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«L`acqua è nostra» Vinta la battaglia dei micro-Comuni

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«L`acqua è nostra» Vinta la battaglia dei micro-Comuni
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L’ECO DI BERGAMO
MERCOLEDÌ 16 MARZO 2016
Provincia
Fino a mille abitanti
e «sorgenti protette»
Le caratteristiche per mantenere l’autonomia
sono la popolazione (meno di mille abitanti) e
avere fonti pregiate o in parchi protetti.
[email protected]
www.ecodibergamo.it/cronaca/section/
«L’acqua è nostra»
Vinta la battaglia
dei micro-Comuni
Gestione fai da te. Il fronte dei ribelli: «La nuova legge
ambientale ci dà ragione: seguiamo i servizi in proprio»
BENEDETTA RAVIZZA
L’eco della vittoria
rimbomba da un paese all’altro
della valle: Davide ha battuto
Golia. Come? Con la legge che
autorizza la «gestione fai da
te» dell’acqua da parte dei micro Comuni montani.
La battaglia ad alta quota si
combatte da una decina di anni. Il fronte è concentrato soprattutto in Valle Brembana,
dove sono diciotto (anche se
due o tre ci starebbero ripensando) i Comuni fino ai mille
abitanti che non hanno alcuna
intenzione di cedere all’Ato (e
quindi a Uniacque) il servizio
idrico integrato (dall’acquedotto alla depurazione). Tra
Valle Seriana, Valle di Scalve
e Valle Imagna c’è poi un altro
manipolo di resistenti. Il loro
ragionamento non fa una piega: le sorgenti sgorgano da
queste parti, il nostro sistema
funziona senza sprechi, abbiamo tariffe che in media costano la metà di quelle del gestore
unico, perché mai dovremmo
cambiare sistema? Leggi e controleggi (con annesse interpretazioni e controinterpretazioni) stanno danno di volta in
volta torto o ragione a questi
paesi, che comunque non hanno mai fatto un passo indietro,
convinti della loro posizione.
Dal 2 febbraio scorso sono
ancora più convinti: in quella
data, infatti, è entrato in vigore
il Collegato ambientale alla
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legge di stabilità (sostenuto, in
particolare, dal deputato Enrico Borghi, presidente nazionale dell’Uncem, e da Pier Luigi
Mottinelli, presidente della
Provincia di Brescia e coordinatore della commissione
montagna dell’Anci).
La legge
All’articolo 64 stabilisce che i
piccoli comuni di montagna
possono continuare a gestire
da soli, in economia, il ciclo
idrico integrato. Acquedotto,
1 Sotto i mille
abitanti possono
organizzare
direttamente
il servizio idrico
12
1 Riconosciuti
dieci anni di
resistenza: qui tariffe
più basse e impianti
che funzionano»
fognatura e depurazione potranno continuare a essere organizzati direttamente dai Comuni montani a due condizioni: che abbiano meno di mille
abitanti e che abbiano alcune
caratteristiche, come fonti
pregiate, sorgenti in parchi naturali e utilizzo efficiente della
risorsa.
Le reazioni
Per gli amministratori sulle
barricate è la certificazione
che avevano ragione e l’entusiasmo si è diffuso a macchia
d’olio. «Dopo tanti anni di “torture e minacce” con le quali
hanno tentato di espropriare
l’acqua ai piccoli Comuni, con
metodi che neanche in Russia
si sono visti, questa legge mette una parola definitiva: l’acqua non va ceduta e basta»,
commenta il sindaco di Aviatico Michele Villarboito. Anche dalle parti di Isola di Fondra la reazione è positiva: «Le
leggi le scrivono, poi si sovrappongono, ma noi siamo sempre stati convinti della nostra
posizione: siamo per la totale
gestione pubblica dell’acqua
da parte del Comune», interviene il primo cittadino Giovanni Berera. La versione non
cambia a Branzi, dove il vicesindaco Angelo Rossi spiega
«che la legge non fa altro che
riconoscere una situazione
che per noi è logica, nonostante in questi anni ci sia stato un
accanimento nel tentare di
portarci via i nostri impianti.
Abbiamo tariffe inferiori del
50% a quelle di Uniacque, stiamo nei costi, abbiamo un’acqua di qualità che le analisi non
hanno mai trovato fuori posto
e impianti di depurazione che
funzionano perfettamente,
perché dovremmo cambiare
modello di gestione?». Carmelo Goglio, sindaco di Olmo, visto il tira e molla cavilloso di
questi anni, va cauto sulla legge («È uno spiraglio, ma resta
da chiarire l’aspeto della salvaguardia»), ma non cambia
idea: «Vengono definite caratteristiche in cui rientriamo. A
Olmo amministrazione comu-
«Da più di un anno
senza risposte
dall’Authority»
VALLE BREMBANA
In alta Valle Brembana dicono che l’«authority» sia
lui. Carletto Forchini, vicesindaco di Isola di Fondra, si è
messo a studiare sistemi e tariffe (ha pronto un «dossier»
pieno di dati, che per ora, però,
non viene ancora diffuso) e sta
tenendo le fila dei 18 Comuni
«barricaderi». Oltre al suo, li sa
tutti a memoria: Valleve,
Branzi, Carona, Roncobello,
Lenna, Olmo, Camerata
Cornello, Vedeseta, Averara, Cusio, Santa Brigida,
Valtorta, Mezzoldo, Piazzolo, Piazzatorre, Ornica, Cassiglio. Due o tre starebbero
meditando l’ingresso in Uniacque, ma insieme fin qui hanno
portato avanti la battaglia per
nale e popolazione sono perfettamente in sintonia sul fatto
che l’acqua sia una delle poche
risorse rimaste sul territorio e
che quindi non vada affidata a
una gestione su larga scala. La
situazione particolare la conosciamo noi nel piccolo. Al di là
dei muri di gomma o delle ragnatele di leggi da cui dobbiamo districarci, il mandato dei
nostri cittadini è chiaro».
L’entusiasmo si respira dalle parti della Valle di Scalve.
«Dopo le pressioni e il vero e
proprio “terrorismo” subito
per entrare in Uniacque, finalmente viene dettata una linea
guida in cui muoversi, riconoscendo le caratteristiche dei
Comuni di montagna che possono continuare a gestire per
conto loro l’acqua. Uniacque
ha i debiti e noi no, noi facciamo pagare la tariffa 0,52 euro
al metro cubo, Uniacque il
doppio. Se ci tolgono anche
l’acqua, siamo spacciati. Mantenere l’acqua qui significa dare la possibilità ai cittadini di
restare a vivere in valle», non
ha dubbi il primo cittadino di
Azzone Pierantonio Piccini.
La guerra dell’acqua è finita? Al
di là dell’ottimismo respirato,
la sensazione è che ci sarà una
prossima puntata. Se non con
una nuova legge, con una nuova interpretazione.
mantenere «in casa» la gestione dell’acqua.E insieme hanno
firmato una lettera indirizzata
all’Authority (quella vera) dell’Energia, che «cura» anche il
servizio idrico integrato da
quando questo è passato alla
gestione di grosse società. Qui
sta il punto: abituata a trattare
con realtà di grande dimensioni, l’Autorità ha dettato regole
che non tengono conto della
specificità dei piccoli Comuni.
«In particolare – entra nel
dettaglio Forchini – ha inviato
una circolare ai Comuni che
erano senza Piano tariffario
chiedendo di adeguarsi e farlo.
Ma il metodo si basa su un sistema complesso che se va bene per i grandi Comuni, a noi
crea delle grossissime difficol-
tà. Insieme, quindi, abbiamo
firmato un documento che
chiede una deroga e una proroga per concordare un modello
che si misuri con le nostre realtà che sono molto diverse dalle
strutture organizzative industriali». Come ha reagito l’Authority? Per ora la risposta non
è pervenuta, e quindi i diciotto
Comuni brembani sono andati
avanti con lo status quo. Idem
per l’obbligo di mettere i contatori. «Significherebbe penalizzare i residenti», aggiunge
Forchini, ricordando anche
come, nei periodi di maggior
affluenza dei turisti, la montagna debba garantire l’acqua,
anche se le condizioni meteo
non sono state favorevoli.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Be. Ra.
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I «ribelli»
Sono diciotto i Comuni dell’alta Valle Brembana sotto i mille
abitanti che portano avanti la battaglia per continuare a gestire
direttamente l’acqua. Il più delle volte se la cavano con un addetto
del Comune che interviene direttamente per prelievi o
manutenzioni; in altri casi si affidano a società esterne, ad esempio
per le analisi delle acque e i controlli degli impianti e dell’acquedotto
«Non è cambiato niente
Loro non sono i gestori»
Le reazioni. Bertocchi (Ato): ci sono verifiche in corso
Franco (Uniacque): non forzeremo, ma insieme più forti
Una delle proteste dei sindaci
dei piccoli Comuni
bergamaschi per chiedere la
gestione diretta del servizio
idrico integrato nei loro paesi
Referendum e Consulta
ma mai la parola fine
Non sono bastati un
referendum (che ha affermato
l’acqua come bene pubblico) e
un parere della Consulta (nel
marzo 2015 sembrava definitiva
la sentenza secondo la quale i
Comuni non avrebbero più potuto gestire in proprio gli acquedotti) per mettere la parola «fine» alla guerra dell’acqua. Da decenni la questione della gestione
del servizio idrico integrato si
trascina, attraversando, irrisolta, governi di colori politici diversi. Anche a livello locale il
contenzioso tra piccoli Comuni
montani ed enti superiori va
avanti da almeno tre presidenti
di Provincia (Valerio Bettoni,
Ettore Pirovano e ora Matteo
Rossi), visto che i vertici di ex
Ato e Uniacque sono in qualche
modo emanazione di Via Tasso e
della politica. In alcuni casi si è
anche arrivati in tribunale, per
cercare di arrivarne a una., con
costi e tempi lunghi per i cittadini. Tra i protagonisti della battaglia c’è Michele Villarboito, sindaco prima di Serina ora di Aviatico, a cui era stata sospesa la tessera di leghista («Ora di nuovo in
regola», assicura) anche per i
contrasti con l’amministrazione
provinciale Pirovano. «Resto
convinto – dichiara – che le scelte fatte dalla politica e da Uniacque siano l’esempio eclatante
del disastro che i partiti possono
fare a livello locale, con una delle
risorse più importanti del territorio come l’acqua».
Le dichiarazioni ufficiali sono caute per non incrinare ancora di più equilibri già
precari. Ma negli ambienti dell’ex Ato (l’Ufficio d’ambito,
azienda speciale della Provincia, che, con la Conferenza dei
sindaci, definisce e sovrintende alle strategie per il servizio
idrico integrato) e Uniacque (il
braccio operativo, che gestisce
reti e impianti) l’entusiasmo
dei Comuni ribelli viene subito
ridimensionato. La situazione
- con il Collegato ambientale non si sarebbe poi spostata così
a vantaggio dei paesi montani,
anzi non cambierebbe niente
rispetto a prima. Perché per
poter gestire direttamente
l’acqua mancherebbe loro un
requisito fondamentale: a nessuno è stata riconosciuta la
«salvaguardia», cioé di essere
gestore del servizio, né in Bergamasca né in Lombardia.
Avere meno di mille abitanti o
avere sorgenti tutelate, quindi,
non basterebbe. Altro «difetto» d’origine è che in molti dei
Comuni barricaderi manca
l’ultimo tassello del ciclo idrico
integrato, quello delle fognature, un vulnus che li espone a rischio di sanzioni europee. Nel
ginepraio di norme e interpretazioni, nessuno si spinge oltre.
Il presidente dell’Ato (ente
cui spetta far rispettare la legge) Pierangelo Bertocchi non
vuole entrare nel merito delle
questione aperte, ma si limita a
dire: «Siamo in una fase di approfondimento, abbiamo chiesto verifiche sulla norma, come
ci ha richiesto ufficialmente
solo un Comune della Valle Seriana (Valgoglio, ndr). Con la
Valle Brembana, per ora, ci so-
Dalla Regione il primo no
«Valgoglio irregolare»
VALGOGLIO
Il braccio di ferro è pure sull’obbligo di installare i contatori dell’acqua
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La prima «bocciatura» sul Collegato ambientale
arriva dalla Regione, che anche in passato si era schierata
contro la gestione autonoma
dell’acqua da parte dei Comuni fino a mille abitanti, con interpretazioni restrittive delle
norme vigenti, a cui faceva riferimento anche l’ex Ato. Un
parere della direzione generale della Regione, in questi giorni, è già arrivato sul caso di Valgoglio, il Comune della Valle
Seriana, dove la questione del-
l’acqua («Entrare o non entrare in Uniacque?») ha creato
anche un clima difficilissimo
tra cittadini e amministrazione comunale, con comitati,
raccolte di firme e una lettera
dei cittadini che è arrivata anche in Parlamento.
Nel documento della Regione, verificate che non sussistono le condizioni di legge, si afferma che «non esistono i presupposti giuridici per considerare quella di Valgoglio “una
gestione autonoma esistente”.
Essa si configura più come
Uno degli impianti idrici gestiti dalla società Uniacque
no stati solo contatti telefonici.
Ci muoviamo con calma, senza
pressioni. Se ci saranno le condizioni perché i Comuni possano andare avanti a gestire in
autonomia l’acqua, l’Ato non
farà sicuramente problemi».
Nella situazione di incertezza
normativa anche Uniacque,
con la nuova governance, si è
posta in uno «stato di non belligeranza» (riconosciuto da diversi sindaci, che hanno sostenuto l’allentarsi delle pressioni
nell’ultimo periodo). Ieri il
presidente Paolo Franco, in
tour in provincia per presentare quello che la società sta facendo, era in trasferta proprio
a Piazza Brembana, per un’assemblea aperta anche ai Comuni non soci. «Se i Comuni
devono entrare in Uniacque
non spetta a noi deciderlo, ben-
sì all’Ato – precisa –. Se dovranno entrare, noi siamo pronti a
farcene carico. Se non vogliono
entrare, non spetta certo a noi
portare avanti delle cause legali. In un anno e mezzo di presidenza, la società non si è mai
posta in modo egemone, riconoscendo i diversi ruoli in
campo». Franco, però, segnala
anche una tendenza in atto:
«Stiamo ricevendo richiesta di
ingresso in Uniacque da parte
di alcuni Comuni, come Roncobello e Carona, che si sono
resi conto che da soli non possono completare il sistema refluo, cioé delle fogne. Comuni
che stanno così dimostrando di
avere a cuore l’ambiente, la valle e il turismo. A differenza di
altri che continuano a scaricare direttamente nei fiumi».
un’irregolarità nell’assetto organizzativo del servizio». La
Regione si esprime anche sul
sistema refluo: «Uniacque è il
gestore d’ambito e pertanto è il
soggetto che gestisce il segmento della depurazione, momento in cui si colletta la rete
di Valgoglio. Peraltro tale collettamento si rende auspicabile per un intervento migliorativo della qualità ambientale,
dato che le acque reflue avrebbero un vero e proprio trattamento depurativo».
Il tema del Collegato ambientale poteva irrompere anche nell’assemblea di ieri sera
a Piazza Brembana, dove
Uniacque aveva convocato i
Comuni soci (e non) per fare il
punto della situazione della
Zona 6 (Valle Brembana e Val
Brembilla). Invece tutto è proceduto con ordine, col presidente del gestore provinciale
Paolo Franco che ha presentato il programma degli investimenti, oltre agli interventi di
manutenzione ordinaria.
Per quanto riguarda gli investimenti, il consuntivo 2015
si chiude con oltre 4 milioni di
euro di opere; per gli anni
2016-2017 sono programmati
invece investimenti per quasi
18 milioni di euro, soprattutto
per il collettamento (tra le
opere principali previste i collettori di San Pellegrino e San
Giovanni Bianco) e la depurazione (2,5 milioni per l’impianto di Oltre il Colle).
Benedetta Ravizza
B. R.
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