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12-15 dolore ott07 e
TERAPIA DEL DOLORE
Un diritto del paziente
abolire la SOFFERENZA
di Emanuela Zerbinatti
Corbis
Combattere il dolore è oggi possibile e
doveroso, per una migliore qualità della vita
ma soprattutto per risparmiare energie
da utilizzare nella lotta alla malattia
mberto Veronesi da sem- cento dei casi è stata proprio la
pre considera il problema sua comparsa a portare alla diadel dolore durante la ma- gnosi. In realtà, il dolore è un
lattia come una priorità assolu- segnale molto generico del fatto
ta: “Ho sempre avuto la pro- che qualcosa nell’organismo
fonda convinzione che sollevare non va e che bisogna correre ai
il malato dal dolore sia un pre- ripari. Tuttavia il modo di afciso dovere medico” sottolinea. frontarlo cambia in base alle
E aggiunge “Obbligo umano modalità con cui si presenta.
ed etico, e anche dovere profes- Infatti, mentre la maggior parte
delle persone è dissionale, perchè a
mio giudizio il sol- Per ogni tipo posta a tutto pur di
lievo dal dolore fa di dolore esiste combattere un dolore comparso alparte della terapia a
una cura
pieno titolo, e appropriata l’improvviso in uno
stato di generale
rende più efficaci
gli interventi chirurgici e far- benessere, gli individui diventamacologici, perchè ridona al no incredibilmente arrendevoli
paziente la serenità psichica che quando soffrono di una malatla sofferenza aveva distrutto, e tia grave o cronica, come se la
quindi lo mette in grado di rea- sofferenza fosse, in questi casi,
una condizione inevitabile.
gire meglio alla malattia”.
I pazienti oncologici credoIl dolore è un sintomo comune tra i malati di tumore: no spesso che il dolore può
basti sapere che nel 30 per sparire solo con la guarigione,
U
12 Fondamentale ottobre 2007
ma si tratta di una convinzione
errata che va di pari passo con
quella, altrettanto sbagliata, di
considerare la comparsa o l’aggravamento di un dolore come
un segnale di peggioramento.
“Il dolore è un meccanismo
di autodifesa fisiologico e come
tale non va mitizzato o demonizzato, ma indagato con particolare attenzione” spiega Franco De Conno, direttore della
Struttura complessa di cure
palliative dell’Istituto nazionale
tumori (INT) di Milano. “Solo
una volta esaurita questa funzione di ‘spia’, il sintomo,
ormai inutile, deve essere combattuto senza esitazione perché
rischia di cronicizzare, diventando una malattia nella malattia, che provoca disturbi del
sonno, difficoltà di concentrazione, irritabilità, ansia, depressione”.
FORME DIVERSE,
APPROCCI DIVERSI
La distinzione tra dolore
acuto e cronico è importante,
ma non è l’unica possibile.
Sulla base del meccanismo
d’origine si distinguono, per
esempio, i dolori somatici
(che provengono dalla superficie corporea) da quelli viscerali (il mal di pancia) o neuropatici (dovuti a irritazione
delle terminazioni nervose).
Ciascuno ha caratteristiche
proprie e risponde a terapie
diverse: per questo la loro
identificazione è importante.
Il dolore non è una semplice trasmissione di uno stimolo lungo le vie nervose, ma si
accompagna sempre a uno
stato di sofferenza emotiva. Il
modo con cui si reagisce a
esso dipende infatti da fattori
come la personalità, le espe-
LA RICERCA CONTINUA
rienze precedenti, la cultura, la
presenza o meno di una rete
di supporto e di risorse economiche, tutti elementi molto
soggettivi. La componente
emotiva diventa tanto più manifesta quanto più il dolore
tende a cronicizzare, stravolgendo la normale vita quotidiana. Il cosiddetto ‘dolore totale’ è quindi l’insieme del dolore fisico e della sofferenza
psichica ed è tipico di chi ha
una malattia cronica come il
tumore.
Nei pazienti oncologici, il
male può essere dovuto alla
massa stessa che stimola le
terminazioni nocicettive, ovvero i ‘sensori’ del dolore, per
compressione diretta oppure
attraverso la produzione di
sostanze che irritano i recettori. Talvolta anche le cicatrici di interventi o le radiazioni
possono aggravare la situazione. Qualunque ne sia la
causa, il dolore oncologico
non trattato efficacemente rischia di debilitare i pazienti
nel fisico e nella mente, facendo perdere anche la voglia
di affrontare le terapie.
LE CURE FARMACOLOGICHE
“Oggi abbiamo a disposizione molte terapie per contrastare il dolore oncologico, efficaci nella quasi totalità dei casi”
afferma De Conno. “Si tratta
principalmente di farmaci (antinfiammatori, oppioidi e altre
sostanze) che possono agire a
diversi livelli sulle vie di trasmissione del dolore. I comuni
antinfiammatori non steroidei
(FANS), come l’aspirina, agiscono a livello periferico prevenendo la sensibilizzazione dei
recettori del dolore; gli oppioidi e gli psicofarmaci agiscono
invece a livello cerebrale ma,
mentre i primi riducono effettivamente il dolore interagendo
con recettori specifici nel cervello e nel midollo spinale, gli
antidepressivi agiscono sulla
componente emotiva, dissociandola dalla percezione del
dolore. In pratica il male si
sente ancora, ma viene vissuto
in modo meno angosciante”.
Non bisogna però avere
fretta, perché anche i migliori
farmaci hanno bisogno di
tempo per agire. Per non incorrere in quel senso di sfiducia
che fa perdere la
voglia di continuare a lottare
contro la malattia è sempre
meglio tenere
a mente qual
è il proprio
obiettivo (aumentare le ore
di sonno senza
dolore, alleviare il
dolore a riposo, poi
quello in posizione eretta e durante le normali attività), da raggiungere gradualmente.
Anche la scelta del
farmaco è per gradini,
dal più debole per i
dolori lievi a quello
più potente per i
dolori forti, così
come consigliato
dall’Organizzazione mondiale della
sanità (vedi box a
pag. 15). In generale, una dose di qualsiasi farmaco analgesico per essere giudicata efficace deve
controllare il sinto-
Cosa fare quando si soffre
Non abbiate paura. Anche se siete malati di tumore, potreste
avere un banale mal di testa o di pancia e anche un dolore che non
c’entra nulla con la vostra malattia merita attenzione. Se poi la
causa è proprio il tumore, non si tratta di un segno di
peggioramento ma di un’indicazione che aiuterà i vostri medici ad
‘aggiustare’ le cure.
Affidatevi ai medici. Oggi i medici dovrebbero chiedere sempre ai
loro pazienti se hanno dolore, ma se per qualsiasi motivo non lo
fanno non esitate a farglielo presente. Non abbiate paura di
sembrare lamentosi: il dolore non è un castigo da sopportare
stoicamente, è un vostro diritto essere nelle migliori condizioni per
affrontare le cure.
Descrivete il vostro dolore. Proprio perché le caratteristiche del
vostro dolore potrebbero orientare i medici verso le cause e gli
opportuni rimedi, è una buona idea annotarne su un diario ogni
aspetto: quando è comparso, dove, come lo definireste (sordo,
lancinante, pulsante, trafittivo, a scossa elettrica), quanto è intenso,
come si evolve nel tempo, cosa lo attenua e cosa lo peggiora (caldo,
freddo, movimento, massaggi), a quali sintomi si associa, come
influisce sul vostro umore e sulla vostra vita.
Seguite la terapia. La terapia prescritta va seguita attentamente.
Confrontatevi con i medici sui suoi effetti: oggi i farmaci sono sicuri
ed efficaci, ma potrebbe volerci un po’ per trovare quelli più adatti a
voi. L’obiettivo non è solo l’abolizione del sintomo ma anche la
perdita del ricordo del dolore: i farmaci vanno perciò assunti a orari
fissi, in modo da ottenere un effetto analgesico costante.
I centri di terapia del dolore. In più del 90 per cento dei casi si
riesce a trovare la cura giusta, ma potrebbe essere necessario
l’intervento di un esperto in terapia del dolore. Per avere
informazione sui Centri di terapia del dolore più vicini a voi visitate il
sito www.sportellodolore.net o quello della Società italiana di cure
palliative www.sicp.it
TERAPIA DEL DOLORE
L’ospedale senza dolore
Il dolore si può evitare o almeno ridurre, se ce ne prendiamo cura.
Questo l’obiettivo dell'ambizioso progetto ‘Ospedale senza dolore’
lanciato da Umberto Veronesi nel 2001 per cambiare radicalmente
l’approccio dei pazienti al dolore. Il progetto si ispira al primo ospedale
con queste caratteristiche realizzato negli anni ’50 a Seattle da John
Bonicam, che diventò poi realtà internazionale con l’appoggio
dell'OMS nel 1992 a Montreal (Canada) per l'ospedale St-Luc.
Il progetto si è sviluppato oltre che in Italia anche in altri Paesi:
Francia, Svizzera, Belgio, Spagna, Stati Uniti e Congo.
“Soffrire a tutti i costi non è più necessario. Vogliamo che il dolore
diventi un'entità misurabile come la pressione e che, al momento del
ricovero, sia considerato come gli altri parametri”, dice Alberto
Sbanotto, direttore dell'Unità terapie di supporto e cure palliative all'IEO.
mo per almeno quattro ore.
È il medico che deve cercare
la dose più adatta: bisogna
però tener presente che i FANS
e i cosiddetti oppioidi minori
(come la codeina, che si differenzia dagli oppioidi maggiori
come la morfina) presentano il
cosiddetto ‘effetto tetto’, per
cui esiste una dose limite oltre
la quale ogni aumento è inutile. È per questo che spesso,
dopo alcune modifiche della
dose di partenza, è necessario
passare a un farmaco posto sul
gradino più alto o a una com-
binazione di più sostanze.
“Per alcuni tipi di dolore è
inoltre indispensabile l’associazione con sostanze dette adiuvanti, cioè non necessariamente analgesiche” spiega De
Conno. “Per esempio i dolori
provocati da una lesione dei
nervi sono ben controllati dall’aggiunta di antidepressivi,
mentre quelli dovuti all’espansione del tumore beneficiano
dell’uso dei corticosteroidi”.
Esiste poi tutta una serie di
interventi terapeutici di natura
fisica o psicologica che possono
Gli obiettivi del progetto sono:
- aumentare la consapevolezza del dolore;
- conoscere meglio gli aspetti di comunicazione emotivi e psicologici
del dolore;
- migliorare la valutazione del dolore. Si utilizza un regolo con delle
tacche in una scala che varia da nessun dolore a massimo dolore
possibile su cui il paziente indica il dolore percepito. In corrispondenza
del segno l'operatore legge la misurazione (in mm) e la riporta sulla
cartella clinica insieme agli altri parametri (temperatura, pressione
ecc.). Di norma la misurazione si esegue tre volte al giorno;
- proporre approcci al dolore acuto più efficaci con la collaborazione
del paziente che è chiamato in prima persona a valutare il suo dolore,
fornendo così al medico precisi parametri di riferimento.
essere associati a questi farmaci,
la cui scelta dipende molto dal
tipo di dolore e dal vissuto del
paziente (vedi box a pag. 15).
IN ITALIA SI SOFFRE DI PIÙ
Nonostante le armi che la
scienza ha messo a punto, la
battaglia contro il dolore sembra ancora da vincere. Secondo
i risultati dello studio EPIC sul
dolore oncologico, resi noti al
congresso dell’Associazione europea di cure palliative che si è
tenuto nel giugno scorso a Budapest, il problema è generale
Scala analgesica dell’OMS
Secondo le indicazioni
dell’OMS, il dolore
oncologico deve essere
curato, in base all’intensità,
con tre categorie di farmaci
(FANS, oppioidi deboli e
oppioidi forti) talvolta
associati a sostanze
adiuvanti (non direttamente
analgesiche ma che
favoriscono l’effetto degli
antidolorifici).
DOLORE FORTE
Oppioidi forti±
non oppioidi
±adiuvanti
DOLORE MODERATO
Corbis
Oppioidi deboli±
non oppioidi
±adiuvanti
DOLORE LIEVE
Non oppioidi
±adiuvanti
Il dolore
persiste
o aumenta
anche se a soffrire di più sono i
pazienti con tumore del seno e
del colon-retto. Dall’indagine,
condotta su quasi 5.000 cittadini europei affetti da tumore,
emerge infatti che, indipendentemente dal tipo e dallo
stadio della malattia, il dolore è
presente nel 73 per cento dei
casi. Per gli italiani le cose
vanno anche peggio perché
considerando solo i connazionali partecipanti allo studio la
percentuale sale al 95 per
cento. A sorprendere ancora di
più è che per ben quattro pazienti su dieci il dolore rimane
talmente intenso da rendere
addirittura insopportabile la
vita. Una delle cause, secondo
gli studiosi dell’EPIC, è la scarsa diffusione di centri specializzati nella cura del dolore, tanto
che tre quarti dei pazienti continua ad avere l’oncologo come
unico riferimento. Altri studi
hanno poi dimostrato che
anche quando il paziente arriva
alle strutture specializzate, ciò
avviene con notevole ritardo rispetto alla comparsa della sintomatologia dolorosa.
Il risultato è che per quanto
i pazienti si ritengano ben curati dal punto di vista oncologico generale, uno su quattro
pensa che i suoi medici siano
impotenti di fronte al dolore.
“Alla base di tutto c’è un’og-
LA RICERCA CONTINUA
Metodi non farmacologici per il controllo del dolore
Radioterapia. È indicata quando all’origine del dolore vi sono
metastasi ossee e cerebrali, emorragie, sindromi da
compressione. Si usano dosi più basse rispetto alla solita
radioterapia, per cui anche gli effetti collaterali sono minori.
TENS. Consiste nella stimolazione elettrica a basso voltaggio delle
grandi fibre nervose periferiche con un piccolo apparecchio che
invia scariche elettriche nei punti dolenti.
Agopuntura. Agisce in modo simile alla TENS e in alcuni pazienti
si rivela molto efficace.
Terapie fisiche. Si tratta di una serie di tecniche che usano
gettiva difficoltà strutturale” afferma Franco Mandelli, docente di ematologia dell’Università
la Sapienza di Roma che nel
2004 ha sottoscritto il ‘Manifesto etico contro il dolore non
necessario’ presentato all’allora
ministro della Salute Sirchia.
“In Italia abbiamo meno di
quattro centri di terapia del dolore per milione di abitanti,
quando nel resto d’Europa
sono circa una decina con un
picco nel Regno Unito, dove
sono sedici per milione”.
Tuttavia il problema non è
soltanto dove fare la terapia, ma
anche come farla. Se da un lato
l’Italia è il Paese con il minor
consumo di oppioidi contro il
dolore, è al secondo posto per
la diffusione dei farmaci antinfiammatori non steroidei, decisamente meno efficaci nelle sofferenze intense e croniche.
“Bisogna fare di più anche
nel campo della formazione di
medici e infermieri e dell’informazione generale perché sono
ancora troppi gli stereotipi culturali riguardo al dolore e alla
sua cura” spiega Mandelli. “I
FANS, utilissimi in molti casi,
in altri sono inefficaci, dove viceversa gli oppioidi sono non
solo utili, ma indispensabili. La
temuta pericolosità degli oppioidi, in particolare della morfina è, come per tutti i farmaci,
legata al consumo non necessario. Studi clinici hanno dimostrato che in mani esperte gli
oppioidi non danno problemi
nemmeno nei pazienti più anziani, debilitati o non in grado
di comunicare, dove semmai il
problema è di riuscire a capire
se e quanto dolore hanno”.
LA RICERCA VA AVANTI
Le premesse per un cambiamento in positivo nella terapia
del dolore ci sono tutte, anche
dal punto di vista legislativo.
Ci sono nuovi interventi che
migliorano ulteriormente la
normativa precedente, proposta dall’allora ministro della
Salute Umberto Veronesi, che
faceva parte di un progetto più
ampio per liberare i malati
dalla sofferenza e coinvolgeva
il cosiddetto ‘ospedale senza
dolore’. Negli ultimi mesi il
ministero della Salute ha infatti introdotto alcuni decreti che
da un lato ridurranno i tempi
di attesa per l’accesso alle strutture specializzate e dall’altro favoriranno l’utilizzo da parte
dei medici di farmaci veramente efficaci.
“Per quanto riguarda la ricerca, invece, sono in corso diversi studi su nuove soluzioni
farmacologiche e c’è un importante filone di indagini
sulla genetica dei recettori che
calore, freddo, massaggi, vibrazioni, pressione, eccetera. L’effetto è
molto soggettivo per cui se in alcuni pazienti un trattamento può
dare sollievo in altri può aggravare il dolore.
Ipnoterapia. È un intervento psicoterapico che consiste
nell’induzione (o autoinduzione) di uno stato simile al sonno, che
porta al rilassamento e soprattutto agisce sulla componente
emozionale del dolore.
Interventi psicologici. Si basano su tecniche cognitive o
comportamentali per il controllo del dolore. Le tecniche di
rilassamento hanno lo scopo di eliminare lo stress e altri fattori
emozionali che possono acuire i sintomi.
porterà a una vera personalizzazione delle cure” spiega De
Conno. “Non ci si deve però
attendere grandi rivoluzioni: la
storia della terapia del dolore è
vecchia quanto la medicina e
gli aspetti importanti sono già
noti. Oggi non è affatto difficile eliminare la componente
fisica del dolore anche nel paziente oncologico, quel che
manca è la capacità di dare risposte concrete e immediate
alla sofferenza psichica, personale e sociale dei malati e dei
loro familiari. Qualcosa però si
sta muovendo. In Italia i centri
esistenti funzionano bene, altri
stanno nascendo, per cui è ragionevole attendersi, insieme
al raggiungimento degli standard internazionali, anche un
netto miglioramento nella percezione dei pazienti. La mia
esperienza dimostra che i malati inviati oggi al centro di
cura del dolore non sono più a
un punto di disperazione tale
da invocare la morte, e, nei
pochi in cui ciò accade, tale
sentimento scompare all’inizio
del trattamento. L’Istituto tumori di Milano è una struttura
di eccellenza, dove tutto il percorso terapeutico può essere
portato avanti nei vari servizi
disponibili internamente. Ciò
non è sempre possibile in altre
strutture. La sfida nel prossimo
futuro sarà quella dell’integrazione dei servizi, in modo che
il paziente e i familiari non
siano lasciati soli davanti a un
problema come il dolore”.
C’è anche chi ritiene che sia
importante continuare la battaglia. “Qualcosa si sta muovendo, è vero, ma l’Italia è un
Paese in cui se ci si distrae un
attimo tutto si ferma, e fermarsi, in questo campo, vuol
dire rimanere indietro” avverte
Mandelli. “Non si tratta solo
di non abbassare la guardia,
ma di continuare a lottare per
una medicina che sia davvero
un ‘prendersi cura’ del malato.
Curare la malattia non basta,
se il dolore logora, insieme al
corpo, anche l’equilibrio morale e psichico di chi già sta
lottando contro il cancro. Occuparsi della sofferenza del paziente è un dovere del medico
ed è triste, ma necessario, doverlo ribadire ogni volta. Ogni
giorno sperimentiamo l’ingiustizia di una tale sofferenza aggiuntiva. Riteniamo però che
le cure per il dolore dovrebbero essere fatte in un ambiente
più familiare e che si debbano
mettere a punto, come facciamo a Roma, programmi di assistenza a domicilio. Sono un
po’ più difficili da gestire per i
medici, ma alla fine ripagano
su tutti i fronti”.
Fondamentale ottobre 2007 15
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