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L`arte è una cosa semplice che deve dare sensazioni complesse.

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L`arte è una cosa semplice che deve dare sensazioni complesse.
ESTATE
SUMMER
2012
“
L’arte è una cosa
semplice
che deve dare
sensazioni
complesse.
”
Giuseppe Penone
www.areaarte.it
MAIN SPONSOR
www.villacontarini.eu
www.gruppovisintin.com
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o fatto un sogno”, una canzone di Vasco Rossi di un paio d’anni
fa (che parafrasa l’incipit “I have a dream” di un famoso discorso di Martin Luther King), si è poi tradotta nell’omonima grafic novel
uscita nella primavera scorsa. Pubblicazione che ha ulteriormente accresciuto anche presso un pubblico rock-pop la già montante esposizione di questo genere letterario. La grafic novel data quasi mezzo secolo
ma solo recentemente ha iniziato a godere in Italia di vasta popolarità,
tanto da essere definita “l’età adulta del fumetto” e “unica arte figlia
del nostro tempo”. Essa certamente attiene all’arte e ha una sua precisa
identità sulla quale non bisogna equivocare, specie ora che in tutti gli
inserti culturali dei quotidiani si trovano top ten che la riguarda e che
nel 2011 ha avuto in Italia numerose pubblicazioni. Ma si tratta dunque di fumetti (cioè strip per lo più seriali pubblicate sui giornali e/o
su album periodici) oppure di romanzi cui però la grafica fornisce uno
strumento assolutamente organico al testo?
Un aiuto a marcare la differenza, che è fondamentale, viene lasciando
il termine in inglese, grafic novel (o GN per autori/lettori dedicati),
tanto più che l’origine è americana. Si tratta comunque di libri, diretti
al mercato librario e ad un pubblico adulto. Opere compiute, dotate di
propria unità narrativa completa.
Una delle prime apparizioni in Italia con un certo rilievo mediatico, avviene grazie ad un film d’animazione, “Persepolis”, realizzato e diretto
nel 2007 dall’iraniana Marjane Satrapi e candidato all’Oscar, tratto
dall’omonima grafic novel autobiografica d’esordio dell’Autrice ”Persepolis. Histoire d’une femme insoumise”. Scritta in francese, narra della
vita di una ragazzina in Iran poco prima della rivoluzione con un ritmo
narrativo serrato e uno stile grafico che asseconda la drammaticità
dell’argomento.
Il primo esempio di grafic novel viene individuato in “Contratto con
Dio” di Will Eisner (1978) e nel successivo “Maus” di Art Spiegelman
(1986) che segna la rottura col fumetto tradizionale. L’ambito è la cultura underground statunitense, quando giovani autori che non trovano
sbocco nell’editoria mainstream, si auto editano in piccole pubblicazioni indipendenti. I “supereroi” USA del dopoguerra e i “manga” giapponesi sono dunque i genitori della grafic novel, impasto tra fumetto, arte,
design e letteratura, che ha però una sua precisa fisionomia. I suoi autori sono artefici spesso unici di testo e disegni, con una identità artisticamente assai definita che a volte possono impiegare anni a partorire
un’opera. Sono intellettuali e artigiani del segno di alto profilo che non
delegano alcuna parte del proprio lavoro alle squadre di illustratori
seriali, come avviene per i comic e i fumetti tradizionali. Consola che
nell’elenco internazionale dei più bravi ci siano anche molti italiani tra
cui il veneziano d’adozione Hugo Pratt che nel lontano ’67 pubblicava
“Una ballata del mare salato” antesignana grafic novel, e prima di una
fortunata serie di cui era protagonista Corto Maltese.
Editorial “The only art that is a child of our times?”
Editoriale Grafic novel: “unica arte figlia del nostro tempo”?
“H
“I
have a dream”, a Vasco Rossi song from a few years ago (recalling
the beginning of Martin Luther King’s famous speech), was later
transformed into a graphic novel with the same name, published last
spring. Its publication further increased the already growing exposure
of this literary genre to the rock-pop public. The graphic novel is almost
half a century old but has only recently begun to enjoy widespread
popularity in Italy and has been called the “adult age of the comic” and
the “only art that is a child of our times”. It certainly belongs to art and
has its own precise identity and there should be no equivocation about
it, especially now that all the culture supplements of the dailies include
top ten ratings and countless titles were published in Italy in 2011. But
are these books just comics (mainly serial strips published in the papers
and/or periodicals) or are they novels in which the graphics really provide a tool that is absolutely organically linked to the text?
An aid in marking the difference, which is fundamental, comes by retaining the English term, graphic novel, (or GN for the authors/dedicated
readers), all the more so since the origin is American. In any case they
are books aimed at the bookshop market and at an adult public, complete works with their own complete narrative unity.
One of the first examples in Italy to gain a certain prominence in the
media resulted from the Oscar-nominated cartoon film, “Persepolis”,
made in 2007 by the Iranian director, Marjane Satrapi, and based
on the author’s autobiographical graphic novel, “Persepolis. Histoire
d’une femme insoumise”. Written in French, it tells the story of a girl in
Iran just before the revolution with a taut narrative rhythm and a graphic
style which follows the drama of the tale.
Early examples of graphic novels include “A contract with God” by Will
Eisner (1978) and “Maus” by Art Spiegelman (1986) which marked the
rupture with traditional comics. The world is that of the underground culture in the United States when young authors who could not find outlets
in mainstream publishing, published themselves in small independent
publications. The post-war American super heroes and the Japanese
manga are therefore the progenitors of the graphic novel, a mix of the
comic, art, design and literature but with a precise physiognomy. Its
authors are the sole creators of both text and drawings with quite a
well-defined artistic identity and they often dedicate years to producing one work. They are intellectuals and artisans marked by their high
profile who will not delegate any part of their work to teams of serial
illustrators, as is the case with traditional comics. It is consoling that the
international list of the best also includes many Italians including the
Venetian by adoption, Hugo Pratt, who in far-off 1967 published “Una
ballata del mare salato” (Ballad of The Salt Sea - Harvill Press 1996),
a precursor of the graphic novel, and the first in the fortunate series
featuring Corto Maltese.
Giovanna Grossato
Giovanna Grossato
3
BODO
GASTON
BOHEM
Visioni di territori
in trasformazione
4
di Federica Santoro
È
il paesaggio ad essere protagonista nelle opere di Bodo Gaston Boehm. Luoghi all’apparenza immaginari che vivono immersi in uno spazio e un tempo assoluti. Visioni desolanti di una
terra dove la presenza umana è bandita.
Da sempre attratto dagli orizzonti velati tipici dei dipinti del
Rinascimento, straordinariamente vivi, in cui sembrano circolare liberamente l’aria e la luce e si mescolano in un tutto unico
cielo e terra, dalla spazialità tridimensionale creata da linee di
fuga e prospettive, Boehm sceglie di riportare l’attenzione sul
paesaggio usandolo come archetipo di una condizione di distacco e isolamento dell’uomo dalla natura. Come se un luogo
fittizio e selvaggio potesse fare da specchio sublime a quel bieco
vuoto di coscienza che separa l’uomo dal preoccuparsi del suo
ambiente naturale, e un paesaggio in trasformazione suscitare
interrogativi a cui diventa un obbligo rispondere. Ammettendo
questi luoghi come rappresentazioni fantastiche resta comunque
da chiedersi “perché?” Perché un immaginario tanto desolante? L’artista, con il virtuosismo della ricerca plastica inquadra
la problematica ambientale attraverso una lente determinista e
sottilmente provocatoria, quella di un turista della possibilità che
riflette, osserva e riporta fedelmente ciò che vede. A volte si
sofferma su ciò che gli appare critico attirato dalla forza degli
eventi, altre volte si abbandona a visioni estatiche e idealtipiche
di luoghi solitari e brulli o dialoga con un universo mentale che
scivola nella dimensione surreale e metafisica del sogno; come
nella serie delle isole, dove conche e anfratti fotografano un paesaggio di cui è impossibile stabilire i confini.
A differenza della pittura figurativa, in cui si celebra la figuramito dell’uomo, il paesaggio privo d’attori diventa esso stesso la
principale attrazione. Nei luoghi rappresentati l’uomo è completamente assente ma la vita non è del tutto scomparsa. Ribollono
vorticosi i crateri di vecchi giardini sfioriti, dove la materia ridondante è usata per catturare l’attenzione attorno ad un movimento inarrestabile che al contempo attrae e spaventa. Come una
colata di lava incandescente che si osservi da molto vicino, una
forza distruttrice pervade la scena; le percezioni sensoriali dello
spettatore sono scosse, la materia, che in altre opere si quieta
per ritrovare la forma morbida di un rifugio o di una culla, qui
strania e inquieta.
Per l’artista il paesaggio è un teatro in cui all’uomo è data la
libertà di creare la propria scenografia e vivere la propria vita.
I grattacieli delle metropoli, le case di campagna, le pieghe di
una mano o le crepe su un muro, per lui non c’è differenza tutto
è paesaggio per connessione o rimando ed ecco che mettendo meglio a fuoco certi ambienti, isolandoli dal loro orizzonte
immanente ci sembra quasi di vederle queste pieghe e crepe,
superfici ostili ma brulicati di vita.
La natura può essere fantastica, stupirci per la sua bellezza ma
se lasciata all’incuria o, peggio, se depredata continuamente,
può smettere di essere scenario privilegiato per l’esistenza. L’uomo che con avidità, per anni l’ha asservita ai suoi scopi è nelle
opere di Boehm il grande colpevole della trasformazione che
sta avvenendo proprio sotto i suoi occhi, e la sua assenza dalla
scena è più di una prova, è un atto d’accusa. Acqua e terra sono
state contaminate con gli scarti delle produzioni industriali fino
a rendere certe zone del pianeta irriconoscibili. Desertificazioni
massicce hanno interessato vaste aree lasciando all’asciutto ettari una volta coltivabili, divenuti immense distese di terra bruciata.
La scommessa dell’artista è allora quella di risvegliare l’uomo,
di aprirgli gli occhi su quello che ogni giorno fa finta di non
vedere: i paesaggi raffigurati non appartengono ad un pianeta
sconosciuto, né sono frutto di una fantasia apocalittica, ma sono
la realtà. Nessun intento moralizzatore ma la speranza che di
fronte alle immagini di una natura così inospitale l’uomo ripensi
al paesaggio come a un bene comune da preservare, con cui
vivere un rapporto di scambio reciproco in modo primordiale,
tornando ad essere l’attore principale del suo destino.
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sopra | upper
Morte di un ippocampo 2006
44° 54’ N 59° 30’ E 2011
Tecnica mista a rilievo su tavola, colori ad olio (Collezione Privata)
Mixed media relief on wood with oil colors (Private Collection)
cm. 80x100
Tecnica mista a rilievo su tela | Mixed media relief on canvas with oil colors
cm. 149x149
sotto | under
Cubo 2009
Tecnica mista a rilievo su tela, colori ad olio, acrilici e pigmenti (Collezione Privata)
Mixed media relief on canvas with oil colors acrylic paints and pigment (Private Collection)
cm. 60x65
5
BODO GASTON BOHEM
Vision of changing landscapes
by Federica Santoro
I
sopra | upper
Sbiadita memoria 2008
Tecnica mista a rilievo su tela, colori acrilici e pigmenti
Mixed media relief on canvas with acrylic paints and pigments
cm. 50x44
sotto | under
African Garden 2008
Tecnica mista a rilievo su tela, colori acrilici e pigmenti
Mixed media relief on canvas with acrylic paints and pigments
cm. 72x72
6
t is the landscape that is the star in the works of Bodo Gaston
Boehm: apparently imaginary places that live in absolute space and time; visions of a bleak land where human presence is
banned.
Always attracted by the typical wonderfully alive veiled horizons
of Renaissance paintings in which air and light seem to move
freely and merge into a single whole heaven and earth, and by
the three-dimensional space created by vanishing lines and perspective, Boehm chooses to refocus attention on the landscape
by using it as an archetype of a state of detachment and isolation
between man and nature. It is as if an imaginary and wild place
could act as a sublime mirror held up to the sinister emptiness of
consciousness that keeps man from worrying about his natural
environment, and as if a mutating landscape could raise questions which demand obligatory answers. Even if we accept these places as fantastic depictions we are still
required us to ask why: why such a bleak imaginary world? The
artist, through the virtuosity of plastic research, frames the environmental issues in a deterministic and subtly provocative lens,
that of a tourist of possibility who reflects, observes and faithfully
reports what he sees. Sometimes, attracted by the force of events,
he focuses on what appears critical to him, sometimes he indulges in ecstatic visions of lonely and barren places or converses
with a mental world that slips into the surreal and metaphysical
dimension of dreams, as in the series of islands where the hollows and ravines photograph a landscape in which it is impossible to draw the boundaries.
Unlike figurative painting, which celebrates the myth-figure of
man, the landscape devoid of actors becomes itself the main
attraction. Only man is completely absent from the depicted places but life has not disappeared entirely. Craters of old withered
gardens boil in whirls where the redundant material is used to
capture the attention around an unstoppable movement that both
attracts and frightens at the same time. A destructive force pervades the scene just like a flow of incandescent lava observed very
close at hand. The viewer’s sensory perceptions are shaken while
matter that in other works calms down to recover the soft form of
a refuge or a cradle here alienates and disturbs.
For the artist, the landscape is a theatre in which men are given
the freedom to create their own sets and live their lives. The skyscrapers of the metropolis, the rural houses, the folds of a hand
or cracks on a wall: for him it is all the same, everything is a sort
of landscape by connection or reference and as a result by putting certain environments into focus, by isolating them from their
immanent horizon, we can almost see these folds and crevices,
hostile surfaces but seething with life.
Nature can be amazing, startling us with its beauty, but if it is
neglected, or even worse constantly ravaged, it will stop providing the privileged scenario for existence anymore. In Boehm’s
works, man who for years has greedily subjugated nature to his
needs is the great culprit for the transformation that is occurring
under his eyes, and his absence from the scene is more than
proof: it is an indictment. Water and land have been contaminated with waste from industrial production to make huge areas of
the planet unrecognizable. Massive desertification has affected
large zones, leading to the aridity of vast tracts that were once
arable and letting them become immense expanses of scorched
earth. The artist’s challenge is to awaken man, to open his eyes
to what he pretends not to see every day: the landscapes depicted do not belong to an unknown planet, nor are they the result
of an apocalyptic fantasy: they are the reality. There is no moral
intent but only the hope that faced with images of such inhospitable and hostile nature man will reconsider the landscape as a
common good to preserve, to live with in a relationship of mutual
exchange in a primordial manner, and return to being the main
protagonist of its destiny.
FLUIDA ART GALLERY
San Polo, 2865
Campo San Tomà
30125 Venezia
www.fluida-art.it
Brulicante 2008
Tecnica mista a rilievo su tavola, colori ad olio | Mixed media relief on wood with oil colors
cm. 71x59
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GABRIELE
GRONES
Ritratto e concetto
dello spirito
incarnato
di Gianluca D’Incà Levis
8
G
abriele Grones è nato nel 1983 ad Arabba (BL) dove vive e
lavora. Laureato in Pittura presso l´Accademia di Belle Arti di
Venezia. La sua formazione è quella classica delle scuole d’arte; la pittura europea del XIX secolo quindi, oltre a molta pittura americana di
fine ‘800, come Robert Henry, maestro di Hopper e altre “presenze”
latenti che affiorano nel suo lavoro: la cura insistita del dettaglio, lo
studio della luce, richiamano illustri esempi seicenteschi. Dopo un paziente e ragionato esercizio sui soggetti tradizionali, attorno al 2007
l’artista ha avviato una fase di ripensamento e personale riprocessazione delle immagini acquisite. Il ritratto a figura intera, di genere, è
statico, compiuto in sé stesso. La pittura passata, amatissima, è ferma,
chiusa nella storia, mentre Grones è spinto ora a cercare un modello
originale, contemporaneo, che possa rinnovare questo linguaggio.
Sempre lavorando sul ritratto frontale, l’artista opera per farne una
sorta di icona; per dipingere un’immagine centrata, formalmente compiuta ed autonoma. L’uomo, soggetto predominante, è rappresentato,
sintetizzato, nel proprio volto, che ne costituisce una sorta di biografia carnale. Grones procede dunque nelle operazioni di scavo, per
portare alla superficie (pittorica) le sedimentazioni, le tracce di quegli
accadimenti privati, di quelle realtà emotive, incarnatisi sul volto. Al
ritratto può essere affidato un compito radicale, e spaventoso: esso è
in grado di rappresentare la stessa essenza vitale della persona.
Ma perché ciò sia possibile, tale ritratto dev’essere rigoroso. Un’attenzione al tempo stesso umanistica e chirurgica, consente a Grones
di precisare il modello. Il formato delle tele è generalmente contenuto (30x40 cm.), coerentemente con questa microscopia analitica del
segno emotivo. L’abolizione degli sfondi, distrattivi; l’estrema perizia,
nell’esecuzione, alla trama, al tessuto, alle microvariazioni, alle strutture tonali, al colore, all’illuminazione: sono questi gli strumenti d’indagine con cui egli penetra nelle mappe emotive che affiorano sui volti
degli uomini. E’ una sorta di speleologia pittorica, lenta e meticolosa,
che si pratica con calma e paziente concentrazione. Il ripescaggio
dei sedimenti, intesi quali tracce di vita, si compie silenziosamente.
Attraverso circospezioni micrometriche ed un controllo assoluto del segno. Questo metodo di lavoro intende dunque, sempre attraverso una
riaffermazione della pittura, trascrivere umanamente la verità dei fatti
emotivi di cui è costituita una vita. E’ un atteggiamento, evidentemente, distante dal puro visivo di matrice iperrealista, nel quale tutto è già
lì, presente sull’immagine, ed il dettaglio è copia, e l’opera finita non è
che un frame impressionista. “La precisione rappresentativa dei dettagli minuziosi è illusoria, infatti i dettagli scrupolosi (intesi come capelli,
pori della pelle, ecc) nei miei dipinti, non ricalcano precisamente il
modello, ma vengono ricreati e ridistribuiti seguendo un criterio che mi
viene suggerito dalla visione del soggetto ed in funzione ad esso. Cerco di filtrare quello che vedo per restituire ciò che voglio venga percepito in base all’idea che intendo rappresentare. Il grado di astrazione
in questo senso è molto alto, potrei dire che non c’è alcuna precisione
riproduttiva in senso iper-realistico.” (da un’intervista rilasciata a Francesca Gaio). I ritratti di Grones sono lontanissimi dall’essere copie
di volti. L’approccio è esistenzialista, spirituale, e concettuale (che la
base della riflessione, e della pittura di Grones, sia anche concettuale,
appare evidente nel grande Self-portrait del 2009-2010). Le espressioni sui volti non sono tranquille. I soggetti non sorridono compiacenti al
pittore mentre questo li ritrae. Così frontali, paiono stesi su un tavolo
autoptico, dove Grones, dolcemente, definitivamente, li apre. Ci ricordano il Cristo morto di Mantegna, più che non Richard Estes. Per
essere raccolti, traslati in quadro, senza disturbare quest’operazione,
devono giacere fermi, supini, come morti. Ecco perché sono immobili.
L’artista li ha congelati. Ed è in questa sospensione che Grones può
compierne l’acquisizione, estraendo i filamenti di umanità. Cercando
in quei visi il fondo della loro verità di uomini, la loro anima. I ritratti
divengono pozzi psichici, di profondità impressionante. Uomini vivi e
vitrei, tanto da parere prigionieri di loro stessi, imprigionati nel sè. E la
pittura, come sempre, è una tecnica d’analisi, e d’autoanalisi.
Gabriele Grones
vive e lavora tra Arabba (BL) e Venezia - www.gabrielegrones.com
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Reflections 2012
Olio su tela | Oil on canvas
cm. 40x30
sopra | upper
Matteo 2009
Olio su tela | Oil on canvas
cm. 30,5x41,5
a fianco | next
Self-portrait 2009-2010
Allestimento nella chiesa di St. Peter am Perlach, Augsburg, Germania
Layout in the church of St. Peter am Perlach, Augsburg, Germany
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Gottfried 2009
Olio su tela | Oil on canvas
cm. 30x45
Carlo 2008
Olio su tela | Oil on canvas
cm. 30x45
GABRIELE GRONES
Portrait and concept of the incarnate spirit
by Gianluca D’Incà Levis
G
abriele Grones was born in 1983 in Arabba (Belluno) where he lives and works. He graduated in painting from the Accademia di Belle
Arti in Venice. His training was the classical type received in art schools: European painting of the XIX century as well as American painters from the end of the nineteenth century such as Robert Henry, Hopper’s master, and other latent “presences” that surface in his work, while
the painstaking attention to detail and the study of light recall illustrious seventeenth century examples. After patient and reasoned exercise on
traditional subjects, around 2007 the artist initiated a period of reflection and personal reprocessing of the acquired images. The genre type, fullfigure portrait is static, complete in itself. The much-loved past painting is stationary, locked in history, while Grones was now driven to seeking
an original and contemporary model capable of renewing this language. Continuing to work on the frontal portrait, the artist strove to make a
sort of icon from it in order to paint a centred image, formally complete and autonomous. Men, the predominant subject, are represented and
synthesized in their faces which constitute a sort of carnal biography. Grones then proceeds with the digging activities to bring the sedimentations to the (pictorial) surface, the traces of those private vicissitudes, those emotional events that are made flesh on the face. A radical and
frightening task is entrusted to the portrait: it is capable of representing the very vital essence of a person. But for this to be possible the portrait
must be rigorous. Attention which is humanistic and surgical at the same time allows Grones to depict the model with precision. The format of
the canvasses is generally quite small (30 x 40 cm), consistently with the microscopic analysis of the emotional sign. The abolition of distracting
backgrounds, the extreme craftsmanship in the execution of the plot, the fabric, the micro-variations, the total structures, colour, lighting: these
are the investigative tools with which he penetrates into the emotional maps which surface on the men’s faces.It is a sort of pictorial speleology,
slow and meticulous, practiced calmly with patient concentration. The dredging of sediments, intended as traces of life, is carried out in silence,
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Elio e Roberto 2011
54ma Biennale di Venezia, Padiglione Accademie, Tese dell’Arsenale, Venezia
54th Venice Biennale, Academies Pavillon, Tese Arsenale, Venice
through micrometric circumspections and absolute control of the sign. This work method is therefore intended, through a reaffirmation of painting,
to transcribe – in a human manner – the truth of the emotional facts life is composed of. This is evidently an attitude, far from the visual purity of
the hyperrealist type, in which everything is already there, present on the image, detail is copied, and the finished work is nothing more than an
impressionist frame. “The representative precision of the minute details is illusory. In fact the scrupulous details (intended as the hair, pores in the
skin, etc.) in my paintings do not reproduce the model precisely, but are recreated and redistributed using a criterion suggested to me by the view
of the subject and as a function of him. I try to filter what I see in order to restore what I want to be perceived on the basis of the idea I intend
to represent. In this sense the degree of abstraction is very high and I could say that there is no reproductive precision in the hyperrealist sense.”
(from an interview with Francesca Gaio). Grones’s portraits are very far from being copies of faces. The approach is existentialist, spiritual and
conceptual (that the basis of the reflection and of Grones’s painting, is also conceptual appears evident in the large Self-portrait of 2009-2010).
The facial expressions are not calm. The subjects do not smile obligingly at the painter as he portrays them. So frontal, they appear to be spread on an autoptic panel where Grones gently and definitively opens them. They recall Mantegna’s Dead Christ, rather than Richard Estes. In
order to be grasped, translated into the painting and without disturbing this operation, they must lie still, supine, as if dead. That is why they are
immobile. The artist has frozen them. And it is in this suspension that Grones can complete their acquisition with the extraction of the filaments
of humanity, seeking in those faces the foundation of their truth as men, their soul. The portraits become psychic wells of impressive depth, men
who are living and vitreous to the point that they seem to be prisoners of themselves, incarcerated in the self. And painting, as always, is a
technique of analysis and of self-analysis.
Gabriele Grones
lives and works in Arabba (Belluno) and Venice - www.gabrielegrones.com
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VLADIMIRO
ELVIERI
1
e l’incisione:
un mondo, una vita
di Giovanna Grossato
È
una forma d’arte, l’incisione, che racchiude un mondo. Non
si tratta meramente di una tecnica: è un procedimento che
informa di sé l’espressione artistica fin dall’idea germinale. Apprenderne le competenze è particolarmente complesso: innanzi
tutto implica una grande abilità artistica generale, soprattutto
del disegno e poi la conoscenza pratica di una vasta gamma
di procedimenti assai diversi tra loro che possono venire utilizzati dall’artista singolarmente o in modo interdisciplinare. Infine
lavorare una lastra, di qualsiasi materiale si tratti, significa applicare anche un gesto scultoreo: nell’incidere, togliere, scavare
e successivamente nell’inchiostrare, nel sottoporre la lastra alla
morsura, nel domare col torchio la carta resa recettiva da un
giusto grado di umidità… Insomma, per fare incisione è necessaria, oltre a quella creativa, anche una certa dose di energia
fisica. L’incisione rappresenta una manifestazione antichissima e
universale del pensiero umano, fin dai graffiti preistorici ottenuti
dall’homo sapiens sulle pareti delle grotte sacre con attrezzi rudimentali. E in tempi storici, assieme all’invenzione della stampa,
costituisce la prima forma di illustrazione dei libri e, in generale,
del figurare diffuso anche al di fuori delle corti.
Vladimiro Elvieri, nato a Schio (Vicenza) nel1950, ma attivo
da diversi anni a Cremona e all’estero, è uno dei rari incisori
“puri” che realizzano le proprie incisioni sia applicando raffinate
tecniche tradizionali sia sperimentandone di nuove e originali.
Formatosi artisticamente all’Istituto Statale d’Arte per la Ceramica
di Nove, nel 1975 iniziava una proficua collaborazione presso
la stamperia d’arte “Torchio Thiene” di Armando Martini, fino al
trasferimento a Cremona. Aveva poi frequentato a Parigi, nel
1979, l’atelier di Henri Goetz e studiato l’opera di altri artisti e
maestri di grafica come Hayter e Friedlaender, e collaborato
con la rivista ‘Grafica d’arte’ di Milano, dove pubblicava alcuni
articoli riguardanti l’incisione su plexiglas. Fino al 1994 ha diretto assieme a Maria Chiara Toni, lei pure
incisore e compagna di vita, il corso biennale di tecniche calcografiche tradizionali e sperimentali a Cremona e nel 2006 anche presso il Kaus di Urbino, dedicandosi contemporaneamente
ad una ricca produzione incisoria che ad oggi comprende più
di 560 lavori, per la maggior parte realizzati a puntasecca su
plexiglas o su pvc. Famosi anche i suoi “disegni luminosi “ e i
“graffiti su cibachrome”, opere realizzate con due medium, la fotografia e il graffito, inizialmente ispirate nei contenuti all’opera
letteraria dello scrittore polacco Witold Gombrowicz.
Lo spunto dalla letteratura è infatti una delle caratteristiche
dell’arte di Elvieri che spesso vi attinge producendo un repertorio
immaginifico assai ricco in cui la luce gioca sempre un ruolo fon12
2
3
4
damentale sia come mezzo che come elemento pittorico in sé.
La raffinata consapevolezza del mestiere, la “insaziabile curiosità
tecnica e formale “ (D.Formaggio), l’originalità dei temi sviluppati
attraverso inquietanti percorsi surreali o con ironia graffiante,
fanno di Elvieri uno studioso e uno sperimentatore instancabile
nell’ambito della sua disciplina, oltre che un maestro.
Presente alle più prestigiose biennali e triennali internazionali
d’arte grafica (Lubiana, Cracovia, Portland, Tokyo, Kanagawa,
Sapporo, Pechino, Sarcelles, Praga, Guanlan, Taiwan, Il Cairo,
Milano, Sofia, Qingdao, Lodz, Varna, Rio de Janeiro Chamalières, ecc.) dove ha ricevuto significativi riconoscimenti, Vladimiro
Elvieri con la sua attività calcografica è riuscito anche ad agglomerare attorno al suo studio di Cremona una ricca attività di interscambio tra artisti di diverse nazioni. E’ infatti ideatore e curatore della Biennale internazionale di incisione “L’Arte e il Torchio
/ Art and the Printing Press” di Cremona giunta nel 2011 alla VII
edizione. La rassegna ha oggi acquisito grande prestigio ed è
andata formando negli anni, con le donazioni degli artisti invitati, una ricca Collezione di Arte grafica contemporanea ordinata
presso il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe del Museo civico
“Ala Ponzone” di Cremona. Nel febbraio 2012 la Biennale è
stata insignita del premio “Friends of the Silesian Museum”, in
seguito alla donazione di 94 incisioni dei più significativi artisti
italiani contemporanei (A. Perilli, A. Pomodoro, M. Paladino, G.
Zigaina, ecc.) al Muzeum Slaskie di Katowice, in Polonia. Una
recentissima mostra presso la Galleria ab/arte di Brescia dal titolo “Ai confini del segno”, ha proposto con successo una serie di
nuove incisioni dell’Artista e della sua compagna Maria Chiara
Toni. Entrambi, hanno recentemente ricevuto l’invito ad esporre
le proprie opere grafiche, dal giugno 2012, presso la prestigiosa
Galerie Michelle Champetier di Cannes, specializzata in incisioni e opere su carta dei maggiori artisti del ‘900.
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6
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1 Situazione critica A 1975
Puntasecca e pirografia su plexiglas | Drypoint and pyrography on Plexiglas
cm. 33x26
2 Coltivazione 1976
Puntasecca e tecnica Goetz su plexiglas | Drypoint and Goetz technique on Plexiglas
cm. 26,5x40
3 Dietro l’angolo 1977
Ceramolle, brunitoio, tecnica Goetz su ferro | Soft wax, burnisher, Goetz technique on iron
cm. 24,5x31,5
4 Schizzi tav. 2 1979
Puntasecca meccanica su plexiglas e morsure brunite su ferro
Mechanical drypoint on Plexiglas and burnished etching on iron
cm. 34x37
8
5 Il Cairo, Museo Egizio 1981
Puntasecca su plexiglas | Drypoint on Plexiglas
cm. 27,7x28,2
6 Natura morta con pistola 1986
Maniera nera e acquatinta su ferro | Mezzotint and aquatint on iron
cm. 39,6x58,4
7 Flamenco 1987
Ceramolle, puntasecca, vernice zapon, maniera nera su ferro
Soft wax, drypoint, Zapon lacquer and mezzotint on iron
cm. 59,5x58,8
8 La tua terra è la mia 1990
Puntasecca e rotella su plexiglas | Drypoint and wheel on Plexiglas
cm. 36x45
Vladimiro Elvieri
nato a Schio (VI) vive e lavora a Cremona
13
VLADIMIRO ELVIERI
9
and engraving: a world, a life
by Giovanna Grossato
E
ngraving is an art form that encapsulates a world. It is not
merely a question of a technique: it is a procedure that per se
informs the artistic expression right from the germinal idea. Learning the skills is particularly complex: first of all it implies great
general artistic ability especially in drawing, and then practical
knowledge of a vast range of quite different procedures that the
artist can use both individually or in an interdisciplinary manner.
Finally, working on a plate, whatever the material, also means
using sculptural gestures: when cutting, removing, carving and
then inking, when etching the plate, when using the press to tame
the paper rendered receptive by the right amount of humidity ...
In short, a certain dose of physical as well as creative energy is
necessary when making engravings. Engraving is a very ancient
and universal manifestation of human thought right from the prehistoric graffiti created by homo sapiens on the walls of sacred
grottos using rudimental tools. And in historical times, along with
the invention of printing, it constitutes the first form of illustration
for books and, in general, of widespread depiction outside the
courts.
Vladimiro Elvieri, born in Vicenza (1950) but active for many years in Cremona and abroad, is one of the rare “pure” engravers
who produces his engravings both by applying refined traditional
techniques and by experimenting with new and original ones.
After training artistically at the Istituto Statale d’Arte per la Ceramica at Nove, in 1975 he began collaborating profitably with
Armando Martini’s “Torchio Thiene” artistic printing works until
he moved to Cremona. Then in 1979 he frequented the atelier
of Henri Goetz in Paris as well as those of other graphic artists
and masters such as Hayter and Friedlaender, and collaborated
with the Milanese ‘Grafica d’arte’ review in which he published
articles regarding engraving on Plexiglas.
Up until 1994 he directed the biennial course of traditional and
experimental chalcographic techniques in Cremona and at Kaus
in Urbino, along with Maria Chiara Toni, also an engraver and
life partner, and at the same time dedicated himself to a rich
output of engraving which comprises 560 works to date, mostly produced by drypoint on Plexiglas or PVC. Also famous are
his “luminous drawings” and his “graffiti on Cibachrome”, works
created using two media, photography and graffito, the contents
of which were initially inspired by the literary works of the Polish
writer, Witold Gombrowicz.
Inspiration from literature is one of the characteristics of the art
of Elvieri who often draws on it for the production of a very rich
repertory of images in which light always plays a fundamental
role both as a means and as a pictorial element per se.
His refined awareness of his craft, the “insatiable technical and
formal curiosity” (D. Formaggio), the originality of the themes
developed through unsettling surreal paths or with biting humour,
make Elvieri a tireless scholar and experimenter in his own discipline as well as a master.
A participant in the most prestigious international biennali and
triennali of graphic art (Ljubljana, Krakov, Portland, Tokyo, Kanagawa, Sapporo, Beijing, Sarcelles, Prague, Guanlan, Taiwan,
Cairo, Milan, Sofia, Qingdao, Lodz, Varna, Rio de Janeiro, Chamalières, etc.) where he has received important awards, Vladimi14
10
11
12
13
ro Elvieri has also been able through his chalcographic activities
to develop bustling exchange activities in his Cremona studio
with artists from different countries. He is the originator and curator of the international engraving biennale of Cremona, “L’Arte
e il Torchio / Art and the Printing Press”, which reached its VII
edition in 2011. Today this review has acquired great prestige
and over the years, with the donations of the invited artists, it
has been helping to form a rich Collection of Contemporary Graphic Art housed in the Drawings and Prints Gallery of Cremona’s
“Ala Ponzone” City Museum. In February 2012, the Biennale was
awarded the “Friends of the Silesian Museum” prize following the
donation of 94 engravings by the most significant contemporary
Italian artists (A. Perilli, A. Pomodoro, M. Paladino, G. Zigaina,
etc.) to the Muzeum Slaskie of Katowice, in Poland. A very recent
show at the ab/arte Gallery in Brescia entitled “Ai confini del
segno” successfully showcased a series of new engravings by the
artist and by his partner, Maria Chiara Toni.
14
Both recently received an invitation to exhibit their graphics works from June 2012 at the prestigious Galerie
Michelle Champetier in Cannes, specialized in engravings and works on paper by the leading artists of the
20th century.
9 Ombre rimaste 1991
15
Puntasecca su plexiglas | Drypoint on Plexiglas
cm. 41x46
10 Divenire 1993
Puntasecca e bulino su plexiglas | Drypoint and burin on Plexiglas
cm. 50x35
11 Il mio corpo è prigioniero del tuo sguardo 1994
Puntasecca su plexiglas | Drypoint on Plexiglas
cm. 35x50
12 No se puede mirar 1995
Puntasecca su plexiglas | Drypoint on Plexiglas
cm. 35x50
13 Omologazione 2004
Puntasecca, tecnica Goetz su plexiglas | Drypoint, Goetz technique on Plexiglas
cm. 45x35
14 Fossili 2007
Rotelle e perforazioni su forex | Wheels and perforations on Forex
cm. 70x50
16
15 Nella selva 2 2009
Puntasecca su plexiglas | Drypoint on Plexiglas
cm. 45,5x35
16 Before the war 2 2011
Rotelle e perforazioni su forex | Wheels and perforations on Forex
cm. 49x100
Vladimiro Elvieri
was born in Schio (VI) and lives and works in Cremona
15
GALLERIA
CIVICA DI
BRESSANONE
Confronti
e assimilazioni
sui temi
del contemporaneo
di Tazio Cirri
foto di Oskar Zingerle
Andreas Zingerle “Aber Glaube”
o. T. (Mostra 2011)
16
L
a Galleria Civica Bressanone collocata sotto i Portici Maggiori
di Bressanone ed inaugurata nel luglio 2008 per una precisa volontà dell’Amministrazione comunale sotto la guida di Alex Pergher
che ne è attualmente il direttore, ha dimostrato di saper confermare
e consolidare nel corso del quadriennio quelli che erano stati i
presupposti della sua fondazione: divenire un luogo di dialogo e
d’incontro tra la città e alcuni importanti artisti sia appartenenti al
territorio, sia stranieri di diverse provenienze.
Premesse che sono comuni ad ogni galleria civica che si proponga
non solo di fornire un primario servizio culturale al territorio in cui è
allocata ma di fungere anche da rete di collegamento in un ambito
che, forse più di altri, appare strettamente tessuto di rapporti internazionali o, come si usa dire oggi, comuni al “villaggio globale”.
Insomma un luogo dedicato alle proposte dell’arte -mondo di per
sé estremamente variegato- acquista tanto più valore aggiunto in
quanto è in grado di federare momenti e tendenze, personalità e
sensibilità in perenne fluido transito nel tempo e nello spazio. Riuscire a fermare l’attenzione su qualcuno dei punti nevralgici dell’arte contemporanea o dei suoi protagonisti elaborandone contenuti
ed obiettivi e soprattutto estenderne la riflessione alla comunità di
“non addetti ai lavori” è senz’altro una qualità, se non un’esigenza.
Sulla base di questi presupposti agli artisti e a coloro che operano
nell’ambito della Galleria Civica di Bressanone, viene primariamente richiesto un intervento “specifico ed esemplificativo, atto a riqualificare la funzione della nuova galleria. Quindi, più diversificato si
presenterà il programma e più elevato sarà il livello delle mostre”.
In questo contesto dunque appare evidente lo spirito di accoglienza nei confronti di artisti stranieri che, provenendo da aree culturali diverse, hanno l’opportunità di proporre esperienze che si
confrontino con quelle locali sviluppando con esse un proficuo interscambio. Di qui nasce anche
l’esigenza tutta particolare e non contraddittoria della Galleria Civica, di sostenere gemellaggio
con altre città e località cosiddette “montane” che abbiano cioè – culturalmente e morfologicamente - caratteristiche simili a quelle sudtirolesi. In quest’ottica sono infatti previsti interventi critici,
simposi e visite guidate con un attento orientamento di carattere didattico.
Altro aspetto curato dalla Galleria è infatti quello di tessere relazioni e collaborazioni con diverse
istituzioni come l’Università di Bressanone, gli istituti scolastici, i circoli e le associazioni artistiche.
I suoi programmi espositivi prevedono ogni anno due eventi di particolare rilievo- uno antologico
o retrospettivo e uno ricorrente – tre appuntamenti d’arte contemporanea, una mostra a cura del
“Künstlerbund” di Bolzano, una rassegna a cura di un circolo artistico di Bressanone e un’esposizione di un artista di una città gemellata.
Queste erano le esigenze e le richieste di porsi come centro di propagazione e di accoglienza
di cultura artistica contemporanea che da tempo Bressanone chiedeva e che la Galleria Civica è
ora in grado di offrire.
Gli obiettivi che la Galleria Civica si propone sono sostanzialmente due: conferire attraverso le
mostre una forte valenza culturale alla galleria e, per estensione, alla Città, richiamando l’interesse
dei visitatori e in particolar modo a coloro che frequentano saltuariamente eventi culturali; cercare
nuovi orientamenti fra gli scenari dell’arte contemporanea, evitando sensazionalismi ma cercando
si sostenere un graduale processo di comprensione da parte di un pubblico sempre più vasto.
Il primo criterio assolve dunque ad un’esigenza rappresentativa e il secondo mira più specificatamente allo sviluppo della cultura artistica contemporanea nel territorio.
Di qui la necessità che le scelte siano plausibili e regolamentate con un indirizzo che segue fondamentalmente canoni della “nuova figurazione”, arte concettuale e informale, scultura e installazioni.
Il direttivo, presieduto da Alex Pergher che è anche genius loci della Galleria, è composto dalla
direttrice del Südtiroler Künstlerbund Lisa Trockner, dal critico d’arte Fiorenzo Degasperi, dallo
scultore Sergio Sommavilla e dal direttore del Museo Diocesano Johann Kronbichler, nonchè i due
assessori alla cultura (l.t./l.i.) rispettivamente, Albert Puergstaller (Sindaco di Bressanone) e Gianlorenzo Pedron (Vicesindaco) e Alessandra Scorrano (Responsabile Ufficio Cultura).
Ursula Huber “Erosion”
Mostra del 2011
17
GALLERIA CIVICA,
BRESSANONE
Comparisons and assimilations
on themes of the contemporary
by Tazio Cirri
photos by Oskar Zingerle
B
ressanone’s Galleria Civica is located under the town’s Portici
Maggiori and was inaugurated in July 2008 under the aegis
of the town council. With the guidance of its current director, Alex
Pergher, it has shown itself over four years to be able to confirm
and consolidate the premises behind its foundation: become a
venue for dialogue and a meeting place for the town and some
of the leading artists both local and foreign from various origins.
These premises are shared by all town galleries that propose not
only to provide a primary cultural service to the area in which
they are located but also to act as a connecting network in an
ambit which, perhaps more than others, appears to be tightly woven into international relationships or, as they say today, common
to the “global village”. In short, a place dedicated to the promotion of art – a world which is extremely variegated per se – acquires all the more added value to the extent that it is capable of
interweaving moments and trends, personalities and sensibilities,
into a perennial fluid transiting in time and space. Being able
to focus on one of the neurological points of contemporary art or
on its protagonists, elaborating on their contents and intentions
and extending the reflections on them to the community of nonexperts is certainly a virtue if not actually a need.
On the basis of these premises, the artists and those who work
in the ambit of Bressanone’s Galleria Civica are mainly asked
for “suitable specific and exemplifying action for requalifying the
function of the new gallery. Therefore, the more diversified the
programme the higher the level of the exhibitions.”
The spirit of openness to foreign artists from different cultural areas therefore appears clear and they are provided with an opportunity for proposing experiences that can be compared with local
ones and develop a profitable exchange with them. This then
also gives rise to a very particular and non-contradictory need
for the Galleria Civica to support twinning with other “mountain”
sopra | upper
Elisabeth Oberrauch “Ponte Aereo”
Mostra del 2009
a fianco | next
Sergio Sommavilla “Teste”
Mostra del 2011
18
towns and localities, ones that culturally and morphologically
have characteristics that are similar to those of the South Tyrol.
It is in this light that critical interventions, symposia and guided
tours are planned, with an attentive orientation of an educational
character.
Another aspect of the Gallery is the weaving of relationships
and collaborations with different institutions such as Bressanone
University, the scholastic institutes, and artistic clubs and associations.
Its exhibition plans envisage two events of particular significance
every year – an anthropological or retrospective one and a recurrent one – three appointments with contemporary art, a show
organized by an arts club of Bolzano, two reviews organized by
the “Circolo Artistico S. Erardo” and an exhibition of an artist
from a twinned town.
These were the needs and requests placed at the centre of the
propagation and hosting of contemporary artistic culture which
Bressanone had been calling out for for some time and which the
Galleria Civica is now able to offer.
The Galleria Civica has substantially two aims: provide the gallery, and the town by extension, with a powerful cultural magnet
through the shows by attracting the interest of visitors and particularly of those who occasionally attend cultural events; seek
new orientations among the scenarios of contemporary art while
avoiding sensationalism but attempting to sustain a gradual comprehension process among a wider and wider public.
The first criterion therefore fulfils a need for representation while
the second aims more specifically at the development of the contemporary artistic culture in the area.
Hence the need for plausible decisions to be taken, governed by
a policy that fundamentally follows the canons of the “new figuration”, conceptual and informal art, sculpture and installations.
The executive, chaired by Alex Pergher who is also the Gallery’s
genius loci, is composed of the director of the Südtiroler Künstlerbund, Lisa Trockner, by the art critic, Fiorenzo Degasperi, by the
sculptor Sergio Sommavilla, and by the director of the Diocesan
Museum, Johann Kronbichler, as well as the councillors for the
arts (German/Italian) respectively, Albert Puergstaller (Mayor of
Bressanone) and Gianlorenzo Pedron (Deputy Major) and Alessandra Scorrano (Head of the Culture Office).
sopra | upper
Monika Leitner “Aber Glaube”
o. T. (Mostra 2011
a fianco | next
Adolf Vallazza “Sculture”
Mostra del 2009
GALLERIA CIVICA DI BRESSANONE
Portici Maggiori, 5
39042 Bressanone (BZ)
Tel. +39 0472 062140 - 062144
www.bressanone.it
19
TONI VEDÙ
Umorista eclettico
artista
di Silvia Neri
U
n diploma all’Accademia di Belle Arti di Venezia, una carriera di insegnante di Disegno e Storia dell’Arte e Discipline
Pittoriche alle scuole superiori, una passione per il teatro e la
sua compagnia di attori. Toni Vedù è questo e altro. Insegnante,
pittore, attore. Fusione di teoria e pratica, di insegnamento ed
apprendimento, nonché di innovazione. Vedù è difatti l’ironico
“inventore” del “movimento” artistico denominato Surrealumorismo, una sorta di corrente che mischia, in modo ovviamente semiserio, Surrealismo e umorismo che lo ha portato ad
esporre in numerose città. Il suo recente libro La pittura ha
le gambe lunghe è un inno all’Arte contemporanea, “l’arte della crisi” come lui la definisce, e ai suoi artisti che
continuano ad operare malgrado le odierne difficoltà.
Ogni idea, strumento e tecnica dell’arte affascina Vedù
ma egli sceglie l’acquarello come sua prediletta tecnica espressiva: leggera e riflessiva, essa permette
di stendere pennellate consapevoli ma rapide. Oggetto di rappresentazione: la realtà. Nulla di più
La pittura ha le gambe lunghe
20
semplice, nulla di più difficile. Mark Twain infatti diceva che la
grande differenza fra realtà e fantasia è che la fantasia deve essere credibile. Una piccola perla di verità che Toni Vedù prende
come motto dando quindi libero corso alla sua sfrenata fantasia.
Nei suoi acquarelli oggetti di tutti i giorni diventano protagonisti
di intrepide avventure, azzardati giochi di ardito costruttivismo
architettonico si mostrano nella loro forma, gli strumenti dell’artista stesso, le matite e i pennelli diventano i fondamenti basilari di
vascelli dalla vele spiegate verso orizzonti sconfinati. Le argentee
zuccheriere della nonna diventano barche dalle grandi vele di
carte che navigano verso profondi e astratti fondali dalle nuances cangianti. Toni Vedù è un adulto creativo e smaliziato che
porta con sé lo sguardo incantato e fantasticamente incontaminato del bambino nonché il gusto della scoperta, dell’avventura,
dell’azzardo, dell’errore compensato dalla soddisfazione della
riuscita, della conquista del traguardo, della inconsapevolezza
gioiosa e scherzosa. La serietà dell’artista si vede nell’impegno
che egli nutre per il suo lavoro, che coltiva da più di trent’anni,
proponendo al pubblico immagini sempre fresche e nuove, piene
di genuina creativa materia ed ingegno. Sfruttando le infinite
possibilità di applicazione che la tecnica dell’acquarello offre
ai suoi fedeli sostenitori, l’artista vicentino conquista attraverso il
suo carisma e la sua consumata maestria. Vedù ama la riflessione dei surrealisti, l’introspezione e la messa in gioco dell’io e del
sé, il dualismo tra interpretazione personale e confronto con la
realtà, proprio come l’attore che per recitare deve intuire, capire,
rielaborare ed interpretare. Il cursus studiorum del pittore propone le medesime tappe dello studio del teatro, perché è nei loro
mestieri che finzione e realtà si fondono, senza alcun preciso
confine se non con una linea sottile, dove prende vita la personale ecletticità dell’artista. Lì si mostra il talento artistico. Ma tra
le storiche avanguardie, Vedù si avvicina anche alla Metafisica,
movimento esclusivamente italiano dove si trova la concezione
dell’oggetto comune, quotidiano. Inoltre, nelle sue opere si nota
l’ironia, tipica delle vignette, altra sua grande abilità, dove la
delicata sfumatura humor si sposa alla letteratura e alla poesia
nei titoli delle opere in cui le citazioni appaiono trasformate dal
libero e brillante gioco della mente. Titoli accattivanti come Segno di una notte, oppure A vele spiegate e ancora Non vedo
l’ora. Eppure, proprio nel rapporto tra divertimento e responsabilità si ritrovano riferimenti ai grandi artisti contemporanei, come
Jeff Koons: egli nella sua la poetica parla delle sue opere affermando “Il mio lavoro è divertimento. Ma io non voglio che sia
‘divertente facile’. Credo che una parte di questo divertimento sia
difficile”. Per essere seri nel divertimento ci vuole l’esperienza del
gioco e Toni Vedù mescola seriamente responsabilità e scherzo,
affrontando la vita con umorismo e ironia, assaporando il profumo della vita, immergendosi nella quotidianità degli oggetti
comuni, elevandoli ad emblemi di fantastiche avventure. Come
dice, ancora, Mark Twain, “l’umorismo è una gran cosa, è quello
che ci salva!”
Toni Vedù
vive e lavora a Vicenza - www.tonivedu.it
21
TONI VEDÙ
Humoristic eclectic artist.
by Silvia Neri
A
graduate of the Venice’s Accademia di Belle Arti, a career
as a high-school teacher of Drawing, History of Art and Pictorial Disciplines and a passion for the theatre and its company
of actors: Toni Vedù is this and more – teacher, painter and actor,
a fusion of theory and practice, of teaching and learning as well
as of innovation. Vedù is in fact the ironic “inventor” of the artistic
“movement” named Surrealumorismo, a sort of current that mixes
Surrealism and Humour, obviously in a semi-serious way, which
has led him to exhibit in many cities. His recent book, La pittura
ha le gambe lunghe (“Painting has longlegs”) is a hymn to the
“art of the crisis” as he defines it, and to its artists who continue
to work despite today’s difficulties. Every idea, instrument and
technique of art fascinates Vedù but he chooses the watercolour
as his favourite expressive technique: light and thoughtful, it makes it possible to apply considered but rapid brushstrokes. The
subject depicted: reality. Nothing simpler, nothing more difficult.
Mark Twain once said, in fact, that the great difference between
reality and fantasy was that fantasy has to be credible. This is a
little pearl of truth that Toni Vedù adopts as a model, while giving free rein to his unrestrained imagination. In his watercolours,
everyday objects become the stars of intrepid adventures, and
22
risky games of daring architectural constructivism reveal themselves in their form, those of the tools of the artist himself, so that
the pencils and felt-tip pens become the fundamental bases for
vessels with unfurled sails heading towards boundless horizons.
Grandmother’s silver sugar bowls become ships with great paper
sails that navigate towards deep abstract seas with iridescent
nuances. Toni Vedù is a creative and shrewd adult who brings
with him the spellbound and fantastically uncontaminated gaze
of the child as well as a zest for discovery, adventure, gambling,
and error compensated by the satisfaction of success, the conquest of the goal, joyful and playful unawareness. The artist’s
seriousness can be seen in the commitment that he nourishes in
his work, which he has cultivated for over thirty years, with the
proposal to the public of images that are always fresh and new,
full of genuine material creativity and intelligence. Exploiting the
infinite possibilities of application that the watercolour technique
offers to his faithful supporters, the Vicentine artist conquers with
his charisma and consummate mastery. Vedù loves the reflection
of the surrealists, introspection and putting the io and the self into
play, the dualism between personal interpretation and comparison with reality, just like an actor who, in order to perform, must
intuit, understand, re-elaborate and interpret. The painter’s cursus
studiorum proposes the same stages as the study of the theatre,
because it is in their crafts that fiction and reality merge, a unique
surrealism, fleeting nuanced limits, no boundary except perhaps
a fine line where the artist’s personal eclecticism takes life. It
is here that his artistic talent appears. But among the historical
avant-gardes, Vedù is also close to Metafisica, an exclusively
Italian movement in which the conception of the common object,
the quotidian, can be found. Furthermore, it is also possible to
note the typical irony of cartoons in his works, another great skill,
where humour combines with literature and poetry in the titles of
the works in which the quotations appear to be transformed by
the free and brilliant playfulness of the mind. Engaging titles such
as Segno di una notte (“Sign of a night”), A vele spiegate (“With
unfurled sails”) or Non vedo l’ora (“I can’t wait”). And yet, it is
specifically in the relationship between fun and responsibility that
references to great contemporary artists like Jeff Koons can be
found: in his poetics he speaks of his works, affirming that: “My
work is amusement. But I do not want it to be ‘easy amusement’.
I believe that a part of this amusement is difficult.” To be serious
in fun you must have experience of play and Toni Vedù blends
responsibility and playfulness seriously, taking life with humour
and irony, savouring the perfume of being, immersing himself in
the everyday nature of common objects and elevating them to
elements of fantastic adventures. As Mark Twain also remarked:
“Humor is the great thing, the saving thing after all.”
Toni Vedù
lives and works in Vicenza - www.tonivedu.it
23
COSTANTIN
MIGLIORINI
I
Dicotomia
dell’esistenza
di Giulia Querenghi
l doppio e il contrario sono temi su cui molti artisti hanno speso tempo ed energia nell’instancabile ricerca di una risposta estetica.
La soluzione di Costantin Migliorini a questo enigma ancestrale è una tela non più rinchiusa tra due dimensioni, ma uno spazio
da cui la pittura sembra poter uscire con la tecnica ad olio, mentre il segno grafico si appiattisce totalmente sullo sfondo. Il corpo
prende vita nella matericità del segno pittorico vivace e intenso, mentre “l’insostenibile leggerezza” delle idee è raccontata dal pennarello e dalla penna. Storie che sulla tela intrecciano vita vissuta a vita immaginata, sognata e temuta. Se il corpo è un meccanismo
complesso, affascinante e ingannevole, la mente è la culla dell’Es, dei sentimenti. Entrambi non sono nulla senza l’altro e hanno
senso di esistere solo perché esiste il loro contrario in un incontro-scontro che diventa filo conduttore dell’intera esistenza. La pittura
di Constantin genera così paradosso, ambiguità e contrasto, dà forma al dualismo tra essere e apparire tra materia e pensiero. Sulla
tela prende forma una presenza dicotomica volta a raccontare l’essenza di ogni individuo e soprattutto dell’essere femminile, verso
cui l’artista nutre una particolare affezione. I soggetti schiudono le ali verso un’esistenza più completa e complessa, abbandonando
i limiti della fisicità per riscoprire la propria essenza. La pelle stessa diventa un diario carico di tratti che raccontano l’essere umano
nella sua complessità stavolta non più anatomica bensì spirituale. Compaiono ovunque figure zoomorfe che invadono la mente dei
protagonisti ritratti dall’autore, metafore delle loro emozioni. Sono sogni ad occhi aperti, dipinti nei toni lividi della notte che si contrappongono alle tonalità morbide e rosate che normalmente caratterizzano le figure umane. È un continuo gioco costruito sul doppio
e l’opposizione. Non sono più le parole ma i segni a raccontare la loro storia; ciò che dice veramente chi sono non è il volto, segnato
24
sotto | under
sopra | upper
Lui anonimus 2012
Al principio ci fu l’uovo 2011
Olio e vernici su lamiera | Oil and paint on metal plate
cm. 100x100
Acrilico, gesso su ceramica | Acrylic, plaster on ceramic
cm. 45x25
dalla vita, ma la schiena, il loro “lato B”, le spalle su cui portano
il peso della propria esperienza, dove si incontrano aspettative
mancate, sogni realizzati e attese per un domani che deve ancora arrivare. Ogni essere umano è, nelle storie narrate dall’artista, un unicum plasmato dalle proprie esperienze e il corpo, da
semplice contenitore, si trasforma in elemento fondamentale per
la comprensione dell’io. Sulla tela si fanno largo segni grafici di
matrice scientifica, posti come punti interrogativi dall’artista nei
confronti di una scienza che vorrebbe poter spiegare ogni cosa
ma che si trova irrimediabilmente bloccata da domande cui non
può dare una risposta. Questi elementi diventano manifesto del
limite umano e al tempo stesso emblema di un continuo sforzo
dell’uomo verso la scoperta di se stesso.
L’indagine di Migliorini raggiunge concretamente la terza dimensione quando viene chiamato a dare vita, insieme ad altri
creativi, al progetto “Uova d’artista”, creato in previsione del futuro allestimento di un museo dedicato nella città di Tredozio, in
Emilia Romagna. Partito da disegni, che ricordano le scene di
genere dipinte nei vasi e nelle anfore del periodo classico ed
ellenistico, rivisitati però in chiave contemporanea, l’artista ha
creato un’opera scultorea da un uovo di terracotta. Un progetto
insolito di Migliorini che si sposa con armonia alla ricerca, l’uovo
infatti, universalmente simbolo dell’origine della vita è per l’artista anche inizio del doppio che caratterizza la nostra esistenza
e il cosmo in generale. Ha interpretato l’uovo non solo tramite un
25
intervento pittorico ma anche tridimensionalmente, con un bassorilievo in gesso posto
sulla sommità dell’opera, che diventa naturale continuazione dell’elemento grafico. È
il desiderio dell’artista di raccontare la sua
ipotesi di mito, quella che prende forma:
la speranza di poter indagare la materia
primordiale da cui tutto ebbe origine. A
conigli-ominidi e maiali-ominidi il compito di
prolificare e, velocemente, popolare la terra
dando inizio alle prima civiltà di cui noi siamo ultima discendenza. Ancora una volta
le figure zoomorfe sono la chiave di lettura, nelle opere di Constantin, per spiegare,
in maniera ironica, quanto di intangibile e
irrazionale appartiene alla natura umana.
L’intento dell’artista è quello di portare lo
spettatore a riflettere su se stesso e l’altro da
sé inteso quale doppio e opposizione.
Un lui 2010
Olio, acrilico su carta + pennarello | Oil, acrylic on paper with felt-tip pen
cm. 100x70
COSTANTIN
MIGLIORINI
Dichotomy of existence
by Giulia Querenghi
T
he double and the opposite are themes that many artists have expended time and
energy on in the tireless search for an aesthetic response. Costantin Migliorini’s
solution to this ancestral enigma is a canvas that is no longer locked in two dimensions but a space from which painting seems to be able to escape through the use of
oil while the graphic sign flattens totally on the background. The body takes life from
the materiality of the vivacious and intense pictorial sign while the “unsustainable
lightness of the ideas is recounted by the felt-tip and by the pen. On the canvas the
stories interweave life lived and life imagined, life dreamt and life feared. If the body
is a complex, fascinating and deceptive mechanism, the mind is the cradle of the Id,
of feelings. Both are as nothing without the other and have a sense of existing only
where their opposite exists in an encounter-clash which becomes the live wire of entire
existence. In this way Constantin’s painting generates paradox, ambiguity and contrast and gives form to the dualism between being and appearing, between matter
Lui anonimus 2012
Olio e vernici su lamiera | Oil and paint on metal plate
cm. 100x100
26
and thought. A dichotomous presence takes form on the canvas, a presence aimed at recounting the essence of every individual and
especially the feminine being towards which the artist nourishes a particular affection. The subjects unfurl wings towards a more complete and complex existence with the abandonment of the limits of physicality to discover their own essence. The skin itself becomes a
diary charged with strokes that recount the human being in its complexity, sometimes no longer anatomical but spiritual. Zoomorphic
figures appear everywhere and invade the mind of the protagonists portrayed by the painter, metaphors of their emotions. These are
open-eyed dreams depicted with the livid tones of the night and clash with the soft rosy tonalities that normally characterize the human
figure. There is a continuous interplay based on the double and the opposite.
It is the sign rather than the word that narrates their story; what really says who they are is no longer the face, weathered by living,
but their backs, the shoulders that bear the weight of being, where deluded expectations, dreams realized and awaiting a tomorrow
that must still arrive, come together.
In the stories recounted by the artist every human being is a unique exemplar modelled by experience, while the body, rather than
being a simple container, is transformed into a fundamental element for understanding the ego. Graphic signs of scientific origin
make space for themselves on the canvas, put there as interrogation marks by the artist with regard to a science that claims to explain
everything but which finds itself irremediably blocked by questions for which it has no answer. These elements become the manifesto
of human limits and at the same time an emblem of man’s continuous striving towards the discovery of himself. Migliorini’s investigation concretely reaches the third dimension when he is called on, along with other artists, to give life to the “Uova d’artista” (“Artist’s
egg”) project, created with a view to the establishment of a dedicated museum in the town of Tredozio, in Emilia Romagna. Starting
from drawings that recall the genre scenes painted on pots and amphorae during the classical and Hellenistic periods, but revisited
in a contemporary key, the artist has created a sculptural work from a terracotta egg. In an unusual project for Migliorini which
combines harmoniously with research, the egg, a universal symbol of the origin of life, also becomes the starting point for the artist
for the duality that characterizes our existence and the cosmos in general. He has interpreted the egg not simply through pictorial
action but also three-dimensionally, with a plaster bas-relief placed at the top of the work which becomes the natural continuation of
the graphic element. It is the artist’s wish to recount his hypothesis of myth, the one that takes form: the hope of being able to investigate the primordial matter from which everything originated. Hominid-rabbits and hominid-pigs are given the task of proliferating
and rapidly populating the earth, giving rise to the first civilization of which we are the last descendants. Once again in Constantin’s
works the zoomorphic figures are the key to understanding in order to explain the intangibles and irrationalities of human nature in a
humorous manner. The artist’s intention is to induce the observer to reflect on himself and on the other of himself intended as double
and opposition.
SPAZIO ANNA BREDA
Ossessioni 1 2009
Acrilico e pennarello su carta | Acrylic and felt-tip pen on paper
cm. 100x70
Via San Francesco, 35
35121 Padova
www.spazioannabreda.com
[email protected]
27
ALBERTO
DE BRAUD
di Marcello Palminteri
I
l rapporto con l’arte di Alberto De Braud è felicemente condizionato dalle qualità di scultore che possiede e dalla capacità
di gestione degli spazi dove muove le sue opere. La chiarezza
compositiva, la politezza delle strutture, la straordinaria invenzione formale a cui l’artista perviene permette di valutare ogni suo
lavoro non come materia inerte ma come materia animata dalla
quale l’atto compositivo esprime la sua curiosa ed intelligente
vitalità, facendone il punto di forza, l’epicentro di ogni possibile
interpretazione concettuale. Tra omaggio e irriverenza, la scultura di De Braud appare spesso come un condensato di processi
piuttosto che una rappresentazione fissa, anche in virtù della
sua propensione installativa: basata essenzialmente su tecniche
tradizionali (bronzo, ferro, ceramica, terracotta) si presenta sì in
forme inequivocabili, eppure carica di una speciale trasparenza
che mutua la compiutezza in apparenza. Questo è uno degli
elementi che rende il suo corpus creativo speciale stimolante,
soprattutto per quella capacità di coniugare, in un’unica espressione, mestiere e sperimentazione, in un fulcro che annulla le
sterili contrapposizioni tra storia e gesto contemporaneo. L’immediata riconoscibilità degli oggetti, aperti a metaforici intrecci di
relazioni visive fanno da traccia ad un percorso simbolico in cui
la meta è il punto intermedio tra memoria individuale, collettiva
e storica. La linea di confine tra tradizione e innovazione appare come un debole e fastidioso ricordo rispetto alla complessa
Follia umana 1987
Terracotta | Terracotta
cm. 90x10x8
28
Les Pinces à Linge 2007
cm. 1700x300x250
29
sfaccettatura di un personaggio tanto intensamente sfuggente e
provocatorio: così Alberto De Braud connota una ricerca che
invita a riflettere sulla continuità che l’arte opera all’interno della
cultura e della formazione della comunicazione. Una pratica che
avvolge tutta la sua opera la quale si propone come modello di
linguaggio privo di dimensioni e limitazioni, sia di senso che di
tempo. Si tratta di un sistema capace di porsi come una realtà
a se stante e mai come codice di strutture predefinite; un superamento delle barriere per raggiungere luoghi in cui l’unica logica
rimane quella di una persistenza immaginativa e di lavoro dove
è naturale percepire la volontà di realizzare linguaggio e comunicazione con rinnovate tensioni; una vitalità necessaria che solo
l’arte può offrire e realizzare e che De Braud agita nel solco di
una eleganza formale ricondotta ad estro. Su tutto, poi, il pregio
della polimatericità e delle policromie (non a caso la ceramica
è uno dei materiali prediletti) che permette il concretizzarsi di
progetti sviluppati in multidirezione: oggetti ripetuti e trasformati in cui la proliferazione di associazioni di senso dettate dal
suo vocabolario, rivela l’essenza delle cose al di là di ogni atteggiamento retorico. La presenza singolare di un artista come
Alberto De Braud nel panorama non solo nazionale (lunga la
sua permanenza americana e successivamente francese, prima
del rientro a Milano, città dove è nato nel 1959) è connotata,
certamente, dalla sua impossibile classificazione, dettata dall’apparente difformità delle strutture visive a cui perviene, dalle geniali distorsioni stilistiche che caratterizzano il suo iter creativo in
cui l’osservatore più attento e smaliziato deve saper riconoscere
il sunto di uno sviluppo coerente di ideali e concetti che sono
la vera cifra stilistica del suo lavoro. Un lavoro che agisce in
una direzione vagamente onirica, allucinata eppure lucidissima;
Shoes 1994
Bronzo | Bronze
cm. 30x8x7
30
Kaos 1991
Bronzo | Bronze
cm. 65x54x50
Caduta 1990
Bronzo | Bronze
cm. 54x36x33
31
una dimensione che teatralmente potremmo definire “tragicomica” dove emerge il senso occulto del quotidiano. Oggetti troppo
piccoli o, più spesso, troppo grandi per essere considerati “giocattoli” (Chiodo, 1998, bronzo, 110x40x9 cm; DNA, 2001, ceramica, 350x160x116 cm; Le pinces à linge, 2007, 17x3x2,5 m)
restituiscono, al di là di un primo sorprendente incontro, un forte
senso di ambiguità. Proprio attraverso l’enfatizzazione consapevole della contraddittorietà si svela il valore della stilizzazione
ironica e della finzione, esibita ai livelli più intensi, ponendosi
come metafora del coinvolgimento del pubblico che queste opere presuppongono. Ecco allora che la contaminazione stilistica
e il susseguirsi di peculiarità espressive differenti si concentrano
in una grammatica personale che fagocita e reinventa l’oggetto,
nel quale si condensa capacità e trasgressione e dove l’ironia
recupera l’allusione come valore creativo.
ALBERTO DE BRAUD
by Marcello Palminteri
An unconfortable place 1992
Bronzo | Bronze
cm. 125x73x69
32
T
he relationship with Alberto De Braud’s art is happily conditioned by his sculpting qualities and by his ability to manage the
spaces in which his works move. The compositional clarity, the
polish of the structures and the extraordinary formal invention arrived at by the artist make it possible to assess each of his works
not as inert material but as animated matter from which the compositional act expresses his curious and intelligent vitality, making
it his strength, the epicentre of every possible conceptual interpretation. Between homage and irreverence, De Braud’s sculpture
often appears as a condensate of processes rather than as a
fixed representation, also as a result of its installation propensity:
based essentially on traditional techniques (bronze, iron, ceramic
and terracotta) it does present itself in unequivocal forms but ones
that are nevertheless charged with a special transparency. This
is one of the elements than renders his special creative corpus
stimulating, especially as regards the ability to combine craft and
experimentation in a single expression on a fulcrum that eliminates the sterile contrasts of history and contemporary gesture. The
immediate recognisability of the objects, open to metaphorical
intertwinements of visual relationships, traces a symbolic path in
which the middle is the intermediate point between individual,
collective and historical memory. The borderline between tradition and innovation appears as a weak and irksome memory
compared with the complex faceting of such an intensely elusive
and provocative personality: in this way Alberto De Braud implies research which invites us to reflect on the continuity that art
produces inside culture and the formation of communication, a
practice that envelopes his entire opus which is proposed as a
model of language without dimensions and limitations, both of
sense and of time. This involves a system capable of presenting
itself in itself as a result and never as a code of predefined structures; an overcoming of barriers to reach places in which the sole
logic remains that of an imaginative and working persistence
in which it is natural to perceive the desire to create language
and communication with renewed tensions. This entails a neces-
Balloons 1996
Alluminio | Aluminum
cm. 180x80x40
sary vitality which only art can offer and realize and which De
Braud agitates in the groove of a formal elegance channelled
back to inspiration. Over everything, then, is the quality of the
poly-materiality and polychromy (it is no accident that ceramic is
one of his preferred materials) which makes it possible to create
projects developed in many directions and render them concrete: objects repeated and transformed in which the proliferation
of associations of sense dictated by his vocabulary reveals the
essence of things beyond every rhetorical attitude. The singular
presence of an artist such as Alberto De Braud not only in the
national panorama (his long stay in America and then in France,
before his return to Milan, the city where he was born in 1959) is
certainly implied by his impossible classification dictated by the
apparent diversity of the visual structures at which he arrives, with
the genial stylistic distortions that characterize that creative path
of his in which the more attentive and sharper observer must be
able to recognize the recapitulation of a consistent development
of ideals and concepts that provide the real stylistic key to his
work, work that acts in a vaguely oneiric direction, hallucinated
yet extremely lucid; a dimension that we could define as theatrical and “tragicomical” in which the occult sense of the quotidian
emerges. Objects that are too small or, more often, too big to
be considered to be “toys” (Chiodo, 1998, bronze, 110x40x9
cm; DNA, 2001, ceramic, 350x160x116 cm; and Le pinces à
linge, 2007, 17x3x2.5 m) restore a powerful sense of ambiguity
beyond an initial surprising encounter. It is specifically through
the conscious emphasizing of the contradiction that the value of
ironic stylization and pretence is revealed and exhibited at more
intense levels, thereby presenting itself as a metaphor for the
involvement of the public which these works presuppose. Hence
the stylistic contamination and the succession of different expressive peculiarities are concentrated in a personal grammar that
engulfs the object in which capacity and transgression are concentrated and where irony recovers allusion as a creative value.
GALLERIA D’ARTE NINO SINDONI
Corso IV Novembre, 117
36012 Asiago (VI)
www.ninosindoni.com
Associazione Alberto Buffetti
[email protected]
33
DOLOMITI
CONTEMPORANEE
Un progetto d’arte e di rete
di Gianluca D’Incà Levis
I
l progetto Dolomiti Contemporanee (DC), lanciato il 30 luglio 2011, è ben attivo.
Nei primi mesi di attività, esso si è ricavato uno spazio nel panorama nazionale dell’arte contemporanea.
Il progetto si caratterizza come un’esperienza culturale relazionale aperta e dinamica, che si origina da un territorio (le Dolomiti
Unesco), utilizzandone/evidenziandone diversi contenuti specifici. Il progetto è fortemente “ospitale”. Esso, attraverso sistemi quali la
Residenza d’artista ed i Blocchi integrati di mostre, porta all’interno di questo territorio,(....) soggetti, fattori, elementi, affatto diversi
tra loro, divenendo una sorta di stazione di incontro e di scambio. D’altro canto il progetto però non coincide perfettamente con il
territorio, dal quale si sposta continuamente, portando fuori da esso idee, concetti, progetti, contenuti.
DC è quindi, prima di tutto, una modalità d’azione, un canale.
Uno degli elementi cardine è proprio questo: il legame al territorio è una scelta culturale, precisa e deliberata, non un riflesso vernacolare. DC non è un’esperienza stanziale, ma un processo mobile e multiverso, che individua alcuni elementi primigenii (concreti
e metaforici: gli elementi basilari, forti, netti, generati da un ambiente inesausto e integro), per utilizzarli come principi d’azione
rinnovativi. E’ al tempo stesso un modello centripeto (ospitalità), e centrifugo (estroversione).
Le reti costituiscono l’ossatura culturale, sociale, politica (in senso lato: cura del territorio) di questo progetto/processo.
Le reti sono diverse, è la loro integrazione a creare la struttura di sostegno. Vi è la rete istituzionale (Regione del Veneto, Provincia di
Belluno, Comuni, BIM Piave); la rete legata ad ambiente e montagna (Ministero dell’Ambiente, Fondazione Dolomiti Unesco, Parco
Nazionale Dolomiti Bellunesi, e poi festival come Oltre Le Vette, il CAI, aziende sponsor come Salewa, Dolomite, Dolomiti Rocce,
ecc.); la rete delle realtà artistiche (tra i partner, Fondazione Bevilacqua La Masa e Palazzo Riso; DC fa parte, insieme ai Musei
34
Mart e Museion ed al MMM di Reinhold Messner, del gruppo di
lavoro di KunStart; recentemente, si sono attivati dialoghi e collaborazioni con il Museo Rimoldi di Cortina, il Museo Madre di
Napoli; con stand propri o opere, DC ha partecipato ad ArtVerona, Artissima Lido, Expodolomiti, KunstArt); la rete produttiva,
con l’industria (più di ottanta sinora le realtà produttive coinvolte
come sponsor, anche grazie al supporto di Confindustria Belluno
Dolomiti); e poi le scuole, le associazioni, ecc.
L’idea è quella di creare un motore mobile, un Centro per l’Arte
Contemporanea, nell’area dolomitica. Che sia anche un Laboratorio sperimentale, capace di produrre immagini rinnovate della
montagna, senza celebrarla, ma salendola.
Nel 2011, il fulcro di DC è stato Sass Muss (Comune di Sospirolo, Belluno). Questo grande complesso d’archeologia industriale,
composto da alcuni padiglioni immersi nell’ambiente naturale,
proprietà della Società Attiva Spa, è stato ripreso, e riattrezzato a cittadella dell’arte. Vi abbiamo invitato artisti dall’Italia
e dall’estero, organizzando mostre d’arte contemporanea nei
quasi 5.000 metri quadri di superfici espositive. Gli artisti (oltre
80, con 8 mostre, visitate da oltre 8.000 persone), hanno vissuto
nella cittadella, dove è stata attiva una Residenza. Esplorando
le Dolomiti, selezionando i temi, molti di loro hanno quindi realizzato le proprie opere, nel Lab, grazie ai materiali messi a
disposizione dai partner, che ci hanno consentito di avviare un
processo di produttività culturale.
DC è un Laboratorio d’arti visive in ambiente. Quest’anno, il progetto si sposterà, con iniziative a Belluno, Cortina d’Ampezzo,
Andraz, Casso, Agordo, Taibon, Vas, e in altri siti dolomitici,
anche a diretto contatto con l’ambiente, attraverso interventi installativi e performances.
L’attività riprenderà a luglio 2012. Essa prevede la realizzazione di un’altra seria di eventi espositivi, oltre a cicli d’incontri e
dibattiti, ed ai laboratori didattici. Diverse nuove collaborazioni
stanno sorgendo. Tra di esse, vi è il progetto, finanziato dalla
Regione Veneto, che vede l’istituzione di una partnership tra DC/
Sass Muss e la realtà di Forte Marghera/Parco del Contemporaneo. Il progetto, che crea un asse di forza Dolomiti-Venezia,
entra nel quadro delle attività per la candidatura di Venezia con
il Nord-Est Capitale della Cultura Europea 2019. Esso prevede
una serie di iniziative artistiche congiunte, che si realizzeranno,
nel corso dell’estate 2012, sulla Linea Mobile che unisce la laguna alle Dolomiti.
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Video al Padiglione Schiara - Mostra a New World, a cura di Andrea Bruciati
Video in the Schiara Pavilion - A New World Exhibition, curated by Andrea Bruciati
sopra | upper
Opere di Paolo Gonzato - Mostra Azimut, a cura di Alice Ginadi
Works by Paolo Gonzato - Azimut Exhibition, curated by Alice Ginaldi
a fianco | next
Cristian Chironi, ECO, performance live, 2012, Museo MADRE in collaborazione con DC, Napoli,
photo Amedeo Benestante
Cristian Chironi, ECO, live performance , 2012, Museo MADRE in collaboration with DC, Naples;
photo: Amedeo Benestante
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DOLOMITI
CONTEMPORANEE
An art and
networking project
by Gianluca D’Incà Levis
T
he Dolomiti Contemporanee (DC)
project, launched 30th July 2011, is
alive and doing well.
In the first months of activity DC has carved out a space for itself on the national
contemporary art scene.
The project is an open cultural and dynamic experience which originates in
a territory (the Unesco Dolomites) using
and highlighting specific content. The
project is very “hospitable”. Through systems such as the Artists’ Residence and
the exhibition blocks, DC brings people,
factors, elements – all quite different
from each other –within this territory (…),
creating a sort of centre for meeting and
exchange. The project however does not
coincide perfectly with the territory, as
it continuously shifts from its central location, bringing with it ideas, concepts,
projects, and content. DC is thus primarily a mode of action, a channel.
One of the key elements is this: a bond
with the territory, a cultural choice, precise and deliberate, rather than a vernacular reflection. DC is not a sedentary
experience, but a mobile and multiverse
process, which identifies some primeval
elements (real and metaphorical: basic
elements, strong, clean, generated from
an inexhaustible and integral environment). These elements are used as principles of renewed action. At the same
time a centripetal model (hospitality) and
centrifuge (extroversion).
Networks are the cultural, social, political (in the broad sense: territorial) backbone of this project/process.
The networks are diverse and their integration create the support structure.
There is an institutional network (Veneto Region, Belluno Province, Municipal
Councils, BIM Piave); environmental
network (Ministry for the Environment,
Dolomite Unesco Foundation, Belluno
Dolomite National Park, along with festivals like Oltre Le Vette, CAI, company
sponsors such as Salewa, Dolomiti Rocce, etc); artistic network (among our
partners are Fondazione Bevilacqua La
Masa e Palazzo Riso. Together with the
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museums Mart e Museion and Reinhold
Messne MMM, DC is part of the KunStart group of works. Talks and collaborations have recently started with Museo
Rimoldi di Cortina, and Museo Madre di
Napoli. Either through its own stands or
individual artworks, DC participated in
ArtVerona, Artissima Lido, Expodolomiti,
KunstArt); industry network (numbering
over eighty sponsors thanks to the support of Confindustria Belluno Dolomiti);
and finally schools, associations, etc.
The idea is to create an engine, a Centre
for Contemporary Art, in the Dolomite
area. An experimental Laboratory, capable of producing new images of the
mountains, without celebrating them, but
rather assailing them.
In 2011 the fulcrum of DC was Sass Muss
(Sospirolo Council, Belluno). This large
industrial archeological complex, made
up of several large pavilions immersed
in the natural environment and owned
by Società Attiva Spa, was reclaimed
and re-equipped as an art centre. We
invited local and foreign artists, and organised contemporary art exhibitions in
an area of almost 5,000 square metres.
The artists (over 80, produced 8 exhibitions viewed by 8,000 visitors) lived in
this centre, in the artist Residency. They
explored the Dolomites and selected themes, many of them producing their own
artworks in the Lab, thanks to the materials donated by our partners, who allowed us to initiate a process of cultural
productivity.
DC is a visual arts Lab on location: art in
the environment. This year the project is
moving, with initiatives for direct contact
with the environment planned at Cortina d’Ampezzo, Andraz, Casso, Agordo,
and other Dolomites sites through installations and performances.
Activity resumes in June 2012. Another
series of exhibitions, along with meetings, debates, and educational workshops are planned. Various new collaborations are emerging. Among them, a
partnership between DC/Sass Muss and
Forte Marghera/Parco del Contemporaneo, financed by the Veneto Region.
This project is a focal point between the
Dolomites and Venice, and is a Venetian
candidate for the Nord-Est Capitale della Cultura Europea 2019. It envisages a
series of joint artistic initiatives planned
for the summer of 2012 at both locations.
nell’altra pagina | on the other page
Sass Muss_Padiglione Pavione - Mostra DC Paint 1, a cura di G. D’Incà Levis
Sass Muss – Pavione Pavilion - DC Paint 1 Exhibition, curated by G. D’Incà Levis
Pitture murali sui Silos di Vignole - opera di Ericailcane
Murals of the Silos at Vignole - a work by Ericailcane
Sass Muss_Padiglione Schiara - Mostra Contractions, a cura di D. Capra - opere di Federico Bomben e Nemanja Cvijanovic
Sass Muss - Schiara Pavilion - Contractions Exhibition, curated by D. Capra - Works by Nemanja Cvijanovic and Ludovico Bomben
in questa pagina | on this page
prototipo in roccia stampata (tecnologia D-Shape) per una scultura arrampicabile di Jonathan Vivacqua a cura di DC
pressed rock prototype (D-Shape technology) for a climbable sculpture by Jonathan Vivacqua, curated by DC.
Sass Muss_Uno degli edifici di mostra in notturna
Sass Muss - One of the exhibition buildings at night
DOLOMITI CONTEMPORANEE
Visual Arts Laboratory in the environment
www.dolomiticontemporanee.net
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Le contemplazioni sotterranee
di Elio Ciol
di Alessandro Benetti
L
a poetica di Elio Ciol affonda le sue radici in un’interpretazione personale della temperie neorealista del dopoguerra italiano, spogliata dei connotati politici sinistrorsi e caricata di un più universale “impegno umanistico” (Silvia Paoli) d’ispirazione cattolica.
Nelle parole di Angelo Maggi, il fotografo friulano affronta la realtà forte di un’innata “gioia cosciente della percezione estetica”. Il filtro
di tale fascinazione, al tempo stesso composta ed entusiasta, verso il reale è il presupposto fondamentale dello sguardo che Ciol porta
su di esso, uno sguardo che lo libera dalla contingenza ed lo eleva ad una dimensione astorica e atemporale, tendente alla perfezione.
Il percorso verso quest’ultima passa attraverso l’affinamento delle tecniche più appropriate per rappresentarla. L’intensa ricerca sul tema
della luce e la sperimentazione nel campo degli infrarossi sono condotte con il rigore e la severità di chi ne comprende le potenzialità
espressive ma al tempo stesso diffida delle pericolose distorsioni della percezione alle quali un utilizzo spensierato di tali strumenti può
condurre.
Il lavoro certosino sulla componente strumentale della fotografia è il supporto imprescindibile al dispiegamento dell’abilità di Ciol nell’organizzazione dello scatto. La perfezione, in questo caso, scaturisce dalla composizione ponderata degli elementi che lo costruiscono,
secondo un ideale di misura che vuole ricondurre l’accidente all’ordine necessario delle cose. Nelle fotografie di Ciol, misurare lo spazio
significa individuare le scansioni ritmiche che lo attraversano e lo strutturano: filari, balaustre e persone sono immortalati innanzitutto
nella loro qualità di sequenze che suddividono la rappresentazione. Le intense alternanze chiaroscurali costituiscono un ulteriore punto
di riferimento nella comprensione dell’architettura tridimensionale del reale tradotta nella bidimensionalità del piano fotografico.
Il paesaggio che su quest’ultimo s’imprime è dunque sempre precisamente commensurabile: alla natura selvaggia, il fotografo friulano
predilige “la natura coltivata, costruita e conservata ad opera dell’uomo” attraverso “i gesti di sempre” (Robi Ronza). Ciol non idealizza
il reale: piuttosto, fornisce all’osservatore gli strumenti necessari ad orientare il proprio sguardo all’interno di esso, per permettergli di
abbandonarsi alla contemplazione del bello senza il timore di perdersi.
Gli scatti della serie intitolata “Concrete Astrazioni” costituiscono un tornante fondamentale nell’opera di Ciol, chiamato a confrontarsi
per la prima volta nella sua carriera con “un oggetto senza iconografia” (Sergio Momesso), dopo molti decenni in cui si è votato a una
fotografia eminentemente figurativa. Il paesaggio spettacolare dell’Antelope Canyon è il punto di partenza di un‘interessante riflessione
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sul rapporto tra rappresentazione e astrazione: “Mi sono reso conto di come il reale possa suggerire l’astratto”, afferma Ciol a questo
proposito. Non si tratta di “documentare”, come nei suoi passati lavori dedicati alle opere d’arte, né di “rappresentare”, come può essere
rappresentato il paesaggio veneto frutto di secoli di antropizzazione. Piuttosto, Ciol coglie in questo caso l’astrazione insita nella conformazione naturale (una natura selvaggia, quest’ultima) di un luogo reale che nella traduzione in fotografia si tramuta in “un’emozione
continua di forme e luci”. Malgrado il palpabile coinvolgimento emotivo, che sembra alludere ad una più alta spiritualità, lo spazio del
canyon non si smaterializza nel gioco, sempre tecnicamente perfetto, delle luci e delle ombre. Al contrario, i passaggi chiaroscurali,
qui più tormentati che mai data la conformazione accidentata delle pareti rocciose, restituiscono l’impressione di una materialità dirompente, la materialità della natura stratificata nei secoli. Non cogliendo mai la totalità di tale stratificazione, ma solo parti di essa,
l’obiettivo del fotografo sembra alludere alla possibilità per l’uomo d’intervenire in questo poderoso processo sotterraneo, ponendo le
proprie opere terrene in diretta continuità con esso. Le immagini di “Concrete Astrazioni”, quindi, rappresentano un tentativo riuscito di
rinnovamento della poetica di Ciol che, lontano dal rinnegare i presupposti concettuali delle esperienze precedenti, li esprime qui con
una forza inedita: dalle profondità del sottosuolo, Ciol riemerge arricchito dalla somma contemplazione della forma primordiale della
stratificazione nel tempo.
le 4 immagini presenti sono tratte dalla pubblicazione “Concrete Astrazioni“ anno 2007
The four photographs have been taken from the book, “Concrete Astrazioni“, 2007
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The subterranean contemplations
of Elio Ciol
E
lio Ciol’s poetics sink their roots into a personal interpretation
of the neorealist climate of post-war Italy, stripped of the leftleaning political connotations and charged with a more universal
“humanist commitment” (Silvia Paoli) of Catholic inspiration.
by Alessandro Benetti
In the words of Angelo Maggi, the Friulian photographer tackles
the powerful reality of an innate “conscious joy of aesthetic perception”. The filter of this attraction towards the real, composed and enthusiastic at the same time, is the fundamental premise of the
gaze Ciol focuses on it, a gaze which frees it from the contingent and elevates it to a non-historical and timeless dimension that tends
towards perfection.
The path towards the latter involves refining the most appropriate techniques for depicting it. The intense research into the theme
of light and experimentation in the infrared field are carried out with the rigour and severity of one who understands its expressive
potential but at the same time distrusts the dangerous distortions of perception to which careless use of such instruments can lead.
The painstaking work of the instrumental component of photographs is the indispensable support for the deployment of Ciol’s skill
in organizing the shot. Perfection in this case springs from the considered composition of its constituent elements on the basis of
a measurement ideal which is intended to bring the incidental back to the necessary order of things. Measuring space in Ciol’s
photographs means indentifying the rhythmic scans passing through it and structuring it: rows of vines, balustrades and people are
immortalized above all in their role as sequences that subdivide the picture. The intense chiaroscuro alternations constitute a further
point of reference in the comprehension of the three-dimensional architecture of the real translated into the two-dimensionality of the
photographic plane.
The landscape that is impressed on the latter is therefore always precisely measureable: the Friulian photographer prefers “cultivated
nature, constructed and conserved by the work of man” through “the gestures of always” (Robi Ronza) to untamed nature. Ciol does
not idealize the real: instead, he provides observers with the tools necessary for orienting the gaze towards its interior to permit them
to abandon themselves completely to contemplating its beauty without fear of getting lost.
The shots from the series entitled “Concrete Astrazioni” (“Concrete abstractions”) constitute a fundamental change of direction in
Ciol’s work in which he was called upon for the first time in his career to tackle “an object without iconography” (Sergio Momesso)
after many decades during which he dedicated himself to eminently figurative photography. The spectacular landscape of Antelope
Canyon is the point of departure for an interesting reflection on the relationship between representation and abstraction: “I realized
how the real can suggest the abstract”, says Ciol in this regard. It is not a question of “documenting”, as in his previous works dedicated to artworks, or of “representing”, the way the Veneto landscape, fruit of centuries of human intervention, can be represented.
40
Instead, in this case, Ciol grasps the abstraction inherent in the
natural conformation (wild nature) of a real place which in the
translation into photography is transformed into “a continuous
emotion of forms and light.” Despite the palpable emotional involvement, which seems to allude to a higher spirituality, the space of the canyon is not simply dematerialized interplay, always
technically perfect, between light and shadow. On the contrary,
the chiaroscuro passages – more tormented here than ever given
the rough conformation of the rock walls – restore the impression
of devastating materiality, the materiality of nature stratified over
the centuries. Never catching the totality of this stratification but
only a part of it, the photographer’s lens alludes to the possibility for man to intervene in this mighty underground process by
placing his own earthly works in direct continuity with it. The
images of “Concrete Astrazioni”, therefore, represent a successful
attempt to renew the poetics of Ciol who, far from reneging on
the conceptual premises of his previous experiences, expresses
them here with original strength: Ciol re-emerges from the depths
of the underground enriched by the supreme contemplation of
the primordial form of the stratification over time.
GALLERIA DE FAVERI
Lab 610 loc. Servo, 167/B
Sovramonte (BL)
www.defaveriarte.it
41
Addio a Carlo Ciussi
C
aro Maestro,
È stato per me un immenso piacere e fortuna averti conosciuto, la tua scomparsa mi ha profondamente addolorato.
Ti ringrazio per quella bella giornata trascorsa assieme mentre mi raccontavi la
tua speciale storia e vita d’artista, con la gioia negli occhi, mentre lavoravi per
allestire la tua mostra personale “Carlo Ciussi 1964 – 2011“ per la tua città di
Udine.
Grazie anche a nome di tutti noi che amiamo l’arte, per averci dato l’opportunità di conoscere le tue opere, la tua passione e la tua grande Anima.
Giulio Martini
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1 Senza titolo 1965
Olio e tecnica mista su tela (Collezione Privata)
Oil and mixed media on canvas (Private collection, Milano)
cm. 60x80
2 LXXI 1976
Olio e tecnica mista su tela (Collezione Privata)
Oil and mixed media on canvas (Private collection, Milano)
cm. 80x100
3 LIX 1991
Olio e tecnica mista su tela (Collezione Privata)
Oil and mixed media on canvas (Private collection, Udine)
cm. 121x130,5
4 Pittura 1964
Olio e tecnica mista su carta intelata (Collezione Privata)
Oil and mixed media on paper on canvas (Private collection, Gemona del Friuli)
cm. 130x140
5 LXXIII.65 1965
Olio e tecnica mista su tela (Collezione dell’artista)
Oil and mixed media on canvas (Artist’s collection, Udine)
cm. 105x130
6 XXXV 1965
Olio e tecnica mista su tela (Collezione L.T.)
Oil and mixed media on canvas (L. T. Collection, Udine)
cm. 170x190
7 III.69 1969
Olio e tecnica mista su tela (Collezione dell’artista)
Oil and mixed media on canvas (Artist’s collection, Udine)
cm. 105x105
8 XXV 1971
Olio, tecnica mista su tela e formica (Collezione dell’artista)
Oil, mixed media on canvas and Formica (Artist’s collection, Udine)
cm. 116,5x116,5
9 Senza titolo 1970
Olio, tecnica mista su tela e formica (Collezione Privata)
Oil, mixed media on canvas and Formica (Private collection, Milano)
cm. 130x130
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Farewell to Carlo Ciussi
Dear Master,
t was an immense pleasure for me to have known
you and your death has saddened me profoundly.
Thank you for the lovely day we spent together
while you told me of your special story and your
life as an artist, for the joy of my eyes, while you
were working to set up your one-man show, “Carlo
Ciussi 1964 – 2011”, in your native city of Udine.
I would also like to thank you on behalf of all those
of us who love art for giving us the opportunity to
get to know your works, your passion and your
great heart.
Giulio Martini
I
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10 XXX 1982
Olio e tecnica mista su tela (Collezione dell’artista)
Oil and mixed media on canvas (Artist’s collection, Udine)
cm. 160,5X116
11 XXII 1984
Olio e tecnica mista su tela (Collezione dell’artista)
Oil and mixed media on canvas (Artist’s collection, Udine)
cm. 150X90
12 VI 1990
Olio e tecnica mista su tela (Collezione Privata)
Oil and mixed media on canvas (Private collection, Milano)
cm. 170x180
13 XXX 1989-91
Olio e tecnica mista su tela (Collezione dell’artista)
Oil and mixed media on canvas (Artist’s collection, Udine)
cm. 150,5x170
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14 P.132 II 1990
Olio e tecnica mista su tela (Collezione Privata)
Oil and mixed media on canvas (Private collection, Basiliano)
cm. 250x300
15 P.134 Colonna 1996
Olio e tecnica mista su tela (Collezione dell’artista)
Oil and mixed media on canvas (Artist’s collection, Udine)
cm. 300x45x45, 230x35x35, 230x35x35, 230x35x35, 210x35x35, 165x35x35
16 Senza titolo 2004
Olio e tecnica mista su tela (Collezione dell’artista)
Oil and mixed media on canvas (Artist’s collection, Udine)
cm. 80,5x126
17 Senza titolo 2004
Olio e tecnica mista su tela (Collezione dell’artista)
Oil and mixed media on canvas (Artist’s collection, Udine)
cm. 160x140,5
18 Senza titolo 2004
Olio e tecnica mista su tela (Collezione dell’artista)
Oil and mixed media on canvas (Artist’s collection, Udine)
cm. 75,5x200,5
19 Senza titolo 2005
Olio e tecnica mista su tela (Collezione dell’artista)
Oil and mixed media on canvas (Artist’s collection, Udine)
cm. 140x250
20 Senza titolo 2009
Olio e tecnica mista su tela (Collezione dell’artista)
Oil and mixed media on canvas (Artist’s collection, Udine)
cm. 183x124
21 Senza titolo 2011
Olio e tecnica mista su tela (Collezione dell’artista)
Oil and mixed media on canvas (Artist’s collection, Udine)
cm. 140x120
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13 Mostra Internazionale di Architettura
Common Grounds.
Coltivare il terreno comune
di Anna Livia Friel
Q
uel che accomuna la maggior parte degli eventi a richiamo internazionale è di questi tempi una certa bulimia di
informazioni che spesso mette in difficoltà tutti i tipi di pubblico:
moltissime immagini, oggetti, riflessioni costellano la kermesse
veneziana generata dalle Biennali, d’arte e di architettura, che
se da un lato stordiscono senza riuscire fino in fondo a definire
un dibattito, dall’altro continuano ad affascinare con la loro ambizione di riassumere il panorama della produzione mondiale.
Rispetto a questi presupposti il titolo annunciato per la prossima
edizione dovrebbe rassicurarci: Common Ground sembra promettere un po’ di chiarezza o per lo meno si impone di stabilire
delle basi certe.
L’obbiettivo del direttore David Chipperfield, è quella di ritrovare attraverso l’esposizione il terreno comune dell’architettura, il
punto di partenza in cui tutti si riconoscono, per farne luogo di
scambio e confronto. Senza smarrire il tema dell’architettura in
speculazioni artistiche ed intellettuali troppo lontane, innescare
all’interno dell’esposizione gli stessi tipi di collegamento che costituiscono il dibattito architettonico contemporaneo, rianimando
delle consapevolezze di base forse perdute o dimenticate, che
necessitano in questa nuova era di una sorta di rifondazione.
E’ il metodo curatoriale che fornisce l’opportunità di innescare
dei circuiti relazionali in grado di attraversare confini geografici
ideologici, generazionali. I partecipanti non verranno soltanto
invitati a produrre opere ed installazioni ma anche a proporre
altri nomi con cui collaborare, chiamando così intorno a sé tutto
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il contesto culturale e umano legato al progetto, costituito da
media, case editrici, gallerie, scuole, istituzioni di ricerca, con il
fine di completare il quadro genealogico del processo creativo e
fertilizzare il terreno comune.
Common Ground, precisa Chipperfield, allude anche allo spazio
che si crea tra gli edifici, non soltanto in termini di superfici interstiziali che costituiscono il legante della città ma soffermandosi a
ragionare sulle dinamiche urbane sottintese nel progetto architettonico e gli ambiti sociali pubblici e politici ai quali l’architetto è
chiamato a rispondere.
Questo dovrebbe, secondo il curatore, cancellare un’altra ombra
che si getta sull’architettura d’oggi: costituita di oggetti singoli
che senza apparente rispetto sorgono nel mezzo di città e campagne con l’unico intento di catalizzare l’attenzione del grande
pubblico, essa sembra risolvere le sue aspirazioni in scintillanti
esibizionismi. La mostra nega questa realtà dimostrando come
l’intervento architettonico condensi intenti, nature ed opportunità
di genere diverso ragionando su numerosi livelli, influenzato da
differenti problematiche.
L’Architettura, in verità, può oggi ancora di più, fornire un importante contributo nella definizione di alcune questioni sociali e,
seppur velata di una certa patina mondana, sa e può concentrarsi -e talvolta risolvere- problematiche di grande interesse.
Una descrizione completa dei “terreni” architettonici farà sì, o
almeno così si augura Chipperfield, di ottenere una mostra “acriticamente inclusiva”, aperta alle contaminazioni, arricchita dagli
apporti degli invitati e, in un certo modo, autogenerata.
“Desideriamo offrire ai partecipanti l’opportunità di illustrare il
proprio lavoro all’interno del contesto più ampio della pratica
architettonica, non soltanto come dimostrazione di talento individuale, ma anche per riunirci e definire le nostre ambizioni e
responsabilità” così afferma il direttore di questa edizione: sarà
proprio la curatela di una cosiddetta “archistar” a riuscire nel
riaffermare le priorità dell’architettura sotto le nuove ragioni economiche e politiche imposte dalle recenti difficoltà (e prese di
coscienza) globali?
Alla 13 Mostra Internazionale di Architettura, le cui porte si sono
aperte il 29 agosto, partecipano 41 Paesi tra cui alcune prime
edizioni: per Kosovo, Kuwait e Perù. Non è invece ancora il momento per la Città del Vaticano, sulla cui presenza all’evento
lagunare si vocifera da un paio d’anni.
Utilizzate per la grande mostra, come di consueto, le sedi storiche di Giardini ed Arsenale, ma non manca anche la capillare
diffusione nella città di altri padiglioni e di “eventi collaterali”
proposti da enti ed istituzioni internazionali.
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Concept image
Farshid Moussavi - Courtesy and Copyright: Farshid Moussavi Architecture
David Chipperfield
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Studio
Hans Kollhoff - Courtesy and Copyright: Prof. Hans Kollhoff Architekten
Folk In A Box
Cristina Monteiro - Photo: Sakiko Kohashi Courtesy and Copyright: DK-CM
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The 13th International
Exhibition of Architecture
Common Grounds.
by Anna Livia Friel
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W
hat unites most of the events of international appeal these days is a certain information overkill which creates
difficulty for all kinds of people: countless images, objects and
reflections stud the Venetian kermis generated by the art and
architecture Biennials which, on the one hand, deafen without
fully managing to define a debate, and on the other continue
to attract with their ambition to recapitulate the panorama of
worldwide output.
As regards these premises, the title announced for the forthcoming edition should be reassuring: Common Ground seems to
promise a little clarity and at the very least sets itself the aim of
laying down solid foundations.
The objective of the director, David Chipperfield, is to find the
starting point at which everyone can identify themselves by exhibiting architecture’s common ground in order to provide a forum
for exchange and comparison. Without losing sight of the theme
of architecture in artistic and intellectual speculations that are too
remote, the aim of the exhibition is to trigger the same types of
connections that constitute the contemporary architectural debate, with the reanimation of the basic knowledge that has perhaps
been lost or forgotten and which require a sort of refoundation
in this new era.
It is a curating method which provides an opportunity for triggering relational circuits capable of crossing geographical, ideological and generational boundaries. The participants will not
only be invited to produce works and installations but also to
propose other names to collaborate with, thereby calling around
them the entire cultural and human context linked to the project
– the media, publishing houses, galleries, schools and research
institutions – in order to complete the genealogical picture of the
creative process and fertilize the common ground.
Common Ground, Chipperfield points out, also alludes to the
space created between the buildings, not only in terms of the
interstitial surface that constitute the binder of the city but pausing to consider the urban dynamics inherent in the architectural
project and the social, public and public ambits the architect is
called on to respond to.
According to the curator this ought to eliminate another shadow
cast upon architecture today: individual objects without any apparent respect that rise in the middle of cities and countrysides
with the sole intention of catalyzing the broader public’s attention, ones that seem to resolve their aspirations in scintillating
exhibitionism. The show refutes this situation and shows how
architectural interventions can condense intentions, nature and
opportunities of different kinds by reasoning on countless levels,
influenced by different problems.
In reality, and all the more so today, Architecture can provide an
important contribution to defining some of these social questions
and, though veiled in a certain voguish patina, it knows how
to and can concentrate – and sometimes resolve – problems of
great interest.
A complete description of the architectural “grounds” will, Chipperfield hopes, make it possible to obtain a “non-critical inclusiveness”, open to cross-fertilization and enriched by the contributions
of the invited participants and, in a certain way, self-generated.
“We wish to give the participants an opportunity to explain work
within the wider context of architectural practice, not only as a
demonstration of their own talent, but also to unite us in defining
our ambitions and responsibilities,” says the director of this exhibition: will it really be the curatorship of an “archistar” that will
be able to reaffirm the priorities of architecture in the context of
the new economic and political pressures imposed by the recent
global difficulties (and new awareness)?
41 countries will participate at the 13th International Architecture
Exhibition which will open on 29 August, some of them for the
first time: Kosovo, Kuwait and Peru. The moment has still not yet
come for Vatican City whose presence at the event in the lagoon
has been rumoured for several years.
The traditional venues of the Giardini and Arsenale will be used
for the great show but there will also be the capillary diffusion
throughout the city of other pavilions and of “collateral events”
proposed by international bodies and institutions.
29|08|2012 - 25|11|2012
BIENNALE ARCHITETTURA VENEZIA
www.labiennale.org
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Composite image
Ruta del Peregrino - Photo: Iwan Baan - Courtesy and Copyright: HHF
in questa pagina | on this page
Blue Disc (Blaue Scheibe) 1986
Ortner & Ortner - Haus-Rucker-Co, Manfred Ortner
Crayon on paper, 220 x 295
Photo: Schnepp Renou Photographie - Courtesy and Copyright: Redaktionsbuero, Manuela Hötzl
Conceptual Model, Concept Image
Cino Zucchi - Courtesy and Copyright: Cino Zucchi
Concept Image
Justin McGuirk, Alfredo Brillembourg, Urban Think Tank
Photo: Justin McGuirk - Courtesy and Copyright: Justin McGuirk
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Fabrizio Plessi al passo del Brennero:
un’ex dogana di frontiera diventa
per chi viaggia tra Austria e Italia
spazio estetico d’accoglienza immerso
nel paesaggio
di Giovanna Grossato
A
I passo del Brennero, sull’area un tempo adibita a dogana, si
trova attualmente in fase ultimativa un nuovo complesso architettonico. La costruzione mira a conferire alla zona una valenza particolare, capace di rappresentare simbolicamente il benvenuto agli
utenti dell’autostrada al loro passaggio tra Italia e Austria. La progettazione, realizzata dal direttore tecnico generale di A22 ingegner
Carlo Costa, alla quale ha dato un significativo contributo in termini
artistici Fabrizio Plessi, contempla il suo fulcro in un’opera dello stesso
artista. Una grande scultura, realizzata in occasione dell’Expo 2000
di Hannover per essere ospitata nello stand dell’Euregio, costituita
da tre triangoli diversamente orientati che raffigurano la terra, l’aria
e l’acqua, elementi vitali di cui è riccamente generoso il paesaggio
alpino. Essa armonizza attorno a sé gli ambienti della struttura architettonica a sua volta funzionale a chi viaggia attraverso i territori
dell’Euregio, regione “allargata” di recente costituzione che non è
solo un luogo fisico ma anche idea di un consorzio di tre regioni
Tirolo, Alto Adige e Trentino. L’Euregio si vede dunque rappresentata
in questa costruzione polivalente come volontà di collaborazione di
una zona transfrontaliera composita, sita in un ambiente definito so-
50
prattutto dalla sua preziosa, particolare e ricca orografia. Essa conta
una popolazione di circa 1,67 milioni di abitanti, dei quali circa il
62% sono di lingua tedesca, il 37% di lingua italiana e l’1% di lingua
ladina. Confina con il Vorarlberg, la Baviera Salisburghese, la Carinzia, il Veneto, la Lombardia e il cantone svizzero dei Grigioni, da
tutti attingendo ulteriori motivi di varietà culturale. La realizzazione
del nuovo edificio multifunzionale è nato infatti con il precipuo intento
di valorizzare e promuovere il territorio, sia nei termini dell’identità
culturale, sia in quello di una moderna visione turistica. E per questo il
suo baricentro artistico è stato posto nella grande istallazione di Plessi
attraverso cui si manifestano i valori simbolici legati all’acqua di cui
la regione è particolarmente ricca: i ghiacciai tirolesi, i torrenti altoatesini e i laghi trentini, una sorta di finestra verso l’Europa. Oltre alla
collocazione di questo “perno simbolico”, è stato disposto con una
delibera presidenziale del 30 ottobre 2009 l’acquisto di altre sculture
in acciaio corten del maestro Plessi; esse verranno istallate nei locali
interni della nuova struttura la cui inaugurazione è prevista ai primi
di settembre. Anche alcuni significativi contributi al progetto architettonico vero e proprio vennero forniti da Fabrizio Plessi, come per la
scala di accesso alla sala conferenze, al primo piano dell’edificio
e per diversi elementi di arredo che risultano perfettamente coerenti
all’unitarietà dell’intero complesso polifunzionale in quello che oggi
prevede, oltre a zone di confortevole di sosta e ristoro, anche una
serie di nuovi parcheggi per diverse tipologie di veicoli. Così come
per le superfici esterne della facciata dell’edificio principale è stata
individuata una pietra di quarzite argentata, estratta da una cava
locale nel comune di Bolzano particolarmente organica al paesaggio circostante, anche la riqualificazione dello spazio esterno è stata
concepita con particolare cura, dovendo correlare con armonia lo
spazio costruito al contesto. Attraverso percorsi, accessi e scalinate,
organismi modulari, si realizza una sorta di sottolineatura e una messa in tensione delle potenzialità dello spazio aperto antistante. E nel
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mettere in scena i nuovi segni, che si sovrappongono al già esistente
senza tuttavia occultarlo o saturarlo, si riflette la modalità di crescita
di questo territorio, così come si è andata stratificando e consolidando
nel tempo. La qualità minimale degli interventi architettonici circondati
da un’ampia fascia pavimentata - vera e propria promenade architecturale - arricchiti da quelli artistici di Plessi, contribuisce a rinsaldare il
legame con l’ambiente circostante, in cui tutti gli elementi divengono
parte di un unico organismo interconnesso. Nato a Reggio Emilia nel
1940, Fabrizio Plessi ebbe una formazione artistica veneziana in cui
la presenza dell’acqua costituisce una delle componenti fondamentali.
Videoartista, autore di installazioni, film, videotape e performance,
Plessi è ormai presente con le sue opere nei più importanti Musei
d’Arte contemporanea del mondo e fin dal 1968 il tema centrale del
suo lavoro è sempre stata l’acqua.
Valico del Brennero
Autostrada del Brennero A22 - www.autobrennero.it
Fabrizio Plessi at the Brenner Pass: a former customs house on the
border for those who travel between Austria and Italy becomes a
welcoming aesthetic space immersed in the landscape.
by Giovanna Grossato
T
oday, a new architectural complex is at the final stage at the
Brenner Pass on an area once used by the customs authorities. The intention of the construction is to provide the zone with a
particular significance, capable of symbolically welcoming motorway users when passing between Italy and Austria.
The design, by the general technical director of the A22, Carlo
Costa, to whom Fabrizio Plessi made a significant contribution in
artistic terms, pivots around a work by the artist himself. This is a
great sculpture, created on the occasion of Expo 2000 in Hannover for the Euregio stand, consisting of three triangles oriented
differently that depict the earth, air and water, vital elements with
which the Alpine landscape is profusely endowed. Around itself
it harmonizes the spaces of the architectural structure which in
turn provides facilities for travellers across the territories of Euregio, a recently constituted “enlarged” region which is not just a
physical place but also an idea of a consortium of three regions,
Tyrol, Alto Adige and Trentino.
Euregio is therefore represented in this polyvalent construction as
the desire for collaboration of a composite trans-frontier zone,
located in an environment defined above all by its precious, particular and rich orography. Its population numbers around 1.67
million inhabitants, about 62% of whom are German-speakers,
37% Italian and 1% Ladin. It borders with Vorarlberg, the Salzburg Land of Bavaria, Carinthia, Veneto, Lombardy and the Swiss
canton of Grisons, from all of which it draws further elements of
cultural variety.
The creation of the new multi-purpose building sprang from the
main aim of developing and promoting the area, both in terms
of cultural identity and of a modern touristic vision. And for this
reason its artistic centre of gravity was placed in Plessi’s great
installation through which the symbolic values linked to water,
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with which the region is particularly rich, reveal themselves: the
Tyrolese glaciers, the torrents of the Alto Adige and the lakes of
Trentino, a sort of window towards Europe.
As well as the setting of this “symbolic pivot”, the purchase was
ordered by a presidential decision of October of October 2009,
of other Cor-Ten steel sculptures by Plessi; they will be installed in
the interior spaces of the new structure, the inauguration of which
is scheduled for early September.
Some significant contributions to the architectural project per se
are provided by Fabrizio Plessi: these include the access stairway
to the conference room and to the building’s first floor, and various furnishing elements which are perfectly in line with the unity
of the entire multi-functional complex which not only envisages a
series of new parking areas for various kinds of vehicle but also
a comfortable rest and refreshment zone.
And as it is required to harmonize with the constructed part the
development, the outdoor space has also been conceived with
particular care with the identification for the main façade of the
building of a silver quartzite stone which blends particularly organically with the surrounding landscape, and which was extracted
from a local quarry in the Commune of Bolzano. A sort of underlining and tensioning of the potentials of the open space at the
front is created by pathways, accesses and flights of steps, modular organisms. And the incorporation of these new elements,
which are superimposed on what already existed without, however, hiding it or saturating it, was accompanied by a reflection on
the modalities for the development of these lands, in the way that
it has been stratifying and consolidating itself over time.
The minimal quality of the architectural intervention surrounded
by a broad paved band – a real architectural promenade – enriched by Plessi’s artistic work, contributes to strengthening the
link with the surrounding environment in which all the elements
become part of a single interconnected organism.
Born in Reggio Emilia in 1940, Fabrizion Plessi’s artistic formation was in Venice where the presence of water constitutes a
fundamental component. Video artist, creator of installations,
films, videotapes and performances, today Plessi is present with
his works in the world’s most important art museums and, since
1968, water has always been the central theme of his work.
Valico del Brennero
Autostrada del Brennero A22 - www.autobrennero.it
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Museo
Casa
Giorgione
a
Castelfranco
Veneto
di Tazio Cirri
S
ommessa, fantasmatica, la presenza del grande pittore veneto Zorzi da Castelfranco accoglie il visitatore in quella che fu la sua casa, riaperta dopo un accurato restauro e un allestimento durati quattro anni la cui inaugurazione è avvenuta nel
maggio 2009, in capo alle celebrazioni per il V centenario della morte di Giorgione.
Qui ora è possibile percepire con chiarezza il pensiero dell’artista che, agli albori
del secolo XVI, si affacciava su di un mondo figurativamente rinnovato e che maturerà con Tiziano e con Tintoretto la sua straordinaria stagione. Nonostante la durata
dell’attività pittorica di Giorgione si riduca ad un pugno d’anni, una decina in tutto, la
sua fama era già assai consolidata anche mentre egli era ancora in vita e le relativamente poche opere furono sufficienti a farlo riconoscere anche dai suoi contemporanei come un maestro di prima grandezza e, nel tempo, a rendere mitica la sua figura
di artista. Dei suoi lavori pervenutici, quasi tutti comunque scarsamente documentati,
solo uno è storicamente certificato. Si tratta della famosa pala che rappresenta la
Vergine con il Bambino tra San Francesco e San Nicasio, sullo sfondo di un magnifico
paesaggio veneto; un quadro che fa “rete” con il Museo, situato com’è poco distante
da esso, ancora allocato nel luogo per il quale era stato commissionato nel 1502, la
Cappella Costanzo del Duomo di Castelfranco, città dove Giorgione nacque attorno
al 1478 e in cui visse quel po’ che gli fu concesso dal destino. Morì infatti a Venezia
durante l’epidemia di peste che scoppiò nel luglio del 1510 falcidiando in breve mi-
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gliaia di persone.
Il primo documento noto dell’attività del pittore è l’iscrizione datata 1° giugno del 1506 sul retro di un ritratto, la Laura di Vienna
a lui attribuita, mentre sono attestati tra il 1507 e il 1508 i pagamenti da parte del Senato di Venezia per la realizzazione di
un telero non meglio identificato, destinato alla rinnovata Sala
dell’Udienza del Consiglio dei Dieci in Palazzo Ducale. Curiosa
poi un’altra notizia che si ricava un documento dell’8 novembre 1508 relativo ad un’azione legale intentata dall’artista per
il mancato compenso per affreschi da lui eseguiti nel Fondaco
del Tedeschi a Venezia. Segni che, benché molto giovane, Giorgione otteneva importanti commissioni, oltre a relazionarsi familiarmente con notabili; tra questi un personaggio della corte di
Isabella d’Este, marchesa di Mantova che dette alla nobildonna
la notizia della morte del pittore.
Fiore all’occhiello del Museo Casa è il bellissimo “Fregio delle
Arti liberali e meccaniche” che orna la parte superiore delle pareti della sala principale, al piano nobile della casa, e racconta
di un uomo colto e aggiornato sulla cultura umanista. Del resto
probabilmente il pittore condivideva quella casa con l’astronomo
Giovan Battista Abioso.
Ma tutte le stanze aggiungono qualcosa all’obbiettivo di ricostruire, con le scarse notizie di cui si dispone, la personalità di Giorgione. L’allestimento coltiva infatti un’idea che si articola lungo
il percorso espositivo a fornire alcune chiavi di lettura non solo
relative alla biografia di Giorgione ma anche al contesto territoriale e culturale nel quale egli era immerso.
E se le opere parlano un linguaggio assai chiaro sotto il profilo artistico e rappresentano uno degli spetti più interessanti
dell’epoca di transizione tra la pittura belliniana e quella pienamente rinascimentale, c’è un aspetto che le rende quasi tutte
intriganti e a volte misteriose.
La loro interpretazione non è quasi mai univoca né scevra di
significati reconditi e di allusioni nascoste: i personaggi ritratti,
sia immersi nei paesaggi o posti in primo piano sullo sfondo di
interni indeterminati e oscuri, si prestano quasi sempre ad una
lettura metaforica o allegorica.
E’ il caso della famosa Tempesta; ma anche del Ritratto di gentiluomo in armi con lo scudiero della Galleria degli Uffizi o l’Autoritratto in veste di David del Herzog Anton Ulrich Museum di
Braunschweig. Nessuna completamente esauriente, tutte reticenti
e fascinose.
La quantità di spunti iconologici e metastorici dei dipinti di Giorgione giustifica la ricchezza di letteratura fiorita intorno alla
sua scarna biografia. Alcune sono notazioni scientifiche, come
quella di Marin Sanudo nei cui Diari sono contenute preziose
informazioni su alcuni suoi quadri, altre più fantasiose, come la
novella di Neri Pozza, Donna dalla Dalmazia, in cui lo scrittore
vicentino immagina Giorgione nello scenario della peste di Venezia del 1510, durante la quale il pittore scomparve.
nell’altra pagina | on the other page
Giorgione, Madonna con il Bambino tra San Francesco e San Nicasio
(Pala di Castelfranco), particolare | (Castelfranco Altarpiece), detail
sopra | upper
Sfera armillare
Fine sec XIX- inizio sec. XX | End of the XIX cent. – start of the XX cent.
a fianco | next
Giovan Battista Abioso
Sezione dedicata all’astrologia | Section dedicated to astrology
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Museo Casa Giorgione at Castelfranco Veneto
by Tazio Cirri
H
umble and phantasmal, the presence of the great Veneto painter, Zorzi da Castelfranco, welcomes visitors into what was his home,
opened again in May 2009 after a painstaking restoration and reorganization lasting four years, completed in time for the celebrations of the 5th anniversary of the Giorgione’s death. Here it is now possible to clearly perceive the thought of the artist who, in the early
days of the XVI century, was opening out towards a figuratively renewed world whose extraordinary season would mature with Titian and
with Tintoretto. Even though Giorgione’s pictorial life only lasted a few years, ten all together, his fame was quite consolidated even when
he was still alive and his relatively few works were sufficient for bringing him the recognition of his contemporaries as a master of the first
magnitude and, over time, for building him up to mythical stature. Of the works that have remained, all poorly documented, only one is certified historically. This is the famous altarpiece depicting the Virgin and Child between Saint Francis and Saint Nicasius with a magnificent
Veneto landscape in the background. This painting provides a link with the Museum a short distance away, and is still in the place for which
it was commissioned in 1502: the main altar in the Cathedral of Castelfranco, the city in which Giorgione was born around 1478 and in
which he lived that little that was allowed him by fate and/or by the plague epidemic that exploded in July 1510, and very soon mowed
down a substantial number of the inhabitants of the Veneto. The first known document of the painter’s activity is the inscription dated 1 June
1506 on the rear of a portrait, the Vienna Laura attributed to him, while payments by the Venetian Senate for the creation of an otherwise
unidentified canvas intended for the Audience Chamber of the Council of Ten in the Ducal Palace were made between 1507 and 1508.
Also curious is the information that can be gleaned from a document of 8 November 1508 relating to a legal action taken by the artist for
Lo studiolo
Ricostruzione di un ambiente adibito a studiolo del sec. XV-XVI
Reconstruction of a room used as a study, XV-XVI cent.
56
Museo Casa Giorgione
non-payment of frescos painted by him in the Fondaco dei Tedeschi
in Venice. These are signs that despite his youth Giorgione obtained
important commissions and also had relations with notables such as
Isabella d’Este with whom he exchanged correspondence in 1510,
the year of his own death. The jewel in the crown of the Museum
is the lovely “Frieze with the Liberal and Mechanical Arts” which
decorates the top of the walls in the main room, on the house’s piano nobile, and reveals a man who was abreast with his times and
familiar with the latest humanist culture. It is probable, in any case,
that the painter shared the house with the astronomer, Giovan Battista Abioso. But all the rooms add something towards reconstructing
Giorgione’s personality despite the paucity of information available.
The layout provides various keys along the exhibition path for understanding not only Giorgione’s biography but also the territorial and
cultural context in which he was immersed. And if his works speak in
clear language from the artistic point of view and constitute one of
the most interesting aspects of the period of transition from the painting in Bellini’s style to a fully Renaissance one, there is a feature that
renders almost all of them intriguing and sometimes mysterious. Their
interpretation in almost never univocal or free from recondite meanings and hidden allusions: the people portrayed, both immersed in
landscapes or placed in the foreground with a backdrop of indeterminate and obscure interiors, almost always lend themselves to a
metaphorical or allegorical reading. This is the case with the famous
Tempest but also with the Portrait of a gentleman in arms with equerry From the Uffizi Gallery or the Self-portrait in the guise of David
in the Herzog Anton Ulrich Museum in Braunschweig: none entirely
exhaustive, all reticent and fascinating. The quantity of iconological
and metahistorical ideas in Giorgione’s paintings justifies the wealth
of literature that has flourished around his meagre biography. Some
are scientific annotations such as the one by Marin Sanudo whose
Diaries contain precious information on some of his paintings, while
others are more fanciful as in Neri Pozza’s novella, Donna dalla
Dalmazia, in which the Vicentine writer imagines Giorgione in the
backdrop of the 1510 Venice plague during which the painter died.
Clessidra
Fine sec. XV- inizio sec. XVI | End of XV cent. – start of XVI cent.
MUSEO CASA GIORGIONE
Piazza S. Liberale
Castelfranco Veneto (TV)
www.museocasagiorgione.it
Liuto
Ricostruzione a cura di Tiziano Rizzi | Reconstruction by Tiziano Rizzi
57
Castello del Buonconsiglio
Trento
La danza nella
cultura classica
greca, a cui si
ispirava Canova,
aveva numerose
e diverse manifestazioni: dall’agitazione
delle
Menadi, invasate dalle divinità
dell’ebbrezza, ai
movimenti marziali dei giovani
danzatori pirrici
che simulavano
le posizioni di
attacco e di difesa, accompagnati dal suono
del flauto. La
tradizione letteraria dell’antica
Grecia e della
civiltà romana ci
riferisce inoltre
di alcune danze
popolari molto diffuse con azioni di mescolamento dei partecipanti unite a movimenti saltellanti; si facevano poi anche molti balli
giovanili come la Cordace che è talora assimilata a quei balli
italici come le tarantelle, ancora oggi di moda non solo nell’Italia
meridionale ma in tutto il mondo.Canova era autenticamente appassionato alla danza e in particolare amava il ballo popolare
e quello teatrale. Dopo alcuni anni dalla morte di Canova, il suo
amico Antonio D’Este rievocava che loro due andavano “passeggiando nei giorni festivi nelle Regioni dei Monti e di Trastevere a
veder ballare quelle fanciulle della plebe”. Ma anche altre erano
le fonti artistiche che contaminarono la produzione canoviana delle danzatrici: dagli affreschi parietali di Ercolano e Pompei al trionfo di Bacco e Arianna di Tiziano dove compare una ballerina con i
cembali, analoga a quella che Canova eseguì tra il 1809 e il 1812
e che è esposta nel Museo di Possagno fino alla fine di settembre.
Dal 23 giugno al 18 novembre 2012 l’arte della guerra sarà protagonista al Castello del Buonconsiglio e a Castel Beseno con una
magnifica mostra dedicata alle armi rinascimentali intitolata “I cavalieri dell’imperatore: tornei, battaglie e castelli”.Una suggestiva
mostra in due castelli dove rivivere l’affascinante mondo degli uomini d’arme che, vestiti d’acciaio, si scontravano in battaglia o esibivano la loro abilità nei tornei. A Castel Beseno sarà protagonista
la battaglia, le armi e le strategie militari, al Castello del Buonconsiglio si respirerà invece l’atmosfera del duello, dell’amor cortese e delle virtù eroiche. Un’occasione unica per ammirare pezzi
provenienti da importanti armerie europee oltre alla più completa
collezione al mondo di armi e armature da combattimento e da
parata forgiate a mano da maestri fabbri rinascimentali proveniente dall’Arsenale di Graz.Tra le armature più preziose in mostra vi è
quella forgiata nel 1571 per l’ arciduca Carlo II, realizzata per un
torneo organizzato per il suo matrimonio, un’armatura da parata
del 1550 decorata con foglie di vite, e una splendida armatura per cavallo di epoca rinascimentale. Sarà in mostra anche una
tenda militare seicentesca, oltre ad una ricca collezione di dipinti,
non solo scene di duelli e battaglie ma anche stampe e ritratti di
personaggi e cavalieri, sarà esposto anche il celebre ritratto dipinto di Rubens raffigurante l’Imperatore Carlo V proveniente dalla
Residenzgalerie di Salisburgo.
Da vedere | To see
Museo Canova
Possagno (TV)
Canova e la danza 03|03|2012 - 30|09|2012
Dance in Greek culture, from which Canova drew inspiration, manifested itself in numerous and different ways: from the agitation of
the maenads, invaded by the divinities of rapture, to the martial movements of the young pyrrhic dancers who simulated the positions
of attack and defence, accompanied by the sound of the flute. The
literary tradition of Ancient Greece and of Roman civilization also
refers us to some very widespread popular dances with actions of
mixing participants combined with leaping movements; then there
were also many young people’s dances such as the Cordax which
is sometimes assimilated to Italian dances like the tarantella, still
fashionable today not only in Southern Italy but all over the world.
Canova was genuinely enthusiastic about dancing and particularly
loved popular and theatrical dancing. A few years after Canova’s
death, his friend Antonio D’Este recalled that the two of them went
“strolling on holidays in the Monti and Trastevere regions to watch
the girls of the populace dancing”. But other artistic sources that
influenced Canova’s production included the wall frescos in Herculaneum and Pompeii and Titian’s Bacchus and Arianna where
a dancer appears with tambourines, similar to the one produced
by Canova between 1809 and 1812 and which is exhibited in the
Possagno Museum until the end of September.
Museo Canova - Fondazione Canova Onlus
Via Canova, 74
31054 Possagno (TV)
Tel. +39 0423 544323
www.museocanova.it
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The art of war will be centre-stage at Castello del Buonconsiglio
and at Castel Beseno from 23 June to 18 November 2012 with a
magnificent show dedicated to Renaissance arms entitled “I cavalieri dell’imperatore: tornei, battaglie e castelli” (“The Emperor’s
knights: tournaments, battles and castles”). This evocative exhibition
in two castles will relive the fascinating world of the armed men
who, dressed in steel, clashed in battle or showed off their skills in
tournaments. Battles, weapons and military strategies will be the
stars at Castel Beseno while it will be possible to absorb the atmosphere of the duel, of courtly love and of heroic virtues at Castello
del Buonconsiglio. This will provide a unique occasion for admiring
pieces from leading European armouries as well as the most complete collection in the world of combat and parade weapons and
armour hand-forged by master Renaissance smiths from the Graz
arsenal. The most precious armour on show includes the pieces
forged in 1571 for Archduke Charles II, created for a tournament
organized for his
marriage, a suit of
parade armour from
1550 decorated with
vine leaves and a
splendid suit of horse
armour dating from
the Renaissance period. Also on display
will be a seventeenthcentury military tent
as well as a rich collection of paintings,
not just of scenes of
duels and battles, but
also prints and portraits of personalities
and knights, while
the renowned Rubens
painting
depicting
Emperor Charles V
from the Residenzgalerie in Salzburg will
also be exhibited.
Castello del Buonconsiglio
Via Bernardo Clesio, 5
Trento
Tel. +39 0461 233770
www.buonconsiglio.it
Museo Archeologico al Teatro Romano - Verona
Alle origini dell’archeologia: nel Settecento fra scavo e
collezione 08|10|2011 - 30|09|2012
Musei Civici agli Eremitani
Padova
31|03|2012 - 17|06|2012
Un inusuale incontro tra patrimonio museale e mercato antiquario
suggerisce una riflessione sul collezionismo e diventa occasione
imperdibile per ammirare e confrontare lavori di grandi artisti veneti.
L’esposizione propone una sessantina di opere tra dipinti, sculture
e bronzetti di grandi artisti, fra i quali Jacopo da Montagnana,
Andrea Briosco, Alessandro Vittoria, Paolo Veronese, Palma il Giovane, Padovanino, i Liberi, Giulio Carpioni, Francesco Guardi e
molti altri.
Committenti, collezionisti e mercato dell’arte hanno sempre giocato un ruolo fondamentale nel determinare gli sviluppi della produzione artistica, stabilire le sorti dei suoi protagonisti, delineare i
destini delle singole opere.
La mostra è assolutamente nuova per impostazione, le collezioni
museali, per la prima volta, sono chiamate a dialogare e a confrontarsi con il “mercato dell’arte”.
“Il merito di codeste reliquie è tale che potrebbero per la maggior
parte far onore ai più illustri Musei d’Italia”
Con queste parole nel 1867 Cesare Bernasconi, conservatore del
Museo civico, convinse l’Amministrazione comunale di Verona ad
acquistare l’intera collezione creata da Jacopo Muselli attorno alla
metà del Settecento, conservata oggi nel Museo Archeologico,
mentre le monete confluirono nel Medagliere del Museo di Castelvecchio.
La raccolta, normalmente esposta in piccola parte, presenta molti
spunti di interesse, per la conoscenza della cultura del XVIII secolo
e per l’archeologia del territorio veronese.
Di famiglia nobiliare, Jacopo Muselli si dedicò a ricerche di vario
argomento scientifico e umanistico, ma in particolare approfondì
gli studi di numismatica antica e di archeologia, venendo in possesso di parti delle collezioni di grandi studiosi veronesi, quali
Francesco Bianchini, che visse a lungo a Roma, e Scipione Maffei,
che gli fece dono di un gruppo di monete.
Oltre ad accrescere la sua raccolta con acquisti sul mercato antiquario, Muselli intraprese lo scavo di una necropoli di età romana
a Raldon, non lontano da S. Giovanni Lupatoto, rinvenendo numerose tombe con vetri di notevole qualità.
An unusual encounter between museum collections and the antiques market triggers a reflection on collecting and provides an
unmissable occasion for admiring and comparing works by great
Veneto artists.
The exhibition showcases around seventy works including paintings, sculpture and bronzes by great artists including Jacopo da
Montagnana, Andrea Briosco, Alessandro Vittoria, Paolo Veronese, Palma il Giovane, Padovanino, the Liberi, Giulio Carpioni, Francesco Guardi and many others.
Patrons, collectors and the art market have always played a fundamental role in determining the developments in artistic output, establishing the fortune of its protagonists and delineating the destinies
of the individual works.
The formulation of the show is absolutely original with museum
collections being called on for the first time to dialogue with and
measure themselves against the “art market”.
“The merit of these relics is that most of them would bring honour to
the most illustrious Museums of Italy.”
It was with these words in 1867 that Cesare Bernasconi, curator of
the city’s museum, convinced the city council of Verona to purchase
the entire collection belonging to Jacopo Muselli around the middle of the eighteenth century. Today it is housed in the Archaeology
Museum while the coins went to the medal collection of the Castelvecchio Museum.
The collection, of which only a small part is usually on view, has
many points of interest for getting to know the culture of the XVIII
century and the archaeology of the Verona area.
From a noble family, Jacopo Muselli dedicated himself to research
into various scientific and humanist topics but, in particular, he carried out in-depth studies into ancient numismatics and archaeology
and came into possession of parts of the collections of great Veronese scholars such as Francesco Bianchini who lived in Rome for
a long time and Scipione Maffei who presented him with a set of
coins.
As well as growing his collection with purchases in the antiques
market, Muselli undertook the excavation of a necropolis from the
Roman age, not far from S. Giovanni Lupatoto, and found countless
tombs containing glassware of considerable quality.
Museo Archeologico del Teatro Romano
Regaste Redentore, 2
37129 Verona
Tel. +39 045 8000360
[email protected]
Musei Civici agli Eremitani
Piazza Eremitani, 8 35121 Padova
Tel. +39 049 8204551
www.padovanet.it
59
Palazzo Zuckermann
Padova
28|04|2012 - 24|06|2012
Museo Casa Giorgione
Castelfranco Veneto (TV)
RITRATTI IN MINIATURA
dalle collezioni dei Musei Civici, Museo d’Arte
La mostra Ritratti in miniatura dalle collezioni dei Musei
Civici, Museo d’Arte presenta
una selezione di oltre cento
miniature appartenenti alle
raccolte del Museo d’Arte
Medioevale e Moderna. Con
questo termine si fa qui riferimento a dipinti di piccole
dimensioni, per convenzione
ottocentesca non superiori ai
20 centimetri, sia in altezza
che in larghezza, eseguiti
su differenti supporti (pergamena, rame, stagno, oro, argento, avorio, vetro, lavagna,
legno ecc.).
Le opere esposte, soprattutto
ritratti, coprono un arco cronologico che va dalla fine del
Cinquecento alla seconda
metà dell’Ottocento, come indicano i dati stilistici e di costume dei
personaggi effigiati.
I pezzi selezionati si rivelano di particolare interesse per il loro
carattere decorativo, per la vivacità fisionomica dei soggetti raffigurati e per la cura dei dettagli dell’abbigliamento e delle acconciature che ci offrono uno spaccato della moda legata alle
differenti epoche.
RITRATTI IN MINIATURA/PORTRAITS IN MINIATURE
from the collections of the Musei Civici, Museo d’Arte
Ritratti in miniatura dalle collezioni dei Musei Civici, Museo d’Arte
presents a selection of over one hundred miniatures belonging to
the collections of the Museum of Medieval and Modern Art. The
use of this term refers to small-scale works, no greater than 20
centimetres in height and width according to the nineteenth century
convention, created on different supports (parchment, copper, tin,
gold, silver, ivory, glass, slate, wood, etc.).
The works exhibited, especially portraits, cover a time span that
ranges from the end of the Cinquecento to the end of the nineteenth century, as indicated by the style and costumes of the people
depicted.
The selected pieces are of particular interest for their decorative
character, for the physiognomic vivacity of the subjects depicted
and for the attention to the details of the clothing and hairstyles
which offer a cross section of the fashions associated with the various periods.
Palazzo Zuckermann
Corso Garibaldi, 33
35137 Padova
Tel. +39 049 8205664
www.padovacultura.padovanet.it
60
Dopo gli appuntamenti di PRIMAVERArte. Ripensiamo la Natura! ,
dedicati alla natura e alla cultura orientale, il Museo Casa Giorgione apre le porte al design con la mostra LINO CODATO_DESIGN
& COMMUNICATION, organizzata dall’Associazione Architetti della Castellana in collaborazione con Lino Codato Designer
s.r.l.e aperta al pubblico dal 5 maggio al 16 giugno 2012.
Obiettivo dell’evento è far conoscere la figura professionale di Lino
Codato, architetto di Castelfranco Veneto scomparso recentemente, che ha fatto del design e della comunicazione una passione ed
una carriera che lo hanno portato a riconoscimenti internazionali
senza abbandonare il proprio territorio, fucina delle sue idee.
Fondamentale è il carattere didattico della mostra accompagnata
dalla realizzazione di visite guidate al percorso espositivo e lezioni-seminario tenute da giovani designers e docenti universitari.
Continueranno per tutta l’estate anche le attività didattiche organizzate dal museo con laboratori creativi e visite guidate animate
per scoprire che l’arte e la creatività sono presenti in ogni aspetto
della nostra vita.
After the PRIMAVERArte appointments with
“Ripensiamo la
Natura!”, dedicated to nature
and
oriental
culture, Museo
Casa Giorgione
opens its doors
to design with
the LINO CODATO_DESIGN
& COMMUNICATION show
organized
by
the Association
of Architects of
Castellana
in
c o l l a b o ra t i o n
with Lino Codato Designer s.r.l.
and open to the
public from 5
May to 16 June 2012.
The aim of the event is to present the professional figure of Lino
Codato, the recently deceased Castelfranco Veneto architect who
made design and communications a passion and a career which
led to international recognition without abandoning his own lands,
the forge for his ideas.
Of fundamental importance is the educational nature of the show
which will include guided tours along the exhibition path and seminar-lessons held by young designers and university lecturers.
Other didactic activities organized by the museum will continue
throughout the summer with creative workshops and guided tours
in order to discover the art and creativity that are present in every
aspect of our life.
Museo Casa Giorgione
Piazza S. Liberale
31033 Castelfranco Veneto (TV)
Tel. +39 0423 735626
[email protected]
www.museocasagiorgione.it
GAMCO - Galleria Arte Moderna e Contemporanea di Oderzo
Oderzo (TV)
Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri
Verona
Robert Capa “Retrospettiva” 25|03|2012 - 16|09|2012
Nel 2008 Fondazione Oderzo Cultura ha inaugurato GAMCO,
Galleria Arte Moderna e Contemporanea di Oderzo, nella quale
sono esposti a rotazione lasciti e donazioni di opere d’arte selezionati.
La crescente e virtuosa generosità dei singoli, artisti e collezionisti,
ha stimolato tuttavia l’apertura nel 2010 e ora nel 2012 di rassegne dedicate.
Donazioni 2011 espone una selezione di quaranta nuove opere
(tra gli autori, G.E.Erler, E.Cristofoletti, A.Buso, G.Roma, O. Biasi, S. Gagno, A.Brugnerotto, Morago, R.Varese, Santorossi, etc.).
In attesa di una sistemazione appropriata, viene inoltre presentata tramite supporto multimediale l’ eccezionale donazione di
sessantuno pezzi che formano una collezione composita, caratterizzata da un nucleo prestigioso di opere in vetro nate dalla
collaborazione tra il maestro Egidio Costantini (coordinatore a Venezia della celebre “Fucina degli Angeli”) e artisti contemporanei
di fama internazionale, tra i quali Picasso, M.Chagall, J. Cocteau,
H.Arp, M. Ernst, M. Tobey e lo stesso Costantini. Si aggiunge il
gruppo di trenta dipinti, disegni e incisioni, altrettanto interessanti
(tra gli autori, V. Guidi, G. Celiberti, O. Celeghin, T. Zancanaro, L.
Dall’Acqua, F. Battacchi, A. Cupertino).
«Se le tue fotografie non sono abbastanza buone, non sei abbastanza vicino», affermava Robert Capa, uno dei più importanti fotografi del XX secolo, descrivendo un suo modo preciso - partecipe
ed emozionato - di intendere la fotografia e il reportage.
Capa tentava di personalizzare la guerra cogliendo azioni individuali e primi piani, rimettendo così al centro dell’attenzione
l’emotività. Lo scrittore John Steinbeck, grande amico del fotografo, evidenziò questa capacità scrivendo: “…sapeva che non si può
fotografare la guerra perché è soprattutto un’emozione. Ma lui è
riuscito a fotografare quell’emozione cogliendola da vicino. Riusciva a mostrare l’orrore di un intero popolo sul volto di un bambino”.
La mostra racconta, in 98 dense immagini in bianco e nero, il
lavoro di Capa su diversi fronti di guerra, tra i quali l’invasione
giapponese della Cina, la Seconda guerra mondiale e lo sbarco in
Normandia, la liberazione di Parigi. Seguono i reportage in Unione Sovietica e in Israele, fino a quello in Indocina, dove perderà la
vita saltando su una mina antiuomo, il 25 maggio 1954. Chiudono
la mostra i ritratti degli amici di Capa, famosi artisti come Hemingway, Faulkner, Matisse e Picasso.
In 2008 Fondazione Oderzo Cultura inaugurated GAMCO, Oderzo’s Gallery of Modern and Contemporary Art, which exhibits selected bequests and donations of artworks in rotation.
The increasing and virtuous generosity of individuals, artists and
collectors stimulated its opening in 2010 and the organization now
of dedicated exhibitions in 2012.
Donazioni 2011 put a selection of forty new works on display (the
artists include G. E. Erler, E. Cristofoletti, A. Buso, G. Roma, O.
Biasi, S. Gagno, A. Brugnerotto, Morago, R. Varese, Santorossi,
etc.). The exceptional donation of sixty pieces that form a composite collection will also be presented on a multimedia support
while waiting for an appropriate staging. This features a prestigious nucleus of works in glass that sprung from the collaboration
between the master, Egidio Costantini (coordinator in Venice of
the renowned “Fucina degli Angeli”), and internationally famous
contemporary artists including Picasso, M. Chagall, J. Cocteau,
H. Arp, M. Ernst, M. Tobey and Costantini himself. In addition to
this is a group of thirty equally interesting paintings, drawings and
engravings (including works by V. Guidi, G. Celiberti, O. Celeghin,
T. Zancanaro, L. Dall’Acqua, F. Battacchi, A. Cupertino).
“If your photographs aren’t good
enough, you’re not
close enough” said
Robert Capa, one
of the most important photographers
of the XX century,
describing a precise – participant
and emotional –
way of understanding photography
and reportage.
Capa tried to personalize war by
grasping individual actions and close-ups, thereby putting sensibility back at the centre of attention. The writer, John Steinbeck, a
great friend of the photographer, highlighted this capacity when he
wrote that Capa knew that you cannot photograph war because
above all it is an emotion, but he was able to photograph that emotion by grasping it from close up: he was able to show the horror
of an entire people on the face of a child.
The show recounts Capa’s work on various war fronts in 98 dense
black and white images, ranging from the Japanese invasion of
China to the Second World War with the allied landings in Normandy and the liberation of Paris. Then come his reportages from
the Soviet Union and Israel, and from Indochina where he lost his
life after hitting an anti-personnel mine of 25 May 1954. The show
concludes with portraits of some of Capa’s friends including such
renowned artists as Hemingway, Faulkner, Matisse and Picasso.
18 Armando Buso, Sagra di San Luca,
oil on canvas, 60x80, undated ,GAMCO
GAMCO
Via Garibaldi, 65
31046 Oderzo (TV)
Tel. e Fax +39 0422 815202
[email protected]
Centro Internazionale
di Fotografia Scavi Scaligeri
Cortile del Tribunale
37121 Verona
Tel. +39 045 8007490
www.comune.verona.it/scaviscaligeri
61
Pinacoteca Civica di Palazzo Chiericati
Vicenza
FALSAREA
Falsi, falsari, equivoci e travisamenti nell’arte
La Pinacoteca Civica di Vicenza ha riaperto una parte dell’attuale
cantiere nell’ala nord di Palazzo Chiericati: le Sale Roi, destinate
ad ospitare le opere donate dal marchese Giuseppe Roi ai Musei
Civici nell’aprile del 2011. Si tratta di tre sale ricavate dal sottotetto, con eleganti soffitti a cassettoni, inaugurate il 24 maggio a tre
anni dalla scomparsa dell’illuminato mecenate, già a fianco dei
Musei Civici dal 1988 con la Fondazione a suo nome. Ad accompagnare il nuovo allestimento del lascito Roi è stato predisposto il
catalogo, sesto della collana di volumi scientifici della Pinacoteca
Civica.
Il centinaio di pezzi tra dipinti (Pisanello, Maffei, Canaletto, Tiepolo, Manet, Picasso), disegni, incisioni, un’edizione numerata del
Milione di Marco Polo e una terracotta di Neri Pozza erano conservate dal donatore presso le sue dimore di Vicenza e Roma. La
raccolta Roi riflette la natura del suo possessore: collezionista colto
e raffinato, sceglieva le opere che poi vivevano con lui. Attraverso
l’allestimento si è voluto ricostruire l’atmosfera di vissuto degli spazi
domestici, immaginando per questa nuova sezione delle raccolte
museali una formula diversa dal restante percorso museografico,
una sorta di “casa-museo”.
Restaurato o falso?
Se è chiaro a tutti cosa significa restaurare un’opera antica o anche
moderna, tutt’altra cosa è il restauro di certa arte contemporanea.
Prendiamo ad esempio l’Arte Povera. Giovanni Anselmo, Jannis Kounellis, Mario e Marisa Merz, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Pino Pascali e altri che il critico Gaetano Celant raccoglie attorno a sé alla metà degli anni Sessanta, lavorano spesso con un forte
sperimentalismo dei materiali. L’intento degli artisti non è creare qualcosa di “immortale” ma anzi, di “occasionale”, utilizzando plastica
o elementi biologici velocemente deteriorabili. Essi avversano anche
la concezione dell’unicità ed irripetibilità dell’opera d’arte, tanto che
le loro istallazioni determinano un radicale mutamento delle sedi
espositive che non possono più essere né le case private, né i musei
tradizionali, mentre il problema del restauro risulta immanente ai manufatti. Di fronte al degrado di elementi che compongono le opere
all’idea di “conservazione” subentra quella della “sostituzione”. La
provocatoria di Anselmo Scultura che mangia (1968, collezione Sonnabend, New York), formata da due blocchi di pietra che schiacciano un cespo di vera lattuga, esige un ricambio quotidiano e così pure
i tubi luminosi di Merz che esauriscono il loro contenuto il gas neon.
E vanno sostituiti,
quando si alterano
o di disperdono, i
semi, le foglie, i fiori,
la paglia, i mucchi
di terra che compongono le opere di
Anselm Kiefer. Anche
per altre materie atipiche manipolate dagli artisti si impone
un continuo aggiornamento scientifico
sul modo di preservarne o sostituirne
parti degradate. Ciò
che rimane è ancora
l’opera che l’artista
aveva in mente?
Vicenza’s Municipal Art Gallery has reopened a part of the north
wing of Palazzo Chiericati following building activities: the Roi rooms, intended to host the works donated by Marquis Giuseppe Roi
to the city museums in April 2011. These three rooms with elegant
coffered ceilings, reclaimed in the attic, were inaugurated in May
three years after the death of the enlightened benefactor who had
already been supporting the city museums since 1988 with the
Foundation bearing his name. A catalogue – the sixth in the Pinacoteca Civica’s series of scientific volumes – has been published to
accompany the new arrangement of the Roi bequest.
The one hundred or so pieces including painters (Pisanello, Maffei,
Canaletto, Tiepolo, Manet, and Picasso), drawings, engravings, a
numbered edition of Marco Polo’s Milione and a terracotta work by
Neri Pozza, were conserved by the donor in his homes in Vicenza
and Rome. The Roi collection reflects the character of its owner, a
cultured and refined collector, who selected works that would then
live with him. With the new setting, it was intended to reconstruct
the lived-in atmosphere of the domestic spaces with the creation for
this new section of the museum collections of a formula that differs
from the rest of the museographic path, a sort of “museum-house”.
FALSAREA
Fakes, counterfeiters, equivocations and misrepresentations in art
Palazzo Chiericati
Piazza Matteotti, 37/39
36100 Vicenza
tel +39 0444 222811
www.museicivicivicenza.it
62
Restored or fake?
If everyone has a clear idea about what restoring an ancient or
modern work means, the restoration of certain contemporary art is
something completely different. Take Arte Povera for example. Giovanni Anselmo, Jannis Kounellis, Mario e Marisa Merz, Giuseppe
Penone, Michelangelo Pistoletto, Pino Pascali and others whom the
critic, Gaetano Celant, gathered around him in the mid sixties, often
work which great experimentalism where the materials are concerned. The artists’ intention was not to create something that would be
“immortal” but, on the contrary, the production of “occasional” works
using plastic or biological elements that deteriorate quickly. They
also challenged the concept of the uniqueness and unrepeatability
of the work of art, to the point that their installations give rise to a
radical change in the exhibition venues which could no longer be
private houses or traditional museums, while the problem of restoration is inherent in the artefacts. Faced with the deterioration of the
constituent elements of the works, the idea of “substitution” replaces
the idea of “conservation”. Anselmo’s provocation in Scultura che
mangia (1968, Sonnabend collection, New York), composed of two
blocks of stone that crush a head of real lettuce, requires daily replacement while the fluorescent tubes of Merz must also be changed
when the neon gas content is exhausted. The seeds, leaves, flowers,
straw and piles of soil that make up the works of Anselm Kiefer must
also be replaced when they alter or are dispersed. Continuous scientific updating is also required for the other atypical materials manipulated by artists so that their deteriorated parts can be conserved or
substituted. Is what remains still the work that the artist had in mind?
In Galleria | In the Galleries
Ph Neutro Fotografia Fine-Art
Verona - Forte dei Marmi
De Marchi Casa Design
Bassano del Grappa (VI)
Il progetto PH Neutro nasce nel 2010
da un’idea di Annamaria Schiavon
Zanetti, appassionata di fotografia
con esperienza ventennale nella produzione della stampa fotografica e
Mauro Fiorese, autore e docente di
fotografia, da sempre attivo a livello
internazionale.
La posizione di “neutralità” della Galleria, con sedi a Verona e Forte dei
Marmi, sta nel voler affiancare ad autentici capolavori dei grandi maestri
della scena internazionale, il lavoro di
talenti nuovi ed emergenti con l’intento
di divulgare il valore della Fotografia
nell’arte e nel collezionismo contemporaneo attraverso competenze altamente specialistiche.
“ADDIZIONE”
Claudio Brunello, artista di Bassano del
Grappa. Si presenta con un’originale
ed articolata tri-personale, con esposte
un centinaio di opere. L’artista bassanese
propone “ADDIZIONE”, con catalogo curato dal grafico Tony Arduino. La mostra
si articola in tre importanti e noti siti bassanesi per tutta l’Estate: De MARCHI Casa
Design, AURUM gioielli e l’OTTOCENTO
Simply Food.
Nato nel 1954, la sua formazione culturale fino ai venti anni avviene a Torino.
Nel 1972 si diploma vetrinista. Nel 1974
avviene il trasferimento a Bassano del
Grappa dove tuttora risiede.
Riunendo materiali “densi” di passate
funzioni, l’artista procede in una sorta di
post-produzione dalla forte connotazione
simbolico/concettuale, condizione che
permette allo spazio scelto di diventare superficie per un accadimento/racconto in
chiave di recupero e rinascita che si rivela,
nel suo procedere, una vera scoperta.
The PH Neutro project came into being
in 2010 from an idea of Annamaria
Schiavon Zanetti, a photography enthusiast with twenty years’ experience
in the production of photographic printing, and Mauro Fiorese, author and
lecturer in photography, active forever
at international level.
The Gallery’s position of “neutrality”,
with branches in Verona and Forte dei
Marmi, can be found in its desire to
flank the work of new and emerging
talents with authentic masters of the
international scene with a view to
promoting the value of Photography
in art and in contemporary collectionism through highly specialist competencies.
“ADDIZIONE”
Claudio Brunello, an artist from Bassano
del Grappa, is presented here with an original and varied triple-personal exhibition
of around one hundred of his works. The
artist is proposing “ADDITION”, with the
catalogue designed by the graphic artist, Tony Arduino, and with the exhibition
spread over three of the most important
and famous sites in Bassano for the entire
summer: De MARCHI Casa Design, AURUM Jewellery and OTTOCENTO Simply
Food. Born in 1954, he was educated in
Turin until he was 20, where, in 1972 he
got his diploma as Window Dresser. In
1974 he moved to Bassano del Grappa,
where he still lives today. By combining
materials that are “dense” in traditional
functions, the artist pursues a form of highly symbolic-conceptual post-production,
which enables him to transform the spaces he chooses into surfaces that undergo events/tales in a key of recovery and
rebirth, which, as it progresses, reveals a
true discovery.
La Galleria
Venezia
La Galleria di Dorothea van der Koelen presenta una personale dedicata
all’artista belga Arne Quinze. Nato
nel 1971 crea delle sculture, disegni e
dipinti e delle grandi installazioni. Gli
elementi fondamentali della sua opera sono l’uso di diversi tipi di legno o
di acciaio con vernice fluorescente e
il riferimento alle tematiche dell’interazione sociale e urbana. A guidare il
lavoro di Quinze è la visione di una
società ideale in cui tutti gli individui
possano comunicare tra di loro. Le
sue installazioni pubbliche si liberano
dalle convenzioni e sfidano i meccanismi della percezione in molti centri
storici dal Belgio agli USA, passando
per la Germania, la Francia e la Cina.
L’inaugurazione si terrà il venerdì 31
agosto 2012 alle ore 18. Petra Schäfer eseguirà il discorso di apertura.
Dorothea van der Koelen’s La Galleria
presents a solo exhibition dedicated to
the Belgian artist Arne Quinze. Born
in 1971, Quinze creates sculptures,
drawings, paintings, and large-scale
installations. Recurring fundamentals
in his oeuvre are the use of different
types of wood, steel and fluorescent
paint, and themes relating to social
and urban interaction. What drives
Quinze is the vision of an idealistic
society in which all individuals can
communicate with one another. His
unconventional public installations
have challenged perceptions in many
city centres from Belgium to the USA,
including Germany, France and China. The inauguration will be on 31 August 2012 at 6 pm. Petra Schäfer will
deliver the opening address.
Mauro Fiorese: “Content 01”, 2005
stampa ai pigmenti, cornice antica
cm.79x56 - edizione di 3 esemplari
PH Neutro Fotografia Fine-Art
Piazza Erbe, 3 - 37121 Verona
Tel. +39 045 8007195
[email protected]
e a Forte dei Marmi (LU)
[email protected]
www.ph-neutro.com
De Marchi Casa Design
Tel. +39 339 7792101
[email protected]
www.claudiobrunello.com
La Galleria
di Dorothea van der Koelen
San Marco 2566
30124 Venezia
Tel. +39 041 5207415
Fax. +39 041 2778080
www.galerie.vanderkoelen.de
63
Fluida - Art Project Space
Venezia
21|06|2012 - 24|06|2012
De Faveri Arte Contemporanea
LAB 610XL
Sovramonte (BL)
Panto Textile Art
Treviso
Fluida propone per la Venice Art
Night 2012 “intuAzioni” una rassegna collettiva di artisti emergenti sul
tema dell’intuizione artistica. Fulminea
e dirompente, o lenta e ragionata,
ossessiva e persistente o inaspettata
e illuminante, l’intuizione artistica non
prevede regole. È una scintilla scaturita dalla mente dell’artista che cerca
ogni via per palesarsi. Ognuno trova il
proprio metodo per fissare nel mondo
reale quanto gli frulla in testa. Non si
tratta ancora dell’opera finita, ma della sua prima incarnazione essenziale.
intuAzioni vuol essere l’occasione per
un gruppo di artisti emergenti, attivi
a Venezia, di presentarsi mettendo a
nudo il proprio intimo approccio all’arte attraverso azioni e lavori dal vivo.
Il programma di De Faveri artecontemporanea – Lab 610 XL prosegue in
estate ospitando il 7-8 luglio il workshop del Fotoclub Ferrara, il progetto
rientra nell’ambito delle celebrazioni
del centenario della nascita del regista ferrarese Michelangelo Antonioni,
il suo film Blow Up il tema ispiratore
per queste giornate di riprese autdoor e indoor, di incontri e dibattiti. Alla
fine di queste giornate vi sarà anche
un momento espositivo. Il 21 Luglio
inaugurazione della mostra estiva “De
rerum natura”, organizzata in collaborazione col Comune di Sovramonte,
patrocinata dalla Regione Veneto, curata da Daniele Capra. Aperta fino al
28 agosto, la personale ospiterà una
dozzina di artisti di fama nazionale
ed internazionale.
AMBIENTI
Mostra fotografica ed esposizione
tappeti in fibra vegetale.
L’idea di foto e tappeti AMBIENTI ci
collega direttamente alla Natura. Suggestivi scatti fotografici si abbinano
ai tappeti della Collezione Ambienti,
materici e setosi, annodati a mano,
dai colori vegetali e realizzati in corteccia d’albero. Nati da una filosofia
di nuova concezione, vengono da noi
proposti per la prima volta in esclusiva ed in edizione limitata. Fortemente
ispirata al rispetto della Terra, è una
collezione contemporanea di tappeti
dal design italiano, personalizzabile,
adatta a vari ambienti. La collezione
richiama graficamente linee e forme
di intrecci di radici, geometrie di rocce, incisioni rupestri, profondità di caverne, ambienti urbani. Un percorso
visivo che ripropone in foto e in arte
tessile le suggestioni della Natura.
Fluida is presenting “intuAzioni” during Venice Art Night 2012. This is
a collective exhibition showcasing a
group of emerging artists working on
the theme of artistic intuition. Sudden
and disruptive or slow and reasoned,
obsessive and persistent or unexpected and illuminating, artistic inspiration knows no rules. It is a spark triggered from the mind of artists seeking
every route for bringing their ideas
into the light. All of them find their
own way of transferring what goes on
in their head into the real world: not
yet a finished work, but more often the
first essential incarnation. intuAzioni is
intended to provide an opportunity for
a group of emerging artists working in
Venice to present themselves and bare
their intimate approach to art through
live action activities.
The program of De Faveri Artecontemporanea – Lab 610 XL continues this
summer when on 7-8 July it will host
a workshop organized by Fotoclub
Ferrara. This project is part of the
celebrations for the centenary of the
birth of the Ferrara director, Michelangelo Antonioni, whose film, Blow Up,
will provide the inspiration for these
days of indoor and outdoor shoots,
encounters and debates. An exhibition will be staged at the end of these
events. 21 July will see the inauguration of the summer show, “De rerum
natura”, organized in collaboration
with the Municipality of Sovramonte,
with the support of the Veneto Region,
and will be curated by Daniele Capra.
Open until 28 August, the show will
feature a dozen nationally and internationally renowned artists.
Karin Andersen, Superfurry Animals – 1997
stampa lambda su dbond - 130x180
Fluida
Campo San Tomà 2865
30125 Venezia
Cell. +39 329 9432896 - +39 328 4616310
[email protected]
www.fluida-art.it
64
De Faveri Arte Contemporanea
LAB 610XL
Servo 167/B
Sovramonte (BL)
Cell. +39 335 8035597
[email protected]
www.defaveriarte.it
AMBIENTI
Photography show and exhibition of
vegetable fibre carpets.
The idea of photographs and AMBIENTI carpets is linked directly to Nature.
Evocative shots combine with carpets
from the Ambienti Collection: material
and silky in texture, hand-knotted, with
vegetable colours and made of tree
bark. The result of a newly conceived
philosophy, they are being proposed
exclusively by us for the first time in a
limited edition. Powerfully inspired by
respect for the Earth, this is a contemporary collection of Italian-designed
carpets that can be customized and
adapted to various environments. The
collection graphically recalls the lines
and forms of interweaving roots, the
geometries of rocks, cave engravings,
the profundity of caverns and urban
environments. This visual itinerary reproposes the suggestion of Nature in
photographs and textile art.
Panto Textile Art
Galleria della Dogana 3,
Quartiere Latino
Treviso
www.pantotextileart.com
Spazio Anna Breda
Padova
Fabio Inverni, Servizio pubblico - 2009
olio su tela - cm 80x70
Fabio Inverni, nato a Firenze alla fine
degli anni ‘60, sviluppa sin da piccolo
un’innata passione per la pittura trasmessagli dal padre, il pittore Francesco
Inverni. La mano dell’artista è meticolosa e minuziosa nei minimi particolari
oggettivi. Il suo lavoro è proiettato verso
il ricordo: il foglio invecchiato o la cassetta della posta sinonimi di un passato
e di una memoria ancora vivi. La luce in
tutte le sue opere è crepuscolare, mirata
ad ammorbidire il chiaro scuro, rendendolo delicato. In ogni quadro gli oggetti
emergono in primo piano con la “materia” di cui sono fatti, colpendo il nostro
occhio che percepisce inevitabilmente
la poesia dei piccoli particolari. È una
visione nostalgica e romantica quella
che Fabio Inverni ci propone attraverso
le sue tele iperrealiste.
Right from his childhood, Fabio Inverni, born in Florence at the end of the
sixties, developed an innate passion for
painting transmitted to him by his father,
the painter Francesco Inverni. The artist’s hand is meticulous and detailed in
the minimum objective particulars. His
work is projected towards recollection:
the aged sheet or the mailbox as synonyms for a past and for memories that
are still alive. In all his work the light
is crepuscular, aimed at softening the
chiaroscuro and rendering it delicate.
The objects in every painting emerge in
the foreground with the “material” they
are made of, striking our eye which inevitably perceives the poetry of the smallest detail. The vision proposed by Fabio
Inverni through his hyperrealist canvases
is a nostalgic and romantic one.
Spazio Anna Breda
Via S. Francesco, 35
35121 Padova
Tel. Fax: +39 049 8774401
Cell. +39 329 2312572
www.spazioannabreda.com
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ESTATE | SUMMER 2012
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Redazione | Editorial staff
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Oskar Zingerle (per Galleria Civica di Bressanone)
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Anno 3. Numero 10.
Registrazione: Tribunale di Vicenza n. 1214 del 19 gennaio 2010
© 2010 Martini Edizioni, Thiene (VI)
Sommario
Contents
Grafic novel: “unica arte figlia del nostro tempo”?
The graphic novel:
“the only art that is a child of our times?”
di | by Giovanna Grossato
3
Bodo Gaston Boehm:
Visioni di territori in trasformazione
Visions of changing landscapes
di | by Federica Santoro
4
Gabriele Grones:
Ritratto e concetto dello spirito incarnato
Portrait and concept of the incarnate spirit
di | by Gianluca D’Incà Levis
8
Vladimiro Elvieri e l’incisione:Un mondo, una vita
A world, a life
di | by Giovanna Grossato
12
Galleria Civica di Bressanone:
Confronti e assimilazioni sui temi
del contemporaneo
Comparisons and assimilations on themes
of the contemporary
di | by Giovanna Grossato
16
Umorista eclettico artista: Toni Vedù
Toni Vedù
di | by Silvia Neri
20
Costantin Migliorini:
Dicotomia dell’esistenza
Dichotomy of existence
di | by Giulia Querenghi
24
Alberto De Braud:
di | by Marcello Palminteri
28
Dolomiti Contemporanee: Un progetto d’arte e di rete
Emergings. The form of the sign
in the paintings of Giorgio Celiberti
di | by Marcello Palminteri
34
Le contemplazioni sotterranee di Elio Ciol
The subterranean contemplations of Elio Ciol
di | by Alessandro Benetti
38
Addio a Carlo Ciussi
Farewell to Carlo Ciussi
di | by Giulio Martini
42
13 Mostra Internazionale di Architettura.
Common Grounds. Coltivare il terreno comune
The 13th International Exhibition of Architecture
Common Grounds
di | by Anna Livia Friel
46
Fabrizio Plessi al passo del Brennero:
Un’ex dogana di frontiera diventa per chi viaggia tra Austria e Italia spazio estetico d’accoglienza immerso nel paesaggio
Fabrizio Plessi at the Brenner Pass:
a former customs house on the border for those who travel between Austria and Italy becomes a welcoming aesthetic
space immersed in the landscape.
di | by Tazio Cirri
50
Museo Casa Giorgione a Castelfranco Veneto
Museo Casa Giorgione at Castelfranco Veneto
di | by Tazio Cirri
54
Da vedere
To see
58
In galleria
In the galleries
63
67
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Euro 8,00
“
Art is a simple
thing that must
give complex
sensations.
”
Giuseppe Penone
Euro 8,00
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