Diagrammi spazio-tempo, orizzonte e modello inflazionario
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Diagrammi spazio-tempo, orizzonte e modello inflazionario
12 Diagrammi spazio-tempo, orizzonte e modello inflazionario Fino ad ora abbiamo trovato come crescono le perturbazioni ma senza tener conto del tempo finito di propagazione dei segnali. Adesso dobbiamo considerare altri processi fisici che ci permettano di avere modelli più realistici di crescita delle perturbazioni: dobbiamo definire cosa sia l’orizzonte di un osservatore (ed i problemi ad esso connessi) e dobbiamo capire come crescono le perturbazioni su scale più grandi dell’orizzonte. Successivamente cercheremo di capire il ruolo della materia barionica nella crescita delle perturbazioni scoprendo come i modelli con la sola materia barionica falliscano nello spiegare le osservazioni. In seguito ci occuperemo della materia oscura. 12.1 L’orizzonte di una particella Un concetto importante è quello di orizzonte di una particella o di un osservatore: ad ogni epoca t è la massima distanza con la quale c’è stata connessione causale, ovvero è la distanza massima che può aver percorso un segnale luminoso da t “ 0 fino a t. In pratica questo è lo stesso problema con cui ci siamo confrontati quando abbiamo dovuto misurare le distanze tenendo conto dell’espansione dell’universo: abbiamo considerato un numero infinito di osservatori tra noi e la sorgente, ciascuno con l’istruzione ricevuta a t “ 0 di misurare al tempo t la distanza dall’osservatore più vicino per cui alla fine si ottiene che la distanza propria è ª xptq “ dx “ aptqr con r distanza comovente ovvero misurata per t “ t0 . La metrica di Robertson– Walker è ´ r ¯` ˘ı aptq2 ” ds2 “ dt2 ´ 2 dr2 ` R2 sin2 d✓2 ` sin2 ✓d 2 c R per cui considerando il percorso radiale di un fotone (ds2 “ 0, d✓2 `sin2 ✓d 2 ) si ha aptq dt “ dr c dr è la distanza comovente di un osservatore che vediamo dopo che i fotoni hanno viaggiato un tempo dt. Allora la distanza comovente di una sorgente che noi (che siamo a t “ t0 ) osserviamo quando era a t è ª t0 ª1 cdt cda r“ “ 9 t aptq a aa 203 dove questa espressione può essere letta come la distanza comovente tra l’osservatore al tempo t0 ed un altro osservatore visto al tempo t † t0 ; ovvero la distanza comovente percorsa dai fotoni partiti al tempo t ed arrivati al tempo t0 . Quindi al tempo t l’osservatore avrà un orizzonte che corrisponde alla distanza comovente con gli osservatori che vede al tempo t “ 0 ªt ªa cdt1 cda1 r“ “ 1 191 0 apt q 0 aa questa è la distanza comovente tra l’osservatore al tempo t “ 0 e quello al tempo t “ t, ovvero è la distanza comovente che i fotoni percorrono tra t “ 0 e t. Per ottenere la distanza propria, ovvero quella che si misurerebbe a t (e non quella comovente, misurata a t0 ) si deve moltiplicare per aptq ovvero, il raggio dell’orizzonte di una particella o di un osservatore al tempo t è rH ptq “ aptq ªt 0 cdt1 “ aptq apt1 q ªa 0 cda1 a9 1 a1 (12.1) Consideriamo adesso il caso dei modelli di Friedman per ⌦⇤ =0. Ricordiamo che allora “ ‰1{2 dz “ ´H0 p1 ` zq p1 ` zq2 p⌦0 z ` 1q ´ ⌦⇤ zpz ` 2q dt rH ptq “ aptq ªt 0 cdt1 “ aptq apt1 q ªz `8 ⇠ c⇠ p1⇠`⇠zqp´dzq ⇠ H0 ⇠ p1⇠`⇠zq rp1 ` zq2 p⌦0 z ` 1q ´ ⌦⇤ zpz ` 2qs1{2 che, per ⌦⇤ =0, diviene ªz ª `8 cp´dzq c dz rH ptq “ aptq “ aptq 1{2 H0 p1 ` zq p⌦0 z ` 1q1{2 `8 H0 rp1 ` zq2 p⌦0 z ` 1qs z ricordando le soluzioni analitiche nel caso ⌦⇤ =0 si ha: per ⌦0 ° 1 „ ⇢ c 2p⌦0 ´ 1q rH ptq “ aptq acos 1 ´ aptq H0 p⌦0 ´ 1q1{2 ⌦0 per ⌦0 † 1 „ ⇢ c 2p1 ´ ⌦0 q rH ptq “ aptq acosh 1 ` aptq H0 p1 ´ ⌦0 q1{2 ⌦0 204 per ⌦0 “ 1, modello di Einstein - de Sitter, ª `8 c dz c aptq rH ptq “ aptq “ 2p1 ` zq´1{2 3{2 H p1 ` zq H 0 0 z 2c 2c t 2c 3⇢ H⇢0 “ aptq3{2 “ “ t H0 H0 t 0 H⇢0 2 ⇢ ovvero rH ptq “ 3 c t (12.2) Per piccoli valori di a (⌦0 z " 1), si ottiene la soluzione valida nel caso dominato dalla materia anche per modelli con ⌦⇤ ‰ 0, analogamente a come abbiamo visto per a “ aptq. Partendo da ª8 c dz rH ptq “ aptq 2 1{2 z H0 rp1 ` zq p⌦0 z ` 1q ´ ⌦⇤ zpz ` 2qs per ⌦0 z " 1, z " 1 si ha a » z ´1 e si ottiene ª8 ª8 c dz c rH ptq » aptq “ aptq z ´3{2 dz 1{2 3 1{2 H p⌦ z q 0 0 z z H0 ⌦0 “ ‰ c aptq c aptq ´1{2 8 “ ´2z ´1{2 z “ 2 z 1{2 1{2 H 0 ⌦0 H 0 ⌦0 2c “ aptq3{2 1{2 H 0 ⌦0 (12.3) Sappiamo che, in queste condizioni, vale il modello di Einstein-de Sitter “modificato” ˆ ˙2{3 3H0 t 1{3 aptq “ ⌦0 2 ovvero 2A c H⇢0 t 1{2 ⇢ 3⇢ ⇢ rH ptq “ “ 3ct ⌦ 0 ⇢ 1{2 ⇢ 2 H⇢0 ⌦ ⇢ ⇢ ⇢0 e quindi rH ptq “ 3 c t ⌦0 z " 1, z " 1, ⌦⇤ ‰ 0 (12.4) ovvero lo stesso valore del caso di Einstein - de Sitter. Come abbiamo già visto, questa approssimazione è valida, ad esempio, sulla superficie di ultimo scattering. Perché il raggio dell’orizzonte è 3 c t e non c t? Perché gli osservatori fondamentali erano più vicini tra loro a t piccoli, ovvero distanze maggiori erano causalmente connesse. 205 Consideriamo adesso il caso “radiation dominated” che si ha per z " 2.4 ˆ 104 ⌦0 h2 « 3530. In questo caso a “ k t1{2 e ªt ªt c dt1 c dt1 1{2 rH ptq “ aptq “ k t S 1 k t11{2 0 apt q 0 S ovvero rH ptq “ 2 c t 12.2 (12.5) L’orizzonte degli eventi L’orizzonte degli eventi è la massima distanza osservabile aspettando un tempo sufficientemente lungo, al limite t Ñ 8. Se consideriamo il fotone che parte a t1 e arriva al tempo t in direzione radiale la distanza comovente percorsa è pari a ªt c dt1 r“ 1 t1 apt q pertanto, detto t8 il tempo cosmico massimo che l’universo può raggiungere, il raggio dell’orizzonte degli eventi per l’osservatore al tempo t1 sarà ª t8 ª a8 c dt c da rE “ apt1 q “ apt1 q 9 t1 aptq a1 aptqaptq rE è la massima distanza propria degli oggetti che potremo vedere in futuro. La domanda da porsi è se rE converge per t8 Ñ 8 (nel caso dei modelli aperti) o per t8 Ñ tmax (nel caso dei modelli chiusi). In quest’ultimo caso tmax corrisponde al tempo in cui avviene il big crunch. Se ⌦⇤ =0, ⌦0 § 1 quell’integrale diverge (a 9 t2{3 per ⌦0 “ 1 e a 9 t per ⌦0 “ 0) pertanto rE Ñ 8: in linea di principio è possibile osservare qualsiasi particella esistente nell’universo, basta aspettare il tempo necessario alla propagazione della luce. Se ⌦⇤ =0, ⌦0 ° 1 l’integrale converge ad un valore finito che si può ottenere dalle soluzioni generali per aptq; ad esempio, per ⌦0 =2, l’oggetto più lontano osservabile prima del big crunch avrebbe una distanza comovente r « 20, 000 Mpc (H0 “ 70 km s´1 Mpc´1 ). Nel caso in cui ⌦⇤ ° 1 e ⌦0 ` ⌦⇤ • 1 l’integrale per rE converge ad un valore finito perché per tempi grandi aptq si espande esponenzialmente ed i fotoni emessi da oggetti sufficientemente distanti non ce la fanno a giungere fino a noi. 12.3 Il cono di luce passato e la sfera di Hubble Prima di a↵rontare lo studio dei diagrammi spazio-tempo in ambito cosmologico, è necessario capire come si può trovare il cono di luce (passato) di un 206 osservatore che, ricordiamo, è il luogo dei punti nello spazio-tempo percorsi dai fotoni per giungere all’osservatore. La prima cosa da notare è che la legge di Hubble, vrec “ H0 r, si applica anche per vrec ° c; questa non è una violazione della relatività generale poichè non è una velocità di trasmissione del segnale ma è solo un e↵etto dell’espansione omogenea ed isotropa dell’universo. Pertanto un osservatore dovrà tenere conto del fatto che, oltre alla velocità e↵ettiva di un oggetto, esiste una velocità apparente dovuta all’espansione dell’universo. Un osservatore misura la velocità di un oggetto (galassia o fotone) considerando la relazione tra la distanza propria dell’oggetto ed il tempo cosmico e calcolando vtot “ pdistanza propria oggettoq dx “ ptempo cosmico) dt per cui xptq “ aptqr dx dr 9 r`a vtot “ “ aptq “ vrec ` vpec dt dt 9 per t “ t0 si ha vrec “ aptqr “ H0 r ovvero si ricava la legge di Hubble; vrec è pertanto il contributo alla velocità dovuto all’espansione. vpec dato da dr{dt rappresenta i moti “peculiari” ovvero quelli che si discostano dal flusso di Hubble. Consideriamo, per esempio, il caso critico ⌦0 =1 e ⌦⇤ =0, per cui si ha ˆ ˙2{3 t aptq “ t0 « ˆ ˙ fft0 « ˆ ˙1{3 ff ª t0 1{3 c dt1 t 2c t r“ “ c 3t0 “ 1´ 1 2{3 t0 H0 t0 t pt {t0 q t quindi per t “ 0 si ha r “ 2c{H0 , vrec pt0 q “ H0 r Ñ 2c ovvero, dal nostro punto di vista, il “big bang” si sta allontanando con una velocità di recessione pari a 2c. All’epoca in cui il segnale è stato emesso sul nostro cono di luce passato, la velocità di recessione era ancora più grande poichè ˆ ˙´1{3 « ˆ ˙1{3 ff t t 9 “ 2c vrec “ ar 1´ t0 t0 e vexp Ñ 8 per t Ñ 0. Come già visto vpec “ aptq dr{dt corrisponde alla velocità dei moti peculiari nel sistema di riferimento locale (comovente al tempo t), per cui un 207 fotone che viaggia verso di noi lungo il nostro cono di luce passato avrà un velocità misurata nel riferimento comovente pari a c“ pdistanza propria radialeq a dr “ ptempo cosmicoq dt ovvero il termine di velocità peculiare per un fotone è proprio c; allora per un fotone che viaggia lungo il nostro cono di luce passato verso di noi si ha vtot “ aptq 9 r´c il segno “–” viene dal fatto che il fotone viaggia verso di noi. Questa espressione definisce la propagazione della luce da una sorgente per un universo in espansione. Vediamo adesso la traiettoria dei raggi di luce verso l’osservatore che si trova a t “ t0 . La distanza propria dall’osservatore (r “ 0) ad un punto sul “past light cone” (PLC) è ªt ªa vtot da1 rP LC “ vtot dt “ a9 1 0 0 poichè vtot “ vrec ´ c “ aptq 9 r ´ c, i raggi di luce inizialmente si allontanano da noi per l’espansione cosmologica con v ° c. Quindi le onde e.m. si propagano fino all’osservatore all’epoca t0 passando per riferimenti inerziali che si muovono progressivamente con velocità di recessione (vrec ) minori finché non attraversano la sfera di Hubble ovvero la regione in cui vrec “ a9 r “ c. La definizione del raggio della sfera di Hubble rHS ptq è pertanto 9 r“ c “ aptq ovvero rHS ptq “ a9 a9 aptqr “ rHS ptq a a aptq c “ Hptq c 9 aptq si noti che rHS ptq è una distanza radiale propria. Da questa epoca in poi il fotone si avvicina sempre di più all’osservatore finché per t “ t0 non vi giunge con velocità c. 12.4 Diagrammi spazio-tempo per i modelli cosmologici standard Prima di analizzare i diagrammi spazio-tempo in ambito cosmologico, riassumiamo i tempi e le distanze introdotti fino a qui. 208 • Tempo cosmico. E’ il tempo misurato da un osservatore fondamentale e letto su un orologio sincronizzato per t “ 0 quando tutte le geodetiche si intersecavano (postulato di Weyl) ªt ªa 1 da 1 t “ dt “ 91 0 0 a • Tempo conforme. Il tempo conforme ⌧ è l’analogo della coordinata comovente ed è legato all’intervallo di tempo sotto cui l’osservatore a t “ t0 vede avvenire un evento nel passato al tempo t dtconf “ d⌧ “ dt aptq poichè questo è il tempo misurato dall’osservatore fondamentale al tempo t “ t0 ma relativo alla durata di eventi passati, è chiaro che rispetto al tempo cosmico, è a↵etto dalla dilatazione cosmologica dei tempi. La metrica di Robertson e Walker è ´ r ¯` ˘ı aptq2 ” d✓2 ` sin2 ✓d 2 ds2 “ dt2 ´ 2 dr2 ` R2 sin2 c R e con il tempo conforme diventa ds2 “ ´r¯ ı a2 ptq ” 2 2 2 2 2 2 2 2 c d⌧ ´ dr ´ R sin pd✓ ` sin d✓ q c2 R ovvero la parte spaziale e la parte temporale sono adesso omogenee e scalano entrambe con aptq; per cui le associazioni sono tra t – rpropr e ⌧ – r. Utilizzando il tempo conforme la crescita delle perturbazioni è Era della Radiazione: ⇢{⇢ 9 t; a 9 t1{2 ; ⌧ 9t1{2 per cui ⇢{⇢ 9 ⌧ 2 Era della Materia: ⇢{⇢ 9 t2{3 ; a 9 t2{3 ; ⌧ 9t1{3 per cui ⇢{⇢ 9 ⌧ 2 ovvero le perturbazioni crescono sempre con ⌧ 2 . • Distanza radiale comovente. E’ definita come ª t0 ª1 c dt1 c da1 r“ “ 1 91 a1 t a a a ovvero è la distanza “proiettata” all’epoca t “ t0 . 209 • Distanza radiale propria. Partendo dalla definizione di distanza radiale comovente, la distanza radiale propria, ovvero misurata all’epoca di osservazione t della sorgente è ª t0 ª1 c dt1 c da1 rprop “ aptqr “ a “ a 1 91 a1 t a a a • Orizzonte di una particella. E’ la massima distanza con cui ci può essere stata comunicazione all’epoca t ovvero è la distanza radiale propria tra t e t “ 0 ªt ªa cdt1 c da1 rH ptq “ aptq “ aptq 1 9 1 a1 0 apt q 0 a • Orizzonte degli eventi. E’ la massima distanza radiale propria di un oggetto che potrà essere osservato da un osservatore al tempo t ª t8 ª a8 c dt1 c da1 rE ptq “ aptq “ aptq apt1 q a1 ptqa9 1 ptq t a • Past light cone. Come abbiamo visto prima definisce gli eventi accessibili all’osservatore (ovvero gli eventi da cui provengono i fotoni osservati) ed è dato da ªt ªt ªa 1 pa9 r ´ cqda1 rP LC “ vtot dt “ pvrec ´ cqdt “ a9 1 0 0 0 • Raggio della sfera di Hubble, la distanza propria a cui la velocità di recessione è pari alla velocità della luce rHS ptq “ 12.4.1 aptq c “ Hptq c 9 aptq Diagrammi spazio-tempo per ⌦0 “ 1, ⌦⇤ “ 0 Vediamo adesso i diagrammi spazio-tempo e cominciamo con il modello critico di Einstein - de Sitter, ⌦0 =1.0, ⌦⇤ =0, per poi passare al nostro modello di riferimento con ⌦0 =0.3, ⌦⇤ =0.7. Nelle figure seguenti si useranno sempre queste unità di misura: • il tempo sarà espresso in unità di H0´1 ; • le distanze saranno express in unità di c{H0 . 210 Space-Time Diagram Cosmic Time vs. Proper Distance 1 t e distanza propria x per Figura 60: Diagramma spazio-tempo tempo cosmico The times and distances are measured in tra units of H 0 and c/H0 respectively. ´1 il modello critico (⌦0 =1, ⌦⇤ =0). Tempi e distanze sono misurati in H0 rispettivamente. e c{H0 , 44 La figura 60 rappresenta il diagramma spazio tempo per t ´ rprop ovvero con tempo cosmico e distane proprie; la figura 61 rappresenta la relazione t ´ r, tempo cosmico - distanza comovente mentre la figura 62 rappresenta la relazione ⌧ ´ r, tempo conforme - distanza comovente. Nel caso del modello critico esistono relazioni analitiche semplici per le varie grandezze: • l’età dell’universo adesso è t0 “ 2 ; 3H0 • il tempo conforme è ⌧ “ 2pt{t0 q1{3 ; • il fattore di scala è aptq “ pt{t0 q2{3 ; • la distanza comovente è rptq “ 2c{H0 r1 ´ pt{t0 q1{3 s; • la distanza radiale propria è x “ pt{t0 q2{3 rptq; • la sfera di Hubble è rHS ptq “ t{t0 ; • il cono di luce passato è rP LC “ 2pt{t0 q2{3 ´ 2pt{t0 q; • l’orizzonte della particella è rH “ 3ct; 211 Space-Time Diagram Cosmic Time vs. Comoving Distance Coordinate Space-Time Diagram Conformal Time vs. Comoving Distance Coordinate Figura 61: Diagramma spazio-tempo tempo t e distanza comovente r The times and distances are measured in tra units of cosmico H0 1 and c/H0 respectively. per il modello critico (⌦0 =1, ⌦⇤ =0). Tempi e distanze sono misurati in H0´1 e c{H0 , rispettivamente. 45 1 62: Diagramma spazio-tempo tra tempo t e distanza comovente The times Figura and distances are measured in units of Hconforme 0 and c/H0 respectively. ´1 r per il modello critico (⌦0 =1, ⌦⇤ =0). Tempi e distanze sono misurati in H0 c{H0 , rispettivamente. e 46 212 • l’orizzonte degli eventi è rE “ 8 ovvero non c’è; Cominciamo con la figura 60. Il past light cone è la “world line” dei fotoni e, come si vede chiaramente, inizialmente tendono ad allontanarsi dall’osservatore a seguito dell’espansione dell’universo per poi riavvicinarsi, una volta entrati nella sfera di Hubble. La sfera di Hubble interseca il cono di luce passato per rHS “ rP LC ˆ ˙2{3 ˆ ˙ t t t “2 ´2 t t0 t0 ˆ0 ˙ t 4 “ t0 9 in questo punto la velocità totale dei fotoni è vtot “ 0 per definizione di sfera di Hubble, in cui la velocità di recessione è pari a c. La tangente al cono di luce passato è verticale perché da quel punto in poi la distanza propria verso l’osservatore ricomincia a diminuire. Nelle figure sono anche rappresentate le “world lines” di galassie che noi osserviamo a vari redshifts z “ 0.5, 1.0, 2.0, 3.0; ovviamente le galassie sono osservate all’intersezione tra la loro world line ed il cono di luce passato, e l’intersezione tra la world line e la retta per t “ t0 determina la loro distanza comovente. L’orizzonte della particella permette di identificare le distanze massime degli oggetti nel diagramma spazio-tempo che sono connessi causalmente con l’osservatore a rprop “ r “ 0 al variare del tempo. Vediamo adesso la figura 61. La singolarità iniziale per a “ 0, rprop “ 0 è stata “allungata” in una riga, le world lines sono rette parallele all’asse delle y. Anche nella figura 62 la singolarità iniziale per a “ 0 è stata allungata in una riga. Questo diagramma, in cui t è stato sostituito con ⌧ è più semplice ed infatti • rH pcomoventeq “ ⌧ ; • rP LC pcomoventeq “ 2 ´ ⌧ ; • rHS pcomoventeq “ ⌧2 . Si noti come il past light cone sia adesso una retta. 12.4.2 Diagrammi spazio-tempo per ⌦0 “ 0.3, ⌦⇤ “ 0.7 Anche in questo caso relativo al nostro modello di riferimento utilizzeremo H0´1 e c{H0 come scale di tempo e di distanza. In questo caso l’equazione di 213 Space-Time Diagram Cosmic Time vs. Proper Distance Diagramma spazio-tempo tra tempo cosmico propria The 63: times and distances are measured in unitst eofdistanza H0 1 and c/Hrprop 0 = 0.3.Figura 0 per il modello di riferimento (⌦ =0.3, ⌦ =0.7). Tempi e distanze sono misurati 0 ⇤ respectively. ´1 in H0 e c{H0 , rispettivamente. Space-Time Diagram Cosmic Time vs. Comoving Distance Coordinate 47 1 The 64: times and distances are measured units tofe H c/H0 r 0 = 0.3. Figura Diagramma spazio-tempo tra tempo in cosmico distanza comovente 0 and per il modello di riferimento (⌦0 =0.3, ⌦⇤ =0.7). Tempi e distanze sono misurati respectively. in H0´1 e c{H0 , rispettivamente. 48 Friedman è a9 “ „ 0.3 ` 0.7a2 a 214 ⇢1{2 Space-Time Diagram Conformal Time vs. Comoving Distance Coordinate The times and distances are measured in unitstof H0 1 and c/H0 r 65: Diagramma spazio-tempo tra tempo conforme e distanza comovente 0 = 0.3.Figura per il modello di riferimento (⌦ =0.3, ⌦ =0.7). Tempi e distanze sono misurati 0 ⇤ respectively. ´1 in H0 e c{H0 , rispettivamente. La figura 63 rappresenta il diagramma spazio tempo per t ´ rprop ovvero con tempo cosmico e distane proprie; la figura 64 rappresenta la relazione t ´ r, tempo cosmico - distanza comovente mentre la figura 65 rappresenta la relazione ⌧ ´ r, tempo conforme - distanza comovente. Ci sono molte somiglianze col caso precedente ma anche di↵erenze dovute alla dark energy che domina ad epoche tarde: • il tempo cosmico è allungato rispetto al caso critico; • le “world lines” delle galassie cominciano a divergere per t “ t0 a seguito della riaccelerazione dell’espansione causata dalla dark energy; • la sfera di Hubble converge ad una distanza propria di 1.12c{H0 (l’espansione diventa esponenziale nel futuro e la costante di Hubble tende 1{2 al valore costante ⌦⇤ ; • c’è un orizzonte degli eventi; la geometria è piatta e l’espansione esponenziale spinge le galassie oltre le massime distanze a cui si può avere una connessione causale al tempo t. rE tende allo stesso valore asintotico di rHS , 1.12c{H0 ª8 da1 rE “ a 1 14 12 1{2 a r0.3a ` 0.7pa ´ a qs 215 49 e per a Ñ 8 si ha che rE Ñ ª8 a da1 1 Ñ “ 1.12 1{2 12 r0.7s a r0.7s1{2 • il diagramma più semplice è quello con il tempo conforme poichè rH pcomov.q “ ⌧ rP LC pcomov.q “ ⌧0 ´ ⌧ rE pcomov.q “ r0 ´ c⌧ (12.6) con ⌧0 “ 3.305 e r0 “ 4.446 nel nostro modello di riferimento. 12.5 Il problema dell’orizzonte Un osservatore sulla superficie di ultimo scattering avrà un orizzonte che sottende un angolo ✓H sul piano del cielo, come visto da noi, osservatori a t “ t0 . Per calcolare ✓H occorre utilizzare la distanza angolare DA “ D 1`z con D misura di distanza data da D “ R sin ´r¯ R e r coordinata radiale comovente pari a ª c z dz r“ H0 0 rp1 ` zq2 p⌦0 z ` 1q ´ ⌦⇤ zpz ` 2qs1{2 Calcoliamo r nel caso in cui ⌦⇤ =0, e ⌦0 † 1 che, come noto, approssima bene quello che succede sulla superficie di ultimo scattering dove il contributo di ⌦⇤ alla dinamica è trascurabile. Si ottiene: ª c z dz r “ H0 0 p1 ` zqp⌦0 z ` 1q1{2 « ff ˆ ˙1{2 2c ⌦0 z ` 1 ´1 ´1 ´1{2 “ tanh ´ tanh p1 ´ ⌦0 q H0 p1 ´ ⌦0 q1{2 1 ´ ⌦0 da cui D“ “ ‰( 2c 1{2 ⌦ z ` p⌦ ´ 2q p⌦ z ` 1q ´ 1 0 0 0 H0 ⌦20 p1 ` zq 216 che per z » 1000, ovvero ⌦0 z " 1 $ , : 0/ ⇠ ⇠ ’ ⇠ & ⇠⇠ ‰ . “ ⇠1{2 2c ⇠ ⇠ Z D» ⌦Z0 zA ` p⌦0 ´ 2q⇠⇠ p⌦⇠0 z ` 1q ´ 1 0 ’ / ⇠⇠ % ⇠ 2 ⇠ H0 ⌦A0 p1 ` zq A converge a D» quindi DA “ 2c H0 ⌦0 D 2c 2c a » » 1`z H0 ⌦0 z H 0 ⌦0 1{3 Il raggio dell’orizzonte di particella, tenendo conto di aptq “ ⌦0 p3H0 t{2q2{3 , è dato da 2 aptq3{2 2 aptq3{2 rH ptq “ 3c t “ 3c 1{2 “ c 1{2 (12.7) 3⌦0 H0 ⌦0 H 0 L’angolo che sottende l’orizzonte della particella sulla superficie di ultimo scattering è pertanto ✓H “ rH ptq 2c a3{2 H0 ⌦0 1{2 » ˆ “ ⌦0 aptq1{2 1{2 DA 2c a H 0 ⌦0 e con z “ 1000 si ha 1{2 ✓H » ⌦0 aptq1{2 “ 1{2 ⌦0 1{2 1{2 “ 0.032 ⌦0 rad “ 1.8 ⌦0 deg p1 ` zq1{2 In conclusione, nel caso di ⌦0 =0.3, ⌦⇤ =0.7, z “ 1000, si ottiene ✓H “ 2.1˝ quindi, secondo i modelli standard i Friedman, sulla superficie di ultimo scattering regioni di cielo separate da più di 2˝ non potevano essere causalmente connesse! Il fatto che la CMB sia omogenea a meglio di 1 parte su 1000 deve far parte delle condizioni iniziali dell’universo! Vedremo tra poco come è possibile risolvere questo problema grazie al modello inflazionario. 12.6 Il modello inflazionario Mettendo insieme quello che abbiamo appena visto e le cose analizzate in precedenza, possiamo concludere che il modello cosmologico standard ha i seguenti problemi: 217 • Problema dell’orizzonte. Il modello standard si basa sull’assunzione di omogeneità e isotropia la cui evidenza maggiore è data dalla CMB; ma le scale spaziali causalmente connesse sulla CMB corrispondono ad appena ✓ „ 2˝ , proiettate sul piano del cielo. Come è possibile che la CMB sia cosı̀ omogenea ed isotropa su tutto il cielo? • Problema della piattezza. Abbiamo visto che avere ⌦0 “ 0.3 « 1 comporta che ⌦pzq “ 1 per z " 1; per esempio la 7.51 ˆ ˙ 1 1 1 1´ “ 1´ ⌦pzq 1`z ⌦0 ci dice che ⌦0 =0.3 fornisce ⌦pzq “ 0.9978 a z “ 1000 e ⌦pzq “ 0.99978 a z “ 10000; in conclusione, ad altissimi z ⌦ deve essere estremamente prossimo ad 1, richiedendo un “fine tuning” molto forte. • Formazione delle strutture cosmiche. Le fluttuazioni di densità sulla superficie di ultimo scattering devono essere relativamente grandi „ 10´3 per poter spiegare le strutture cosmiche esistenti adesso; queste non sono certo perturbazioni infinitesime dovute a fluttuazioni statistiche. Poichè la crescita delle perturbazioni è sempre algebrica anche in precedenza ( „ a2 nell’epoca della radiazione e „ a nell’epoca della materia), le perturbazioni di densità non possono originarsi a seguito di fluttuazioni statistiche ma a causa di un fenomeno fisico di cui non abbiamo ancora tenuto conto. Nel 1981 Alan Guth ha cercato di risolvere questi problemi proponendo che ci sia stata una fase nell’universo primordiale in cui la densità di energia fosse dominata da una componente di energia del vuoto con pressione negativa, in modo del tutto analogo alla dark energy che abbiamo già visto. Pertanto in quella fase, in cui la dinamica era guidata da una componente con proprietà simili a quelle della dark energy, si è avuta una espansione di tipo esponenziale, ovvero durante quella fase aptq „ exppt{⌧ q. L’inizio e la durata della fase inflattiva dipendono dalle proprietà del potenziale del campo scalare che dà origine alla componente di energia del vuoto che guida l’inflazione; perciò esistono vari modelli inflazionari. Ad esempio nel modello indicato in figura 66 la fase inflazionaria è tra 10´35 e 10´33 s. Come vedremo l’esatta collocazione temporale della fase inflazionaria non ha influenza per quanto riguarda la soluzione dei problemi appena indicati. Consideriamo ad esempio un modello in cui a fase inflazionaria inizia quando la temperatura dell’universo raggiunge il valore TGU T ; al termine della fase inflazionaria l’energia del campo che ha causato l’inflazione viene 218 Figura 66: Evoluzione del fattore di scala nel modello standard e nel caso di modello inflazionario. liberata e si ha un “reheating” per l’universo si riscalda nuovamente alla temperatura TGU T . TGU T è la temperatura che corrisponde all’energia la disopra della quale si ha la grande unificazione delle forze (esclusa quella gravitazionale) e vale TGU T “ 2 ˆ 1016 GeV “ 1.5 ˆ 1029 K Ricordando che ⌦0 H02 a9 “ ` ⌦⇤ H02 a2 ´ H02 p⌦0 ` ⌦⇤ ´ 1q a 2 e che la densità di energia del vuoto è ⇢V “ ⇤ 3H02 ⌦⇤ “ 8⇡G 8⇡G possiamo ricavare l’equazione di Friedmann nel caso in cui, per a " 1, la dinamica sia dominata da un termine di energia del vuoto analogo a ⇢V che chiameremo ⇢ 8⇡G a9 2 “ ⇢ a2 3 219 come abbiamo già visto questa equazione può essere risolta per separazione di variabili; ponendo ˆ ˙1{2 3 ⌧“ 8⇡G⇢ e integrando tra l’inizio della fase inflazionaria, t1 , e t si ottiene „ ⇢ t aptq “ a1 exp ⌧ supponiamo che la fase inflazionaria termini per t2 “ NI ⌧ ` t1 » NI ⌧ con ⌧ " t1 , per cui alla fine della fase avremo apt2 q “ a2 » a1 eNI ovvero il fattore di scala è cresciuto di un fattore exppNI q. Vediamo le conseguenze di questo fatto. L’orizzonte di particella alla fine della fase inflattiva tI ª t2 ª t2 c dt c dt rH pt2 q “ apt2 q » apt2 q 0 aptq t1 aptq con t1 inizio della fase inflattiva; come si vede abbiamo trascurato il contributo a rH dovuto alla propagazione dei fotoni prima della fase inflattiva. Si ottiene ª “ ‰ a2 t2 ´t{⌧ rH pt2 q “ c e dt “ c ⌧ et2 {⌧ e´t1 {⌧ ´ e´t2 {⌧ » c ⌧ et2 {⌧ » c ⌧ eNI a1 t 1 dove si è considerato che t2 , ⌧ " t1 . Questo raggio dell’orizzonte definisce la regione causalmente connessa al termine della fase inflazionaria, ovvero il raggio della sfera all’interno della quale si è potuta ottenere l’omogeneità. Questa “sfera” causalmente connessa poi si espande seguendo l’espansione standard dell’universo fino a raggiungere il momento della ricombinazione per trec dove definirà un’area causalmente connessa sulla superficie di ultimo scattering ed il cui raggio sarà pari a rC “ aptrec q 1 ` zpt2 q T2 TGU T rH pt2 q “ rH pt2 q “ rH pt2 q “ c⌧ eNI apt2 q 1 ` zptrec q Trec Trec Si noti che questo non è il raggio dell’orizzonte a trec , ma il raggio dell’orizzonte alla fine dell’inflazione, ovvero il raggio della sfera che è stata causalmente connessa a t2 . Abbiamo sfruttato la relazione tra a ´ z e z ´ T , ed inoltre il fatto che alla fine della fase inflazionaria la temperatura è T2 “ TGU T . Per stimare il valore di rC dobbiamo stimare il valore di ⌧ ovvero di ⇢ . Se 220 alla fine della fase inflazione l’energia del vuoto viene ceduta all’universo, diventa energia di radiazione e particelle ultrarelativistiche con temperatura TGU T “ 2 ˆ 1016 GeV “ 1.5 ˆ 1029 K ⇢ “ ⇢rad “ da cui ⌧“ ed infine rC “ ˆ 4 4 TGU T » 4 ˆ 1081 g cm´3 3 c 3 8⇡G⇢ ˙1{2 “ 2 ˆ 10´38 s TGU T 1.5 ˆ 1029 K c⌧ eNI “ ˆcˆp2ˆ10´38 sqˆeNI “ 5.1ˆ1025 epNI ´63q cm Trec 4000 K dove per ottenere il valore numerico si è usato un NI “ 63. Questo raggio va confrontato con il raggio della sfera che racchiude l’universo osservabile ovvero la distanza propria tra noi e la superficie di ultimo scattering; nel caso di Einstein - de Sitter abbiamo visto che la distanza comovente è « ˆ ˙1{3 ff 2c t r“ 1´ H0 t0 per cui la distanza propria 2c xptq “ H0 ˆ ˙2{3 « ˆ ˙1{3 ff t t 1´ t0 t0 alla ricombinazione aptq “ pt{t0 q2{3 “ 10´3 ovvero xptrec q “ ‰ 2 c ´3 “ 2c 10 1 ´ 10´3{2 » 10´3 “ 2.6 ˆ 1025 cm H0 H0 Pertanto il raggio della sfera che racchiude l’universo osservabile è superiore al raggio della sfera che racchiude le regioni causalmente connesse al termine della fase inflazionaria se questa dura almeno NI ⌧ con NI Á 63; ovvero la durata della fase inflazionaria deve essere superiore a ° 1.2 ˆ 10´36 s per risolvere il problema dell’universo. Se la fase inflazionaria iniziasse più tardi come nel modello in figura 66, la temperatura all’inizio ed alla fine della fase inflazionaria sarebbe più bassa, conseguentemente ⇢ sarebbe più bassa e ⌧ più grande. Per il modello in figura all’inizio ed alla fine della fase inflazionaria si avrebbe T1 “ T2 » 1028 K il che implica ⇢ “ ⇢rad “ 3 ˆ 1076 g cm´3 e ⌧ » 10´35 s per cui durante la 221 fase inflazionaria ci sono circa 100⌧ e rC “ 2.0 ˆ 1043 cm ben oltre il raggio dell’universo osservabile. Abbiamo appena visto come il modello inflazionario risolva il problema dell’orizzonte e vediamo adesso le conseguenze per il problema della piattezza. Riprendiamo l’equazione di Friedmann completa ovvero che include i termini di massa, radiazione e densità del vuoto a9 2 “ ⌦0 H02 ⌦r H02 ` ` ⌦⇤ H02 a2 ´ c2 k a a2 con k curvatura a t “ t0 data da k“ H02 r⌦0 ` ⌦r ` ⌦⇤ ´ 1s c2 Se definiamo i parametri di densità a redshift z come ˆ ˙ˆ ˙ ˆ ˙ˆ ˙ 8⇡G 8⇡G⇢i,0 ⇢i pzq H02 ⇢i pzq H02 ⌦i pzq “ ⇢i pzq “ “ ⌦i,0 3Hpzq2 3H02 ⇢i,0 Hpzq2 ⇢i,0 Hpzq2 dove con ⇢i pzq densità a redshift z della componente i-esima e Hpzq costante 9 Conoscendo l’evoluzione con z delle di Hubble a redshift z (Hpzq “ a{a). densità delle varie componenti e sostituendo gli ⌦i,0 con gli ⌦i pzq si ottiene a9 2 “ ⌦m pzq Hpzq2 a2 ` ⌦r pzq Hpzq2 a2 ` ⌦⇤ pzq Hpzq2 a2 ´ c2 k ovvero c2 k “ a2 Hpzq2 r⌦pzq ´ 1s (12.8) con ⌦pzq “ ⌦m pzq ` ⌦r pzq ` ⌦⇤ pzq. Questo è un modo diverso di scrivere l’equazione di Friedmann. Valutando le due espressioni all’inizio ed alla fine della fase inflazionaria si può scrivere apt1 q2 Hpt1 q2 ⌦pt2 q ´ 1 “ ⌦pt1 q ´ 1 apt2 q2 Hpt2 q2 Durante la fase inflazionaria aptq “ apt1 q exppt{⌧ q e Hptq “ 9 aptq 1 “ aptq ⌧ per cui gli Hptq è costante e Hpt1 q{Hpt2 q “ 1. Infine ⌦pt2 q ´ 1 apt1 q2 “ “ e´2t2 {⌧ “ ep´2NI q À 10´55 ⌦pt1 q ´ 1 apt2 q2 dove l’ultima disuguaglianza è stata ottenuta con NI Á 63 stimato prima. Pertanto, qualsiasi fosse il valore di ⌦pt1 q, ⌦pt2 q´1 deve essere estremamente 222 piccolo, e ⌦pt2 q “ 1.0000000... a meno di 1 parte su 1055 ! Questo spiega il “fine tuning” implicato dal problema della piattezza. Durante la fase inflattiva le fluttuazioni quantistiche associate al campo inflativo vengono amplificate e raggiungono ampiezze sufficienti a spiegare le fluttuazioni osservate sulla superficie di ultimo scattering. Inoltre risulta che queste fluttuazioni sono “scale free” ovvero il ad esse associato è indipendente dalla scala della perturbazione: come vedremo più avanti, questo significa che le fluttuazioni di densità generate durante la fase inflattiva hanno uno spettro di potenza di Harrison – Zel’dovich. 12.7 Scale oltre l’orizzonte Il raggio dell’orizzonte rH ptq tende a 0 per t Ñ 0 e per t sufficientemente piccoli rH diventa più piccolo delle scale di superammassi, ammassi e galassie: è pertanto necessario considerare la crescita delle perturbazioni quando le loro scale sono più grandi dell’orizzonte. Nel caso in cui ° rH il trattamento fatto fino ad ora è inadeguato ed occorre la relatività generale; il punto di partenza è quindi quello di considerare perturbazioni lineari del tensore metrico gµ⌫ “ ḡµ⌫ ` gµ⌫ con ḡµ⌫ corrispondenti alla metrica “imperturbata” ovvero quella di Robertson e Walker che conosciamo bene. Si considera anche il tensore energia impulso perturbato al primo ordine Tµ⌫ “ T̄µ⌫ ` Tµ⌫ e si linearizzano le equazioni di campo di Einstein per determinare le piccole perturbazioni. Si può dimostrare che la metrica perturbata al primo ordine può essere scritta nella forma ( ds2 “ a2 p⌧ q p1 ` 2 qc2 d⌧ 2 ` 2wi cd⌧ dxi ´ rp1 ´ 2 q ij ` 2hij s dxi dxj con ⌧ tempo conforme, ij parte spaziale comovente della metrica di Robertson e Walker (ovvero quella che già conosciamo), wi vettore e hij è un tensore. Gli indici i, j variano solo tra 1 e 3 ovvero sulla parte spaziale; infine e sono due funzioni scalari. Dalla metrica perturbata si nota che esistono tre tipi di perturbazioni che possono essere separati e trattati indipendentemente • perturbazioni scalari, che corrispondono alle funzioni perturbazioni già viste; e ovvero alle • perturbazioni vettoriali, che corrispondono ai wi che rappresentano moti vorticosi (rotazionali); 223 • perturbazioni tensoriali, che corrispondono ai hij che rappresentano onde gravitazionali. Il problema è che abbiamo 16 componenti incognite del tensore di perturbazione della metrica gµ⌫ e solo 10 equazioni indipendenti per cui è necessario fare una scelta di “gauge”. Ovviamente, c’è una grossa libertà nella scelta del gauge ma è stato dimostrato da Bardeen che possibile derivare un set di quantità che non dipendono dal gauge per trattare una qualsiasi perturbazione su scale più grandi dell’orizzonte. Inoltre esistono delle relazioni che permettono di passare da un gauge all’altro. In pratica la scelta del gauge dipende solo dalla convenienza ma, se il modello fisico dell’universo e l’origine delle perturbazioni sono ben definite, il risultato fisico finale è lo stesso: la scelta di gauge diversi comporta apparentemente diverse evoluzioni delle perturbazioni su scale ° rH ma, quando le perturbazioni entrano dentro il loro orizzonte, hanno la stessa identica evoluzione. Il gauge che conduce a risultati simili a quelli già visti in precedenza è il cosiddetto “conformal Newtonian gauge” o “gauge longitudinale” in cui le perturbazioni vettoriali e tensoriali sono poste uguali a 0; con una geometria piatta si ottiene “ ‰ ds2 “ a2 p⌧ q p1 ` 2 qc2 d⌧ 2 ´ p1 ´ 2 qpdx2 ` dy 2 ` dz 2 q si inserisce quindi questa metrica nelle equazioni di campo di Einstein e, se il tensore Tµ⌫ è diagonale si ottiene che “ ovvero “ ‰ ds2 “ a2 p⌧ q p1 ` 2 qc2 d⌧ 2 ´ p1 ´ 2 qpdx2 ` dy 2 ` dz 2 q Ricordiamo la metrica di Schwarzschild ˆ ˙ ˆ ˙´1 GM GM 2 2 2 ds “ 1 ´ 2 2 c dt ´ 1 ´ 2 2 dr2 ´ r2 d✓2 ´ r2 sin✓ d 2 rc rc posto ¯ “ ´GM {pc2 rq, potenziale Netwoniano della massa puntiforme M (normalizzato a c2 ), nell’assunzione di campo debole ¯ ! 1 si ha ` ˘ ` ˘ ds2 “ 1 ` 2 ¯ c2 dt2 ´ 1 ´ 2 ¯ dr2 ´ r2 d✓2 ´ r2 sin✓ d 2 ovvero la funzione che caratterizza la metrica perturbata è proprio il potenziale newtoniano; questo dimostra che l’analisi “classica” che abbiamo fatto è corretta nel regime lineare. Ma la metrica è valida anche nel caso di perturbazioni su scale più grandi dell’orizzonte, quindi il potenziale newtoniano permette di descrivere la crescita delle perturbazioni anche su scale “superhorizon”. Il potenziale Newtoniano della perturbazione è determinato dall’equazione di Poisson e nei casi relativistici e non è dato da 224 “ 4⇡G ⇢; • Matter dominated: r2 “ 8⇡G ⇢. • Radiation dominated: r2 Tiriamo fuori le dipendenze dal fattore di scala e passiamo a coordinate comoventi. Nel caso matter dominated “ 0 a, ⇢ “ ⇢0 a´3 per cui 4⇡G ⇢ “ 4⇡G ⇢ “ 4⇡G “ Nel caso radiation dominated 0a 2 0 ⇢0 a ´2 , ⇢ “ ⇢0 a´4 per cui 8⇡G ⇢ “ 8⇡G ⇢ “ 8⇡G 0 ⇢0 a ´2 quindi se r2 “ a´2 r2c si ottiene • Matter dominated: 1 2 r a2 c “ 4⇡G ⇢0 a´2 ; 1 2 r a2 c “ 8⇡G ⇢0 a´2 ; • Radiation dominated: ovvero “ 4⇡G ⇢0 • Matter dominated: r2c • Radiation dominated: r2c “ 8⇡G ⇢0 Questi risultati, trovati nel caso “classico” ovvero per † rH , ci dicono che le perturbazioni nel potenziale gravitazionale sono indipendenti dal fattore di scala sia nell’era matter-dominated che radiation-dominated. Poichè, come abbiamo visto, il potenziale Newtoniano fornisce una buona descrizione delle perturbazioni anche nel caso ° rH e l’equazione di Poisson non dipende dalla scala della perturbazione, se ne conclude che è possibile applicare al caso “super-horizon” i risultati classici per † rH ovvero: • Matter dominated: • Radiation dominated: 9a 9 a2 225 Come vedremo più avanti, nel caso sub-horizon, possono esistere dei processi fisici che “smorzano” per perturbazioni che quindi possono rallentare la loro crescita o addirittura diminuire di ampiezza. Nel caso super-horizon questo non è possibile per l’assenza di connessione causale e pertanto le perturbazioni sono congelate nella metrica e obbligate a crescere come appena indicato ( 9 a, 9 a2 ). Possiamo concludere mostrando come la crescita delle perturbazioni nel caso super-horizon può essere ricavata direttamente dall’equazione di Friedmann. Utilizzando ⌦pzq e Hpzq abbiamo riscritto l’equazione di Friedmann come (12.8) c2 k 2 Hpzq r⌦pzq ´ 1s ´ 2 “ 0 a Consideriamo la nostra perturbazione che cresce all’interno di un universo piatto il cui fattore di scala soddisfa Hpzq2 r⌦pzq ´ 1s “ 0 Ricordando la definizione di ⌦, ⌦pzq “ 8⇡G⇢{p3Hpzq2 q, si ha 8⇡G ⇢0 ´ H 2 “ 0 3 dove abbiamo indicato col pedice “0” il caso a curvatura nulla. Come abbiamo visto la perturbazione ha la stessa dinamica di un universo con ⌦ più grande; se supponiamo che la costante di Hubble Hpzq della perturbazione sia la stessa che per l’universo (corretto al primo ordine) ed indichiamo con il pedice “1” le quantità relative alla perturbazione si ha 8⇡G c2 k 2 ⇢1 ´ H 2 ´ 2 “ 0 3 a per cui sottraendo membro a membro e ricavando “ si ha ⇢1 ´ ⇢0 3c2 k 2 “ ⇢0 8⇡G⇢0 a2 ´2 ovvero 9 ⇢´1 0 a1 con ⇢0 densità dell’universo imperturbato. In conclusione troveremo nei due casi • Matter dominated: ⇢0 9 a´3 ovvero • Radiation dominated: ⇢0 9 a´3 ovvero 226 9 a; 9 a2 .