...

1 introduzione ai reni

by user

on
Category: Documents
67

views

Report

Comments

Transcript

1 introduzione ai reni
1
INTRODUZIONE AI RENI
Nell'uomo l'apparato digerente assorbe molti tipi di sostanze chimiche fra cui; acqua,
aminoacidi, zuccheri, lipidi, vitamine e sali minerali. La quantità e la composizione
delle sostanze che passano dal sistema digerente e dal metabolismo cellulare alla circolazione sanguigna non sono rigorosamente regolate. Eppure la composizione chimica del sangue e degli altri liquidi è regolata con precisione ed è stabilizzata da
meccanismi omeostatici1 che eliminano o trattengono selettivamente queste diverse
sostanze. Nell'uomo questa funzione è svolta dal sistema escretore, la cui attività porta all'escrezione di un materiale liquido detto urina. Uno dei principali compiti del sistema escretore è di eliminare alcuni prodotti del metabolismo, per lo più i derivati
azotati. La deaminazione degli aminoacidi e di altri composti azotati produce ammoniaca (NH3) la quale è altamente tossica: a livello del fegato l'ammoniaca viene convertita in un composto meno tossico (l'urea) che può circolare ed essere eliminato dagli organi escretori. Nell'uomo gli organi escretori principali sono i reni.
1.1 ASPETTO E POSIZIONE
1
Omeostasi. Capacità degli organismi viventi di mantenere un equilibrio stabile, nonostante il variare delle condizioni
esterne.
1
Il rene e’ un organo ghiandolare adibito al trattamento dell’urina. I reni rappresentano
la parte essenziale dell’apparato urinario; hanno una forma di fagiolo e la loro superficie è liscia nell’adulto mentre presenta “bernoccoli” nel feto.
Situati nel cavo addominale, sono ricoperti soltanto sulla faccia anteriore dal peritoneo; con la faccia posteriore sono addossati al piano muscolare lombare in posizione
paravertebrale. Posti all’altezza delle due ultime vertebre dorsali e delle prime due
lombari (il destro ha in genere una posizione un po’ più bassa) hanno grand’asse verticale, leggermente inclinato dall’alto verso il basso in senso laterale, hanno
un’altezza media di 12 cm, larghezza 7 cm, spessore 3 cm; peso oscillante fra 110 e
160 g e colore rosso bruno. Sono mantenuti fissi dai loro vasi, dal peritoneo e da una
fascia detta la fascia renale.
1.2 STRUTTURA
Osservando una superficie di sezione del rene si nota che esso è costituito da due parti macroscopicamente ben distinguibili: una esterna o corticale, di aspetto finemente
granuloso, di colorito rosso giallastro; l’altra interna o midollare, disposta intorno
all’ilo, di consistenza dura e di colorazione rosso cupo.
La midollare è disposta a segmenti conici (piramidi di Malpighi), aventi base verso la
corticale ed apice all’ilo, ove sorgono a formare le papille renali. Le papille sono abbracciate dai calici renali, che confluiscono nel bacinetto renale. Il bacinetto renale ha
il compito di raccogliere l’urina proveniente dalle diverse papille e convogliarla
nell’uretre. La distinzione tra corticale e midollare, in corrispondenza della base delle
piramidi, è poco netta e da essa si elevano numerosi prolungamenti nello spessore
della corticale a formare le piramidi di Ferrein o raggi midollari. A sua volta la corticale si approfondisce fra le singole piramidi a formare le colonne di Bertin.
Strutturalmente il rene è costituito da tante unità tubulari (due milioni circa) tra di loro indipendenti dette nefroni. I tubuli sono costituiti da una membrana sulla quale è
impiantato l’epitelio ghiandolare. Alla sua origine ciascun tubulo costituisce un fondo
cieco introflesso formante una cavità a doppia parete (capsula di Bownmann), inguainante un gomitolo di capillari arteriosi (glomerulo renale o corpuscolo di Malpighi).
2
Partendo dal glomerulo il tubulo ha inizialmente un percorso molto tortuoso verso la
periferia del rene (tubulo contorto di primo ordine), quindi si flette, assumendo una
direzione rettilinea; passa in un raggio midollare, percorre la piramide per ripiegare
poi bruscamente e risalire verso la corticale formando così un’ansa, detta ansa di
Henle, con una branca discendente ed una ascendente avvicinate e parallele. Rientrato
nella corticale il tubulo assume nuovamente decorso tortuoso (tubulo contorto di secondo ordine), che infine per mezzo di una arcata o canale d’unione penetra in un
raggio midollare e sbocca in un tubulo collettore o tubulo retto. I tubuli retti decorrono rettilinei nel raggio midollare, ricevono altri canali d’unione e si raccolgono a
formare le piramidi, nella quale altri tubuli si congiungono ad angolo acuto formando
canali sempre più grossi che all’apice della papilla convergono nei canali papillari.
Questi ultimi in numero di 10-30 sboccano nel calice.
L’architettura del rene è anche in dipendenza della struttura dei vasi. L’arteria renale,
originata direttamente dall’aorta, penetra nel rene all’ilo, e si divide subito in rami interlobari corrispondenti ai singoli lobi o papille. I rami interlobari si dirigono verso la
corticale ed al limite tra corticale e midollare formano arcate convesse, le arterie arciformi, che seguono tale confine. Dalle arcate si dipartono a distanze regolari le arterie
interlobulari con direzione verso la periferia. Dai due lati delle arterie interlobulari, a
varie altezze si distaccano dei piccoli rami, ciascuno dei quali si porta ad un glomerulo costituendone l’arteria afferente, che formerà la fitta rete capillare del glomerulo
3
renale. Ogni glomerulo presenta poi un ramo efferente diretto ad una vena interlobulare e di qui alle vene archiformi, che per mezzo di quattro-cinque tronchi si scaricano nella vena renale tributaria della vena cava inferiore.
1.3 FISIOLOGIA
Il rene è una ghiandola a secrezione esterna per l’elaborazione dell’urina, svolgendo
così un’azione regolatrice sulla costituzione e composizione dei tessuti e del sangue,
sulla pressione osmotica2 del sangue e sul metabolismo basale. Con l’urina vengono
infatti eliminate le scorie del ricambio azotato, i sali, l’acqua e tutte quelle sostanze la
cui presenza nel sangue e quantitativamente o qualitativamente dannosa. Si tiene
inoltre distinta l’attività globulare da quella tubulare. La prima è considerata come un
semplice processo fisico di ultrafiltrazione che fa passare nei tubuli un liquido identico per composizione al plasma, privato però delle proteine. Nei tubuli si ha poi un
processo selettivo di assorbimento differenziale, avendo luogo riassorbimento delle
sostanze che non devono andare perdute. La funzione renale è molto complessa e regolata da meccanismi fisiochimici e neuroendocrini. Infatti la composizione chimicofisica, la quantità, la pressione del sangue ai reni, sono elementi influenti in senso
quantitativo e qualitativo sull’attività renale. Altrettanto importanti sono gli influssi
neuroendocrini.
Il sistema endocrino regola l’attività renale con un ormone tiroideo, stimolante la diuresi ed il ricambio idrico, e con un ormone antidiuretico dell’ipofisi posteriore, ad azione diretta sui tubuli renali. Per alcuni autori esistono inoltre rapporti tra funzionalità renale ed altre ghiandole endocrine (paratiroide e ghiandole sessuali). Infine è da
ricordare che il rene svolge anche importanti attività sintetiche e riduttrici: nei reni si
sintetizza, dall’acido adenilico e da aminoacidi, l’ammoniaca (idonea a neutralizzare
gli acidi e a mantenere costante l’equilibrio acido-base nel sangue); dall’acido benzoico e glicocolla, l’acido ippurico, ecc…
Inoltre per idrolisi3 di composti organici glicidici, si ottengono i cromogeni ed una
parte dei fosfati.
Tutte queste complesse attività renali sono volte a regolare alcune fondamentali costanti biologiche dell’organismo e precisamente :
• pressione osmotica del sangue
• equilibrio acido base
• equilibrio minerale
Il liquido filtrato dal rene è poi in gran parte riassorbito, garantendo così l'equilibrio
omeostatico tra i vari composti presenti nel sangue (ad esempio due reni sani filtrano
circa 180 litri di acqua al giorno, ne riassorbono circa 178 litri e ne perdono circa 2
2
Osmosi. Fenomeno fisico consistente nel passaggio spontaneo di solventi fluidi attraverso membrane semipermeabili,
mentre le molecole di soluto non riescono ad attraversarla.
3
Idrolisi. Scissione di un composto ottenuta per azione dell'acqua, generalmente con l'intervento di catalizzatori enzimatici o di altra natura.
4
litri con l'urina). Ad esempio l'escrezione del sodio è controllata da un ormone steroideo chiamato Aldosterone (ghiandole surrenali); questo ormone stimola il riassorbimento del sodio dal liquido della zona midollare (liquido che circonda i tessuti di una
parte del rene detta "ansa di Henle") al tubulo, la velocità di secrezione dell'aldosterone regola la quantità di sodio persa con l'urina e garantisce che questa sia proporzionale alla quantità di sodio assorbito con la dieta. Un altro ormone importante è la
Vasopressina o ADH (ormone antidiuretico) che stimola il rene a riassorbire più o
meno acqua, a seconda delle necessita osmotiche del momento, ad esempio a seguito
di una forte ingestione di acqua, la produzione di ADH diminuisce e così i reni producono una urina più diluita (con più acqua e meno sodio). Inoltre è sempre grazie ai
reni che si può regolare la pressione arteriosa e questo viene fatto attraverso un ormone detto Renina che viene secreto quando la pressione è bassa ed in più sempre in
questi organi viene prodotta eritro-proietina, una sostanza che stimola il midollo spinale a produrre globuli rossi, e un’altra precursore della vitamina D che regola
l’assorbimento di calcio e fosforo.
1.4 ESAMI POSSIBILI
Per capire se i reni funzionano esistono diversi esami in grado di accertare lo stato di
salute
dell'apparato urinario e dunque anche di prevenirne eventuali danni. Il primo è sicuramente l'esame delle urine, essendo queste ultime il risultato finale del lavoro di filtrazione dei reni; quest'esame andrebbe ripetuto almeno una volta all'anno. A rivelare
i problemi renali sono anche le analisi del sangue. Importanti, infatti, sono i valori di
azotemia e creatinina4. I primi indicano il contenuto di azoto nel sangue e segnalano
il numero di scorie azotate che provengono dal metabolismo delle proteine: se è in
eccesso significa che il rene non elimina le scorie. I secondi, invece, indicano quanta
creatinina è presente. Essendo un composto organico di solito eliminato con le urine,
è un buon indicatore dell’eventuale presenza di anomalie renali.
Con l'ecografia, esame basato sugli ultrasuoni, si studiano la struttura del rene, le vie
urinarie e la vescica per vedere se vi sono alterazioni o neoformazioni. A scopo preventivo l'esame andrebbe ripetuto ogni anno dai 40 anni.
La tomografia assiale computerizzata (TAC) fornisce sezioni trasversali del rene e
dell'apparato urinario sotto forma di immagini computerizzate e viene effettuata nei
casi di diagnosi dubbie dopo l'ecografia.
La biopsia consiste nel prelievo con un ago di pezzetti di tessuto renale inviati poi in
laboratorio per l'analisi diagnostica della presenza o meno di eventuali glomerulonefriti o sospetti tumori.
L'arteriografia è una radiografia dell'arteria renale che viene evidenziata iniettando un
particolare liquido di contrasto. La si fa quando si sospetta il blocco dell'arteria che
4
Creatinina. Sostanza derivata dalla degradazione della creatina (amminoacido presente nei tessuti dei vertebrati e di
alcuni invertebrati, libero o in combinazione con acido fosforico; è importante per la trasformazione dell'energia chimica in energia meccanica che è alla base della contrazione muscolare).
5
convoglia il sangue al rene, oppure un tumore o per indagare su eventuali casi di insufficienza renale.
L'urografia è un esame radiologico che, attraverso l'introduzione in vena di un liquido
radio opaco secreto dai reni, "dipinge" tutte le vie urinarie mettendone in evidenza le
possibili alterazioni.
Un altro esame spesso utilizzato e lapielografia discendente; l’esame non ‘è altro che
un’indagine radiologica condotta mediante un liquido di contrasto che viene eliminato per via renale permettendo di mettere in risalto l’ombra del rene e delle vie urinarie. L’utilita dell’esame radiologico deriva dalla possibilità di evidenziare alterazioni
di posizione, di forma, presenza di calcoli e di dilatazioni o restringimenti delle vie
urinarie.
1.5 BREVE INTRODUZIONE ALL’APPARATO URINARIO
L'apparato urinario è costituito da: reni, ureteri, vescica e uretra. L'urina deriva dalla
filtrazione del sangue da parte dei reni, che lo depurano dalle sostanze tossiche e dai
prodotti di rifiuto del metabolismo. L'urina così prodotta dai reni viene raccolta nel
bacinetto renale o pelvi renale. Da ciascuna pelvi renale parte un condotto tubulare
che prende il nome di uretere e che convoglia le urine alla vescica. La vescica è un
organo cavo, costituito da una parete muscolare, che si trova alloggiata nel bacino.
Dalla vescica le urine raggiungono l'esterno attraverso un condotto denominato uretra. Nel maschio il tratto iniziale dell'uretra decorre attraverso la prostata. La prostata
è una ghiandola situata alla base della vescica e le cui secrezioni contribuiscono a
formare lo sperma. Le pareti interne della pelvi renale, dell'uretere, della vescica e di
parte dell'uretra sono rivestite da uno strato di cellule denominato epitelio transizionale. Il complesso di fibre di muscolatura liscia (cioè involontaria) che costituisce la parete muscolare della vescica viene denominato detrusore.
Dal punto di vista funzionale possiamo distinguere la muscolatura vescicale in due
parti: una parte è situata nei 2/3 superiori della vescica, mentre l'altra parte, costituita
da fibre muscolari ad andamento obliquo spiraliforme, si trova nella parte inferiore
della vescica, denominata collo vescicole, che continua avvolgendo la parte iniziale
dell'uretra prendendo il nome di sfintere uretrale interno. L'uretra è inoltre contornata
da un manicotto di muscolatura striata (volontaria) che costituisce lo sfintere uretrale
esterno. Tutte queste strutture anatomiche sono fondamentali per assicurare la continenza urinaria.
6
1.6 FUNZIONI E PATOLOGIE RENALI
L'insufficienza renale acuta può essere definita come una repentina riduzione della
funzione renale che può portare a conseguenze mortali. Essa corrisponde ad una diminuzione della rimozione della creatinina endogena a valori al di sotto del 5% del
normale.
Vi sono ovviamente molte condizioni che possono determinare un'insufficienza renale acuta. Da un punto di vista patogenetico è conveniente classificare queste condizioni in tre gruppi:
•
Cause prerenali. La funzione renale può essere reversibilmente ridotta da numerose cause che intervengono al di fuori del rene, come ipotensione, deplezione salina o disidratazione. L'insufficienza renale dura soltanto per il tempo
che questi fattori prerenali o extrarenali perdurano.
•
Cause postrenali. L'insufficienza renale può essere causata da un'ostruzione
del flusso dell'urina nelle vie urinarie che può essere dovuta a molte cause.
Frequentemente, quando i pazienti hanno un completo blocco dell'escrezione
urinaria (anuria), distinta dalla diminuita produzione di urina (oliguria), vi sono
verosimilmente cause postrenali.
•
Insufficienza renale acuta parenchimatosa. È un'alterata funzionalità dei nefroni. I fattori eziologici sono molti e includono ampiamente varie affezioni,
come la glomerulonefrite acuta, la pielonefrite acuta, il lupus eritematoso
(LES), la poliarterite nodosa ed altre.
Per impegno terapeutico e per frequenza, è tuttavia importante l'insufficienza renale
7
acuta che è associata a trasfusioni con sangue incompatibile, a setticemia, a complicazioni ostetrico-ginecologiche, a lesioni da schiacciamento e a grandi interventi chirurgici (sebbene lo shock settico o circolatorio sia frequentemente associato con questo tipo di insufficienza renale acuta questa non rappresenta una condizione obbligatoria). Un'esatta definizione clinica di tale tipo di insufficienza renale acuta non è
possibile; comunque vi sono molte caratteristiche cliniche che sono comuni alle varie
condizioni, ed anche i quadri istologici sono in larga misura simili. Và poi ricordato il
fatto che è importante distinguere tra insufficienza renale del cosiddetto "rene da
shock" e l'oliguria con diminuita funzione renale che accompagna lo stesso shock.
Nell'ultimo caso, la funzione renale è soltanto transitoriamente ridotta e ritorna a livelli normali immediatamente o poco dopo il ritorno della pressione sanguigna ai valori normali. Al contrario, nel vero "rene da shock" l'insufficienza renale persiste,
spesso per settimane, anche dopo il ritorno di una normale circolazione.
La patogenesi della nefropatia tumulo interstiziale acuta non è stata finora del tutto
chiarita. Dal momento che spesso tale affezione fa seguito di uno shock, è stato ipotizzato che l'ipossia renale sia la causa del blocco renale. Comunque, i dati sperimentali disponibili non avvalorano l'ipotesi che un'ipossia renale deleteria avvenga durante uno shock emorragico, sebbene vi sia una notevole riduzione del flusso renale
ematico. Perciò, una teoria che consideri l'ipossia come inizio dell' insufficienza renale acuta susseguente ad uno shock deve essere posta ancora in discussione.
D'altra parte, nell’insufficienza renale acuta dimostrata, vi è una debole correlazione
tra la funzione renale da una parte e il flusso ematico renale ed il consumo di ossigeno dall'altra. Sembra perciò che la riduzione del flusso ematico e dell'assunzione di
ossigeno non è probabilmente la causa dell'insufficienza renale grave. D'altra parte vi
sono poche osservazioni della distribuzione del flusso ematico all'interno del rene nel
corso di un'insufficienza renale acuta; tali osservazioni indicano che viene interessato
in modo predominante il flusso sanguigno della corticale del rene. Di conseguenza, si
deve concludere che la causa che determina l'insufficienza renale acuta non è stata
ancora identificata.
1.6.1 PATOLOGIA E BLOCCO RENALE TEMPORANEO
Macroscopicamente, il rene di pazienti che hanno un'anuria acuta è ingrandito e pallido. Nelle sezioni, la sostanza corticale si presenta pallida e spessa e contrasta con le
piramidi scure ed iperemiche5. Poiché le alterazioni autolitiche6, che intervengono rapidamente, rendono impossibile lo studio dei dettagli dei tubuli già dopo poche ore.
In modo caratteristico, i glomeruli sono normali, anche se è presente una marcata riduzione della loro funzionalità. I tuboli contorti distali e, per certi tratti anche i prossimali sono dilatati con un epitelio appiattito.
Cilindri di materiale granulare bruno o rossastro (emocilindri) si riscontrano sia nei
5
Iperemia. Aumentato afflusso sanguigno a un organo o a un tessuto.
Autolisi. Decomposizione, disfacimento di tessuti animali o vegetali per effetto degli enzimi che essi stessi contengono
6
8
tubuli distali che nei tubuli collettori. Una necrosi estesa o completa dell'epitelio tubulare è assente nel materiale bioptico, ma alterazioni degenerative si riscontrano frequentemente nell'epitelio che circonda i cilindri nei tubuli distali.
È presente una scarsa o modesta infiltrazione cellulare interstiziale, distribuita localmente, di linfociti, plasmacellule e granulociti, assieme ad un modesto edema interstiziale, specialmente in pazienti con una manifesta iperidratazione. Anche le alterazioni idropiche nell'epitelio dei tubuli prossimali sembrano essere dovute all'infusione
di soluzioni come mannitolo, saccarosio o destrano.
Il quadro clinico, durante i primi giorni del blocco renale, è quello che caratterizza la
malattia. Anche durante la prima settimana i soli sintomi aggiuntivi possono essere
limitati alla sonnolenza o alla nausea. L'urina è scarsa, di elevato peso specifico e
normalmente contiene proteine, dopo i globuli rossi e cilindri con granuli rossastri
(emocilindri); possono essere presenti anche tracce di glucosio.
Man mano che la condizione si evolve, le caratteristiche cliniche sono correlate con
l'aumento dell'azotemia, con l'acidosi che peggiora e con l'innalzamento di livelli sierici di potassio. Complicanze cardiache possono sopravvenire anche in quei pazienti
che non hanno presentato un aumento di peso. L'iperidratazione rappresenta un ulteriore fattore aggravante dell'integrità del sistema circolatorio e i pazienti possono manifestare un'insufficienza cardiaca congestizia. Le manifestazioni cardio-vascolari sono poi complicate ulteriormente dalla intossicazione di potassio, che può essere corretta, fino a un certo punto, con la somministrazione di glucosio, con la correzione
dell’acidosi, con l'uso di resine a scambio ionico che assorbono potassio e con la digitalizzazione7. Comunque, la morte può sopraggiungere improvvisamente dal momento che la sensibilità del cuore alla stimolazione vagale è aumentata dagli elevati livelli
plasmatici di potassio. Perciò se l'iperpotassiemia non può essere controllata con i
sussidi sopraddetti, dovrebbe essere usata la dialisi.
Coma, convulsioni e anemia possono sopraggiungere mentre persiste il blocco renale.
Dopo un periodo di circa 14 giorni, la diuresi riprende; di solito, questo indica la fine
del blocco renale. Comunque la prognosi non è buona e in circa il 50% dei casi sopraggiungere la morte, dovuta principalmente alle gravi malattie di base o a qualche
complicanza. La prognosi è di regola favorevole nei giovani in cui è possibile curare
la malattia di base (per esempio i casi ostetrici e i ginecologici ). Di solito i pazienti,
se sopravvivono, recuperano una funzionalità renale normale o quasi normale, anche
dopo un lungo periodo di oliguria od anuria.
1.6.2 INSUFFICIENZA RENALE CRONICA
L'insufficienza renale cronica di solito è dovuta ad una malattia renale intrinseca cronica. Pressoché tutte le nefropatie bilaterali progressive possono evolvere in un'insufficienza renale cronica; così anche malattie che inizialmente non sono renali, come la
7
Digitalizzazione. Somministrazione di farmaci digitatici (farmaci contenenti sostanze combinate con glucosio) che
esercitano una funzione cardiotonica.
9
nefropatia ostruttiva, possono produrre poi una malattia renale intrinseca e quindi una
insufficienza renale cronica. Comunque, la differenza tra l'insufficienza renale cronica e l'insufficienza renale acuta è che quest'ultima può essere dovuta a cause sia extrarenali che renali.
Lo stesso tipo di alterazione funzionale in caso di insufficienza renale può essere dovuto a diverse malattie del rene. Le conseguenze sul piano funzionale di così diverse
entità (come l'ischemia, l'aumentata pressione intrapelvica, l'infezione da parte di alcuni microrganismi o la deposizione di complessi antigene-anticorpo leganti il complemento) possono essere simili per quanto riguarda il risultato finale. Comunque,
nell'uomo, le cause più comuni di insufficienza renale cronica sono rappresentate dalle forme progressive bilaterali di glomerulo-nefrite o altre nefriti.
Un lieve danno della funzionalità renale è di solito messo in evidenza solo imponendo al rene richieste inconsuete, come durante le determinazioni di concentrazione, o
mettendo in contatto il rene con soluti esogeni (esterni) come il para-aminoippurato
(PAI) per il quale un rene normale presenta drenaggio elevato.
Man mano che la funzionalità renale progressivamente diminuisce, si rende manifesta
uno stato di generale insufficienza renale. Comunque, una compromissione renale
progressiva non dovrebbe essere vista come un susseguirsi di stadi chiaramente definiti, ma come una continua diminuzione delle funzioni omeostatiche esercitate dal
rene stesso.
Generalmente, una insufficienza renale è considerata come una fase moderatamente
grave di compromissione renale ed è principalmente caratterizzata da una marcata
perdita di adattamento delle funzioni omeostatiche renali, nonostante l'assenza di importanti alterazioni nella composizione dei liquidi organici. A volte però, una dieta
insolita o uno stress metabolico possono aggravare tali alterazioni.
Un ulteriore perdita della funzionalità renale sfocia in una insufficienza renale totale,
termine che di solito significa comparsa di alterazioni nella composizione dei liquidi
del corpo; le capacità omeostatiche dei reni sono compromesse oltre il limite in cui
essi possono adattare la loro risposta in modo appropriato alle ordinarie richieste metaboliche dell'organismo.
1.6.3 ESCREZIONE DELL'ACQUA
Quando una parte del parenchima8 renale viene rimossa chirurgicamente, il tessuto
che residua va incontro ad ipertrofia9 ed iperplasia10, ma non viene rigenerato alcun
nefrone. La più semplice dimostrazione di questo adattamento strutturale alla perdita
di nefroni funzionanti è dato dall’ipertrofia della restante parte del rene, ipertrofia che
interviene dopo ore dalla rimozione del rene contro laterale.
8
Parenchima. Complesso delle strutture che esplicano le funzioni vitali specifiche di un organo.
Ipetrofia. Aumento del volume di un organo o di un tessuto, determinato dall'aumento di volume delle cellule che lo
costituiscono.
10
Iperplasia. Aumento del volume di un organo o di un tessuto, determinato dall'aumento del numero delle cellule che
li costituiscono.
9
10
Ci sono anche correlazioni ben documentate fra la funzionalità e l'ipertrofia strutturale. Per esempio, il rene residuo alla fine può raggiungere un effettivo flusso plasmatico renale ed una velocità di filtrazione gromelurale pari a circa 80% dei valori che si
hanno con i due reni normali. I cambiamenti più evidenti si verificano nel tubulo contorto prossimale e nell'ansa di Henle, ma l'intero nefrone, compreso il glomerulo, partecipa all'ipertrofia. Per inciso, non sembra che sia determinante se l'asportazione del
tessuto renale funzionante è avvenuta per una nefrectomia11 unilaterale o per escissione12 di una parte di rene. In esperimenti di escissione, il tessuto renale residuo mostra un'ipertrofia, sia funzionale che morfologica, dei nefroni indenni.
In corso di malattie renali diffuse, provocate sperimentalmente, sono state più volte
descritte alterazioni simili a quelle riscontrate dopo nefrectomia sperimentale. Allo
stesso modo, nell'insufficienza renale cronica dell'uomo, causata da forme progressive bilaterali diffuse di glomerulonefrite od altre malattie parenchimali, i nefroni non
interessati mostrano una ipertrofia e una iperplasia non diversa da quella riscontrata
negli animali sottoposti ad escissione del parenchima renale. Dalle numerose osservazioni cliniche e dargli esperimenti sugli animali, si è sviluppato il concetto che la
base strutturale comune per l'insufficienza renale nell'uomo è una diminuzione del
numero dei nefroni funzionanti, con i restanti nefroni che mostrano una ipertrofia correlata all'aumentato lavoro per ogni nefrone. Questo concetto, esposto in maniera
convincente da sir Roberts Platt e successivamente confermato dai dati forniti da un
ingegnoso modello sperimentale ideato dal dottor Neal Bricker, è stato denominato
“l'ipotesi del nefrone intatto”.
Si deve tener presente che i nefroni non sono strutturalmente tutti identici; ciò nonostante, il concetto di velocità di filtrazione per nefrone ha una utilità pratica proprio
come ha significato la velocità di filtrazione gromerulale per un rene. Nell'insufficienza renale cronica, dovuta sia ad una malattia renale diffusa sia ad una asportazione chirurgica di tessuto renale, il concetto di una popolazione di nefroni residui, sebbene sovraccaricati, ha una certa utilità solo se non viene richiesta una definizione
ben precisa della normalità o della integrità strutturale.
Un aumento del numero delle unità osmoticamente attive deputate all'escrezione produce un aumento del volume dell'urina per minuto, sia nei reni malati che nei normali. Quest'effetto osmotico che viene principalmente esercitato nei tubuli contorti prossimali, fa’ diminuire il riassorbimento del filtrato glomerulare. Se il volume di liquidi
continua ad aumentare, si accresce ulteriormente il volume dell'urina e la osmolalità
urinaria si avvicina a quella del filtrato glomerulare. Da ciò si possono trarre alcune
conclusioni:
1. è noto che la quantità misurata dei soluti escreti per rene è la stessa se la funzionalità renale è normale o ridotta al 20% del normale.
2. sebbene il volume del filtrato glomerulare totale sia ridotto, il filtrato glomerulare medio per nefrone funzionante è notevolmente aumentato.
3. la regolazione omeostatica può essere ottenuta con il 20% delle unità funzionanti disponibili per questo compito.
11
12
Nefrectomia. Asportazione chirurgica di un rene.
Escissione. Asportazione chirurgica di una parte di tessuto od organo.
11
Poiché la quantità di soluto che compare in tubuli è direttamente proporzionale alla
filtrazione glomerulare, i nefroni residui funzionanti lavorano al di sopra delle loro
normali capacità, per cui si ottiene un'eliminazione totale di soluti uguale a quella di
un rene normofunzionante. Tuttavia questo si realizzata con un diminuito riassorbimento di acqua, che si manifesta con una diminuzione delle capacità di concentrazione oppure con debolezza e poliuria13.
In un secondo tempo compare l'incapacità del rene a diluire l'urina, incapacità che si
rende manifesta con l'escrezione di un'urina con osmolalità14 relativamente costante o
isostenuria. Col progredire dell'insufficienza e con la comparsa dell'iperazotemia,
l'aumento della concentrazione dell'urea si aggiunge al carico osmotico totale.
È evidente che il denominatore comune di maggior importanza dell'insufficienza renale cronica è la perdita totale o parziale delle funzioni omeostatiche. Come già detto,
i nefroni funzionanti devono svolgere tutto il lavoro della normale popolazione di nefroni; se il danno renale progredisce, il reni mantengono l'escrezione dell'urea, della
creatinina, dei fosfati inorganici dal momento che la concentrazione di queste sostanze nel plasma è aumentata. Comunque, la capacità dei nefroni residui a compensare le
esigenze metaboliche è nettamente diminuita in quanto i nefroni possono variare l'osmolalità dell'urina soltanto entro limiti molto ristretti.
1.6.4 DISTURBI DELL'EQUILIBRIO ACIDO-BASE
La perdita dei nefroni funzionanti, in un primo tempo, non produce variazioni del pH
del sangue poiché i nefroni residui aumentano il loro volume di escrezione di acidi.
Per questo motivo, nelle prime fasi di una nefropatia, la diminuita escrezione di acidi
può essere svelata solo ricorrendo a determinazioni del carico acido. La perdita continua di nefroni, comunque, riduce progressivamente l'escrezione di acidi e si rende
manifesta gradualmente un'acidosi metabolica. Per principio, una nefropatia dovrebbe
alterare la capacità di escrezione acida per un danneggiamento di qualcuno o di tutti i
meccanismi che normalmente mantengono l'omeostasi acido-basica. Tuttavia, il riassorbimento del bicarbonato e la secrezione di idrogenioni nel tubulo distale sono di
solito conservati in una malattia renale e le principali cause di diminuita escrezione
acida sono rappresentate dalla diminuita disponibilità dei tamponi urinari e dell'ammoniaca.
La prima alterazione dell'escrezione acida che si riscontra è la riduzione dell'escrezione dell'ammonio urinario. A questo stadio, l'escrezione acida totale è di solito ancora normale poiché gli idrogenioni, che avrebbero dovuto scambiarsi con l'ammoniaca, vengono escreti sotto forma di frazione acida titolabile.
13
Poliuria. Aumento della quantità di urina emessa al giorno.
Osmole. Quantità in grammi pari al peso molecolare di un composto diviso per il numero delle particelle in cui esso
può dissociarsi in soluzione. Il termine osmole fa riferimento alla capacità che la sua soluzione ha di esercitare una determinata pressione osmotica su una membrana semipermeabilie. Nel caso di un soluto che non dissocia (ad es. il glucosio) osmosi e moli coincidono. Nel caso di un soluto ionico (NaCl) una quantità in grammi pari alla somma dei pesi atomici di Na e Cl (equivalente ad una mole) genera una mole di Na+ ed una mole di Cl-, quindi due osmosi di particelle.
14
12
Se la nefropatia evolve, l'escrezione di ammonio diviene generalmente molto bassa e
l'escrezione acida dipende esclusivamente dall'escrezione della frazione acida titolabile.
L'escrezione della frazione acida titolabile15 di solito rimane relativamente normale
fino a che la velocità di filtrazione glomerulare (VFG) scende al 20% o anche al 15%
del normale. La stabilità di questo meccanismo deriva dalla mantenuta escrezione idrogenionica del tubulo distale e dalla continua cessione di fosfati per l'escrezione.
Alternativamente, il mantenimento dell'escrezione urinaria di fosfati dipende da due
fattori:
1. se la VFG diminuisce, la concentrazione sierica dei fosfati aumenta, così anche
il carico filtrato: il prodotto della VFG e della concentrazione sierica dei fosfati
rimane, entro certi limiti, costante;
2. vi è una diminuzione nel riassorbimento dei fosfati nel tubulo prossimale.
Normalmente, l'80% o più di fosfati filtrati sono riassorbiti e non appaiono nell'urina finale. Comunque, se la VFG diminuisce, questa frazione scende a valori così bassi da raggiungere il 10% e l'escrezione urinaria di fosfati può rimanere quasi normale, nonostante una diminuzione del carico filtrato.
La diminuzione del riassorbimento tubulare di fosfati, così importante per il mantenimento dell'escrezione acida in presenza di una progressiva insufficienza renale, deriva da una aumentata secrezione dell'ormone paratiroideo. Questo viene stimolato
dalla ritenzione di fosfati e dal conseguente ridotto assorbimento di calcio nel tubo
gastro-intestinale.
Quando la VFG scende al di sotto del 15%-20% del normale, l'escrezione della frazione acida titolabile comincia a scendere, nonostante i due meccanismi compensatori, e l'escrezione acida renale diviene progressivamente inadeguata, determinando un'importante acidosì sistemica.
Nella grande maggioranza dei pazienti affetti da nefropatia, si verifica il seguente
processo: una primitiva diminuzione dell'escrezione dell'ammoniaca, una conseguente riduzione di escrezione della frazione acida titolabile, un pressoché normale mantenimento nella richiesta di bicarbonato e una normale secrezione di idrogenioni nel
nefrone distale. Occasionalmente però, alcuni pazienti si discostano da questo modello e manifestano disturbi o nel riassorbimento del bicarbonato o nella secrezione di
idrogenioni. In questo caso, l'escrezione acida può essere seriamente compromessa,
pur in presenza di una normale o solo lievemente ridotta filtrazione glomerulare.
L'incapacità di riassorbire in maniera completa il bicarbonato filtrato porta ad un acidosi metabolica per una deplezione selettiva del corpo della base coniugata. Oltre tutto, l’incapacità di formare un liquido con un'appropriata acidita nel lume del tubulo
distale compromette in modo diretto la formazione e l'escrezione di ioni ammonio e
fa diminuire l'acidità titolabile.
Disordini del riassorbimento del bicarbonato o della secrezione distale di idrogenioni
possono produrre un acidosi nonostante una normale VFG. Questi disordini fanno
15
Titolazione. Analisi chimica intesa a determinare la quantità di una sostanza contenuta in una soluzione della quale è
noto il volume.
13
parte di forme di acidosi tubulare renale (ATR). Una ATR secondaria ad un anormale
riassorbimento del bicarbonato viene spesso indicata come ATR prossimale, poiché
la maggior quota del riassorbimento del bicarbonato avviene nel tubulo contorto
prossimale; si presume che il difetto risieda nel tubulo prossimale.
L'alterata secrezione di idrogenioni è detta ATR distale per motivi analoghi.
Un'altra designazione più corretta per questa alterazione è ATR di gradiente, in
quanto il difetto principale è in una limitazione assoluta non sul tasso di secrezione di
idrogenioni, ma sul massimo gradiente di pH che può essere ottenuto dall'epitelio tubulare fra il liquido del lume e di sangue. In condizioni normale questo gradiente può
essere superiore a 1000: 1; con un'ATR di gradiente esso è di 100: 1 o minore.
Difetti selettivi dell'acificazione (forme di ATR) sono stati descritti per molte malattie
renali.Una ATR prossimale è di solito associata ad altri disordini dei tubuli prossimali
che fanno parte delle forme complete o incomplete e della sindrome di Fanconi. Una
ATR distale di solito è un disturbo renale ereditario, ma può anche verificarsi in varie
nefropatie acquisite, come in una ostruzione delle vie urinarie, in una pielonefrite, in
una nefrite interstiziale e in affezioni renali dovute a molte malattie sistemiche, come
stati iperglobulinemici, ipercalcemia, anemia drepanocitica, sindrome epatorenale o
abuso di fenacetina.
1.6.5 EFFETTO SULLA FISIOLOGIA SISTEMICA
Sia il meccanismo più comune di ritenzione acida, dovuto ad una diminuita escrezione di ammoniaca, sia quello più raro, dovuto a difetti di acidificazione, hanno un identico effetto sulla fisiologia sistemica: gli idrogenioni trattenuti titolano tutti i sistemi tamponi disponibili, intracellulari ed extracellulari.
Il principale fra i sistemi tampone dei liquidi extra cellulari è il bicarbonato che, nel
processo di titolazione, produce anidride carbonica e acqua con conseguente calo del
contenuto di bicarbonato nel plasma. Una frazione degli anioni trattenuti titola i sali
dell'osso liberando da questo calcio e fosforo con conseguente demineralizzazione
dell'osso stesso.
Il centro respiratorio è stimolato dall'abbassamento del pH ematico che agisce sui
chemiorecettori16 dei grandi vasi e del tronco cerebrale. Il conseguente aumento degli
atti respiratori e della loro profondità fa diminuire la pressione parziale dell'anidride
carbonica, aiutando a mantenere pressoché normale il pH del sangue a spese di un ulteriore abbassamento del contenuto plasmatico di bicarbonato. Se l'insufficienza renale progredisce e la ritenzione di acidi diviene più grave, questo compenso respiratorio
diviene sempre più importante nel mantenere il pH del sangue nei limiti compatibili
con la vita. A questo stadio compare una marcata iperventilazione, spesso indicata
come respiro di Kussmaul. Di solito, è presente solo nei pazienti che soffrono di insufficienza renale in stadio molto avanzato e di uremia17.
16
17
Chemiorecettori. Recettore sensibile a stimoli di natura chimica.
Uremia. Accumulo nel sangue di scorie azotate dovuto a insufficienza renale.
14
I reperti urinari ed ematici nei pazienti che presentano acidosi secondaria all'insufficienza renale sono caratteristici. Il pH del sangue, l'anidride carbonica del sangue e la
concentrazione di bicarbonato sono tuttti diminuiti; la concentrazione di fosfato sierico è alta. Altri anioni18, come il solfato, sono pure aumentati; ne risulta che il divario
anionico, cioè la differnza fra (sodio + potassio) e (cloro + bicarbonato), è aumentato
al di sopra del limite massimo di 15 mEq/l (milliequivalenti19 al litro). Il pH urinario
è generalmente piuttosto basso e l'urina contiene pochi ioni ammonio.
I reperti sono simili nei pazienti che presentano la non comune sindrome di ATR, a
eccezione della ipercloremia che è sempre presente. La filtrazione e l'escrezione di
anioni come solfato e fosfato sono meno compromesse rispetto all'escrezione di idrogenioni. Poiché la concentrazione del bicarbonato plasmatico diminuisce, il cloro
viene conservato allo scopo di mantenere l'elettoneutralità delle siero. Il paziente con
ATR di gradiente, oltre ad avere acidosi ipercloremica, ha un'urina alcalina o insufficientemente acida, che riflette i disturbi di base.
1.6.6 BILANCIO DEL SODIO
In una malattia renale, un’aumentata velocità di filtrazione glomerulare per il nefrone
ha come conseguenza un aumentato carico di sodio per nefrone. Il volume assoluto di
riassorbimento del sodio è così aumentato, ma il riassorbimento frazionato del sodio è
basso. Ne deriva che i tubuli ancora funzionanti riassorbono il sodio ad una velocità
che è vicina al massimo della loro capacità, ma nello stesso tempo vi è un'obbligata
perdita di sodio nell'urina, per cui il paziente con insufficienza renale cronica è particolarmente esposto ad una deplezione20 sodica se l'introito di sodio viene ridotto o se,
come spesso accade, sono presenti nausea e vomito.
In questo caso, una limitazione dell'introduzione di sodio produce tutta una serie di
conseguenze; poiché il rene non è in grado di ridurre appropriatamente l'escrezione di
sodio, si ha un lieve bilancio negativo del sodio. Questo processo si traduce lentamente in una progressiva e grave riduzione del volume extracellulare con conseguente eventuale riduzione della velocità di filtrazione glomerulare si può avere anche riduzione del flusso ematico renale se si sviluppa una oligoemia21; i sintomi e le alterazioni chimiche dell'uremia vengono così esaltati.
18
Anione. Ione dotato di carica negativa.
Milliequivalenti (mEq): unità di misura della concentrazione degli elettroliti in un dato volume di soluzione. In ge(mg/l) • valenza
nere la concentrazione viene epressa in mEq/l e si calcola:
peso molecolare
Per i gas, poiché’ in condizioni standard una quantità di gas equivalente al suo peso molecolare espresso in grammi occupa un volume di 22,4 litri, la concentrazione si esprime in millimoli (mM) per litro.
20
Deplezione. Riduzione della quantità di un liquido o di una sostanza presente nell'organismo.
21
Oligoemia. Diminuzione della quantità di sangue nell'organismo.
19
15
2
EMODIALISI
In qualsiasi studio storico dedicato ai grandi progressi terapeutici compiuti nel XX
secolo dovrebbe essere incluso, in posizione preminente, il rene artificiale. La sopravvivenza quotidiana di migliaia di persone dipende dal rene artificiale, oltre a
quella di pazienti uremici selezionati per il trapianto che vengono mantenuti in dialisi
ospedaliera o domiciliare fino al reperimento di un donatore.
Accanto a ciò il rene artificiale ha salvato migliaia di pazienti affetti da insufficienza
renale acuta, evitando loro di morire per iperpotassiemia o uremia e si è dimostrato
utile nel trattamento di pazienti che avevano ingerito veleni o una eccessiva quantità
di farmaci.
16
2.1 PRINCIPI DELLA DIALISI
Sin dai primi tempi della biochimica, si è scoperto il fondamentale principio fisiologico della dialisi e cioè del movimento dei soluti oltre una membrana semipermeabile
con una direzione e con una velocità proporzionale ai gradienti di concentrazione. Un
esempio classico dell’impiego di questo principio è la tecnica di laboratorio con cui i
soluti legati a proteine vengono separati da quelli non legati a proteine.
Questo fondamentale e semplice principio fisiologico rappresenta il fondamento
dell’attuale rene artificiale o dialisi extracorporea. Il sangue ed il plasma, idealmente
in uno strato estremamente sottile e uniforme, fluisce lungo un lato di una membrana
semipermeabile. Una soluzione di lavaggio, simile al liquido extracellulare normale,
scorre con turbolenza dall’altro lato della membrana, preferibilmente controcorrente
rispetto al flusso del sangue. Qualsiasi soluto che abbia una concentrazione più elevata del sangue rispetto al liquido di dialisi, si muove verso il gradiente di concentrazione più basso e lascia il sangue. Allo stesso modo, qualsiasi soluto che abbia una
concentrazione più elevata nel liquido di dialisi (sodio, glucosio, bicarbonato…) lascerà quest’ultimo ed attraverserà la membrana semipermeabile diffondendo nel sangue. Il sangue, ricostituito e purificato, viene poi restituito alla circolazione del paziente.
Il flusso ematico attraverso il rene artificiale nel corso di una dialisi clinica eseguita
in pazienti uremici non solo determina l’inversione dell’acidosi e la correzione delle
anomalie elettrolitiche, ma serve anche a fornire sostanze nutritive quali il glucosio. Il
beneficio clinico del paziente è il risultato diretto della differenza artero-venosa dei
soluti nocivi che si crea mentre il sangue circola nel rene aritificiale.
Attualmente un grande numero di persone affette da malattie renali croniche vengono
mantenute in vita per lunghi periodi di tempo grazie al rene artificiale. La dialisi viene eseguita due o tre volte alla settimana per quattro ore ogni volta. Altri soggetti in
attesa di un donatore adatto al trapianto vengono mantenuti in vita con la dialisi. Dopo l’esecuzione del trapianto, il paziente può, se necessario, riprendere la dialisi ed
essere sostenuto per brevi periodi di tempo durante gli episodi di aggressione immunitaria o per periodi più lunghi nel caso di rigetto del trapianto.
2.2 STORIA DELLA DIALISI
I postulati dell'impiego della dialisi in medicina risalgono al 1913, quando il Dott.
John Abel della Johns Hopkins Medical School di Baltimora descrisse un metodo
mediante il quale il sangue di un animale vivo poteva essere sottoposto a dialisi al di
fuori del corpo, ed essere nuovamente restituito alla circolazione normale, senza esposizione all'aria, infezione da parte di microrganismi o a qualsiasi alterazione che
possa essere di pregiudizio alla vita. Il filtro di questo sistema era definito rene artificiale.
17
Nel 1924, il tedesco Haas, partendo dall'ipotesi che la sindrome uremica era causata
dalla ritenzione di prodotti normalmente escreti nell'urina e che era possibile allontanarli con un procedimento dialitico, e cioè utilizzando il passaggio di soluti che si verifica quando ai due lati di una membrana semipermeabile vi è un gradiente di concentrazione, eseguì i primi tentativi di emodialisi in pazienti uremici. Quantunque
non vi fossero evidenti effetti clinici per la brevità delle applicazioni, questi esperimenti dimostrarono che il procedimento era utilizzabile in patologia umana. Restavano aperti numerosi problemi: era necessario disporre di membrane resistenti e sufficientemente permeabili per consentire una depurazione significativa; per il circuito
extracorporeo erano richiesti materiali atossici ed apirogeni22; si dovevano mettere a
punto sistemi sicuri di sterilizzazione e di controllo della coagulazione; erano indispensabili accessi vascolari soddisfacenti; era da definire la composizione ottimale
delle soluzioni dializzanti.
Nel 1943 l'olandese Willem J. Kolff poté riprendere le sperimentazioni utilizzando
membrane dializzanti di cellophane23, nuove attrezzature messe a punto con ricercatori del suo gruppo e l'eparina24 come anticoagulante. Dopo due anni di insuccessi e
qualche risultato parziale e dubbio, una donna di 67 anni con insufficienza renale
acuta sopravvisse ad un coma uremico grazie alla dialisi: fu così finalmente confermata la validità del trattamento dialitico. La preparazione e l'esecuzione della depurazione extrarenale erano molto complicate: ad ogni applicazione il circuito extracorporeo, di elevato volume, doveva essere riempito con sangue di più donatori; per l'allacciamento del "rene artificiale" al paziente si incanulavano con un procedimento chirurgico invasivo due grossi vasi, che in genere non potevano più essere usati; la metodica era spesso mal tollerata. Per tali motivi, la depurazione extracorporea poteva
essere ripetuta solo poche volte, ed il suo impiego era ristretto ai casi acuti. Pur con
queste limitazioni, il successo nell'insufficienza renale acuta fu inequivocabile, con
una drastica riduzione della mortalità.
A seguito dei primi risultati già così positivi, nuove energie furono dedicate allo studio dell'uremia, che si incominciava a considerare come potenzialmente correggibile
anche a lungo termine con la dialisi, ed allo sviluppo di questa nuova terapia. I principali ostacoli al suo impiego a tempo indeterminato, com'è richiesto dalle forme croniche, furono gradualmente superati e, nel 1960 a Seattle, nonostante un diffuso scetticismo, fu avviato il primo programma di trattamento dialitico regolare dell'uremia
cronica. Per l'allacciamento ai vasi del paziente era stato ideato un collegamento artero-venoso stabile in teflon25 che veniva disconnesso al momento dell'applicazione. La
soluzione successiva, ora adottata nella maggioranza dei pazienti cronici, fu quella
della fistola artero-venosa interna, realizzata con la connessione chirurgica di un'arte22
Pirogeno. Si dice di farmaco che provoca la febbre.
Cellophane. Pellicola trasparente e incolore, in fogli o in bobine, ottenuta per essiccamento di una soluzione di cellulosa e usata per rivestimenti o imballaggi impermeabili ai grassi, agli idrocarburi e ai gas (ma non al vapore acqueo); si
rigonfia e rammollisce al contatto con l'acqua.
24
Eparina. Sostanza fisiologica anticoagulante, di natura polisaccaride, che si estrae dal fegato e dai polmoni.
25
Politetrafluoroetilene. Polimero dell'etilene fluorurato, molto resistente agli agenti chimici e alla temperatura, usato
in nastro per guarnizioni idrauliche e come rivestimento antiaderente di pentolame da cucina; è noto con il nome commerciale di teflon.
23
18
ria ad una vena superficiale. Questo accesso, resistente e di lunga durata, permette di
ottenere un notevole aumento della portata ematica in un vaso superficiale che si arterializza ed è facilmente accessibile all'infissione estemporanea di due aghi per il prelievo ed il ritorno del sangue. Fu inoltre fondamentale la messa a punto di dializzatori
(filtri) ad elevata superficie di scambio, di piccolo volume interno e con scarse resistenze. I primi erano ingombranti e venivano assemblati a mano; successivamente ne
furono forniti altri tipi, già confezionati e sterili, con configurazioni geometriche emodinamicamente più vantaggiose ed efficienti. Si deve almeno in parte a questi progressi la riduzione della durata delle singole applicazioni da 10 a 6 e poi a 4 ore.
La progettazione dei filtri di dialisi è ancora in evoluzione, ed attualmente, oltre alle
classiche membrane cellulosiche, se ne impiegano numerose altre, di differenti materiali sintetici (poliacrilonitrile, polimetilmetacrilato, policarbonato, polisulfone), con
caratteristiche di depurazione e biocompatibilità sempre migliori. Il divario tra richieste di trattamento di uremici cronici e disponibilità di posti aveva inizialmente creato
drammatici problemi etici e sociali. Per far fronte alle necessità, mentre si cercava di
aumentare il numero e la capienza dei centri ospedalieri, alcuni gruppi anglosassoni
avviarono i primi programmi di dialisi domiciliare. Furono perciò progettate macchine automatiche (monitors), di ingombro ridotto, che consentivano di operare in condizioni di sicurezza senza personale specializzato, preparando automaticamente la soluzione dializzante. Ben presto queste nuove attrezzature si diffusero anche nelle sale
dialisi permettendo di ridurre il numero degli infermieri e gli incidenti tecnici.
Il primo periodo della storia della dialisi può essere definito come quello della messa
a punto di una metodica di dialisi da applicarsi in maniera standard a tutti i pazienti.
Con l'accumularsi dell'esperienza e con la miglior conoscenza dei problemi delle sopravvivenze prolungate in dialisi, si sono poi gettate le basi per il secondo, attuale periodo, che potremmo definire "della dialisi adeguata per il singolo", con una massima
attenzione non solo alla tolleranza immediata, ma anche alle complicazioni a lungo
termine ed alla compatibilità biologica dei materiali di dialisi.
Mentre il trattamento dialitico dell'uremia cronica si diffondeva con successo
crescente, una serie di studi, ancor oggi in pieno sviluppo, venne frattanto indirizzata
alla messa a punto di metodiche alternative all'emodialisi. Obiettivo iniziale era di
migliorare la depurazione di sostanze con peso molecolare più elevato di quello
dell'urea e della creatinina, delle quali si era ipotizzato un possibile ruolo
patogenetico in alcune complicazioni dell'uremia. A questo fine furono proposte
alcune metodiche, come l'emofiltrazione e l'emodiafiltrazione, che rispondono bene a
queste finalità, e sono ben tollerate anche da pazienti con instabilità
cardiocircolatoria. Negli anni ‘70 erano stati anche ripresi gli studi sulla dialisi
peritoneale, proposta sin dal 1923, ma poi quasi del tutto abbandonata per difficoltà
tecniche ed una frequenza eccessiva di peritoniti.
19
2.3 EMODIALISI DOMICILIARE
L’impiego a domicilio del rene artificiale ha rappresentato un importante progresso
nella riabilitazione dei pazienti affetti da malattie renali croniche e debilitanti. In molti casi tale procedimento ha facilitato il ritorno di tali pazienti ad una vita pressoché
normale. Nonostante la maggior convenienza ed indipendenza della dialisi domiciliare, vi sono alcuni fattori che ne limitano una diffusione più ampia. Anche qui il costo
è un fattore limitante: il costo iniziale della dialisi domiciliare è molto più elevato
perché ogni persona deve acquistare un apparecchio di emodialisi; inoltre il paziente
deve possedere un’adeguata conoscenza sulla macchina e sulla procedura che deve
seguire e deve essere sufficientemente motivato a cooperare in tutti gli aspetti del
trattamento. È inoltre necessaria la presenza del coniuge, di un parente stretto o di un
individuo responsabile per far fronte ad eventuali emergenze.
Prima di dare la possibilità ad un paziente di effettuare la dialisi a domicilio è necessario esaminare la sua stabilità psicologica e quella della sua famiglia; nel corso di
questo tipo di terapia infatti possono insorgere particolari problemi psichici non solo
nel paziente, ma anche nei membri della sua famiglia.
2.4 FISTOLE STORIA E DESCRIZIONE
Subito dopo i primi esperimenti dialitici ci si accorse che il requisito fondamentale
per l’esecuzione di un efficace trattamento era un accesso vascolare adeguato, duraturo e non traumatico per i vasi. Durante la seduta dialitica, infatti, il flusso di sangue
da e per il filtro dializzante è continuo, con un passaggio globale di sangue che va dai
50 ai 70 litri.
L’accesso vascolare deve quindi avere particolari caratteristiche di flusso e portata:
per ottenere i flussi necessari per la dialisi bisogna disporre di un vaso che abbia
un’alta portata ed un’alta pressione, da cui poter agevolmente prelevare il sangue; bisogna inoltre disporre di un vaso di grosso calibro, elevata portata e bassa pressione
per il ritorno al paziente del sangue già dializzato. I vasi sanguigni che rispettano tali
caratteristiche sono un’arteria il primo ed una vena di discrete dimensioni il secondo.
Le prime sedute dialitiche venivano eseguite procedendo alla cateterizzazione intermittente di arterie e vene periferiche tramite cannule di vetro o di metallo, suturando
poi i vasi al termine di ogni seduta, apportando in tal modo notevole disagio al paziente, al personale medico ed infermieristico e conducendo rapidamente ad un esaurimento dei vasi superficiali utilizzabili; frequente era inoltre la puntura diretta
dell’arteria radiale, della vena femorale o della cava inferiore e per il rientro la vena
femorale controlaterale.
20
2.4.1 SHUNT ARTERO-VENOSI ESTERNI: CENNI STORICI E
CONSIDERAZIONI ATTUALI
Si tratta di protesi in materiale plastico grazie alle quali è stato possibile iniziare il
trattamento emodialitico cronico agli inizi degli anni ‘60.
Erano costituiti, nella versione allora più utilizzata, da una branca arteriosa realizzata
in silastic morbido che tramite un terminale rigido in teflon, denominato tip, veniva
inserito attraverso un’arteriotomia26 in un’arteria periferica degli arti superiori o inferiori e da una branca venosa che, con le stesse modalità, incannulava una vena generalmente prossima e parallela all’arteria. Poiché il tubo dello shunt, in corrispondenza
del tratto incannulato dal tip era fissato alla parete vasale con legature appropriate,
l’inserimento dello shunt comportava sempre la "terminalizzazione" dei vasi interessati.
Parte del tubo di silastic era posizionato sottocute fino al punto di inserimento nel vaso, parte fuoriusciva all’esterno e veniva manipolato dagli operatori della dialisi al
momento delle operazioni di connessione e di sconnessione.
Durante il periodo non dialitico, le due branche erano connesse con un breve tratto rigido – detto ponte – che assicurava il passaggio del sangue dalla branca arteriosa a
quella venosa.
26
Arteriotomia. Incisione chirurgica di un'arteria.
21
Al momento della dialisi, le due branche venivano sconnesse a livello del ponte e collegate rispettivamente con l’apparato arterioso e venoso del dializzatore. Tutte queste
manovre dovevano essere eseguite da personale abbigliato sterilmente previa preparazione di un campo sterile sul quale appoggiare il braccio del paziente debitamente
disinfettato. Nel corso degli anni furono proposti differenti tipi di shunt.
22
È una modificazione al disegno dello shunt
tradizionale con l’intento di creare una struttura con raggio di curvatura definito, senza necessità di sconnessione e connessione considerate causa di traumatismo sulle pareti vasali
incammulate dal tip. La strutturazione di questo tipo di accesso prevedeva la presenza di
due tubi dello stesso materiale delo shunt in
connessione diretta con il lume dello shunt ai
due estremi del tratto di curvatura. I due tubi
venivano perfettamente occlusi da un mandrino di plastica. In posizione di riposo il flusso
ematico circolava nella struttura a U dello
shunt senza diffondere nelle due propaggini.
Quando era necessaria la connessione dialitica, i due tratti rettilinei venivano connessi rispettivaemnte con il set arterioso e venoso del
dializzatore.
Le due branche dello shunt in silastic erano
rivestite per 9 cm della loro parte prossimale
da un manicotto di dacron velour che si continuava con un patch avalare di 30 mm dello
stesso materiale. Le estremità del tubo in silastic erano tagliate a livello del patch con un
angolo di 30°. Il cilindro di dacron aveva lo
scopo di attivare una reazione tessutale fibroplastica con formazione di una capsula fibrosa
destinata a rendere solidale la protesi nei confronti del piano sottocutaneo, realizzando una
barriera nei confronti dei germi provenienti
dell’esterno. I patch avalari erano utilizzati
per eseguire la connessione con i vasi generalmente a livello dell’asse femorale. I vantaggi di questo shunt erano rappresentati dalla
grande portata, dall’assenza di tip singoli
ell’interno dei vasi e dalla solidità di impianto. Gli svantaggi, dalla gravità delle eventuali
complicanze e dalla problematica della sua
ablazione quando non era più utilizzabile.
23
Questo tipo di protesi esterne erano tutte caratterizzate comunque da una vita relativamente breve, generalmente complicata da episodi flogistico–trombotici e/o infettivi
che richiedevano operazioni di pulitura complesse e che si facevano sempre più frequenti con l’invecchiare della protesi stessa fino a renderne impossibile il recupero.
Si rendeva allora necessario reimpiantare lo shunt in un tratto di vaso più prossimale.
Questa procedura trovava un limite tecnico insuperabile quando si arrivava a vasi arteriosi che non potevano essere terminalizzati, o che erano in prossimità di una apertura articolare o che erano troppo profondi.
2.4.2 ANASTOMOSI
Prima di proseguire con la fistole artero-venosa può essere interessante spendere alcune parole su come vengano realmente collegate un’arteria e una vena (questa unione viene detta anastamosi).
Nello scegliere la vena verso la quale si vuole indirizzare il flusso arterializzato occorre tener presente che questa, da un punto di vista ideale, deve essere lunga a sufficienza da poter permettere un frequente cambio di sede della venipuntura e deve essere la più rettilinea possibile. Inoltre, le sedi previste per l’infissione degli aghi non
devono mai coincidere con pieghe articolari.
Una volta individuata la vena che si vuole utilizzare e fatti tutti gli opportuni accertamenti sulla validità della scelta (assenza di cicatrici, assenza di malattie immunologiche…) si può procedere con l’anastamosi che può essere sinteticamente descritta
dalla figura nella pagina seguente.
2.4.3 DIVERSI TIPI DI ANASTOMOSI
Le tecniche chirurgiche con le quali e’ possibile realizzare l’anastamosi ovvero il collegamento di un vaso arterioso donatore ed un vaso venoso adiacente possono essere
condotto in modalità:
• latero (arteria) - laterale (vena): è il tipo tecnicamente più agevole; vena ed arteria sono affiancate longitudinalmente
• latero (arteria) - terminale (vena): il vaso venoso viene connesso lungo il diametro trasversale all’ arteria tramite arteriotomia longitudinale
• termino (arteria) - terminale (vena): i due vasi si affrontano secondo il diametro trasversale del loro lume.
Nella scelta del tipo di combinazione anastomotica si deve tener conto fondamentalmente di due fattori. Il primo è rappresentato dal grado di esperienza dell’operatore:
le anastomosi in latero–laterale sono le più agevoli e possono sempre essere trasformate in latero–terminali funzionali al termine dell’intervento quando si è certi che la
fistola è ben funzionante. Il secondo è costituito dalla necessità di accostare nella ma24
niera più armonica possibile i due capi vasali. Ogni volta che i due assi vasali sono
disposti su piani di profondità diversa le anastomosi latero-laterali rischiano sempre
di esercitare una tensione fra i due settori a meno che non si utilizzino dissezioni vasali molto ampie. Più fisiologico in questo caso l’impiego di latero (arteria)-terminali
(vena).
Per uno sfruttamento ottimale delle risorse venose è opportuno in questo caso, ogni
volta possibile, anziché terminalizzare la vena principale, eseguire l’anastomosi su di
una collaterale venosa in modo tale da creare una anastomosi a T che può permettere
un flusso bidirezionale.
Le termino–terminali sono attualmente poco utilizzate sui vasi nativi e hanno una loro indicazione solo nella combinazione protesi-protesi e vena-protesi. La modalità più
utilizzata e quella latero-terminale.
Al completamento dell’ anastomosi si dovrebbe palpare, a livello della vena, il fremito, il cosiddetto thrill. L’ assenza di tale fremito e la presenza della sola pulsazione arteriosa trasmessa suggeriscono un occlusione venosa e quindi impongono la necessità
di una revisione della fistola stessa.
25
2.4.4 FISTOLA ARTERO-VENOSA CIMINO-BRESCIA
L’uso dello shunt venne progressivamente soppiantato dall’avvento della fistola artero–venosa tipo Cimino-Brescia che rimane a tutt’oggi l’accesso permanente di prima
scelta.
Tale accesso è ottimale per la buona conduzione della seduta dialitica principalmente
perché conserva una buona pervietà27 a lungo termine e per una bassa incidenza di
complicanze infettive o trombotiche; inoltre la sua localizzazione immediatamente
sotto il derma ne permette una facile e ripetuta puntura transcutanea.
Provvista di un vaso venoso di adeguato calibro, la fistola endogena può essere costruita a livello del polso (fistola distale) o a livello della faccia anteriore del gomito
(fistola prossimale). Sfortunatamente esistono condizioni che rendono difficile o addirittura impossibile la costruzione di tale accesso vascolare, come la sclerosi o la
trombosi dei vasi venosi, solitamente causate da venipunture ripetute nel tempo, o
l’esistenza di vasi venosi sottili, fragili e profondi nel tessuto sottocutaneo come spesso si può osservare nelle donne in età post-menopausale. Importante, inoltre, è risparmiare la vena safena28 che può essere utilizzata per possibili future ricostruzioni
arteriose; da preferire infine l’arto non dominante sia per facilitare l’eventuale autovenipuntura da parte del paziente, sia per lasciare libero l’arto dominante nel corso
della seduta dialitica.
La sede di questo tipo di fistola si trova nel terzo distale dell’avambraccio, prossimalmente all’articolazione del polso. Utilizza come vaso arterioso l’arteria radiale e
come efferente29 venoso la cefalica dell’avambraccio ed in qualche raro caso una sua
collaterale mediale.
L’incisione cutanea, di lunghezza variabile, può iniziare a 2-3 cm prossimalmente al
processo stiloideo del radio e va praticata a metà distanza fra il decorso dell’arteria e
della vena prescelta. L’anastomosi può essere di tipo latero-laterale, come inizialmente descritta da Cimino-Brescia, o una latero terminale. La terminalizzazione (vedi voce A-1 nella figura seguente) della vena sembra preferibile in quanto permette di eseguire un’incisione cutanea più contenuta, riduce il rischio di iperflusso per minore
tendenza dilatativa della bocca anastomotica, mette al sicuro da un’arterializzazione
retrograda della rete venosa (verso la mano).
Questo tipo di fistola rappresenta certamente la versione più facile di accesso vascolare esistente sia per quanto concerne l’esecuzione tecnica che per l’entità delle possibili complicazioni. La frequenza di insuccessi è molto contenuta e la durata generalmente eccellente. Il maggior rischio per le versioni in latero-laterale è rappresentato dal sovraccarico cardiaco che può divenire anche sintomatico e richiedere una revisione della fistola stessa.
27
Pervietà. La condizione di normale apertura di un condotto o di un orifizio.
Vena Safena. Vena sottocutanea degli arti inferiori, che origina dalle vene dorsali del piede.
29
Efferente. Si dice di condotto che porta un liquido fuori dell'organismo.
28
26
a: latero-laterale
b: latero-terminale
27
2.4.5 I PROBLEMI INTRAOPERATORI
I problemi intraoperatori possono essere:
•
•
•
una rete venosa superficiale inadeguata, per vasi venosi di piccolo calibro e/o
sclerotici che non permettono una dilatazione strumentale superiore a 3-4 mm
di diametro
ipoplasia30 dell’arteria radiale o calcificazioni parietali importanti
ipotensione con pressione arteriosa minore di 80 mmHg
Per l’utilizzazione tale accesso richiede un periodo di "maturazione", necessario per
l’arterializzazione dei vasi venosi, che diventano in tal modo pungibili periodicamente; tale periodo è variabile e dipende principalmente dalle caratteristiche dei vasi utilizzati nell’ anastomosi. Un uso prematuro può portare alla perdita dell’ accesso in
quanto il segmento venoso non può tollerare ripetuti incannulamenti.
Per quanto riguarda le fistole prossimali queste, di solito, vengono costruite qualora
vi sia stato un fallimento, precoce o tardivo, dell’intervento distale. Inoltre anche in
individui con vasi arteriosi di piccolo calibro, per ipoplasia, angiosclerosi o calcificazioni tale sede può essere un’ottima alternativa a quella distale.
A questo livello c’è il vantaggio di poter utilizzare un’arteria donatrice, quella omerale, ad alta portata che permette all’accesso di fornire un flusso sanguigno elevato e
costante.
A differenza delle fistole distali, queste possono essere utilizzate anche a distanza di
sole 48 ore dalla loro costruzione, poiché la portata elevata dei vasi non richiede un
periodo di maturazione prima della venipuntura.
Le complicanze dell’accesso vascolare permanente consistono principalmente in:
•
•
•
•
•
Trombosi
Infezioni
Ischemia
Insufficienza cardiaca
Aneurismi e pseudoaneurismi
La bassa sopravvivenza delle fistole endogene è da ricollegarsi principalmente alla
precoce chiusura, di solito entro il primo mese dall’intervento; nessuna differenza di
sopravvivenza è stata osservata tra le fistole distali e quelle prossimali.
Consideriamo ora in dettaglio le varie complicanze sopraelencate:
30
Ipoplasia. Sviluppo insufficiente o diminuzione di volume di un organo per mancato accrescimento o per diminuzione del numero delle sue cellule.
28
Trombosi
La trombosi è la causa più comune della perdita dell’accesso vascolare; essa insorge
di solito per una riduzione del flusso ematico dell’innesto che può essere provocato
da:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Errori tecnici durante la preparazione chirurgica
Stenosi31 venosa
Eccessiva compressione della fistola dopo la dialisi
Errato incannulamento
Ipotensione
Ipovolemia32
Compressione accidentale della fistola per assunzione di particolari posizioni
durante il sonno
Stenosi arteriosa
Diatesi33 trombotica
Altri fattori possono essere importanti nel determinare la trombosi della fistola: la
presenza di anticorpi anticardiolipina è associata a frequenti stenosi dell’innesto, ma
anche condizioni di ipercoagulabilità possono provocare gli stessi problemi. La terapia con eritropoietina esplica uno scarso effetto sulla trombosi dell’accesso se si mantiene l’ematocrito34 ai valori raccomandati.
Infezione
L’infezione della fistole artero-venosa (FAV) è la seconda causa più frequente della
perdita dell’accesso e rappresenta circa il 20% di tutte le complicanze dell’accesso
vascolare sintetico.
Al contrario, l’infezione delle FAV endogene è alquanto raro ed è dovuto nella maggior parte dei casi all’inoculazione batterica in corso di incannulamento localizzandosi prevalentemente nella sede di puntura. Anche per quanto riguarda le protesi sintetiche l’infezione è da correlarsi all’inoculazione durante la puntura pre-dialitica; la presenza di un ematoma a livello della protesi o di un aneurisma35 con trombo associato
aumentano notevolmente il rischio di perdita della FAV.
Ischemia distale
I sintomi di ischemia36 dell’estremità distale dell’arto interessato dalla FAV non sono
molto frequenti, ma sono difficili da risolvere ed interessano più facilmente pazienti
in cui già preesiste una vasculopatia periferica importante.
31
Stenosi. Restringimento patologico, congenito o acquisito, di un orifizio o di un condotto anatomico.
Ipovolemia. Diminuzione del volume del sangue nell'organismo.
33
Diatesi. Predisposizione, per lo più ereditaria, dell'organismo a una determinata malattia.
34
Ematocrito. Rapporto fra il volume del plasma e quello dei globuli rossi.
35
Aneurisma. Dilatazione anomala (congenita o patologica) di un'arteria.
36
Ischemia. Deficiente apporto di sangue in un organo o in una parte dell'organismo.
32
29
Un flusso ematico deficitario alla mano deriva dallo shunt diretto verso una fistola
prossimale e dalla sindrome da furto arterioso in cui il flusso arterioso viene shuntato
dal circolo palmare alla fistola tramite l’arteria radiale.
L’ischemia si manifesta con la comparsa di dolore a riposo, con cianosi e riduzione
del termotatto alla mano, quando questa viene tenuta in posizione declive; tali disturbi sono più evidenti nei pazienti diabetici.
I disturbi spesso si attenuano nelle settimane successive alla costruzione della fistola,
per lo sviluppo di circoli collaterali. Se questo non fosse sufficiente si può tentare di
ridurre il flusso ematico nella fistola, favorendo quindi il flusso verso l’estremità distale dell’arto, con un bendaggio, con la piegatura dell’innesto o con l’interposizione
di un altro innesto, anche se di solito non si ottengono dei risultati incoraggianti.
Insufficienza cardiaca
Nei pazienti in cui esistono già delle cardiopatie (scompenso cardiaco congestizio di
qualsiasi natura, coronaropatia, cardiopatia ipertensiva) la costruzione di una FAV
può favorire l’ sorgenza di complicanze cardiache che vanno dall’ipotensione ad uno
scompenso cardiaco ad alta gittata. Tali complicanze sono più frequenti se il flusso
della fistola eccede il 20% della gittata cardiaca.
Anche in questo caso si dovrebbe tentare con artifici tali da ridurre il flusso della fistola (bendaggi, attorcigliamento dell’innesto...), ma, data l’elevata percentuale degli
insuccessi, il legamento dello shunt rimane il trattamento risolutivo dei casi in cui gli
altri metodi non si sono rivelati efficaci.
Aneurismi e pseudoaneurismi
La puntura ripetuta nello stesso sito della fistola può provocare la formazione di aneurismi e pseudoaneurismi; tali complicanze sono particolarmente importanti nelle
fistole sintetiche, causa il danno progressivo che si viene a determinare
sull’impiantato. Per ridurre l’incidenza di tali complicanze è consigliabile la rotazione
delle sedi di venipuntura.
Aneurismi e pseudoaneurismi generalmente si trattano mediante revisione chirurgica
dell’accesso, con escissione o legatura dell’area interessata.
2.4.6 TECNOLOGIE DISPONIBILI
Una prima considerazione va fatta sulla disponibilità di cateteri venosi di nuova concezione. Infatti dai cateteri monolume che venivano introdotti in arteria ed in vena, si
è passati ai cateteri bilume coassiali, a camere appaiate o a camere che si sdoppiano
nella parte intravascolare, in poliuretano o in silicone, con lumi sempre più ampi in
modo da garantire flussi ematici maggiori.
Lo sviluppo tecnologico delle diverse apparecchiature ha portato alla realizzazione di
macchine in grado di condurre tutti i tipi di trattamento sopraccitati semplicemente
variando l'impostazione su pannelli operativi.
30
Per quanto riguarda il problema dell'anticoagulazione, l'uso dell'eparina alla dose di
5-8 UI/Kg/ora è ancora il sistema più largamente impiegato, per il quale si ha la maggiore esperienza. L’uso dell'eparina garantisce la possibilità di monitorarne rapidamente ed ovunque gli effetti e di antagonizzare gli eccessi con solfato di protamina.
Inoltre l'eparina e ancora l'anticoagulante a costo più contenuto.
Buoni risultati si ottengono anche con l'uso delle eparine a basso peso molecolare
somministrate nel circuito extracorporeo o per via sottocutanea al paziente. Per quanto riguarda le prostacicline, i costi elevati e l'impossibilita di monitorare i livelli ematici o di evidenziare un sovradosaggio rendono queste sostanze poco indicate per i
normali trattamenti, confinando il loro utilizzo in quei casi in cui si hanno particolari
condizioni cliniche.
L'impiego del citrato trova parecchi consensi e sicuramente costituisce il metodo migliore per anticoagulare il solo circuito extracorporeo senza effetti sul paziente.; tuttavia il suo uso non e semplice e richiede personale particolarmente addestrato per
eseguire frequenti monitoraggi e reinfusioni adeguate per prevenire gli squilibri di
sodio, calcio e bicarbonato.
2.4.7 NUOVI ORIZZONTI - SEPSI
A questo proposito sono numerosi ormai i dati della letteratura che dimostrano la
possibilità di intervenire precocemente con trattamenti di rimozione extracorporea,
indipendentemente dalla presenza o meno di insufficienza renale, per rimuovere
TNF-alfa ed altri mediatori con un effetto protettivo generalizzato a tutto l'organismo.
Tale approccio tuttavia è ancora piuttosto discusso ed è tuttora in fase di studio e verifica.
Tuttavia, considerando che in corso di sepsi37 si ha una disregolazione tra produzione
di mediatori ad azione protettiva e non e che si ha un passaggio di mediatori nel torrente circolatorio, l'applicazione di metodiche di depurazione continua si basa sul tentativo di ridurre i livelli circolanti di tali mediatori. È stata infatti dimostrata da numerosi studi la possibilità di passaggio nell'ultrafiltrato di alcune di queste sostanze e gli
approcci alla loro rimozione sono di vario tipo: in Olanda ed in Australia due gruppi
di ricercatori hanno dimostrato un miglioramento clinico trattando con CVVH per
ventiquattro ore ad almeno 2L di ultrafiltrazione oraria e per sei-otto ore incrementando l'ultrafiltrazione a 4L/h.
Altri ricercatori italiani hanno sviluppato una metodica chiamata CPFA (Coupled
plasma filtration adsorption, ovvero plasmafiltrazione adsobimento) in cui dal sangue
che passa attraverso un plasmafiltro viene separato il plasma contenente i mediatori.
Il plasma a sua volta viene fatto circolare attraverso una speciale cartuccia di resina
che ha grandi proprieta adsorbitive per queste sostanze e poi reinfuso nella linea ematica. Rispetto ad una plasmaferesi tradizionale, in corso di CPFA viene separato, rigenerato e reinfuso al paziente il proprio plasma con vantaggi in termini di costi e di
37
Sepsi. Infezione generalizzata all'intero organismo.
31
sicurezza per trasmissione di malattie. Rispetto ad un'emoperfusione, metodica usata
in caso di avvelenamenti in cui il sangue intero viene fatto passare attraverso una cartuccia di carbone che ha proprietà di adsorbire determinate sostanze tossiche, in corso
di CPFA le cellule ematiche non vengono a contatto con la resina e quindi si evitano i
problemi di consumo piastrinico e di ipocalcemia che si verificano con l'emoperfusione. Questo è di sicuro vantaggio in pazienti che spesso sono ipopiastrinemici e che
presentano quindi problemi di coagulazione.
Altre metodiche che sono allo studio in Italia ed in uso in paesi come il Giappone si
basano sull'impiego di una membrana sulla cui superficie e stata legata la Polimixina
B che ha un'affinità specifica per le citokine: ad ogni passaggio del sangue attraverso
tale membrana viene rimossa una quota piuttosto elevata di mediatori.
2.4.8 ACCESSI PERITONEALI
Per molti anni l'impiego della dialisi peritoneale fu limitato ai casi di insufficienza renale acuta; la metodica richiedeva la perforazione della parete addominale ad ogni
seduta, in quanto non si disponeva di accessi permanenti. Fu Maxwell nel 1959 a dare
impulso a questa metodica ideando un nuovo tipo di catetere in nylon, per l'uso estemporaneo, che però poteva essere lasciato in sito per più sedute. Risale al 1964 il
primo catetere a permanenza propriamente detto, ideato da Palmer e Quinton. Il catetere fu modificato nel 1968 da Tenckhoff e Schechter; da allora questo tipo di catetere, flessibile, morbido, non traumatico ed idoneo ai trattamenti cronici ha avuto una
grandissima diffusione.
Il catetere viene in genere inserito per via laparotomica38 sottombelicale mediana.
L'accesso al peritoneo determina una comunicazione tra ambiente interno ed esterno,
e costituisce dunque una zona a rischio per le infezioni peritoneali; i vari tipi di catetere proposti in epoca successiva a Tenckhoff hanno limitato solo in parte le complicanze infettive dell’apertura e del tragitto sottocutaneo, le dislocazioni e gli intrappolamenti da parte dell'omento39, e resta tuttora aperto il problema di creare un accesso
pratico e del tutto sicuro.
La tecnica di posizionamento riveste un ruolo fondamentale nel garantire un buon
funzionamento del catetere; recentemente, in alternativa agli approcci chirurgici o
semichirurgici, è stato proposto l'uso di un peritoneoscopio, che consente di visualizzare direttamente la cavità peritoneale e l'omento, di individuare eventuali aderenze e
di posizionare il catetere in una zona libera da anse intestinali.
38
Laparotomia. Apertura chirurgica della cavità addominale.
Omento. Parte del peritoneo che, dopo avere avvolto la massa gastrointestinale (piccolo omento), scende a guisa di
grembiule nella parte anteriore della cavità addominale (grande omento).
39
32
2.5 EPARINIZZAZIONE: SISTEMICA E REGIONALE
L’eparinizzazione sistematica è generalmente il presupposto per l’esecuzione di una
emodialisi. Nei pazienti in cui vi è una controindicazione al prolungamento del tempo
di coagulazione (es. traumi recenti, eventi chirurgici, ustioni, anamnesi riferibile ad
ulcere sanguinanti) si impiega di solito la dialisi peritoneale. Qualora si renda necessaria una dialisi rapida, si può impiegare il rene ariticiale ricorrendo alla tecnica
dell’eparinizzazione regionale.
Alcuni centri impiegano questa tecnica per tutti i pazienti in emodialisi, onde eliminare il possibile rischio di un’eparinizzazione sistemica. L’eparinizzazione regionale
implica la somministrazione di eparina dal alto arterioso del rene artificiale, seguito
dalla sua neutralizzazione con portamina dal lato venoso. In questo modo il tempo di
coagulazione del sangue nella macchina è prolungato da un’ora e mezza all’infinito,
mentre il tempo di coagulazione della persona collegata all’apparecchio viene mantenuto nei limiti della norma per norma per mezzo della titolazione con protamina.
33
L’efficienza di questa tecnica dipenda dalle quantità di eparina somministrate in rapporto al valore del flusso ematico attraverso il rene. Dato che questi due farmaci hanno diversi spazi di distribuzione nel corpo è possibile che l’eparina, ritornando nel
circolo ematico attraverso la linfa, possa esercitare un effetto anticoagulante diverse
ore dopo la cessazione della dialisi. Questa possibilità deve essere tenuta presente e
combattuta, se necessario, con la somministrazione di ulteriori dosi di portamina.
2.6 DIALISI PERITONEALE
La dialisi peritoneale e l’emodialisi sono basate sullo stesso principio fisiologico. Esse differiscono principalmente nel fatto che la dialisi peritoneale impiega una membrana biologica ed è generalmente meno efficace. Durante questo tipo di emodialisi
vengono iniettati nella cavità peritoneale, mediante un catetere o un ago molto grosso, sino a 2-4 litri di liquido di dialisi.
Il peritoneo agisce come membrana semipermeabile; i soluti presenti nel sangue, grazie al principio di osmosi, grazie al principio di osmosi, filtrano oltre il peritoneo e si
34
versano nel liquido di dialisi. Dopo un opportuno intervallo di tempo necessario a che
il sistema si metta in equilibrio (generalmente dopo 1-2 ore) il liquido di dialisi, assieme alle sostanze nocive, viene rimosso dalla cavità peritoneale per mezzo di un catetere polivinilico. Il procedimento viene ripetuto diverse volte in un periodo di circa
ventiquattro ore.
La membrana della parete capillare sembra essere la barriera cellulare principale per
quanto concerne la diffusione dei soluti ematici nella cavità peritoneale. Di conseguenza l’entità della diffusione diviene una funzione del flusso del sangue splancnico, della differenza di concentrazione dei soluti tra sangue e liquido di dialisi e del
grado di mescolamento che ha luogo durante il periodo in cui avviene l’equilibrio
nella cavità peritoneale.
Per quanto concerne la rimozione di veleni e dei principali metanoli dell’uremia, si
può ritenere che l’efficacia di una buona dialisi peritoneale sia circa un sesto rispetto
a quella dell’emodialisi, per unità di tempo. Ciononostante, il procedimento è utile
nei pazienti che si trovano in particolari condizioni, quali quelli colpiti da infarto del
miocardio e nei quali non è desiderabile un’improvvisa modificazione della pressione
ematica. Inoltre, la dialisi peritoneale è utile in quelle condizioni che precludono
l’impiego dell’eparinizzazione sistemica, anche se in questo caso la tecnica
dell’eparinizzazione regionale può costituire una valida alternativa.
La dialisi peritoneale può essere impiegata anche per mantenere in vita i pazienti con
insufficienza renale cronica affinché essi possano inserirsi nel programma di dialisi
cronica con un rene artificiale.
2.6.1 DIALISI PERITONEALE E RICIRCOLAZIONE
È una tecnica che implica l’uso di due cannule. Il liquido di dialisi, a flusso continuo,
viene pompato nella cavità peritoneale attraverso una cannula e inviato, attraverso
un’altra, a una dializzazione ad ultrafiltrazione. Questo apparato non solo rimuove i
soluti nocivi dal liquido di dialisi, ma concentra nel liquido stesso le proteine che
normalmente vanno perdute durante il procedimento. Quando il liquido di dialisi viene restituito al paziente, l’aumentata concentrazione delle proteine rende minima la
loro ulteriore perdita.
La via peritoneale è stata usata raramente nei pazienti che richiedono una dialisi a
lunga durata perché è difficile ottenere un bilancio nutritivo, data la perdita proteica a
cui comunemente si va incontro. Inoltre, in quasi tutti i pazienti compaiono, in genere
dopo 6-8 mesi, processi infettivi anche se è stata impiegata una tecnica rigorosamente
sterile.
35
3
DIALISI E RENI ARTIFICIALI
3.1 INTRODUZIONE
La definizione di dialisi si può tradurre come un processo chimico-fisico, per cui alcune molecole disciolte in un mezzo liquido, passano ad un altro mezzo liquido attraverso una membrane semipermeabile.
Gli obbiettivi della dialisi sono quindi:
depurare il plasma dai prodotti azotati derivanti dal metabolismo proteico e
presenti in alte concentrazioni nello stato uremico
riequilibrare il bilancio idro-elettrolitico e acido-base
Il passaggio delle varie molecole è determinato dalla presenza di pori di varie dimensioni presenti sulla membrana, inoltre la membrana influenza la depurazione in base
al grado di permeabilità ai solventi e ai soluti e alla biocompatibilità. Infatti il ripetuto
contatto del sangue con la membrana di dialisi comporta reazioni biologiche di tipo
infiammatorio ed immunologico; a tale riguardo si definiscono maggiormente biocompatibili le membrane che comportano minore attivazione del sistema della coagulazione e dei meccanismi di flogosi40.
Lo scambio di molecole avviene a livello extracorporeo , dove sangue e bagno dialisi,
separati dalla membrana semipermeabile, vengono fatti circolare in senso opposto
l’uno con l’altro. Per ottenere una depurazione ottimale, è necessario che il circuito
ematico extracorporeo garantisca un elevata portata ematica (200-300 ml/min). Per
mezzo di una pompa peristaltica a velocità regolabile, da un primo ago si aspira il
sangue portandolo verso il filtro dializzatore dove avverranno gli scambi depurativi.
Il livello di coagulazione del sangue presente nel circuito extracorporeo viene
controllato grazie all’infusione di eparina; in uscita dal filtro, il sangue rientra nella
circolazione del paziente, attraverso un secondo ago.
Il filtro dializzatore è costituito da fibre capillari cave (8°000-15°000), o a piastra, di
diametro variabile, costruite da materiale sintetico o cellulosico. Con queste membrane si depura il sangue dalle varie sostanze tossiche, si effettua lo scambio di sostanze
sostitutive presenti nel liquido di dialisi, avviene la sottrazione di acqua accumulatasi
in eccesso nell’organismo del paziente.
Il bagno dialisi è un liquido la cui composizione è costituita da acqua precedentemente trattata (resa sterile e priva di sostanze chimiche tossiche) e da due soluzioni concentrate (acida e basica), che vengono miscelate con un rapporto pari a: una parte di
concentrato e 35 parti di acqua.
40
Flogosi. Infiammazione.
36
•
Il bagno dialisi è veicolato al filtro in direzione opposta al flusso ematico, rivestendo tutta la superficie dei capillari contenuti nel dializzatore. La circolazione
contro-corrente potenzia la depurazione di tipo diffusiva.
Nel circuito del liquido dializzatore viene applicata una pressione di tipo negativo,
questa pressione creata dalla pompa di ultrafiltrazione, all’interno del circuito idraulico, è più o meno accentuata secondo la variabilità di alcuni parametri:
•
•
•
•
le dimensioni e il grado di permeabilità della membrane del dializzatore;
il calo peso (ultrafiltrazione) più o meno accentuato, impostato dall’infermiere,
dietro prescrizione medica;
la velocità della pompa sangue che determina la variabilità della pressione positiva applicata al filtro;
le resistenze dell’accesso vascolare (pressione negativa di aspirazione, pressione positiva di rientro).
All’interno del comparto ematico del filtro è sempre presente una pressione positiva,
mentre all’interno del comparto del bagno dialisi è sempre presente una pressione negativa.
La pressione ematica positiva sommata algebricamente alla pressione del liquido di
dialisi in negativo, a livello della membrana semipermeabile, determina la pressione
di transmembrana41 (TMP), vale a dire la pressione efficace di ultrafiltrazione.
La TMP non deve mai essere negativa. Quando ciò accade si ha una ultrafiltrazione
inversa (backfiltration), cioè il passaggio di bagno dialisi nel sangue. Il rischio maggiore è costituito dal fatto che il bagno dialisi, non essendo sempre un liquido completamente sterile, può provocare il passaggio di endotossine e batteri nel sangue, determinando nelle peggiori delle ipotesi delle gravi reazioni settiche.
3.2 MECCANISMI OPERATIVI
Il trasporto di acqua e dei soluti, intra- ed extracellulare avviene per gradiente di concentrazione (diffusione) e/o per gradiente di pressione idrostatica (convezione).
Nella diffusione il passaggio di soluti avviene per un movimento molecolare di soluti
attraverso le membrane, secondo un gradiente di concentrazione e con passaggio
pressoché nullo di solvente. Questo meccanismo si ottiene prevalentemente nella dialisi tradizionale (dialisi con utilizzo di bicarbonato).
Nella convezione il passaggio dei soluti attraverso la membrana di dialisi avviene per
trascinamento da parte del solvente, che viene forzato ad attraversare la membrana
41
Pressione transmembrana. La forza che spinge il liquido a fluire attraverso una membrana per ultrafiltrazione.
37
per effetto di una forza idrostatica. Così permette una sottrazione di solvente e di soluto.
Questo meccanismo (associato a quello diffusivo), si ottiene nelle modalità dialitiche
che utilizzano anche delle infusioni (HDF, AFB, PFD); nell’emofiltrazione (HF) invece si ha un trasporto puramente convettivo.
3.3 LEGGE DI FICK
La relazione che descrive il fenomeno della diffusione da un punto di vista macroscopico venne determinata sperimentalmente da Fick nel 1855, osservando come, a
parità di temperatura, di sostanza diffondente e di solvente, la massa di sale che diffonde attraverso una determinata interfaccia fosse direttamente proporzionale al gradiente di concentrazione attraverso la superficie, all'area della superficie stessa ed alla
durata del fenomeno osservato; infine, notò come esso risultasse sempre diretto dalle
regioni a concentrazione maggiore verso quelle a concentrazione minore.
3.3.1 1° LEGGE
Ipotesi semplificative del problema:
•
•
•
•
•
due punti in una soluzione separati da una distanza molto piccola dx
la differenza di concentrazione c misurata in tali punti
la quantità di soluto dm che attraversa una area data A in un tempo molto piccolo dt
come ipotesi semplificativa assumiamo che la diffusione avvenga unicamente
nella direzione c=c(x) cioè che dc/dy=dc/dz=0
la concentrazione vari molto lentamente ma apprezzabilmente nel tempo.
Fatte queste premesse la legge di Fick dice che la massa che attraversa l’area data risulta essere:
dm= –DA(dc/dx)dt
Dove D è una costante di proporzionalità.
Definendo ora j il flusso di materia attraverso la superficie come portata di massa
(quantità di massa nel tempo) per unità di superficie (l/A) si ottiene:
j=dm/Adt
Allora la formula precedente può essere riscritta come:
38
j= –Ddc/dx
Così scritta, la legge di Fick non si limita semplicemente a formalizzare il fenomeno,
ma separa le grandezze fisiche che in esso variano da quelle che rimangono costanti
in ragione delle condizioni sperimentali che sono state imposte. D'altra parte, come è
facile intuire, la temperatura, il tipo di soluto e quello di solvente sono parametri fisici molto importanti per il fenomeno in esame. Così ad esempio, è esperienza comune
il fatto che lo zucchero si scioglie in minor tempo nel caffè bollente che in quello
freddo; lo zucchero si scioglie in minor tempo nell'acqua che nel latte; l'alcool diffonde in acqua in minor tempo rispetto al vino.
In realtà, la legge di Fick, scritta in questa forma, tiene conto anche della temperatura,
del tipo di soluto e di solvente: infatti, al variare di una o più di queste grandezze fisiche varia la costante di proporzionalità D, cioè: D dipende dalla temperatura, dal tipo
di soluto e di solvente. D è quindi un tipico esempio di parametro fenomenologico ed
è chiamato coefficiente di diffusione.
3.3.2 2° LEGGE
La prima legge di Fick non è sufficiente per risolvere completamente tutti i problemi
di diffusione. Infatti basta notare che il flusso diffusionale può modificare il gradiente
di concentrazione che spesso è conseguentemente funzione del tempo.
Una seconda relazione interessante dalla quale si ricava appunto la dipendenza della
concentrazione dal tempo, si ottiene ricordando che deve essere sempre rispettato il
principio della conservazione della massa. Questo si può esprimere con una relazione
che imponga che la variazione di concentrazione della sostanza in un volumetto infinitesimo aperto agli scambi di materia sia identica alla differenza tra i flussi entrante
e uscente nel medesimo elemento di volume.
Facendo vari conti matematici si ottiene che la relazione fra tempo e concentrazione
risulta essere:
dc/dt=D(d2c/dx2)
3.4 COSTITUENTI DEL RENE ARTIFICIALE
Il rene artificiale è senza dubbio una macchina molto complessa (causa anche
l’enorme quantità di elettronica introdotta negli ultimi anni), ma è ancora possibile
individuare quattro elementi principali per cercare di capirne il funzionamento.
Questi elementi sono:
1.
2.
3.
4.
Il filtro dializzante;
Il circuito ematico extracorporeo;
Il circuito del liquido di dialisi;
Il monitor di controllo.
39
3.4.1 IL FILTRO DIALIZZANTE
3.4.1.1
BREVE STORIA
Il dializzatore a spirale più frequentemente impiegato è stato quello a doppia spirale
di Kolff. Questo consisteva in due spirali di tubi piatti di cellophane, sostenuti da una
rete di fibre di vetro o di polipropilene ed avvolte attorno ad un nucleo centrale.
L’intero sistema delle spirali era immerso in un recipiente nel quale veniva pompato
il liquido di dialisi. Il sangue circolava attraverso le spirali di cellulosa e le sostanze
di degradazione, i farmaci o i veleni venivano portati fuori nel dializzato (vedi Fig.).
Data la resistenza delle spirali, era necessaria una pompa per mantenere un adeguato
flusso di sangue attraverso l’apparecchio. ERa necessario inoltre un grosso serbatoio
per il liquido di dialisi, capace di contenere sino a 100-300 litri.
Il prototipo del sistema a lamine e piastre è rappresentato dal rene artificiale di
Skeggs-Leonard che è composto da lamine di cellophane racchiuse tra piastre metalliche solide e rigide. Il sangue fluisce in canali tra le lamine di cellophane, controcorrente rispetto al liquido di dialisi, che scorre nei solchi tra le lamine di cellophane e le
piastre.
Il dializzatore di Kiil è una modifica del precedente ed impiega materiali diversi quali
ad es. il cuprophane invece del cellophane ed il polipropilene invece delle piastre metalliche. L’apparecchio a lamine e piastre fornisce un sistema con bassa resistenza e
di conseguenza, diversamente da quanto avviene con il sistema a doppia spirale, di
solito si può mantenere un flusso grazie alla sola pressione sanguigna, ovviando virtualmente alla necessità di una pompa per il sangue. Ad ogni modo, è necessario un
grosso serbatoio per il liquido di dialisi, come nel rene a doppia spirale.
In molti centri di dialisi viene impiegato un serbatoio comune di liquido di dialisi che
serve per 8-10 dializzatori. Fortunatamente, il liquido di dialisi non deve essere mantenuto batteriologicamente sterile nel corso della dialisi. Ogni qualvolta però vi è un
contatto con il sangue, bisogna impiegare tecniche asettiche.
Il rene capillare è un emodializzatore più piccolo, ma certamente altrettanto efficace.
L’impiego di spirali arrotolate o di tubi di trasudazione ha reso possibile una riduzione della dimensione ed inoltre questo tipo di dializzatore non richiede il riempimento
con sangue prima dell’uso.
40
Oggi
Costituisce l’unità funzionale del rene artificiale. In esso avvengono gli scambi di soluti e di acqua fra il sangue del paziente ed il liquido di dialisi. Le membrane dializzanti possono essere costituite da materiali diversi che ne conferiscono differenti ca-
41
ratteristiche depurative e di biocompatibilità, derivanti dalla cellulosa, cellulosa modificata o membrane di derivazione sintetica.
Le caratteristiche di finezza richieste (in particolare per l’ultrafiltrazione) e l’alto rischio di intasamento del filtro da parte delle soluzioni da processare fanno sì che i filtri debbano essere dotati di proprietà “antiblocco”, come ad esempio l’asimmetria interna e il basso assorbimento dei materiali utilizzati.
In alternativa, per minimizzare l’intasamento, si possono usare unità dotate di un alto
rapporto area filtrante/volume di campione.
L’ultrafiltro è una membrana semipermeabile che, dopo applicazione di una pressione
positiva, trattiene la maggior parte delle macromolecole, mentre le molecole più piccole passano nel filtrato
Gli ultrafiltri sono disponibili in parecchi livelli di selettività: con diametri dei pori
che vanno da 10 a 103 Angstrom (ossia 0,001–0,1 mm), che alle normali pressioni operative permettono di separare particelle da 103 a 106 Dalton.
Perché l’ultrafiltrazione funzioni in modo efficiente sono spesso necessarie condizioni operative che minimizzano la concentrazione di soluti sulla superficie della membrana, evitando la formazione di uno strato gelatinoso che ostruisce la membrana
stessa (effetto detto polarizzazione di concentrazione). Vi sono alcune strategie che
permettono di superare questo problema: celle con agitazione, filtrazione verticale (in
cui la membrana è montata verticalmente in modo che lo strato di molecole che si
forma sulla membrana cada verso il basso per gravità), filtrazione tangenziale.
Riportiamo di seguito alcuni termini usati nell’ultrafiltrazione:
Polarizzazione da concentrazione: Accumulo delle molecole del soluto sulla superficie della membrana (detto anche Strato di gel). La polarizzazione può essere influenzata dalla pressione applicata attraverso la membrana, dalla concentrazione di soluto
e dal flusso del permeato.
Concentrato: Campione trattenuto dalla membrana dopo la filtrazione
Diafiltrazione: Rimozione dei soluti più piccoli da una soluzione, lasciando le molecole più grosse nel retentato.
42
Filtrato: Chiamato anche permeato, porzione di un campione che è passata attraverso
la membrana.
Filtrazione a flusso tangenziale (TFF): Una filtrazione dove il liquido viene ricircolato tangenzialmente alla superficie della membrana mentre viene applicata una pressione che forza il passaggio del liquido attraverso la membrana. L’azione di allontanamento operata dalla TFF minimizza la formazione dello strato di gel e di conseguenza l’intasamento.
Grande importanza nella progettazione e realizzazione dei filtri risiede nei materiali
impiegati che differiscono per il contenitore e per la membrana che devono essere
sterili e generalmente monouso.
3.4.1.2
MEMBRANE PER FILTRI O DIALIZZATORI
La membrana semipermeabile di dialisi rappresenta senza dubbio il nucleo centrale
del sistema della dialisi. Infatti tutte le tecniche dialitiche consistono nel far giungere
il sangue dal paziente al liquido di dialisi a contatto con la membrana semipermeabile, dove avviene la dialisi stessa.
Dal punto di vista funzionale, possiamo immaginare la membrana di dialisi come se
fosse costituita da una superficie ricoperta da pori di diametro variabile, di modo che
solo alcune sostanze di dimensioni inferiori al diametro dei pori, possano attraversarla e vengono quindi perse nel liquido di dialisi, mentre le altre, di dimensioni maggiori, vengono conservate. Da un punto di vista pratico, le tossine uremiche più comuni
(urea, fosfati, potassio....) hanno un basso peso molecolare, sono cioè di piccole dimensioni, e quindi passano attraverso le membrane di dialisi abbandonando il flusso
ematico. Invece altre molecole utili all’organismo come le proteine, che sono di peso
molecolare elevato, non passano la membrana di dialisi e vengono conservate.
Ma le dimensioni di una molecola non sono l'unico fattore che ne determina la dializzazione: un altro fattore molto importante é costituito dall’alone di idratazione42.
L’alone di idratazione aumenta il diametro della molecola e ne riduce quindi la dializzabilità. Naturalmente poi le cariche elettriche, presenti su una molecola modificano il passaggio attraverso la membrana di dialisi, a seconda che le cariche elettriche
di superficie della membrana siano di segno uguale o contrario. È noto, infatti, che
cariche di segno opposto si attraggono e di segno uguale si respingono.
Infine ha molta importanza il legame proteico delle vie molecolari. Le proteine, infatti, hanno dimensioni elevate e non vengono dializzate.
3.4.1.3
CARATTERISTICHE IDEALI DELLE MEMBRANE SEMIPERMEABILI
Prima di parlare dei vari tipi di membrane semipermeabili vediamo, ora, quali dovrebbero essere le caratteristiche ideali. Una prima caratteristica, necessaria, data la
42
Alone di idratazione. Capacità di una molecola di legare a se altre molecole di acqua attraverso cariche elettriche.
43
produzione industriale é la costanza della caratteristica, cioè che tutti i lotti di produzione siano assolutamente uguali tra di loro. Inoltre la membrana ideale dovrebbe avere una elevata efficacia depurativa, che però dovrebbe essere selettiva nel senso che
dovrebbe presentare una selettività biologica, tale da permettere l’eliminazione delle
tossine e trattenere sostanze utili all'organismo (come vitamine, aminoacidi....).
Un'altra caratteristica più facilmente ottenibile é un'ultrafiltrazione graduale, in modo
da poter ben modulare la sottrazione di peso, secondo le necessità del paziente. Inoltre la membrana di dialisi dovrebbe essere molto resistente, in modo da poter essere
lavorata senza problemi in varie forme ed in modo da evitare episodi di rottura. La
membrana di dialisi infine non dovrebbe interferire in alcun modo con la biologia del
paziente (attivazione del complemento43, della coagulazione ...) dovrebbe cioé essere
biocompatibile.
Infine, visto che l'emodialisi viene utilizzata in modo continuativo, in un sempre
maggiore numero di pazienti, e quindi incide sempre di più nella spesa sanitaria, le
membrane di dialisi dovrebbero avere un basso costo.
43
Complemento. Fattore proteico del plasma sanguigno che, reagendo con il complesso antigene-anticorpo, contribuisce a combattere le infezioni.
44
3.4.1.4
TIPI DI MEMBRANE SEMIPERMEABILI
Le membrane possono essere cellulosiche, cioè derivare dalla cellulosa o da polimeri
artificiali. In ogni caso tutte le membrane attualmente utilizzate sono polimeri, costituiti cioè da una serie di molecole di base (monomeri) che si legano tra di loro e possono essere individuati i seguenti gruppi:
•
•
•
•
Membrane a base di cellulosa rigenerata
Membrane derivate dalla cellulosa
Membrane sintetiche idrofobiche44
Membrane sintetiche idrofiliche45
Membrane a base di cellulosa rigenerata
La cellulosa é un polimero naturale, costituente del legno e molto diffuso in natura.
Poiché il polimero naturale é insolubile, per la preparazione delle membrane si adoperano dei derivati acetilati, utilizzando complessi amminici con il rame (metodo cuprammonium). La membrana tipica di questo gruppo é il cuprophan, a base di cellulosa solubilizzata e riprecipitata. È la membrana che ha permesso la diffusione del
trattamento dialitico, e con la quale vengono trattati oltre il 60% dei pazienti in emodialisi. Il cuprophan viene utilizzato per dializzatori a rotolo, a piastra e capillare. Lo
spessore di membrana varia da 11 a 18 micron46. Tale membrana è molto idrofila e
presenta un grado di ultrafiltrazione relativamente ridotto. L'efficienza dialitica é
buona per sostanze a basso peso molecolare, ma risulta molto scarso per le medie molecole. Il cuprophan sembra essere poco biocompatibile, ma generalmente non presenta rischi di retrodiffusione.
Membrane derivate dalla cellulosa
Alcune membrane di dialisi vengono ottenute esterificando47 la cellulosa. La più comune é l'acetato di cellulosa, che viene usato a scopo industriale (ad esempio come
supporto dei nastri adesivi). In alcuni gruppi OH della cellulosa sono sostituiti dal radicale acetato. Altra membrana di tale gruppo é l'emophan, in cui gruppi OH- sono
sostituiti dal radicale dietilaninoetilico, e che viene utilizzata solo per le dialisi. Tali
membrane sono utilizzate per la costruzione di dializzatori a piastre o capillari, e presentano caratteristiche molto simili al cuprophan. Generalmente però lo spessore della membrana é più elevato ed esiste una maggiore permeabilità, anche se la rimozione
delle medie molecole é molto ridotta. L'ultrafiltrazione é buona e ben graduabile. Non
presentano rischi di retrofiltrazione e sembra presentino una migliore biocompatibilità.
44
Idrofobiche. Capaci di respingere l’acqua.
Idrofiliche. Capaci di assorbire acqua.
46
Micron. Un milionesimo di metro (1 × 10-6 m).
47
Estere. Composto in cui l'idrogeno di un acido organico (esteri organici) o inorganico (esteri inorganici) è sostituito
con un radicale organico.
45
45
Membrane sintetiche idrofobiche
Le membrane sintetiche sono costituite da polimeri non esistenti in natura. Presentano oltre alla membrana una struttura reticolare di sostegno, spugnosa, per cui anche
se il loro spessore è elevato l'ultrafiltrazione risulta comunque elevata. Infatti lo spessore è 3-5 volte superiore a quello delle membrane cellulosiche, ma la parte filtrante
vera e propria ha uno spessore molto ridotto.
Generalmente sono sostanze utilizzate dall'industria per la costruzione di materie plastiche e tessuti. Membrane tipiche di questa classe sono il polisulfone, il polimetil metacrilato ed il poliacrilonitrile (sulfonato o non sulfonato). Tali membrane presentano
una buona depurazione per le medie molecole e possono arrivare ad una permeabilità
di 40°000 di peso molecolare, molto vicina cioè alla dimensione della proteina. L'ultrafiltrazione è molto elevata e questo rende queste membrane ideali per le tecniche
dialitiche che utilizzano l'infusione (emofiltrazione, biofiltrazione...) ma aumenta di
molto la retrodiffusione del liquido della dialisi. Inoltre la loro idrofobia rende necessario l'uso di umidificanti che vengono parzialmente rilasciati successivamente. Sembrano però presentare una buona biocompatibilità.
Membrane sintetiche idrofiliche
Queste membrane presentano caratteristiche generali molto simili a quelle cellulosiche, anche se è stata descritta una migliore biocompatibilità. Le membrane tipiche di
questa categoria sono il polietercarbonato (gambrane) e l'etilvinilalcool (eval). Presentano un'ultrafiltrazione media con buona rimozione delle piccole molecole, ma
scarsa delle medie molecole. Con tali membrane il rischio della retrodiffusione è molto ridotto.
3.4.1.5
ALCUNI ESEMPI E DATI DI FILTRI PRODOTTI DALLA
DITTA BELLCO S.p.A.
Filtro DIAPES a membrana
La membrana DIAPES impiega un nuovo polimero caratterizzato da un equilibrio ottimale tra la struttura idrofobica del polieteresulfone e le componenti idrofiliche del
polivinilpirrolidone (PVP). Ciò conferisce alla membrana un eccellente profilo di
emocompatibilità a minima interazione con le componenti del sangue.
La membrana DIAPES ha una struttura innovativa che combina tre strati aventi differenti porosità e funzionalità. Ciò conferisce alla membrana un'ampia flessibilità applicativa sia in termini di ultrafiltrazione che di caratteristiche convettive.
La membrana DIAPES è stata sviluppata mediante una nuova tecnologia che prevede
un filo spaziatore tra i capillari della membrana per ottimizzare la distribuzione del
dializzato. La membrana pertanto risulta avere caratteristiche depurative altamente
stabili per tutta la durata del trattamento.
46
Questa membrana è una membrana sintetica ad alta permeabilità con uno spessore
della fibra di soli 30 micron. Grazie a ciò la membrana si caratterizza con prestazioni
uniche in termini di trasporto dei soluti.
Urea (ml/min)
241 246 250 255
241 246 250 255
Creatinina (ml/min)
216 223 227 234
216 223 227 234
Fosfati (ml/min)
205 213 218 226
205 213 218 226
Vitamina B12 (ml/min)
160 166 170 177
160 166 170 177
51
51
UFR (ml/h•mmHg)
Superficie effettiva (m2)
Compartimento sangue (ml)
61
68
80
1,20 1,40 1,60 1,90
73
85
94 109
61
68
80
1,20 1,40 1,60 1,90
73
85
94 109
Compartimento liq. dialisi (ml)
132 154 169 192
132 154 169 192
Compart. sangue (mmHg)
<50 <45 <30 <25
<50 <45 <30 <25
Compartimento liq. dialisi (mmHg) <50 <50 <50 <50
<50 <50 <50 <50
Diametro interno (µm)
200 200 200 200
200 200 200 200
Spessore parete (µm)
30
30
Lunghezza (mm)
Diametro (mm)
Peso (g)
30
30
30
30
30
30
305 305 305 305
305 305 305 305
55
55
55
55
55
178 191 192 211
55
55
55
197 209 213 230
Filtro HEMOPHAN a membrana
HEMOPHAN mantiene le elevate proprietà meccaniche delle membrane cellulosiche
e nello stesso tempo ha una migliorata compatibilità nell'interazione sangue/membrana espressa da una leucopenia48 e da una attivazione complementare significativamente ridotte.
48
Leucopenia. Diminuzione dei globuli bianchi del sangue.
47
HEMOPHAN può essere sterilizzato con tutte le metodiche di uso corrente e costituisce un equilibrio ideale tra le esigenze depurative in trattamenti diffusivi e la richiesta
di un migliore profilo di biocompatibilità.
Urea(ml/min)
229 247
258
231 254
211 238 253 231 254
214 224 231
Creatinina (ml/min)
186 208
222
192 218
174 198 213 192 218
184 198 209
Fosfati (ml/min)
152 169
182
176 199
148 163 175 176 199
150 163 173
Vitamina B12(ml/min)
59
69
77
66
77
44
48
53
51
60
56
66
74
UFR (ml/h•mmHg)
5,9
7,4
8,6
7,3
9,2
3,1
4,0
4,5
3,9
5,2
5,5
7,0
8,0
Superficie effettiva (m2)
1,15 1,36 1,72 1,20 1,60
67
83
96
70
Comp. liq.dialisi (ml)
150 171
157
149 169
150 171 157 149 169
140 120 120
Comp. sangue (mmHg)
<50 <45 <30< <50 <45
<50 <45 <30 <50 <45
<50 <45 <40
Comp. liq.dialisi (mmHg)
<35 <35
<35
<35 <35
<35 <35 <35 <35 <35
<35 <35 <35
Diametro interno (µm)
200 200
200
200 200
200 200 200 200 200
200 200 200
Lunghezza (mm)
Diametro (mm)
Peso (g)
8
8
8
6,5
6,5
67
8
83
8
96
8
70
6,5
88
1,35 1,64 1,92
Comp. sangue (ml)
Spessore parete (µm)
88
1,15 1,36 1,72 1,20 1,60
6,5
73
8
90
8
103
8
305 305
305
305 305
305 305 305 305 305
305 305 305
36
39
39
36
36
55
155 161
166
159 161
39
39
39
36
39
155 161 166 159 161
55
55
200 208 224
Filtro CUPROPHAN a membrana
L'elevato grado di porosità fine, insieme all'ottima resistenza meccanica della membrana consentono di ottenere fibre a differente diametro e spessore di parete al fine di
ottimizzare le performances depurative in applicazioni diffusive. L'ottima clearance
(depurazione) diffusiva ottenibile per le piccole molecole, l'ultrafiltrazione tale da assicurare una sufficiente rimozione di fluidi in eccesso, le modeste necessità di eparinizzazione nonché la più ampia applicabilità dei metodi correnti di sterilizzazione
fanno di CUPROPHAN una scelta sicura per la dialisi tradizionale.
48
Urea (ml/min)
215 237 251 266
173 178 181
Creatinina (ml/min)
166 187 213 223
153 163 170
FosfatI (ml/min)
137 156 173 191
131 141 147
Vitamina B12 (ml/min)
48
59
69
77
54
63
69
UFR (ml/h•mmHg)
4,5
5,9
7,4
8,6
5,5
7,0
8,0
Superficie effettiva (m2)
Compartimento sangue (ml)
1,08 1,35 1,64 1,95
52
67
83
96
1,35 1,64 1,92
73
90
103
Compartimento liq. dialisi (ml)
121 151 172 157
140 120 142
Compart. sangue (mmHg)
<60 <50 <45 <30
<50 <45 <40
Compartimento liq. dialisi (mmHg)
<35 <35 <35 <35
<35 <35 <35
Diametro interno (µm)
200 200 200 200
200 200 200
Spessore parete (µm)
7,5
7,5
Lunghezza (mm)
Diametro (mm)
Peso (g)
3.4.1.6
7,5
7,5
7,5
7,5
7,5
305 305 305 305
305 305 305
32
55
36
39
39
150 155 161 166
55
55
200 208 224
MATERIALE DEL CONTENITORE
Acrilico - Acrilico modificato (A-MA): scarsa resistenza chimica, basso contenuto di
estraibili e basso potere legante delle proteine, non autoclavabile. Adatto per soluzioni acquose o biologiche.
Polipropilene (PP): resistente ai solventi, bassa capacità di ritenzione proteica, ideale
per filtrazione di campioni proteici.
Teflon -PTFE : idrofobo, ideale per solventi organici aggressivi.
49
Policarbonato (PC): bassa resistenza a sostanze chimiche inorganiche, adatto per
campioni acquosi e a pH neutro.
3.4.1.7
MATERIALE PER LA MEMBRANA
Polivinildifluoruro (PVDF): idrofilo bassa ritenzione proteica e alta compatibilità
chimica, ideale per filtrare soluzioni acquose, campioni proteici.
Polisulfone (PS): idrofilo, bassa ritenzione proteica, ideale per filtrazione di soluzioni
acquose e campioni proteici.
Polietilensulfone (PES): idrofilo, esente da tensioattivi, bassa capacità legante le proteine, elevata velocità di flusso, basso livello di estraibili inorganici e ottima resistenza chimica. Le membrane in PES sono ideali ad esempio colture cellulari.
Nitrocellulosa (NC): esente da triton, bassa percentuale di estraibili, ottime qualità
bagnanti, ideale per applicazioni microbiologiche,non resistente ai solventi.
Acetato di cellulosa (CA e Surfactant Free Cellulose Acetate-SFCA): esente da triton,
con basso livello di estraibili, bassa capacità di legame delle proteine, ottima capacità
filtrante dei campioni biologici in genere, non resistente ai solventi.
Nylon (NY): idrofilo e privo di tensioattivi, livello molto basso di estraibili e alta resistenza ai solventi. Adatto per campioni acquosi, autoclavabile fino a 121°C.
Allumina: è atossico, caratterizzato da un basso livello di estraibili e da minimo legame proteico. È ideale per sterilizzazione a freddo, microscopia, biologia cellulare.
Vetro borosilicato: l’azione combinata della membrana e del prefiltro in vetro borosilicato da 1 mm elimina la necessità della prefiltrazione e aumenta significativamente
il volume del filtrato.
3.4.2 IL CIRCUITO EMATICO EXTRACORPOREO
Costituito da una serie di cavi di piccolo calibro, di materiale plastico, articolati in
due segmenti principali: la linea arteriosa e la linea venosa. Il sangue proveniente dal
paziente arriva al filtro dializzatore per mezzo della linea arteriosa; dopo aver attraversato il filtro, ritorna depurato al paziente lungo la linea venosa. Questo, centinaia
di volte nel corso di ogni singola seduta dialitica.
La progressione del sangue nel circuito extracorporeo è assicurata da una pompa di
tipo peristaltico. La sterilità del filtro dializzatore e di tutto il circuito extracorporeo è
ottenuta mediante sterilizzazione con ossido di etilene, con raggi gamma o con raggi
beta. L’incoagulabilità del sangue nel circuito extracorporeo in generale, e nel filtro
dializzatore in particolare, è assicurata dal lavaggio di queste strutture, nella fase di
preparazione del circuito, con una soluzione eparinata e dalla somministrazione di
eparina durante la seduta emodialitica.
3.4.2.1
50
LINEE EXTRACORPOREE
Circuito arterioso
La linea arteriosa è dotata di un'estremità che si collega alla cannula arteriosa, di un'estremità che si collega al filtro e di una via laterale per l'eparinizzazione del sistema ; questa è ottenuta tramite una pompa a siringa. Il circuito completo dopo essere
stato assemblato, va riempito con sangue, ed e’ estremamente importante eliminare
tutta l'aria del circuito, sia essa nel settore ematico (arterioso e venoso) che in quello
del filtrato.
Circuito venoso
La linea venosa è provvista di un'estremità che si raccorda alla cannula venosa e di
un'estremità che si collega al filtro.
Caratteristiche di una linea ematica fornite dalla Bellco S.p.A.
51
La linea ematica in Pivipol è composta da un tubo in Polivinil-Cloruro (PVC) plastificato con Di-(-2-Etil)-Esilftalato (DEHP) coestruso49 internamente con uno strato di
Poliuretano.
Il processo di coestrusione permette:
•
•
Al PVC di effettuare l'azione meccanica e di supporto propria del tubatismo
plastico.
Al Poliuretano di espletare la funzione di interfaccia biocompatibile con il sangue con cui viene in contatto. Le linee ematiche in Pivipol, durante il trattamento dialitico in circolazione extracorporea, assicurano la riduzione di traumatismi a carico delle parti corpuscolate del sangue grazie alla propria peculiare composizione chimico-fisica.
Quest'ultima conferisce alle linee ematiche in Pivipol una elevata biocompatibilità
garantita da:
•
•
49
Minor attivazione del complemento per merito di superfici estremamente lisce,
minimizzando il traumatismo cellulare, riducendo il rischio di formazione di
trombi, favorendo una minore adesione piastrinica e un migliore scorrimento
del sangue.
Ritardata migrazione dei plastificanti dal tubo in PVC al sangue grazie
“all’effetto barriera" prodotto dall'estrusione in Poliuretano.
Estrusione. Procedimento di lavorazione di materiali plastici, o resi temporaneamente tali (materiali metallici, materie plastiche e sim.), che consiste nel forzare il materiale attraverso un'apertura sagomata al fine di ottenere tubi, barre o
profilati vari.
52
Un indicatore elettivo di biocompatibilità è la rilevazione di C3a (Anafilotossina) nel
sangue esposto a trattamento dialitico in circuito extracorporeo. Quando il sangue
viene a contatto con una superficie estranea nell'organismo si determina una reazione
che sviluppa la C3a, in una sorta di processo infiammatorio.
3.4.2.2
DISINFEZIONE STERILIZZAZIONE
La disinfezione va distinta dalla sterilizzazione in quanto individuano due metodi di
pulizia differenti.
Per disinfezione (usata prevalentemente nella pulizia delle macchine per dialisi) si intende tutto ciò che porta alla eliminazione dei microrganismi patogeni dall’ambiente
53
e da veicoli, impedendo così la trasmissione delle malattie infettive dalla fonte di infezione all’individuo sano.
La sterilizzazione (usata per la pulizia dei materiali disposable) fa qualcosa in più
della disinfezione: infatti porta alla distruzione di tutti i microrganismi (spore comprese), siano essi patogeni oppure no.
3.4.2.2.1
STERILIZZAZIONE
La scelta del sistema più adeguato di sterilizzazione dipende essenzialmente dal tipo
di prodotto o materiale che deve essere trattato. A seconda che si vogliano sterilizzare
terreni di coltura, materiale di laboratorio o strumentario ospedaliero si può scegliere
tra autoclavi50, stufe a secco, impiego di raggi gamma, individuando poi all’interno
della gamma di attrezzature disponibili per ogni sistema di sterilizzazione quella più
adatta alle proprie necessità. Una volta effettuato il trattamento per la verifica di avvenuta sterilizzazione si ricorre alla convalida fisica, a indicatori chimici e biologici.
Ogni procedimento può essere schematicamente distinto dagli altri osservando i seguenti parametri:
• il meccanismo della sterilizzazione è tipico per ogni metodo di sterilizzazione
• l’efficacia del trattamento di sterilizzazione è influenzata dalla natura
dell’agente inquinante, dal suo D-value (parametro di resistenza alla sterilizzazione): dose necessaria per abbattere di n. 1 Log il microrganismo campione
• la sicurezza del trattamento di sterilizzazione è influenzata dalla quantità
dell’agente inquinante, dalla sua popolazione presente sul dispositivo medico
• la sterilità deve essere espressa come probabilità matematica di contaminazione
residua, livello di sicurezza della sterilità (SAL), che è in funzione della criticità del prodotto: dispositivi medici devono avere SAL = 10-6 .
•
Esistono, come già detto, diverse tecniche di sterilizzazione anche se quelle più efficaci ed utilizzate sono tre:
• ossido di etilene
• irraggiamento gamma
• irraggiamento beta
ed attualmente il loro utilizzo in processi industriali ha i seguenti numeri
• 48 % ossido di etilene
• 40 % irraggiamento gamma
• 12 % altro (irraggiamento elettroni accelerati….)
50
Autoclave. . Recipiente cilindrico a chiusura ermetica capace di resistere a pressioni superiori a quella atmosferica; è
usato come sterilizzatore, attivatore di processi chimici, regolatore di pressione.
54
Raggi gamma
Le radiazioni gamma sono onde elettromagnetiche ad alta energia (fotoni), prive di
massa e di carica elettrica, quindi caratterizzate da una profonda penetrazione.
L’assenza di massa riduce al minimo l’interazione con la materia ed è per questo che
le radiazioni gamma vengono definite ionizzanti.
Sono emesse da radioisotopi per raggiungere la stabilità attraverso il fenomeno detto
decadimento, che non comporta la formazione di scorie radioattive. Il radioisotopo
universalmente utilizzato a tale scopo è il Cobalto 60. L’emissione fotonica è certa e
segue precise leggi fisiche: ciò permette di conoscere a priori la dose che si andrà a
somministrare.
L’elemento caratterizzante l’irraggiamento è la dose assorbita la cui unità di misura è
il Gray (Gy).
L’uso dei dispositivi medici in plastica non sterilizzabili al calore hanno prodotto un
crescente sviluppo della sterilizzazione per irraggiamento gamma.
Le radiazioni gamma, attraversando la materia, cedono a questa una certa quantità di
energia che dipende dal numero di fotoni incidenti, dalla loro energia e dalla natura
della materia stessa. Gli effetti delle radiazioni sui microrganismi sono legati alla presenza di acqua nelle cellule.
L’effetto diretto consiste nell’interazione con le molecole del DNA causandone la
rottura ed impedendo quindi la replicazione cellulare. Altro effetto è il danneggiamento dei substrati proteici che danneggiano le membrane cellulari.
Il maggior vantaggio di questo processo consiste nell’avere un unico parametro su cui
esercitare il controllo: la dose assorbita. L’assenza di residui, la pressoché nulla produzione di calore, l’assenza di sollecitazioni meccaniche e la peculiare efficacia su
batteri (sporigeni e non), muffe e lieviti sono altri vantaggi che, uniti al primo, rendono questo tipo di sterilizzazione particolarmente adatta per dispositivi medici, materie
prime e prodotti farmaceutici non finiti (in bulk) e finiti, materie prime e prodotti cosmetici in bulk e finiti, materiali di laboratorio e materiali di confezionamento.
Quello dell’irraggiamento a radiazioni gamma è un servizio svolto da società specializzate che si avvalgono di bunker in cui si trova la cella di irraggiamento, dove il materiale da sterilizzare viene caricato e movimentato in modo totalmente automatico.
Gli imballaggi contenenti il materiale da sterilizzare spediti dal committente vengono
alloggiati negli appositi contenitori di irraggiamento con dimensioni fisse (irradiation
container), sopra vengono apposte delle etichette radiosensibili. Si procede anche al
posizionamento dei dosimetri nei punti prefissati.
Quando l’intero lotto di sterilizzazione raggiunge la cella di irraggiamento, un sistema di movimentazione automatica garantisce che ogni singolo contenitore di irraggiamento occupi sequenzialmente ognuna delle posizioni differenti e simmetriche rispetto alla sorgente. Il processo viene gestito da un sistema di supervisione computerizzato.
La rimozione del lotto dalla cella di irraggiamento avviene tramite un sistema di carico/scarico automatico. Viene inoltre controllato il viraggio dell’indicatore radiosensibile e vengono rimossi i dosimetri per la misura della dose. Il rilascio di un lotto steri55
lizzato è vincolato infatti al controllo che la dose somministrata sia stata effettivamente quella prescelta. È il laboratorio dosimetrico a determinare la dose somministrata per via spettrofotometrica. Se la dose è conforme, la direzione impianti approva
il trattamento e il personale procede alla preparazione del materiale in uscita.
L’elevata penetrazione permette di intervenire sull’imballaggio finale chiuso, escludendo qualsiasi manipolazione dei prodotti contenuti prima, durante e dopo il trattamento. Il processo avviene in condizioni ambientali di temperatura, pressione e umidità controllati, non lascia residui di nessun genere e quindi non è necessaria alcuna
quarantena per il rilascio del prodotto.
Ossido di etilene (ETO)
L’ossido di etilene è un gas incolore, infiammabile, esplosivo, notevolmente irritante
per la cute e le mucose. La miscelazione con il biossido di carbonio o il clorofluorocarbonio attenua l'infiammabilità ed il rischio esplosivo.
L'attività sterilizzante è ascrivibile al processo di alchilazione delle proteine e degli
acidi nucleici contenuti dai microrganismi. L'efficacia dell'ETO è influenzata dalla
concentrazione del gas, dalla temperatura, dall'umidità e dal tempo di esposizione.
Pur con alcune limitazioni, l'aumento della concentrazione e della temperatura riduce
il tempo necessario per la sterilizzazione.
Il vantaggio primario della sterilizzazione con ETO è la possibilità di sterilizzare materiali sanitari termolabili senza effetti dannosi sugli stessi.
Gli svantaggi principali sono la lunghezza del ciclo (2,5 ore esclusa l'areazione che
dura 12 ore se forzata meccanicamente o addirittura 7 giorni se attesa spontaneamente), l'alto costo, e la potenziale tossicità per i pazienti e gli operatori sanitari. La notevole capacità del gas di penetrare all'interno dei materiali (tubi di gomma, cateteri
ecc.) ed il suo successivo rilascio costituisce infatti il pericolo maggiore per gli operatori esposti a tale processo.
A tutt'oggi l'ETO rappresenta il processo più efficace per la sterilizzazione a bassa
temperatura ma, nonostante le sue eccellenti proprietà, tale gas è tossico, mutagenico51 ed è sospettato di essere anche cancerogeno.
Per questa ragione, il suo impiego in ambito sanitario deve essere limitato al minimo,
in attesa che le nuove tecnologie di sterilizzazione a bassa temperatura sostituiscano
uniformemente tale procedimento.
Per eseguire questo tipo di sterilizzazione si utilizza un’autoclave (è una caldaia
all’interno della quale si produce vapore sotto pressione per raggiungere alte temperature) detta a ossido di etilene all’ interno della quale vengono posti i materiali che devono essere stati precedentemente lavati e ben asciugati, in quanto l'umidità produce
sostanze tossiche difficilmente rimuovibili con aerazione.
Successivamente, sigillata l’autoclave, viene inserito al suo interno l’etilene saturo
che vi rimarrà per un tempo prestabilito in base al tipo di pulizia desiderato, ed in seguito prima dell’estrazione si dovrà attendere la degassificazione (eliminazione di tutto il gas) onde evitare la rimanenza di etilene.
51
Mutageno. Si dice di fattore o agente che può provocare mutazioni genetiche.
56
I fattori che intervengono nella sterilizzazione sono parecchi come ad esempio
• Concentrazione del gas.
• Umidità: i valori di umidità relativa all'interno della camera di sterilizzazione
dovrebbero essere compresi tra il 30% e il 60%.
• Temperatura: la temperatura aumenta l'efficacia del gas, maggiore è la temperatura minore è il tempo di sterilizzazione. Essendo un metodo di sterilizzazione per presidi termolabili, in genere non vengono mai superati i 50°-60° C per
non danneggiare i materiali.
• Tempo di contatto: può variare rispetto ai fattori precedenti, in genera il ciclo
di sterilizzazione si mantiene per 4-5 ore.
• Pressione: varia in funzione del gas impiegato, in quanto, per ovviare ai problemi di infiammabilità ed esplosività l'ETO viene miscelato a Freon o ad Anidride carbonica.
Questo tipo di sterilizzazione e’ sicuramente meno efficiente e più lunga di quella a
raggi gamma ma può essere eseguita ovunque senza l’impiego di apparecchiature
particolarmente complesse e costose.
3.4.3 CIRCUITO DEL LIQUIDO DI DIALISI
In esso è contenuta una soluzione costituita essenzialmente da acqua di rete (sottoposta ad un processo di demineralizzazione chimica mediante il passaggio attraverso resine a scambio ionico), sali minerali, sostanze osmoticamente attive, e sostanze tampone (in genere acetato o bicarbonato). La soluzione utilizzata come bagno dialisi
contiene sodio, potassio, calcio, magnesio, cloruro, acetato e glucosio. Una volta attraversato il filtro, con una direzione di flusso inversa rispetto al sangue, il liquido di
dialisi viene inviato direttamente in scarico. Sul circuito del liquido di dialisi, inoltre,
è inserita una seconda pompa (pompa aspirante) che ha la funzione di creare una
pressione negativa, permettendo così la rimozione diretta per ultrafiltrazione
dell’acqua in eccesso sottratta dal sangue del paziente.
3.4.4 PARAMETRI CHIMICI FISICI E BIOLOGICI DEL LIQUIDO
DI DIALISI
3.4.4.1
INTRODUZIONE
Con il termine "liquido di dialisi" (l.d.d.) possiamo intendere, in generale, ogni soluzione polisalina usata in dialisi, per rinormalizzare l'equilibrio elettrolitico e acidobase e per rendere possibile la rimozione dei cataboliti52 terminali. In questa ampia
52
Catabolito. Sostanza di rifiuto prodotta dal catabolismo (processo fisiologico di disintegrazione degli alimenti e formazione delle sostanze di rifiuto).
57
definizione rientrano, quindi, anche i liquidi di reinfusione usati in emofiltrazione
(HF) ed emodiafiltrazione (HDF). Fisseremo comunque l'attenzione sul liquido di
dialisi con bicarbonato, usato in emodialisi diffusiva (HD) in HDF, o in HF (come liquido di reinfusione quando prodotto dall'apparecchio di dialisi). Per poter svolgere il
suo ruolo in modo ottimale, il liquido di dialisi deve avere una ben precisa composizione chimica e rispondere a determinati requisiti di purezza sotto l'aspetto microbiologico e dei microinquinanti chimici. Inoltre la sua preparazione, a partire da soluzioni concentrate, e/o il suo controllo implicano in genere misure conducimetriche. Di
qui l'aspetto fisico della questione.
3.4.4.2
STERILIZZAZIONE/DISINFEZIONE DELL’ACQUA
Questo procedimento serve per impedire la proliferazione di microrganismi (batteri,
alghe, funghi) e per garantire l’erogazione di acqua pura necessaria per il processo di
dialisi.
Vi sono vari metodi per sterilizzare l’acqua:
Disinfezione chimica: si utilizzano soluzioni sanitizzanti a base di acido peracetico, aldeidi53 o altri prodotti specifici. È effettuabile su tutti i tipi di circuiti.
Disinfezione termica: si utilizza vapore o acqua surriscaldata. Effettuabile solamente con circuiti in PVDF o in acciaio inox.
3.4.4.3
SCAMBIO IONICO
Gli scambiatori di ioni tolgono dall’acqua potabile solo i contaminanti inorganici o
ionizzati. In questo processo, l’acqua viene fatta percolare54 lungo una colonna che
contiene delle sferule sintetiche aventi un diametro pari a circa 1mm, chiamate resine; durante tale passaggio, certi ioni presenti nell’acqua sono scambiati con altri ioni
fissati alle resine.
Gli scambiatori di ioni più comuni sono di due tipi: addolcitori e deionizzatori.
3.4.4.3.1
53
ADDOLCIMENTO DELL’ACQUA
Aldeide. Composto organico prodotto per ossidazione, o deidrogenazione, di taluni alcoli.
Percolazione. Operazione di filtrazione o di separazione di componenti di una miscela liquida, attuata facendola passare attraverso spessi strati di materiale solido.
54
58
Le resine di un addolcitore vengono attivate da ioni di sodio che sono scambiati soprattutto con ioni di calcio e di magnesio. Un addolcitore di acqua ha una limitata capacità di legamento per gli altri ioni polivalenti, come quelli del ferro, del manganese
e dell’alluminio.
A causa delle differenze di carica vengono liberati due ioni di sodio per ogni ione bivalente trattenuto dalle resine.
Unità di misura della durezza dell’acqua:
1. un grado francese (°F) =10 mg/l di CaCO3 nell’acqua per uso domestico o
trattata
= 10 PPm di CaCO3
= 0,2 mEq/l di CaCO3
= 0,1 mmol/l di CaCO3
2. un grado tedesco (°D) = 1,78 °F
3. un grano/gallone USA = 17,1 mg/l di CaCO3
4. un grano/gallone Imp. = 14,2 mg/l di CaCO3
Le misure e le prestazioni degli addolcitori dell’acqua andrebbero scelte in modo che
questi possano effettuare una rigenerazione quotidiana per mantenere i composti organici e i microrganismi entro limiti accettabili. Sono comunque consigliati regolari
controlli batteriologici. Se questi controlli evidenziano elevati livelli batteriologici il
sistema richiede la disinfezione attuata con l’utilizzo di acido peracetico e di ozono,
sostanze preferibili alla formaldeide55 poiché essa risulta troppo difficile da sciacquare. L’agente disinfettante, in una diluizione appropriata, viene pompato al posto della
soluzione salina; poi il ciclo viene interrotto per permettere all’agente sterilizzante di
55
Formaldeide. Aldeide dell'acido formico; ha proprietà antisettiche.
59
agire. Infine bisognerà risciacquare l’impianto ed effettuare un test per riscontrare eventuali residui del prodotto.
Vantaggi di un addolcitore di acqua
bassi costi di acquisto e funzionamento
alto tasso di flusso
struttura semplice e facile manutenzione
Svantaggi
non vengono tolti i contaminanti inorganici e quelli non-ionici
favorisce la contaminazione con batteri ed endotossine
la quantità dell’acqua è variabile
non riduce la salinità dell’acqua
3.4.4.3.2
DEIONINZZAZIONE
Un deionizzatore si differenzia da un addolcitore in quanto effettua un doppio scambio cationico e anionico delle resine: le resine cationiche ed anioniche scambiano cationi ed anioni rispettivamente con ioni di H+ e OH-, portando a uno scambio di tutti
gli elettroliti per ottenere un’acqua pura.
60
Vantaggi
estraggono efficacemente ioni
hanno un funzionamento relativamente poco costoso (tranne per quel che riguarda le cartucce scambiabili a letto misto)
sono completamente rigenerabili
Svantaggi
non vengono rimossi corpuscoli e colloidi56, batteri e pirogeni
le resine possono generare polverina di resina e favorire la proliferazione batterica
le sostanze chimiche usate per la rigenerazione sono corrosive e pericolose
3.4.4.4
ADSORBIMENTO SU CARBONE ATTIVO
I filtri a carbone attivo offrono un ottimo metodo per rimuovere mediante adsorbimento le sostanze organiche, le endotossine, le clorammine ed il cloro.
56
Colloide. S’ostanza che, dispersa in un liquido, dà luogo ad aggregati particellari che misurano da uno a mille nanometri e che non diffondono attraverso membrane di pergamena.
61
3.4.4.4.1
CONTAMINAZIONE
I filtri al carbone attivo presentano un’altra fonte di sviluppo batterico a causa della
loro struttura estremamente porosa che si ricopre progressivamente di sostanze organiche offrendo in questo modo un ambiente ideale per i batteri. Questa è un’ulteriore
ragione per scegliere un filtro a carbone di dimensioni limitate e per sostituirlo regolarmente.
I filtri di questo tipo possono anche perdere piccoli frammenti di polvere di carbone
che devono essere tolti efficacemente con un filtro da 1-5 micron.
3.4.4.4.2
INDICAZIONI SPECIFICHE PER I FILTRI CON
ADSORBIMENTO DI CARBONE
usare prima dei deionizzatori in quanto le clorammine si possono trasformare
in nutrosammine molto tossiche e cancerogene
usare prima dei deionizzatori e l’osmosi inversa in quanto nessun sistema può
togliere il cloro e le clorammine che sono i composti che causano l’anemia
se l’acqua usata è di superficie, questi filtri sono usati per togliere le sostanze
tossiche che non possono essere eliminate sufficientemente con scambiatori
ionici e l’osmosi inversa
3.4.4.4.3
ESAURIMENTO E CONTROLLO
I filtri a carbone attivo dovrebbero essere testati regolarmente per verificare se il cloro o le clorammine sono presenti nel circuito situato a valle del filtro (nel qual caso il
filtro deve essere sostituito). A questo scopo sono utili i preparati per test che utilizzano i reagenti DTP (Dietil-p-fenilenedrammina).
L’esaurimento dei filtri dipende principalmente dal tipo e dalla misura di filtro scelto,
dal carico di contaminanti nell’acqua e dal volume totale di acqua filtrata ottenuta.
Tuttavia, bisogna tenere presente che un test con il DTP non è indicativo
dell’esaurimento relativamente a qualsiasi altro composto tossico. Questo è particolarmente interessante se si sta utilizzando acqua di superficie trattata in quanto questa
può contenere parecchi residui chimici indesiderabili che devono essere tolti con
l’adsorbimento al carbonio. Quindi sarebbe consigliabile installare dei filtri di carbone in cartucce e sostituirle almeno due volte l’anno in modo da evitare la loro
saturazione.
3.4.4.5
62
OSMOSI INVERSA
3.4.4.5.1
PRINCIPIO OPERATIVO
In origine l’osmosi inversa è stata studiata per desalinizzare l’acqua del mare; da oltre
15 anni viene anche considerata una parte indispendabile di un sistema di trattamento
dell’acqua per emodialisi.
Consiste in un processo di filtrazione su membrana; le pompe forniscono acqua ad alta pressione (15-30 bar) alla membrana dell’osmosi inversa che scarta circa il 50%
del flusso che giunge dalle pompe.
Il termine osmosi inversa deriva dal fatto che la parte di acqua scartata contiene elevate concentrazioni di tutte le molecole e quindi ha un’alta pressione osmotica rispetto al solvente purificato. La direzione del flusso dell’acqua prodotta è quindi opposta
a quella del gradiente di pressione osmotica.
63
3.4.4.5.2
PRETRATTAMENTO DELL’ACQUA
Addolcimento. La precipitazione del bicarbonato dipende dalla durezza
dell’acqua, dall’alcalinità, dal pH e dalla temperatura ed è definita con l’indice
di precipitazione di Langelier. I contaminanti dell’acqua si raddoppiano nella
concentrazione e quindi aumenta la precipitazione sul lato del concentrato delle
membrane ad osmosi inversa. Il modo più pratico per evitare la precipitazione
del carbonato di calcio, la funzione ridotta che ne risulta, nonché il danno potenziale alle membrane per osmosi inversa, consiste nell’utilizzo di uno scambiatore ionico
Pretrattamento con carbone attivo. Siccome il cloro e le clorammine non
vengono eliminati adeguatamente con l’osmosi inversa e visto che, quando sono in eccesso, possono danneggiare alcuni tipi di membrane per l’osmosi inversa (es. quelle di poliammide) devono prima essere assorbiti con i filtri al
carbone attivo
Prefiltro. Per proteggere le membrane per l’osmosi inversa è necessario un
prefiltro da un micron (per le membrane capillari) o da sei micron (per le
membrane a spirale)
3.4.4.5.3
EFFICIENZA
L’acqua in entrata non dovrebbe essere troppo fredda in quanto questo fatto potrebbe
far diminuire considerevolmente la qualità e la produzione dell’acqua di osmosi inversa. Le piccole dimensioni dei pori (1,5 nm) che sono una barriera totale per le molecole maggiori di 100-300 Dalton offrono un’alta resistenza al flusso di permeazione; da ciò risulta un limitato tasso di produzione di acqua per dialisi nonostante l’alta
pressione in entrata e la vasta superficie delle membrane. Questo richiede l’uso di un
serbatoio tampone per soddisfare le richieste del flusso di picco durante i periodi in
cui vi sono molti pazienti contemporaneamente in dialisi.
Il 90-99% dei contaminanti disciolti vengono tolti dall’acqua in entrata con questo
processo e la stessa cosa vale per il 99% dei batteri, dei virus, dei pirogeni, delle sostanze organiche e di quelle colloidali.
3.4.4.5.4
PROCESSO DI PRODUZIONE DELLE MEMBRANE
Per l’emodialisi si usano tre processi di produzione delle membrane:
1. Deposito di soluzione. Questo è stato il primo metodo di produzione delle
membrane ed è molto conosciuto nella produzione di membrane per emodialisi. Una miscela con soluzione di solventi che si stabilizza insieme ai composti
di cellulosa o polimerici viene colata in una strato sottile; la membrana si realizza dopo l’evaporazione del solvente.
2. Estrusione a fibra cava. Anche questo processo è molto conosciuto. Le fibre
cave sono estruse sia in acetato di cellulosa che in poliammide ai fini
dell’osmosi inversa.
64
3. Membrane a pellicole composte. Questa tecnologia è nuova: due membrane
vengono combinate per creare una membrana composta. La tecnologia delle
membrane a pellicola sottile ha permesso di sviluppare soddisfacentemente un
materiale ottimale per scartare i composti insieme a una pellicola sottostante di
supporto che ne garantisce la resistenza.
3.4.4.5.5
VARIE UNITÀ DI OSMOSI INVERSA
Nel mondo vi sono almeno dieci fabbricanti che nel loro insieme producono oltre
venti diversi tipi di unità ad osmosi inversa. La maggior parte delle unità prodotte
servono alla desalinizzazione dell’acqua di mare ed a specifiche applicazioni industriali.
Per la purificazione dell’acqua per l’emodialisi si usano soprattutto cinque tipi di unità. La scelta migliore è quella di utilizzare due membrane a pellicola sottile composita di polisulfone/polisulfone o poliammide/polisulfone, seguita dalle membrane piatte
di acetato di cellulosa. Le membrane a fibra cava per osmosi inversa in acetato di
cellulosa e in poliammide sono le ultime che si possono scegliere fra questi cinque
tipi. Rispetto alle membrane con avvolgimento a spirale le precedenti presentano
anche un alto rischio di contaminazione batterica (rottura della fibra singola).
3.4.4.5.6
CONTROLLO
Il controllo dell’acqua per osmosi inversa ha luogo e viene indicato mediante un controllo comparativo di resistenza tra l’acqua in entrata ed in uscita. Una corretta impostazione degli allarmi è necessaria per rilevare l’intasamento delle membrane. Questa
situazione richiede la rigenerazione delle membrane con un agente chimico di pulizia,
a seconda delle prescrizioni di ciascuna unità. Si consiglia di effettuare questo processo di pulizia una volta l’anno; naturalmente però questo deve essere adattato al livello di contaminazione dell’acqua in entrata.
I test di integrità delle membrane possono essere effettuati sia con il metodo del punto di gorgogliamento (pressione necessaria per spingere l’aria lungo i capillari) oppure con il metodo di diffusione (quantità di aria che passa nelle membrane piatte in
condizioni di pressione standard). Per entrambi i metodi i risultati vengono paragonati ai valori ed ai limiti di riferimento dell’integrità per ogni specifica unità.
3.4.4.5.7
DURATE DELLE MEMBRANE
L’integrità a lungo termine delle membrane per osmosi inversa dipende dal materiale
delle membrane e dal tipo rispetto alla quantità dell’acqua. Oltre alla durezza
dell’acqua, al basso pH, al cloro, alle clorammine ed al ferro, anche i depositi batterici, i colloidi di sostanze organiche e l’alta temperatura possono abbreviare la durata
delle membrane per osmosi inversa. Grazie al progresso tecnologico le rotture delle
membrane sono rare in condizioni operative normali.
65
3.4.4.5.8
LIMITI
È importante capire che l’osmosi inversa non toglie il 100% dei contaminanti
dell’acqua. Gli ioni vengono scartati non solo secondo le dimensioni ma anche in base alla loro carica elettrica e lo scarto sarà tanto migliore quanto più sarà alta questa
carica. Gli ioni estremamente polivalenti (es. Al++) sono scartati molto meglio di
quelli ionizzati debolmente, come succede per gli ioni di sodio.
I composti non ionici vengono scartati solo secondo le loro dimensioni. La concentrazione di alcuni contaminanti può restare fuori dai limiti di sicurezza nell’acqua
trattata con osmosi inversa e quindi sarà necessario un trattamento complementare.
Questo si può verificare per il fluoro, i nitrati, il cloro, le clorammine, ecc.; anche alcuni composti organici con una misura di pori maggiore rispetto alle membrane possono non essere tolti in modo adeguato. Per es. il blindano, che è un pesticida, viene
eliminato in modo insufficiente dalle membrane di osmosi inversa in acetato di cellulosa.
3.4.4.5.9
DISINFEZIONE
In via di principio, l’acqua di osmosi inversa è sterile ed apirogena. La membrana è
più stretta dei filtri per sterilizzazione ed i pirogeni hanno un peso molecolare maggiore del limite di sicurezza delle membrane ad osmosi inversa. Tuttavia la stagnazione dell’acqua è responsabile della proliferazione batterica ovunque, anche a valle
delle membrane ad osmosi inversa e quindi la prima acqua prodotta dopo la stagnazione dovrà essere eliminata sistematicamente.
Questo processo di contaminazione può essere evitato mediante un continuo risciacquo automatico durante i periodi di non operatività. La qualità batterica dell’acqua
sottoposta ad osmosi inversa deve essere controllata regolarmente. Se le colture superano i limiti accettabili bisognerà prendere in considerazione la possibilità di procedere alla disinfezione con l’adeguato agente disinfettante, come l’acido peracetico o
l’ipoclorito, a seconda della composizione dell’acqua in ingresso dell’apparato.
3.4.4.5.10
VANTAGGI E SVANTAGGI DELL’OSMOSI INVERSA
Elimina efficacemente i frammenti, i pirogeni, i microrganismi, le sostanze inorganiche e quelle colloidali disciolte
Ha bisogno di una minima manutenzione
È possibile un funzionamento continuo
Svantaggi
Flusso relativamente basso che richiede l’uso di un serbatoio tampone se fossero a fronte di flussi di picco
È necessario un pretrattamento dell’acqua
Alcuni contaminanti non vengono sufficientemente eliminati
3.4.4.6
66
FILTRAZIONE
I filtri tolgono i frammenti dall’acqua mediante filtrazione meccanica. La ragione
principale del loro uso in emodialisi è la rimozione di particelle che potrebbero danneggiare le apparecchiature per il trattamento dell’acqua o le apparecchiature di dialisi.
3.4.4.6.1
SCELTA DEI FILTRI
Per purificare l’acqua per emodialisi vengono usati soprattutto quattro tipi di filtri (è
disponibile una vasta gamma di filtri con delle misure di pori da oltre 100 micron fino
a 0,02 micron; alcuni filtri sono riutilizzabili dopo il controlavaggio, tuttavia la maggior parte dei filtri oggi dispone di cartucce monouso):
Filtri per sedimenti. Usati per raccogliere le sabbie ed i frammenti di ruggine
nell’acqua di tubatura. Hanno pori con dimensioni da 10 micron e vengono ripuliti con il controlavaggio
Filtri per filtrazione con micropori. Hanno dei pori più piccoli di quelli per
sedimenti. Si usano due tipi di filtri:
o Filtri di profondità. Sono fatti di fibre compresse che costituiscono una
matrice in cui vengono intrappolati i frammenti. Questo tipo di filtri ha
una misura di pori da 25 micron e spesso vengono installati come prefiltri dell’acqua in entrata per cattuare le particelle in sospensione e proteggere dalla sporcizia le altre unità di trattamento dell’acqua. I filtri di
profondità hanno una grossissima capacità, ma devono essere sostituiti
regolarmente per evitare il passaggio di frammenti. Questo deve essere
fatto quando aumenta la caduta di pressione nel filtro.
67
o Filtri schermanti. Hanno una struttura uniforme con delle misure di pori
determinate in modo accurato. Ci sono due tipi di filtri scermanti:
Filtri per frammenti. Hanno delle misure di pori da 0,55 micron;
vengono usati nei sistemi di trattamento dell’acqua per raccogliere
frammenti, per es. dopo il passaggio attraverso il filtro di carbone
o dopo uno scambiatore ionico. Sono anche posti all’entrata di unità singole per pazienti. La saturazione viene controllata facilmente mediante un aumento progressivo della pressione nel manometro di ingresso al filtro.
Filtri sterilizzanti. Hanno pori da 0,2 micron e riescono a trattenere fino al 100% di microrganismi; servono a produrre un liquido
sterile. La loro integrità può essere accertata mediante il test sul
punto di gorgogliamento o con quello a diffusione di integrità
3.4.4.6.2
CONTAMINAZIONE
I depositi nei filtri sono un buon mezzo di proliferazione dei microrganismi. Questo
può essere facilmente limitato con la disinfezione e con regolare sostituzione dei filtri.
3.4.4.7
ULTRAFILTRAZIONE
L’ultrafiltrazione è una tecnica con membrana semipermeabile simile all’osmosi inversa. Come per l’osmosi inversa, anche questa utilizza il flusso tangenziale, ma c’è
solo il 10% di scarto per mantenere bassa la concentrazione dei contaminanti prima
del filtro. Le membrane usate sono simili a quelle dei sistemi ad osmosi inversa, tuttavia hanno dei pori più grandi con un limite tipico da 10°000 dalton rispetto ai 100300 Dalton dell’osmosi inversa. Con questo processo di filtrazione quindi gli elettroliti non vengono eliminati, mentre sono eliminate solo le sostanze organiche, i frammenti, i microrganismi, i pirogeni e le sostanze colloidali. Questo permette di utilizzare questo processo per nuove applicazioni:
o È un buon processo per i deionizzatori: toglie i contaminati che non sono stati
eliminati dai deionizzatori.
o Può essere applicata sull’acqua addolcita per evitare l’intasamento delle membrane capillari per osmosi inversa e la conseguente perdita di efficienza
o Serve anche per togliere i batteri ed i pirogeni dall’acqua o dal liquido di dialisi.
68
3.4.4.7.1
CONTROLLI
Il test di integrità delle membrane è simile a quello delle unità ad osmosi inversa e si
avvale del test di diffusione. È consigliabile usare un prefiltro da 1-10 micron. In
un’unità di ultrafiltrazione di polisulfone si possono evitare l’ostruzione e
l’impregnamento delle membrane di polisulfone con un ciclo automatico di pulizia e
di disinfezione con ipoclorito. La durata delle membrane è maggiore di quella delle
membrane per osmosi inversa.
3.4.4.8
SOMMARIO
Un sistema ottimale per preparare l’acqua per emodialisi deve fornire un’acqua purificata, sterile e senza pirogeni. L’unità finale dovrebbe quindi essere quella ad osmosi
inversa o quella che utilizza l’ultrafiltrazione.
Un buon impianto per la preparazione dell’acqua per dialisi dovrebbe quindi includere, nell’ordine:
un riduttore di pressione
un filtro di profondità
un doppio addolcitore con appropriato sistema di controllo
un filtro assorbente al carbone
un filtro schermante
l’unità per osmosi inversa con pompa a pressione ed un completo controllo
operativo. È incluso anche un serbatoio per la disinfezione dell’unità ad osmosi inversa.
Dei rilevatori di livello nel serbatoio di distribuzione attivano o disattivano il sistema
di produzione dell’acqua. Una cosa molto pratica è uno spruzzatore nel serbatoio di
distribuzione che ne permette una facile disinfezione e risciacquo. La contaminazione
aerea si evita usando un filtro sterilizzante per aria ed il dispositivo di sicurezza “U”
ad alcool contro i sovraflussi. Devono essere evitati la stagnazione e gli spazi morti
nell’impianto di distribuzione dell’acqua. L’acqua dovrebbe circolare continuamente
lungo tutto l’impianto.
In condizioni operative ottimali un’adatta installazione a raggi UV evita soddisfacentemente lo sviluppo batterico, ma questa applicazione richiede un minimo di manutenzione. In alternativa si usa moto spesso un filtro per sterilizzazione; tuttavia anche
in questo caso è necessaria una frequente pulizia e disinfezione del filtro per mantenere al minimo l’accumulo batterico e l’infiltrazione di endotossine.
69
70
Un’altra alternativa consiste nell’eliminare il serbatoio di riserva (sempre che non
siano presenti flussi di picco) e nel far ricircolare l’acqua non utilizzata attraverso
l’unità di osmosi inversa.
Conclusioni
La qualità di base dell’acqua potabile è sempre il fondamento ed il punto di partenza
per produrre un’acqua che offra una sicurezza accettabile per l’emodialisi. L’acqua
potabile di superficie che viene trattata è caratterizzata da un alto livello di contaminanti (es. alluminio) e deve essere filtrata con vari processi in serie che comprendano
almeno l’assorbimento al carbone, lo scambio ionico e l’osmosi inversa.
È certamente auspicabile evitare (se possibile) l’uso di acqua potabile di bassa qualità
a causa della potenziale presenza di composti tossici non ionici che non possono essere tolti completamente nonostante l’utilizzo della migliore tecnologia disponibile.
Una buona acqua potabile proveniente da pozzi sotterranei non presenta questi problemi; trattandola con le stesse misure di sicurezza dell’acqua di superficie offre la
migliore garanzia di sicurezza. Si consiglia quindi di effettuare un’analisi completa
dell’acqua con scadenza annuale sia dell’acqua potabile, sia di quella già trattata e
pronta per l’emodialisi.
71
72
3.4.4.9
FONTI DI ALLUMINIO IN PAZIENTI NEUROPATICI
Negli ultimi decenni si sono raccolte prove sostanziali che dimostrano come la fonte
più significativa di alluminio nei pazienti in dialisi sia il liquido emodialitico contaminato dall’alluminio.
Studi epidemiologici hanno dimostrato una chiara associazione fra la concentrazione
dell’alluminio presente nell’acqua per dialisi e l’incidenza delle quattro principali
malattie associate alla tossicità da alluminio: l’encefalopatia dialitica, le fratture ossee
da osteomalacia57, l’anemia normocromica microcitica e le disfunzioni paratiroidee
3.4.4.9.1
TRASFERIMENTO DELL’ALLUMINIO DURANTE LA DIALISI
Da studi medici si può affermare che l’80% di alluminio plasmatico è legata alle proteine, mentre il 20% è ultrafiltrabile e diffusibile. L’equilibrio dell’alluminio in emodialisi dipende soprattutto dal gradiente di concentrazione dell’alluminio diffusibile,
dal carattere della membrana dialitica, dalle sue dimensioni e spessore ed infine dalla
durata del trattamento.
Inoltre, la stima del trasferimento dell’alluminio durante l’emodialisi viene modificata dalle laterazioni del pH del liquido dialitico: piccoli cambiamenti di pH possono
midificare la solubilità dell’alluminio e quindi la sua diffusibilità.
In considerazione di questi fatti, pare ovvio che il livello di alluminio del liquido dialitico non debba superare i 10-15 µg/l, cosicché i pazienti in emodialisi con una concentrazione plasmatici di alluminio normale o lievemente alta (40-60 µg/l) saranno
protetti dal trasferimento di alluminio durante la dialisi.
3.4.4.9.2
TOSSICITÀ DELL’ALLUMINIO: MANIFESTAZIONI CLINICHE
Encefalopatia dialitica
È stato universalmente accettato che l’alluminio è il principale agente eziologico neurotossico della sindrome dell’encefalopatia dialitica. Tuttavia non sono stati ancora
chiaramente definiti i meccanismi attraverso cui l’alluminio agisce come neurotossico. Ci sono molti potenziali siti sui quali l’alluminio può esercitare i propri effetti tossici: la sintesi proteica, il trasporto massonico e la regolazione di diverse funzioni enzimatiche.
La classica sintomatologia dell’encefalopatia dialitica comprende i seguenti disturbi:
turbe del linguaggio, caratterizzate da balbuzie o balbettamenti subito dopo la dialisi;
queste alterazioni possono essere associate a sottili cambiamenti mentali come il disorientamento direzionale e le alterazioni della personalità.
57
Osteomalacia. Decalcificazione e rammollimento delle ossa.
73
Con il progredire della malattia le turbe del linguaggio si intensificano quasi sempre,
fino ad includere episodi di mutismo totale, contrazioni, mioclonia58, aprassia59 motoria e accessi apoplettici60. In questa fase finale della malattia possono anche comparire allucinazioni auditive e atteggiamenti paranoici.
Durante le prime fasi questi sintomi sono intermittenti e compaiono frequentemente
dopo la dialisi. Tuttavia nelle fasi avanzate diventano permanenti e spesso portano al
decesso da sei a dodici mesi dopo l’insorgere dei sintomi.
Osteodistrofia osteomalacica dialitica e disfunzione dell’ormone paratiroideo
Tutte le prove effettuate convalidano il fatto che l’alluminio è un importante fattore
eziologico61 per lo sviluppo della osteodistrofia osteomalacica dialitica.
Questo particolare tipo di lesione indotto dall’alluminio è progressivo e spesso è associato ad una miopatia62 prossimale ed è quasi sempre residente al trattamento con i
metabolici della vitamina D; in parecchie circostanze la sindrome è anche associata
ad un’altra incidenza di ipercalcemia.
Si crede che il difetto di mineralizzazione trovato in questa sindrome non compaia
immediatamente dopo l’aumento di alluminio nelle ossa, ma bensì dopo un lasso di
tempo abbastanza lungo che tende ad essere maggiore nei pazienti che sono stati sottoposti ad emodialisi da più tempo. L’azione dell’alluminio sulle cellule ossee in
qualche modo può essere regolato dall’ormone paratiroideo che facilita la mineralizzazione scheletrica nei pazienti uremici.
Da un punto di vista istologico63, il difetto di mineralizzazione è caratterizzato da un
eccesso dell’osteoide (matrice ossea non mineralizzata) con un deposito preferenziale
dell’alluminio nell’interfaccia tra l’osteoide e la matrice calcificata.
L’esito di questi difetti di mineralizzazione è un’alta incidenza di fratture (spontanee
o traumatiche) che non sono facili da prevenire nei singoli pazienti a causa della
mancanza di iniziali reperti radiologici delle alterazioni ossee da sovraccarico di alluminio. In casi gravi e avanzati le fratture, i dolori ossei, la debolezza muscolare
prossimale, la perdita di altezza dovuta alle deformità ossee, associati ad una scarsa
risposa terapeutica, hanno reso questa sindrome incompatibile con la vita.
Anemia ipocromica microcitica
Questa è una delle prime manifestazioni cliniche della tossicità cronica da alluminio e
probabilmente è l’effetto più rapidamente reversibile. In caso di avvelenamento da alluminio, questo tipo di anemia aggrava la quasi inevitabile anemia normocitica e
normocromica riscontrata nella maggior parte dei pazienti neuropatici.
58
Mioclonia. Condizione patologica caratterizzata da contrazioni cloniche (contrazioni spasmodiche dei muscoli che si
riscontrano in molte malattie del sistema nervoso) di un muscolo o di un gruppo di muscoli.
59
Aprassia. Incapacità di compiere movimenti coordinati e finalizzati a uno scopo.
60
Apoplessia. Istantaneo arresto delle funzioni cerebrali causato da emorragia, con effetti paralizzanti.
61
Eziologia. Parte della scienza medica che studia le cause delle malattie e delle disfunzioni.
62
Miopatia. Termine generico che indica una qualsiasi affezione muscolare.
63
Istologia. Branca della biologia che studia la struttura microscopica dei tessuti animali o vegetali.
74
3.4.4.10
PARAMETRI CHIMICI
Ogni liquido di dialisi ha la sua formula nominale, stabilita dal medico, che individua
quali soluti e in che quantità si debbano avere in soluzione. In genere abbiamo:
•
•
•
Cationi: Na+, K+, Ca++, Mg++
Anioni: Cl , HCO3 (bicarb.), CH3 - COO (acetato)
Molecole neutre: CO2 e, a volte, glucosio.
Questa formulazione implica necessariamente l'inevitabile presenza, anche se piccola,
ma a volte di non trascurabile quantità, di CO3 (ione carbonato), CaCO3 (carbonato di
calcio) e, trattandosi di soluzioni acquose, di H+ e OH–.
3.4.4.10.1
IL PH
Parametro importante per il liquido di dialisi con bicarbonato è il suo pH. Il pH è un
modo comodo per esprimere la concentrazione [H+] degli ioni in soluzione, che, se la
soluzione è diluita, può andare da un massimo di circa 0,1 moli/l fino a valori piccolissimi dell'ordine delle 10-14 mol/l. Per evitare di dover usare numeri così poco maneggevoli, la concentrazione di ioni idrogeno viene espressa con il pH, così definito:
pH = –10log10 [H+]
Il segno – serve solo per avere dei valori positivi per il pH. Per soluzioni diluite esso
varia così da 1 ( [ H+]=0,1 mol/l) a 14 ([H+]=10-14 mol/1).
In una soluzione acquosa diluita [H+] × [OH–]=Kw (costante), cosicché se [H+] aumenta [OH–] deve diminuire e viceversa.
Se la soluzione è neutra, come nel caso dell'acqua pura, allora [H+]=[OH– ] e pH=7.
Se acida, [H+] > [OH–], pH < 7 e, se basica, [H+] < [OH–], pH > 7.
L'importanza del pH in fisiologia, discende già dalla constatazione, che l'organismo
umano possiede tutta una serie di sistemi per mantenere, in condizioni normali, il pH
ematico entro i limiti molto ristretti di 7,35 e 7,43. Situazioni di estrema gravità si
hanno se il pH scende a 7,0 o se sale oltre il 7,8. Questo però non implica, che se si
dializza con un liquido di dialisi con pH=7,0, ciò metta necessariamente in pericolo il
paziente. Il pH del liquido di dialisi, così come del plasma, è determinato essenzialmente dalle concentrazioni [HCO3] dei bicarbonati e [CO2] della anidride carbonica
in soluzione.
Nel plasma, [CO2] va da 1,24 mmol/l (arteriosa) a 1,43 mmol/l (venosa) mentre
[HCO3]=25 mmol/l (in condizioni normali). Nel liquido di dialisi invece la [CO2] va
da 3 a 5 mmol/l e [HC03] in generale da 30 a 40 mmol/l, valori più elevati, in entrambi i casi, di quelli fisiologici. Per i bicarbonati ciò è giustificato dalla necessità di
reintegrare i bicarbonati plasmatici consumati nel periodo interdialitico, per la CO2 al
fine di avere un pH sufficientemente basso da impedire, o quantomeno rendere trascurabile, la precipitazione del calcio carbonato (CaCO3). Complessivamente, quindi,
al paziente vengono forniti, durante la dialisi, sia bicarbonati che anidride carbonica,
75
ma mentre l'eccesso di quest'ultima viene rapidamente eliminato con la ventilazione
polmonare, i bicarbonati restano e il pH plasmatico sale, anche se il liquido di dialisi
avesse avuto un pH inferiore a quello fisiologico. Da un punto di vista chimico, il
principale problema posto dal liquido di dialisi con bicarbonato è la sua instabilità.
3.4.4.10.2
I MICROINQUINANTI CHIMICI
Nel liquido di dialisi, accanto ai soluti necessariamente presenti, in base alla formula
nominale adottata, si trovano anche, in minime quantita’ sostanze chimiche indesiderate, i microinquinanti chimici. E' praticamente impossibile evitarli, ma si può, e si
deve, tenere la loro concentrazione a valori sufficientemente bassi da non determinare
effetti clinici negativi, né a breve né a lungo termine. Essi provengono dall'acqua utilizzata dagli apparecchi di dialisi, dai concentrati e, in particolari condizioni sfavorevoli, dalle stesse attrezzature di dialisi. Sono sostanze chimiche a basso peso molecolare, in grado quindi, di attraversare tutti i tipi di filtri usati in dialisi. Salvo per pochi
casi (es. alluminio).
MICROINQUINANTE
Cloro libero
Fluoro
CMA*
0,1 ppm
0,2 ppm
Nitrati (N03 )
2 ppm
Solfati
NH4
Alluminio
Mercurio
Piombo
Zinco
50 ppm
0,2 ppm
0,01 ppm
0,001 ppm
0,01 ppm
0,1 ppm
Rame
0,1 ppm
Composti organoalogenati
0,03 ppm (totale)
0,03 ppm (totale)
0,05 ppm
Anemia emolitica
alogenati
Cloroamine
SINTOMATOLOGIA DA ECCESSO
Grave meta emoglobinemia, ipotensione,
nausea
Nausea, vomito, acidosi metabolica
Nausea, vomito, anemia marcata
Emolisi, leucocitosi, pancreatite. Può essere fatale
(*)=concentrazioni massime ammissibili.
Date le esigue concentrazioni, eventuali sfondamenti delle CMA non sono rivelati
dall'apparecchio di dialisi, neppure dal pH, e poco si può controllare in reparto (ad.
es. il cloro libero e le cloroamine). È necessaria quindi una analisi periodica delle potenziali fonti, particolarmente dell'acqua di dialisi.
76
3.4.4.11
PARAMETRI FISICI
3.4.4.11.1
LA CONDUCIBILITA’
La conduttività del liquido di dialisi è il parametro fisico più importante. Infatti gli
apparecchi di dialisi non sono in grado di misurare direttamente la concentrazione dei
sali disciolti: per ottenere tale misura utilizzano un procedimento indiretto andando a
misurare la conduttività del liquido di dialisi Questa tecnica si basa sul fatto, ben noto, che sciogliendo in acqua distillata, di per sé isolante, un sale, la soluzione che si
ottiene diventa conduttrice, tanto più, quanto più elevata è la concentrazione del sale.
Per rendere il discorso più esatto e quantitativo è bene ricordare le definizioni delle
grandezze elettriche in gioco. Se in una soluzione contenente ioni si determina un
campo elettrico E si ha un movimento di cariche positive nel verso di E, e negative
nel verso opposto. Si ha cioè una corrente, che risulta essere legata ad E dalla semplice relazione
J = x×E
J è la corrente che attraversa l'unità di superficie perpendicolare ad E; x è una costante detta conduttività (o conducibilità specifica), che dipende solo dalla soluzione e
dalla sua temperatura. La necessità di tenere conto della dipendenza dalla temperatura, è evidente se si tiene presente che nel range tra 5°C, 35°C e 40°C, la variazione
della conduttività sarebbe del 10%. Se non si compensasse l'effetto della temperatura,
potremmo avere nel bagno di dialisi delle inaccettabili variazioni del 10% nella concentrazione salina.
In pratica, l'apparecchio di dialisi misura innanzitutto la conduttanza G di una cella
conducimetrica (un contenitore, con due elettrodi, attraversato dal liquido di dialisi)
G=
I
U
applicando agli elettrodi della cella una tensione U e misurando la corrente I.
La conduttività risulta poi proporzionale alla conduttanza G
x = Kcella × G
dove Kcella è una costante nota, dipendente solo dalla geometria della cella.
Alla cella viene applicata una corrente alternata di frequenza sufficientemente elevata
(500 - 2.000 Hz) in modo da evitare fenomeni di scarica agli elettrodi, che renderebbero non lineare il legame tra U e I, falsando quindi il calcolo di G.
La conduttività del liquido di dialisi è determinata dal contributo di tutti gli ioni presenti in soluzione. In altre parole, anche se il Na+ e il Cl– sono gli ioni presenti in
maggiore quantità, non esiste una esatta correlazione tra essi e la conduttività.
77
Per ogni formulazione di liquido di dialisi vi è una ben precisa conduttività; questa
deve essere nota e usata come riferimento per la regolazione e taratura delle apparecchiature. È bene poi tenere presente, specialmente per misure di laboratorio, che il legame tra la conduttività e la concentrazione salina non è lineare. Anche se abbiamo
una soluzione di un solo sale (es. NaCl), se dimezziamo la concentrazione la conduttività che otterremo sarà maggiore della metà di quella iniziale. Solo per valori di
conduttività inferiori ai 0,1 mS/cm la relazione è lineare entro l'1%.
3.4.4.12
PARAMETRI BIOLOGICI
Da un punto di vista biologico il liquido di dialisi può essere contaminato da vari microrganismi (oltre che da varie sostanze chimiche, già viste precedentemente): batteri,
funghi, virus e dai loro prodotti, i pirogeni. Sono questi un gruppo eterogeneo di molecole organiche, il cui peso molecolare oscilla tra i 200 ed il milione di Dalton circa.
Si dividono sostanzialmente in due gruppi:
Endotossine: sono prodotte dalla lisi64 di batteri morti
Esotossine: sono secrete attivamente da batteri vivi.
Le concentrazioni massime ammissibili (CMA) per i contaminanti biologici dipendono dall'uso che si fa del liquido di dialisi per cui, mentre in HF (emofiltrazione) il liquido deve essere sterile ed apirogeno, per l'HD (emodialisi diffusiva) ciò non è strettamente necessario e la cosa va valutata anche in base ai mezzi che si hanno a disposizione, però sempre rispettando la normativa vigente. Riguardo ai batteri devono però essere assenti i coliformi65 totali e fecali, gli streptococchi66 fecali e i clostridi.
Oltre ai microrganismi, occorre fare particolare attenzione anche sui pirogeni per i
seguenti motivi:
gli effetti clinici sul paziente, salvo casi eccezionali, sono dovuti ai pirogeni
anche perché la membrana integra del filtro di dialisi è una barriera insormontabile sia per i batteri che per i virus, anche i più piccoli. Non così per i pirogeni tra i quali troviamo molecole molto piccole (fino a 200 di p.m.).
Un liquido di dialisi potrebbe avere carica batterica bassa, ma elevato livello di
pirogeni. Ciò è legato al fatto che le normali conte batteriche fatte in coltura
misurano praticamente il numero dei batteri vivi, mentre gran parte dei pirogeni proviene dalla lisi dei batteri morti.
Il test più comune per i pirogeni è il LAL test (limulus amoebocyte lisate). È un test
64
Lisi. Disgregazione di un tessuto per effetto di necrosi o in seguito a un processo putrefattivo o fermentativo.
Colibacillo. Bacillo saprofita (si dice dei batteri, normalmente presenti negli organismi animali, che non determinano
effetti patologici) abituale dell'intestino; normalmente non patogeno, può determinare talora infiammazioni delle vie
urinarie o intestinali.
66
Streptococco. Batterio dalla forma tondeggiante che si dispone con gli altri in catena.
65
78
relativamente semplice e può essere effettuato direttamente dal personale del centro
dialisi. Alcuni pirogeni però, tra cui quelli rilasciati da batteri comuni nell'acqua come lo pseudomonas, non sono rivelati da questo test.
Per un affinamento della ricerca sono disponibili test più complessi come l'MNC test
(mononuclear cells test).
3.4.4.13
MISURE E METODOLOGIE
Le possibili misure chimiche e fisiche sul liquido di dialisi riguardano: Na+, K+,
HCO3–, pH, Ca++, CO2, x.
Il medico responsabile della terapia dialitica dovrebbe fornire i valori nominali (ottimali) per questi parametri e, molto importante, le oscillazioni ammissibili. In base a
queste ultime il tecnico valuta il livello di precisione necessario nelle sue misure. Ad
es. se l'oscillazione ammissibile per Na è del 2% ( ± 3 mEq/lt circa), il tecnico, per
avere un minimo margine di manovra, dovrà effettuare delle misure con un errore
non superiore all'1%, cosa non facile. Infatti, per le misure di cui stiamo discutendo,
vi sono almeno quattro sorgenti di errore:
la modalità del prelievo
l'instabilità del liquido di dialisi verso alcuni parametri (es. pH, CO2)
la strumentazione usata
le soluzioni standard per tarare gli apparecchi di misura.
Per la modalità corretta del prelievo occorre tenere ben presente come opera l'apparecchio di dialisi in esame. In via generale e per apparecchi in single-pass, in laboratorio, può essere utilizzata la metodologia illustrata nella figura della pagina seguente.
Il tratto di circuito illustrato è connesso all'apparecchio al posto del filtro di dialisi. La
camera di miscelazione (da 500 ml circa) serve a mediare eventuali oscillazioni nella
concentrazione del liquido di dialisi Ad essa segue un punto di prelievo per siringa
(senza ago), particolarmente indicato per misurare, con emogasanalisi, pH e CO2 e,
con gli ioni selettivi, Ca++. Na+ e K+ è bene siano misurati con il fotometro a fiamma,
utilizzando il prelievo con siringa oppure il liquido che resta nella camera di miscelazione una volta disinserita dall'apparecchio.
79
La camera di miscelazione fornisce poi liquido sufficiente per misurare i bicarbonati
utilizzando la titolazione con HCl e metilarancio come indicatore. A valle, nel circuito di controllo, c'è poi un conducimetro con termometro per il rilievo dei parametri fisici.
È possibile anche inserire una sonda pH in linea per la misura in tempo reale. L'instabilità del liquido di dialisi con bicarbonato può influenzare il pH, i bicarbonati, l'anidride carbonica e il calcio ionizzato, quindi le misure di questi parametri, per avere la
massima precisione, dovrebbero essere effettuate immediatamente dopo il prelievo.
In realtà operando con contenitori ben chiusi e completamente pieni di liquido di dialisi, è possibile fare alcune delle suddette misure anche un'ora dopo il prelievo riscontrando solamente piccoli errori.
80
3.4.4 MONITOR
Si tratta di un apparecchiatura dotata di sofisticati congegni finalizzati a due compiti
essenziali che sono la preparazione del liquido di dialisi e il controllo di alcuni parametri essenziali per la conduzione della seduta dialitica in condizioni di efficacia e di
sicurezza per il paziente, quali il riscaldamento del liquido di dialisi, rilevamento di
perdite ematiche attraverso le membrane, controllo della temperatura sia del dializzato che del sangue, controllo continuo della composizione del liquido di dialisi. Le
moderne macchine sono dotate di numerosi sistemi di controllo: i flussi, le temperature, l’ultrafiltrazione, la conducibilità, il pH sono tutte grandezze misurate da sensori
dislocati lungo il circuito extracorporeo. Esistono sensori specifici che misurano in
continuo alcune variabili biologiche ed emodinamiche come la temperatura corporea,
il volume ematico o le variazioni di urea, permettendo un accurato monitoraggio intradialitico. Per il controllo della volemia67, le più importanti variabili sono
l’ultrafiltrazione e la concentrazione di sodio nel liquido di dialisi.
3.4.4.1
MONITORAGGIO DELLA SEDUTA DIALITICA DATO DALLA
MACCHINA EMODIALIZZANTE
La tecnologia avanzata del monitor mette a disposizione dell’infermiere molti sistemi
di sicurezza, che non possono comunque sostituirsi ad un attenta sorveglianza della
condotta dialitica da parte dell’infermiere. Il monitoraggio deve essere continuo ed
accurato.Queste sicurezze tecnologiche sono racchiuse in due sistemi:
1. circuito ematico
2. circuito dializzante
3.4.4.1.1
•
•
67
CIRCUITO EMATICO
Rilevatori di pressione di aspirazione e rientro sangue (la lettura riguarda esclusivamente l’accesso vascolare). Ci garantiscono la conoscenza della portata
e della giusta posizione degli aghi, attivando in caso di valori eccessivi un allarme acustico e visivo, il bloccaggio della pompa sangue, il clampaggio con
una pinza meccanica (clamp) sulla linea di rientro.
Rilevatore d’aria. Si trova nella parte terminale del circuito venoso (gocciolatore). Un lettore a raggi infrarossi legge anche la minima presenza d’aria, attivando un allarme acustico e visivo, il bloccaggio della pompa sangue, il clampaggio con una pinza meccanica sulla linea di rientro.
Volemia. La quantità complessiva di sangue presente in un organismo.
81
•
Sensore di riconoscimento sangue. Questo sensore a raggi infrarossi è posizionato prima dell’ingresso della pompa sangue o sotto il gocciolatore (la posizione è determinata dal modello del monitor). Il riconoscimento attiva le misure
delle soglie minime e massime di allarme sul valore di aspirazione e sul rientro
sangue; ci avvisa che può aver inizio l’ultrafiltrazione; evita di poter attivare
per sbaglio i programmi delle disinfezioni.
3.4.4.1.2
•
•
•
•
•
•
CIRCUITO DIALIZZANTE
Impostazione della conducibilità. Eventuale attivazione dell’allarme acustico e
visivo (tanica concentrato vuota, rottura sonde conducibilità, rottura spezzoni
pompe peristaltiche, guasti scheda elettronica).
Impostazione del tempo dialisi.
Impostazione del calo peso totale da ultrafiltrare.
Impostazione della temperatura del bagno dialisi. Eventuale allarme acustico e
visivo per rottura corpi riscaldanti.
Lettura di fuga sangue. Un lettore a infrarossi posto sul circuito idraulico di uscita, legge la variazione di torpidità dell’ultrafiltrato, che in caso di rottura
(anche minima) della membrana, attiva un allarme acustico e visivo.
Lettura valore transmenbrana. Un display posto sul monitor indica il valore reale di t.m.p. con le soglie minime e massime di allarme.
3.5 TRATTAMENTO DELL’ INSUFFICIENZA RENALE
ACUTA IN UNITA’ DI CURA INTENSIVA
3.5.1 INTRODUZIONE
L'insufficienza renale acuta, che clinicamente si presenta con il rapido declino della
funzione escretoria renale, nel paziente critico è raramente monosintomatica: essa infatti è conseguenza di un quadro di disfunzioni multiorganiche del paziente.
Questa insufficienza renale si presenta in pazienti in stato di shock, spesso settico,
con insufficienza cardio-respiratoria, epatica e della coagulazione, sempre con una risposta infiammatoria sistemica (SIRS) che ha come punto di partenza un trauma (intervento chirurgico maggiore, politrauma, ustione, ... ).
In questi pazienti il trattamento dell'insufficienza renale non può essere basato su una
dialisi "standard" analoga a quella usata per trattare l'insufficienza renale acuta non
complicata, ma deve provvedere ad una adeguata rimozione di tossine uremiche, garantire un ottimale controllo dei fluidi, un riequilibrio dei disordini elettrolitici ed acido-base ed il ripristino dell'omeostasi, e permettere una certa "protezione" del rene da
danni ulteriori.
82
In questo quadro l'applicazione dell'emodialisi intermittente o peritoneale è controindicato o addirittura sconsigliato per i rischi connessi a tali trattamenti.
Infatti la dialisi peritoneale è nella maggior parte dei casi inapplicabile per la scarsa
efficienza, per problemi legati a chirurgia addominale, per il rischio di peritonite e per
l’eventuale influenza negativa sulla dinamica respiratoria del liquido in peritoneo.
Per quanto riguarda l'emodialisi intermittente, concepita per il paziente cronico, essa
può determinare variazioni troppo rapide dell'osmolalità plasmatica e del volume circolante tali da aggravare l'instabilità emodinamica tipica di questi pazienti; inoltre un
trattamento intermittente può non essere in grado di correggere adeguatamente l'acidosi e di mantenere a livelli accettabili i disequilibri elettrolitici e il bilancio idrico di
tali pazienti.
Si è reso pertanto necessario lo sviluppo di metodiche dialitiche "ad hoc", che garantissero una buona tollerabilità dal punto di vista clinico, una buona capacità depurativa nei confronti delle varie tossine uremiche, una massima capacità di correggere
l'omeostasi idro-elettrolitica ed acido-base, che fossero biocompatibili e prive di effetti collaterali potenzialmente nocivi al rene in fase di ripresa. Tutte queste caratteristiche, assieme ad una facilità di istituzione e monitoraggio, hanno portato allo studio
e alla attuazione delle così dette terapie sostitutive renali continue che in letteratura
internazionale vengono definite CRRT (Continuous Renal Replacement Therapies).
L’origine di trattamenti risale al 1977 quando Peter Kramer in Germania utilizzò per
primo un sistema chiamato Emofiltrazione Artero Venosa Continua (CAVH). Il principio sul quale si basava questa tecnica era il seguente: il gradiente pressorio tra
un'arteria ed una vena nelle quali erano stati inseriti due cateteri era sufficiente a spingere il sangue attraverso un piccolo circuito nel quale era inserito un filtro altamente
permeabile che generava una certa quota di ultrafiltrato. La quota di acqua plasmatica
rimossa come ultrafiltrato poteva essere reinfusa del tutto o in parte, in base alle necessità cliniche, con appropriate soluzioni di reinfusione. L’applicazione di tale trattamento in modo continuo, ventiquattro ore su ventiquattro, garantiva un sufficiente
controllo del bilancio idrico, elettrolitico e, in minima parte, anche metabolico.
3.5.2 NOMENCLATURA DELLE VARIE TERAPIE CONTINUE
I diversi trattamenti dell'insufficienza renale acuta possono essere distinti in base a:
Frequenza e durata del trattamento: continuo o intermittente (C-I)
Tipo di accesso: artero-venoso o veno-venoso (AV o VV)
Tipo di trasporto dei soluti: emofiltrazione, emodialisi, emodiafiltrazione ultrafiltrazione (H-HD-HDF-UF).
I trattamenti di tipo artero-venoso, cioè spontanei senza pompa, con movimento del
sangue nel circuito spinto dal gradiente pressorio del paziente, sono ormai sempre più
spesso sostituiti dai trattamenti veno-venosi in cui una pompa peristaltica fa avanzare
il sangue nel circuito. Analizziamo quindi questi ultimi tipi di trattamento.
83
3.5.2.1
ULTRAFILTRAZIONE CONTINUA LENTA (SCUF: SLOW
CONTINUOUS ULTRAFILTRATION)
Il trattamento viene eseguito con membrane altamente permeabili all'acqua per ventiquattro ore o per frazioni di giornata allo scopo di rimuovere i fluidi in eccesso.
L’intento è quello di eliminare il sovraccarico idrico, in presenza o meno di insufficienza renale; tale sovraccarico deve essere ridotto lentamentea causa delle condizioni di particolare instabilità emodinamica del paziente. Non e necessaria alcuna
reinfusione in quanto, vista la lunga durata del trattamento, la rimozione di fluidi per
unità di tempo è modesta, ma comunque sufficiente a garantire l’efficienza del trattamento.
Uno dei principali fattori che impongono la scelta della SCUF è rappresentato dallo
scompenso cardiaco refrattario. In questo particolare caso i possibili meccanismi d'azione attraverso cui la SCUF normalizza le pressioni di riempimento del muscolo
cardiaco sono legati alla riduzione sia del precarico che del postcarico con riduzione
progressiva dell'accumulo di liquidi, mantenendo al contempo costante il volume circolante grazie al lento riempimento degli spazi extravascolari. È inoltre dimostrata
una rimozione di molecole ad azione cardiodepressiva e una modulazione dell'asse
renina angiotensina.
3.5.2.2
EMOFILTRAZIONE VENO-VENOSA CONTINUA (CVVH:
CONTINUOUS VENOUS VENOUS HEMOFILTRATION )
Il trattamento viene eseguito nell'arco di ventiquattro ore: lo scopo è quello di ottenere un buon controllo del bilancio idrico del paziente consentendo tutte le infusioni necessarie (farmaci, nutrizione, altro) accompagnato da una buona depurazione in termini di controllo metabolico. I dializzatori utilizzati sono costituiti da membrane sintetiche ad alto flusso e a bassa resistenza. Ciò garantisce il massimo passaggio di acqua plasmatica attraverso la membrana. Il meccanismo depurativo utilizzato è la convezione cioè passaggio attraverso la membrana sintetica di acqua che trascina con sé
anche soluti. L’elevata permeabilità idraulica di queste membrane garantisce flussi di
ultrafiltrazione eccedenti i 2000 cc/h e in tal modo garantisce il passaggio di elevate
quantità di soluti anche a più elevato peso molecolare (come ad esempio alcune citokine). L'elevata quota di ultrafiltrazione eccede le necessità cliniche e deve essere
rimpiazzata con opportune soluzioni di reinfusione arricchite con elettroliti e bicarbonato.
Le prime apparecchiature in uso impostavano la reinfusione in base alla differenza,
valutata con sistema gravimetrico, tra entrate ed uscite, ma tale sistema risultava soggetto ad errori anche grossolani. Al contrario, le apparecchiature attualmente in
commercio sono fornite di pompe peristalitche anche sulla linea di reinfusione e di
sofisticati sistemi di bilanciamento di fluidi con margine di errore ultrafiltrazione/reinfusione prossimo allo zero.
84
Questo trattamento è utilizzato in tutte le condizioni di insufficienza renale acuta
complicata o meno da una sindrome da insufficienza multiorganica. In questi casi la
rimozione di fluidi, opportunamente calcolata per bilanciare le entrate tra un processo
di dialisi ed il successivo e per ottenere un ottimo controllo metabolico, permette di
mantenere l'organismo in una condizione di equilibrio per più giorni e favorisce l'instaurarsi di una condizione favorevole alla ripresa funzionale renale.
3.5.2.3
EMODIALISI CONTINUA (CVVHD: CONTINUOUS
VENOUS-VENOUS HEMODIALYSIS)
Trattasi di un trattamento emodialitico continuo ventiquattro ore su ventiquattro. La soluzione di dialisi viene fatta passare in controcorrente nel dializzatore
che è costituito da una membrana a basso flusso. In questo caso infatti la quota
di ultrafiltrato che viene prodotta e limitata (in genere e pari alla quota necessaria per mantenere il bilancio idrico) e non è quindi richiesta reinfusione. La rimozione di soluti avviene per diffusione in base al diverso gradiente di concentrazione tra sangue e liquido di dialisi. La depurazione è migliore per i soluti a
basso peso molecolare come urea, creatinina ed elettroliti.
Il trattamento è pertanto indicato quando non vi sono problemi di particolare
sovraccarico idrico, ma piuttosto quando permangono elevati livellì di tossine
uremiche come ad esempio in caso di insufficienza renale acuta a diuresi conservata o nelle iniziali fasi di poliuria post insufficienza renale.
3.5.2.4
EMODIALISI CONTINUA AD ALTO FLUSSO (CVVHFD:
CONTINUOUS VENOUS-VENOUS HIGH FLUX DIALYSIS)
Si tratta di una variante della precedente tipologia di dialisi che può essere eseguita
con l’apparecchiatura Diapact CRRT (Braun Carex S.p.A.).
Il liquido di dialisi viene fatto circolare in controcorrente, con passaggio singolo o in
ricircolo, attraverso un filtro con membrana ad alta permeabilítà, garantendo una rimozione combinata per convezione e diffusione. L’unione di questi due meccanismi
permette di coprire una gamma di pesi molecolari di soluti più ampia, comprendendo
anche il fosfato e la beta 2 microglobulina.
Non è necessaria la reinfusione in quanto la quota di acqua rimossa in eccesso viene
reinfusa direttamente dal liquido di dialisi per retrofiltrazione lungo il dializzatore. In
questo sistema l'equilibrio tra liquido di dialisi (10 o 20 litri) e plasma si ottiene dopo
due-quattro ore(urea ed elettroliti); per quanto riguarda le molecole di dimensioni
maggiori si riscontra un equilibrio pari al 60% raggiunto dopo circa quattro ore di
trattamento.
La tecnica può essere applicata in modo continuo per ventiquattro ore su ventiquattro
ottenendo in tal modo depurazioni piuttosto elevate; oppure può essere applicata solamente per alcune ore ottenendo ugualmente buoni risultati dal punto di vista del
85
controllo metabolico. In genere è un trattamento che viene ben tollerato dal punto di
vista emodinamico anche da pazienti instabili, e trova indicazioni dove è richiesto un
elevato controllo metabolico con ridotta necessita di controllo di bilancio idrico.
3.5.2.5
EMODIAFILTRAZIONE VENO-VENOSA CONTINUA
(CVVHDF: CONTINUOUS VENOUS-VENOUS HEMODIAFILTRATION)
È un trattamento impiegato nell'arco delle ventiquattro ore con membrane ad alto
flusso che garantiscono rimozione di soluti a basso peso molecolare per diffusione, in
scambio con una soluzione di liquido di dialisi e rimozione per convezione di acqua
plasmatica e soluti ad elevato peso molecolare. L'acqua plasmatica rimossa deve essere sostituita da un'opportuna soluzione di reinfusione. Si tratta di una metodica che
combina i vantaggi in termini di depurazione della convezione e della diffusione e
che garantisce un'ottima tolleranza cardiovascolare. Trova indicazione in pazienti critici, particolarmente catabolici o in emodializzati cronici con problemi acuti extrarenali.
86
3.6 ASPETTI FISICI E TECNICI DELLA DIALISI MONOAGO
La dialisi monoago è una successione di brevi cicli dialitici identici.
Ogni ciclo è formato da due fasi: fase arteriosa, durante la quale il sangue viene aspirato tramite l'unico accesso vascolare che viene utilizzato per l’intera seduta ed immesso nel sistema (filtro di dialisi + camera o camere ad espansione) e fase venosa
dove si ha la restituzione al paziente del sangue trattato utilizzando lo stesso accesso
dal quale si è aspirato il sangue arterioso.
Gli elementi emodinamici chiave da cui dipende l'efficienza della dialisi monoago,
sono il flusso ematico medio e il volume di sangue trattato per ciclo, detto brevemente, "corsa" o "stroke".
Nella genesi del ricircolo è forse utile distinguere due sedi:
l'accesso vascolare e il circuito extracorporeo. All'inizio della
fase arteriosa, una quota del sangue trattato e appena espulsa in
fistola o nel vaso durante la fase venosa, può essere riaspirata
nel circolo extracorporeo. Ciò è tanto più facile avvenga, quanto più basso è il flusso ematico nel vaso o nella fistola e quanto
più difficoltoso sia il drenaggio venoso. Il circuito extracorporeo dà ricircolo sostanzialmente per due motivi: uno è lo spazio morto, ovvero quella parte comune alle linee arteriosa o
venosa costituite dall'ago o catetere e dalla linea ad essi collegata fino alla biforcazione della Y , dove convergono le due linee. Tale volume deve essere contenuto il più possibile, ma è
facile intuire che, specialmente con cateteri può essere rilevante. L'altro motivo risiede nella dilatabilità e compressibilità (compliance) delle linee
arteriosa e venosa che stanno tra l'accesso e le pinze automatiche. Come mostra il
diagramma delle pressioni allegato allo schema generale nella figura successiva, durante la fase venosa questa parte del circuito è in genere soggetta ad altre pressioni
positive (anche + 300 mmHg) con tendenza ad espandersi, cosicché una parte del
sangue trattato si inserisce nella linea arteriosa: all'inizio della fase arteriosa , la pressione diventa, in genere, bruscamente negativa (anche - 200, -300 mmHg), le linee si
comprimono e un'ulteriore quota di sangue già trattato passa dalla linea venosa a
quella arteriosa.
87
Al fine di avere flussi medi paragonabili a quelli che si hanno nella dialisi a due aghi,
è necessario avere dei flussi di aspirazione più elevati. Quindi per evitare di avere eccessive depressioni in fase arteriosa ed eccessive sovrapressioni venose nella fase venosa occorre usare accessi vascolari a bassa resistenza idraulica (ad es. aghi corti e di
grosso calibro). Ciò diminuisce anche l'inevitabile danno che il moto turbolento nell'accesso vascolare produce sul sangue. La fistola o il vaso ben incannulato debbono
poi avere un elevato flusso di perfusione68. Le camere di espansione debbono essere
adeguate e usate propriamente: devono cioè risultare quasi completamente vuote alla
fine di ogni fase venosa.
Nel complesso, la dialisi con monoago risulta essere una tecnica particolarmente difficile se paragonata alla tecnica a due aghi. Pure difficile è dare delle direttive generali che si applichino a tutte le situazioni . Comunque vi sono alcuni aspetti che si possono considerare di validità generale e che qui riassumiamo:
1. Il materiale disposable (monouso) usato deve essere adatto alla dialisi con monoago (aghi e cateteri che devono essere di grosso calibro (14-15 G) e con spazio morto ridotto.
2. Usare linee dotate di camere di espansione sia sulla linea arteriosa che sulla linea venosa (possibilmente con camere di volume uguale, o, se diverse, con la
68
Perfusione. Introduzione di sostanze medicamentose attraverso la circolazione sanguigna, in tutto l'organismo o in
zone delimitate di esso.
88
camera di volume della linea venosa maggiore di quella arteriosa). Il volume
complessivo dovrebbe essere almeno 250 ml. Bisogna evitare con cura di
riempire eccessivamente le due camere: ciò aumenta pericolosamente la quota
ematica sottratta al paziente (anche se il limite massimo in condizioni dialitiche
normali risulta essere di 350 ml).
3. Se le camere ad espansione sono adeguate, non c'è differenza sostanziale nell'uso di filtri a piastre o capillari.
4. Pressione minima di sistema, sempre maggiore di zero.
89
4
MACCHINA PER EMODIALISI 4008 B
Fresenius®
90
4.1 STRUTTURA E FUNZIONE DELLE SINGOLE PARTI
COMPONENTI LA MACCHINA
Fíg. 1: Apparecchio per emodialisi - vista frontale
Legenda:
1
2
2a
Monitor
Moduli (da sinistra a destra)
Pompa sangue (arteriosa)
Pompa eparina
Pompa sangue (SN)
Spazio per moduli addizionali
(da sinistra a destra)
Libero
Camera di lavaggio
Rilevatore di livello
3
4
5
6
7
8
9
Idraulica
Freno
Lancia di aspirazione concentrato
bicarbonato
Lancia di aspirazione concentrato
acetato o acido
Camera di risciacquo
Sistema connessione laterale
liquido di dialisi
Asta I V
91
Fig. 2: Apparecchio per emodialisi - vista retro
Legenda:
1
Monitor (retro)
2
Valvola raccolta campione liquido di dialisi per sistema di distribuzione concentrato
3
Filtro
4
Linea distribuzione al filtro sangue con indicatore esterno di flusso
5
Linea di ritorno liquido di dialisi dal filtro sangue
6
Connettore della disinfezione
7
Connettore dei concentrato basico per sistema di distribuzione concentrato centralizzato (blu), opzionale
8
Connettore del concentrato acetato/acido per sistema di distribuzione concentrato centralizzato (rosso), opzionale
9
Scarico
10 Collegamento acqua (permeato) o connettore per filtro ingresso acqua
11 Scarico del troppo pieno
12 Unità di alimentazione
13 Clamp per tubi di connessione del liquido di dialisi
Y
Connettore per il disinfettante
Z
Inserzione dei connettore per il disinfettante
92
Fig. 3: Vista frontale monitor
93
la
1b
2a
2b
3a
3b
4a
4b
5a
5b
6a
6b
7a
7b
8a
8b
9a
9b
Tasto ON/OFF
LED ON/OFF
Tasto Lavaggio
LED Lavaggio
Tasto Lavaggio a caldo
LED Lavaggio a caldo
Tasto Disinfezione
LED Disinfezione
Tasto Ago singolo
LED Ago singolo
Tasto Test macchina
LED Test macchina
Tasto Riempimento linee e filtro
LED Riempimento linee e filtro
Tasto Inizio dialisi/Reset Allarmi
LED Inizio dialisi/Reset Allarmi
Tasto Silenzia Allarmi
LED Silenzia Allarmi
Monitor ematico (elementi da 10 a 14)
10a
11a
11b
11c
12a
12b
13a
13b
14a
14b
indicatore allarme rilevatore bolle d’aria
indicatore allarme perdite ematiche
led disinserimento protezioni
tasto disinserimento protezioni
indicatore allarme pressione arteriosa
indicatore valori misurati di pressione arteriosa
indicatore allarme pressione venosa
indicatore valori misurati di pressione venosa
indicatore allarme pressione transmembrana
indicatore valori misurati di pressione transmembrana
Monitor dell'Ultrafiltrazione (elemento 15)
15a
15b
15c
15d
15e
15f
15g
15h
15i
15k
Indicatore dell' UF ottenuta
Tasto Reset UF ottenuta
Indicatore Flusso di UF
Tasti A e V (Flusso di UF)
Indicatore di UF Desiderata
Tasti A e V (UF Desiderata)
Indicatore dei Tempo restante
Tasti A e V (Tempo restante)
led della UF
Tasto ON/OFF UF
Monitor del liquido di dialisi (elementi da 16 a 18)
16°
16b
16c
16d
17b
17c
18b
19a
19b
19c
20a
20b
20c
20d
94
indicatore allarme conducibilità
indicatore del valore misurato di conducibilità
tasto AC.
tasto BIC
led flusso
tasto ON/OFF flusso
tasto SET
indicatore condizione verde (operatività)
indicatore condizione giallo (avviso/info)
indicatore condizione rosso (allarme)
display del testo
tasti ⇑ ⇓
tasto conferma
tasto selezione
Fig. 4: Pompa ematica (arteriosa)
Legenda:
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
Display (indica il flusso, il diametro della linea o un codice di errore)
LED Allarme (rosso)
LED Operatività (verde)
Connettore della pressione (collegamento luer lock della linea di misurazione della
pressione arteriosa)
Blocco (protegge il segmento di linea installata contro lo scivolamento)
Sportello della pompa sangue
Rotore (spinge il sangue dei paziente per mezzo dei rulli e della linea installata, il rotore
può essere rimosso per operazioni di pulizia)
Sensore (avverte se lo sportello della pompa sangue è aperto o chiuso)
Tasto Start/Stop (per accendere e spegnere la pompa sangue)
Tasto ⇓ (per ridurre il flusso ematico o il valore dei diametro della linea)
Tasto ⇑ (per aumentare il flusso ematico o il valore dei diametro della linea)
95
Fig. 5: Pompa eparina
Legenda:
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
96
Spintore siringa (muove lo stantuffo della siringa)
Tasto Bolus
Tasto Rate (per regolare il flusso eparina)
Tasto orologio (per impostare il tempo di funzionamento)
Supporto siringa
Tasto Start/Stop
Tasto ⇓ (per ridurre il flusso o il tempo di funzionamento, e per muovere il carrello della siringa verso il
basso)
Tasto ⇑ (per aumentare il flusso o il tempo di funzionamento, e per muovere il carrello
della siringa verso l'alto)
LED Operatività (verde)
Display (indica il flusso, il tempo di funzionamento, il volume dei bolus o un codice di
errore
LED Allarme (rosso)
Fig. 6: Rilevatore di livello
Legenda:
1
2
3
4
5
Interruttore a levetta (per alzare ed abbassare il livello del fluido nella camera venosa)
Connettore della pressione venosa (connettore luer lock della linea di misura della
pressione venosa)
Supporto della camera venosa con rilevatore ad ultrasuoni
Clamp della linea venosa
Rilevatore ottico
97
Fig. 7: Schema generale.
98
Legenda
2
3
5
6
7
8
9
10
12
21
22
23
24
24b
25
26
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
41
43
54
61
63
65
66
66a
66b
66c
68
71
72
Sensore temperatura
Sensore temperatura
Interruttore di livello
Sensore di livello
Cella conducimetrica di misura
Rilevatore perdite ematiche
Trasduttore di pressione
Contatto Reed per concentrato acido
Contatto Reed per concentrato basico
Pompa di flusso
Pompa UF
Pompa concentrato acido
Valvola filtro sangue 1
Valvola filtro sangue 2
Pompa concentrato basico
Valvola di bypass
Pompa di degasificazione
Valvola di scarico
Valvola 1 camera di bilanciamento
Valvola 2 camera di bilanciamento
Valvola 3 camera di bilanciamento
Valvola 4 camera di bilanciamento
Valvola 5 camera di bilanciamento
Valvola 6 camera di bilanciamento
Valvola 7 camera di bilanciamento
Valvola 8 camera di bilanciamento
Valvola ingresso acqua
Valvola pieno
Resistenza riscaldatore
Valvola riduttore pressione
Filtro 1 ingresso acqua
Valvola eccesso pressione
Blocco riscaldatore
Camera ingresso acqua
Camera resistenza riscaldatore
Camera a livello variabile
Camera di bilanciamento
Filtro 1 concentrato acido
Filtro 1 concentrato basico
74
75
76
77
78
84
87
88
88a
88b
88c
159
90a
90b
91
92
94
95
97
98
109
111
112
114
115
116
125
150
151
160
161
162
163
164
165
166
73
Filtro 1 liquido di dialisi esterno
169 Sensore temperatura
167
168
Filtro 1 UF
Indicatore esterno di flusso
Filtro 1 pieno valvola
Scambiatore di calore
Valvola di sfogo
Valvola dei disinfettante
Valvola di scarico
Blocco multifunzionale
Camera di degasificazione
Separatore aria secondario
Separatore aria primario
Orifizio di degasificazione
Camera di risciacquo conc. acido
Camera di risciacquo conc. basico
Valvola di risciacquo
Valvola di ventilazione
Lancia di aspirazione concentrato acido
Lancia di aspirazione concentrato basico
Pompa di ventilazione
Valvola di controllo (camere di lavaggio)
Sensore temperatura
Filtro idrofobico
Valvola di ventilazione
Filtro del liquido di dialisi
Sensore valvola disinfezione
Valvola raccolta campione liquido di dialisi
Adattatore
Filtro
Strozzatura
Valvola di iniezione concentrato
Valvola di iniezione disinfettante
Cella dì misura conducibilità conc. basico
Valvola di aspirazione concentrato
Connettore disinfettante
Inserzione connettore disinfettante
Contatto Reed per inserzione connettore
disinfettante
Valvola test (V84)
Valvola controllo (scarico)
Punti di misurazione dell'idraulica
A
Riduzione pressione acqua in ingresso
B
C
D
Valvola incremento pressione della camera di bilanciamento
Pressione pompa flusso
Pressione pompa di degasificazione
99
4.2 DESCRIZIONE DEI COMPARTO IDRAULICO
L'idraulica della macchina di dialisi consiste di un sistema di bilanciamento volumetrico del liquido di dialisi che è chiuso rispetto alla pressione atmosferica. Nella camera di bilanciamento il liquido di dialisi (l.d.d.) di scarico viene spostato dal liquido
di dialisi in ingresso (e viceversa). Di conseguenza il volume di fluido in ingresso ed
in uscita risulta identico. Il fluido “fresco” è separato da quello “usato” per mezzo di
una membrana elastica.
La valvola riduttrice di pressione (61) assicura il mantenimento della pressione di ingresso dell'acqua ad un valore costante.
Prima dello scambiatore di calore (77) il concentrato acetato viene immesso per mezzo della pompa del concentrato (23). Durante la dialisi con uso di bicarbonato essa
immette concentrato acido.
Durante la dialisi con uso di bicarbonato, la pompa del concentrato basico (25) invia
quantità di concentrato basico nella camera (88c) del blocco multifunzionale (88). Se
i concentrati acido e basico dovessero essere scambiati per errore, ciò viene rilevato
da una cella conducimetrica (162) che monitorizza la conducibilità all'uscita della
pompa bicarbonato (25).
Lo scambiatore di calore (77) trasmette una parte dei calore del liquido di dialisi uscente all'acqua fredda in ingresso.
Il liquido di dialisi viene riscaldato nella camera riscaldatrice (66b). La pompa ad ingranaggi (29) e l'orifizio di degasificazione (89) sono usati per generare una pressione
negativa, degasificando così il liquido di dialisi. L'aria sviluppata si raccoglie nella
camera di separazione. Da questa camera essa viene inviata nel blocco riscaldatore
(66) attraverso la valvola di incremento di pressione (65) e poi all'atmosfera passando
per la camera a livello variabile (66c).
Il liquido di dialisi fluisce dalla camera (88c) e dalla camera di bilanciamento (68) attraverso la cella di misura della conducibilità (7) e la valvola dei filtro (24) fino al filtro sangue.
Nella cella di misura della conducibilità vengono misurati ed indicati sul monitor sia
la conducibilità che la temperatura (sensore temperatura 3).
Quando la temperatura e la conducibilità sono entro i limiti, le due valvole verso il
filtro sangue (24, 24b) sono aperte e la valvola di by-pass (26) è chiusa. Se uno dei
due valori dovesse essere fuori dai limiti (allarme temperatura e/o conducibilità), la
valvola di by-pass (26) si apre e la valvola verso il filtro sangue (24) si chiude.
Il fluido usato che fluisce dal filtro sangue è controllato da un rilevatore di perdite
ematiche (8). Da questa camera esso fluisce nella camera (88b) del blocco multifunzionale (88). Il fluido proveniente dal blocco viene spinto attraverso la pompa di flusso (21) nella camera di bilanciamento. In questo modo viene assicurato che il liquido
di dialisi in uscita sia sempre rimpiazzato dallo stesso volume di liquido di dialisi in
ingresso.
100
Il trasduttore di livello (9) è inserito nella camera (88b) del blocco multifunzionale
(88). La pressione misurata è presa come quantità nel calcolo della pressione transmembrana (TMP).
Una pompa a membrana (pompa ultrafiltrazione 22) da 1 ml di volume per ciclo sottrae fluido dal sistema ad un tasso specifico. Poiché il sistema è chiuso, lo stesso volume di ultrafiltrato proviene dal sangue tramite il filtro.
Dopo la camera di bilanciamento (68) il liquido di dialisi in uscita dal filtro sangue
viene mandato allo scarico esterno attraverso la valvola (30), lo scambiatore di calore
(77) e la valvola (87).
Qualsiasi ingresso di una notevole quantità d'aria nel sistema, causata da forte degasazione o durante il priming, viene rilevata dal sensore (8). Questa aria viene inviata
all'atmosfera tramite la pompa di ventilazione (97).
La valvola di raccolta campione liquido di dialisi (116) é inserita nella linea di ingresso del liquido di dialisi nel filtro sangue. Da questa valvola si può estrarre liquido
di dialisi usando una siringa con raccordo luer-lock.
Quando si usa l'opzione diasafe (114), il liquido di dialisi passa attraverso un filtro
capillare con membrana in polisulfone che trattiene le sostanze pirogeniche ed i microrganismi, e viene poi inviato al filtro sangue.
I punti di misura delle pressioni (A), (B), (C) e (D) permettono la misurazione diretta
di varie pressioni, senza rendere necessaria l'apertura di linee e tubi. Il punto (A) misura la pressione dell'acqua in ingresso; (B) misura la pressione incrementata della
camera di bilanciamento; (C) la pressione della pompa di flusso; (D) la pressione negativa della pompa di degasazione.
La macchina viene pulita e disinfettata durante d'operatività senza ricircolo. Il disinfettante é introdotto nel circuito dalla pompa dei concentrato (23) tramite la valvola
(84) ed il sensore (115) che rileva se il disinfettante é presente o meno.
101
4.3 DESCRIZIONE DELLA PROCEDURA DI TRATTAMENTO
4.3.1 DIALISI CON USO DI BICARBONATO
4.3.1.1
MODALITÀ OPERATIVE
La macchina per emodialisi consente l'esecuzione di dialisi con l’impiego di acetato o
bicarbonato. Il tipo di trattamento è determinato da:
- il concentrato (o i concentrati)
- il posizionamento dei connettori di aspirazione del concentrato
Per la dialisi con bicarbonato sono richiesti due concentrati:
- concentrato acido
- concentrato bicarbonato
I concentrati sono aspirati e distribuiti per mezzo di due pompe e miscelati con acqua
osmotizzata nella macchina di dialisi. A questo fine, i tubi di aspirazione del concentrato sono collegati ai contenitori dei concentrati pertinenti. Il miscelamento è eseguito in maniera volumetrica e proporzionale, cioè quantità fisse di concentrato sono aggiunte ad una specifica quantità di acqua dalle pompe concentrato. Il rapporto di miscelazione può essere variato entro limiti specifici. Esso si può regolare premendo i
tasti (Ac) e (Bic) sul monitor. Durante la dialisi con uso di bicarbonato si possono
formare sali insolubili di Calcio e Magnesio. Questa è la ragione per cui la macchina
dovrebbe essere decalcificata e disinfettata dopo ogni dialisi di questo tipo, usando un
agente chimico appropriato (ad es. Puristeril 340). Durante il programma di pulizia, i
tubi di aspirazione del concentrato devono essere inseriti nella camera di risciacquo
che fa parte della macchina di dialisi.
4.3.1.2
CONCENTRATI PER DIALISI CON BICARBONATO
La corretta concentrazione di ioni nel liquido di dialisi può essere ottenuta solo usando i concentrati appropriati rispetto al sistema di miscelazìone.
1. Concentrato acido
SK-F 203 (PGS 21)/SK-F 003 (PGS 01), diluito a 35, 6L in contenitore da 10L.
102
2. Concentrato basico
Soluzione di Bicarbonato di Sodio all'8,4%, 8L in contenitore da 10L.
4.3.1.3
LIQUIDO DI DIALISI PER DIALISI CON BICARBONATO
Dopo che i concentrati sono stati miscelati, l'acido acetico proveniente dai concentrato acido reagisce con l'equivalente quantità di bicarbonato. Il risultato è
lo sviluppo di acido carbonico e acetato di sodio. Ciò porta alla seguente composizione ionica durante la regolazione di base delle pompe per:
a) SK-F 203 (PGS 21) e bicarbonato di Sodio all'8,4%
Sodio
Potassio
Calcio
Magnesio
Cloro
Acetato
Bicarbonato
138.00
2.00
3.50
1.00
109.50
3.00
32.00
mval/l
mval/l
mval/l
mval/l
mval/l
mval/l
mval/l
138.00
2.00
1.75
0.50
109.50
3.00
32.00
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mmol/l
mmol/l
b) SK-F 003 (PGS 01) e soluzione di bicarbonato di Sodio all' 8,4%
Sodio
Potassio
Calcio
Magnesio
Cloro
Acetato
Bicarbonato
138.00
0.00
3,50
1.00
109.50
3.00
32.00
mval/l 138.00
mmol/l
mval/l 0.00
mmol/l
mval/l 1.75
mmol/l
mval/l 0,50
mmol/l
mval/l 109.50
mmol/l
mval/l 3.00
mmol/l
mval/l 32.00 mmol/l
103
Fig. 8: Connettori concentrato
4.3.1.4
SICUREZZA DURANTE LA DIALISI CON USO DI BICARBONATO
La sicurezza della procedura é garantita da:
- i due sistemi indipendenti volumetrici di miscelazione
- il sistema di monitoraggio della conducibilità compensato in temperatura
- la codifica dei colori delle lance di aspirazione e dei contenitori dei concentrati
- la codifica meccanica delle lance di aspirazione e dei contenitori dei
concentrati (solo per contenitori di concentrato originale Fresenius
- la cella addizionale di misura della conducibilità sulla linea del bicarbonato.
104
Procedura
Il liquido di dialisi viene preparato in maniera continua a partire dal concentrato bicarbonato, concentrato acido ed acqua osmotizzata. Due pompe a membrana, indipendenti l'una dall'altra, inviano la soluzione concentrata acida e la
soluzione concentrata basica in un sistema di miscelazione volumetrica proporzionale.
Codifica dei contenitori dei concentrati (solo per contenitori di concentrato originali
Fresenius)
I contenitori sono codificati per mezzo di una particolare sagoma ricavata sul sottotappo, che previene lo scambio dei contenitori. Le lance di aspirazione pertinenti sono anch'esse sagomate meccanicamente.
Fig. 9: Preparazione del liquido di dialisi (illustrazione del principio utilizzato)
105
4.4 SISTEMA PROTETTIVO
L'apparato di misura della conducibilità ed il circuito di by-pass è stati progettati per
proteggere il filtro sangue da circolazione di liquido di dialisi improprio. La finestra
di allarme regolabile serve per monitorare la conducibilità prescelta in un campo di
valori di ±5%, offrendo così una protezione contro errori nel sistema di miscelazione.
Con liquido di dialisi di errata composizione, l'indicatore di conducibilità è fuori dalla
finestra di allarme. L'allarme di conducibilità (CD), che viene così generato, attiva
l'operazione di by-pass del liquido di dialisi. Un allarme sonoro e luminoso viene emesso dalla macchina.
Un errore iniziale nel sistema di miscelazione sarà riconosciuto non appena la deviazione dei valore della concentrazione del liquido di dialisi rispetto al valore impostato
raggiungerà un grado di pericolosità.
Errore
Massima deviazione
Fornitura di concentrato acido insufficiente
(pompa guasta, filtro intasato):
porta sempre ad una riduzione di
concentrazione.
Fornitura di concentrato bicarbonato
insufficiente (pompa guasta, filtro intasato):
porta sempre ad una riduzione di
concentrazione
CD:
Na:
Bic:
pH:
- 0,4 mS/cm
- 4 mmol/l
±Omml/I
+0,04
CD:
Na:
Bic :
pH:
Insufficiente fornitura di acqua all'ingresso o CD:
nella camera di bilanciamento: la massima
Na:
variazione nella concentrazione finale
Bic:
ammonta (circa) a 0,4113,5 = 0,03 = 3%
pH:
- 0,4 mS/cm
- 6 mmol/l
- 6 mmol/l
-0,19
± 0,4 mS/cm
+ 6 mmol/l
± 1 mmol/l
± 0,05
Monitor della conducibilità difettoso:
indicazione errata
simo
Nessuna deviazione.
L'errore sarà rilevato durante il prostest T11.
Monitor della conducibilità difettoso:
valutazione errata dell'allarme
simo
Nessuna deviazione.
L'errore sarà rilevato durante il prostest T1.
Inversione contenitore concentrato basico /
acido (o viceversa)
CD fuori dalla finestra di allarme.
(Valore atteso!)
106
Monitorizzato per mezzo della ceila
conducimetrica dei bicarbonato
Minimizzato dalla codifica dei contenitori
dei concentrato (solo per concentrati
originali FRESENIUS)
CD:
± 0,4 mS/cm
Uso di concentrati errati
Rapporti di miscelazione
Regolazione nel
H90
Concentrato Concentrato Miscelazione Miscelazione
menu' SET UP
in litri
acido in litri basico in litri concentrato concentrato
Acido
Bicarbonato
1 34
32,775
1
1,225
35
28,57
1 35,83 (NaCI 20)
34
1
1,83
36,83
20,13
1 35,83 (NaCI 26)
34
1
1,83
36,83
20,13
* 1 : 35,83 <B>
33,8
1
2
36,83
18,42
1 : 44
42,225
1
1,775
45
25,35
* B = bicarbonato Belga
Variazione della conducibilità
Nell'ipotesi di un valore di Sodio di base di 140 mmol, se la regolazione dei Sodio è
portata a 147 mmol il valore dei Sodio varia dei 5%. La conducibilità, che è calcolata
a partire dell'addizione dei valori di conducibilità complessivi stampati sul contenitore, vale a dire acido 11,9 mS/cm + bicarbonato 1,9 mS/cm = 13,8 mS/cm, aumenterà
quindi dello stesso 5%.
Se la proporzione dei bicarbonato viene modificata, la proporzione di acido cambia
nel senso opposto, in modo da mantenere il Sodio richiesto ad un valore costante.
Cio' puo' dare come risultato una minore variazione della conducibilità totale.
Esempio:
Un valore di Sodio selezionato di 140 mmol/l corrisponde a 105 mmol/l dal concentrato acido + 35 mmol/l dal concentrato bicarbonato. Se il bicarbonato è aumentato di
3 mmol/l (= 38 mmol/l sulla pompa dei bicarbonato), la pompa dei concentrato acido
viene riaggiustata di -3 mmol/l a 102 mmol/l Il valore di Sodio selezionato di 102 +
38 = 140 mmol/l viene così mantenuto.
107
4.5 DESCRIZIONE DEI CIRCUITO EMATICO EXTRACORPOREO
Fig. 10: Circuito ematico extracorporeo - dialisi a due aghi
Legenda
1a
2
3
4
5
6
7a
7b
108
Filtro idrofobico esterno
Monitor pressione arteriosa
Pompa ematica arteriosa
Pompa eparina
Camera espansione arteriosa
Filtro sangue
Filtro idrofobico esterno
Filtro idrofobico interno
8
9
10
11
12
13
14
Valvola di aerazione
Monitor pressione venosa di rientro
Pompa ventilazione
Filtro idrofobico
Rilevatore aria
Clamp linea venosa
Rilevatore ottico
4.5.1 DIALISI AD AGO DOPPIO
La pompa arteriosa invia sangue dall'accesso vascolare del paziente al filtro sangue.
La pressione nella parte di aspirazione della pompa è misurata e controllata per mezzo dell'indicatore della pressione arteriosa, separato dal sangue per mezzo di un filtro
idrofobico. Se tale pressione dovesse superare o scendere al disotto dei limiti impostati, si attiva un allarme sangue: la pompa arteriosa si ferma, la clamp venosa si
chiude, un allarme ottico e sonoro viene emesso. L'ultrafiltrazione viene fermata. Dosi di eparina possono essere infuse nel sangue per mezzo della pompa eparina ad un
tasso regolabile.
Dopo il filtro sangue, il sangue entra nella camera venosa In essa la pressione venosa
è rilevata e controllata entro stretti limiti. L'indicatore della pressione venosa è separato dal sangue da due filtri idrofobici. La camera venosa è posta nel rilevatore di livello, che serve da protezione contro l’infusione d'aria. Se il livello dei sangue dovesse scendere oppure nella camera venosa vi fosse sangue con schiuma o microbolle, si
attiva un allarme sangue: la pompa arteriosa si ferma, la clamp venosa si chiude, un
allarme ottico e sonoro viene emesso. L'ultrafiltrazione viene fermata.
Dopo la camera venosa, il sangue passa nel rilevatore ottico (OD), che è differenziato
come segue:
OD rileva trasparenza soluzione fisiologica o aria nella linea
OD rileva opacità sangue nella linea
Dal rilevatore ottico, il sangue torna poi al paziente (ago venoso).
4.5.2 DIALISI AD AGO SINGOLO (SISTEMA CLICK-CLACK)
Nota:
Questa procedura dovrebbe essere usata solo in casi eccezionali, poichè lo stroke-volume (volume
di scambio per ciclo) ed il conseguente il tasso di ricircolo possono essere notevolmente svantaggiosi.
Esempio per l'uso di questa procedura
Se dovessero sorgere problemi di flusso di sangue in uno degli accessi vascolari
durante la dialisi ad ago doppio, è ancora possibile continuare il trattamento usando le
linee sangue montate, selezionando la procedura SN click-clack (Single Needle-Ago
Singolo). Dopo che i valori di pressione di commutazione sono stati immessi, il trasduttore della pressione venosa attiva la pompa sangue e la clamp della linea venosa.
Entrambe le linee arieriosa e venosa sono collegate all'accesso vascolare rimanente
per mezzo di un set ad Y.
109
La clamp della linea venosa rimane chiusa fino a quando la pompa arteriosa invia
sangue. Non appena il limite superiore della pressione venosa viene raggiunto nella
linea ematica, la pompa sangue, si ferma e la clamp della linea venosa si apre. La
pressione che si è sviluppata nella linea ematica fa rientrare il sangue nel paziente.
Quando il limite inferiore impostato viene raggiunto, la pompa arteriosa inizia a girare mentre la clamp venosa si chiude; il procedimento si ripete ciclicamente.
Se il tempo del ciclo dovesse essere superiore a 15 sec, un allarme viene attivato. La
clamp della linea venosa si chiude e la pompa sangue arteriosa si ferma.
4.5.3 DIALISI AD AGO SINGOLO (SISTEMA OPZIONALE)
Fig. 11: Circuito ematico extracorporeo - díalisi ad ago singolo (opzionale)
110
Legenda
la
2
3
4
5
6
7a
7b
8
9
10
Filtro idrofobico esterno
Monitor pressione arteriosa
Pompa sangue arteriosa
Pompa eparina
Camera espansione arteriosa
Filtro sangue
Filtro idrofobico esterno
Filtro idrofobico interno
Valvola di aereazione
Monitor pressione venosa di ritorno
Pompa di ventilazione
11
12
13
14
15a
15b
16a
16b
17
18
Filtro idrofobico
Rilevatore aria
Clamp linea venosa
Rilevatore ottico
Camera di espansione esterna
Camera di espansione interna
Filtro idrofobico esterno
Filtro idrofobico interno
Monitor per il controllo della pressione
dell'ago singolo
Pompa venosa ago singolo
Durante la dialisi ad ago singolo (SN) il sangue viene alternativamente prelevato e
reimmesso nel paziente per mezzo un solo ago. Ciò viene ottenuto per mezzo di un
modulo pompa addizionale, che include l'elettronica di controllo dell'ago singolo
(procedura a due testate con sistema di controllo pressione-pressione).
Con sistema SN mediante pompa ematica doppia il flusso medio ematico QSN viene
calcolato come segue:
QSN = (BPRart x BPRsn) / (BPRart + BPRsn)
[valore teorico]
La seguente formula approssimata é sufficiente per l'uso pratico:
Q_sn = (BPRart + BPRsn) / 4
La pompa sangue arteriosa invia il sangue nella camera di scambio esterna. Il volume
ematico di scambio dipende dallo stroke volume (volume di scambio per ciclo) impostato (da 10 a 50 ml).
In questa fase la pompa SN non gira, la clamp della linea venosa è chiusa, la camera
di scambio esterna è collegata ad un trasduttore di pressione nel modulo pompa SN.
La camera di scambio interna, che è riempita d'aria, è posta all'interno dei modulo
pompa SN.
Non appena la pressione supera il limite superiore prefissato, la pompa arteriosa si
ferma. La pompa SN inizia a girare ed invia il sangue al paziente attraverso il filtro
sangue, la camera venosa e la clamp della linea venosa. Quando la pressione nella
camera di scambio interna scende al disotto dei limite prefissato, la procedura descritta inizia di nuovo.
Il valore inferiore della pressione di commutazione é fissato a 75 mmHg. Il valore
superiore di pressione di commutazione dipende dallo stroke volume impostato.
Stroke volume (ml)
10
15
20
25
30
35
40
45
50
111
Valore superiore della
pressione di commutazione (mmHg)
110 130 150 172 195 219 244 270
299
La posizione della pompa sangue SN prima dei filtro sangue impedisce fluttuazioni
dei livello ematico nella camera venosa. Anche la stabilità della TMP viene migliorata.
Il risultato terapeutico (clearance) dipende dal flusso ematico effettivo e dallo stroke
volume.
Più alto é lo stroke volume, minore é la proporzione di ricircolo. Per tale ragione il
flusso ematico massimo e lo stroke volume massimo dovrebbero essere impostati.
Queste impostazioni sono diverse da paziente a paziente e, a causa degli accessi vascolari individuali, hanno limiti diversi.
Tutti gli altri componenti e le loro funzioni conispondono a quelli già descritti per la
dialisi ad ago doppio.
Il riconoscimento dell'arresto di entrambe le pompe sangue è attivato. Se una delle
pompe si ferma per un periodo superiore a quello prefissato (30 sec.), un allarme di
arresto pompa sangue viene attivato.
4.6 FLUSSO EMATICO EFFETTIVO E VOLUME EMATICO CUMULATIVO
Il display del flusso sulla pompa ematica indica il flusso ematico teorico. Questo valore viene calcolato a partire dalla velocità di rotazione dei rotore e dal diametro interno della linea ematica usata.
Il flusso ematico reale (flusso ematico effettivo) può variare leggermente da questo
valore, poiché esso dipende dalle differenti pressioni di aspirazione (pressione arteriosa) generate dalla pompa.
Il computer sul monitor contiene un algoritmo che corregge il flusso ematico teorico,
in relazione alla pressione arteriosa.
Usando il flusso ematico reale ed il tempo di trattamento trascorso, il monitor calcola
il volume ematico cumulato.
4.7 DISINFETTANTI
Soluzione per disinfettare e rimuovere i depositi di calcio dai circuiti del liquido di
dialisi
Diluizione: il concentrato nel contenitore è diluito con acqua nella macchina di emodialisi ad un rapporto di 1:34.
112
Fresenius Puristeril® 340:
(Temperatura dell'acqua nel programma di pulizia: 37 °C)
Sostanza attiva di base:
acido peracetico
Concentrazione della sostanza attiva:
approssimativamente 0,15% (diluito)
Fresenius Sporotal® 100:
(Temperatura dell'acqua nel programma di pulizia: 37 °C)
Sostanza attiva di base:
ipoclorito di Sodio
Concentrazione della sostanza attiva:
approssimativamente 0,1% (diluito)
Nota:
Il filtro del liquido di dialisi (optionale) può essere pulito usando lo Fresenius® Sporotal 100 solo
su consultazione con il produttore.
4.8 POMPE PERISTALTICHE
Le pompe peristaltiche sono le pompe di tipo rotativo più diffuse in laboratorio, grazie alla loro semplicità d'impiego e alla loro flessibilità e sicurezza operativa, nonché
al loro costo. Si caratterizzano per il fatto che gli organi della pompa non vengono
mai in contatto con il liquido trasportato, in quanto esso viene spinto lungo il tubo di
trasporto per effetto alternativo di compressioni e dilatazioni generate da rulli sulla
sua superficie esterna. Tali azioni simulano i movimenti muscolari peristaltici delle
pareti dei canali e delle cavità dell'organismo animale, movimenti che determinano le
progressioni del loro contenuto: di qui il nome della pompa.
La testata pompante è costituita da due parti: il corpo della pompa (statore) e il rotore
a rulli. Tra lo statore e il rotore viene inserito un tubo flessibile ed elastico, che si
schiaccia tra le pareti dello statore e i rulli del rotore. Il rotore in movimento fa scorrere i rulli sul tubo spingendo avanti il fluido; passato il rullo, il tubo riprende la sua
forma creando una depressione che trascina con sé il fluido. Tra i rulli si crea un cuscinetto di liquido dipendente dal diametro interno dei tubi e dal numero e dalla disposizione geometrica dei rotori. La portata è determinata dal diametro del tubo e dalla velocità del rotore e si mantiene relativamente costante con basse pulsazioni. Il
principale vantaggio è quello che il liquido non bagna il corpo della pompa, il che evita i problemi di contaminazione e di risciacquo, in quanto è sufficiente sostituire il
tubo quando si cambia il materiale da trasferire. Sono pompe volumetriche con portate proporzionali alla velocità del motore, autoadescanti, perché richiamano il fluido
per depressione, non hanno riflusso e non danno effetti sifone perché uno dei rulli
tiene sempre schiacciato il tubo (occlusione), e possono funzionare a secco per il tra113
sporto di gas, o come pompe da vuoto. Sono di facile manutenzione per l'assenza di
valvole e di guarnizioni.
4.9 POMPE A SIRINGA
Le pompe a siringa sono l'automazione delle siringhe manuali e sono perciò dei sistemi discontinui a pistone a spostamento positivo. L'azione d'aspirazione e mandata
simula il movimento manuale con il vantaggio del controllo e della ripetibilità dei
movimenti propri degli strumenti automatici, ciò che assicura precisioni d'erogazione
non ottenibili a mano. Le pompe dispensatrici a siringa singola o multipla permettono
erogazioni controllate e, nei modelli con microprocessore, a dispensa programmata
consentono una grande varietà di applicazioni nel campo delle perfusioni ed aspirazioni.
I sistemi pompanti sono costituiti da una base a uno o più posti di supporto delle siringhe, dove esse vengono depositate orizzontalmente o verticalmente, bloccate a
scatto o con una molla e con la manopola del pistone fissata su una barra scorrevole,
114
collegata ad un motore tramite una sistema di trasmissione, che provvede al movimento alternativo di avanzamento e retrazione del pistone entro il cilindro della siringa. L'uniformità del flusso non è influenzato da cambiamenti di contropressione. Gli
strumenti in genere sono costruiti per ospitare i modelli di siringa manuale in commercio, sia in vetro sia in plastica. Alcune sono gestite da microprocessore che consente una grande varietà di programmi di erogazione: velocità, a flusso continuo o intermittente etc..
a.
b.
c.
d.
e.
f.
g.
aletta siringa
asola fissaggio aletta siringa
pulsante sblocco spingisiringa
coperchio batterie
pulsante
spingisiringa
coperchio fermasiringa
h.
i.
j.
k.
l.
m.
n.
potenziometro con freccia per regolazione velocità
pistone siringa
cacciavite
corpo siringa
segnale luminoso lampeggiante (LED)
barra filettata
fermacoperchio
115
4.10 POMPE A INGRANAGGI
Sono pompe rotative che aspirano il fluido in una camera cilindrica (capsula) entro la
quale ruotano con velocita' costante due ruote dentate ingrananti tra loro. Una ruota
trasmette il movimento motore all'altra in folle sul proprio asse: il fluido e' trasportato
dal circuito d'immissione a quello di mandata passando nelle cavita', che si formano
tra i denti e la capsula durante la rotazione; il suo ritorno e' impedito dal mutuo contatto tra i denti. La capsula comunica con due ambienti a pressione diversa: il moto
relativo tra la capsula e le ruote dentate da' luogo alternativamente e periodicamente
ad immissione ed espulsione di fluido, le cui variazioni di pressione nel periodo costituiscono il ciclo della pompa.
Le pompe ad ingranaggi presentano le seguenti caratteristiche:
• portata proporzionale al numero dei giri; al variare della pressione la portata
rimane pressochè costante;
• autoadescanti e reversibili: possono ruotare in entrambi i sensi senza alterare le
proprie prestazioni;
• possono pompare, indifferentemente, liquidi a basse medie ed alte viscosità,
mantenendo la stessa coppia di ingranaggi, senza sbattimenti o emulsioni del
prodotto pompato.
Assai importante è il fatto che il liquido viene pompato senza la minima pulsazione,
con flusso continuo, tutto ciò a vantaggio della pompa poichè valvole raccorderie e
tubazioni non subiscono deleterie vibrazioni.Le pompe ad ingranaggi hanno una bassa velocità periferica del rotore che permette una non indifferente longevità della
pompa stessa.
116
4.11 POMPA A MEMBRANA
L'azione pompante e' generata dalla pulsazione di una membrana flessibile per spostare il liquido ad ogni corsa del pistone.
Infatti in questo tipo di pompe uno o piu pistoni ,comunque tutti azionati dallo stesso
motore, durante il loro moto alternato non fanno altro che far pulsare una membrana
posta esattamente all’uscita della sede ove scorre il pistone (la membrana di conseguenza si alza o si abbassa) generando cosi’,l’effetto di aspirazione o compressione.
In alcuni tipi di pompe a membrana pero’ il pistone non fa altro che muovere una data massa d’olio la quale e’ a contatto con la membrana producendo cosi’ i due effetti
di aspirazione e mandata svolti dalla membrana.
Non vi sono pericoli di perdite perché il pistone e' isolato dal diaframma e pertanto
questo tipo di pompe puo' essere impiegato per fluidi abrasivi e per sospensioni.
117
118
5
SEDUTA DIALITICA
5.1 COSA SI FA’ QUANDO INIZIA UNA SEDUTA DIALITICA
Prima dell’inizio della seduta vanno espletati alcuni compiti, quali: preparare
l’apparecchiatura, provvedere alla disinfezione, consultare la documentazione dei pazienti, controllare la completezza del set per la puntura, annotare il peso del paziente.
La seduta dialitica richiede un tempo sufficientemente lungo per poter essere effettuata adeguatamente; in un centro di dialisi ci si può preoccupare al massimo di 3 o 4
pazienti per infermiere.
Dopo un primo colloquio con il paziente, ci si informerà sulle sue condizioni di salute
e sulla comparsa di eventuali sintomi, in quanto tali informazioni possono essere utili
per l’esecuzione della dialisi. Quesiti d’importanza fondamentale, da porsi sempre
prima di iniziare il trattamento, sono i seguenti:
•
•
•
•
•
•
stato del paziente riguardo a infezioni e altre malattie
principali problemi durante il trattamento di dialisi: disturbi del ritmo cardiaco,
per sapere se è necessario il monitoraggio elettrocardiografico; alterazioni della
pressione arteriosa; presenza di crampi muscolari; tendenza all’iperpotassemia
(o all’ipopotassemia) e all’acidosi
aumento medio del peso corporeo nel periodo interdialitico breve e in quello
lungo
eventuali terapie in atto
presenza di allergie (al disinfettante, al filtro o all’eparina)
conoscere il fabbisogno di eparina, tendenza all’emorragia o problemi di coagulazione
Una volta che il paziente è pronto per la dialisi, al suo check-up fa seguito quello
dell’apparecchiatura controllando:
•
•
•
•
•
•
•
che gli attacchi siano corretti (acqua, elettricità e deflusso)
se è stata effettuata la disinfezione, il funzionamento degli allarmi acustici e
visivi
che le linee sangue siano quelle giuste e siano state posizionate in modo corretto
che l’aria presente nelle linee sangue sia uscita completamente dalla sezione
ematica e dalla sezione del liquido di dialisi
che sia stato preparato il concentrato prescritto
che sia stato aggiunto il valore nominale della conducibilità
che sia stato raggiunto il valore teorico della temperatura
119
•
•
che sia stato eseguito il controllo della pressione arteriosa, che il rilevatore di
pressione sia stato connesso correttamente, che non ci siano torsioni e inginocchiature del tubicino di rilevazione della pressione
che il dispositivo dell’alimentazione di eparina funzioni correttamente
Il vero e proprio trattamento dialitico comincia con la puntura dello shunt; la durata
della dialisi si calcola dal momento in cui tutti i parametri sono stati fissati e la macchina viene messa in funzione. Se lo shunt è stato punto correttamente si deve eseguire un ulteriore esame per accertarsi che la posizione degli aghi sia corretta: l’ago venoso deve essere posizionato superiormente rispetto a quello arterioso ed entrambi
devono essere fissati adeguatamente. A questo punto può essere somministrata la
prima dose di eparina e si può collegare l’ago arterioso con la linea sangue arteriosa,
previa disinfezione della parte terminale. In ogni caso va evitata che l’eccessiva distanza tra la macchina e il paziente metta in trazione le linee sangue e gli aghi ad essa
connessi.
Si mette quindi in funzione la pompa sangue con un flusso variabile dai 50 ai 100
ml/min, il liquido che si trova nelle linee può esservi lasciato, e quindi restituito al
paziente, soprattutto se è un paziente che può avere ipotensioni. In genere si riempie
di sangue fino al gocciolatore venoso e successivamente si collega la linea sangue
venosa. Infine, si provvede a fissare stabilmente con cerotti entrambe le linee. Con
l’inizio della circolazione extracorporea, si provvede con la massima attenzione alla
regolazione definitiva della macchina e bisogna provvedere alle seguenti misure:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
120
regolando la pompa sangue alla velocità desiderata, tenendo sotto controllo,
contemporaneamente l’indicatore di pressione; controllare che non si verifichino collassamenti dei vasi, tumefazione dello shunt, strozzamenti delle linee
sangue; inoltre si devono controllare i valori pressori forniti dall’indicatore di
pressione
verificare il buon funzionamento del rilevatore di pressione e fissarne i limiti di
allarme
regolare il tasso di ultrafiltrazione prescritto, fissare i limiti di allarme della
pressione transmenbrana
controllare la plausibilità dei vari parametri forniti dalla macchina
esaminare la normalità del flusso del liquido di dialisi
inserire la pompa eparina e assicurarsi una sufficiente riserva di farmaco
controllare a vista il flusso sangue: accertarsi dell’assenza di bolle d’aria e che
la progressione lungo le linee sangue sia normale
controllare se l’indicatore per le perdite sangue sia in funzione
regolare la temperatura del liquido di dialisi
effettuare un controllo finale delle linee sangue: inginocchiatura, impermeabilità, fissaggio, assenza di trazione
si controlla la posizione del paziente e del suo braccio con lo shunt
ci si assicura che il paziente sia in grado di raggiungere il campanello d’allarme
5.2 COSA SI FA’ DURANTE LA SEDUTA DIALITICA
L’assistenza al paziente durante un trattamento dialitico è uno dei pilastri della terapia individuale qualificata. Le misure essenziali per una corretta assistenza al paziente e per il controllo dello svolgimento di una dialisi, priva di complicanze, sono qui
riassunte:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
controllo delle condizioni generali del singolo paziente: stato di coscienza, sintomatologia dolorosa, decubito, posizione del braccio con lo shunt
controllo della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa ed eventualmente
misurazione della temperatura corporea
controllo dei punti di penetrazione degli aghi: se vi sono complicanze come
emorragia o spostamento degli aghi
controllo a vista del flusso sangue nelle linee sangue e del livello ematico nei
gocciolatori; controllo dell’eventuale presenza d’aria nella circolazione extracorporea; controllo del flusso sangue
controllo dei rilevatori di pressione
controllo corretto dell’afflusso di eparina; eventualmente eseguire un controllo
della coagulazione se prescritto
controllo della conducibilità in base ai valori prescritti
controllo della temperatura
controllo del flusso del liquido di dialisi e dell’eventuale presenza di sangue
controllo del sistema di infusione e dell’avvenuta predisposizione di sacche di
soluzione salina
verificare l’avvenuta assunzione di farmaci durante il trattamento. Controllare
il diario di dialisi circa eventuali particolari prescrizioni (prelievi di sangue,
monitoraggio elettrocardiografico durante la dialisi, variazioni della conducibilità, del flusso di eparina; del concentrato
5.3 COMPLICANZE INTRADIALITICHE E RISOLUZIONI PRESCRITTE
Durante il trattamento di dialisi è bene mantenere sveglio il paziente onde evitare
l’insorgere di problemi i cui sintomi possono essere rilevati solo da particolari atteggiamenti del paziente che altrimenti con i normali controlli della macchina non evidenzierebbero.
5.3.1 IPOTENSIONE
Sintomo frequente, causato nella maggior parte dei casi dall’eccessiva ultrafiltrazione
e conseguente ipovolemia, che si manifesta maggiormente in pazienti emodinamicamente instabili (lo sbadiglio, la sudorazione, il ridotto flusso ematico, sono campanelli d’allarme). L’infermiere interviene con l’azzeramento dell’ultrafiltrazione e rapida
121
infusione di soluzioni saline o liquidi ipertonici fino alla scomparsa del sintomo. Importante educare il paziente a gestire al meglio l’introito liquido nella dieta.
5.3.2 ARITMIE
La rapida perdita di potassio extracellulare, provoca alterazioni del rapporto intra ed
extra. Monitoraggio con emogasanalisi del potassio intradialitico. La prevenzione
della comparsa di questa complicanza viene eseguita infondendo potassio nel sangue
in infusione continua per tutta la durata della dialisi, e/o aggiungendolo nel liquido di
soluzione il bagno dialisi).
5.3.3 IPERTENSIONE
Probabile bilancio del sodio o del calcio troppo positivo. Controllare ed eventualmente modificare la dose dialitica. Altra causa è la rapida infusione di liquidi, o durante la
dialisi, o la fase di restituzione a fine trattamento.
5.3.4 CRAMPO MUSCOLARE
Principalmente causato dall’eccessiva ultrafiltrazione, che crea uno squilibrio elettrolitico tra l’intracellulare e l’extracellulare. I crampi sono anche frequenti nella fase finale del trattamento, quando il paziente si è avvicinato al suo peso secco. Ridurre
l’ultrafiltrazione, infondere liquidi, praticare soluzioni saline concentrate (sconsigliate
nella fase terminale della seduta), praticare farmaci ad azione miorilassante69 prescritto (attenzione, possono ridurre la pressione). Anche le manovre fisiche
dell’infermiere sulla parte crampizzata, possono ridurre il sintomo.
5.3.5 SINDROME DA SQUILIBRIO
Si verifica principalmente nei pazienti che affrontano le prime sedute emodialitiche,
quando la concentrazione dell’urea è molto alta. Quando si utilizzano nel bagno dialisi basse concentrazioni di sodio, si ha un ulteriore caduta dell’osmolarità plasmatica,
con conseguente passaggio dell’acqua dall’intracellulare all’extracellulare. La sintomatologia è varia è consiste prevalentemente in cefalea70, nausea, vomito, crampi e
tremori muscolari, irrequietezza, sonnolenza, disorientamento, alterazioni pressorie,
crisi convulsive.
La sindrome è prevenibile effettuando una depurazione lenta, utilizzando bagni di
dialisi ad alte concentrazioni di sodio ed eventualmente infondendo soluzioni iperosmotiche (fiale da 10 ml di glucosio 33%).
69
70
Miorilassante. Ha la proprietà di rilassare i muscoli striati.
Cefalea. Mal di testa.
122
5.3.6 REAZIONE DA IPERSENSIBILITÀ
Il sangue del paziente, durante la seduta emodialitica rimane a contatto con materiali
non fisiologici (linee ematice, filtro), nonostante l’alta biocompatibilità dei materiali
utilizzati. L’organismo quindi, sviluppa sempre delle reazioni mediate
dall’attivazione dei leucociti e del complemento con possibile liberazione dei mediatori flogistici71. Quando però il sangue viene a contatto con sostanze dotate di potere
allergenico, si possono sviluppare delle vere reazioni di ipersensibilità di varia entità.
Le reazioni allergiche possono essere sviluppate da membrane poco biocompatibili
con rilascio di sostanze da parte delle membrane stesse. La sintomatologia è estremamente variabile, da lieve a molto severa: agitazione, sensazione di testa vuota, calore, pallore, prurito, starnuti, arrossamento cutaneo, edema72 cutaneo, orticaria, nausea, vomito, tosse, dispnea73 leggera, dolori toracici, addominali e lombari, broncospasmo, edema laringeo, cianosi, dispnea acuta, tachicardia, ipotensione, collasso, arresto cardio-circolatorio, decesso. La terapia farmacologia consiste in: antistaminici,
cortisonici, adrenalina, supporto cardio-respiratorio.
5.3.7 EMBOLIA GASSOSA
Il monitor è fornito di un ottimo sistema di sicurezza per la rilevazione d’aria (a infrarossi), quindi l’embolia spesso è dovuta a disattenzione da parte dell’infermiere. La
fase più rischiosa e delicata, è durante il distacco, cioè nella restituzione del sangue a
fine trattamento. In questa fase le sicurezza del monitor vengono temporaneamente
disabilitate. Non essendo quantificabile l’aria introdotta nel sangue del paziente, la
sintomatologia è estremamente variabile: tosse secca, dolore retrosternale, dispnea,
collasso, morte. Il paziente va posizionato subito sul fianco sinistro, con la testa in
basso e gli arti inferiori sollevati (nel tentativo di intrappolare l’aria nel circolo
dell’atrio destro). La terapia farmacologia, eventualmente prescritta, consiste nel praticare alte dosi di cortisone, per ridurre l’edema polmonare; somministrazione di ossigeno; supporto cardiologico (dopamina, digitale); se necessario la rianimazione
cardio-respiratoria.
5.3.8 COAGULAZIONE DEL SANGUE NEL CIRCUITO EXTRACORPOREO
La causa principale è l’insufficiente eparinizzazione del circuito ematico; l’infermiere
deve segnalare al medico il problema, che, in rapporto alla tecnica dialitica utilizzata,
71
Flogosi. Infiammazione.
Edema. Infiltrazione di liquido organico nei tessuti.
73
Dispnea. Difficoltà di respirazione.
72
123
deve incrementare la dose di eparina. Le cause secondarie sono dovute a motivi tecnici o a problemi sull’accesso vascolare (es. quando l’infermiere è costretto a tenere
ferma la pompa sangue). La coagulazione del filtro dializzatore e sul circuito ematico
può avvenire anche a causa di regimi bassi della pompa sangue (riduzione della portata sanguigna dell’accesso vascolare). Di fronte a un processo coagulativo importante, è sempre necessario sostituire il filtro e/o le linee ematiche. Quando la coagulazione è solo iniziale e l’efficacia del filtro non è compromessa, può essere sufficiente
aumentare la dose di eparina o eseguire lavaggi del circuito con soluzione fisiologica.
5.3.9 EMOLISI
Una modesta emolisi è fisiologicamente presente ad ogni trattamento dialitico, specialmente durante le prime sedute (effetto meccanico della pompa peristaltica sui
globuli rossi). Si ha la rottura della membrana cellulare del globulo rosso con fuoriuscita del liquido intracellulare. I fattori che possono maggiormente provocare
l’emolisi sono: traumi continui esercitati dalla pompa sangue sulla linea ematica e
amplificati in caso di eccessiva aspirazione negativa; eccessiva corrente elettrica nel
bagno dialisi; residui di sostanze usate nella disinfezione del circuito idraulico (formalina, ipocloriti); errata diluizione del bagno dialisi (bagno dialisi eccessivamente
ipotonico, rotture sul preparatore). I sintomi principali sono il dolore lombare, alterazioni pressorie, malessere generale, iperpotassemia.
5.3.10
ROTTURA DEL FILTRO DIALIZZATORE
Durante la dialisi può accadere che la membrana semipermeabile si rompa, con conseguente passaggio di sangue nel bagno dialisi. Il monitor rileva, con un sensore a infrarossi, la variazione di torpidità dell’ultrafiltrato attivando l’allarme. L’unica manovra da effettuare è la sostituzione del filtro, dopo aver restituito il sangue del circuito
ematico al paziente.
5.3.11
EMORRAGIA
Causata maggiormente dall’ipocoagulazione che viene prodotta con l’eparinizzazione
del circuito ematico extracorporeo. Altra causa è la sconnessione accidentale delle linee ematiche o degli aghi.
5.3.12
RICIRCOLO
È l’aspirazione da parte dell’ago arterioso di una certa quantità di sangue venoso, appena rientrato nel letto vascolare dopo il passaggio nel filtro dializzatore; causato da
una vicinanza degli aghi o per portata inferiore al flusso richiesto della circolazione
extracorporea, resistenza al deflusso venoso, o posizione invertita degli aghi.
124
5.4 COSA SI FA’ ALLA FINE DELLA SEDUTA DIALITICA
Prima di provvedere l’attuazione per le misure di conclusione della seduta dialitica, si
deve valutare se lo scopo del trattamento è stato raggiunto, considerando:
•
•
•
•
•
•
•
se è stata ottenuta la sottrazione d’acqua desiderata
se è stata raggiunta la normalizzazione dell’equilibrio acido-base e idroelettrolitico
se sono state eseguite le prescrizioni per l’attuale dialisi
prima del distacco ci si deve accertare di avere a disposizione tutti gli accessori
necessari: tamponi, siringhe, cerotti, pinze, ecc.
se sono presenti i flaconi contenenti le soluzioni necessarie al distacco (NaCl
0,9%, glucosio o levulosio)
se sono stati prescritti prelievi di sangue al termine della dialisi
se sono stati prescritti farmaci da somministrare a fine dialisi
Come per l’intero trattamento dialitico, anche per il processo di distacco è richiesta la
massima attenzione e concentrazione. Alla fine della dialisi è necessario restituire
lentamente al paziente il volume sanguigno extracorporeo. A tal scopo devono essere
adattate le seguenti misure:
•
•
•
•
•
•
•
interrompere l’afflusso di eparina
arrestare la pompa sangue
far terminare l’ultrafiltrazione
staccare la linea sangue arteriosa dal paziente, clampando il catetere, far defluire la soluzione di infusione, riavviare la pompa sangue, iniziare il lavaggio di
ritorno. Nel lavaggio di ritorno, il filtro dializzatore viene delicatamente agitato, per ottenere un ulteriore mobilizzazione degli eritrociti
dopo aver restituito il sangue residuo al paziente si stringono con due pinze la
linea sangue venosa e la canula, infine si estrae l’ago e si comprime con un
tampone il foro da cui è stato estratto;
prima di ripesare il paziente si misura nuovamente la pressione arteriosa (misurazione che nell’intradialisi viene attuata circa ogni trenta minuti);
si compila il verbale di dialisi annotando eventualmente particolarità a cui porre attenzione alla prossima dialisi;
125
6
DATI SULLA DIALISI
La sanità in Europa
Non è possibile discutere della dialisi in Europa se non si valuta la poliforma situazione della sanità nelle nazioni europee. Le tabelle seguenti attraverso alcuni indicatori, danno una immagine delle realtà sanitarie, da cui si avvince un grande polimorfismo. Le risorse dedicate per la sanità rispetto al PIL sono molto diverse da nazione a
nazione.
Indicatore delle risorse dedicate alla sanità dalla spesa sanitaria procapite. Non sempre la qualità percepita dagli utenti si correla con maggiore impegno di risorse. La tabella seguente da l'idea del grado di soddisfazione dei cittadini rispetto al loro S.S.N.
Spesa sanitaria procapite in dollari usa (2) (tabella 1)
NAZIONE
DOLLARI
Grado di sodisfazione
dell'utenza
USA
2.354
dal 30% al 60%
Canada
1.683
oltre il 60%
Benelux
1.384
oltre il 60%
Francia
1.274
oltre il 60%
Germania
1.232
oltre il 60%
Italia
1.130
meno del 30%
Inghilterra
836
dal 30% al 60%
Spagna
730
meno del 30%
Grecia
405
meno del 30%
Molto evidente è il divario di quanto ogni cittadino riceve dalla sua nazione per la sua
salute. Altro importante indicatore della qualità del S.S.N. è la mortalità infantile e
126
l'aspettativa di vita alla nascita. Anche questi indicatori sono molto diversi da nazione
a nazione.
La dialisi nei vari sistemi sanitari
I dati fino ad ora presentati non sono aridi numeri, ma esprimono maggiore o minore
possibilità di cure nelle varie nazioni, maggiore o minore attenzione all'uomo. Anche
i programmi dialitici europei risentono delle difformità dei sistemi sanitari. La scelta
del trattamento è spesso correlata con la disponibilità delle risorse. Non ancora tutte
le nazioni europee accettano il trattamento pieno: per esempio vi sono dei limiti in
Inghilterra per le patologie oncologiche non sempre le scelte di programmi costosi in
dialisi sono correlate con i sistemi sanitari a maggiore impegno economico pro capite.
Sicuramente la dialisi è meglio condotta nei paesi a sistemi sanitari ad alta socialità.
Le nazioni elencate nelle tabelle seguenti sono in ordine decrescente rispetto alla spesa sanitaria pro capite. In tal modo sono ben evidenti i rapporti tra scelte di programmi dialitici e ricchezza di mezzi a disposizione della sanità.
La dialisi in Europa
Depurazione Extracorporea e Dialisi
Peritoneale
per mi- per miDialisi
Emodialisi
NAZIONE lione di lione di domiciliare % ospedaliera %
peritone
%
abitanti abitanti
ale %
Svezia
244
317
680
30
1.533
70
71,9
28,1
Svizzera
272
277
391
20
1.514
80
82,6
17,4
Belgio
327
233
259
7,9
3.013
92
93,7
6,2
Francia
323
824
2.983
16,4
15.110
83
90,7
9,3
Germania
306
306
2.476
13
16.224
87
89,1
10,8
O.
Germania
232
58
266
7,2
3.453
92,7
93
6,9
E.
Gran Bre162
262
5.032
54,2
4.236
45,7
53,9
46,1
tagna
Italia
340
140
2.812
14,4
16.615 89,3
88,8
11,4
Spagna
365
232
1.516
10,6
12.752 89,3
90,4
9,6
Polonia
83
13
300
9,4
2.887
90,5
95,9
4,1
Dializzati e trapiantati in alcune nazioni Europea
Pazienti in dialisi ospedaliera e domiciliare
127
Percentuali di infezione da HCV
e isolamento
Metodiche dialitiche
Dialisi biDialisi
Emofiltrazione Emodiafiltrazione
HCV Isolamento
NAZIONE carbonato
acetato
%
%
%
%
%
%
Svezia
97,5
0,8
2,2
0,5
8,8
76
Svizzera
89,7
2,2
3,0
5,1
8,4
28
Belgio
89,7
2,4
3,1
4,8
2,4
31
Francia
Germania
O.
Germania
E.
Gran Bretagna
Italia
80,4
0,7
6,8
12,1
18,8
31
86,9
3,0
3,9
6,2
7,8
88
86,7
4,3
10
0,1
14,5
no
75,3
0,4
0,02
21,2
2,7
48
72,9
2,3
19
5,8
26,8
60
Spagna
66,4
1,0
5,3
27,3
25,3
63
Polonia
16,6
2,9
8,5
72
28,6
28
Grecia
41,4
11,6
4,3
42,7
24,3
no
Le norme
Le norme italiane relative alle apparecchiature ed agli impianti si sono ora adeguate a
quelle Europee. Norme CEI 62-5 e 62-19( per la dialisi) Per le macchine elettromedicali si riferiscono alla parte elettrica, idraulica, all'involucro, ai comandi ecc. Il CEI e'
l'organismo italiano riconosciuto quale orogatore di regole di normalizzazione europea. Si avvale, nei paesi CEE, del lavoro di altri enti:
•
•
•
•
CEN comite europen de nommalisation
CENELEC comite uropeen de normalisation electrotecnique
ISO international organization for standardization
IEC internatinal electrotechnical commision
L'Europa come comunita' sta percorrendo la strada per uno standard Europeo basato
sul concetto di qualita' totale. La legislazione comunitaria ha gia approvato le norme
del medical devices (direttiva CEE 93/42 14-6-93
128
Marchio qualita' totale CE
Il marchio CE armonizzera' tutte le legislazioni comunitarie sull'argomento e consentira' la libera circolazione delle apparecchiature elettromedicali. Il tecnico di dialisi e
la qualita' totale come standard Europeo. La scelta delle apparecchiature sara' strettamente vincola al marchio CE. Il tecnico di dialisi dovra' conoscere le norme relative,
in particolare quelle specifiche per le attrezzature dialitiche. Il marchio CE per il fabbricante premiera' le ditte che otterranno la certificazione di qualita' relativa a tutte le
fasi della produzione. Il marchio CE (93-42 CEE 14-6-93 allegato II) e relativo a:
•
•
•
•
•
Organizzazione dell'azienda
La progettazione
La produzione
I sistemi di sicurezza - i controlli di qualita'
La distribuzione
La dichiarazione di conformita' CE si ottiene da un ente certificante.
Marchio CE
Anche la qualita' del lavoro in dialisi passera' attraverso un iter di certificazione europea per consentire una armonizzazione delle varie realta'. Sono gia' realta' le normative relative a:
1. Autorizzazione obbligatoria (D.L. 502 art.8) prevede requisiti minimi relativi
alla struttura = omologazione ad esercitare
2. Accreditamento: D.P.R. 1-3-94 DSN 1994 1996 / 8; valuta processi e risultati;
per ora e' volontario.
3. Le procedure di accreditamento sono invece ben delineate:
1. In USA, dove gli standard di qualita' sono verificati dalla joint commision on accreditation of health organitation acaho)
2. In Canada' (cadian council of health facilities)
3. Australia (council on healtcare standard) ACHS, sistema volontario, ma
qualificante
4. Gran Bretagna (hospital accreditation program) ancora in fase di definizione
5. Sistemi di accreditamento volontari, sul modello australiano, sono in fase di definizione in Argentina, Polonia, Germania, Francia, Svezia, Catalogna, Belgio, Olanda.
6. In Italia la 502 prevede la necessita' di accreditamento per le strutture
private che si convenzionano con il S.S.N.
4. Certificazione: volontaria mediante enti esterni.Valuta strutture e processi produttivi, non i risultati.
5. Richiede verifiche periodiche. Le norme attraverso cui si ottiene la certificazione sono internazionalmente riconosciute.
129
Il D.P.R. n. 573 del 18-4-94 art.9, prevede che gli appalti pubblici di attrezzature ad
alta tecnologia siano aderenti alle norme UNI, EN 29.000 ed UNI EN 45.000. Questa
complessa articolazione di norme dovrebbe garantire per il futuro, anche in dialisi,
una uniformita' di livelli assistenziali: il target degli anni futuri sara' anche in dialisi la
qualita'. Il tecnico di dialisi sara' la figura di primo piano nell'iter verso questo traguardo. Una scadenza precisa su cui il tecnico di dialisi dovra' essere informato e'
quella prevista dal D.L. 19-9-94 n.626 sulla sicurezza del lavoro. Tale legge dovrebbe
entrare in vigore dal 1-1-96. Discussa e criticata, pone pur sempre l'obbligo di adempimenti a cui anche il tecnico di dialisi dovra' contribuire.
130
7
SICUREZZA E GESTIONE NEI SISTEMI BIOFEEDBACK
L'evoluzione tecnologica ha apportato un notevole progresso nella struttura e nella
gestione delle macchine per dialisi. Come conseguenza, le normative riguardanti la
sicurezza delle apparecchiature necessitano di continue revisioni, anche alla luce di
metodiche particolari o di nuovi strumenti come i sistemi di biofeedback che cambiano il modo di vedere e pensare la dialisi. D'altra parte l'attività normativa stabilisce i
requisiti essenziali per la sicurezza ed essi devono essere applicati ad ogni nuovo
progetto che dovrà perciò essere sottoposto agli enti normatori i quali ne certificheranno le caratteristiche. La rivoluzione elettronica avviata negli anni 60 ha ormai monopolizzato tutte le tecnologie con cui abbiamo a che fare tutti i giorni; in particolare
l'avvento del microprocessore ha permesso di implementare sofisticati sistemi di controllo permettendo in questo modo di ottimizzare i consumi ed il loro impatto ecologico. Oggi per il funzionamento delle moderne macchine per dialisi, il peso dell'elettronica è di gran lunga il maggiore rispetto all'idraulica e alla meccanica, cosicché il
microprocessore è diventato l'attore principale del trattamento emodialitico; grazie alle sue enormi capacità computazionali si è riusciti a progettare circuiti idraulici estremamente compatti e sofisticati sistemi di interfaccia. In realtà la foresta di microcircuiti presenti sulle sfoglie di silicio di un microprocessore avrebbero ben poca utilità se non ci fosse un software (SW) capace di impartire le giuste istruzioni da eseguire, anzi proprio nel SW risiede la capacità di poter migliorare ed evolvere le capacità operative delle apparecchiatura emodialitiche. Dunque appare chiaro come per i
progettisti e gli enti normatori, che dovranno certificare la qualità e la sicurezza del
prodotto, si prospettano nuove problematiche in termini di gestione e sicurezza degli
elettromedicali. Il compito della struttura hardware (HW) e SW è quello di controllare istante per istante:
•
•
•
i vari stadi di ogni fase macchina (quindi di ogni componente in essi coinvolti)
il flusso di informazioni dalla macchina all'operatore e viceversa
la sicurezza del paziente.
É ovvio che ognuno di questi punti ha esigenze funzionali e progettuali molto diverse
tra di loro. Il controllo di ogni elemento funzionale dei vari moduli dialitici (ematico,
idraulico e emodiafiltrazione ...) richiedono una continua evoluzione:
•
•
per implementare nuove prestazioni,
migliorare le performance della componentistica.
Anche i flussi di informazioni, soprattutto nelle nuove macchine che fanno uso di
schermi interattivi, deve essere continuamente aggiornato per:
131
•
•
migliorare l'interfaccia utente,
visualizzare messaggistica e parametri fisiologici.
La progettazione di un sistema di protezione (SdP) deve garantire prima di tutto la sicurezza nelle parti critiche del trattamento emodialitico individuate dalla norma CEI
62 - 19, vale a dire evitare i rischi potenziali dovuti a:
•
•
•
•
•
Concentrazione del liquido di dialisi (conducibilità)
Temperatura del dialisato
Ultrafiltrazione
Perdite ematiche (verso l'esterno, per rottura del filtro, etc)
Embolia gassosa
ma anche di nuove esigenze di sicurezza non attualmente contemplate nelle norme
suddette:
•
•
•
Tecniche emodiafiltrative
Profili di UF, CD, K, etc
Sistemi di biofeedback
Le parti HW e SW presentano problematiche progettuali diverse. La presenza di un
microprocessore, se da un lato permette il controllo in tempo reale di tutti i processi
macchina, dall'altro introduce una nuova problematica: cosa succede se si produce un
malfunzionamento del microprocessore? L'approccio tedesco richiede l'utilizzo del
doppio microprocessore che deve garantire che il sistema di controllo non "impazzisca" e, in caso di primo guasto sia capace di attivare le sicurezze opportune. É il concetto di ridondaza in cui: ogni elemento, oltre ad essere controllo di se stesso, è a sua
volta controllato da un secondo elemento che si attiva solo in caso di avaria del primo.Per fare in modo che il sistema a doppio processore (SdP) sia correttamente funzionante la macchina deve effettuare dei self-test che ne verifichino l'effettiva efficienza operativa. I test, di fatto obbligatori, rappresentano una fase fondamentale per
la sicurezza: mettono l'apparecchiatura in grado di rispondere in caso di primo guasto
o, equivalentemente, rendono altamente improbabile la presenza conteporanea di due
guasti indipendenti. La sicurezza della parte SW dei SdP rappresenta la reale novità
delle problematiche progettuali e normative. Le enormi potenzialità dei moderni dispositivi per il trattamento extracorporeo risiedono nella possibilità di generare un
programma sorgente che dia vita a tutti i processi macchina. Quindi la sicurezza di
ogni device passa attraverso la certificazione del SW del SdP. La logica del SdP è diversa da quella del sistema di controllo (SdC), essa deve sottostare a poche regole e
deve essere estremamente rigida, in altri termini il SW di gestione non deve permettere che qualsiasi condizione operativa o manovra impartita da chi utilizza la macchina
metta il paziente in una condizione di pericolo. Quindi il SdC e il SdP, pur operando
sui medesimi attuatori, ragionano con logiche antitetiche e questo rappresenta un notevole limite per la progettazione, soprattutto rallenta notevolmente la possibilità di
evolvere e migliorare le prestazioni della macchina. Ogni realizzazione di un nuovo
132
software, che è l'anima di ogni sistema evolutivo, deve avere necessariamente il medesimo grado di sicurezza di quello precedente e questo significa: verificare ogni volta che la protezione del paziente è presente in tutta l'architettura SW.
133
8
DEFINIZIONE DEI TERMINI
I termini speciali usati in queste istruzioni operative sono spiegati di seguito.
Pressione arteriosa
sa e
Allarme sangue
matico:
-
la pompa sangue.
Gruppo di allarmi che provocano l'arresto dei sistema e-
Pressione arteriosa
Pressione venosa di rientro
Pressione di transmembrana
Perdita ematica
Aria
Allarme di arresto pompa ematica
Sistemi ematici
cuito
Trappola bolle
che
By-pass
gue.
Conducibilità
Liquido di dialisi
Pressione liquido di
dialisi
Connettore sangue
dei filtro sangue
Camera di espansione
ad
Circuito extracorporeo
difuori
Clamp (sulla linea)
ca, ad
134
Pressione nel circuito extracorporeo tra la cannula arterio-
Sistemi che mantengono e controllano le funzioni del cirextracorporeo.
Apparato integrato al set linea ematica per separare i gas
non sono disciolti nel sangue.
Apparato per deviare il liquido di dialisi oltre il filtro sanReciproco della resistenza elettrica specifica, ad es. del
liquido di dialisi
Fluido di scambio usato durante l'emodialisi.
Pressione presente in una definita sezione dei sistema che
fa circolare il liquido di dialisi, ad es. all'uscita dei filtro
sangue.
Connettore ematico arterioso o venoso connesso al. filtro
sangue.
Apparato per il livellamento della pressione e dei volume,
es. durante l'uso in metodica ago singolo.
Una sezione della circolazione ematica, che ha luogo al
del corpo umano.
Apparato per l'occlusione automatica dei set linea emati-
es. per una condizione di allarme o durante la metodica
ago
singolo.
Connettore di misurazione
Connettore per la linea di misurazione della pressione, ad
es.
della pressione
luer lock.
Linea di misurazione
Linea di connessione che collega il set linea ematica con il
della pressione
misuratore della pressione.
Testata pompa
re.
Linea pompa
La testata della pompa comprende il rotore e lo stato-
Segmento della linea ematica da inserire nella testata
della pompa.
Supporto linea pompa
Apparato per fermare il segmento della linea ematica
interno alla pompa
Rotore pompa
Parte di guida della pompa ematica
Statore pompa
Supporto stazionante per la parte premente del rotore.
Terapia sequenziale (ISO UF) Separazione della procedura emodialitica in due fasi
successive di trattamento, ciascuna comprendente sia
solo ultrafiltrazione che diffusione ed ultrafiltrazìone
(procedura secondo. il metodo Bergstro:m).
Metodo Ago Singolo
Tecnica in cui l'accesso vascolare per il trattamento
viene
stabilito per mezzo di una sola puntura.
Pressione di transmembrana Differenza fra le pressioni agenti sulla membrana dei
filtro
sangue (pressione ematica, pressione del liquido di
dialisi).
Pressione venosa dì rientro Pressione nel circuito extracorporeo prima della cannula
venosa (ad es. nella camera venosa).
Acqua
Acqua di caratteristiche adatte all'emodialisi (ad es.
acqua trattata per mezzo di Osmosi Inversa).
Allarmi acqua
Gruppo di allarmi che non causa l'arresto dei sistema
ematico: conducibilità (by-pass operativo), temperatura
(by-pass operativo), flusso.
135
9
AC
BC
BIC
BP
CD
DC
Fig.
ED
EDF
LD
LED
OD
si
SN
SV
TMP
UF
ABBREVIAZIONI E SIMBOLI
=
corrente alternata
= camera di bilanciamento
=
bicarbonato
=
pompa sangue
=
conducibilità
=
corrente continua
=
figura (schema)
=
emodialisi
=
emodiafiltrazíone
=
rivelatore di livello
=
diodo ad emissione luminosa
=
rilevatore ottico
=
blocco di by-pass liquido di dialisi
=
ago singolo
=
valvola a solenoide
=
pressione di transmembrana
=
ultrafiltrazJone
10 BREVE INTRODUZIONE SULLE UNITA’ DI
MISURA CHIMICHE
L'unità di misura più naturale in chimica per quantificare la concentrazione di un soluto è la mole/litro (mol/l) o il suo sottomultiplo millimole/litro (mmol/l). La mole,
diversamente dal peso, esprime il numero di unità chimiche (molecole, atomi, ioni)
della stessa specie, presenti in una data quantità di sostanza. Così una mole d'acqua
contiene lo stesso numero di molecole di una mole di glucosio; tale numero, detto
numero di Avogadro N, è pari a 6,02 · 1023 .Importante è poi il legame tra moli e
grammi. Se si tratta di molecole, una mole è pari a un numero di grammi uguale al
peso molecolare (p.m.). Così essendo il p.m. dell'acqua 18, una mole d'acqua pesa 18
gr.. Analogamente per gli atomi e ioni: ad es. essendo 23 il peso atomico (p.a.), del
sodio, una mole di sodio è pari a 23 gr. e 1 mmol è pari a 23 mg.
Perciò:
•
•
136
moli (ioni o atomi) = grammi/ p.a.
moli (molecole) = grammi/p.m.
A volte, per gli ioni, invece delle moli si parla di equivalenti. Mentre la mole si riferisce al numero di ioni, l'equivalente (eq.) si riferisce al numero di cariche elementari
(carica dell'elettrone) complessivamente portate dagli ioni. Quindi avrò l'equivalente
di ioni se il numero totale di cariche trasportate è pari al numero di Avogadro N.
La relazione tra moli ed equivalenti è così:
N° equivalenti (ioni)=n° moli x carica dello ione.
Per i trasporti d'acqua a livello di membrane naturali ed artificiali, dovuti ai soluti
presenti (osmosi), e importante il concetto di osmole: l'osmole si correla al totale di
tutte le particelle presenti in soluzione, quale che sia la specie cui appartengono: 1
osmole è pari ad un numero di particelle uguale al numero di Avogadro N. Così sciogliendo 1 mole di NaCl in acqua, dato che il sale si scompone (ionizza) in Na+ e Cl-,
si avrà anche 1 eq. di Na+, 1 eq. di Cl e 2 Osmoli, poiché, per ogni molecola di NaCl,
si hanno due particelle in soluzione: Na+ e Cl-. Quando scriveremo una specie chimica tra parentesi quadra, come ad es. [Na+], [CO2], intenderemo la sua concentrazione
in mol/l. o, se specificato, mmol/l.
11 CHE COSA SIGNIFICA CLEARANCE
(RIMOZIONE)?
Il concetto di clearance è importante nella nefrologia, in particolare nella stima sulla
capacità dei reni di rimuovere gli scarti metabolici. Lo stesso concetto viene applicato
ai reni artificiali. L’idea di clerance fu sviluppata nel 1920 da Austin, Stillman e Van
Slyke per confrontare la capacità di un renale malato di esplellere urea rispetto ad un
rene sano. Clerance è una misura empirica che rappresenta un volume di sangue calcolato, completamente ripulito da una sostanza x in un minuto. È un volume teorico e
non ha un riscontro con misure sperimentali.
L’equazione base è la seguente:
Cx=
Ux • V
Px
Con Cx clerance di x (ml/min di sangue)
Ux concentrazione di x in urina (mg/100 ml)
V volume di urina (ml/min)
Px concentrazione di x in plasma (mg/100 ml)
Come viene utilizzata questa equazione per valutare le prestazioni di un rene artificiale?
137
Si utilizza la seguente formula modificata:
Ax − Vx 
Cx= 
 • Qb

Ax

Con Cx clerance di x (ml/min di sangue)
Ax concentrazione arteriosa (ingresso) di x (mg/100 ml)
Vx concentrazione venosa (uscita) di x (mg/100 ml)
Qb velocità flusso sanguigno (ml/min)
Quando la clearance di un soluto viene dato come indicatore delle prestazioni di un
dializzatore, è importante che anche la velocità del flusso sanguigno venga fissata.
All’interno del normale range di lavoro, clearance aumenta all’aumentare del flusso
sanguigno. Inoltre, clearance viene influenzata anche dalla soluzione del soluto: ad un
dato flusso sanguigno, la clearance di x è più grande se si utilizza un dializzatore ad
elevate concentrazioni arteriose rispetto ad un dializzatore che presenza basse concentrazioni arteriose.
138
1
INTRODUZIONE AI RENI ........................................................................................................1
1.1
ASPETTO E POSIZIONE ...................................................................................................1
1.2
STRUTTURA ......................................................................................................................2
1.3
FISIOLOGIA .......................................................................................................................4
1.4
ESAMI POSSIBILI .............................................................................................................5
1.5 BREVE INTRODUZIONE ALL’APPARATO URINARIO....................................................6
1.6
FUNZIONI E PATOLOGIE RENALI ................................................................................7
1.6.1
PATOLOGIA E BLOCCO RENALE TEMPORANEO .............................................8
1.6.2
INSUFFICIENZA RENALE CRONICA ....................................................................9
1.6.3
ESCREZIONE DELL'ACQUA .................................................................................10
1.6.4
DISTURBI DELL'EQUILIBRIO ACIDO-BASE .....................................................12
1.6.5
EFFETTO SULLA FISIOLOGIA SISTEMICA .......................................................14
1.6.6
BILANCIO DEL SODIO...........................................................................................15
2 EMODIALISI ............................................................................................................................16
2.1
PRINCIPI DELLA DIALISI .............................................................................................17
2.2
STORIA DELLA DIALISI................................................................................................17
2.3
EMODIALISI DOMICILIARE.........................................................................................20
2.4
FISTOLE STORIA E DESCRIZIONE .............................................................................20
2.4.1
SHUNT ARTERO-VENOSI ESTERNI: CENNI STORICI E CONSIDERAZIONI
ATTUALI ..................................................................................................................................21
2.4.2
ANASTOMOSI .........................................................................................................24
2.4.3
DIVERSI TIPI DI ANASTOMOSI ...........................................................................24
2.4.4
FISTOLA ARTERO-VENOSA CIMINO-BRESCIA...............................................26
2.4.5
I PROBLEMI INTRAOPERATORI .........................................................................28
2.4.6
TECNOLOGIE DISPONIBILI..................................................................................30
2.4.7
NUOVI ORIZZONTI - SEPSI...................................................................................31
2.4.8
ACCESSI PERITONEALI ........................................................................................32
2.5
EPARINIZZAZIONE: SISTEMICA E REGIONALE......................................................33
2.6
DIALISI PERITONEALE .................................................................................................34
2.6.1
DIALISI PERITONEALE E RICIRCOLAZIONE ...................................................35
3 DIALISI E RENI ARTIFICIALI...............................................................................................36
3.1
INTRODUZIONE..............................................................................................................36
3.2
MECCANISMI OPERATIVI ............................................................................................37
3.3
LEGGE DI FICK ...............................................................................................................38
3.3.1
1° LEGGE ..................................................................................................................38
3.3.2
2° LEGGE ..................................................................................................................39
3.4
COSTITUENTI DEL RENE ARTIFICIALE....................................................................39
3.4.1
IL FILTRO DIALIZZANTE .....................................................................................40
3.4.1.1 BREVE STORIA ...................................................................................................40
3.4.1.2 MEMBRANE PER FILTRI O DIALIZZATORI..................................................43
3.4.1.3 CARATTERISTICHE IDEALI DELLE MEMBRANE SEMIPERMEABILI.....43
3.4.1.4 TIPI DI MEMBRANE SEMIPERMEABILI ........................................................45
3.4.1.5 ALCUNI ESEMPI E DATI DI FILTRI PRODOTTI DALLA .............................46
DITTA BELLCO S.p.A. ........................................................................................................46
3.4.1.6 MATERIALE DEL CONTENITORE...................................................................49
3.4.1.7 MATERIALE PER LA MEMBRANA .................................................................50
3.4.2
IL CIRCUITO EMATICO EXTRACORPOREO .....................................................50
3.4.2.1 LINEE EXTRACORPOREE.................................................................................50
3.4.2.2 DISINFEZIONE STERILIZZAZIONE.................................................................53
3.4.2.2.1 STERILIZZAZIONE .......................................................................................54
139
3.4.3
CIRCUITO DEL LIQUIDO DI DIALISI..................................................................57
3.4.4
PARAMETRI CHIMICI FISICI E BIOLOGICI DEL LIQUIDO DI DIALISI........57
3.4.4.1 INTRODUZIONE..................................................................................................57
3.4.4.2 STERILIZZAZIONE/DISINFEZIONE DELL’ACQUA......................................58
3.4.4.3 SCAMBIO IONICO ..............................................................................................58
3.4.4.3.1 ADDOLCIMENTO DELL’ACQUA...............................................................58
3.4.4.3.2 DEIONINZZAZIONE .....................................................................................60
3.4.4.4 ADSORBIMENTO SU CARBONE ATTIVO......................................................61
3.4.4.4.1 CONTAMINAZIONE .....................................................................................62
3.4.4.4.2 INDICAZIONI SPECIFICHE PER I FILTRI CON........................................62
ADSORBIMENTO DI CARBONE ..................................................................................62
3.4.4.4.3 ESAURIMENTO E CONTROLLO ................................................................62
3.4.4.5 OSMOSI INVERSA ..............................................................................................62
3.4.4.5.1 PRINCIPIO OPERATIVO ..............................................................................63
3.4.4.5.2 PRETRATTAMENTO DELL’ACQUA..........................................................64
3.4.4.5.3 EFFICIENZA...................................................................................................64
3.4.4.5.4 PROCESSO DI PRODUZIONE DELLE MEMBRANE................................64
3.4.4.5.5 VARIE UNITÀ DI OSMOSI INVERSA ........................................................65
3.4.4.5.6 CONTROLLO .................................................................................................65
3.4.4.5.7 DURATE DELLE MEMBRANE....................................................................65
3.4.4.5.8 LIMITI .............................................................................................................66
3.4.4.5.9 DISINFEZIONE ..............................................................................................66
3.4.4.5.10 VANTAGGI E SVANTAGGI DELL’OSMOSI INVERSA.........................66
3.4.4.6 FILTRAZIONE......................................................................................................66
3.4.4.6.1 SCELTA DEI FILTRI .....................................................................................67
3.4.4.6.2 CONTAMINAZIONE .....................................................................................68
3.4.4.7 ULTRAFILTRAZIONE ........................................................................................68
3.4.4.7.1 CONTROLLI ...................................................................................................69
3.4.4.8 SOMMARIO..........................................................................................................69
3.4.4.9 FONTI DI ALLUMINIO IN PAZIENTI NEUROPATICI ...................................73
3.4.4.9.1 TRASFERIMENTO DELL’ALLUMINIO DURANTE LA DIALISI ...........73
3.4.4.9.2 TOSSICITÀ DELL’ALLUMINIO: MANIFESTAZIONI CLINICHE ..........73
3.4.4.10
PARAMETRI CHIMICI....................................................................................75
3.4.4.10.1 IL PH..............................................................................................................75
3.4.4.10.2 I MICROINQUINANTI CHIMICI................................................................76
3.4.4.11
PARAMETRI FISICI ........................................................................................77
3.4.4.11.1 LA CONDUCIBILITA’.................................................................................77
3.4.4.12
PARAMETRI BIOLOGICI ...............................................................................78
3.4.4.13
MISURE E METODOLOGIE ...........................................................................79
3.4.4
MONITOR .................................................................................................................81
3.4.4.1 MONITORAGGIO DELLA SEDUTA DIALITICA DATO DALLA
MACCHINA EMODIALIZZANTE......................................................................................81
3.4.4.1.1 CIRCUITO EMATICO....................................................................................81
3.4.4.1.2 CIRCUITO DIALIZZANTE ...........................................................................82
3.5
TRATTAMENTO DELL’ INSUFFICIENZA RENALE ACUTA IN UNITA’ DI CURA
INTENSIVA ..................................................................................................................................82
3.5.1
INTRODUZIONE......................................................................................................82
3.5.2
NOMENCLATURA DELLE VARIE TERAPIE CONTINUE ................................83
3.5.2.1 ULTRAFILTRAZIONE CONTINUA LENTA (SCUF: SLOW CONTINUOUS
ULTRAFILTRATION) .........................................................................................................84
140
4
5
6
7
8
9
3.5.2.2 EMOFILTRAZIONE VENO-VENOSA CONTINUA (CVVH: CONTINUOUS
VENOUS VENOUS HEMOFILTRATION )........................................................................84
3.5.2.3 EMODIALISI CONTINUA (CVVHD: CONTINUOUS VENOUS-VENOUS
HEMODIALYSIS) ................................................................................................................85
3.5.2.4 EMODIALISI CONTINUA AD ALTO FLUSSO (CVVHFD: CONTINUOUS
VENOUS-VENOUS HIGH FLUX DIALYSIS)...................................................................85
3.5.2.5 EMODIAFILTRAZIONE VENO-VENOSA CONTINUA (CVVHDF:
CONTINUOUS VENOUS-VENOUS HEMODIAFILTRATION) ......................................86
3.6
ASPETTI FISICI E TECNICI DELLA DIALISI MONOAGO........................................87
MACCHINA PER EMODIALISI 4008 B.................................................................................90
4.1
STRUTTURA E FUNZIONE DELLE SINGOLE PARTI COMPONENTI LA
MACCHINA..................................................................................................................................91
4.2
DESCRIZIONE DEI COMPARTO IDRAULICO..........................................................100
4.3
DESCRIZIONE DELLA PROCEDURA DI TRATTAMENTO....................................102
4.3.1
DIALISI CON USO DI BICARBONATO..............................................................102
4.3.1.1 MODALITÀ OPERATIVE .................................................................................102
4.3.1.2 CONCENTRATI PER DIALISI CON BICARBONATO ..................................102
4.3.1.3 LIQUIDO DI DIALISI PER DIALISI CON BICARBONATO .....................103
4.3.1.4 SICUREZZA DURANTE LA DIALISI CON USO DI BICARBONATO ........104
4.4
SISTEMA PROTETTIVO...............................................................................................106
4.5
DESCRIZIONE DEI CIRCUITO EMATICO EXTRACORPOREO .............................108
4.5.1
DIALISI AD AGO DOPPIO ...................................................................................109
4.5.2
DIALISI AD AGO SINGOLO (SISTEMA CLICK-CLACK)................................109
4.5.3 DIALISI AD AGO SINGOLO (SISTEMA OPZIONALE) .........................................110
4.6
FLUSSO EMATICO EFFETTIVO E VOLUME EMATICO CUMULATIVO.............112
4.7
DISINFETTANTI............................................................................................................112
4.8
POMPE PERISTALTICHE.............................................................................................113
4.9
POMPE A SIRINGA .......................................................................................................114
4.10 POMPE A INGRANAGGI..............................................................................................116
4.11 POMPA A MEMBRANA ...............................................................................................117
SEDUTA DIALITICA.............................................................................................................119
5.1
COSA SI FA’ QUANDO INIZIA UNA SEDUTA DIALITICA....................................119
5.2
COSA SI FA’ DURANTE LA SEDUTA DIALITICA ..................................................121
5.3
COMPLICANZE INTRADIALITICHE E RISOLUZIONI PRESCRITTE ...................121
5.3.1
IPOTENSIONE........................................................................................................121
5.3.2
ARITMIE .................................................................................................................122
5.3.3
IPERTENSIONE .....................................................................................................122
5.3.4
CRAMPO MUSCOLARE .......................................................................................122
5.3.5
SINDROME DA SQUILIBRIO ..............................................................................122
5.3.6
REAZIONE DA IPERSENSIBILITÀ .....................................................................123
5.3.7
EMBOLIA GASSOSA ............................................................................................123
5.3.8
COAGULAZIONE DEL SANGUE NEL CIRCUITO EXTRACORPOREO........123
5.3.9
EMOLISI .................................................................................................................124
5.3.10 ROTTURA DEL FILTRO DIALIZZATORE.........................................................124
5.3.11 EMORRAGIA .........................................................................................................124
5.3.12 RICIRCOLO ............................................................................................................124
5.4
COSA SI FA’ ALLA FINE DELLA SEDUTA DIALITICA .........................................125
DATI SULLA DIALISI...........................................................................................................126
SICUREZZA E GESTIONE NEI SISTEMI BIOFEEDBACK ..............................................131
DEFINIZIONE DEI TERMINI ...............................................................................................134
ABBREVIAZIONI E SIMBOLI .............................................................................................136
141
10
11
142
BREVE INTRODUZIONE SULLE UNITA’ DI MISURA CHIMICHE...........................136
CHE COSA SIGNIFICA CLEARANCE (RIMOZIONE)? ................................................137
Fly UP