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clicca qui - SIMED, Scuola Italiana di Medicina del Dolore
D. Beltrutti, V. Menardo, R. Lippolis e Coll. - AMAP
IL DOCUMENTO AMAP SUL BUON USO
DEGLI OPPIOIDI
D. Beltrutti, V. Menardo, R. Lippolis, L. Pasquariello,
A. Burato, P. Ghio, R. Bellini, L. Parigi,
M. Stefanetto, N. Luxardo, F. Debernardi, G. Giacoletti.
Associazione Medici Algologi Piemontesi (AMAP) - Torino
Il presente documento vuole essere uno strumento agile, in grado di fare
chiarezza sulla prescrizione di oppioidi e di venire in aiuto a tutti i medici
che utilizzano oppioidi nella loro pratica clinica sia per il controllo di
dolori cronici non oncologici (DCNO) che nel caso di dolori cronici
oncologici (DCO). Il documento è stato realizzato prendendo spunto
dagli studi clinici di riferimento sull’argomento, dall’esperienza clinica
di questo gruppo di studio ed in sintonia con quanto espresso dall’OMS
[1], EAPC [2], ESMO [3], FSMB [4], AHRQ [5], APS [6], EFNS [7],
e della ASIPP[8] .
Schema di valutazione dei livelli di evidenza
Si è scelta una valutazione agile, su tre livelli come indicato in Tabella I.
Come metodologia si è scelta quella del Consenso di Esperti, validata
mediante Revisione tra Pari. Le fasi di elaborazione del documento
sono state: analisi della letteratura disponibile, sintesi della letteratura,
revisione sistematica, valutazione e consenso, revisione tra pari in cieco.
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IL DOCUMENTO AMAP SUL BUON USO DEGLI OPPIOIDI
A: Forti evidenze. Quando l’evidenza si riferisce ad una
sperimentazione randomizzata e controllata (RCT), a studi scientifici
di alta qualità, a revisioni di meta analisi.
B: Evidenze moderate. Quando l’evidenza si riferisce a studi clinici
ben condotti senza tuttavia avere a disposizione sperimentazioni
cliniche RCT.
C: Evidenze limitate. Quando l’evidenza proviene da opinioni o da
rapporti di comitati di esperti e/o dalle esperienze cliniche di autorità
riconosciute. Indica la mancanza di studi clinici di qualità direttamente
applicabili..
Tabella I: Classificazione dei livelli di evidenza
1. - Punti chiave
1. Le raccomandazioni per il trattamento del dolore non
oncologico (DCNO) ed oncologico (DCO) sono state sviluppate
al fine di migliorare la qualità e l’appropriatezza delle cure,
migliorare l’accesso dei pazienti, migliorare la qualità di vita,
migliorare l’efficienza e l’efficacia del trattamento, ridurre gli
effetti indesiderati precoci e tardivi e contenere i costi sanitari.
2. Considerando l’alta percentuale di dolore intenso non
trattato si auspica un maggiore utilizzo degli oppioidi nella terapia
del dolore cronico moderato e severo di origine non oncologica
ed oncologica.
3. Si raccomanda che il clinico acquisisca conoscenze
adeguate sulla farmacologia clinica degli oppioidi al fine di garantire
ai propri pazienti un trattamento appropriato.
4. Si auspica che la somministrazione di oppioidi nel
dolore non oncologico ed oncologico non venga utilizzata come
unica alternativa nel trattamento del dolore severo ma che tale
modalità terapeutica sia inserita in un programma terapeutico che
preveda anche terapie riabilitative, psicologiche ed analgesiche di
tipo interventistico.
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5. Si raccomanda che i pazienti in terapia con oppioidi
siano controllati con regolarità sia dal punto di vista fisico che
psicologico al fine di fare aggiustamenti dei dosaggi, di valutare
i livelli di analgesia raggiunta, di valutare gli eventi avversi ed i
comportamenti a rischio.
6. Si raccomanda di tenere un’adeguata documentazione
relativa ai pazienti in trattamento con oppioidi al fine di
ottimizzarne la terapia.
2. - Obiettivi del documento
Tra gli obiettivi di questo documento vi è senz’altro il desiderio di
migliorare il clima di fiducia con il paziente al momento della prescrizione
dell’oppioide, di migliorare la gestione del paziente utilizzando farmaci
appropriati all’intensità del dolore, di somministrare oppioidi per la
via più semplice in linea con quanto suggerito da eminenti società
scientifiche, di contribuire a creare un clima di fiducia, di chiarezza e di
comprensione tra il paziente ed il medico, di proteggere il paziente dagli
eventi avversi connessi all’assunzione del farmaco.
E’ nostro convincimento che una terapia farmacologia antalgica
adeguata sia un fattore capace di controllare non solo l’intensità
dell’esperienza dolorosa ma anche di migliorare le aspettative, le
prestazioni, la qualità di vita del paziente e di ridurre (qualora fosse
presente) la somministrazione eccessiva di oppioidi.
Siamo convinti che l’adozione di queste raccomandazioni
consentirà un effettivo controllo del dolore oncologico e non oncologico
con metodiche di semplice applicazione nell’ 80-90% circa dei casi. Il
corretto utilizzo degli oppioidi consentirà inoltre di migliorare la qualità
di vita dei pazienti, contribuendo a ridurre allo stesso tempo i costi
sanitari e sociali connessi al problema del controllo del dolore cronico
severo.
In una limitata percentuale di casi è probabile che si dovranno
prendere in considerazione altre metodiche antalgiche, quali la
somministrazione spinale (peridurale o subaracnoidea) di oppioidi, in
associazione con anestetici locali, Baclofene o Clonidina. Malgrado
le vaste esperienze ottenute con queste vie di somministrazione,
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IL DOCUMENTO AMAP SUL BUON USO DEGLI OPPIOIDI
attualmente non esistono precise raccomandazioni a riguardo.
3. - Il dolore cronico: l’epidemia nascosta
Nonostante gli sforzi effettuati negli ultimi decenni, iI dolore continua
ad essere un’epidemia nascosta a livello globale. Si tratta di un enorme
fardello sia per i pazienti che per i familiari dei sofferenti, ma in larga
misura potrebbe essere evitato. Un clima persistente di oppiofobia che
ha dato ampio risalto ad alcuni rari problemi di dipendenza, sedazione
e depressione respiratoria ha favorito l’utilizzo di dosaggi inadeguati.
Gestire con successo un caso di dolore severo utilizzando gli oppioidi
significa realizzare un’analgesia adeguata riducendo possibilmente a
zero gli effetti indesiderati.
A livello europeo una recente indagine condotta su oltre 45 mila
soggetti ha evidenziato gli enormi costi sociali connessi al dolore
cronico basti pensare che il 61% del campione esaminato lamentava
una riduzione della capacità lavorativa ed il 19% ha addirittura dovuto
lasciare il lavoro a causa della persistenza del dolore [9]. Per quanto
riguarda il nostro Paese si stima che in Italia i pazienti affetti da dolore
cronico siano il 20-25 % della popolazione. La media dei soggetti facenti
parte di questo gruppo soffriva per un periodo > 7 anni. Nel 46% dei
casi i soggetti soffrivano da oltre 10 anni [9].
Se ci riferiamo invece al dolore oncologico la letteratura
specialistica stima che il 28% dei pazienti ne soffra già in fase iniziale di
malattia. Nelle fasi avanzate tale percentuale può arrivare fino all’ 80%
[10]. Riferendoci sempre alla recente indagine europea (EFIC) risulta
che in Italia i pazienti neoplastici continuano a soffrire di più rispetto
alla media europea (95% versus 73%) mentre la percentuale di piena
soddisfazione per i trattamenti ricevuti è solo del 16% [9].
4. - Gli oppioidi nel DCNO
Oggi, sulla base di una crescente letteratura medica [8,11,7], si ritiene che
la somministrazione protratta di oppioidi, nel caso di soggetti sofferenti
per DCNO di tipo nocicettivo, sia efficace e sicura quando la procedura
avvenga in un setting clinico controllato, su pazienti adeguatamente
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selezionati e controllati regolarmente nel tempo.
5. - Gli oppioidi nel dolore neuropatico
Contrariamente a quanto molti pensano, all’interno della classe
degli oppioidi un narcotico (Ossicodone) si è dimostrato efficace in
parecchi studi controllati di classe I aventi come oggetto il controllo
di varie condizioni di dolore neuropatico (livello A). Il razionale
della somministrazione dell’Ossicodone, nel caso di quadri di dolore
neuropatico quali PHN e plessopatie è che esso devono essere proposto
in seconda linea e cioè quando la somministrazione di antiepilettici e/o
di antidepressivi triciclici non abbiano dato risultati [7].
6. - Che cosa dicono coloro che sono contrari alla somministrazione
cronica di oppioidi nel DCNO?
Brena ha espresso la preoccupazione [12] che l’atto medico si focalizzi
esclusivamente sul controllo dell’intensità del dolore e dello stato di
malessere dei sofferenti senza puntare troppo sull’aumento generale del
livello di attività, sul miglioramento dello stile di vita, sulla riduzione
dello stress ambientale, sulla sostituzione di un comportamento da
malato con uno da sano, sul ritorno al lavoro.
Tutte queste preoccupazioni vengono meno quando la
somministrazione di oppioidi venga effettuata sotto stretto controllo
medico ed all’interno di in un programma di riabilitazione del paziente.
A fianco della riduzione dell’intensità del dolore, si dovrà ricercare,
parallelamente, l’aumento dell’attività fisica, la capacità di intervenire
su problemi correlati al dolore come quelli psicologici e sociali. Il
ritorno al lavoro dovrà essere tra gli obiettivi primari concordati con il
paziente.
La scelta farmacologia nel DCNO deriva dal piano terapeutico che
va concordato col paziente e dall’obiettivo che si vuole raggiungere con
questi. I problemi saranno diversi nel caso in cui il paziente stia ancora
lavorando, oppure nel caso in cui questi sia stato dichiarato inabile al
lavoro. Si dovrà discutere col paziente quali effetti collaterali potranno
essere accettati, quali no e quale debba essere la rapidità nel raggiungere
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il sollievo dal dolore.
E’ chiaro che, per quanto riguarda la somministrazione di oppioidi
nel DCNO, non si hanno ancora a disposizione tutte le esperienze che
si sono raccolte nella somministrazione cronica di oppioidi nel dolore
oncologico. In particolare ci pare corretto segnalare che ulteriori studi
si rendono necessari nei seguenti settori: effetti a lungo termine sul
sistema immunitario, rapporti tra somministrazione cronica di oppioidi
e facilitazione algica, disturbi cognitivi, capacità di prendere decisioni.
Un capitolo a sé merita poi la somministrazione di oppioidi
nelle popolazioni fragili, bambini, grandi anziani, soggetti affetti
da pluripatologie, sofferenti con storie passate di abusi di sostanze
stupefacenti.
7. - Oppiaceo ed oppioide
I termini vengono spesso usati indistintamente tuttavia ciò costituisce
un’inesattezza.
Oppiaceo: termine che si riferisce agli alcaloidi presenti nell’oppio
(estratti naturali del Papaver somniferum) ma tradizionalmente anche ai
derivati naturali e semi sintetici della morfina. Si tratta di sostanze ad
azione analgesica ed effetto sedativo in quanto si legano agli stessi od
alcuni degli stessi recettori interessati dalla morfina. Il termine è spesso
usato, in modo improprio, in riferimento a tutti i farmaci provvisti
di azione farmacologia morfinosimile non derivati dagli alcaloidi
dell’oppio che vanno classificati, più propriamente, sotto il termine più
ampio di oppioidi.
Oppioide: termine che contraddistingue sia i farmaci analgesici
maggiori naturali (codeina, morfina) che quelli di sintesi (Metadone,
Fentanyl) e di semi sintesi (Ossicodone). Il termine oppioide indica
qualsiasi agente che si leghi ai recettori oppiacei presenti nel SNC e nel
tratto gastrointestinale. Il termine oppioide sta ad indicare sia i narcotici
di sintesi dotati di attività oppiacea, che però non sono derivati dall’oppio,
che qualsiasi gruppo di peptidi naturali in grado di legarsi ai recettori
oppiacei delle membrane cellulari con azione agonista od antagonista.
Questi ultimi includono le dinorfine, le endorfine e le enkefaline.
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Gli oppioidi si possono dividere in quattro grosse categorie
farmacologiche:
a) peptidi oppioidi endogeni: sono per l’appunto prodotti
nell’organismo dall’organismo;
b) alcaloidi oppioidi: sono rappresentati dalla morfina (l’oppioide
per definizione) e dalla codeina;
c) oppioidi semisintetici: sono rappresentati dall’Ossicodone e
dall’Idromorfone;
d) completamente sintetici: petidina, Metadone e Fentanyl che
hanno strutture chimiche non correlate a quelle degli alcaloidi
oppioidi.
8. - Raccomandazioni terapeutiche nel dolore cronico non
oncologico (DCNO)
Negli ultimi dieci anni c’è stato un ampio dibattito sull’utilizzo degli
oppioidi nel dolore cronico non oncologico. Tuttavia la presenza di
scarse conoscenze sugli oppioidi, errati convincimenti radicati nella
classe medica, falsi miti presenti nella società, sono stati tutti fattori che
hanno contribuito a mantenere un clima di oppiofobia.
Oggi il sentimento prevalente nella classe medica è che la
terapia con oppioidi giochi un ruolo fondamentale nel trattamento del
dolore cronico severo anche se potrebbe essere fondamentale in casi
selezionati di dolore moderato. La somministrazione di oppioidi non
dovrebbe essere utilizzata solo per il controllo del dolore oncologico
severo ma bensì in tutti i tipi di dolore, incluso il dolore cronico su base
degenerativa.
A partire dagli inizi degli anni’90 sono state pubblicate diverse
raccomandazioni per l’utilizzo degli oppioidi nel trattamento del dolore.
Tuttavia, nonostante la disponibilità di questi documenti, il dolore
cronico non trattato continua ad essere un grave problema sanitario. Una
delle motivazioni adottate al “non adeguato trattamento” dei pazienti
con dolore cronico si basa sulla difficoltà di prescrizione dovuta alla
complicata compilazione del ricettario speciale per stupefacenti. Proprio
per questo motivo, nel nostro Paese si è cercato di dare una risposta
mettendo a disposizione dei medici un nuovo ricettario di prescrizione a
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ricalco in triplice copia autocopiante, rendendo possibile la prescrizione
di due farmaci, di una terapia per trenta giorni, di associazioni di
farmaci. Tuttavia da un’indagine del 2006 risulta che solo il 58 % dei
medici iscritti all’Ordine aveva ritirato il ricettario [13]. Un altro dato
scoraggiante, ricavato dalla stessa fonte è che il 20% dei pazienti in
assistenza domiciliare aspetta più di una settimana solo per riuscire ad
avere la prescrizione di oppioidi.
Anche il progetto “Ospedale Senza Dolore” va interpretato come
un tentativo di risposta a questo problema pur se in questo caso gli
strumenti messi in moto dal legislatore sono prevalentemente orientati
alla formazione del personale sanitario.
Gli obiettivi nel DCNO sono certamente la riduzione del dolore,
dello stato di sofferenza del paziente così come un recupero dell’attività
funzionale, una riduzione della dipendenza dal sistema sanitario ed una
ripresa dell’attività lavorativa e delle relazioni sociali. Gli analgesici
sono soltanto una parte di questo piano terapeutico [11].
a) Spesa e consumo di oppioidi nel dolore cronico
Sulla base dei dati AIFA nel 2004 la spesa per gli oppioidi in Italia ha
rappresentato lo 0,5% della spesa farmaceutica globale (contro il 2,4%
della Germania, il 2,3% dell’Inghilterra, l’1,5% della Francia, l’1%
della Spagna ed e lo 0,4% della Grecia). L’analisi della distribuzione
territoriale italiana della spesa mette in evidenza come la stessa sia
disomogenea; basti ricordare che la spesa è stata dello 0,51% in Friuli
e del 0,14% nel Lazio. Se ci riferiamo poi alla spesa annua pro capite
espressa in euro per l’acquisto di oppioidi forti vediamo come essa sia
di 7€ in Germania, di 3,20€ in UK, di 2,20€ in Francia e di solo 0,5€
in Italia [14].
Nel 2006, in Italia, a fronte di una spesa di oltre 209 milioni di
euro segnata dai FANS e di 60 milioni per anti cox-2, gli oppioidi deboli
segnano una spesa di 32 milioni e quelli forti di 26 milioni. Questo
ultimo dato di spesa è comprensivo dell’uso del Metadone utilizzato per
la disassuefazione.
Andando nel dettaglio dei consumi di oppioidi forti si evidenzia
(dopo avere depurato i dati economici dal consumo di Metadone) come
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esso sia in larga misura determinato dalle formulazioni a lento rilascio.
All’interno di questa categoria di consumi si evidenzia come lo 87,7 %
della spesa sia data da preparati trans dermici ed il 12,3 % dalla forma
orale [15]. Andando ad unità si nota come il 76% sia per i transdermici
ed il 24% per gli orali.
b) Terapia a lungo termine con oppioidi
La letteratura in merito all’utilizzo di farmaci oppioidi per periodi
prolungati, nel caso di dolore cronico non oncologico (DCNO), è
discordante; se da una parte solleva problematiche legate ad una possibile
riduzione della durata dell’analgesia nel tempo, iperalgesia, effetti
ormonali ed immunosoppressione, dall’altra afferma la sicurezza degli
oppiodi per il trattamento del DCNO, garantendo copertura costante
del dolore, nessun effetto di tolleranza, riduzione e annullamento degli
effetti collaterali. Molto probabilmente queste disparità di giudizio sono
legate alle diverse molecole utilizzate, dal momento che non tutti gli
oppioidi si comportano alla stessa stregua [16,17].
Sembra assodato che, in particolare, gli effetti ormonali siano più
evidenti nei pazienti affetti da dolore cronico in trattamento con alti
dosaggi. Per quello che riguarda gli eventi avversi legati ai trattamenti
a lungo termine, è stato dimostrato che con il perdurare del trattamento
questi tendono a diminuire fino a scomparire totalmente (Portnoy).
Solo quando la terapia inizi ad essere inefficace, nonostante gli
opportuni adeguamenti, o si evidenzi l’insorgenza di effetti collaterali
prima non presenti che tendono ad acutizzarsi, si consiglia di effettuare
una rotazione del farmaco o della via al fine di ottenere un più vantaggioso
rapporto analgesia/tossicità.
Si ricorda che la somministrazione di oppioidi nel dolore cronico
non va utilizzata come unica terapia ma va inserita in un programma
terapeutico interdisciplinare che preveda anche terapie riabilitative,
psicologiche ed analgesiche di tipo interventistico.
Nella tabella II viene proposto un algoritmo in 10 Punti per la
somministrazione prolungata di Oppioidi nel dolore cronico.
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Punto I
Punto II
Valutazione iniziale globale
Diagnosi algologica
- Imaging (Rx, RM, CT), studi neurofisiologici
- Valutazione psicologica (opzionale)
- Interventi diagnostici mirati
Stabilire e rivalutare nel tempo la diagnosi algologica
- Valutazione dell’intensità, tipologia ed andamento del dolore
Punto III
Stabilire le necessità mediche
- Diagnosi fisica
- Terapie antalgiche interventistiche
- Terapie fisiche
- Terapia comportamentale
Punto IV
Stabilire il rapporto rischio/beneficio
- Il trattamento è utile
Punto V
Punto VI
Punto VII
Stabilire gli obiettivi terapeutici
Punto VIII
Fase di stabilizzazione
- Prescrizioni mensili
- Valutare ACEA
• Analgesia
• Comportamenti aberranti
• Effetti collaterali
• Attività
- Terapia degli effetti collaterali
Punto IX
Punto X
Valutare l’aderenza alle prescrizioni
Concordare la terapia con il paziente
Fase di aggiustamento del dosaggio iniziale (fino a 8-12 settimane)
- Partire con dosi basse
- Valutare l’associazione con FANS ed adiuvanti
- Sospendere il farmaco nel caso di:
• Assenza di analgesia
• Effetti collaterali importanti
• Mancanza di miglioramento funzionale
Risultati finali
- Soddisfacenti → continuare:
• Dosi stabili
• Analgesia, attività
• Non abusi, effetti collaterali
- Fallimento → sospendere se:
• Importante aumento dei dosaggi
• Non analgesia
• Non attività
• Abusi
• Effetti collaterali
• Assenza di compliance
Tabella II - Algoritmo in 10 punti per la somministrazione prolungata di Oppioidi nel
dolore cronico (da: ASIPP Guideline, modificato).
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c) Dosi equianalgesiche
Quantità
Buprenorfina
sc, ev (mg)
TRAMADOLO
ORALE, SR (mg)
Buprenorfina
TTS (µg/hr)
Fentanyl TTS
(µg/hr)
Idromorfone
ORALE (mg)
Ossicodone
ORALE (mg)
Buprenorfina
s. l. (mg)
20
30
40
60
80
90
120
150
160
180
210
240
270
300
320
330
360
MORFINA sc, ev.
(mg)
MORFINA ORALE
(mg)
FARMACO
Si auspica una buona conoscenza delle tabelle di equi-analgesia (Tabella
III-IV) per i diversi oppioidi e per le diverse vie di somministrazione. Si auspica
inoltre che i clinici prendano in considerazione le importanti differenze
che esistono a livello interindividuale in relazione al metabolismo delle
diverse molecole di oppioide.
0,4
0,3
200
400
10
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
110
120
20
30
40
8
35
0,8
0,6
50
52,5
70
87,5
1,2
1,6
2,0
0,9
1,2
1,5
105
122,5
140
2,4
2,8
3,2
1,8
2,1
2,4
16
60
24
80
90
100
120
32
150
160
25
75
40
48
100
125
64
180
Tabella III - Conversione equianalgesica degli oppioidi (via orale).
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IL DOCUMENTO AMAP SUL BUON USO DEGLI OPPIOIDI
FARMACO
ORALE
Morfina
30 mg
Fentanyl
Sufentanil
EV
PERIDURALE
INTRATECALE
10 mg
1 mg
0,1 mg
100 µg
10 µg
50 - 100 µg
10 µg
5 - 20 µg
5 - 10 µg
Tabella IV - Conversione equianalgesica di alcuni oppioidi secondo la via orale,
endovenosa, peridurale ed intratecale subaracnoidea.
d) Esempio di utilizzo delle tabelle di conversione
Caso clinico esemplificativo: paziente affetto da carcinoma del cavo
orale in terapia mista con oppioidi per via transdermica e narcotici per
os. Il paziente viene ricoverato per dolore incoercibile al cavo orale
ed effetti centrali secondari all’assunzione di oppioidi. All’atto del
ricovero il paziente riesce a deglutire ancora abbastanza bene.
Oppioidi assunti al momento del ricovero:
. Fentanyl cerotto 100 μg/h:
1 cerotto ogni tre giorni;
2. Morfina SR cp 10 mg per os:
1 cp x 3/die;
3. Morfina fialoidi 10 mg per os: 3 assunzioni/die;
4. Tramadolo cp 200 mg per os:1 cp die.
Il dolore non è controllato all’atto del ricovero. VAS Pain Intensity valutata
8,5. E’ presente sonnolenza, difficoltà gestionale a domicilio.
Conversione dei dosaggi degli analgesici assunti a dosi equipotenti
di morfina orale:
- Un cerotto di Fentanyl da 100 μg/h�=�����������������
��
�����������������
240 mg morfina nelle 24 ore;
- Tre cp di Morfina SR 10 mg=
30 mg morfina nelle 24 ore;
- Tre fialoidi di Morfina 10 mg per os=
30 mg morfina nelle 24 ore;
- Tramadolo 200 mg/die=
30 mg morfina nelle 24 ore.
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Dose equianalgesica totale espressa in morfina per os: 330 mg/die.
Se dividiamo questa dose totale per tre (330:3) otteniamo il
dosaggio equianalgesico giornaliero espresso in morfina ev. Tale dose è
pari a 110 mg di morfina ev. Il paziente potrebbe beneficiare di una dose
basale ev di 100 mg/die e di una PCA (Patient Controlled Analgesia)
di 2 mg ogni ora. Al termine delle 24 ore di osservazione otterremo la
dose in grado di controllare il dolore espressa come mg di morfina ev.
nelle 24 ore.
Al termine delle prime 24 ore di ricovero il paziente ha utilizzato
(tra flusso basale e PCA) un dosaggio globale di 120 mg di morfina
ev. Il suo VAS è passato da 8,5 a 3,2. Il paziente è lucido, vigile, senza
effetti collaterali. Si decide a questo punto di proseguire il periodo di
osservazione.
Il paziente chiede di non utilizzare la pompa con PCA in quanto
a suo avviso incide molto sulla sua qualità di vita e di utilizzare
oppioidi per via orale. Dopo tre giorni di ricovero nei quali il dolore si
è mantenuto sempre controllato si offre al paziente l’ opzione di essere
trattato con una formulazione a rilascio controllato quale Ossicodone
CR 160 mg die (80mg x 2) oppure Idromorfone 64 mg die. Nel caso
in cui il paziente sia in trattamento domiciliare, la rotazione da dosi
analgesiche equipotenti di morfina per via orale può avvenire con il
passaggio diretto alla somministrazione di Ossicodone CR 160 mg die
o ad Idromorfone 64 mg die.
e) Utilizzo consigliato delle forme orali
Si ritiene che la somministrazione di oppioidi per via orale possa essere
utilizzata:
- tutte le volte in cui tale via sia percorribile,
- quando il paziente sia in una fase di titolazione oppure sia in una
situazione clinica stabilizzata,
- quando il soggetto non evidenzi effetti collaterali gastrointestinali
severi,
- quando si rendano necessari aggiustamenti terapeutici rapidi e
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IL DOCUMENTO AMAP SUL BUON USO DEGLI OPPIOIDI
frequenti,
- quando il soggetto, in una situazione stabilizzata dopo una
attenta titolazione, manifesti una preferenza per la assunzione
per via orale.
f) Utilizzo consigliato delle forme transdermiche
Si ritiene che la somministrazione di oppioidi per via transdermica
debba essere utilizzata:
- quando non sia percorribile la via orale,
- quando il soggetto sia stato adeguatamente titolato con una
formulazione di oppioidi a pronto rilascio e sia in una situazione
clinica stabilizzata,
- quando il soggetto abbia un’esigenza di oppioidi non inferiore a
60mg/die di morfina,
- quando il soggetto, in una situazione stabilizzata con farmaci
per via orale, manifesti una preferenza per la forma transdermica,
- quando il curante ritenga che la somministrazione
transdermica costituisca un elemento di garanzia nella gestione
del programma terapeutico in pazienti poco collaboranti od in
soggetti in trattamento polifarmacologico.
g) Utilizzo sconsigliato delle forme transdermiche
Si ritiene che la somministrazione di oppioidi per via transdermica non
debba essere utilizzata:
- quando il paziente è naive agli oppioidi [18],
- quando sia percorribile la via orale,
- quando il soggetto non sia stato adeguatamente titolato,
- quando il paziente non sia in una situazione clinica stabilizzata,
- quando si rendano necessari aggiustamenti terapeutici rapidi e
frequenti,
- quando il paziente non si dichiari disponibile per una terapia per
via transcutanea,
- quando vi siano difficoltà oggettive alla tenuta dei cerotti
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(ipertricosi, lesioni cutanee generalizzate),
- quando siano stati evidenziati problemi di allergia.
h) Utilizzo di parti di cerotto transdermico
Tale procedura non è consentita.
Per quanto riguarda il taglio del cerotto di Fentanyl va detto che
questa operazione non è attuabile in quanto la scheda tecnica recita: “il
cerotto Durogesic non deve essere tagliato. Non ci sono dati disponibili
su cerotti tagliati o divisi” [19]. Per quanto riguarda il Fentanyl
transdermico esiste una ampia letteratura medica sull’utilizzo del
dosaggio da 12,5 mg in quanto tale dosaggio è utilizzato in altri Paesi.
L’utilizzo di cerotti tagliati (ricordando che la distribuzione del farmaco
non è omogenea nella matrice e quindi si potrebbe avere problemi nella
titolazione) è consolidato nella pratica clinica del nostro Paese.
Si ricorda che tale procedura deve essere fatta con un’assunzione
di responsabilità da parte del medico [20].
Per quanto riguarda il taglio del cerotto di Buprenorfina, va detto
che la scheda tecnica non menziona il taglio. Tuttavia, poiché gli studi
disponibili si riferiscono soltanto ai dosaggi presi in considerazione
all’atto della registrazione del farmaco, dosaggi ed efficacia sono
prevedibili solamente con un cerotto di Buprenorfina che sia del tutto
integro [21].
Dall’esame della letteratura risulta che in taluni casi il cerotto è
stato tagliato, ad es. per potere effettuare una titolazione graduale in
pazienti critici [22,23]. Per quanto riguarda il destino della parte di
cerotto rimanente, non essendo disponibili studi relativi alla stabilità
della porzione di cerotto non ancora utilizzata non è possibile
consigliare di conservare tale porzione tagliata nella sua busta di
alluminio. A causa di questo motivo così come di problemi connessi al
carico/scarico dal registro stupefacenti, (come giustificare la presenza
di cerotti tagliati?) si consiglia la distruzione eventuale della parte non
utilizzata. Ovviamente tale pratica comporta uno spreco di farmaco ed
è in grado di provocare un aumento ingiustificato dei costi delle terapie.
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i) Rotazione degli oppioidi
Per rotazione degli oppioidi si intende la sostituzione di un oppioide
con un altro somministrato ad un dosaggio equipotente ottenuto cioè
utilizzando le tabelle di conversione equianalgesica.
La rotazione degli oppioidi si prefigge di raggiungere i seguenti
scopi:
• minimizzare il rischio di crescita esponenziale dei dosaggi,
• minimizzare gli effetti collaterali,
• ottimizzare l’analgesia,
Questa modalità terapeutica sembra agire in quanto esiste una
significativa variabilità nella risposta individuale e nella tollerabilità
su base genetica. La rotazione oltre che riguardare la molecola può
anche riguardare la via di somministrazione. Si può ruotare dalla via
endovenosa a quella sottocute, a quella orale, epidurale, intratecale. Si
può ruotare anche in senso inverso.
Oltre il 60% dei pazienti, nel corso della terapia con oppioidi,
cambia la via di somministrazione del farmaco ed oltre il 70% potrebbe
beneficiare di questa procedura [24].
Tra le indicazioni alla rotazione degli oppioidi ricordiamo:
• effetto analgesico insufficiente,
• eccessiva tossicità specialmente se indotta tardivamente,
• incremento rapido del dosaggio e sua costante progressione,
• maggiore convenienza e minore invasività, a parità di controllo
del dolore.
Il razionale dell’efficacia è basato su:
- tolleranza crociata incompleta,
- legame a recettori diversi o a sottotipi diversi di ricettori,
- uso di secondi messaggeri diversi,
- differenze genetiche interindividuali,
- metaboliti attivi diversi.
Una considerazione fondamentale è il tempo di esposizione del paziente
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agli oppioidi e l’escalation dei dosaggi nel tempo. La tolleranza crociata
è molto più evidente quando si usano alti dosaggi in soggetti naive.
Pertanto mentre alle dosi iniziali le tabelle di conversione forniscono
dosaggi attendibili, quando si utilizzano dosi elevate si deve porre
molta attenzione ai dosaggi ottenuti con le tabelle di conversione. In
particolare i dosaggi così ottenuti vanno ridotti di circa il 30% [25].
La Buprenorfina può essere utilizzata in un programma di rotazione
degli oppioidi, (dopo avere utilizzato un oppioide µ alternativo). Ma
a causa dell’azione agonista/antagonista e dell’effetto ceiling a 140
microgrammi il dosaggio da ruotare ad agonista parziale deve essere
congruo.
9. - Esame della letteratura medica sull’efficacia clinica degli
oppioidi
In una revisione sistematica Chou ha preso in esame 16 studi
randomizzati e controllati che hanno interessato un totale di 1427
pazienti affetti da DCNO trattati con oppioidi ad azione prolungata, ed
8 studi osservazionali che hanno interessato 1190 pazienti.
Da questa analisi è emerso che solo due sono stati gli studi nei
quali sono stati confrontati tra di loro due diversi oppioidi. Sette studi
hanno messo a confronto oppioidi ad azione prolungata con oppioidi
ad azione rapida. Altri sette studi hanno messo a confronto la risposta
alla somministrazione di alcuni oppioidi rispetto al placebo. Di questi
16 studi, 5 si riferivano al controllo del dolore lombare, 5 al dolore
osteoarticolare, 2 al dolore neuropatico, 1 al dolore da arto fantasma e 3
a dolori vari, sempre non oncologici. Tutti questi studi hanno avuto una
durata compresa tra i 5 giorni e le 3 settimane.
Gli autori hanno concluso la loro analisi affermando che tutti gli
studi RCT non erano di grande qualità e quelli osservazionali erano di
qualità ancora più modesta. Le evidenze cliniche sono state giudicate
insufficienti a dare risposte a tutti i quesiti posti [26].
Nell’altra revisione sistematica di Kalso e Coll. [27] gli autori hanno
preso in esame studi RCT in cui gli oppioidi venissero confrontati con placebo
e fossero riferiti al terzo gradino della scala WHO. Lo scopo è stato quello di
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IL DOCUMENTO AMAP SUL BUON USO DEGLI OPPIOIDI
valutare l’efficacia e la sicurezza di queste prescrizioni nel DCNO.
Sono stati inclusi 15 studi. Quattro studi riguardavano 120 pazienti
valutati con somministrazione di oppioidi per via ev. Undici studi, che
hanno riguardato un gruppo di 1025 pazienti, hanno analizzato gli effetti
degli oppioidi per via orale contro placebo. Il periodo di osservazione è
variato da 4 giorni ad 8 settimane. Il periodo di follow-up ha raggiunto,
in circa la metà dei casi, i 2 anni. Gli autori hanno concluso che gli
oppioidi alleviano il dolore nocicettivo ed il dolore neuropatico, ma a
causa della variabilità individuale molto alta, del numero relativamente
esiguo di pazienti selezionati e del periodo osservazionale limitato
non è stato possibile trarre conclusioni su temi quali la tolleranza e la
dipendenza.
Ballatyne e Mao [28] nel loro studio hanno preso in esame 16 studi
randomizzati (di questi 7 erano già stati inclusi nello studio di Chou
e 2 in quello di Kalso). Di questi 15 hanno evidenziato un’analgesia
efficace per periodi che andavano da una settimana a diversi mesi. La
loro revisione sul tema si conclude con l’affermazione che bisogna
essere cauti nell’aumento della dose. Gli autori raccomandano inoltre
di sospendere il trattamento se non si raggiunge l’efficacia antalgica
e di essere molto cauti nell’accontentare un paziente che richiede un
aumento del dosaggio.
Bloodworth, nella sua revisione della letteratura [29], ha analizzato
molti studi sull’utilizzo degli oppioidi. L’autore ha identificato 26
citazioni che valutavano gli effetti degli oppioidi sia a breve che a
lungo termine in adulti affetti da dolore cronico non oncologico. Sono
stati utilizzati sia studi randomizzati che studi osservazionali. In questa
revisione l’autore ha incluso 8 studi già esaminati da Chou, 4 da Kalso
e 9 da Ballatyne.
Nei pazienti trattati con oppioidi la riduzione media del dolore fu
del 27,8 % rispetto ai valori basali di VAS e del 6,8 % per i pazienti che
erano in trattamento con placebo. Oltre 1/3 dei pazienti in trattamento
con oppioidi dovettero abbandonare lo studio per la comparsa di eventi
avversi.
Le quattro revisioni della letteratura medica appena descritte
hanno preso in considerazione un totale di 32 studi e non sono riusciti a
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dimostrare in modo inoppugnabile l’efficacia dell’utilizzo degli oppioidi
a lungo termine.
E’ disponibile un’ulteriore revisione che analizza l’utilizzo del
Metadone in formulazione orale nel dolore cronico non oncologico.
Gli autori, anche in questo caso, concludono affermando che gli studi
positivi sono probabilmente improntati ad un grande ottimismo. Gli
studi disponibili sono spesso di qualità modesta e non controllati. Ad
oggi pare prematuro affermare che il Metadone orale determini un
miglioramento importante nel trattamento del dolore neuropatico [30].
10. -Le basi della somministrazione di oppioidi
a) Scala analgesica dell’OMS
Nel 1986 l’OMS pubblicava le linee guida per la somministrazione
degli oppioidi nel dolore oncologico con un’attenzione particolare ai
paesi nei quali i trattamenti sanitari adeguati erano meno accessibili.
Il concetto di base espresso da quel documento è quello che
presuppone una somministrazione di farmaci analgesici ad ore fisse, per
via orale e con un approccio graduale e proporzionato all’intensità del
dolore (La ben nota scala analgesica dell’OMS).
Dopo molti anni di proficuo utilizzo della scala analgesica, ci
pare che essa, in virtù anche della sua natura estremamente schematica,
abbia costituito uno solo degli elementi della strategia complessiva da
adottare nei pazienti affetti da dolore oncologico.
La scala prevede l’utilizzo di 3 categorie di farmaci:
• FANS,
• oppioidi deboli per il dolore lieve-moderato,
• oppioidi forti per il dolore moderato-severo.
La scala prevede la possibilità di integrazioni con farmaci adiuvanti
in ciascuno dei tre gradini. Per adiuvante si intende un farmaco il quale di
per se non è un analgesico ma che può contribuire a migliorare l’effetto
clinico di un analgesico: anti epilettici, psicotropi, difosfonati, steroidi,
ipnotici). Nella pratica quotidiana la scala è integrata da altre procedure
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sia di tipo non farmacologico (ad esempio: fisioterapia, psicologia) che di
tipo interventistico (neuromodulazione chimica, elettrica, neurolesione,
vertebroplastica).
b) I recettori degli oppioidi
I recettori degli oppioidi sono presenti nel SNC così come in tutti i
tessuti periferici. Normalmente questi recettori sono stimolati da peptidi
endogeni come le endorfine e le enkefaline, che vengono prodotti a
seguito di una stimolazione dolorosa. I recettori sono denominati con
lettere greche:
• mu, kappa, delta e sigma.
I vari effetti degli oppioidi sono in relazione al grado di legame che i
farmaci hanno con uno o più di questi recettori.
c) Categorie di oppioidi
Il gruppo fenantrenico è il prototipo degli oppioidi; la presenza di
un gruppo idrossile in posizione 6 è stata associata ad una maggiore
incidenza di allucinazioni e nausea. Questo sarebbe il motivo per cui
morfina e codeina danno più nausea dell’Idromorfone e dell’Ossicodone.
Buprenorfina: la Buprenorfina è un oppioide ad azione centrale che
è stato utilizzato per oltre 20 anni in forma sublinguale. Buprenorfina
è un agonista parziale del recettore oppioide μ al quale si lega con
elevata affinità [31]. Studi farmacologici in vivo hanno dimostrato che
la Buprenorfina, a dosi pienamente analgesiche, occupa il recettore μ
in modo transitorio e reversibile e che tale occupazione recettoriale
non persiste oltre la durata dell’effetto analgesico [32]. Il farmaco ha
un’azione 25-50 volte più potente della morfina [33]. A basse dosi la
Buprenorfina si comporta come un agonista puro del recettore μ [34].
Per tale motivo la titolazione può essere effettuata sia con Buprenorfina
che con μ agonisti puri. La somministrazione di Buprenorfina è vincolata
dalla presenza dell’effetto tetto. Dal 2001 è disponibile in Europa per
somministrazione trans-dermica.
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Codeina: è un oppioide debole con azione agonista verso i recettori µ;
possiede un’emivita di circa 3 h. Si tratta di un profarmaco e non ha
effetto antalgico fino a che la sostanza non è metabolizzata a morfina.
Va ricordato che alcuni genotipi umani sono sprovvisti degli enzimi
necessari per questa trasformazione.
Fentanyl: è un oppioide forte con azione agonista per i recettori mu. È
circa ottanta volte più potente della morfina. Farmaco con una lunga storia
di impiego in sala operatoria per il controllo del dolore perioperatorio, il
Fentanyl ha un importante metabolismo a livello epatico. Attualmente è
utilizzato nel controllo del dolore oncologico e non, di intensità severa,
in forma di cerotto a lento rilascio sottocutaneo (3 dì di applicazione) nei
dosaggi 25 - 50 - 75 - 100 µg/hr. Quando un cerotto viene tolto rimane
una riserva sottocutanea la quale ha una clearance di più di 24 ore.
Il Fentanyl transdermico andrebbe riservato ai pazienti con
esigenze di oppioidi ormai stabilizzate, ai pazienti in fase post titolazione,
soprattutto nei soggetti che non riescono ad assumere oppioidi orali, in
alternativa alla morfina sottocutanea (B).
Nella forma di Fentanyl citrato orale transmucoso il dosaggio di
200 µg ha una potenza relativa corrispondente a 4-8 mg di Ossicodone
orale, 1,5-3 mg di Idromorfone orale e 6-12 mg di morfina orale. In
particolare tale forma ha il pregio di una grande velocità nel raggiungere
il suo effetto analgesico per cui viene riservata per il controllo del dolore
breakthrough ed incidente.
Idromorfone: oppioide agonista puro del recettore mu. La potenza
è 5 volte maggiore della morfina con un profilo di attivazione simile
alla ß-endorfina. In termini di analgesia l’Idromorfone è un analgesico
potente la cui efficacia clinica è dose dipendente. E’ indicato nella
terapia del dolore acuto e cronico. Dal punto di vista della pratica
clinica l’Idromorfone ha mostrato di essere particolarmente utile in
varie categorie di pazienti:
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IL DOCUMENTO AMAP SUL BUON USO DEGLI OPPIOIDI
•
•
•
•
nei pazienti con tendenza alla nausea ed al vomito,
nei pazienti con tendenza al prurito,
nei pazienti con tendenza alla sedazione,
nei pazienti con tendenza alla compromissione cognitiva.
Metadone : si tratta di un oppioide efficace tuttavia, a causa di marcate
differenze interindividuali in termini di emivita plasmatica, di potenza
analgesica relativa, di capacità di accumulo e di durata d’azione (C)
l’uso routinario del Metadone viene sconsigliato.
Morfina: I clinici del dolore da sempre hanno considerato la morfina il
“principe degli analgesici” e l’hanno utilizzata nella gestione del dolore
oncologico [35]. In anni più recenti si sono resi disponibili sul mercato
italiano altri oppioidi per il controllo del dolore severo e contestualmente
la morfina è stata utilizzata per il trattamento del DCNO. Si tratta di
un oppioide indicato nel dolore acuto di intensità severa o nel dolore
cronico di intensità moderata e severa. In commercio è disponibile
sia la formulazione orale a rilascio immediato che quella a rilascio
controllato.
La sua azione è di agonista dei recettori µ. Presenta un’emivita
di circa 2 ore ed un effetto analgesico che può durare 5 o 6 ore; nella
forma orale l’assorbimento varia dal 20% al 30%. L’effetto antalgico,
relativamente lungo, è associato alla presenza di metaboliti attivi che
possiedono un’emivita più lunga della stessa morfina. Tra gli effetti
collaterali ricordiamo sedazione, confusione mentale, nausea, stipsi,
prurito. Nella formulazione a rilascio controllato lo “steady state” si
raggiunge dopo 1 o 2 giorni.
Nel caso in cui l’assunzione di morfina per os dia origine a effetti
collaterali intollerabili, prima di riuscire ad ottenere un’analgesia
adeguata, è consigliabile passare ad un oppioide alternativo (ad es.
Ossicodone) o cambiare la via di somministrazione (B).
Nel dolore oncologico moderato-forte la morfina è l’analgesico di
prima scelta (C).
Oggi ci si rende conto che, nel dolore oncologico moderato-forte,
la somministrazione di morfina deve avvenire ad ore fisse e con dosaggi
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regolari sia nelle fasi iniziali che in quelle finali della malattia.
La via di somministrazione ottimale della morfina è quella orale.
Si consiglia di assumere morfina in forma orale tutte le volte che ciò sia
possibile. Teoricamente sono richiesti due tipi di formulazione: quella a
rilascio rapido (per la titolazione della dose corretta) e quella a rilascio
lento (per il trattamento di mantenimento) (C).
Ossicodone: l’Ossicodone è un oppioide forte, agonista puro sul recettore
μ e k con una trascurabile attività anche su δ. Ha un’emivita di circa 3
ore ed una potenza circa 10 volte superiore alla morfina. Grazie alla sua
migliore disponibilità sistemica (60-90%), la sua dose equianalgesica è
ritenuta essere la metà di quella della morfina per via orale.
Questo derivato semi sintetico della tebaina, grazie alle sue
caratteristiche sia in termini di cinetica che di tollerabilità, viene
collocato, secondo le raccomandazioni dell’EAPC, accanto alla morfina
nella scala OMS, con livello di evidenza A.
L’Ossicodone cloridrato a rilascio controllato (Ossicodone CR) è
indicato nel trattamento del dolore di intensità moderata-forte [3]. La
somministrazione orale di Ossicodone nel dolore neuropatico dovrebbe
essere presa in considerazione come seconda linea (A) [7].
Dal punto di vista della pratica clinica, l’Ossicodone ha mostrato
di essere particolarmente utile in varie categorie di pazienti:
• nei pazienti che presentano sintomi neuropsichici da morfina;
• nei pazienti da sottoporre a rotazione terapeutica;
• nei pazienti politrattati, in cui migliora la compliance grazie
alla semplificazione del regime terapeutico;
• nei pazienti anziani, in cui occorre minimizzare il rischio di
effetti collaterali;
• nei pazienti con dolore misto, per i quali è necessario intervenire
sulla componente viscerale e su quella neuropatica.
L’Idromorfone o l’Ossicodone, nei paesi dove questi farmaci sono
disponibili, sono alternative efficaci alla morfina per os in entrambe le
formulazioni per la somministrazione orale (A) [36,2].
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IL DOCUMENTO AMAP SUL BUON USO DEGLI OPPIOIDI
11.-Raccomandazioni terapeutiche sull’uso degli oppioidi nel dolore
cronico oncologico (DCO)
Verranno qui prese in esame alcune fasi o momenti particolari della
somministrazione di oppioidi:
a) La titolazione
Il dosaggio da fornire ad un paziente per il controllo ottimale del dolore
viene determinato mediante un processo che si chiama di “titolazione”.
Questa necessità è da mettere in relazione sia alle diverse variabilità
genetiche individuali che alle diverse proprietà di farmacocinetica e di
farmacodinamica specifiche delle singole molecole.
Nella fase di titolazione si consiglia di usare una formulazione di
morfina che entri velocemente in azione (morfina a rilascio rapido per
esempio: Oramorph) per consentire il raggiungimento dell’equilibrio
farmacocinetico nel più veloce lasso di tempo possibile; il
picco delle concentrazioni plasmatiche compare entro un’ora dalla
somministrazione orale e l’effetto analgesico si protrae per quattro ore.
La morfina a rilascio lento raggiunge invece il picco plasmatico dopo
2-6 ore, mentre l’analgesia efficace dura circa 12 ore.
Per una titolazione ottimale del dolore vanno utilizzate le
formulazioni di morfina a rilascio pronto. Per poi passare a formulazioni
a rilascio controllato. E’ possibile usare direttamente una formulazione
a lento rilascio nel caso di impiego di Ossicodone CR poichè, grazie
alle formulazioni a rilascio bifasico, garantisce una rapida analgesia ed
il raggiungimento dello steady state in 24 ore.
Il metodo più semplice per giungere alla definizione di un dosaggio
di oppioidi (titolazione) consiste nella somministrazione di una dose di
morfina a rilascio pronto ogni 4 ore. Nel caso in cui il paziente presenti
riacutizzazioni improvvise di dolore si potrà somministrare una dose
identica che definiremo “dose di soccorso”. Questa dose può essere data
secondo le necessità espresse dal paziente (anche ogni ora).
L’emivita di eliminazione plasmatica della morfina è di 2-4 ore
mentre l’equilibrio farmacocinetico si raggiunge entro 4-5 emivite.
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Questo intervallo è importante per approfondire la valutazione del
paziente ed aggiustare il dosaggio quotidiano. Questo metodo di calcolo
della posologia viene considerato sicuro ed efficace.
La dose completa che si somministra ogni 4 ore deve essere
utilizzata anche come dose di “soccorso”. In genere, le “dosi orali
di soccorso” hanno intervalli di 1-2 ore mentre le dosi parenterali,
equivalenti alla dose che si somministra ogni 4 ore, possono essere
somministrate ogni 15-30 minuti. Si ricorda che ogni singola dose di
soccorso viene calcolata in regime di sicurezza sulla base di 1/6 della
dose totale giornaliera.
Nel caso in cui il dolore ritorni prima del previsto si dovrà pensare
ad incrementare la dose. Di solito gli intervalli sono: per la morfina a
rilascio lento 12-24 ore mentre per la morfina a rilascio pronto 4 ore.
b) La dose di soccorso
Quando un paziente che si trova in trattamento con dosaggi di
oppioidi per via orale stabili nel tempo presenta un dolore violento ed
improvviso dovrà essere garantita una “dose di soccorso” per trattare le
riacutizzazioni improvvise del dolore (A). In questi casi una possibilità
semplice di intervento consiste nella somministrazione di una dose di
morfina a rilascio rapido.
I pazienti in terapia con oppioidi a rilascio lento che presentano un
dolore che compare regolarmente alcune ore prima delle 12 ore possono
ricevere uno schema terapeutico basato sulle 8 ore mantenendo invariato
il dosaggio globale giornaliero.
c) La dose totale giornaliera
La definizione della “dose totale giornaliera” di oppioide va calcolata
sulla scorta dei trattamenti analgesici di base effettivamente assunti
nelle 24 ore. Le riacutizzazioni dolorose possono essere gestite con dosi
singole di farmaci non oppioidi (FANS o paracetamolo) oppure con un
altro oppioide a breve durata d’azione come la morfina o il Fentanyl
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IL DOCUMENTO AMAP SUL BUON USO DEGLI OPPIOIDI
transmucoso o con Ossicodone e paracetamolo.
Il dosaggio totale di morfina da somministrare giornalmente deve
essere basato sulla dose totale assunta nel giorno precedente tenendo
conto della dose programmata e delle dosi di soccorso (C).
d) Il Dolore Episodico Intenso (DEI)
Il dolore episodico intenso si definisce come una acutizzazione del
dolore, per un breve periodo, non controllato dalla terapia basale.
Il citrato di Fentanyl transmucoso orale (OTFC) è un trattamento efficace
nel caso di riacutizzazioni dolorose in pazienti affetti da dolori cronici
che assumano già oppioidi forti in modo regolare (A). L’assunzione di
OTFC è in grado di indurre analgesia in 5-15 minuti ed ha una durata
d’azione fino a 2 ore. Oltre al dolore “breakthrough” l’OFTC può essere
somministrato nel dolore incidente o ricorrente. Un’altra indicazione
è la somministrazione prima di procedure caratterizzate da un dolore
severo e di breve durata d’azione [37].
e) La somministrazione orale
In linea con quanto consigliato nelle linee guida WHO ed EAPC si ritiene
che, nei soggetti affetti da dolore oncologico, la somministrazione di
oppioidi per via orale debba essere utilizzata:
- tutte le volte in cui tale via sia percorribile,
- quando il soggetto sia stato adeguatamente titolato,
- quando il paziente sia in una fase di titolazione oppure sia in una
situazione clinica stabilizzata,
- quando il soggetto non evidenzi effetti collaterali gastrointestinali
severi,
- quando si rendano necessari aggiustamenti terapeutici rapidi e
frequenti,
- quando il soggetto, in una situazione stabilizzata, e dopo una
attenta titolazione, manifesti una preferenza per la assunzione
per via orale.
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f) La somministrazione sottocutanea mediante sistemi di
microinfusione percutanea
Per i pazienti che non sono in grado di assumere un oppioide per os, la via
di somministrazione alternativa più valida è quella sottocutanea. In questa
ultima condizione la somministrazione continua è raccomandata (C).
La somministrazione di farmaci in infusione lenta prevede spesso
l’utilizzo di pompe per infusione continua di tipo elastomerico oppure
alimentate a batteria. La potenza relativa della morfina orale varia
secondo le circostanze in cui viene utilizzata e varia anche da paziente a
paziente. Per ottenere un effetto equianalgesico tra un dosaggio orale ed
uno sottocutaneo si dovrebbe, in linea di massima, dividere la dose per
3, ma può essere necessario aggiustare il dosaggio (C).
I farmaci somministrati per via parenterale non sono soggetti al
metabolismo di primo passaggio epatico.
g) La somministrazione di oppioidi per via sublinguale, transcutanea e/o transmucosa
Vi sono farmaci quali Metadone, Fentanyl e Buprenorfina i quali, a
differenza della morfina, hanno un assorbimento sublinguale eccellente.
La Buprenorfina è stata somministrata a lungo proprio per via sub
linguale prima di venire proposta per via transcutanea; il Fentanyl
transmicosico è una alternativa alla morfina orale a basse dosi nei
pazienti con problemi di deglutizione e nel caso del DEI.
h) L’infusione endovenosa di morfina
Questa modalità terapeutica può essere realizzata nel caso di soggetti
che non possano essere trattati né per via orale né per via sottocutanea.
Si tratta pertanto di soggetti affetti da grave stomatite, turbe della
deglutizione, edema generalizzato, eritema, irritazioni o ascessi sterili
con la somministrazione sottocutanea, disturbi della coagulazione,
circolazione periferica compromessa (C). I soggetti dovranno essere
portatori di sistemi endovenosi a permanenza.
La potenza relativa media della morfina orale rispetto a quella
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endovenosa è di 1:2 e 1:3 (A). La potenza relativa della via sottocutanea
è sovrapponibile a quella endovenosa e, passando dalla forma orale a
quella endovenosa, la dose dovrebbe essere divisa per 3.
i) L’infusione di oppioidi per via spinale (epidurale o subaracnoidea)
La somministrazione spinale (epidurale o subaracnoidea) di analgesici
oppioidi, spesso associata ad anestetici locali, a Clonidina od a
Baclofene, dovrebbe essere presa in considerazione in quei pazienti che
manifestano un’analgesia inadeguata o sviluppano effetti indesiderati,
intollerabili, nonostante l’uso ottimale di oppioidi sistemici e di farmaci
non oppioidi (B).
In una piccola minoranza di soggetti un buon livello di analgesia
si può ottenere, senza effetti collaterali eccessivi, con l’uso di oppioidi
alternativi, con la somministrazione spinale di analgesici o con metodi
non farmacologici di controllo del dolore (B).
L’aggiunta di un anestetico locale alla somministrazione di
oppioidi per via peridurale può essere utile per la gestione del dolore
incidente. L’aggiunta di Clonidina si preferisce invece nel caso di dolori
neuropatici. Il Baclofene viene utilizzato nel caso in cui il dolore sia su
base spastica.
12.-Raccomandazioni terapeutiche sull’uso degli oppioidi nel
dolore neuropatico
Nel caso di soggetti affetti da dolore neuropatico le raccomandazioni
EFNS [7] sono incentrate sulla somministrazione efficace di antiepilettici.
Tuttavia, all’interno della somministrazione plurifarmacologica a cui
vanno incontro questi soggetti, si è potuto dimostrare che, per quanto
riguarda la polineuropatia dolorosa (PPN) e la nevralgia post erpetica
(PHN), l’Ossicodone CR possiede un grado di evidenze di tipo A, come
risulta dall’analisi di studi RCT.
Per quanto riguarda la PHN tale grado di evidenza di tipo A proprio
dell’Ossicodone CR è raggiunto anche da Metadone e morfina.
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Codice ISBN: 978-88-95790-02-2
Stampato in Italia nel Maggio 2008
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