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D1. Richiami di Nucleazione e crescita
Trasformazioni di fase e reattività dei solidi 1 Richiami di nucleazione e crescita In questo capitolo vogliamo descrivere i processi di trasformazione di fase, per cui un sistema composto da una singola fase in equilibrio ad una certa T e p genera una nuova fase al variare delle condizioni esterne. Inizieremo con lo studiare le trasformazioni di fase diffusionali nucleative e vedremo che esse richiedono il superamento di una barriera di attivazione, a differenza della trasformazioni di fase spinodali. In ogni trasformazione possiamo sempre individuare l'aspetto termodinamico e quello cinetico, e questo sarà ben evidente da quanto svilupperemo in questo capitolo. Come criterio generale possiamo dire che quando una trasformazione avviene in condizioni di quasi-equilibrio (processi lenti e reversibili) la trasformazione stessa è limitata dalla sua termodinamica. Viceversa, se la trasformazione avviene lontano dalle condizioni di equilibrio (es. raffreddamento rapido di un fuso), la trasformazione è controllata dall'aspetto cinetico e si possono formare fasi metastabili non presenti nel diagramma di fase di equilibrio. In termodinamica esiste un criterio ben preciso per valutare la stabilità di una certa fase α rispetto ad un'altra β , che fa riferimento all'energia libera di Gibbs. Se Gβ<Gα la fase β è più stabile rispetto alla α . Può succedere che variando le condizioni (ad esempio la temperatura) diventi che Gβ>Gα per cui la fase β tende a trasformarsi nella α. Questo è rappresentato in termini grafici nel diagramma seguente, in cui si vede che le due curve di energia libera si incrociano nel punto T=Tc in cui Tc è la temperatura di trasformazione di equilibrio. 2 Cioé sarà per T = Tc Gα = Gβ equilibrio tra le due fasi T < Tc Gα < Gβ la fase α è stabile T > Tc Gα > Gβ la fase β è stabile Il percorso di raffreddamento segnato con le frecce nel diagramma riportato per la trasformazione da β-->α è quello seguito in una trasformazione reversibile condotta in maniera lenta in modo che si possa considerare come una sequenza di stati di equilibrio. Nella realtà alla T=Tc la trasformazione non ha luogo perché manca la "driving-force" perché essa avvenga ( Gα = Gβ ). Dovremo produrre un sottoraffreddamento ΔT=Tc-T (detto anche undercooling o supercooling) per far sì che la transizione avvenga. In definitiva, come nel caso dei fenomeni di diffusione che abbiamo visto, è una differenza di potenziale chimico Δμ che origina il processo stesso. Il percorso realmente seguito è quindi quello rappresentato nelle curve sottostanti (per il processo di raffreddamento o riscaldamento attorno al punto critico). La estensione del ΔT necessario ad innescare il processo di trasformazione dipende dai fattori cinetici, dipendenti a loro volta dal meccanismo della trasformazione (la barriera di attivazione da superare). Vogliamo ora provare a calcolare la "driving-force" termodinamica (cioé la variazione di energia libera, che spesso prende il nome di sovrasaturazione) nella ipotesi semplificativa che il valore di ΔT sia piccolo. La relazione ΔG(T ) = ΔH(T ) − TΔS(T) è di validità generale. Se varia la temperatura varieranno anche i singoli termini di questa equazione. Se Trasformazioni di fase e reattività dei solidi 3 assumiamo di esplorare valori di T vicini a T=Tc possiamo supporre che sia H che S delle due fasi non varino con T in modo significativo se l'intervallo è piccolo per cui ΔG(T ) = ΔH − TΔS , cioé si assume che l'unica dipendenza dalla temperatura sia quella esplicita. Ma se siamo vicini a T=Tc allora il ΔH sarà pari al calore latente di trasformazione ΔH=L (valore negativo, cioé esotermico) ed inoltre ΔS = L Tc .§ Allora sarà: ΔG(T ) = ΔH − TΔS = L − T L L L = (Tc − T ) = ΔT Tc Tc Tc cioé la variazione di energia libera, che rappresenta la "driving-force" termodinamica, sarà proporzionale al sottoraffreddamento ΔT . Se seguiamo il processo inverso di trasformazione da α-->β che avviene per riscaldamento, anche in questo caso la temperatura critica dovrà essere superata perché la trasformazione si realizzi. In questo caso si parla di un sovrariscaldamento ΔT=T-Tc ed in generale sarà ΔT(α → β ) < ΔT (β → α ) perché a T più alta la cinetica di trasformazione è più veloce. § Vi ricordo che in condizioni di equilibrio dH=TdS. 4 Nucleazione omogenea. Supponiamo ora di avere una fase omogenea β , all'interno della quale a seguito di un sottoraffreddamento ΔT vengano a formarsi dei nuclei di piccole particelle di una nuova fase α. β α Potrebbe essere ad esempio il caso di una soluzione solida regolare al di fuori dei punti spinodali, che a bassa T tende a formare precipitati di una fase pura all'interno della soluzione, o potrebbe essere più semplicemente il caso di una sostanza pura fusa che per raffreddamento generi i primi nuclei del solido. Vogliamo ora calcolare la variazione di energia libera che accompagna la formazione di una particella (che assumiamo sferica di raggio r) della fase α. Come abbiamo appena visto la "driving-force" per la formazione della nuova fase è data da ΔG = L ΔT Tc tale valore è riferito ad una mole della fase α, ma se vogliamo ottenere un valore riferito all'unità di volume ( ΔGv ), dobbiamo dividere tale espressione per il volume molare della fase α. ΔGv = 1 L ΔT V m Tc Pertanto , se si forma una particella sferica di raggio r , la variazione di energia libera riferita a tutta la particella ( ΔGvolume ) sarà data da Trasformazioni di fase e reattività dei solidi ΔGvolume = 5 4 3 4 1 L π r ΔGv = π r 3 ΔT 3 3 V m Tc (NB se ΔT >0 , ΔGvolume <0 perché L è negativo) Se riportiamo in grafico il valore di ΔGvolume in funzione del raggio della particella, vediamo che l'andamento è monotono e l'abbassamento di energia libera è proporzionale al cubo del raggio. Ma il termine energetico che abbiamo finora valutato non tiene conto del fatto che la formazione della particella porta alla nascita di una interfaccia tra le due fasi. Dovremo perciò tenere conto di quanto abbiamo imparato dalla termodinamica delle interfasi. Per il fatto di creare una superficie di separazione dobbiamo aggiungere un termine che tiene conto dell'energia libera interfacciale γ. Per cui avremo un ΔGsurface pari al prodotto della superficie generata per γ (che è valutata per unità di superficie): ΔGsurface = 4π r γ 2 Tale termine, positivo in quanto dobbiamo fare un lavoro per creare l'interfaccia, è riportato nel diagramma di sopra. Un ulteriore contributo all'energia libera (spesso però viene trascurato) proviene dal fatto che in generale le due fasi non hanno la stessa densità per cui il nucleo non occupa (a parità di moli) lo stesso volume della fase originaria. Ciò procurerà una compressione o dilatazione dei parametri strutturali del nucleo che cresce per andare ad adattarsi allo spazio disponibile. 6 Di questo ci occuperemo in dettaglio più avanti quando considereremo gli aspetti geometrici delle interfacce solido-solido. Per ora ci basta considerare un termine energetico aggiuntivo proporzionale al volume del nucleo del tipo ΔGstrain = 4 3 πr ε 3 in cui ε è chiamata energia libera di tensione meccanica (misfit strain energy), ed è un termine positivo. In totale, quindi, per formare il nucleo di raggio r avremo un variazione di energia libera totale ΔGr che sarà pari a ΔGr = ΔGvolume + ΔGsurface + ΔGstrain = 4 3 π r (ΔGv + ε ) + 4 π r2 γ 3 La somma dei tre contributi porta ad una curva di ΔGr in funzione del raggio che presenta un massimo ad un valore di r = rc chiamato raggio critico, il cui significato è il seguente: se la particella ha un raggio inferiore al raggio critico essa tenderà a sparire, mentre se ha un raggio superiore al raggio critico allora la sua crescita ulteriore è possibile in quanto il ΔGr per il processo di accrescimento è <0. Le particelle con r < rc sono dette embrioni, e la loro esistenza è transitoria. Si definisce anche un valore di ΔG* in corrispondenza del raggio critico che rappresenta una sorta di barriera di attivazione che deve essere superata affinché la nuova fase possa essere nucleata. Possiamo ricavare le espressioni di questi due parametri ( rc e ΔG* ) usando il calcolo differenziale. Se deriviamo l'espressione di ΔGr rispetto al raggio si ottiene d [ΔGr ] 2 = 4 π r (ΔGv + ε ) + 8 π rγ dr e considerando che nel punto r = rc si ha un massimo per cui la derivata si annulla, avremo Trasformazioni di fase e reattività dei solidi 7 4 π r2c (ΔGv + ε ) + 8π rc γ = 0 cioé rc = −2γ (ΔGv + ε ) e ΔG* = 16 πγ 3 ⋅ 2 3 (ΔGv + ε ) E' importante esplicitare la dipendenza di questi parametri dalla temperatura. dal momento che l'energia superficiale e di strain sono pressoché indipendenti dalla temperatura, tutto dipende da come varia ΔGv con la temperatura, cosa che abbiamo già visto sopra: ΔGv = 1 L ΔT V m Tc per cui rc ∝ cost ΔT e ΔG* ∝ cost' ΔT 2 L'andamento relativo è riportato nel grafico seguente. Si vede chiaramente che aumentando il sottoraffreddamento diminuisce sia il raggio critico sia la barriera di potenziale da superare per l'avvio della nucleazione. Si vede inoltre che per un sottoraffreddamento nullo la barriera la superare ed il raggio critico diventano infiniti, per cui non può avvenire nucleazione. 8 Dalle relazioni riportate sopra si riesce anche a vedere come variano i parametri critici al variare dell'energia superficiale e di strain. Ad esempio, dal momento che ΔGv e ε hanno segni opposti, se aumenta la seconda avremo che aumenteranno ambedue i parametri critici. Lo stesso avverrà per un aumento della energia interfacciale. Un ulteriore aspetto da mettere in risalto è la relazione strutturale esistente tra la fase precipitata e la matrice, che influenza sia γ che ε. Qui voglio solo ricordare che la forma dei precipitati all'interno della matrice non necessariamente sarà di tipo sferico, ma a seconda della natura dell'interfaccia, si potrà avere una minimizzazione dell'energia di attivazione di nucleazione crescendo precipitati che abbiano una forma anisotropa (non sferica, ad es. lamelle, aghi..). In altre parole la morfologia del precipitato può essere sotto controllo interfacciale. A questo punto ci si può chiedere come la nucleazione in sé possa avvenire se, affinché l'embrione possa ingrandirsi, è necessario raggiungere il valore del raggio critico. La risposta a questa domanda viene dal fatto che l'equilibrio termodinamico non è un evento statico ma dinamico in cui una molteplicità di eventi microscopici fluttuanti generano una situazione media descritta dalle variabili termodinamiche macroscopiche (termodinamica statistica rispetto alla termodinamica). Anche nel caso di una singola fase omogenea (descritta ad esempio con una valore di densità costante in tutta la fase) esistono Trasformazioni di fase e reattività dei solidi 9 fluttuazioni localizzate di densità la cui media porta alla densità dell'intera fase (Frenkel le chiamò nel 1955 fluttuazioni omofasiche). Esistono similmente delle fluttuazioni eterofasiche in cui localmente si genera un embrione di una nuova fase. Se siamo nelle condizioni macroscopiche di p e T per cui Gα>Gβ (T>Tc) tali fluttuazioni dei nuclei di α saranno evanescenti e non porteranno a niente di nuovo. La concentrazione di tali fluttuazioni aumenterà man mano che ci avvicineremo alla temperatura critica e quando T<Tc (Gα<Gβ ) tali fluttuazioni genereranno embrioni con raggio maggiore di quello critico che evolveranno verso la crescita del nuovo nucleo di α. Detto in altri termini, la probabilità che una particella di raggio r esista ad un certa temperatura è sempre diversa da zero, e tale distribuzione di probabilità potrà essere calcolata con i metodi della termodinamica statistica per cui la velocità con cui si formano i nuclei critici sarà data dalla relazione ⎛ ΔG ⎞ v = C ⋅ exp⎜ − ⎟ ⎝ kT ⎠ * 10 Nucleazione eterogenea. Facendo un calcolo quantitativo della quantità di nuclei generati ad un preciso sottoraffreddamento, si può dimostrare che è possibile raggiungere sottoraffreddamenti dell'ordine di decine di gradi prima che la concentrazione di nuclei di dimensione critica raggiunga valori significativi. In pratica questa previsione teorica è difficilmente raggiungibile (nel caso del Ni iperpuro si riescono a raggiungere sottoraffreddamenti di 2030°) perché prima che si realizzi effettivamente un evento di nucleazione omogenea vengano attivati altri processi per i quali l'energia di attivazione è favorita. In questo caso si parla di nucleazione eterogenea ed essa avviene presso siti difettuali quali vacanze, dislocazioni, stacking-faults, bordi di grano, impurezze o superfici del contenitore. Il motivo è da associare al fatto che la creazione del nucleo distrugge parte del difetto, rilasciando così la sua energia ed abbassando quindi la barriera di attivazione. In termini chimici il processo trova una equivalenza nella catalisi eterogenea, nella quale la presenza del catalizzatore agisce nel senso di abbassare l'energia di attivazione. La nucleazione eterogenea è anche alla base della epitassia (crescita su superfici di monocristalli). Esaminiamo le caratteristiche della nucleazione eterogenea studiando il caso della nucleazione di una fase β su una superficie di un bordo di grano, che consideriamo per semplicità planare (grano grosso). Trasformazioni di fase e reattività dei solidi 11 In questo caso il nucleo avrà una forma lenticolare caratterizzata da un angolo di contatto θ che dipende dal bilanciamento delle tensioni interfacciali (vi ricordo che le tensioni interfacciali sono descritte da vettori paralleli all'interfaccia). La condizione di equilibrio fornisce: γ αα = 2γ αβ cos θ Per valutare la variazione di energia libera conseguente alla formazione del nucleo avente raggio di curvatura r, dovremo prendere in considerazione i seguenti termini (trascurando il termine di strain): ΔGretero = ΔGvolume + ΔGsurface = VΔGv + Aαβ γ αβ − Aα a γ α a dove V = volume della lente Aαβ = area della nuova interfaccia α - β Aα a = area della interfaccia α - α che è stata rimpiazzata Rispetto al caso della nucleazione omogenea abbiamo un termine negativo in più dovuto alla distruzione di una parte dell'interfaccia α-α (questo termine già in sé favorisce la nucleazione eterogenea). Per paragonare quantitativamente il ΔGretero con il corrispondente ΔGromo dobbiamo valutare V, Aαα e Aαβ. Essi dipenderanno dal valore dell'angolo di contatto e, dopo alcune considerazioni di carattere geometrico che tralasciamo, si giunge alle espressioni della figura riportata sopra. Rimaneggiando quelle espressioni si giunge alla seguente relazione fondamentale: ΔGretero = ΔGromo ⋅ S(θ ) dove S(θ ) = fattore di forma (shape factor) = (2 + cos θ )(1 − cos θ ) 2 2 La cosa importante è che per un valore dell'angolo di contatto θ (cioé delle proprietà interfacciali tra le due fasi) lo shape factor è costante, per cui facendo la derivata di ΔGretero rispetto al raggio di curvatura r si trova che il valore del raggio critico non cambia rispetto alla nucleazione omogenea. rc = −2γ αβ ΔGv 12 mentre il valore dell'energia libera al raggio critico (cioé la barriera di attivazione alla nucleazione) viene riscalata per lo shape factor: ΔG*etero = 2 16 πγ αβ ⋅ S(θ ) = ΔG*omo ⋅ S(θ ) 3 ΔGv2 cioé si ottiene il risultato schematizzato nella seguente figura. E' interessante quindi vedere che valori assuma questo shape factor per i diversi valori di angolo di contatto. θ 90° 60° 30° 10° S(θ) 1 0.32 2.6 10-2 1.4 10-5 Si può dimostrare che S(θ) è pari al rapporto tra il volume della lente e quello della sfera avente uguale raggio di curvatura. Si vede allora che minore è l'angolo di contatto (cioé maggiore è la bagnabilità di β su α), maggiore è il guadagno in energia di attivazione che si ottiene per la nucleazione eterogenea. Trasformazioni di fase e reattività dei solidi 13 Questo discorso può essere generalizzato: il valore del raggio critico non cambia a seconda della localizzazione del sito di nucleazione (dislocazione, bordo di grano, superficie...), ma quello che cambia è la barriera di potenziale che viene riscalata in maniera inversamente proporzionale al volume del nucleo generato. Per cui su una superficie esterna, in cui si forma una metà della lente formata su un bordo di grano, si avrà un valore di shape factor che (a parità di θ) è la metà. Similmente su una giunzione tripla tra bordi di grano il volume è inferiore di quello presente alla superficie del bordo, per cui questo sarà il sito preferenziale di nucleazione (vedi figure sotto riportate) θ β fase α 14 Cinetica di nucleazione e crescita Abbiamo visto che per trasformare una fase in un'altra è necessario passare attraverso la formazione di nuclei della nuova fase, superando una barriera di attivazione, che abbiamo calcolato sia nel caso della nucleazione omogenea (rara) che in quella eterogenea (più comune). Se guardiamo ora agli aspetti cinetici della trasformazione possiamo individuare due stadi consecutivi: 1° stadio: formazione dei nuclei critici; 2° stadio: accrescimento e coalescenza dei medesimi per fornire la nuova fase finale. Per ognuno di questi due stadi possiamo definire la corrispondente velocità. Nel 1° stadio avremo che la velocità con cui si formano i nuclei critici sarà proporzionale alla probabilità della loro esistenza, che abbiamo visto essere legata alla relazione: ⎛ ΔG * ⎞ v1 = C ⋅ exp ⎜ − ⎝ kT ⎠ Ma abbiamo visto che ΔG* ∝ cost ΔT 2 per cui per valori grandi di sottoraffreddamento aumenta rapidamente la velocità con cui si formano i nuclei critici, cioé si formano numerosi nuclei critici nell'unità di tempo. Facendo uno studio della funzione ⎛ ⎞ cost ⎟ 2 ⎝ (Tc − T ) kT ⎠ exp ⎜ − si vede che essa cresce al diminuire di T fino a T=0.33Tc per poi decrescere di nuovo (vedi grafico riportato a pagina seguente). Una volta creati, tali nuclei critici possono evolvere ingrandendosi. In questo stadio la velocità di accrescimento è limitata dal meccanismo con cui arrivano atomi alla superficie del nucleo per farlo accrescere. A seconda dei casi (nuclei in un gas, in un liquido o in un solido) cambierà il meccanismo del processo diffusivo, ma in ogni caso esso sarà un processo attivato termicamente, cioé favorito alle alte temperature. Ad esempio, se il fatto limitante la crescita è la diffusione nella matrice , allora l'andamento del coefficiente di diffusione D con la temperatura seguirà la solita legge di Arrhenius, Trasformazioni di fase e reattività dei solidi 15 ⎛ E ⎞ D = D0 exp − D ⎝ kT ⎠ per cui la velocità del 2° stadio sarà proporzionale a questo esponenziale ⎛ E ⎞ v2 = C′ exp − D ⎝ kT ⎠ TC Dal momento che la barriera di attivazione alla diffusione ED è indipendente dalla temperatura, allora v2 fornisce un grafico esponenzialmente decrescente con il diminuire della temperatura. Temperatura velocità di crescita (v2) v1v2 Tc/3 velocità di nucleazione (v1) velocità di trasformazione Si può definire allora la velocità del processo globale di trasformazione (nucleazione e crescita) che sarà dato dal prodotto delle velocità dei due stadi per cui ⎛ ΔG* ⎞ ⎛ E V = v1 ⋅v2 = C" exp − D ⎞ ⋅ exp ⎜ − ⎝ kT ⎠ ⎝ kT ⎠ Il grafico della velocità di trasformazione globale avrà un massimo per una temperatura T di compromesso tra due opposte tendenze: a bassi sottoraffreddamenti (alta T ) il processo sarà limitato dalla formazione dei 16 nuclei critici, mentre ad alti sottoraffreddamenti (basse T ) il processo sarà limitato dalla diffusione. Da questo tipo di diagrammi possiamo ricavare varie informazioni di carattere pratico. Avendo la curva della velocità di trasformazione globale un massimo, potremo avere la stessa velocità di trasformazione a due differenti temperature T1 e T2 . Però la microstruttura delle due crescite sarà molto diversa. Infatti ad alta temperatura avremo una nuova fase con grana molto grossa (bassa velocità di formazione di nuclei critici ma alta velocità di accrescimento), mentre a bassa temperatura avremo una grana molto sottile (alta velocità di formazione di nuclei critici ma bassa velocità di accrescimento). Per questo motivo, per ottenere da un fuso la formazione di cristalli macroscopici (cristalli singoli) si opera a bassi valori di sottoraffreddamento con un processo di raffreddamento lento di modo che sia dato il tempo necessario ai nuclei di accrescersi (controllo termodinamico) (vedi metodi per crescita cristalli singoli). Vi faccio notare che la crescita di nuclei piccoli è l’effetto di una sovrasaturazione (vedi come abbiamo definito prima la driving force) per cui con lo stesso tipo di ragionamenti si può interpretare la dipendenza della grana dei precipitati dalla cinetica di precipitazione quando usiamo soluzioni sovrasature. I diagrammi che vengono utilizzati nella pratica sono leggermente differenti rispetto a quelli che abbiamo visto. Invece di portare in ascissa la velocità di trasformazione si porta spesso il tempo necessario per la trasformazione (inversamente proporzionale alla velocità) per cui le curve hanno una tipica forma a C. Tali diagrammi si chiamano diagrammi TTT (Temperatura-TempoTrasformazione) e portano una serie di curve a valore costante di percentuale di trasformazione (vedi figura sotto).