accompagnamento alla Nota) si scopre come il mattone abbia sempre rappresentato il bene
rifugio per eccellenza, non deludendo mai, nel lungo periodo, le attese di rivalutazione dei risparmiatori italiani.
PREZZI NOMINALI E REALI DELLE ABITAZIONI NEI SEMICENTRI DELLE CITTÀ ITALIANE, 1990 - 2011
ANNO
prezzi
nominali
€/mq
valori
al 2011*
€/mq
valori
al 1958
€/mq
indice prezzi
reali1958
base 100
Compravendite
(n°abitazioni)
Indice
compravendite
1958 base 100
1990
1.833
3,171
131
247
517,085
182
1991
2.195
3,593
148
279
555,888
196
1992
2.402
3,749
153
289
465,373
164
1993
2.298
3,452
141
266
501,891
177
1994
2.221
3,219
131
247
495,178
174
1995
2.195
3,035
123
232
502,468
177
1996
2.195
2,929
118
223
483,782
170
1997
2.169
2,847
115
217
523,646
184
1998
2.169
2,798
113
213
548,570
193
1999
2.221
2,822
114
215
604,000
213
2000
2.438
3,024
122
230
800,000
282
2001
2.650
3,205
129
243
848,000
299
2002
2.855
3,375
135
255
850,000
299
2003
3.060
3,534
142
268
900,000
317
2004
3.260
3,695
148
279
870,000
306
2005
3.430
3,825
153
289
806,000
284
2006
3.600
3,939
158
298
800,000
282
2007
3.750
4,034
161
304
780,000
275
2008
3.800
3,962
158
298
680,000
239
2009
3.550
3,672
147
277
610,000
215
2010
3.460
3,522
140
264
630,000
222
2011*
3.500
3,500
142
268
600,000
236
Fonte: Scenari Immobiliari 2011
3
NOTA di RICERCA dell’UFFICIO STUDI AITEC
AITEC
Finita la rivalutazione
350
L’ultima bolla
300
Il calo dopo l’82
250
200
La discesa degli anni ‘90
150
La crisi dopo il 1974
100
50
Indice prezzi reali 1958 base 100
2010
2000
1990
1980
1970
1960
Media mobile a 9 mesi
0
8 9 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0 1
Fonte: Elaborazione Ufficio Studi AITEC su dati Scenari Immobiliari
Negli ultimi quattro anni lo scenario è, però, radicalmente cambiato.
Fino a soli pochi anni fa le famiglie investivano risorse nell’acquisto di un’abitazione per poi successivamente venderla allo scopo di acquistarne una nuova. Oppure, in una prospettiva di un investimento dal sicuro rendimento,
molti compravano, attendevano fiduciosi la rivalutazione e vendevano incassando una sostanziosa plusvalenza.
Ciò è stato particolarmente vero nell’ultimo decennio durante il quale, sulla scorta di una palese euforia (per
molti irrazionale) molti operatori (comprese le famiglie) hanno dirottato le proprie risorse verso l’immobiliare.
L’irrazionalità non era però la sola causa del gonfiarsi della bolla speculativa degli anni duemila. La presenza
di una domanda di case legata al boom demografico delle famiglie italiane e soprattutto straniere (fenomeno
questo ancora poco considerato) ha contribuito largamente ad alimentare la bolla immobiliare. Negli anni 2000
l’Italia ha vissuto il più grande boom di famiglie (ancora più rilevante di quello della popolazione) dal secondo
dopoguerra. Si è trattato di un boom di nuove famiglie italiane e di un boom di famiglie immigrate. Questo incremento demografico ha fatto si che la domanda primaria fosse un pilastro eccezionale per la fiammata immobiliare. Un’ondata di famiglie italiane e straniere che ha visto 300 mila nuovi nuclei all’anno tra il saldo di quelle
che nascono e quelle che si estinguono. Negli anni settanta erano state 265.000, negli anni ottanta 128.000. A
tutto ciò vanno aggiunte la domanda residenziale di qualità, determinata dall’ascesa di quelle famiglie che, già
proprietarie, hanno acquistato immobili di maggior pregio e la mera domanda speculativa di investimento.
La crisi finanziaria internazionale ha messo in difficoltà tutte queste singole componenti. Nel 2010 il numero delle
compravendite di abitazioni è stato pari a 617.286 NTN (Numero di Transazioni Normalizzate, ossia ponderate
con la quota di proprietà effettivamente compravenduta), +0,5% rispetto al 2009 (614.498 NTN). Ma tra il 2006
e il 2010 il mercato immobiliare italiano ha perso circa il 30% in termini di compravendite e negli ultimi tre anni
poco più del 15% in termini di valore. A peggiorare il quadro si aggiunge l’analisi relativa ai dati Istat del primo
semestre del 2011 che registra un’ulteriore contrazione delle compravendite pur in un quadro di sostanziale tenuta delle quotazioni (fenomeno questo esclusivamente italiano che va avanti ormai dal 2006 e sulla cui durata
tutti gli esperti cominciano a dubitare).
4
NOTA di RICERCA dell’UFFICIO STUDI AITEC
AITEC
Andamento del NTN (Numero Transazioni Normalizzate) (migliaia) 1985-2010
900
850
NTN residenziali (migliaia)
800
750
700
650
600
550
500
2010
2009
2008
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
1991
1990
1989
1988
1987
1986
400
1985
450
Fonte: Agenzia del Territorio
Scelte di investimento
Dunque, oggi, le famiglie italiane preferiscono impiegare diversamente (qualora riescano a risparmiare) le proprie
risorse, limitandosi al mantenimento della casa di proprietà ed effettuando solo dei semplici interventi di manutenzione. Non è un caso, infatti, che l’unica voce a non essere calata nel quadriennio 2008 – 2011 sia quella
riferita alla manutenzione straordinaria degli immobili (Fonte ANCE).
Questa nuova tendenza ha portato ad una stagnazione del mercato immobiliare e a una perdita (ancora contenuta) di valore degli immobili, sufficiente però ad intaccare la granitica convinzione del mattone inteso come
bene rifugio che si rivaluta. Le possibili spiegazioni circa l’evoluzione del fenomeno in questione possono essere
ricercate in alcune circostanze della fase attuale.
Innanzitutto nella dinamica dei rendimenti dei titoli di Stato italiani. Questi hanno infatti raggiunto livelli fino
a pochi mesi fa impensabili, crescendo di pari passo al rischio Italia. I rendimenti dei titoli di Stato, in collocamento e sul mercato secondario, hanno scavalcato ogni altro rendimento (vedi grafico) e nella percezione del
risparmiatore tipo lo Stato italiano non può non ripagare il debito ai suoi cittadini. Attirati anche dal taglio delle
commissioni di acquisto, annunciato da molte banche, oltreché dal nuovo regime di tassazione sugli interessi maturati introdotto dalla Manovra Finanziaria 2011 (20% sui conti deposito contro il 12,5% dei Titoli di Stato) per
i risparmiatori, investire nei titoli pubblici potrebbe essere una scelta interessante, quasi inevitabile, da preferire
anche all’investimento classico dell’italiano medio: l’acquisto dell’immobile.
Negli ultimi mesi, infatti, abbiamo assistito al sorpasso, in termini di rendimento netto, dei titoli di stato sugli
immobili (sia residenziali che non residenziali).
Al netto della già citata rinnovata tassazione sugli interessi e tenendo conto anche delle novità introdotte dal
ritorno dell’Ici (sottoforma di IMU) e dalla revisione delle rendite catastali, il differenziale di rendimento tra BTP e
abitazioni civili ha superato abbondantemente la soglia del 2%.
5
NOTA di RICERCA dell’UFFICIO STUDI AITEC
AITEC
Immobili Vs BTP 10 anni. Differenze di rendimento
6,00
5,00
4,00
IMU
3,00
2,00
1,00
II sem 2012
I sem 2012
II sem 2011
I sem 2011
BTP 10 anni
II sem 2010
Negozi
I sem 2010
II sem 2009
I sem 2009
II sem 2008
I sem 2008
Abitazioni civili
0
Fonte: Elaborazione Ufficio studi AITEC su dati Agenzia del Territorio e Banca d’Italia
Da notare anche il trend dei rispettivi rendimenti negli ultimi 3 anni. Su base regionale quello delle abitazioni civili
è generalmente in calo (vedi grafico) mentre il rendimento sui titoli decennali nello stesso periodo è cresciuto
notevolmente e si prevede possa continuare a crescere anche nel prossimo anno. Sembrerebbe delinearsi quindi
quell’insieme di condizioni realmente in grado di agevolare l’investimento delle famiglie nei titoli di Stato.
La quota di debito pubblico detenuta dalle famiglie italiane è passata dal 44% del 1997 al 13% attuale.
E, anche se la regola economica prevede la canalizzazione del risparmio verso attività produttive, la delicata fase
7,0%
Rendimento netto - ABITAZIONI CIVILI nelle regioni d’Italia e BTP decennale
6,0%
2009
2010
2011
2012*
5,0%
4,0%
3,0%
2,0%
Fonte: Elaborazione Ufficio Studi AITEC su dati ISTAT, Bancad’Italia e Agenzia del Territorio
6
BTP Decennale
Valle D’Aosta
Sicilia
Sardegna
Basilicata
Calabria
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Lazio
Umbria
Marche
Toscana
Emilia Romagna
Friuli V. Giulia
Veneto
Lombardia
Liguria
0,0%
Piemonte
1,0%
NOTA di RICERCA dell’UFFICIO STUDI AITEC
AITEC
Negozi nelle grandi città italiane - Costo di investimento (€/mq) e redditività lorda
12,0%
25.000
€/mq Zona più cara
€/mq Zona più economica
Redditività Zona più cara
€/mq Media città
Redditività lorda Zona più economica
Redditività lorda media città
20.000
10,0%
8,0%
15.000
6,0%
10.000
4,0%
5.000
2,0%
0
CATANIA
BARI
BERGAMO
FIRENZE
BRESCIA
SIENA
GENOVA
SALERNO
BOLOGNA
NAPOLI
ROMA
MILANO
0,0%
Fonte: Elaborazione Ufficio Studi AITEC su dati ISTAT, Bancad’Italia e Agenzia del Territorio
di instabilità che il Paese sta attraversando parrebbe imporre temporanee deroghe al riguardo.
Sulla scorta delle esperienze di altri paesi, il cui debito vede una collocazione essenzialmente domestica, il Tesoro
italiano starebbe addirittura pensando ad un’ulteriore alleggerimento dell’aliquota fiscale sui titoli di Stato (attualmente ferma al 12,50%) a favore dei residenti.
Indubbiamente una maggiore quota del debito pubblico collocata presso investitori italiani contribuirebbe a
ridurre i fenomeni di arbitraggio e i movimenti speculativi che si sono manifestati nell’ultimo periodo ma, certamente, non può rappresentare l’unica soluzione a tali sconvolgimenti finanziari.
Chi detiene il nostro debito
Banca d’Italia
4%
13%
7%
Banche, Assicurazioni, Risp.gestito
44%
1997
1.213
MLD/€
31%
42%
2011
1.899
MLD/€
18%
41%
Detentori esteri
Famiglie italiane
Fonte: Elaborazione Ufficio Studi AITEC
su dati Bancad’Italia e Assogestioni
7
NOTA di RICERCA dell’UFFICIO STUDI AITEC
AITEC
Il turbo rendimento dei titoli di stato non rappresenta la sola causa di un potenziale crollo del mercato immobiliare. Dopo che i prezzi delle case hanno iniziato a scendere in maniera significativa in diversi paesi, ci si chiede
se anche in Italia è lecito attendersi una analoga contrazione delle quotazioni.
Se le regole di mercato dovessero essere rispettate, intuitivamente dovremmo rispondere in maniera affermativa.
Come in tutti i mercati liberi, in presenza di una flessione della domanda dovrebbe verificarsi anche una diminuzione dei relativi prezzi. E questa evenienza risulta tanto più probabile se al già affrontato tema dello spread tra
redditività degli immobili e rendimento dei titoli di Stato si aggiungono quattro circostanze riscontrabili nella fase
attuale: le quotazioni immobiliari “troppo elevate”, la caduta della domanda, la ridotta disponibilità di credito e
l’inasprimento fiscale.
Nei dibattiti tra gli addetti ai lavori, si fa sempre più strada l’ipotesi della cd. bolla immobiliare, sulla scorta della
ininterrotta crescita dei prezzi registrata a partire dagli anni novanta. È proprio tale abnorme impennata delle
quotazioni a fare temere che possano adesso prodursi cadute di dimensioni significative. Osservando l’evoluzione storica degli indicatori dei prezzi degli immobili nel corso degli ultimi anni, si osserva come questi siano aumentati mediamente molto più dell’inflazione. Il confronto internazionale evidenzia come l’Italia, pur in presenza
di significativi aumenti delle quotazioni immobiliari, presenti performance relativamente inferiori agli altri paesi.
(vedi grafico)
Variazione annuale quotazioni immobiliari 2009-2010
Irlanda
Ucraina
Bulgaria
Spagna
Grecia
Rep. Slovacca
Polonia
Rep.Ceca
Danimarca
Portogallo
Paesi Bassi
Croazia
Ungheria
Regno Unito
Malta
Lituania
0,4
1,11
2,13
2,79
2,87
3,36
3,74
3,74
4,36
-14,25
-7,35
-6,09
-5,61
-4,35
-4,29
-4,2
-3,29
-3,24
-3,16
-2,92
-1,96
-1,46
-0,3
0,06
0,08
Italia
Svezia
Slovenia
Belgio
Germania
Finlandia
Svizzera
Lussemburgo
Russia
Turchia
Islanda
Francia
Austria
Norvegia
Serbia
Lettonia
Estonia
-20
-15
-10
-5
6,26
6,66
7,05
7,93
8,32
11,97
15,64
18,19
0
Fonte: Global Property Guide, 2011
8
5
10
15
20
NOTA di RICERCA dell’UFFICIO STUDI AITEC
AITEC
Prezzo medio delle case (in €/mq) nei centri storici dei principali paesi, 2010
Fonte: Global Property Guide, 2011
Principato Monaco
39421
Regno Unito
15187
Francia
13380
Russia
10302
Svizzera
8868
Italia
7213
Grecia
6229
Finlandia
6095
Lussemburgo
5559
Svezia
4552
Paesi Bassi
4496
Austria
4158
Rep. Ceca
4040
Spagna
4022
Danimarca
3983
Germania
3704
Irlanda
3693
Andorra
3495
Polonia
3478
Turchia
2983
Portogallo
2900
Montenegro
2889
Ucraina
2807
Slovenia
2786
Belgio
Lettonia
2753
2408
Malta
2285
Croazia
2217
Romania
2180
Estonia
2153
Cipro
2140
Lituania
2024
Serbia
2022
Rep. Slovacca
2020
Ungheria
1645
Bulgaria
1346
Macedonia
1058
Moldavia
1020
0
5000
10.000
15.000
20.000
25.000
30.000
35.000
40.000
45.000
Con riferimento alla contrazione della domanda e alla minore disponibilità di credito, occorre osservare che il
boom immobiliare italiano, così come quello degli altri paesi avanzati, è stato finanziato in misura rilevante dal
credito bancario. Il boom dei mutui è ormai terminato. In Italia, in termini di valore, le erogazioni di credito per
l’acquisto di immobili da parte delle famiglie nel terzo trimestre del 2011 sono diminuite del 15,9% (- 12,1%
nel 2° trimestre) rispetto allo stesso trimestre dell’anno prima. Il dato segna una brusca inversione di tendenza
se confrontato con il primo trimestre che aveva visto invece una crescita. Anche i flussi di credito destinati agli
investimenti in costruzioni e nello specifico in abitazioni sono diminuiti sensibilmente (-21,4% e -19,4% rispettivamente nel III e nel IV trim 2011) rispetto all’anno precedente. La stretta creditizia e il peggioramento delle
9
NOTA di RICERCA dell’UFFICIO STUDI AITEC
AITEC
EROGAZIONI DI CREDITO OLTRE IL BREVE TERMINE PER INVESTIMENTI E ACQUISTO BENI
IMMOBILI
Per investimenti in abitazioni
Anno
Trimestre
Per acquisto immobili da famiglie
milioni di €
Variazione
tendenziale
milioni di €
Variazione
tendenziale
2006
I
5.922
24,1%
14.432
25,0%
2006
II
6.900
13,3%
17.299
17,0%
2006
III
6.160
8,4%
13.910
8,4%
2006
IV
7.822
16,3%
17.231
0,8%
2007
I
6.966
17,6%
14.214
-1,5%
2007
II
8.234
19,3%
16.712
-3,4%
2007
III
7.009
13,8%
14.024
0,8%
2007
IV
9.217
17,8%
17.809
3,4%
2008
I
6.858
-1,6%
14.226
0,1%
2008
II
7.791
-5,4%
15.030
-10,1%
2008
III
7.081
1,0%
12.606
-10,1%
2008
IV
8.072
-12,4%
15.119
-15,1%
2009
I
5.316
-22,5%
11.095
-22,0%
2009
II
6.751
-13,4%
13.136
-12,6%
2009
III
5.636
-20,4%
11.414
-9,4%
2009
IV
6.704
-16,9%
15.401
1,9%
2010
I
5.286
-0,6%
13.333
20,2%
2010
II
6.656
-1,4%
16.177
23,1%
2010
III
5.623
-0,2%
12.343
8,1%
2010
IV
6.021
-10,2%
15.041
-2,3%
2011
I
4.685
-11,4%
13.502
1,3%
2011
II
5.367
-19,4%
14.222
-12,1%
2011
III
4.422
-21,4%
10.375
-15,9%
Fonte: Banca d’Italia
prospettive economiche ha avuto, ovviamente, delle ripercussioni anche sulla produzione di nuove abitazioni.
Dopo il picco toccato nel 2007, si è assistito ad un crollo delle nuove costruzioni residenziali che nel 2011 si sono
assestate ad un livello di poco inferiore alle 150 mila unità e le cui previsioni per i prossimi anni sembrano stabilizzarsi su valori ancora inferiori. A determinare un simile arretramento è l’effetto della minore domanda di credito,
con il concorso decisivo però anche di altri fattori legati all’offerta di credito. Capita infatti che nelle fasi in cui si
assiste ad una crescita del mercato immobiliare, la disponibilità delle banche a erogare prestiti sia strettamente
legata alla concreta aspettativa di rivalutazione dell’immobile che funge da garanzia al mutuo stesso. Ugualmente, in uno scenario con prospettive meno profittevoli per le quotazioni immobiliari, le banche sembrano valutare
10
NOTA di RICERCA dell’UFFICIO STUDI AITEC
AITEC
in maniera più prudente gli immobili, finanziando percentuali minori del loro prezzo di mercato corrente. A ciò
si deve aggiungere un ulteriore aspetto legato alla minore capacità degli istituti di credito di fornire liquidità ai
soggetti economici, quello che gli addetti ai lavori definiscono credit crunch. Il fenomeno può avere un’importanza fondamentale, perché in tutte le fasi di una stretta creditizia i diversi soggetti economici, vedendo erodersi le
loro possibilità di accesso al credito, possono trovarsi nella condizione di dismettere parte del loro patrimonio per
finanziare l’attività corrente. In tale contesto è possibile che siano innanzitutto le imprese di costruzione (almeno
quelle più indebitate tra queste) a ritrovarsi nella condizione di accelerare sulle vendite innescando un processo
di avvitamento dei prezzi immobiliari.
Analogamente, l’evoluzione della dinamica demografica del Paese sembra costituire un rischio per la tenuta
delle quotazioni immobiliari. I dati in nostro possesso però, suggerendo almeno per il breve e medio termine
prospettive discordanti, ci impongono una seria riflessione al riguardo.
La popolazione residente in Italia risulta essere secondo i dati ISTAT, a fine 2010, di 60.626.442, con un aumento
dell’0.5% rispetto al 2009 (vedi tabella).
Dinamiche demografiche in Italia
ANNO
Numero medio
componenti famiglia
Totale
numero famiglie
Popolazione
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2,63
2,61
2,59
2,56
2,56
2,53
2,53
2,51
2,49
2,47
2,46
2,44
2,42
2,41
21.642.350
21.814.598
22.004.024
22.226.115
22.405.762
22.731.857
22.876.102
23.310.604
23.600.370
23.907.410
24.282.485
24.641.200
24.905.042
25.175.793
56.904.379
56.909.109
56.923.524
56.960.692
57.421.089
57.522.987
57.888.000
58.462.000
58.751.711
59.131.287
59.619.290
60.045.068
60.340.328
60.626.442
Fonte: Elaborazione Ufficio Studi Aitec su dati Istat
11
NOTA di RICERCA dell’UFFICIO STUDI AITEC
AITEC
L’aumento della popolazione è da imputare esclusivamente agli immigrati. Senza il loro contributo, infatti, l’Italia
registrerebbe una crescita negativa dei propri residenti. La quota di immigrati stranieri sul totale della popolazione è in continua crescita ed è pari al 7,5% del totale, con punte superiori al 10% in molte regioni del settentrione. Accanto a questo dato della popolazione totale, si registra un aumento ancora superiore del numero
delle famiglie. Se infatti il totale dei residenti è aumentato, tra il 1997 e il 2010, del 6,5%, nello stesso periodo
il numero delle famiglie ha visto un incremento del 16,3%. Dal 1997 al 2010 infatti le famiglie sono aumentate
mediamente di circa 271 mila unità l’anno. Questo fenomeno trova spiegazione nei cambiamenti sociali e culturali che hanno interessato le famiglie nel corso di questi anni, innanzitutto la diminuzione del numero medio
dei componenti (passato da 2,6 nel 1997 a 2,4 nel 2010). Ad aumentare sono le coppie senza figli e i single così
come i monogenitori o le coppie non coniugate, senza dimenticare i ricongiungimenti familiari degli immigrati.
Questo trend confermerebbe, nel breve termine, l’esistenza di un elemento a sostegno della domanda di nuove
abitazioni capace di bilanciare le prospettive negative precedentemente analizzate. In realtà se allarghiamo l’orizzonte temporale delle nostre valutazioni è facile constatare come la dinamica demografica costituisca anch’essa
un elemento fondamentale per la tenuta del mercato immobiliare e delle relative quotazioni.
Se si considera che le famiglie solitamente si formano intorno ai 30 anni e che le case mediamente si lasciano in
eredità sugli 80 e considerando che il bilancio compratori/venditori è generalmente positivo fino alla quota dei
45 anni, il rapporto tra 30enni e 80enni potrebbe costituire un buon indicatore del rapporto domanda/offerta
nel mercato immobiliare (vedere grafico).
Dati e proiezioni ISTAT
Rapporto (30:39)-enni / (70:79)-enni in Italia
(comprensivo di popolazione immigrata)
2
Rapporto
(30:39)-enni / (70:79)-enni
1,8
1,6
1,4
1,2
1
0,8
0,6
0,4
0,2
0
1980
1990
2000
2010
2020
2030
2040
2050
Anno
Fonte: ISTAT http://demo.istat.it/dat81-91/ITALIA/I_T.HTM
L’onda lunga dei nati durante il baby boom ha avuto il suo picco nel 2002, con 1,7 milioni di persone in questa
fascia di età. Da allora in poi tale quota è decresciuta rapidamente (1,4 nel 2010) e cosi sarà nei prossimi anni.
Il calo è da imputare ovviamente al fatto che l’indice di natalità delle donne italiane è crollato durante questo
periodo. Il picco di nati si è avuto nel 1964 (con 1.050.000 nascite), ma da allora è continuato a decrescere fino
ad oltre il 50% rispetto al picco. Dunque il calo della domanda immobiliare si avrà principalmente per l’esaurirsi
dell’onda lunga dei baby boomers. Secondo alcune proiezioni demografiche la popolazione italiana raggiungerà
la quota dei 42 milioni intorno al 2050 (al netto degli immigrati). Ma anche con il contributo degli stranieri, il cui
peso è influenzato da diverse variabili, come la maggiore difficoltà di accesso al credito o la diminuita capacità di
attrazione della nostra asfittica economia, non sarà facile scongiurare lo spettro di una lunga fase recessiva del
mercato immobiliare sia in termini di compravendite che di prezzi.
12
AITEC
NOTA di RICERCA dell’UFFICIO STUDI AITEC
Possibili interventi a sostegno del mercato immobiliare
Gli interventi da noi suggeriti, possono collocarsi in un’ottica di breve e medio termine.
Il settore delle costruzioni e nello specifico dell’immobiliare hanno bisogno di una maggiore considerazione da
parte del mondo della politica; è necessario che i policy maker prendano coscienza dell’importanza che il comparto riveste nel nostro Paese.
Revisione delle politiche impositive
Un effetto benefico potrebbe avere la detrazione dei canoni di locazione da parte del locatario nell’ottica di
favorire gli affitti cosiddetti “calmierati“ anche al fine di poter contrastare il caro vita e la ripresa dell’inflazione.
Lo stesso potrebbe essere ottenuto con una maggiore attenzione affinché la reintroduzione delle imposte patrimoniali sulla proprietà (IMU) non abbia carattere troppo punitivo verso coloro che negli anni hanno investito nel
mercato immobiliare. Sarebbero auspicabili anche interventi sulla prima abitazione collegando il livello impositivo
alla composizione del nucleo familiare e al calcolo dell’ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente).
Alleggerimento dei costi di transazione attraverso un
intervento sulle spese notarili.
Secondo uno studio OCSE l’Italia risulta al quinto posto (su 33 nazioni considerate) relativamente ai costi medi
di transazione (quindi tasse, imposte di registro, spese notarili, tariffe delle agenzie immobiliari) pari al 12%
del valore della proprietà (con punte fino al 17,5%) e viene per questo annoverata tra i Paesi in cui i costi
delle transazioni immobiliari sono “eccessivamente elevati”. Al primo posto risulta essere il Belgio (con oltre
il 14% dei costi rappresentati da transazioni), seguito da Francia, Grecia e Austria. All’opposto Danimarca e
Islanda sono i Paesi in cui la compravendita degli immobili costa relativamente meno (sotto il 4%). Tali bizantinismi burocratici vanno assolutamente aboliti o almeno ridotti in quanto hanno l’effetto deleterio di ridurre
la mobilità’ residenziale e del lavoro e questo può avere un effetto negativo anche sui livelli occupazionali. In
questa direzione sembrano muoversi i provvedimenti governativi in tema di liberalizzazione degli ordini professionali che possono contribuire a ridurre i costi, attraverso anche una ristrutturazione del sistema tributario
e/o annullando le barriere di entrata nelle professioni coinvolte nel settore, in particolare dove i costi sono
eccessivamente elevati.
Semplificazione nelle procedure di cambiamento
di destinazione d’uso degli immobili.
Cambiamenti nelle procedure per il cambio di destinazione d’uso, nella disciplina sul rilascio della Dia e del permesso
di costruire, così come nelle ristrutturazioni e negli interventi nei centri storici potrebbero svolgere una importante
funzione anticrisi. Con l’auspicio, però, di non ripetere l’infelice parentesi del Piano Casa, incapace di dare seguito
alle numerose aspettative che si erano create circa la possibilità di rilanciare il mondo delle costruzioni.
Politiche di riqualificazione urbanistica.
È opinione ormai consolidata che le città rappresentano uno dei principali motori della crescita economica, dell’innovazione produttiva e del progresso sociale e culturale. Questo spiega l’attenzione riservata negli ultimi anni ai
progetti di rigenerazione urbana che hanno oggi acquistato nuova centralità nel dibattito sullo sviluppo economico
dei territori (vedi Box di approfondimento). La crescita incontrollata delle città pone l’urgenza di avviare un processo
di rinnovamento e ristrutturazione, attraverso interventi puntuali e mirati a ricucire il tessuto urbano.
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BOX APPROFONDIMENTO
Riqualificare e recuperare per ripartire
Negli ultimi cinque anni la produzione di nuove abitazioni è diminuita del 40,4%. I livelli produttivi delle
nuove costruzioni abitative riflettono l’andamento negativo delle progettazioni: secondo l’Istat il numero di
permessi rilasciati dai comuni per la costruzione di abitazioni è passato da 305.706 nel 2005 a 160.454 nel
2009. Tra il 2005 e il 2009 il numero di abitazioni concesse è pertanto quasi dimezzato, registrando una
flessione del 47,5%. Solo gli investimenti effettuati per la riqualificazione del patrimonio abitativo hanno
evidenziato una tenuta dei livelli produttivi (+0,5%) nell’ultimo anno grazie alle agevolazioni fiscali previste
per le famiglie ed è proprio in questa direzione che devono muoversi gli interventi a sostegno del mercato
delle costruzioni.
Abitazioni completate in Italia (000)
350
300
250
200
PREVISIONI
150
100
50
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
Fonte: Euroconstruct, Paris 2011
Infatti, uno dei problemi principali del mercato immobiliare nazionale è ormai rappresentato dall’esigenza
del restauro, della riqualificazione e del recupero del patrimonio abitativo esistente per poter meglio rispondere ai cambiamenti della domanda, alla maggiore attenzione verso la sostenibilità ambientale e energetica, all’esigenza di riqualificazione e bonifica di aree urbane degradate, e per meglio gestire un patrimonio
bisognoso di essere più produttivo e proficuo.
Il patrimonio edilizio nazionale è prevalentemente costituito di case: 57,8 milioni di unità immobiliari censite
di cui il 53 % sono abitazioni. Come abbiamo visto gli immobili rappresentano la principale componente
della ricchezza delle famiglie, ma sono fonte anche di notevoli costi di manutenzione sia ordinaria che straordinaria. Da considerare poi che la quota di edifici con più di 40 anni è cresciuta in maniera progressiva:
quasi il 55 per cento delle famiglie occupa un immobile realizzato prima degli anni settanta. La certificata
obsolescenza funzionale e strutturale del patrimonio esistente, che viaggia in parallelo con l’invecchiamento
della popolazione, insieme ai cambiamenti culturali cha hanno interessato i nuclei familiari (nonché la loro
progressiva diminuzione dimensionale), ha reso il patrimonio edilizio nazionale inadatto a tenere il passo
delle attuali dinamiche socio-demografiche. La proprietà immobiliare perde di valore, il degrado estetico
e strutturale influisce sulla commerciabilità degli immobili, che diventa più difficile e complessa, causando
un ulteriore freno al mercato delle compravendite, già compromesse dalla corrente crisi economica. Il patrimonio esistente è una grande risorsa e occorrerebbe valorizzarlo e concepirlo come una formidabile leva
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BOX APPROFONDIMENTO
di sviluppo economico, di rilancio occupazionale, fonte di nuovi investimenti e nuove attività. Gli interventi
di riqualificazione urbana, se ben gestiti dalla Pubblica Amministrazione, possono essere forieri di un rinnovato clima di fiducia e di un notevole sviluppo economico. Se guardiamo la tabella sottostante possiamo
notare come, sulla base dell’ultimo Censimento generale Istat, il 20% dell’intero patrimonio abitativo
nazionale risulti in condizioni di pessimo o mediocre stato di conservazione. Se anche solo ipotizzassimo
una riqualificazione di questa quota abitativa degradata per un ammontare del 5% restituiremmo al Paese
250 mila abitazioni rinnovate ogni anno e metteremmo in moto, per un ventennio, risorse in grado di innescare la tradizionale funzione espansiva garantita dal mercato delle costruzioni e, come ha sottolineato
Ance, si libererebbero le necessarie energie funzionali ad un corretto e duraturo sviluppo economico senza
l’utilizzo di un solo m2 aggiuntivo di suolo. È necessario introdurre nuovi strumenti urbanistici, come la rimodulazione dei limiti di sagoma e volumetria oltreché una gestione più razionale delle pratiche autorizzative
scevra da pregiudizi, in grado quindi di contemplare la necessaria tutela degli interessi privati così come le
esigenze pubbliche di pianificazione urbanistica. Questa è l’unica strada per attivare le operazioni di riqualificazione urbana e gli interventi di demolizione, ricostruzione e sostituzione.
Patrimonio abitativo nazionale Stato conservativo
Regione
Totale
Abitazioni da
in %
abitazioni
ristrutturare*
Piemonte
2.212.639
397.944
18,0
Valled'Aosta
100.331
19.939
19,9
Lombardia
4.141.265
619.491
15,0
Liguria
990.526
191.838
19,4
Trentino A.Adige
488.988
85.454
17,5
Friuli V. Giulia
601.533
87.551
14,6
Veneto
2.016.082
309.196
15,3
Emilia R.
1.969.235
299.215
15,2
Toscana
1.664.679
240.613
14,5
Umbria
368.893
47.247
12,8
Marche
672.218
109.637
16,3
Lazio
2.431.904
539.100
22,2
abruzzo
658.444
126.346
19,2
Molise
173.216
38.986
22,5
Campania
2.189.772
608.227
27,8
Puglia
1.844.519
382.881
20,8
Basilicata
283.329
79.115
27,9
Calabria
1.111.314
376.241
33,9
Sicilia
2.548.206
808.605
31,7
Sardegna
801.787
159.586
19,9
ITALIA
27.268.880
5.527.213
20,3
* Abitazioni in stato conservativo considerato mediocre o pessimo sulla base del 14°
Censimento Generale Istat della Popolazione e delle Abitazioni
15
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È necessario introdurre nuovi meccanismi urbanistici che rendano economicamente sostenibile le operazioni di
riqualificazione urbana, gli interventi di demolizione e ricostruzione e di sostituzione.
Il cd. Decreto Sviluppo ha aperto una crepa nella monolitica farraginosità della normativa nazionale, acquisendo
rango di rinnovamento legislativo sistematico e non provvisorio, evitando di ripetere gli errori del Piano casa. È
questa la categoria di interventi che ha le maggiori possibilità di successo non solo per il mondo delle costruzioni,
ma anche come risposta alle dinamiche di cambiamento sociale delle città.
Nuovo piano per l’housing sociale, con particolare attenzione alle categorie dei giovani e degli studenti.
L’argomento è di grande attualità, poiché nel nostro Paese negli ultimi anni le situazioni di disagio abitativo si
sono gravemente accentuate, investendo anche le fasce di reddito medio o medio-basso, oltre alle tradizionali
categorie sociali svantaggiate (famiglie e giovani coppie a basso e monoreddito, studenti, anziani e immigrati
regolari), rendendo sempre più difficile l’accesso alla proprietà o alla locazione di abitazioni.
Alla base dell’attuale richiesta di residenze a costi accessibili ci sono le trasformazioni socio-demografiche delle
strutture familiari e la crescita dei processi di precarizzazione del lavoro.
La quota di patrimonio abitativo in affitto in Italia si colloca - secondo le più recenti stime diffuse dall’ISTAT
– intorno al 20%, ben al di sotto dei valori dei Paesi europei più sviluppati, che oscillano fra il 30 e il 40%.
L’offerta di abitazioni di edilizia residenziale pubblica soddisfa appena l’8% delle domande. È evidente quindi
che la prima debolezza è rappresentata dall’estrema ristrettezza dell’offerta di affitto accessibile. Il problema
dell’emergenza abitativa coinvolge i soggetti pubblici a tutti i livelli, nazionale, regionale e locale, ma pur conservando la centralità dell’intervento pubblico, l’housing sociale non può più prescindere dal coinvolgimento
anche degli operatori e delle risorse del mercato e della società civile. Anzi, la vera innovazione risiederà proprio nella capacità di quei soggetti di coordinarsi e di creare offerte flessibili. La sinergia tra pubblico e privato
rappresenterà la pietra angolare della nuova logica di integrazione delle risorse.
In Europa non mancano esempi virtuosi di iniziative intraprese contro l’emergenza abitativa. Sarebbe utile un
confronto. Il Governo sembrerebbe recepire indicazioni in tal senso come mostra l’approvazione del D.L. n.1
del 24 gennaio 2012 in cui sono contenute alcune disposizioni volte a semplificare le procedure del Piano
Nazionale di edilizia abitativa che contemplano anche il ripristino dell’IVA per housing sociale
Nuove politiche migratorie.
In una prospettiva di medio periodo sarebbe auspicabile una revisione delle politiche migratorie nazionali, le
sole, ad oggi, in grado di bilanciare il decremento della popolazione e di alimentare il flusso della domanda
immobiliare. Nel 2065 l’evoluzione della popolazione italiana registrerà una dinamica naturale negativa per
11,5 milioni (28,5 milioni di nascite contro 40 milioni di decessi) bilanciata solo da una dinamica migratoria
positiva per 12 milioni (17,9 milioni di ingressi contro 5,9 milioni di uscite). Questo sempre in assenza di mutamenti nelle prospettive di attrattività del sistema Italia. Secondo uno studio della Banca d’Italia la richiesta
di case da parte degli immigrati ha fatto crescere il valore degli immobili nel nostro Paese del 2% in cinque
anni (2002-2007), facendolo aumentare di 60 miliardi. Il rapporto mette in evidenza come le compravendite
che hanno avuto come acquirente un immigrato sono aumentate del 22,7% tra il 2004 e il 2007, riuscendo
a raggiungere quasi il 20% delle negoziazioni complessive. Analisi econometriche svolte a livello locale hanno inoltre indicato che nel periodo 2002-2007 la domanda immobiliare da parte degli immigrati ha spinto
al rialzo le quotazioni immobiliari di un’entità simile a quella attribuibile alla domanda da parte di nativi. Gli
immigrati sono lavoratori, giovani, molto spesso con elevato grado di istruzione e spinti da forti motivazioni
Contribuiscono a rallentare l’invecchiamento dei paesi che li accolgono e costituiscono una grande opportunità di crescita economica. L’idea che sia il pragmatismo economico a determinare le politiche di migrazione per
il nostro Paese può sembrare azzardato, ma simili considerazioni dovrebbero essere sufficienti a depoliticizzare
un tema ad alta sensibilità simbolica ed emotiva.
16
TAVOLE STATISTICHE
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Indicatori regionali dello spazio abitativo
Area
territoriale
Nord Ovest
Regione
107,7
95,1
66,7
137,2
Lombardia
575,7
109,0
58,6
135,5
Piemonte
307,1
115,3
69,1
153,8
11,4
92,4
88,8
191,3
1.002,0
108,9
62,6
141,3
277,4
115,5
63,4
143
Friuli
91,0
130,0
73,7
163,8
Trentino-A. Adige
73,0
120,7
71
171,5
326,2
130,3
66,4
162,5
767,6
123,6
66,4
155,7
Lazio
323,2
109,9
56,9
139,4
Marche
103,4
125,2
65,6
162,1
Toscana
238,9
118,5
64
149,2
Umbria
61,4
131,8
68,2
164,3
726,9
116,3
61,1
147,4
Abruzzo
95,0
117,7
70,9
176,3
Basilicata
34,4
101,5
58,4
150,5
Calabria
133,0
107,3
66,2
171,9
Campania
310,5
116,4
53,3
148,6
Molise
24,8
113,6
77,4
192,7
Puglia
243,9
110,1
59,7
159,4
841,5
112,4
59,4
159,1
Sardegna
114,6
123,7
68,6
168,4
Sicilia
329,2
109,8
65,3
166,1
443,8
113,1
66,1
166,7
3.781,8
114,4
62,7
151,9
1,8%
0,3%
0,6%
0,7%
Nord Ovest Totale
Emilia Romagna
Veneto
Nord Est Totale
Centro
Totale Centro
Sud
Superficie media Superficie media Superficie media
abitazioni
per abitante
per famiglia
(mq)
(mq)
(mq)
Liguria
Valle d'Aosta
Nord Est
Superficie
abitazioni
(milioni mq)
Sud Totale
Totale Isole
ITALIA
Variazione % su anno precedente
Fonte: Agenzia del Territorio, 2011
19
AITEC
TENDENZE DELL’INDUSTRIA ITALIANA DEL CEMENTO
TRIMESTRALE A CURA DELL’UFFICIO STUDI AITEC
www.aitecweb.com - [email protected]
Redditività lorda dell’investimento in immobili residenziali
(canone locazione/valore acquisto)
REGIONE
Tipologia
2009
2010
2011
Piemonte
Abitazioni civili
3,87%
3,90%
3,90%
Liguria
Abitazioni civili
3,58%
3,60%
3,60%
Lombardia
Abitazioni civili
4,16%
4,22%
4,22%
Veneto
Abitazioni civili
4,39%
4,38%
4,45%
Friuli Venezia Giulia
Abitazioni civili
4,95%
4,92%
4,88%
Emilia Romagna
Abitazioni civili
3,93%
3,96%
3,98%
Valle D'Aosta
Abitazioni civili
2,66%
2,58%
2,57%
Toscana
Abitazioni civili
4,26%
4,18%
4,15%
Marche
Abitazioni civili
4,16%
4,16%
4,18%
Umbria
Abitazioni civili
4,02%
4,03%
4,11%
Lazio
Abitazioni civili
4,71%
4,62%
4,60%
Abruzzo
Abitazioni civili
4,25%
4,13%
4,15%
Molise
Abitazioni civili
5,83%
5,61%
5,47%
Campania
Abitazioni civili
4,66%
4,43%
4,32%
Puglia
Abitazioni civili
4,21%
4,24%
4,25%
Calabria
Abitazioni civili
4,67%
4,62%
4,62%
Basilicata
Abitazioni civili
3,81%
3,80%
3,86%
Sardegna
Abitazioni civili
4,83%
4,83%
4,79%
Sicilia
Abitazioni civili
4,19%
4,19%
4,12%
Fonte: Elaborazione Ufficio Studi Aitec su dati Agenzia del Territorio
20
AITEC
TENDENZE DELL’INDUSTRIA ITALIANA DEL CEMENTO
TRIMESTRALE A CURA DELL’UFFICIO STUDI AITEC
www.aitecweb.com - [email protected]
Al netto della cedolare secca (21%)
REGIONE
tipologia
2009
2010
2011
Piemonte
Abitazioni civili
3,06%
3,08%
3,08%
Liguria
Abitazioni civili
2,83%
2,84%
2,84%
Lombardia
Abitazioni civili
3,29%
3,33%
3,33%
Veneto
Abitazioni civili
3,46%
3,46%
3,52%
Friuli Venezia Giulia
Abitazioni civili
3,91%
3,89%
3,85%
Emilia Romagna
Abitazioni civili
3,10%
3,13%
3,14%
Valle D'Aosta
Abitazioni civili
2,10%
2,04%
2,03%
Toscana
Abitazioni civili
3,36%
3,31%
3,28%
Marche
Abitazioni civili
3,28%
3,29%
3,30%
Umbria
Abitazioni civili
3,18%
3,19%
3,25%
Lazio
Abitazioni civili
3,72%
3,65%
3,63%
Abruzzo
Abitazioni civili
3,36%
3,26%
3,27%
Molise
Abitazioni civili
4,61%
4,43%
4,32%
Campania
Abitazioni civili
3,68%
3,50%
3,42%
Puglia
Abitazioni civili
3,33%
3,35%
3,36%
Calabria
Abitazioni civili
3,69%
3,65%
3,65%
Basilicata
Abitazioni civili
3,01%
3,00%
3,05%
Sardegna
Abitazioni civili
3,82%
3,81%
3,78%
Sicilia
Abitazioni civili
3,31%
3,31%
3,25%
Fonte: Elaborazione Ufficio Studi Aitec su dati Agenzia del Territorio
21
TENDENZE DELL’INDUSTRIA ITALIANA DEL CEMENTO
AITEC
TRIMESTRALE A CURA DELL’UFFICIO STUDI AITEC
www.aitecweb.com - [email protected]
La media dell’impatto dell’IMU
sulla redditività lorda dell’immobile locato è del 15%
REGIONE
tipologia
2009
2010
2011
2012*
Piemonte
Abitazioni civili
3,06%
3,08%
3,08%
2,62%
Liguria
Abitazioni civili
2,83%
2,84%
2,84%
2,42%
Lombardia
Abitazioni civili
3,29%
3,33%
3,33%
2,83%
Veneto
Abitazioni civili
3,46%
3,46%
3,52%
2,99%
Friuli Venezia Giulia
Abitazioni civili
3,91%
3,89%
3,85%
3,28%
Emilia Romagna
Abitazioni civili
3,10%
3,13%
3,14%
2,67%
Valle D'Aosta
Abitazioni civili
2,10%
2,04%
2,03%
1,73%
Toscana
Abitazioni civili
3,36%
3,31%
3,28%
2,79%
Marche
Abitazioni civili
3,28%
3,29%
3,30%
2,80%
Umbria
Abitazioni civili
3,18%
3,19%
3,25%
2,76%
Lazio
Abitazioni civili
3,72%
3,65%
3,63%
3,09%
Abruzzo
Abitazioni civili
3,36%
3,26%
3,27%
2,78%
Molise
Abitazioni civili
4,61%
4,43%
4,32%
3,67%
Campania
Abitazioni civili
3,68%
3,50%
3,42%
2,90%
Puglia
Abitazioni civili
3,33%
3,35%
3,36%
2,85%
Calabria
Abitazioni civili
3,69%
3,65%
3,65%
3,10%
Basilicata
Abitazioni civili
3,01%
3,00%
3,05%
2,59%
Sardegna
Abitazioni civili
3,82%
3,81%
3,78%
3,21%
Sicilia
Abitazioni civili
3,31%
3,31%
3,25%
2,76%
*con introduzione dell’IMU al 0,4% sulla rendita rivalutata (rendita catastale *160)
Fonte: Elaborazione Ufficio Studi Aitec su dati Agenzia del Territorio
22
TENDENZE DELL’INDUSTRIA ITALIANA DEL CEMENTO
AITEC
TRIMESTRALE A CURA DELL’UFFICIO STUDI AITEC
www.aitecweb.com - [email protected]
Andamento dei prezzi nominali e reali delle abitazioni nei semicentri delle città in Italia,
1958 - 2011* *stima a fine anno
ANNO
prezzi
nominali
€/mq
valori
al 2011*
€/mq
valori
al 1958
€/mq
indice prezzi
reali1958
base 100
Compravendite
(n°abitazioni)
Indice
compravendite
1958 base 100
1958
53
780
53
100
284,016
100
1959
54
798
54
102
300,000
106
1960
56
807
55
104
320,938
113
1961
57
799
54
102
340,819
120
1962
60
804
54
102
278,336
98
1963
65
818
55
104
284,016
100
1964
69
824
55
104
298,217
105
1965
72
827
55
104
332,299
117
1966
73
823
54
102
355,020
125
1967
75
829
55
104
397,622
140
1968
76
830
55
104
434,544
153
1969
77
819
54
102
468,626
165
1970
90
915
60
113
542,471
191
1971
114
1,109
73
138
502,708
177
1972
126
1,167
76
143
556,671
196
1973
150
1,279
82
155
411,823
145
1974
210
1,571
96
181
437,385
154
1975
238
1,578
93
176
352,180
124
1976
263
1,552
88
166
482,827
170
1977
310
1,614
88
166
465,786
164
1978
362
1,714
91
172
516,909
182
1979
439
1,857
96
181
573,712
202
1980
542
1,996
98
185
639,036
225
1981
878
2,846
133
251
613,475
216
1982
1.033
2,981
134
253
448,745
158
1983
1.059
2,740
120
226
406,143
143
1984
1.136
2,703
116
219
383,422
135
1985
1.162
2,576
110
208
428,864
151
23
TENDENZE DELL’INDUSTRIA ITALIANA DEL CEMENTO
AITEC
TRIMESTRALE A CURA DELL’UFFICIO STUDI AITEC
www.aitecweb.com - [email protected]
Andamento dei prezzi nominali e reali delle abitazioni nei semicentri delle città in Italia,
1958 - 2011* *stima a fine anno
ANNO
prezzi
nominali
€/mq
valori
al 2011*
€/mq
valori
al 1958
€/mq
indice prezzi
reali1958
base 100
Compravendite
(n°abitazioni)
1986
1.239
2,605
1987
1.317
1988
110
208
462,656
163
2,657
112
211
462,648
163
1.420
2,741
115
217
492,816
174
1989
1.575
2,873
120
226
474,570
167
1990
1.833
3,171
131
247
517,085
182
1991
2.195
3,593
148
279
555,888
196
1992
2.402
3,749
153
289
465,373
164
1993
2.298
3,452
141
266
501,891
177
1994
2.221
3,219
131
247
495,178
174
1995
2.195
3,035
123
232
502,468
177
1996
2.195
2,929
118
223
483,782
170
1997
2.169
2,847
115
217
523,646
184
1998
2.169
2,798
113
213
548,570
193
1999
2.221
2,822
114
215
604,000
213
2000
2.438
3,024
122
230
800,000
282
2001
2.650
3,205
129
243
848,000
299
2002
2.855
3,375
135
255
850,000
299
2003
3.060
3,534
142
268
900,000
317
2004
3.260
3,695
148
279
870,000
306
2005
3.430
3,825
153
289
806,000
284
2006
3.600
3,939
158
298
800,000
282
2007
3.750
4,034
161
304
780,000
275
2008
3.800
3,962
158
298
680,000
239
2009
3.550
3,672
147
277
610,000
215
2010
3.460
3,522
140
264
630,000
222
2011*
3.500
3,500
142
268
670,000
236
Fonte: Scenari Immobiliari 2011
24
Indice
compravendite
1958 base 100
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