la verifica e la valutazione optometrica dell`attività visiva prossimale
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la verifica e la valutazione optometrica dell`attività visiva prossimale
026-42.qxd 25-11-2008 15:52 di Silvio Maffioletti, optometrista, docente a contratto del Corso di laurea in Ottica e optometria Università degli studi di Milano Bicocca Relazione presentata all’XI Convegno Scientifico ISSO G. Ricco di Milano, novembre 2002 Parole chiave: ampiezza accomodativa, presbiopia, flessibilità accomodativa, anomalie di accomodazione, accomodazione relativa. Pagina 26 LA VERIFICA E LA VALUTAZIONE OPTOMETRICA DELL’ATTIVITÀ VISIVA PROSSIMALE La visione nitida a distanza ” prossimale non sarebbe possibile se l’uomo non possedesse la funzione accomodativa. Fino a quando le capacità elastiche del cristallino consentono una sua variazione di forma, la funzione accomodativa è possibile. Con l’avanzare dell’età il cristallino perde la propria elasticità e decade il meccanismo automatico di focalizzazione degli oggetti posti a distanze diverse. La presbiopia raggiunge le persone nel pieno della loro maturità ed efficienza fisica, psichica e sessuale; attraverso la prescrizione di un occhiale per vicino essi Riv It Optom vol. 27 n.1 GEN-MAR 2004 pagg. 26-42 percepiscono, con disappunto, di essere entrati in una nuova fase della loro vita. I problemi visivi a distanza prossimale, in Italia e nei Paesi economicamente più avanzati, non riguardano più soltanto il ristretto mondo accademico e intellettuale e alcune professioni artigianali come avveniva in passato, ma interessano la maggior parte delle persone. È uno dei segnali più espliciti dei numerosi e profondi mutamenti che, nella seconda metà del Novecento, hanno trasformato la società italiana nel suo complesso, modificandone le caratteristiche sociali, economiche, urbanistiche, etico-morali26. Il contesto che aveva caratterizzato per secoli la vita del popolo italiano era regolato dai ritmi delle stagioni e dagli impegni lavo- 26 026-42.qxd 25-11-2008 15:52 Pagina 27 Abstract Optometrical verification and evaluation of near-vision activity E. Vuillard: “Ritratto di André Bérac”; tempera su tela, 129,5x156,2 cm 1936, Collezione Rau, Fondation UNICEF Cologne. Clear, sharp vision from up close would not be possible if the human eye lacked the accommodation function. This accommodation is only possible as long as the crystalline lens in the eye remains elastic and can thus change shape. As a person gets older, the crystalline lens loses elasticity and the eye becomes less able to automatically focus on objects located at different distances. With advancing age, mature people, although in good physical, mental and sexual health, generally become farsighted, and being prescribed reading glasses comes as a disappointment because it marks their having entered a new phase in life. rativi a esse connessi; la vita si svolgeva prevalentemente all’aria aperta, impegnata in lavori espletati attraverso l’uso della forza fisica. La maggior risorsa di sostentamento era l’agricoltura e le persone lavoravano la terra per produrre il necessario per vivere o, spesso, sopravvivere. Gli uomini erano destinati al lavoro, fisicamente intenso e sfibrante, e alla gestione dei rapporti sociali che erano prevalentemente aspri e conflittuali; alle donne erano riservati ruoli privati e subalterni e, in particolare, la responsabilità dell’ambiente domestico e la cura dei figli, spesso numerosi14. L’era industriale ha radicalmente modificato questo contesto. Dalla seconda metà del Novecento l’uomo lavora sempre meno per produrre ciò che direttamente gli serve, in quanto è l’organizzazione economica e sociale che gli garantisce la sopravvivenza in modo indiretto. La forza fisica è divenuta sempre meno importante e le mansioni lavorative più diffuse vengono effettuate in luoghi relativamente ristretti e in condizioni sedentarie, cosicché il notevole impegno fisico è stato sostituito da un crescente e pressante sforzo mentale, preceduto da molti anni di frequenza scolastica e di perfezionamento professionale. Le attività prettamente cognitive effettuate a distanza prossimale hanno così largamente sostituito quelle di tipo fisico 20. 27 Riv It Optom vol. 27 n.1 GEN-MAR 2004 pagg. 26-42 026-42.qxd 25-11-2008 15:52 Pagina 28 LA VERIFICA E LA VALUTAZIONE OPTOMETRICA DELL’ATTIVITÀ VISIVA PROSSIMALE La funzione accomodativa: immagini nitide a tutte le distanze La visione nitida a distanza prossimale non sarebbe possibile se l’uomo non possedesse la funzione accomodativa. L’occhio dispone essenzialmente di due lenti, la cornea e il cristallino; la cornea non è in grado di produrre una variazione del potere diottrico, mentre il cristallino la può realizzare attraverso una modificazione della sua forma. Il complesso meccanismo accomodativo dell’uomo dipende quasi esclusivamente dalla variazione di forma del cristallino; altri meccanismi, ipotizzati in passato, non hanno trovato conferme sperimentali24. Il cristallino si connette con il muscolo ciliare attraverso la zonula di Zinn, un legamento anulare posto alla sua periferia. Nel bambino il cristallino è costituito da fibre molto elastiche, composte da un’alta percentuale di acqua e contenute in una capsula che non ha uno spessore uniforme, ma è più sottile nelle zone centrali sia anteriormente sia posterioriormente. La capsula è dotata di una tensione propria che contribuisce al modellamento del cristallino; tagliando le fibre della zonula di Zinn, il cristallino assume infatti una forma globosa. Fino a quando le capacità elastiche del cristallino consentono una sua variazione di forma, la funzione accomodativa è possibile. Con l’avanzare dell’età il cristallino indurisce sempre più la propria parte centrale fintantoché, con il trascorrere del tempo, tutte le fibre perdono la propria elasticità. A quel punto, sganciandolo dalle strutture anatomiche che lo circondano e sorreggono, il cristallino non si modifica più, ma mantiene esattamente una forma di lente biconvessa non più estensibile; conseguentemente, senza l’elasticità del cristallino, il meccanismo automatico di focalizzazione degli oggetti posti a distanze diverse non è più possibile2. Il meccanismo fisiologico dell’accomodazione Il cristallino, durante l’atto accomodativo, subisce tre modificazioni: il raggio di curvatura della sua faccia anteriore diminuisce di 4 mm, il raggio di curvatura di quella posteriore diminuisce di 0,5 mm, l’aumento di curvatura della faccia anteriore non è uniforme ma assume una forma conoidale nella porzione centrale. Peraltro, il cambiamento di curvatura non è in grado di giustificare interamente la variazione di potere diottrico indotta dall’accomodazione, ma vi contribuisce anche l’aumento dell’indice di refrazione conseguente allo spostamento centripeto delle micelle cristalliniche che si verifica nel corso dell’accomodazione24. È necessario differenziare accomodazione fisica e accomodazione fisiologica. L’accomodazione fisica è quel quantitativo di accomodazione che è disponibile in relazione all’età e che è possibile misurare optometricamente, mentre l’accomodazione fisiologica non è misurabile con lenti e corrisponde all’intensità dell’impulso neurologico che raggiunge il muscolo ciliare9. Numerosi studi e ricerche hanno permesso di conoscere con sempre maggior precisione le modalità attraverso le quali un cristallino ancora elastico modifica la propria forma e assolve alla funzione accomodativa; a seguire sono sintetizzate le teorie più autorevoli al riguardo. Helmholtz Secondo la teoria di Helmholtz il punto di partenza dell’atto visivo è lo sguardo a distanza con accomodazione a riposo e quindi la funzione accomodativa si esercita solo nel senso attivo, mentre il ritorno alle condizioni iniziali è dipendente più dall’elasticità del cristallino che non dall’attività motoria delle fibre radiali del muscolo ciliare. Secondo il modello di Helmholtz nel corso dell’atto accomodativo le fibre circolari del muscolo ciliare, contraendosi, determinano un allentamento della tensione zonulare sulla capsula cosicché il cristallino, che è elastico, assume una forma sferica e produce 28 026-42.qxd 25-11-2008 15:52 Pagina 29 un aumento del proprio potere diottrico. La teoria di Helmholtz ha individuato e spiegato correttamente il rilasciamento della zonula, ma ha ipotizzato l’aumento di potere diottrico del cristallino in relazione soltanto a una sua deformazione sferica, mentre ricerche successive hanno evidenziato che la deformazione della sua superficie anteriore è conoidale. Tscherning Al momento dell’accomodazione, secondo la teoria di Tscherning, si verificherebbe un aumento di tensione della zonula e conseguentemente la pressione del vitreo rimodellerebbe gli strati corticali del cristallino attorno al nucleo. È una teoria superata perché basata sulla supposizione, rivelatasi errata, che l’atto accomodativo induca un aumento di tensione zonulare, mentre in realtà la zonula si rilascia. Lo prova sia la scomparsa delle dentellature equatoriali nel corso dell’accomodazione, sia il fatto che il cristallino accomodato subisce l’azione della gravità: si avvicina infatti di 0,2 mm alla cornea quando il soggetto si corica sul ventre. Gullstrand Gullstrand ha messo in evidenza il fenomeno dell’accomodazione intracapsulare; l’atto accomodativo induce un movimento centripeto delle micelle cristalliniche e ciò provoca un aumento dell’indice di refrazione che rappresenta circa un terzo del valore dell’ampiezza accomodativa. Fincham Fincham ha dimostrato che la deformazione conoidale della faccia anteriore del cristallino è conseguente all’elasticità della capsula e al suo spessore, maggiore in periferia e minore nella regione assiale. La zona centrale, proprio per la sottigliezza della capsula, permette al contenuto di provocare una convessità in avanti e giustifica la forma conoidale della faccia anteriore del cristallino durante l’accomodazione. Coleman La deformazione conoidale della faccia anteriore del cristallino durante l’accomodazione sarebbe dovuta, secondo Coleman, alla spinta in avanti della pressione del vitreo anteriore sulla porzione assiale del cristallino. Il modello visivo tradizionale In passato il modello visivo tradizionale spiegava il meccanismo accomodativo equiparan- do l’occhio a una macchina fotografica, con un accostamento grossolano e imperfetto che avviliva la complessa funzione dinamica e la raffinata binocularità del sistema visivo. Oggi il progresso tecnologico, attraverso la realizzazione di sofisticate macchine fotografiche, ha reso più attendibile tale equiparazione; esse infatti non solo sanno autoregolare la quantità di luce in entrata al fine di ottenere il miglior risultato in relazione al tipo di pellicola utilizzata, ma sono altresì dotate di un meccanismo autofocus capace di variare opportunamente il potere diottrico complessivo fornito dalle lenti dell’obiettivo in maniera che le immagini giungano perfettamente nitide alla pellicola sensibile. Le macchine fotografiche con tali caratteristiche riproducono, in maniera semplificata, il complesso meccanismo che l’occhio utilizza per produrre immagini sempre nitide di oggetti che si trovano a differenti distanze2. Posta in questi termini, ovvero secondo il modello visivo tradizionale, la funzione accomodativa si eserciterebbe soltanto nel senso di rendere maggiore il potere complessivo oculare, dal momento che l’occhio emmetrope o emmetropizzato sarebbe adattato all’infinito e l’accomodazione sarebbe necessaria soltanto per mettere a fuoco oggetti che sono più vicini. Il modello visivo tradizionale prevede quindi uno sforzo accomodativo tanto maggiore quanto minore è la distanza di osservazione. Il modello visivo a equilibrio intermedio Altri Autori, in tempi più recenti, hanno invece sostenuto che il meccanismo accomodativo appare maggiormente complesso e raffinato dal momento che il muscolo ciliare è composto da fibre orientate sia circolarmente sia radialmente e che le stesse sono collegate a innervazioni differenti: le fibre circolari, o muscolo di Rouget-Muller, ricevono innervazione dal sistema parasimpatico attraverso il nervo oculomotore comune; quelle radiali sono invece innervate dal sistema simpatico. L’equilibrio che regola il complesso sistema simpatico-parasimpatico sembra quindi avere una parte nel processo accomodativo, anche se le sue reali implicazioni sono tutt’altro che definite9. In effetti, affermano i sostenitori del modello a equilibrio intermedio, se si realizza uno stato passivo dell’occhio in totale assenza di stimolazione, cioè al buio assoluto o in campo vuoto e omogeneo senza stimolazioni, l’acco- 29 Riv It Optom vol. 27 n.1 GEN-MAR 2004 pagg. 26-42 026-42.qxd 25-11-2008 15:52 Pagina 30 LA VERIFICA E LA VALUTAZIONE OPTOMETRICA DELL’ATTIVITÀ VISIVA PROSSIMALE Riv It Optom vol. 27 n.1 GEN-MAR 2004 pagg. 26-42 modazione tende a essere attiva per valori oscillanti tra 1 e 1,5 diottrie, coniugando quindi la retina con distanze prossimali oscillanti tra 66 cm e 1 metro. Ciò sembra dovuto a un bilanciamento tra l’innervazione simpatica delle fibre longitudinali e l’innervazione parasimpatica delle fibre circolari del muscolo ciliare24. Questa focalizzazione intermedia, definita dark focus, corrisponderebbe a una posizione di equilibrio tra i due sistemi antagonisti e comporterebbe la stimolazione di quello simpatico per la visione a distanza e la stimolazione di quello parasimpatico per un impegno più prossimale. In questo caso la funzione accomodativa sarebbe realizzata da una componente simpatica per l’osservazione a grande distanza (oltre il dark focus) e da una componente parasimpatica per l’osservazione prossimale (più vicino del dark focus); il punto di equilibrio in posizione intermedia, che consentirebbe un notevole risparmio dello sforzo necessario alla risposta accomodativa, è inteso come “punto di riposo dell’accomodazione” o “accomodazione tonica”. Vi sono peraltro svariati aspetti oscuri riguardanti questo modo di concepire il controllo innervativo dell’accomodazione; per esempio, nella sindrome di Horner, nella quale esiste una denervazione simpatica, non si verifica alcun mutamento del comportamento accomodativo. Viceversa un argomento a favore del modello a equilibrio intermedio risiede nella sua capacità di giustificare sia il fenomeno del lag accomodativo prossimale (focalizzazione prossimale in difetto) sia quello del lead accomodativo distale (focalizzazione a distanza in eccesso); il modello tradizionale può invece spiegare solo il lag prossimale considerandolo come tendenza fisiologica a utilizzare la minor quantità di energia necessaria all’esecuzione di un atto, ma non è in grado di giustificare il lead a distanza22. L’esistenza di un’accomodazione negativa realizzata per appiattimento della convessità del cristallino conseguente all’attività del sistema simpatico è stata assai discussa negli anni scorsi, allorquando in Italia sono stati proposti a tambur battente apparecchi basati sull’utilizzo del biofeedback, una tecnica che si propone di porre sotto controllo volontario alcune funzioni involontarie regolate dal sistema simpatico-parasimpatico. Secondo i fautori di questa tecnica, un soggetto potrebbe imparare attraverso il biofeedback a rendere volontarie alcune funzioni autonome normalmente involontarie; nel caso di un soggetto miope, egli potrebbe compensare una parte o tutta la sua ametropia mediante l’accomodazione negativa esercitata volontariamente attraverso il biofeedback. Ma, mentre in questi anni il biofeedback ha trovato valide e produttive applicazioni in vari settori della fisiologia e della medicina, esistono forti dubbi sulla validità delle sue applicazioni in campo optometrico2. Una corrente di pensiero ritiene che lo spostamento dell’accomodazione verso il proprio organismo, a cui fa riferimento il modello visivo a equilibrio intermedio, sia realizzabile soltanto sperimentalmente in laboratorio. Secondo tale approccio, nel modello a equilibrio intermedio la mancanza di stimolazioni esterne indurrebbe un rivolgimento di attenzione verso se stessi, quindi non vi sarebbero implicati soltanto fattori legati allo stato di riposo del sistema accomodativo ma anche fattori di ordine psichico9. L’accomodazione è una risposta riflessa L’accomodazione è un risposta riflessa, attraverso la quale il potere convergente del sistema ottico dell’occhio viene aumentato consentendo ai raggi luminosi provenienti da una sorgente prossimale di essere focalizzati sulla retina. L’innervazione dell’accomodazione è stata divisa nei seguenti tipi: tonica, riflessa, legata alla convergenza, prossimale o psichica4. La via afferente (sensitiva) del riflesso accomo- 30 026-42.qxd 25-11-2008 15:52 Pagina 31 dativo inizia dalle fibre sensoriali retiniche e, attraverso il nervo ottico (II paio dei nervi cranici), si estende fino alla corteccia occipitale dove l’immagine viene interpretata. La via efferente (motrice) decorre attraverso il nervo oculomotore (III paio dei nervi cranici) innervato dal sistema nervoso parasimpatico, che provoca la contrazione del muscolo ciliare. L’attività accomodativa è di tipo riflesso e nasce in presenza di immagini sfuocate. Non è ancora del tutto chiaro il motivo per cui il riflesso accomodativo scaturisce soltanto quando il piano focale dell’immagine si trova dietro alla retina e non invece quando esso si trova davanti alla retina; infatti i cerchi di diffusione che si determinano in un occhio miope, nel quale il piano focale dell’immagine è davanti alla retina, non inducono attività accomodativa. Un’ipotesi spiega questo differente comportamento con l’aberrazione cromatica oculare: i cerchi di diffusione hanno un anello periferico azzurro nelle condizioni miopiche mentre l’anello diviene di colore rosso nelle condizioni ipermetropiche, cosicché il riconoscimento di tale differenza potrebbe spiegare la messa in azione o meno della risposta accomodativa. Ma potrebbero agire anche altri aspetti quali la grandezza delle immagini, l’aberrazione sferica, la valutazione della distanza degli oggetti2. L’ampiezza accomodativa diminuisce in ambiente scotopico, dando luogo alla presbiopia notturna; in effetti l’accomodazione è un riflesso che ha come punto di partenza del tratto afferente l’area retinica maculare, mentre in visione scotopica la fissazione è paramaculare24. In un sistema visivo integro l’accomodazione è sempre binoculare e si ha una variazione accomodativa anche nell’occhio occluso mentre l’adelfo focalizza a distanza prossimale. Affinché la visione da vicino sia nitida e singola è necessaria la sincinesia tra l’accomodazione, la convergenza e la miosi. Le tre funzioni dipendono da una stessa innervazione parasimpatica: l’accomodazione realizza la messa a fuoco, la convergenza permette la fusione binoculare delle immagini retiniche mentre la miosi riduce le aberrazioni conseguenti ai cambiamenti di curvatura del cristallino, aumenta la profondità di campo e ne seleziona la porzione centrale9. dalla visione da vicino a quella da lontano. Questa velocità diminuisce con l’aumento dell’età24. La capacità di cambiare la messa a fuoco da lontano a vicino e viceversa è definita flessibilità accomodativa. In un sistema visivo in buone condizioni l’accomodazione positiva (incremento dell’impegno accomodativo) e l’accomodazione negativa (decremento dell’impegno accomodativo) debbono essere esercitate rapidamente e senza sforzo. La quantificazione della flessibilità accomodativa si effettua con flipper sferici e può essere eseguita monocularmente o binocularmente. Il test dura 60 secondi e il soggetto esaminato legge a 40 centimetri un testo portando la compensazione per lontano; viene variato in modo ciclico lo stimolo accomodativo anteponendo un flipper da +2,00/-2,00 diottrie, la cui posizione viene ribaltata soltanto quando il soggetto segnala di essere di nuovo in grado di vedere nitidamente le parole del testo. I valori medi rilevati negli studi sperimentali indicano la normalità con 11-12 cicli per minuto nel test monoculare e con 8-9 cicli per minuto nel test binoculare; ogni ciclo sottende la messa a fuoco sia con la lente positiva che con quella negativa4. Punto remoto e punto prossimo Ogni occhio ha un punto più lontano (punto remoto) e un punto più vicino (punto prossimo) entro i quali la visione risulta nitida e oltre i quali diviene confusa. La precisa definizione di punto remoto e di punto prossimo è di fondamentale importanza per descrivere le ametropie (A) e i relativi meccanismi compensativi: • il punto remoto (PR) dell’accomodazione è la distanza da cui originano le onde luminose che si focalizzano sulla retina mentre l’occhio ha la funzione accomodativa massimamente rilassata; • il punto prossimo (PP) dell’accomodazione è la distanza da cui originano le onde luminose che si focalizzano sulla retina mentre l’occhio ha la funzione accomodativa massimamente impegnata. La flessibilità accomodativa Per passare dalla visione da lontano a quella da vicino è necessario, in un sistema visivo giovane ed efficiente, un tempo di circa 0,5 secondi, poco di più è il tempo occorrente per passare Tale definizione è riferita a un modello visivo nel quale un oggetto puntiforme è posto sull’asse visivo a una certa distanza (reale o virtuale) dal piano principale. Il punto remoto viene calcolato con la seguente formula: 31 Riv It Optom vol. 27 n.1 GEN-MAR 2004 pagg. 26-42 026-42.qxd 25-11-2008 15:53 Pagina 32 LA VERIFICA E LA VALUTAZIONE OPTOMETRICA DELL’ATTIVITÀ VISIVA PROSSIMALE PR (metri) = 1 -------------------------A (diottrie) Nell’emmetrope il PR è situato all’infinito ottico. Nell’ipermetrope il punto remoto si trova in posizione virtuale dietro all’occhio e ha segno algebrico (+). Nel miope il punto remoto si trova nello spazio reale, a una distanza finita, e ha segno algebrico (---). Il punto remoto, se non varia l’ametropia (A), non subisce spostamenti con il variare del potere accomodativo. Infatti la relazione che definisce la distanza tra il piano principale e il tuali variazioni dell’ametropia. Viceversa il punto prossimo si sposta con il variare dell’ampiezza accomodativa. In un soggetto emmetrope, il trascorrere degli anni porta il PP ad allontanarsi dal piano principale muovendosi verso l’infinito; allorché AA = 0 allora il PP coincide con il PR. Nel miope, con il diminuire dell’ampiezza accomodativa il punto prossimo si allontana dal piano principale dell’occhio avvicinandosi al PR fino a raggiungerlo quando AA = 0; in questo caso PR e PP sono reali e situati a distanza finita. Nell’ipermetrope, se AA > A allora il punto prossimo è a distanza finita e con il passare del tempo si sposta fino ad arrivare all’infinito allorché AA = A; successivamente, con AA < A, il punto prossimo diviene virtuale e ciò preclude al soggetto la visione nitida a qualsiasi distanza13. L’ampiezza accomodativa Riv It Optom vol. 27 n.1 GEN-MAR 2004 pagg. 26-42 punto remoto è in relazione soltanto all’ametropia. Se PR è uguale a infinito, il soggetto è emmetrope; se PR è negativo l’occhio è miope ovvero è caratterizzato da un eccesso di potere diottrico rispetto alla condizione di emmetropia; se PR è positivo l’occhio è ipermetrope ovvero è caratterizzato da carenza di potere diottrico rispetto alla condizione di emmetropia. In ogni caso, la relazione descritta non include l’ampiezza accomodativa (AA) e quindi nel corso degli anni non si hanno variazioni del punto remoto legate alla diminuzione dell’ampiezza accomodativa ma soltanto conseguenti a even- Le persone senza riferimenti visivi che ne attraggano l’attenzione, come accade nel volo o di fronte a grandi spazi vuoti, esercitano un’accomodazione che va da 1,00 a 1,50 D, divenendo quindi miopi e adattandosi per una distanza compresa tra 66 centimetri e 1 metro. Si tratta comunque di situazioni particolari e innaturali, mentre nella realtà quotidiana ogni persona fissa in successione stimoli visivi situati in differenti posizioni cosicché l’impegno accomodativo è correlato alla distanza degli oggetti osservati. Nella realtà ordinaria, quindi, gli occhi compiono il minimo sforzo accomodativo guardando il punto più lontano che può essere visto nitido (stato di riposo accomodativo che corrisponde all’osservazione del punto remoto) ed effettuano il massimo sforzo accomodativo guardando il punto piu vicino che possono mettere a fuoco (stato di massimo impegno che corrisponde all’osservazione del punto prossimo di accomodazione). Si può quantificare l’ampiezza accomodativa (AA) di un soggetto calcolando la differenza tra il suo punto remoto e quello prossimo, 32 026-42.qxd 25-11-2008 15:53 Pagina 33 espressa in diottrie; l’ampiezza accomodativa misurata in tal modo è molto più della semplice quantificazione dell’accomodazione esercitata dal cristallino ma è la somma dell’accomodazione lenticolare, dell’accomodazione psichica, dell’accomodazione tonica e dell’accomodazione aberrazionale2. L’ampiezza accomodativa aumenta con gli occhi rivolti verso il basso, diminuisce se la persona guarda verso l’alto come hanno descritto gli esperimenti di Ripple9. Nel bambino, quando l’elasticità accomodativa è massima, il punto prossimo è mediamente situato a 7 centimetri. La progressiva sclerotizzazione del nucleo riduce tale elasticità spostando il punto prossimo a 10-12 centimetri in un adulto di 20-25 anni, mentre all’età di 42 anni esso si sposta a circa 25 centimetri. Oltre che in diottrie, è possibile esprimere la misura della capacità accomodativa in termini lineari e riferirsi pertanto all’intervallo di visione nitida (IVN). Il cristallino, oltre che a una riduzione di elasticità, nel tempo va incontro a una progressiva opacizzazione. Tale complesso meccanismo patogenetico, non ancora completamente svelato, incide anche sulla trasmissione della luce e sull’equilibrio refrattivo totale oltre che sulla capacità accomodativa4. L’opacizzazione del cristallino è correlata a una sclerosi marcata che determina un precoce invecchiamento della funzione accomodativa; tale processo è associato a una variazione dell’indice di refrazione del cristallino, che va sotto il nome di “miopia da indice”. Clinicamente la miopia da indice rende molto soddisfatti i soggetti interessati, che percepiscono come un ringiovanimento il fatto di poter fare a meno dell’occhiale per vicino; tale presunta regressione della presbiopia è, al contrario, un’esplicita manifestazione di senilità2. Anomalie di accomodazione Esiste un discreto numero di anomalie di accomodazione, con un diverso livello di importanza nella condizione visiva delle persone. Esse possono essere suddivise in due gruppi principali: Anomalie per eccesso: - eccesso di accomodazione; - spasmo accomodativo. Anomalie per difetto: - insufficienza di accomodazione; - inerzia di accomodazione; - paralisi dell’accomodazione; - fatica accomodativa. I sintomi generali e comuni alle anomalie di accomodazione comprendono una visione confusa (intermittente o costante) a distanza prossimale, mal di testa associato a compiti prolungati da vicino, sintomatologia astenopica, iperlacrimazione, perdita di concentrazione. Eccesso di accomodazione L’eccesso di accomodazione si presenta generalmente in persone impegnate in un lavoro intenso a distanza prossimale ed è causato da un’iperstimolazione del muscolo ciliare; si realizza una miopizzazione e spesso una diplopia conseguenti all’eccesso di convergenza accomodativa trascinata dall’accomodazione. I sintomi più rilevanti sono di tipo astenopico; una delle prove più adatte per determinare e misurare l’eccesso di accomodazione è la valutazione schiascopica dinamica monoculare, che evidenzia oggettivamente una richiesta di lenti negative. Spasmo accomodativo Lo spasmo accomodativo è uno stimolo parasimpatico costante, che induce una contrazione del muscolo ciliare (con persistenza della funzione accomodativa) anche quando il soggetto guarda lontano. La sindrome, che determina una miopizzazione apparente (pseudomiopia), non è infrequente ed è statisticamente più diffusa nei giovani con lievi ametropie non compensate e intenso impegno visivo prossimale24. Lo spasmo accomodativo può venire evidenziato dalla presenza di significative differenze tra i risultati dei test oggettivi e quelli soggettivi, variabilità dell’acuità visiva, esoforia, allontanamento del punto prossimo23. Insufficienza di accomodazione L’insufficienza di accomodazione si verifica quando l’ampiezza accomodativa è significativamente più bassa del valore prevedibile e accettabile in relazione all’età del soggetto. Si tratta di una condizione piuttosto diffusa, che si differenzia dalla presbiopia in quanto si manifesta in soggetti giovani. Si presenta accoppiata a ridotta flessibilità accomodativa e non deriva dall’indurimento del cristallino bensì da deficit di tipo dinamico. Può essere conseguente a fattori oculari (glaucoma, malattia di Greaves, ciclite) oppure a fattori di carattere generale (anemia, diabete, endocrinopatia, arteriosclerosi, alcolismo, isteria). 33 Riv It Optom vol. 27 n.1 GEN-MAR 2004 pagg. 26-42 026-42.qxd 25-11-2008 15:53 Pagina 34 LA VERIFICA E LA VALUTAZIONE OPTOMETRICA DELL’ATTIVITÀ VISIVA PROSSIMALE Viene rilevata misurando l’ampiezza accomodativa del soggetto; si tratta di insufficienza accomodativa se il valore trovato è inferiore di almeno 5 D al valore previsto per l’età4. Inerzia dell’accomodazione L’inerzia di accomodazione si definisce anche mancanza di flessibilità accomodativa e si evidenzia attraverso la lentezza della risposta accomodativa associata a un cambiamento della distanza di fissazione. Il soggetto, spostando lo sguardo da un oggetto lontano a uno vicino o viceversa, afferma di notare un certo ritardo prima del ritorno alla visione nitida. La valutazione dell’inerzia di accomodazione viene eseguita con flipper di ±2,00 D oppure ±1,50 D, valutando il numero di cicli correttamente eseguiti nel tempo di 60 secondi. Paralisi dell’accomodazione La paralisi totale dell’accomodazione implica un deficit assoluto della capacità accomodativa, visione confusa a distanza prossimale (anche da lontano se il soggetto è ipermetrope), micropsia. Si verifica più frequentemente tra le persone ipermetropi che tra i miopi e può essere monolaterale o bilaterale6. L’interruzione della conduzione del nervo oculomotore, che è una delle cause più frequenti della paralisi accomodativa, può essere traumatica o secondaria a processi neoplastici, emorragici o ateriosclerotici di una zona cerebrale attraversata dal nervo. La presenza della paralisi accomodativa è associata alle altre manifestazioni tipiche della paralisi del terzo paio di nervi cranici ovvero ptosi, deviazione dell’occhio all’esterno, midriasi5. Fatica accomodativa L’accomodazione mostra spesso sintomi di affaticamento ed è coinvolta in una specifica sindrome astenopica oculare che si manifesta con bruciore, arrossamento congiuntivale e del bordo palpebrale, dolenzia bulbare, cefalea, prurito e desiderio di abbandonare la lettura. Essa può trovare origine in una compensazione ottica errata o inadeguata, in uno stato di stress fisico o psichico, nell’uso improprio o eccessivo della funzione visiva. Tale sindrome rende opportuno un completo e attento esame della funzione visiva12. Riv It Optom vol. 27 n.1 GEN-MAR 2004 pagg. 26-42 La presbiopia La diminuzione dell’ampiezza accomodativa pone il soggetto presbite nell’impossibilità di mettere correttamente a fuoco gli oggetti posti a distanza prossimale. I disturbi iniziano quando il potere accomodativo residuo non è più in grado di portare il punto prossimo di accomodazione a una distanza utile18. Il processo di indurimento del cristallino in realtà inizia molto prima, in età giovanile, progredendo dal centro verso la periferia e divenendo assai penalizzante quando la sclerotizzazione del nucleo si annette, nella sua progressione, una quantità tale di fibre da rendere il sistema non sufficientemente elastico per le necessità prossimali, fino al momento in cui diviene prima difficile e poi impossibile l’attività fine per vicino (lettura, scrittura, cucito). L’ingresso nella presbiopia determina per il soggetto la perdita di una porzione di realtà che, in precedenza, era a sua disposizione rapidamente e facilmente. È una situazione sgradevole e svantaggiosa, che rende necessario l’utilizzo di un mezzo ottico o l’aiuto di altre persone per espletare attività prossimali. Alla condizione dei presbiti ha fatto riferimento Dante Alighieri nella Divina Commedia, dialogando con Farinata degli Uberti nel Cerchio VI dell’Inferno3. Il grande poeta fiorentino, con felice intuizione, ha paragonato la conoscenza dei fatti posseduta degli eresiarchi dell’Inferno alla capacità visiva dei presbiti: entrambi riconoscono le cose quando sono lontane ma quando esse si appressano la loro capacità di percepirle è vana cosicché, se non interviene qualcuno o qualcosa in loro aiuto, essi non sono in grado di interpretare la realtà prossimale. “Noi veggiam, come quei c’ha mala luce, le cose”, disse, “che son lontano; cotanto ancor ne splende il sommo duce. Quando s’appressano o son, tutto è vano nostro intelletto; e s’altri non ci apporta, nulla sapem di vostro stato umano” L’età di insorgenza della presbiopia clinica è mediamente situata, in un soggetto emmetrope, tra i 42 e i 48 anni24. L’età di effettiva comparsa della presbiopia dipende da una serie di fattori, tra i quali: • condizione refrattiva: il soggetto ipermetrope senza compensazione ottica anticipa i suoi disturbi per vicino a causa della sommazione degli effetti ottici di presbiopia e ipermetropia. Il confronto con le proprie precedenti invidiabili condizioni visive gli procura spesso delle situazioni di apprensione che il professionista deve saper comprendere e opportu- 34 026-42.qxd 25-11-2008 15:53 Pagina 35 namente orientare. Il soggetto astigmatico invece tende ad accomodare portando sulla fovea il cerchio di minima confusione oppure la focale verticale ovvero quella che fornisce un’immagine nitida delle linee verticali che, nei caratteri di stampa occidentali, sono le più importanti9; • distanza di lavoro: nella fase della presbiopia incipiente il soggetto, se costretto a distanze di lavoro ravvicinate, presenta più precocemente dei problemi visivi rispetto al soggetto le cui necessità di visione per vicino sono ridotte18; • fattori geografico-ambientali: essi influenzano in maniera significativa la velocità di invecchimento del cristallino e di conseguenza la sua perdita di elasticità. Molti Autori concordano sul fatto che le popolazioni che vivono nelle regioni equatoriali diventano precocemente presbiti; ciò è attribuito alla presenza di temperature medie annuali più elevate e a una maggiore esposizione alla radiazione UV, in particolare alle lunghezze d’onda comprese fra 310 e 400 nm2; • fattori nutrizionali: la denutrizione e le precarie condizioni di salute e di igiene generale sono alla base di molti casi di presbiopia prematura nei Paesi sottosviluppati9; • sesso: c’è accordo in letteratura sul fatto che le femmine diventano presbiti più precocemente dei maschi, con un anticipo che va da 1 a 3 anni. Tale aspetto viene attribuito in parte agli squilibri ormonali legati alla menopausa2. Quando il tempo è maturo e il soggetto presbite non può più eseguire lavori prossimali in modo confortevole, egli si rassegna alla dipendenza dall’occhiale compensativo. La relativa prescrizione rende necessario un esame optometrico accurato e articolato che comprenda test in grado di fornire doviziose indicazioni circa la condizione refrattiva, l’equilibrio binoculare, la funzionalità e l’efficienza del sistema visivo esaminato. È comunque opportuno consigliare ai soggetti presbiti di sottoporsi periodicamente a una visita medicospecialistica, ancor più indicata se coesistono altri elementi sospetti come l’eccessivo deficit accomodativo rispetto all’età biologica del soggetto oppure, al contrario, l’apparente assenza di deficit accomodativo in soggetti sopra i 45 anni, quindi già da tempo in età presbiopica5. L’età della presbiopia è peraltro sta- tisticamente favorevole a patologie quali il glaucoma o l’ipertensione arteriosa (malattie dalla sintomatologia soggettiva praticamente assente); è quindi opportuno e lungimirante indirizzare a un accurato controllo oftalmologico il soggetto presbite che, pur trovando piena soddisfazione visiva dall’occhiale fornito, non vi si sottoponga da almeno tre anni. La compensazione ottica della presbiopia induce sempre un effetto secondario sulla convergenza. Infatti l’atto accomodativo è costantemente accompagnato da altri due fenomeni fisiologici: la miosi e la convergenza. Questa triade fenomenologica permette alla persona di esercitare una più efficace visione da vicino: l’accomodazione determina la necessaria variazione di potere diottrico, la convergenza porta le immagini su punti retinici corrispondenti, la miosi aumenta la profondità di campo, ne seleziona la porzione centrale e riduce le aberrazioni indotte dal cristallino. L’impulso cerebrale che determina la triade fenomenologica non si interrompe con l’avanzare della presbiopia, infatti tentando di legge- 35 R. Voelkel: “Il caffé letterario Griensteidl di Michaelerplatz; 1896, Museen der Stadt, Vienna. Riv It Optom vol. 27 n.1 GEN-MAR 2004 pagg. 26-42 026-42.qxd 25-11-2008 15:53 Pagina 36 LA VERIFICA E LA VALUTAZIONE OPTOMETRICA DELL’ATTIVITÀ VISIVA PROSSIMALE re la persona induce ugualmente uno stimolo alla convergenza accomodativa e alla miosi; per questo la prescrizione di un’adeguata e confortevole compensazione ottica per vicino deve tener conto sia della necessità di una precisa messa a fuoco alla distanza di lavoro, sia dell’influenza della nuova compensazione sulla convergenza che, in sede clinica, è quantificabile attraverso il rapporto AC/A 9. Prescrivendo lenti a soggetti presbiti vengono spesso attuate metodiche empiriche, soggettive, conseguenti a una pratica clinica troppo stringata e sbrigativa che esprime una casistica ampia ma poco affidabile. La prescrizione da vicino richiede invece metodo, tempo e attenzione; il valore della lente da prescrivere deve essere ponderato tenendo conto della condizione refrattiva per lontano, calcolato in base al tipo di lavoro per il quale l’occhiale deve essere adoperato, modificato in relazione alla funzione della convergenza e ai valori delle riserve fusionali a disposizione, infine verificato calzando l’occhiale di prova al soggetto e mettendolo alla prova nello spazio reale. La quantificazione dell’ampiezza accomodativa A metà del Novecento, Hofstetter aveva messo a punto una formula generale per calcolare teoricamente l’ampiezza accomodativa (AA) conoscendo l’età del soggetto11: AA (diottrie) = [15 - (0,25 x età in anni)] Oggi per calcolare l’ampiezza accomodativa nella pratica clinica sono a disposizione dell’optometrista numerosi test e metodiche; a tutela dell’accuratezza e della precisione dei risultati è opportuno utilizzare test semplici che offrano al soggetto esaminato opzioni o risposte prive di ambiguità e che evitino di innescare o influenzare la risposta22. Generalmente l’ampiezza accomodativa viene misurata attraverso due metodiche: • determinando il punto prossimo di visione nitida; • utilizzando lenti negative. In entrambi i metodi la misura dell’AA deve essere eseguita dopo aver aver interamente e accuratamente compensato binocularmente l’eventuale ametropia; ciò si realizza anteponendo all’esaminato le lenti dell’emmetropizzazione binoculare a distanza. Determinazione del punto prossimo di visione nitida La metodica, definita anche “push-up technique”, viene eseguita in ambiente ben illuminato facendo uso di una mira strutturata corrispondente al valore di acuità visiva massima raggiunta a distanza dal soggetto e opportunamente ricalcolata per la distanza ravvicinata. La mira, che può essere collocata anche su un regolo graduato, viene avvicinata lentamente al soggetto partendo da una distanza di circa 50 cm. Si invita la persona esaminata a riferire quando la mira non appare più perfettamente nitida. La distanza da considerare (PP) è quella corrispondente alla prima sensazione di annebbiamento riferita dal soggetto; l’inverso di questa distanza (espressa in metri) fornisce l’ampiezza accomodativa: 1 AA (diottrie) = ___________ PP (metri) In caso di persona che non porta la compensazione, l’ampiezza accomodativa concorda con l’ampiezza disponibile (AD) soltanto quando il soggetto è emmetrope13. In caso contrario, nel calcolo dell’accomodazione a sua disposizione va inserita la variabile legata all’ametropia, attribuendo valore negativo all’ipermetropia e 36 026-42.qxd 25-11-2008 Età 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 15:53 Pagina 37 Punto prossimo 7 cm. 8 10 12 13 18 22 28 40 57 100 200 400 DONDERS DUANE Ampiezza Accom. 14 D. 12 10 8,5 7 5,5 4,5 3,5 2,5 1,75 1 0,5 0,25 Ampiezza Accom. 14 D. 12 11 10 8,5 7 5,5 4 2 1,5 1,25 1 1 Fornitura di una compensazione ottica valore positivo alla miopia: AD (diottrie) = AA (diottrie) - A (diottrie) Utilizzo di lenti negative Si tratta di una tecnica che richiede numerose sostituzioni di lenti e viene necessariamente eseguita al forottero. Nella procedura classica proposta dall’OEP il soggetto legge binocularmente un testo con caratteri 0,62 M Jaeger posto sull’asta del forottero a 33 cm di distanza25. È altresì indicato l’utilizzo di un testo con caratteri 0,4 M Jaeger posto a 40 cm di distanza13. Si antepongono lenti negative con un regolare incremento progressivo di 0,25 D fino a quando il soggetto nota il primo annebbiamento dell’immagine. Al potere diottrico corrispondente alla variazione intercorsa tra la lente di partenza e la lente precedente all’annebbiamento va sommato il valore diottrico corrispondente all’inverso della distanza (in metri) dell’ottotipo ovvero 2,50 D. Il risultato esprime il valore dell’ampiezza accomodativa. La modalità di prescrizione per i soggetti con difficoltà nell’attività prossimale è, tra gli argomenti a carattere optometrico, uno tra i più controversi. Va anzitutto ribadito il limite di qualsiasi prescrizione ricavata da test optometrici che valutano come statica la situazione del sistema visivo, che invece è dinamico e variabile. È un limite connesso alle tecniche optometriche attuali e che appare tuttora insuperabile; proprio per questo il buon risultato di qualsiasi prescrizione optometrica è oggi ampiamente fondato sulla tolleranza del sistema visivo esaminato, oltre che sulla precisione dei metodi optometrici utilizzati e sulle conoscenze dell’optometrista22. I principali metodi per la determinazione dell’addizione sono di seguito elencati in maniera sintetica. Addizione calcolata in relazione all’età Hofstetter ha stabilito un range di valori di addizione diviso in cinque fasce di età11. Metodi e tecniche di intervento Età (anni) I problemi visivi a distanza prossimale possono essere affrontati in due modalità, non necessariamente alternative tra loro: 1) fornitura di un’opportuna compensazione ottica del sistema visivo; 2) annullamento o riduzione del problema attraverso un miglioramento dell’efficienza visiva e/o delle condizioni ambientali. 37 Ampiezza accomodativa (D) Addizione per vicino (D) 40 - 44 5,00 - 4,00 0,75 - 1,00 45 - 49 3,75 - 2,75 1,00 - 1,50 50 - 54 2,50 - 1,50 1,50 - 2,00 55 - 59 1,25 - 0,25 2,00 - 2,25 oltre 60 0 2,25 - 2,50 026-42.qxd 25-11-2008 15:53 Pagina 38 LA VERIFICA E LA VALUTAZIONE OPTOMETRICA DELL’ATTIVITÀ VISIVA PROSSIMALE Sebbene la sola indicazione relativa all’età del soggetto non possa consentire l’esatta determinazione del valore dell’addizione da prescrivere per vicino, essa può risultare utile al fine di stabilire un valore di partenza da affinare successivamente con metodi soggettivi. Addizione determinata in relazione alla migliore acuità visiva soggettiva È un metodo veloce che richiede al soggetto esaminato accuratezza e precisione nell’indicare la distanza di lavoro. Il valore dell’addizione per vicino viene aumentato gradualmente in visione binoculare con incremento di 0,25 D, fino alla lettura agevole dei caratteri più piccoli di un testo con caratteri di opportuna dimensione tenuto alla distanza abituale di lettura o di lavoro. Per ulteriore conferma, il valore trovato viene più volte aumentato e diminuito con cambiamenti di 0,25 D per cogliere le indicazioni soggettive della persona esaminata. La procedura può essere eseguita anche monocularmente seguendo le medesime indicazioni. Addizione calcolata in relazione all’ampiezza accomodativa Vari Autori hanno stabilito che il potere dell’addizione per vicino dovrebbe essere tale da permettere al soggetto di esercitare soltanto una quota dell’accomodazione a sua disposizione, lasciandone una parte come riserva inutilizzata. Lawrence (1920) e Maxwell (1937) avevano stabilito che tale riserva dovesse corrispondere alla metà del potere accomodativo a disposizione del soggetto. Sheard (1918) e Giles (1965) avevano invece stabilito che il valore dell’accomodazione non utilizzata avrebbe dovuto corrispondere a un terzo del potere accomodativo e che quindi il soggetto avrebbe potuto impegnarne due terzi. Conoscendo l’ampiezza accomodativa (AA) del soggetto e la sua esatta distanza di lavoro (d) espressa in metri, è possibile calcolare l’addizione per vicino. In ogni caso il valore calcolato attraverso la for- Secondo Lawrence e Maxwell: Add (diottrie) = 1 1 ––––––––– -- –––– d (metri) 2 AA (diottrie) 1 2 ––––––––– -- –––– d (metri) 3 AA (diottrie) Secondo Sheard e Giles: Add (diottrie) = Riv It Optom vol. 27 n.1 GEN-MAR 2004 pagg. 26-42 Il risultato finale della procedura monoculare esprime generalmente un’addizione lievemente maggiore rispetto alla procedura binoculare; infatti in visione monoculare l’accomodazione non è stimolata dalla convergenza come invece avviene in visione binoculare per effetto del rapporto tra i due effettori. All’inizio della procedura, se il soggetto presenta difficoltà nella lettura dei caratteri, si inserisce un’addizione calcolata mediante una delle numerose tabelle che ne esprimono l’entità necessaria in relazione all’età del soggetto. Poi si provvede ad aumentare o diminuire tale valore ricercando il potere diottrico che fornisce la migliore acuità visiva, oltre che il miglior comfort alla distanza indicata dal soggetto. Con tale valore di addizione è opportuno controllare l’intervallo di visione nitida (IVN) nello spazio libero. mula costituisce l’addizione (in diottrie) da sommare al valore dell’emmetropizzazione binoculare a distanza. Addizione determinata attraverso l’uso del test bicromatico È una tecnica che si basa sugli stessi principi adottati per verificare la compensazione per lontano con il test bicromatico. Presentando il test bicromatico a un soggetto presbite non compensato, sia la zona verde sia quella rossa si troveranno dietro la retina e quindi egli vedrà meglio i caratteri in campo verde rispetto a quelli in campo rosso. Viceversa un soggetto con lenti positive di potere eccessivo per vicino oppure che usa un’eccessiva quantità di accomodazione in relazione alla distanza del target, percepirà più nitidi i caratteri posti in campo rosso. 38 026-42.qxd 25-11-2008 15:53 Pagina 39 Anteponendo lenti sferiche binocularmente l’esaminatore ricerca l’egualizzazione dei caratteri situati nei due campi colorati, determinando in tal modo l’addizione. Nella pratica clinica ordinaria il test bicromatico per vicino viene utilizzato prevalentemente per controllare i risultati raggiunti con altri metodi. Addizione determinata attraverso il metodo soggettivo dei cilindri crociati È un metodo che utilizza come mira un reticolo a croce posto a 40 cm sull’asta del forottero, nel quale sono inseriti i cilindri crociati di ±0,50 D con asse negativo a 90° che inducono un astigmatismo misto secondo regola. È importante ridurre il livello di illuminazione ambientale per contrastare l’aumento della profondità di fuoco legato alla miosi, che può compensare lo sfuocamento indotto dal cilindro crociato impedendo al soggetto di percepire la differente nitidezza fra linee verticali e linee orizzontali. Il test può essere eseguito monocularmente, in dissociazione e binocularmente. Al soggetto esaminato viene chiesto di osservare le linee orizzontali e verticali che compongono il reticolo a croce, riferendo quali appaiono più nitide e scure. Si inizia con un potere positivo in eccesso che rende più nere le linee verticali; poi il potere sferico positivo viene gradualmente diminuito fino a quando le linee appaiono tutte ugualmente nitide. Addizione determinata valutando l’accomodazione relativa (AR) L’accomodazione relativa viene quantificata al forottero partendo dalla lente del controllo, definita secondo i criteri OEP. L’AR si distingue in: • accomodazione relativa positiva (ARP), che si misura anteponendo al soggetto, binocularmente, lenti negative fino alla segnalazione di un lieve annebbiamento; • accomodazione relativa negativa (ARN), che si misura anteponendo al soggetto, binocularmente, lenti positive fino alla segnalazione di un lieve annebbiamento. Il valore delle lenti prescritte per vicino, secondo tale criterio, deve indurre un’equidistanza dai limiti costituiti dai valori di ARP e ARN. Per esempio, se un soggetto con una lente di controllo di sf +1,25 D evidenziasse 1,00 D di ARP e 0,50 D di ARN, i due valori di accomodazione relativa non sarebbero uguali. Per egualizzarli il valore di prescrizione dovrebbe corrispondere a sf +1,00 D, i valori di ARP e ARN risulterebbero infatti entrambi di 0,75 D e adempirebbero alle indicazioni del criterio. Addizione determinata attraverso la schiascopia dinamica La tecnica della schiascopia dinamica prevede che il controllo del movimento (concorde o discorde) e la ricerca del punto neutro siano effettuate mentre il soggetto osserva, in visione binoculare, una mira posta a distanza ravvicinata. La mira si trova esattamente sul piano dello schiascopio (esistono anche strumenti con mire incorporate e autoilluminate) e il movimento rilevato viene opportunamente modificato attraverso l’uso di lenti. Mentre il soggetto osserva la mira posta proprio alla distanza per la quale è stabilita l’addizione, l’esaminatore esegue la schiascopia dinamica fino alla neutralizzazione del movimento luce-ombra. Verifica dell’addizione mediante l’intervallo di visione nitida (IVN) È un metodo soggettivo di verifica dell’addizione, che si svolge nello spazio libero ed è assai utile come conferma dei risultati ottenuti con altre modalità. Il soggetto osserva i caratteri dell’ottotipo corrispondenti a un valore di acuità visiva circa 2/10 inferiori rispetto al valore massimo raggiungibile. Gli viene chiesto di avvicinare l’ottotipo fino a quando i caratteri iniziano a perdere nitidezza, quindi di allontanarlo con lo stessa finalità. Si prende nota dei due valori lineari in centimetri. L’intervallo così individuato rappresenta lo spazio entro il quale l’addizione in uso consente una visione nitida attraverso lenti monofocali. Tale intervallo va individuato in più fasi, modificando l’addizione e stabilendo quale sia la più idonea a soddisfare le esigenze visive prossimali del soggetto. Altri approcci compensativi La presbiopia rappresenta la perdita progressiva di un’importante funzione fisiologica e la finalità che deve guidare il professionista che se ne occupa è quella di provvedere nel modo più semplice e confortevole possibile al ripristino della visione a distanza prossimale2. La presbiopia si manifesta in ogni persona, sia emmetrope che ametrope. Sono oggi aperte molte strade compensative, realizzate con fondamenti di originalità ed efficienza, ma nessuna è ancora in grado di riproporre la naturale perfezione della funzione accomodativa1. I molteplici tentativi in corso testimoniano l’inesauribilità della ricerca tecnica e scientifica, 39 Riv It Optom vol. 27 n.1 GEN-MAR 2004 pagg. 26-42 026-42.qxd 25-11-2008 15:53 Pagina 40 LA VERIFICA E LA VALUTAZIONE OPTOMETRICA DELL’ATTIVITÀ VISIVA PROSSIMALE ma anche la forte spinta con cui i soggetti presbiti premono per veder risolto il loro problema che è anche, almeno inizialmente, di tipo psicologico. Riguarda infatti persone nel pieno della propria maturità ed efficienza fisica, psichica, sessuale; attraverso la prescrizione di un occhiale per vicino essi percepiscono, con enorme fastidio, di aver raggiunto una nuova fase della loro vita: quell’occhiale equivale all’attestato di senilità19. Con l’occhiale monofocale per vicino il presbite conserva un ampio campo di visione prossimale ma ha l’inconveniente di doverlo togliere alzando lo sguardo. A ciò si può ovviare con l’adozione di mezzi occhiali, di lenti bifocali, di lenti multifocali. La costruzione bifocale e multifocale è stata adottata, senza trovare grande diffusione, anche dal settore delle lenti a contatto2. Alcuni professionisti adottano la tecnica della monovisione, compensando un occhio mediante una lente a contatto del potere necessario alla visione per lontano e l’altro occhio con una lente a contatto del potere adatto alla visione prossimale; vengono riprodotte così le condizioni di quei soggetti presbiti che hanno un occhio emmetrope e l’altro lievemente miope, potendo così evitare l’uso dell’occhiale. La chirurgia offre a sua volta svariate possibilità. Nel corso degli interventi di cataratta vengono inserite lenti bifocali intraoculari da camera posteriore per cercare di una soluzione valida al problema della presbiopia. Sono utilizzate anche lenti intraoculari accomodative che, sollecitate dal muscolo ciliare, si muovono in senso antero-posteriore modificando il potere diottrico e consentendo così una migliore condizione visiva anche da vicino16. L’avvento dei laser a eccimeri e a olmio ha aperto la strada a nuovi tentativi di chirurgia corneale in grado di modificare il valore refrattivo di una porzione corneale e realizzare così una bifocalità o multifocalità chirurgica. Miglioramento dell’efficienza visiva e delle condizioni ambientali Riv It Optom vol. 27 n.1 GEN-MAR 2004 pagg. 26-42 Numerosi studi indicano che un’elevata percentuale di soggetti non presbiti ai quali è richiesto un impegno visivo prossimale prolungato in condizioni relativamente disagevoli (studenti, operatori del terziario, ricercatori...) manifesta una sintomatologia astenopica da affaticamento visivo soprattutto pomeridiana e serale con pesantezza visiva, prurito, bruciore oculare. Una recente ricerca riguardante 142 lavoratori non presbiti, con età media di 30 anni e impegno giornaliero e costante al videoterminale, ha evidenziato che il 49% dei soggetti presenta sintomatologia astenopica saltuaria in relazione all’intensità del lavoro, mentre il 13% presenta sintomatologia astenopica costante7. Nei confronti di tale categoria di problemi visivi, spesso le lenti positive di basso potere utilizzate per la visione prossimale sono in grado di produrre benefiche variazioni funzionali, fisiologiche ed elettrofisiologiche. L’uso delle lenti positive trova anzitutto applicazione clinica per modificare la postura e l’efficienza du- rante la lettura, ma sovente anche per il controllo della progressione miopica17. Il significato prescrittivo delle lenti positive a basso potere per la visione prossimale si rifà ai fondamenti neuro-fisiologici che regolano i meccanismi dello stress. Le più moderne interpretazioni inseriscono lo stress visivo all’interno del contesto della fisiologia generale dello stress, suggerendo che la tendenza della convergenza a localizzarsi in una posizione spaziale più ravvicinata rispetto all’accomodazione deriva dall’attivazione dei meccanismi neuroendocrini che Cannon e Selye avevano identificato come generatori dello stress generale. In questo contesto, l’attivazione del sistema nervoso simpatico deriva dall’attenzione e dallo sforzo mentale esercitato durante le attività visive cognitive prossimali10. L’attenzione e lo sforzo cognitivo sono impliciti in molte attività visive prossimali e caratterizzano uno stato di attivazione fisiologica simpatica (arousal) che mostra lo stesso pattern delle 40 026-42.qxd 25-11-2008 15:53 Pagina 41 condizioni di stress generale, con la differenza di essere meno intenso. L’aumento dell’arousal simpatica è stato dimostrato sperimentalmente sia durante l’attenzione visiva che durante i processi cognitivi21. Il sistema nervoso simpatico è organizzato per rispondere con l’attivazione di tutte le strutture innervate. Nell’occhio la risposta simpatica avviene attraverso una dilatazione dell’iride e un lieve effetto cicloplegico nei riguardi del meccanismo accomodativo. La conseguente discrepanza spaziale tra la localizzazione spaziale dell’accomodazione e quella della convergenza è risolvibile con l’uso di lenti positive per la visione prossimale che (quando opportunamente prescritte) permettono di diminuire tale discrepanza, attenuando gli effetti negativi indotti a livello visivo dallo stato di attivazione del sistema nervoso simpatico. Peraltro non sempre il problema si pone in questi termini, quindi alla presenza di sintomi di stress visivo prossimale non sempre necessariamente consegue l’indicazione di prescrivere lenti convesse: se è vero che la lente positiva prescritta per la visione prossimale in soggetti non presbiti può rappresentare un utile ed efficace ausilio, è altrettanto vero che deve essere prescritta solo quando è necessario, calcolandone il valore diottrico con attenzione ed evitando improvvisazioni e generalizzazioni21. I metodi più indicati per quantificare la prescrizione di lenti convesse per l’attività cognitiva prossimale sono la MEM Retinoscopy, il calcolo della MSDA, il metodo grafico modificato. L’essere umano è attivo e consapevole Le capacità mentali dell’uomo, come ha evidenziato la psicologia cognitiva, sono ampie e complesse e le diffuse difficoltà di lettura potrebbero non essere secondarie a problemi funzionali ma essere invece conseguenti a deficit specifici settoriali, che determinano difficoltà di lettura e scrittura lievi oppure severe15. Il comportamento visivo dell’uomo non mette in gioco soltanto le variabili di natura riflessa ma anche quelle legate alla motivazione, alle emozioni, all’attenzione, al contesto. Ciò impone un approccio diverso ai problemi visivi, soprattutto se di natura prossimale. I tentativi di approfondirli escludendo le considerazioni riguardanti l’ambiente nel quale la persona si trova a operare sono fuorvianti; il soggetto vive infatti in un ambiente ben definito e cerca atti- vamente informazioni significative scegliendole in quel contesto, con stimoli ed eventi dinamici e variabili20. L’analisi visiva optometrica dei problemi prossimali non può quindi prescindere dall’utilizzo di un opportuno studio optometrico nel quale gli spazi e gli strumenti utilizzati siano adatti a riprodurre e verificare le condizioni ambientali consuete per il soggetto esaminato8. È altresì auspicabile che l’optometrista possa intervenire in modo concreto e incisivo dentro i luoghi di lavoro e di studio, laddove le persone svolgono la loro attività quotidianamente, proponendo nuove modalità operazionali e idonei supporti tecnici, sia con carattere preventivo che con finalità protettive e compensative. Bibliografia 1) AAVV. Working with senior. 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