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Diagrammi spazio-tempo, orizzonte e modello inflazionario

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Diagrammi spazio-tempo, orizzonte e modello inflazionario
12
Diagrammi spazio-tempo, orizzonte e modello inflazionario
Fino ad ora abbiamo trovato come crescono le perturbazioni ma senza tener conto del tempo finito di propagazione dei segnali. Adesso dobbiamo
considerare altri processi fisici che ci permettano di avere modelli più realistici di crescita delle perturbazioni: dobbiamo definire cosa sia l’orizzonte
di un osservatore (ed i problemi ad esso connessi) e dobbiamo capire come
crescono le perturbazioni su scale più grandi dell’orizzonte. Successivamente
cercheremo di capire il ruolo della materia barionica nella crescita delle perturbazioni scoprendo come i modelli con la sola materia barionica falliscano
nello spiegare le osservazioni. In seguito ci occuperemo della materia oscura.
12.1
L’orizzonte di una particella
Un concetto importante è quello di orizzonte di una particella o di un osservatore: ad ogni epoca t è la massima distanza con la quale c’è stata
connessione causale, ovvero è la distanza massima che può aver percorso un
segnale luminoso da t “ 0 fino a t.
In pratica questo è lo stesso problema con cui ci siamo confrontati quando
abbiamo dovuto misurare le distanze tenendo conto dell’espansione dell’universo: abbiamo considerato un numero infinito di osservatori tra noi e la
sorgente, ciascuno con l’istruzione ricevuta a t “ 0 di misurare al tempo t la
distanza dall’osservatore più vicino per cui alla fine si ottiene che la distanza
propria è
ª
xptq “ dx “ aptqr
con r distanza comovente ovvero misurata per t “ t0 . La metrica di Robertson–
Walker è
´ r ¯`
˘ı
aptq2 ”
ds2 “ dt2 ´ 2 dr2 ` R2 sin2
d✓2 ` sin2 ✓d 2
c
R
per cui considerando il percorso radiale di un fotone (ds2 “ 0, d✓2 `sin2 ✓d 2 )
si ha
aptq
dt “
dr
c
dr è la distanza comovente di un osservatore che vediamo dopo che i fotoni
hanno viaggiato un tempo dt. Allora la distanza comovente di una sorgente
che noi (che siamo a t “ t0 ) osserviamo quando era a t è
ª t0
ª1
cdt
cda
r“
“
9
t aptq
a aa
203
dove questa espressione può essere letta come la distanza comovente tra l’osservatore al tempo t0 ed un altro osservatore visto al tempo t † t0 ; ovvero
la distanza comovente percorsa dai fotoni partiti al tempo t ed arrivati al
tempo t0 . Quindi al tempo t l’osservatore avrà un orizzonte che corrisponde
alla distanza comovente con gli osservatori che vede al tempo t “ 0
ªt
ªa
cdt1
cda1
r“
“
1
191
0 apt q
0 aa
questa è la distanza comovente tra l’osservatore al tempo t “ 0 e quello al
tempo t “ t, ovvero è la distanza comovente che i fotoni percorrono tra t “ 0
e t. Per ottenere la distanza propria, ovvero quella che si misurerebbe a t (e
non quella comovente, misurata a t0 ) si deve moltiplicare per aptq ovvero, il
raggio dell’orizzonte di una particella o di un osservatore al tempo t è
rH ptq “ aptq
ªt
0
cdt1
“ aptq
apt1 q
ªa
0
cda1
a9 1 a1
(12.1)
Consideriamo adesso il caso dei modelli di Friedman per ⌦⇤ =0. Ricordiamo che
allora
“
‰1{2
dz
“ ´H0 p1 ` zq p1 ` zq2 p⌦0 z ` 1q ´ ⌦⇤ zpz ` 2q
dt
rH ptq “ aptq
ªt
0
cdt1
“ aptq
apt1 q
ªz
`8
⇠
c⇠
p1⇠`⇠zqp´dzq
⇠
H0 ⇠
p1⇠`⇠zq
rp1 ` zq2 p⌦0 z ` 1q ´ ⌦⇤ zpz ` 2qs1{2
che, per ⌦⇤ =0, diviene
ªz
ª `8
cp´dzq
c dz
rH ptq “ aptq
“ aptq
1{2
H0 p1 ` zq p⌦0 z ` 1q1{2
`8 H0 rp1 ` zq2 p⌦0 z ` 1qs
z
ricordando le soluzioni analitiche nel caso ⌦⇤ =0 si ha:
per ⌦0 ° 1
„
⇢
c
2p⌦0 ´ 1q
rH ptq “
aptq acos 1 ´
aptq
H0 p⌦0 ´ 1q1{2
⌦0
per ⌦0 † 1
„
⇢
c
2p1 ´ ⌦0 q
rH ptq “
aptq acosh 1 `
aptq
H0 p1 ´ ⌦0 q1{2
⌦0
204
per ⌦0 “ 1, modello di Einstein - de Sitter,
ª `8
c dz
c aptq
rH ptq “ aptq
“
2p1 ` zq´1{2
3{2
H
p1
`
zq
H
0
0
z
2c
2c t
2c 3⇢
H⇢0
“
aptq3{2 “
“
t
H0
H0 t 0
H⇢0 2
⇢
ovvero
rH ptq “ 3 c t
(12.2)
Per piccoli valori di a (⌦0 z " 1), si ottiene la soluzione valida nel caso
dominato dalla materia anche per modelli con ⌦⇤ ‰ 0, analogamente a come
abbiamo visto per a “ aptq. Partendo da
ª8
c dz
rH ptq “ aptq
2
1{2
z H0 rp1 ` zq p⌦0 z ` 1q ´ ⌦⇤ zpz ` 2qs
per ⌦0 z " 1, z " 1 si ha a » z ´1 e si ottiene
ª8
ª8
c dz
c
rH ptq » aptq
“ aptq
z ´3{2 dz
1{2
3
1{2
H
p⌦
z
q
0
0
z
z H0 ⌦0
“
‰
c aptq
c aptq ´1{2
8
“
´2z ´1{2 z “ 2
z
1{2
1{2
H 0 ⌦0
H 0 ⌦0
2c
“
aptq3{2
1{2
H 0 ⌦0
(12.3)
Sappiamo che, in queste condizioni, vale il modello di Einstein-de Sitter
“modificato”
ˆ
˙2{3
3H0 t
1{3
aptq “ ⌦0
2
ovvero
2A c
H⇢0 t
1{2
⇢ 3⇢
⇢
rH ptq “
“ 3ct
⌦
0
⇢
1{2
⇢
2
H⇢0 ⌦ ⇢
⇢ ⇢0
e quindi
rH ptq “ 3 c t ⌦0 z " 1, z " 1, ⌦⇤ ‰ 0
(12.4)
ovvero lo stesso valore del caso di Einstein - de Sitter. Come abbiamo già
visto, questa approssimazione è valida, ad esempio, sulla superficie di ultimo
scattering.
Perché il raggio dell’orizzonte è 3 c t e non c t? Perché gli osservatori
fondamentali erano più vicini tra loro a t piccoli, ovvero distanze maggiori
erano causalmente connesse.
205
Consideriamo adesso il caso “radiation dominated” che si ha per z "
2.4 ˆ 104 ⌦0 h2 « 3530. In questo caso a “ k t1{2 e
ªt
ªt
c dt1
c dt1
1{2
rH ptq “ aptq
“
k
t
S
1
k t11{2
0 apt q
0 S
ovvero
rH ptq “ 2 c t
12.2
(12.5)
L’orizzonte degli eventi
L’orizzonte degli eventi è la massima distanza osservabile aspettando un tempo sufficientemente lungo, al limite t Ñ 8. Se consideriamo il fotone che parte a t1 e arriva al tempo t in direzione radiale la distanza comovente percorsa
è pari a
ªt
c dt1
r“
1
t1 apt q
pertanto, detto t8 il tempo cosmico massimo che l’universo può raggiungere,
il raggio dell’orizzonte degli eventi per l’osservatore al tempo t1 sarà
ª t8
ª a8
c dt
c da
rE “ apt1 q
“ apt1 q
9
t1 aptq
a1 aptqaptq
rE è la massima distanza propria degli oggetti che potremo vedere in futuro.
La domanda da porsi è se rE converge per t8 Ñ 8 (nel caso dei modelli
aperti) o per t8 Ñ tmax (nel caso dei modelli chiusi). In quest’ultimo caso
tmax corrisponde al tempo in cui avviene il big crunch.
Se ⌦⇤ =0, ⌦0 § 1 quell’integrale diverge (a 9 t2{3 per ⌦0 “ 1 e a 9 t
per ⌦0 “ 0) pertanto rE Ñ 8: in linea di principio è possibile osservare
qualsiasi particella esistente nell’universo, basta aspettare il tempo necessario
alla propagazione della luce. Se ⌦⇤ =0, ⌦0 ° 1 l’integrale converge ad un
valore finito che si può ottenere dalle soluzioni generali per aptq; ad esempio,
per ⌦0 =2, l’oggetto più lontano osservabile prima del big crunch avrebbe una
distanza comovente r « 20, 000 Mpc (H0 “ 70 km s´1 Mpc´1 ). Nel caso in
cui ⌦⇤ ° 1 e ⌦0 ` ⌦⇤ • 1 l’integrale per rE converge ad un valore finito
perché per tempi grandi aptq si espande esponenzialmente ed i fotoni emessi
da oggetti sufficientemente distanti non ce la fanno a giungere fino a noi.
12.3
Il cono di luce passato e la sfera di Hubble
Prima di a↵rontare lo studio dei diagrammi spazio-tempo in ambito cosmologico, è necessario capire come si può trovare il cono di luce (passato) di un
206
osservatore che, ricordiamo, è il luogo dei punti nello spazio-tempo percorsi
dai fotoni per giungere all’osservatore.
La prima cosa da notare è che la legge di Hubble, vrec “ H0 r, si applica anche per vrec ° c; questa non è una violazione della relatività generale
poichè non è una velocità di trasmissione del segnale ma è solo un e↵etto
dell’espansione omogenea ed isotropa dell’universo. Pertanto un osservatore
dovrà tenere conto del fatto che, oltre alla velocità e↵ettiva di un oggetto,
esiste una velocità apparente dovuta all’espansione dell’universo. Un osservatore misura la velocità di un oggetto (galassia o fotone) considerando la
relazione tra la distanza propria dell’oggetto ed il tempo cosmico e calcolando
vtot “
pdistanza propria oggettoq
dx
“
ptempo cosmico)
dt
per cui
xptq “ aptqr
dx
dr
9 r`a
vtot “
“ aptq
“ vrec ` vpec
dt
dt
9
per t “ t0 si ha vrec “ aptqr
“ H0 r ovvero si ricava la legge di Hubble; vrec è
pertanto il contributo alla velocità dovuto all’espansione. vpec dato da dr{dt
rappresenta i moti “peculiari” ovvero quelli che si discostano dal flusso di
Hubble.
Consideriamo, per esempio, il caso critico ⌦0 =1 e ⌦⇤ =0, per cui si ha
ˆ ˙2{3
t
aptq “
t0
« ˆ ˙ fft0
«
ˆ ˙1{3 ff
ª t0
1{3
c dt1
t
2c
t
r“
“ c 3t0
“
1´
1
2{3
t0
H0
t0
t pt {t0 q
t
quindi per t “ 0 si ha r “ 2c{H0 , vrec pt0 q “ H0 r Ñ 2c ovvero, dal nostro
punto di vista, il “big bang” si sta allontanando con una velocità di recessione
pari a 2c. All’epoca in cui il segnale è stato emesso sul nostro cono di luce
passato, la velocità di recessione era ancora più grande poichè
ˆ ˙´1{3 «
ˆ ˙1{3 ff
t
t
9 “ 2c
vrec “ ar
1´
t0
t0
e vexp Ñ 8 per t Ñ 0.
Come già visto vpec “ aptq dr{dt corrisponde alla velocità dei moti peculiari nel sistema di riferimento locale (comovente al tempo t), per cui un
207
fotone che viaggia verso di noi lungo il nostro cono di luce passato avrà un
velocità misurata nel riferimento comovente pari a
c“
pdistanza propria radialeq
a dr
“
ptempo cosmicoq
dt
ovvero il termine di velocità peculiare per un fotone è proprio c; allora per
un fotone che viaggia lungo il nostro cono di luce passato verso di noi si ha
vtot “ aptq
9 r´c
il segno “–” viene dal fatto che il fotone viaggia verso di noi. Questa espressione definisce la propagazione della luce da una sorgente per un universo in
espansione. Vediamo adesso la traiettoria dei raggi di luce verso l’osservatore
che si trova a t “ t0 . La distanza propria dall’osservatore (r “ 0) ad un punto
sul “past light cone” (PLC) è
ªt
ªa
vtot da1
rP LC “ vtot dt “
a9 1
0
0
poichè vtot “ vrec ´ c “ aptq
9 r ´ c, i raggi di luce inizialmente si allontanano
da noi per l’espansione cosmologica con v ° c. Quindi le onde e.m. si propagano fino all’osservatore all’epoca t0 passando per riferimenti inerziali che
si muovono progressivamente con velocità di recessione (vrec ) minori finché
non attraversano la sfera di Hubble ovvero la regione in cui vrec “ a9 r “ c.
La definizione del raggio della sfera di Hubble rHS ptq è pertanto
9 r“
c “ aptq
ovvero
rHS ptq “
a9
a9
aptqr “ rHS ptq
a
a
aptq
c “ Hptq c
9
aptq
si noti che rHS ptq è una distanza radiale propria. Da questa epoca in poi
il fotone si avvicina sempre di più all’osservatore finché per t “ t0 non vi
giunge con velocità c.
12.4
Diagrammi spazio-tempo per i modelli cosmologici standard
Prima di analizzare i diagrammi spazio-tempo in ambito cosmologico, riassumiamo i tempi e le distanze introdotti fino a qui.
208
• Tempo cosmico. E’ il tempo misurato da un osservatore fondamentale
e letto su un orologio sincronizzato per t “ 0 quando tutte le geodetiche
si intersecavano (postulato di Weyl)
ªt
ªa 1
da
1
t “ dt “
91
0
0 a
• Tempo conforme. Il tempo conforme ⌧ è l’analogo della coordinata
comovente ed è legato all’intervallo di tempo sotto cui l’osservatore a
t “ t0 vede avvenire un evento nel passato al tempo t
dtconf “ d⌧ “
dt
aptq
poichè questo è il tempo misurato dall’osservatore fondamentale al tempo t “ t0 ma relativo alla durata di eventi passati, è chiaro che rispetto
al tempo cosmico, è a↵etto dalla dilatazione cosmologica dei tempi. La
metrica di Robertson e Walker è
´ r ¯`
˘ı
aptq2 ”
d✓2 ` sin2 ✓d 2
ds2 “ dt2 ´ 2 dr2 ` R2 sin2
c
R
e con il tempo conforme diventa
ds2 “
´r¯
ı
a2 ptq ” 2 2
2
2
2
2
2
2
c
d⌧
´
dr
´
R
sin
pd✓
`
sin
d✓
q
c2
R
ovvero la parte spaziale e la parte temporale sono adesso omogenee e
scalano entrambe con aptq; per cui le associazioni sono tra t – rpropr e
⌧ – r.
Utilizzando il tempo conforme la crescita delle perturbazioni è
Era della Radiazione: ⇢{⇢ 9 t; a 9 t1{2 ; ⌧ 9t1{2 per cui ⇢{⇢ 9 ⌧ 2
Era della Materia:
⇢{⇢ 9 t2{3 ; a 9 t2{3 ; ⌧ 9t1{3 per cui ⇢{⇢ 9 ⌧ 2
ovvero le perturbazioni crescono sempre con ⌧ 2 .
• Distanza radiale comovente. E’ definita come
ª t0
ª1
c dt1
c da1
r“
“
1 91
a1
t
a a a
ovvero è la distanza “proiettata” all’epoca t “ t0 .
209
• Distanza radiale propria. Partendo dalla definizione di distanza radiale
comovente, la distanza radiale propria, ovvero misurata all’epoca di
osservazione t della sorgente è
ª t0
ª1
c dt1
c da1
rprop “ aptqr “ a
“
a
1 91
a1
t
a a a
• Orizzonte di una particella. E’ la massima distanza con cui ci può essere stata comunicazione all’epoca t ovvero è la distanza radiale propria
tra t e t “ 0
ªt
ªa
cdt1
c da1
rH ptq “ aptq
“
aptq
1
9 1 a1
0 apt q
0 a
• Orizzonte degli eventi. E’ la massima distanza radiale propria di un
oggetto che potrà essere osservato da un osservatore al tempo t
ª t8
ª a8
c dt1
c da1
rE ptq “ aptq
“
aptq
apt1 q
a1 ptqa9 1 ptq
t
a
• Past light cone. Come abbiamo visto prima definisce gli eventi accessibili all’osservatore (ovvero gli eventi da cui provengono i fotoni
osservati) ed è dato da
ªt
ªt
ªa 1
pa9 r ´ cqda1
rP LC “ vtot dt “ pvrec ´ cqdt “
a9 1
0
0
0
• Raggio della sfera di Hubble, la distanza propria a cui la velocità di
recessione è pari alla velocità della luce
rHS ptq “
12.4.1
aptq
c “ Hptq c
9
aptq
Diagrammi spazio-tempo per ⌦0 “ 1, ⌦⇤ “ 0
Vediamo adesso i diagrammi spazio-tempo e cominciamo con il modello critico di Einstein - de Sitter, ⌦0 =1.0, ⌦⇤ =0, per poi passare al nostro modello
di riferimento con ⌦0 =0.3, ⌦⇤ =0.7. Nelle figure seguenti si useranno sempre
queste unità di misura:
• il tempo sarà espresso in unità di H0´1 ;
• le distanze saranno express in unità di c{H0 .
210
Space-Time Diagram
Cosmic Time vs. Proper Distance
1 t e distanza propria x per
Figura
60: Diagramma
spazio-tempo
tempo
cosmico
The times and
distances
are measured
in tra
units
of H
0 and c/H0 respectively.
´1
il modello critico (⌦0 =1, ⌦⇤ =0). Tempi e distanze sono misurati in H0
rispettivamente.
e c{H0 ,
44
La figura 60 rappresenta il diagramma spazio tempo per t ´ rprop ovvero
con tempo cosmico e distane proprie; la figura 61 rappresenta la relazione
t ´ r, tempo cosmico - distanza comovente mentre la figura 62 rappresenta la
relazione ⌧ ´ r, tempo conforme - distanza comovente. Nel caso del modello
critico esistono relazioni analitiche semplici per le varie grandezze:
• l’età dell’universo adesso è t0 “
2
;
3H0
• il tempo conforme è ⌧ “ 2pt{t0 q1{3 ;
• il fattore di scala è aptq “ pt{t0 q2{3 ;
• la distanza comovente è rptq “ 2c{H0 r1 ´ pt{t0 q1{3 s;
• la distanza radiale propria è x “ pt{t0 q2{3 rptq;
• la sfera di Hubble è rHS ptq “ t{t0 ;
• il cono di luce passato è rP LC “ 2pt{t0 q2{3 ´ 2pt{t0 q;
• l’orizzonte della particella è rH “ 3ct;
211
Space-Time Diagram
Cosmic Time vs. Comoving Distance Coordinate
Space-Time Diagram
Conformal Time vs. Comoving Distance Coordinate
Figura
61: Diagramma
spazio-tempo
tempo
t e distanza
comovente r
The times and
distances
are measured
in tra
units
of cosmico
H0 1 and
c/H0 respectively.
per il modello critico (⌦0 =1, ⌦⇤ =0). Tempi e distanze sono misurati in H0´1 e
c{H0 , rispettivamente.
45
1
62: Diagramma
spazio-tempo
tra tempo
t e distanza comovente
The times Figura
and distances
are measured
in units
of Hconforme
0 and c/H0 respectively.
´1
r per il modello critico (⌦0 =1, ⌦⇤ =0). Tempi e distanze sono misurati in H0
c{H0 , rispettivamente.
e
46
212
• l’orizzonte degli eventi è rE “ 8 ovvero non c’è;
Cominciamo con la figura 60. Il past light cone è la “world line” dei fotoni
e, come si vede chiaramente, inizialmente tendono ad allontanarsi dall’osservatore a seguito dell’espansione dell’universo per poi riavvicinarsi, una volta
entrati nella sfera di Hubble. La sfera di Hubble interseca il cono di luce
passato per
rHS “ rP LC
ˆ ˙2{3
ˆ ˙
t
t
t
“2
´2
t
t0
t0
ˆ0 ˙
t
4
“
t0
9
in questo punto la velocità totale dei fotoni è vtot “ 0 per definizione di
sfera di Hubble, in cui la velocità di recessione è pari a c. La tangente
al cono di luce passato è verticale perché da quel punto in poi la distanza
propria verso l’osservatore ricomincia a diminuire. Nelle figure sono anche
rappresentate le “world lines” di galassie che noi osserviamo a vari redshifts
z “ 0.5, 1.0, 2.0, 3.0; ovviamente le galassie sono osservate all’intersezione tra
la loro world line ed il cono di luce passato, e l’intersezione tra la world
line e la retta per t “ t0 determina la loro distanza comovente. L’orizzonte
della particella permette di identificare le distanze massime degli oggetti nel
diagramma spazio-tempo che sono connessi causalmente con l’osservatore a
rprop “ r “ 0 al variare del tempo.
Vediamo adesso la figura 61. La singolarità iniziale per a “ 0, rprop “ 0 è
stata “allungata” in una riga, le world lines sono rette parallele all’asse delle
y. Anche nella figura 62 la singolarità iniziale per a “ 0 è stata allungata in
una riga. Questo diagramma, in cui t è stato sostituito con ⌧ è più semplice
ed infatti
• rH pcomoventeq “ ⌧ ;
• rP LC pcomoventeq “ 2 ´ ⌧ ;
• rHS pcomoventeq “ ⌧2 .
Si noti come il past light cone sia adesso una retta.
12.4.2
Diagrammi spazio-tempo per ⌦0 “ 0.3, ⌦⇤ “ 0.7
Anche in questo caso relativo al nostro modello di riferimento utilizzeremo
H0´1 e c{H0 come scale di tempo e di distanza. In questo caso l’equazione di
213
Space-Time Diagram
Cosmic Time vs. Proper Distance
Diagramma
spazio-tempo
tra tempo cosmico
propria
The 63:
times
and distances
are measured
in unitst eofdistanza
H0 1 and
c/Hrprop
0 = 0.3.Figura
0
per
il
modello
di
riferimento
(⌦
=0.3,
⌦
=0.7).
Tempi
e
distanze
sono
misurati
0
⇤
respectively. ´1
in H0 e c{H0 , rispettivamente.
Space-Time Diagram
Cosmic Time vs. Comoving Distance Coordinate
47
1
The 64:
times
and distances
are measured
units tofe H
c/H0 r
0 = 0.3.
Figura
Diagramma
spazio-tempo
tra tempo in
cosmico
distanza
comovente
0 and
per il modello di riferimento (⌦0 =0.3, ⌦⇤ =0.7). Tempi e distanze sono misurati
respectively.
in H0´1 e c{H0 , rispettivamente.
48
Friedman è
a9 “
„
0.3
` 0.7a2
a
214
⇢1{2
Space-Time Diagram
Conformal Time vs. Comoving Distance Coordinate
The times
and distances
are measured
in unitstof
H0 1 and
c/H0 r
65: Diagramma
spazio-tempo
tra tempo conforme
e distanza
comovente
0 = 0.3.Figura
per
il
modello
di
riferimento
(⌦
=0.3,
⌦
=0.7).
Tempi
e
distanze
sono
misurati
0
⇤
respectively. ´1
in H0 e c{H0 , rispettivamente.
La figura 63 rappresenta il diagramma spazio tempo per t ´ rprop ovvero
con tempo cosmico e distane proprie; la figura 64 rappresenta la relazione
t ´ r, tempo cosmico - distanza comovente mentre la figura 65 rappresenta
la relazione ⌧ ´ r, tempo conforme - distanza comovente.
Ci sono molte somiglianze col caso precedente ma anche di↵erenze dovute
alla dark energy che domina ad epoche tarde:
• il tempo cosmico è allungato rispetto al caso critico;
• le “world lines” delle galassie cominciano a divergere per t “ t0 a seguito
della riaccelerazione dell’espansione causata dalla dark energy;
• la sfera di Hubble converge ad una distanza propria di 1.12c{H0 (l’espansione diventa esponenziale nel futuro e la costante di Hubble tende
1{2
al valore costante ⌦⇤ ;
• c’è un orizzonte degli eventi; la geometria è piatta e l’espansione esponenziale spinge le galassie oltre le massime distanze a cui si può avere una connessione causale al tempo t. rE tende allo stesso valore
asintotico di rHS , 1.12c{H0
ª8
da1
rE “ a
1
14
12 1{2
a r0.3a ` 0.7pa ´ a qs
215
49
e per a Ñ 8 si ha che
rE Ñ
ª8
a
da1
1
Ñ
“ 1.12
1{2
12
r0.7s a
r0.7s1{2
• il diagramma più semplice è quello con il tempo conforme poichè
rH pcomov.q “ ⌧
rP LC pcomov.q “ ⌧0 ´ ⌧
rE pcomov.q “ r0 ´ c⌧
(12.6)
con ⌧0 “ 3.305 e r0 “ 4.446 nel nostro modello di riferimento.
12.5
Il problema dell’orizzonte
Un osservatore sulla superficie di ultimo scattering avrà un orizzonte che
sottende un angolo ✓H sul piano del cielo, come visto da noi, osservatori a
t “ t0 . Per calcolare ✓H occorre utilizzare la distanza angolare
DA “
D
1`z
con D misura di distanza data da
D “ R sin
´r¯
R
e r coordinata radiale comovente pari a
ª
c z
dz
r“
H0 0 rp1 ` zq2 p⌦0 z ` 1q ´ ⌦⇤ zpz ` 2qs1{2
Calcoliamo r nel caso in cui ⌦⇤ =0, e ⌦0 † 1 che, come noto, approssima bene
quello che succede sulla superficie di ultimo scattering dove il contributo di
⌦⇤ alla dinamica è trascurabile. Si ottiene:
ª
c z
dz
r “
H0 0 p1 ` zqp⌦0 z ` 1q1{2
«
ff
ˆ
˙1{2
2c
⌦0 z ` 1
´1
´1
´1{2
“
tanh
´ tanh p1 ´ ⌦0 q
H0 p1 ´ ⌦0 q1{2
1 ´ ⌦0
da cui
D“
“
‰(
2c
1{2
⌦
z
`
p⌦
´
2q
p⌦
z
`
1q
´
1
0
0
0
H0 ⌦20 p1 ` zq
216
che per z » 1000, ovvero ⌦0 z " 1
$
,
: 0/
⇠
⇠
’
⇠
&
⇠⇠ ‰ .
“
⇠1{2
2c
⇠
⇠
Z
D»
⌦Z0 zA ` p⌦0 ´ 2q⇠⇠
p⌦⇠0 z ` 1q ´ 1
0
’
/
⇠⇠
%
⇠
2
⇠
H0 ⌦A0 p1 ` zq
A
converge a
D»
quindi
DA “
2c
H0 ⌦0
D
2c
2c a
»
»
1`z
H0 ⌦0 z
H 0 ⌦0
1{3
Il raggio dell’orizzonte di particella, tenendo conto di aptq “ ⌦0 p3H0 t{2q2{3 ,
è dato da
2 aptq3{2
2 aptq3{2
rH ptq “ 3c t “ 3c 1{2
“ c 1{2
(12.7)
3⌦0 H0
⌦0 H 0
L’angolo che sottende l’orizzonte della particella sulla superficie di ultimo
scattering è pertanto
✓H “
rH ptq
2c a3{2
H0 ⌦0
1{2
»
ˆ
“ ⌦0 aptq1{2
1{2
DA
2c
a
H 0 ⌦0
e con z “ 1000 si ha
1{2
✓H » ⌦0 aptq1{2 “
1{2
⌦0
1{2
1{2
“ 0.032 ⌦0 rad “ 1.8 ⌦0 deg
p1 ` zq1{2
In conclusione, nel caso di ⌦0 =0.3, ⌦⇤ =0.7, z “ 1000, si ottiene
✓H “ 2.1˝
quindi, secondo i modelli standard i Friedman, sulla superficie di ultimo scattering regioni di cielo separate da più di 2˝ non potevano essere causalmente
connesse! Il fatto che la CMB sia omogenea a meglio di 1 parte su 1000 deve
far parte delle condizioni iniziali dell’universo!
Vedremo tra poco come è possibile risolvere questo problema grazie al
modello inflazionario.
12.6
Il modello inflazionario
Mettendo insieme quello che abbiamo appena visto e le cose analizzate in
precedenza, possiamo concludere che il modello cosmologico standard ha i
seguenti problemi:
217
• Problema dell’orizzonte. Il modello standard si basa sull’assunzione di
omogeneità e isotropia la cui evidenza maggiore è data dalla CMB;
ma le scale spaziali causalmente connesse sulla CMB corrispondono ad
appena ✓ „ 2˝ , proiettate sul piano del cielo. Come è possibile che la
CMB sia cosı̀ omogenea ed isotropa su tutto il cielo?
• Problema della piattezza. Abbiamo visto che avere ⌦0 “ 0.3 « 1
comporta che ⌦pzq “ 1 per z " 1; per esempio la 7.51
ˆ
˙
1
1
1
1´
“
1´
⌦pzq
1`z
⌦0
ci dice che ⌦0 =0.3 fornisce ⌦pzq “ 0.9978 a z “ 1000 e ⌦pzq “ 0.99978
a z “ 10000; in conclusione, ad altissimi z ⌦ deve essere estremamente
prossimo ad 1, richiedendo un “fine tuning” molto forte.
• Formazione delle strutture cosmiche. Le fluttuazioni di densità sulla superficie di ultimo scattering devono essere relativamente grandi
„ 10´3 per poter spiegare le strutture cosmiche esistenti adesso;
queste non sono certo perturbazioni infinitesime dovute a fluttuazioni
statistiche. Poichè la crescita delle perturbazioni è sempre algebrica
anche in precedenza ( „ a2 nell’epoca della radiazione e „ a nell’epoca della materia), le perturbazioni di densità non possono originarsi
a seguito di fluttuazioni statistiche ma a causa di un fenomeno fisico di
cui non abbiamo ancora tenuto conto.
Nel 1981 Alan Guth ha cercato di risolvere questi problemi proponendo che
ci sia stata una fase nell’universo primordiale in cui la densità di energia fosse
dominata da una componente di energia del vuoto con pressione negativa, in
modo del tutto analogo alla dark energy che abbiamo già visto. Pertanto in
quella fase, in cui la dinamica era guidata da una componente con proprietà
simili a quelle della dark energy, si è avuta una espansione di tipo esponenziale, ovvero durante quella fase aptq „ exppt{⌧ q. L’inizio e la durata della
fase inflattiva dipendono dalle proprietà del potenziale del campo scalare
che dà origine alla componente di energia del vuoto che guida l’inflazione;
perciò esistono vari modelli inflazionari. Ad esempio nel modello indicato in
figura 66 la fase inflazionaria è tra 10´35 e 10´33 s. Come vedremo l’esatta
collocazione temporale della fase inflazionaria non ha influenza per quanto
riguarda la soluzione dei problemi appena indicati.
Consideriamo ad esempio un modello in cui a fase inflazionaria inizia
quando la temperatura dell’universo raggiunge il valore TGU T ; al termine
della fase inflazionaria l’energia del campo che ha causato l’inflazione viene
218
Figura 66: Evoluzione del fattore di scala nel modello standard e nel caso di modello
inflazionario.
liberata e si ha un “reheating” per l’universo si riscalda nuovamente alla
temperatura TGU T . TGU T è la temperatura che corrisponde all’energia la
disopra della quale si ha la grande unificazione delle forze (esclusa quella
gravitazionale) e vale
TGU T “ 2 ˆ 1016 GeV “ 1.5 ˆ 1029 K
Ricordando che
⌦0 H02
a9 “
` ⌦⇤ H02 a2 ´ H02 p⌦0 ` ⌦⇤ ´ 1q
a
2
e che la densità di energia del vuoto è
⇢V “
⇤
3H02 ⌦⇤
“
8⇡G
8⇡G
possiamo ricavare l’equazione di Friedmann nel caso in cui, per a " 1, la
dinamica sia dominata da un termine di energia del vuoto analogo a ⇢V che
chiameremo ⇢
8⇡G
a9 2 “
⇢ a2
3
219
come abbiamo già visto questa equazione può essere risolta per separazione
di variabili; ponendo
ˆ
˙1{2
3
⌧“
8⇡G⇢
e integrando tra l’inizio della fase inflazionaria, t1 , e t si ottiene
„ ⇢
t
aptq “ a1 exp
⌧
supponiamo che la fase inflazionaria termini per t2 “ NI ⌧ ` t1 » NI ⌧ con
⌧ " t1 , per cui alla fine della fase avremo
apt2 q “ a2 » a1 eNI
ovvero il fattore di scala è cresciuto di un fattore exppNI q. Vediamo le conseguenze di questo fatto. L’orizzonte di particella alla fine della fase inflattiva
tI
ª t2
ª t2
c dt
c dt
rH pt2 q “ apt2 q
» apt2 q
0 aptq
t1 aptq
con t1 inizio della fase inflattiva; come si vede abbiamo trascurato il contributo a rH dovuto alla propagazione dei fotoni prima della fase inflattiva. Si
ottiene
ª
“
‰
a2 t2 ´t{⌧
rH pt2 q “ c
e
dt “ c ⌧ et2 {⌧ e´t1 {⌧ ´ e´t2 {⌧ » c ⌧ et2 {⌧ » c ⌧ eNI
a1 t 1
dove si è considerato che t2 , ⌧ " t1 . Questo raggio dell’orizzonte definisce
la regione causalmente connessa al termine della fase inflazionaria, ovvero il
raggio della sfera all’interno della quale si è potuta ottenere l’omogeneità.
Questa “sfera” causalmente connessa poi si espande seguendo l’espansione
standard dell’universo fino a raggiungere il momento della ricombinazione
per trec dove definirà un’area causalmente connessa sulla superficie di ultimo
scattering ed il cui raggio sarà pari a
rC “
aptrec q
1 ` zpt2 q
T2
TGU T
rH pt2 q “
rH pt2 q “
rH pt2 q “
c⌧ eNI
apt2 q
1 ` zptrec q
Trec
Trec
Si noti che questo non è il raggio dell’orizzonte a trec , ma il raggio dell’orizzonte alla fine dell’inflazione, ovvero il raggio della sfera che è stata causalmente
connessa a t2 . Abbiamo sfruttato la relazione tra a ´ z e z ´ T , ed inoltre
il fatto che alla fine della fase inflazionaria la temperatura è T2 “ TGU T .
Per stimare il valore di rC dobbiamo stimare il valore di ⌧ ovvero di ⇢ . Se
220
alla fine della fase inflazione l’energia del vuoto viene ceduta all’universo,
diventa energia di radiazione e particelle ultrarelativistiche con temperatura
TGU T “ 2 ˆ 1016 GeV “ 1.5 ˆ 1029 K
⇢ “ ⇢rad “
da cui
⌧“
ed infine
rC “
ˆ
4 4
TGU T » 4 ˆ 1081 g cm´3
3
c
3
8⇡G⇢
˙1{2
“ 2 ˆ 10´38 s
TGU T
1.5 ˆ 1029 K
c⌧ eNI “
ˆcˆp2ˆ10´38 sqˆeNI “ 5.1ˆ1025 epNI ´63q cm
Trec
4000 K
dove per ottenere il valore numerico si è usato un NI “ 63. Questo raggio
va confrontato con il raggio della sfera che racchiude l’universo osservabile
ovvero la distanza propria tra noi e la superficie di ultimo scattering; nel caso
di Einstein - de Sitter abbiamo visto che la distanza comovente è
«
ˆ ˙1{3 ff
2c
t
r“
1´
H0
t0
per cui la distanza propria
2c
xptq “
H0
ˆ ˙2{3 «
ˆ ˙1{3 ff
t
t
1´
t0
t0
alla ricombinazione aptq “ pt{t0 q2{3 “ 10´3 ovvero
xptrec q “
‰
2 c ´3 “
2c
10
1 ´ 10´3{2 » 10´3
“ 2.6 ˆ 1025 cm
H0
H0
Pertanto il raggio della sfera che racchiude l’universo osservabile è superiore
al raggio della sfera che racchiude le regioni causalmente connesse al termine
della fase inflazionaria se questa dura almeno NI ⌧ con NI Á 63; ovvero la
durata della fase inflazionaria deve essere superiore a ° 1.2 ˆ 10´36 s per
risolvere il problema dell’universo.
Se la fase inflazionaria iniziasse più tardi come nel modello in figura 66, la
temperatura all’inizio ed alla fine della fase inflazionaria sarebbe più bassa,
conseguentemente ⇢ sarebbe più bassa e ⌧ più grande. Per il modello in figura all’inizio ed alla fine della fase inflazionaria si avrebbe T1 “ T2 » 1028 K
il che implica ⇢ “ ⇢rad “ 3 ˆ 1076 g cm´3 e ⌧ » 10´35 s per cui durante la
221
fase inflazionaria ci sono circa 100⌧ e rC “ 2.0 ˆ 1043 cm ben oltre il raggio
dell’universo osservabile. Abbiamo appena visto come il modello inflazionario risolva il problema dell’orizzonte e vediamo adesso le conseguenze per il
problema della piattezza. Riprendiamo l’equazione di Friedmann completa
ovvero che include i termini di massa, radiazione e densità del vuoto
a9 2 “
⌦0 H02 ⌦r H02
`
` ⌦⇤ H02 a2 ´ c2 k
a
a2
con k curvatura a t “ t0 data da
k“
H02
r⌦0 ` ⌦r ` ⌦⇤ ´ 1s
c2
Se definiamo i parametri di densità a redshift z come
ˆ
˙ˆ
˙
ˆ
˙ˆ
˙
8⇡G
8⇡G⇢i,0 ⇢i pzq
H02
⇢i pzq
H02
⌦i pzq “
⇢i pzq “
“ ⌦i,0
3Hpzq2
3H02
⇢i,0
Hpzq2
⇢i,0
Hpzq2
dove con ⇢i pzq densità a redshift z della componente i-esima e Hpzq costante
9
Conoscendo l’evoluzione con z delle
di Hubble a redshift z (Hpzq “ a{a).
densità delle varie componenti e sostituendo gli ⌦i,0 con gli ⌦i pzq si ottiene
a9 2 “ ⌦m pzq Hpzq2 a2 ` ⌦r pzq Hpzq2 a2 ` ⌦⇤ pzq Hpzq2 a2 ´ c2 k
ovvero
c2 k “ a2 Hpzq2 r⌦pzq ´ 1s
(12.8)
con ⌦pzq “ ⌦m pzq ` ⌦r pzq ` ⌦⇤ pzq. Questo è un modo diverso di scrivere
l’equazione di Friedmann. Valutando le due espressioni all’inizio ed alla fine
della fase inflazionaria si può scrivere
apt1 q2 Hpt1 q2
⌦pt2 q ´ 1
“
⌦pt1 q ´ 1
apt2 q2 Hpt2 q2
Durante la fase inflazionaria aptq “ apt1 q exppt{⌧ q e
Hptq “
9
aptq
1
“
aptq
⌧
per cui gli Hptq è costante e Hpt1 q{Hpt2 q “ 1. Infine
⌦pt2 q ´ 1
apt1 q2
“
“ e´2t2 {⌧ “ ep´2NI q À 10´55
⌦pt1 q ´ 1
apt2 q2
dove l’ultima disuguaglianza è stata ottenuta con NI Á 63 stimato prima.
Pertanto, qualsiasi fosse il valore di ⌦pt1 q, ⌦pt2 q´1 deve essere estremamente
222
piccolo, e ⌦pt2 q “ 1.0000000... a meno di 1 parte su 1055 ! Questo spiega il
“fine tuning” implicato dal problema della piattezza.
Durante la fase inflattiva le fluttuazioni quantistiche associate al campo
inflativo vengono amplificate e raggiungono ampiezze sufficienti a spiegare
le fluttuazioni osservate sulla superficie di ultimo scattering. Inoltre risulta che queste fluttuazioni sono “scale free” ovvero il
ad esse associato è
indipendente dalla scala della perturbazione: come vedremo più avanti, questo significa che le fluttuazioni di densità generate durante la fase inflattiva
hanno uno spettro di potenza di Harrison – Zel’dovich.
12.7
Scale oltre l’orizzonte
Il raggio dell’orizzonte rH ptq tende a 0 per t Ñ 0 e per t sufficientemente
piccoli rH diventa più piccolo delle scale di superammassi, ammassi e galassie:
è pertanto necessario considerare la crescita delle perturbazioni quando le loro
scale sono più grandi dell’orizzonte. Nel caso in cui ° rH il trattamento
fatto fino ad ora è inadeguato ed occorre la relatività generale; il punto
di partenza è quindi quello di considerare perturbazioni lineari del tensore
metrico
gµ⌫ “ ḡµ⌫ ` gµ⌫
con ḡµ⌫ corrispondenti alla metrica “imperturbata” ovvero quella di Robertson e Walker che conosciamo bene. Si considera anche il tensore energia
impulso perturbato al primo ordine
Tµ⌫ “ T̄µ⌫ ` Tµ⌫
e si linearizzano le equazioni di campo di Einstein per determinare le piccole
perturbazioni. Si può dimostrare che la metrica perturbata al primo ordine
può essere scritta nella forma
(
ds2 “ a2 p⌧ q p1 ` 2 qc2 d⌧ 2 ` 2wi cd⌧ dxi ´ rp1 ´ 2 q ij ` 2hij s dxi dxj
con ⌧ tempo conforme, ij parte spaziale comovente della metrica di Robertson e Walker (ovvero quella che già conosciamo), wi vettore e hij è un tensore.
Gli indici i, j variano solo tra 1 e 3 ovvero sulla parte spaziale; infine e
sono due funzioni scalari. Dalla metrica perturbata si nota che esistono tre
tipi di perturbazioni che possono essere separati e trattati indipendentemente
• perturbazioni scalari, che corrispondono alle funzioni
perturbazioni già viste;
e
ovvero alle
• perturbazioni vettoriali, che corrispondono ai wi che rappresentano
moti vorticosi (rotazionali);
223
• perturbazioni tensoriali, che corrispondono ai hij che rappresentano
onde gravitazionali.
Il problema è che abbiamo 16 componenti incognite del tensore di perturbazione della metrica gµ⌫ e solo 10 equazioni indipendenti per cui è
necessario fare una scelta di “gauge”.
Ovviamente, c’è una grossa libertà nella scelta del gauge ma è stato dimostrato da Bardeen che possibile derivare un set di quantità che non dipendono
dal gauge per trattare una qualsiasi perturbazione su scale più grandi dell’orizzonte. Inoltre esistono delle relazioni che permettono di passare da un
gauge all’altro. In pratica la scelta del gauge dipende solo dalla convenienza
ma, se il modello fisico dell’universo e l’origine delle perturbazioni sono ben
definite, il risultato fisico finale è lo stesso: la scelta di gauge diversi comporta apparentemente diverse evoluzioni delle perturbazioni su scale ° rH
ma, quando le perturbazioni entrano dentro il loro orizzonte, hanno la stessa
identica evoluzione.
Il gauge che conduce a risultati simili a quelli già visti in precedenza è
il cosiddetto “conformal Newtonian gauge” o “gauge longitudinale” in cui le
perturbazioni vettoriali e tensoriali sono poste uguali a 0; con una geometria
piatta si ottiene
“
‰
ds2 “ a2 p⌧ q p1 ` 2 qc2 d⌧ 2 ´ p1 ´ 2 qpdx2 ` dy 2 ` dz 2 q
si inserisce quindi questa metrica nelle equazioni di campo di Einstein e, se
il tensore Tµ⌫ è diagonale si ottiene che “ ovvero
“
‰
ds2 “ a2 p⌧ q p1 ` 2 qc2 d⌧ 2 ´ p1 ´ 2 qpdx2 ` dy 2 ` dz 2 q
Ricordiamo la metrica di Schwarzschild
ˆ
˙
ˆ
˙´1
GM
GM
2
2 2
ds “ 1 ´ 2 2 c dt ´ 1 ´ 2 2
dr2 ´ r2 d✓2 ´ r2 sin✓ d 2
rc
rc
posto ¯ “ ´GM {pc2 rq, potenziale Netwoniano della massa puntiforme M
(normalizzato a c2 ), nell’assunzione di campo debole ¯ ! 1 si ha
`
˘
`
˘
ds2 “ 1 ` 2 ¯ c2 dt2 ´ 1 ´ 2 ¯ dr2 ´ r2 d✓2 ´ r2 sin✓ d 2
ovvero la funzione che caratterizza la metrica perturbata è proprio il potenziale newtoniano; questo dimostra che l’analisi “classica” che abbiamo
fatto è corretta nel regime lineare. Ma la metrica è valida anche nel caso
di perturbazioni su scale più grandi dell’orizzonte, quindi il potenziale newtoniano permette di descrivere la crescita delle perturbazioni anche su scale
“superhorizon”.
Il potenziale Newtoniano della perturbazione è determinato dall’equazione di Poisson e nei casi relativistici e non è dato da
224
“ 4⇡G ⇢;
• Matter dominated: r2
“ 8⇡G ⇢.
• Radiation dominated: r2
Tiriamo fuori le dipendenze dal fattore di scala e passiamo a coordinate
comoventi. Nel caso matter dominated “ 0 a, ⇢ “ ⇢0 a´3 per cui
4⇡G ⇢ “ 4⇡G ⇢ “ 4⇡G
“
Nel caso radiation dominated
0a
2
0 ⇢0 a
´2
, ⇢ “ ⇢0 a´4 per cui
8⇡G ⇢ “ 8⇡G ⇢ “ 8⇡G
0 ⇢0 a
´2
quindi se r2 “ a´2 r2c si ottiene
• Matter dominated:
1 2
r
a2 c
“ 4⇡G ⇢0 a´2 ;
1 2
r
a2 c
“ 8⇡G ⇢0 a´2 ;
• Radiation dominated:
ovvero
“ 4⇡G ⇢0
• Matter dominated: r2c
• Radiation dominated: r2c
“ 8⇡G ⇢0
Questi risultati, trovati nel caso “classico” ovvero per † rH , ci dicono che
le perturbazioni nel potenziale gravitazionale sono indipendenti dal fattore di
scala sia nell’era matter-dominated che radiation-dominated. Poichè, come
abbiamo visto, il potenziale Newtoniano fornisce una buona descrizione delle
perturbazioni anche nel caso ° rH e l’equazione di Poisson non dipende
dalla scala della perturbazione, se ne conclude che è possibile applicare al
caso “super-horizon” i risultati classici per † rH ovvero:
• Matter dominated:
• Radiation dominated:
9a
9 a2
225
Come vedremo più avanti, nel caso sub-horizon, possono esistere dei processi
fisici che “smorzano” per perturbazioni che quindi possono rallentare la loro
crescita o addirittura diminuire di ampiezza. Nel caso super-horizon questo
non è possibile per l’assenza di connessione causale e pertanto le perturbazioni
sono congelate nella metrica e obbligate a crescere come appena indicato
( 9 a, 9 a2 ).
Possiamo concludere mostrando come la crescita delle perturbazioni nel
caso super-horizon può essere ricavata direttamente dall’equazione di Friedmann. Utilizzando ⌦pzq e Hpzq abbiamo riscritto l’equazione di Friedmann
come (12.8)
c2 k
2
Hpzq r⌦pzq ´ 1s ´ 2 “ 0
a
Consideriamo la nostra perturbazione che cresce all’interno di un universo
piatto il cui fattore di scala soddisfa
Hpzq2 r⌦pzq ´ 1s “ 0
Ricordando la definizione di ⌦, ⌦pzq “ 8⇡G⇢{p3Hpzq2 q, si ha
8⇡G
⇢0 ´ H 2 “ 0
3
dove abbiamo indicato col pedice “0” il caso a curvatura nulla. Come abbiamo visto la perturbazione ha la stessa dinamica di un universo con ⌦ più
grande; se supponiamo che la costante di Hubble Hpzq della perturbazione
sia la stessa che per l’universo (corretto al primo ordine) ed indichiamo con
il pedice “1” le quantità relative alla perturbazione si ha
8⇡G
c2 k 2
⇢1 ´ H 2 ´ 2 “ 0
3
a
per cui sottraendo membro a membro e ricavando
“
si ha
⇢1 ´ ⇢0
3c2 k 2
“
⇢0
8⇡G⇢0 a2
´2
ovvero 9 ⇢´1
0 a1 con ⇢0 densità dell’universo imperturbato. In conclusione
troveremo nei due casi
• Matter dominated: ⇢0 9 a´3 ovvero
• Radiation dominated: ⇢0 9 a´3 ovvero
226
9 a;
9 a2 .
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