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Cardiopatia Ischemica - Dipartimento di Farmacia

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Cardiopatia Ischemica - Dipartimento di Farmacia
Cardiopatia
ischemica
Epidemiologia
17 milioni
Mortalità
Cardiovascolare totale
Ipertensione arteriosa
Fumo
Ipercolesterolemia
Sovrappeso e obesità
128 milioni
Malattia
Principali cause di morte negli Stati Uniti
600
Uomini
Donne
Mortalità (in migliaia)
500
A
B
C
D
E
F
400
300
Malattie cardiovascolari
Tumori
Incidenti
Malattie croniche delle basse vie respiratorie
Diabete Mellito
Influenza, Polmonite
200
100
0
A
B
C
D
E
A
B
D
E
F
Heart and Stroke Statistical Update, Dallas, Tex. American
Heart Association, 2002
Cause di morte nella donna
Mortality Rate per 100,000
6500
CAD
Stroke
Lung cancer
Breast cancer
Colon cancer
Endometrial cancer
4500
2500
1600
1200
800
400
0
45-49
50-54
55-59
60-64
65-69
70-74
75-79
80-84
85+
Age
National Center for Health Statistics. Vital Statistics of the United States. Vol
II-Mortality; Part A; 1992.
National Cancer Institute. SEER Cancer Statistics Review 1973-1993; 1997.
Mortalità per cardiopatia ischemica nella popolazione
generale, in base all’età e al sesso
35
Uomini
30
25
20
15
10
5
0
Età (anni)
Donne
Trend di mortalità cardiovascolare
520
500
480
Deaths in
460
thousands
440
420
20
0
1979
81
*United States: 1979-1996 mortality.
83
85
87
Years
Males
89
91
93
95 1996
Females
AHA. 1999 Heart and Stroke Statistical Update; 1998.
Dati di Mortalità: Unione Europea
Malattie del sistema
respiratorio 6%
Malattie del sistema
cardiocircolatorio 43%
Cancro 26%
Altre cause 20%
Suicidi ed incidenti 5%
Quadri clinici di aterotrombosi
TIA
Stroke ischemico
Angina pectoris
IMA
Claudicatio
Ischemia critica, dolore a riposo,
gangrena, necrosi
Morte
Improvv.
cardiaca
Epidemiologia
(ITALIA)
240000 morti per cause cardiovascolari
- 37000 infarto miocardico
- 65000 stroke
Epidemiologia
Cardiopatia ischemica (Italia)
• Nuovi eventi coronarici: 52000 uomini
27000 donne
• Eventi coronarici:
300000 uomini
78000 donne
• Infarti miocardici:
150000
Epidemiologia Ictus
(Italia)
Terza causa di morte dopo malattie cardiovascolari e
neoplasie: 10-12%
194.000 nuovi casi di ictus: 80 % nuovi episodi e 20 % recidive
Incidenza aumenta con l’età: > 65 anni 6.5 %
75 % ictus oltre 75 anni
Mortalità in fase acuta 30%
Invalidità grave residua 40% sopravvissuti: principale causa di
invalidità
Aumento dei casi di ictus: nel 2008 circa 207.000
Soggetti che hanno avuto un ictus e ne sono sopravvissuti:
907.000
Vasculopatia cerebrale e
cardiopatia ischemica
• La mortalità per cardiopatia ischemica in
pazienti con pregresso ictus è circa 30-40 %
• Pazienti sintomatici sottoposti a intervento
di endoarteriectomia carotidea hanno una
mortalità a 10 anni per cardiopatia
ischemica del 20-30 %
Epidemiologia
Arteriopatie Periferiche
•
•
USA e in Europa si stimano 6.3 milioni di soggetti con diagnosi
di AP
L’attuale prevalenza sarebbe di 18.5 milioni pari al 9.5% della
popolazione > 50 anni
•
Incidenza e prevalenza di claudicatio incrementano con l’età
– Prevalenza in maschi di 45–50 anni è pari all’ 1%
– Prevalenza è di 3–3.5% in maschi di > 50 anni
– Trend simile nelle donne, incremento con l’età
•
Molto più comune negli uomini che nelle donne
– Un numero doppio di uomini di età > 50 anni presenta
claudicatio (3.5% e 2%, rispettivamente)
FISIOPATOLOGIA
CARDIOVASCOLARE
Il consumo miocardico di ossigeno
(mvo2)
Il cuore è un organo aerobio, dunque il fabbisogno
miocardico di O2 fornisce un indice accurato del suo
metabolismo.
I principali determinanti del consumo miocardico di
ossigeno sono:
• Frequenza cardiaca
• Contrattilità
• Stress parietale
Stress o tensione di parete di una
cavità, o postcarico, è dipendente da 2 fattori:
• Pressione sviluppata al suo interno
• Raggio medio della cavità
L’ischemia miocardica è il risultato dello squilibrio tra
domanda di O2 da parte del tessuto miocardico ed
offerta dello stesso attraverso il circolo coronarico.
DOMANDA
DI O2
OFFERTA
DI O2
Compressione
Extravascolare Autoregolazione
Fatt. Umorali
Resistenze
Coronariche
Fisiopatologia
Ischemia Miocardica
Fatt. Metabolici
Fatt. Nervosi
Durata
Diastole
Flusso
Coronarico
Offerta
Frequenza
Cardiaca
Domanda
Contrattilità
Tensione
parietale
Fisiopatologia
Due sono i fattori che intervengono nella
genesi dell’ischemia miocardica:
• La riduzione del flusso coronarico
• L’aumento del consumo miocardico di
ossigeno (MVO2)
Ischemia
Situazione di sofferenza tissutale determinata
da un apporto di ossigeno inadeguato
Cardiopatia
Ischemica
Situazione patologica caratterizzata da un
disturbo della funzione cardiaca dovuto ad uno
squilibrio tra richiesta ed apporto di O2. La
gravità e la durata dell’ischemia determinano
la reversibilità o meno del danno miocardico.
Ischemia provocata da ridotto apporto di O2:
Malattia aterosclerotica delle arterie coronariche, che,
riducendo il lume vasale, riduce anche il flusso sanguigno e quindi
l’apporto di O2
Grave stato anemico
Ischemia provocata da aumentata richiesta di O2:
Ipertrofia ventricolare sinistra conseguente a stenosi aortica o
a ipertensione arteriosa
Evoluzione della placca (rimodellamento espansivo)
Libby P. et al, Circ. 2001; 104: 365-72
Placca ateromasica
associata a vasospasmo
La presenza di una lesione stenosante di un ramo
epicardico determina a valle della stenosi una caduta di
pressione che è proporzionale alla riduzione del calibro
vasale; il gradiente pressorio che si crea stimola la
dilatazione dei vasi di resistenza allo scopo di mantenere
un flusso adeguato in condizioni basali.
Questo
spiega
l’assenza
di
segni
clinici
ed
elettrocardiografici di ischemia in condizioni di riposo.
Se la stenosi riduce la sezione del vaso coronarico
epicardico oltre l’ 80%, si ha una riduzione del flusso anche
in condizioni basali.
In questa situazione l’albero coronarico è costretto ad
impiegare gran parte della sua riserva per mantenere un
apporto metabolico adeguato
Caratteristiche delle placche instabili e
stabili
Instabile
Poche
cellule
muscolari
lisce
Cappuccio Cellule
infiammatorie
fibroso
sottile
Endotelio
eroso
Macrofagi
attivati
Libby P. Circulation. 1995;91:2844-2850.
Stabile
Tante
cellule
muscolari
lisce
Mancanza di
cellule
Cappuccio infiammatorie
fibroso
spesso
Endotelio
intatto
Cellule schiumose
Stabilità/instabilità di placca
La presenza di una placca stabile (con cappuccio fibroso
“integro”)determina una riduzione della soglia ischemica che
rende la patologia sintomatica sotto sforzo o in circostanze in
cui aumenta il lavoro cardiaco (crisi ipertensiva, infezioni,
tireotossicosi, tachiaritmie) o in caso di scarsa perfusione
(tachiaritmie, stenosi aortica) o per una ridotta ossigenazione
(anemia).
La presenza di una placca instabile (con cappuccio fibroso
“eroso”) su cui, quindi, si sovrappone una trombosi
intraluminale in caso di “rottura”,può dare luogo, anche con un
eventuale vasospasmo associato, ad una stenosi occlusiva o
sub-occlusiva acuta, sintomatica sia in condizione di riposo, sia
in conseguenza di sforzi di intensità variabile, per l’azione di
vari fattori.
Fattori di rischio per la rottura delle placche
Fattori locali
Fragilità
del
cappuccio
Fattori sistemici
Fumo
Colesterolo
Core ateromatoso
(volume/consistenza)
Diabete
mellito
Spessore del
cappuccio/
consistenza
Infiammazione
del cappuccio
Fibrinogeno
Omocisteina
Aumentata
fibrinolisi
Rottura della
placca
Fuster V, et al. N Engl J Med. 1992;326:310-318.
Falk E, et al. Circulation. 1995:92:657-671.
Fattori di rischio multipli per aterotrombosi
Stile di vita
• Fumo
• Dieta
• Sedentarietà
Disordini generalizzati
• Età
• Obesità
Tratti genetici
• Sesso
• PlA2
Manifestazioni
aterotrombotiche
(IMA, ictus, ecc…)
Infiammazione
• PCR elevata
• CD40, IL-6
• Fattori protrombotici (F I e II)
• Fibrinogeno
Yusuf S, et al. Circulation. 2001;104:2746-2753.
Drouet L. Cerebrovasc Dis. 2002;13(suppl 1):1-6.
Condizioni sistemiche
• Ipertensione
• Iperlipidemia
• Diabete
• Stati di
ipercoagulabilità
• Omocisteinemia
Fattori locali
• Flusso sanguigno
• Stress di parete
• Diametro del vaso
• Struttura della parete
• % di stenosi
I FATTORI DI RISCHIO PER
MALATTIE CARDIOVASCOLARI SI
DIVIDONO IN DUE GRUPPI:
Modificabili
Ipertensione arteriosa
Colesterolemia e lipidi
D.M. e glicemia
Fumo
Obesità
Sedentarietà
Stress
Non modificabili
Età
Sesso
IPERTENSIONE ARTERIOSA
DEFINIZIONE E
CLASSIFICAZIONE DEI LIVELLI
DI PRESSIONE ARTERIOSA
Categoria
Ottimale
Normale
Normale alta
Ipertensione di grado I (lieve)
Ipertensione di grado II (moderata)
Ipertensione di grado III (severa)
Ipertensione sistolica isolata
Sistolica
(mmHg)
< 120
120 – 129
130 – 139
140 – 159
160 – 179
> 180
> 140
Diastolica
(mmHg)
< 80
80 – 84
85 – 89
90 – 99
100 – 109
≥ 110
< 90
IPERCOLESTEROLEMIA
Valori “normali” secondo NCEP, National
Cholesterol Educatio Program ,ATP III
Colesterolo totale (CT):
<200 mg/dl.
Colesterolo LDL (LDL-C):
<160 mg/dl (in soggetti altrimenti sani);
<130 mg/dl (in soggetti con più di due fattori di rischio
cardiovascolare);
<100 mg/dl (in soggetti già interessati da lesioni vascolari,
diabetici o affetti da sindrome metabolica).
Colesterolo HDL (HDL-C):
>40 mg/dl. Se alto è protettivo!
Il Rischio dipende dal grado di obesità e
dalla localizzazione del grasso: il rischio di
morte per patologia cardiovascolare è
direttamente correlato alla circonferenza
addominale, che a sua volta è correlato
alla quantità di grasso periviscerale.
Circonferenza
addominale
Uomini
Donne
Alerting zone
>94 cm
>80 cm
Action level
>102 cm
>88 cm
Cardiopatia Ischemica: Manifestazioni Cliniche
• Angina Pectoris
– Ischemia miocardica transitoria e reversibile
• Infarto Miocardico
– Ischemia miocardica persistente fino alla
necrosi (morte) di tessuto miocardico
• Morte Improvvisa
– Aritmie ipercinetiche ventricolari fatali (F.V.)
• Ischemia Miocardica Silente
– Ischemia in assenza di sintomi
Quadri clinici della cardiopatia ischemica
• Sindromi coronariche stabili:
• angina da sforzo
• angina a riposo
• angina mista
• Sindromi coronariche acute (instabili):
•
•
•
•
angina instabile
IMA senza sopraslivellamento del tratto ST
IMA con sopraslivellamento del tratto ST
angina variante (vasospastica) di Prinzmetal
Classificazione dell'angina pectoris
• Angina Stabile
– Da sforzo, indotta con carichi lavorativi
costanti, senza modificazioni significative della
sintomatologia negli ultimi mesi
• Angina Instabile
– Di recente insorgenza (< 1 mese)
– Ingravescente: Riduzione soglia ischemica,
aggravamento (intensità/ durata) episodi anginosi
– A riposo
Sindromi coronariche croniche (stabili):
Angina spontanea
È un’angina primaria in cui il paziente lamenta angina
a riposo, senza una causa scatenante.
Angina da sforzo
Angina secondaria che insorge dopo un determinato
sforzo fisico.
Angina mista
Il paziente lamenta angina che compare sia a riposo
che dopo sforzo.
Sindromi Coronariche Acute (instabili)
Questo termine abbraccia un ampio spettro di
situazioni cliniche che comprendono:
• Angina instabile
• IMA senza sopraslivellamento del tratto ST
• IMA con sopraslivellamento del tratto ST
Angina Pectoris
??
Stabile
Instabile
Primitiva
Secondaria
Da sforzo
A riposo
Classificazione
ANGINA STABILE
Sindrome caratterizzata da episodi ripetitivi di
ischemia miocardica (dolore tipico e modificazioni
ecgrafiche), in concomitanza di sforzi fisici o
episodi di stress emozionale, da almeno 2 mesi,
perlopiù spontaneamente regredibile con la
cessazione degli stessi.
Angina Pectoris
Localizzazione
Retrosternale
Epigastrico
Alla mandibola
Alla base del collo
Irradiazione
Braccio sinistro
Spalle
Durata
< 20’
Responsiva ai nitrati
Sintomi
associati
Nausea e vomito
Sudorazione algida
Dispnea
Sensazione di mancamento
Usuale localizzazione del
dolore miocardico ischemico
Mascella
Lato destro
Epigastrio
Dorso
Sedi meno frequenti del dolore miocardico ischemico
Angina Stabile
Le caratteristiche del
dolore rimangono invariate
per almeno due mesi
Caratteristiche
Compare per sforzi e forti emozioni
Durata < 10’
Sensazione di peso retrosternale e soffocamento
Si irradia alla base del collo, alla mandibola, alla
faccia ulnare del braccio sinistro o ad entrambe le
braccia
Regredisce rapidamente con il riposo o con
l’assunzione di nitrati sulinguali
Diagnosi differenziale
Disturbi motilità esofagea
Ulcera gastrica
Colica biliare
Embolia polmonare
Terapia
Identificazione ed eliminazione fattori di rischio
Possibile rivascolarizzazione
Terapia farmacologica
Terapia farmacologica
Nitroderivati: producono vasodilatazione. Determinano remissione
della sintomatologia in pochi minuti se somministrati per via sl. Per via
transdermica (cerotti a lento rilascio) possono essere usati a scopo
preventivo. Effetti collaterali: cefalea, ipotensione ortostatica.
Beta-bloccanti: riducono la richiesta di O2 da parte del miocardio.
Provocano: - Riduzione Fc
- Riduzione PA
- Riduzione della contrattilità
Effetti collaterali: bradicardia, broncocostrizione, mascheramento di
ipoglicemia da insulina, impotenza.
Calcio antagonisti: provocano vasodilatazione periferica e delle
coronarie. Provocano: - Riduzione della richiesta di O2
- Riduzione PA
- Riduzione della contrattilità
Effetti collaterali: cefalea, edemi declivi, bradicardia, azione inotropa
negativa
Angina instabile
Il dolore toracico è simile per qualità a quello
dell’angina da sforzo, sebbene spesso sia più
intenso, possa persistere fino a 30 min e
possa svegliare il paziente dal sonno.
Il riposo e i nitrati per via sub-linguale, che
controllano l’angina cronica, spesso danno un
sollievo solo temporaneo ed incompleto.
Angina instabile
• Definizione:
– Storia di angina pectoris
• A riposo
• Di recente insorgenza
• Peggioramento di una preesistente angina
• Recidiva a breve distanza di un infarto
acuto
– Esclusione (ECG, enzimi) di un infarto acuto
• Significato prognostico
– Rischio intermedio tra quello dell’angina stabile e
l’infarto miocardico acuto
– Incidenza di infarto acuto del 2% - 15%
Patogenesi dell’Angina Instabile
• Rispetto all’angina stabile, gli episodi ischemici sono
più frequentemente causati da ridotto apporto di O2
• Meccanismi
– Recente progressione della severità ed estensione
della coronaropatia generalmente per rottura o
fissurazione di una placca aterosclerotica
– Aggregazione piastrinica
– Trombosi
• Trombo bianco (piastrinico) nell’angina instabile
• Trombo rosso (fibrina e g. rossi) nell’IMA
– Costrizione vasi coronarici
Angina Stabile
Ulcerazione, rottura placca
Trombosi parietale
Emboli/ Aggregati
Piastrinici
Angina Instabile
Trombosi
Occlusiva
Infarto Miocardico
Morte Improvvisa
'Connettivizzazione'
stenosi
Progressione sintomi
Dolore toracico non coronarico: cause
cardiovascolari
• Dissezione aortica
• Embolia polmonare
• Prolasso valvolare mitralico
• Angina microvascolare (cardiopatia ipertrofica,
sindrome x)
• Stenosi aortica
• Aritmie
• Pericardite
Hurst: The Heart. 9°edit. Mc Graw-Hill, 1998
Dolore toracico non coronarico: cause
non cardiovascolari
A) Toraco-polmonari
– pleurite
– polmonite
– pneumotorace
– costocondriti
B) Gastrointestinali
– reflusso/spasmo esofageo
– ulcera peptica (perforazione)
– colecistite, gastrite
C) Psichiatriche
– attacchi di panico
– nevrosi cardiaca
– depressione
INFARTO MIOCARDICO ACUTO
Necrosi del miocardio secondaria ad
un’interruzione del flusso coronarico non
transitoria, bensì permanente;
generalmente dovuta alla mancata
dissoluzione spontanea del trombo.
Infarto miocardico transmurale
La parete miocardica è interessata per tutto il suo
spessore. Causato, nella grande maggioranza dei casi,
da una trombosi coronarica occludente e, nella
minoranza, da uno spasmo coronarico prolungato,anche
se le due anomalie possono coesistere
Infarto miocardico intramurale
In questo caso la parete non è interessata per tutto il suo
spessore ma solo negli strati subendocardici.
Il rilievo più frequente è quello di una occlusione
subtotale o di una occlusione totale in presenza di circolo
collaterale
Patogenesi dell’IMA
La sindrome si manifesta per interruzione,
improvvisa e persistente del flusso ematico
attraverso un’arteria coronarica maggiore, per
trombosi intraluminare provocata, a sua volta, da
una lesione coronarica “complicata” (placca friabile,
erosa e fissurata)
Sembrerebbe che il determinismo del passaggio
improvviso di una placca dallo stato di “quiescenza”
a quello di “attività” acuta, è da imputare a fenomeni
di “infiammazione locale e/o sistemica.
Infarto miocardico acuto
È una sindrome clinica caratterizzata da:
Dolore toracico (raramente assente)
• Positivizzazione dei “marcatori chimicobiologici di necrosi”
• Comparsa di tipici segni elettrocardiografici
(specie in caso di IMA ST-sopralivellato)
Quadro clinico dell’IMA
Dolore oppressivo, costrittivo, retrosternale,
irradiato al collo, alle spalle, alla superficie
ulnare dell’arto superiore sinistro
• Qualità del dolore
• Localizzazione
• Durata
• Risposta ai nitrati
• Irradiazione
Il sintomo principale è il dolore persistente, dolore
persistente,
- della durata di oltre i 20 minuti
- insensibile ai nitrati sub-linguali
- spesso anche atipico ( dolore epigastrico!)
-associato a dispnea, sudorazione algida, profusa e
angoscia
A parte la sintomatologia classica, taluni quadri clinici
possono essere, sin dall’inizio, caratterizzati da una
sintomatologia dovuta a complicanze elettriche e
meccaniche:
• Lipotimia o sincope
• Shock cardiogeno
• Edema polmonare
Per compromissione
estesa della cinesi VSX
La diagnosi di IMA
• La positivizzazione degli enzimi miocardiospecifici
• La positivizzazione delle troponine ( I e T), che rappresentano il
marcatore più sensibile e specifico di necrosi miocardica. Queste hanno,
inoltre, un notevole potere prognostico riguardo alla mortalità a breve e a
lungo termine, la quale aumenta linearmente all’aumentare dei valori
• L’elettrocardiogramma rappresenta uno dei cardini nella diagnosi
di ischemia/necrosi miocardica:
IMA con ST sopra
IMA non ST sopra
Approccio terapeutico
diverso
L’ecocardiogramma rappresenta un ulteriore strumento
diagnostico per il rilevamento delle alterazioni meccaniche,
secondarie all’ischemia coronarica, essendo peraltro esame
da effettuare essenzialmente in ambito di ricovero
Markers biochimici
Tempi di positivizzazione/negativizzazione
Myocardial Infarction Redefined
A consensus document of The Joint ESC / ACC Committee for the Redefinition of MI, 2000
Enzimi
Mgb
cTnI
cTnT
CK-MB
CK totale
GOT (AST)
LDH
Tempo di
comparsa
dall' insorgenza
del dolore
2h
3-6 h
2-8 h
4-6 h
4-6 h
8h
24 h
Picco
plasmatico
4-12 h
24-48 h
12-96 h
18-24 h
24-30 h
24-48 h
4-5 giorni
Normalizzazio
ne
24 h
5-10 giorni
5-14 giorni
36-48 h
60 h
3-5 giorni
8-15 giorni
Specificità e sensibilità dei
markers biochimici
•TROPONINA I o T:
alta specificità e alta sensibilità, in grado di
evidenziare IMA anche microscopici
• CPK-MB:
minore specificità legata al tessuto ma dati
clinici più consistenti sul rapporto tra
movimento enzimatico ed irreversibilità
Finestra diagnostica limitata
A consensus document of The Joint ESC / ACC Committee for the Redefinition of MI, 2000
Cause di elevazione della troponina
non da ischemia coronarica
Danno Sottoendocardico da aumentato stress parietale in pazienti con:
1) scompenso cardiaco
2) ipertensione ed ipertrofia ventricolare sinistra
3) shock
4) embolia polmonare (endocardio destro)
5) insufficienza renale cronica
Danno da trauma diretto
Danno tossico (chemioterapici o shock settico)
Danno iatrogeno da:
1) ablazione radiofrequenza
2) cardioversione elettrica esterna
3) scarica di defibrillatore (ICD)
Danno da infezioni virali cardiotrope ( da non considerare sinonimo di
miocardite)
1) pericardite
2) miocardite
Indagini strumentali
• Elettrocardiogramma
• Ecocardiogramma
• Test radioisotopici
• Coronarografia
IMA SENZA ST SOPRASLIVELLATO
Quadro patologico con patogenesi e presentazione clinica
molto simile all’angina instabile.
Angina instabile
IMA non Q
Stessa entità nosografica
NSTE-SCA
IMA non Q, a differenza dell’angina instabile, è caratterizzato da:
Danno miocardico irreversibile oggettivabile mediante il
rilievo dei marker di danno miocardico
I markers di necrosi miocardica che consentono di fare la diagnosi differenziale fra UA
e NSTEMI sono rilevabili a livello ematico diverse ore dopo l’esordio dell’angor. Di
conseguenza, i pazienti con UA e NSTEMI possono non essere distinguibili al
momento della presentazione clinica.
IMA CON ST SOPRASLIVELLATO
Quadro patologico causato da
OCCLUSIONE CORONARICA COMPLETA E PERSISTENTE
con cessazione totale del flusso coronarico nel territorio dell’ arteria occlusa.
E’ caratterizzato dalle seguenti alterazioni ECGgrafiche:
-sopraslivellamento di nuova insorgenza del tratto ST al punto J con dei
valori di cut-off ≥ 0.2 mV da V1 a V3 e ≥ 0.1 mV nelle altre derivazioni, in
almeno 2 derivazioni consecutive
-comparsa di nuove onde Q (in più del 80% dei pazienti senza
riperfusione).
-nella maggior parte dei casi il soprasliv è associato a dolore toracico di
lunga durata > di 30 min.
-l’evidenza obiettiva di necrosi miocardiaca è necessaria al fine di
confermare l’infarto miocardio.
INFARTO MIOCARDICO SENZA
SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST
Il NSTEMI rappresenta una condizione
clinica con presentazione molto simile
all’angina instabile, ma con necrosi
miocardica evidenziata da diversi tipi di
Markers cardiaci e senza
sopraslivellamento del tratto ST all’Ecg.
L’esatta differenziazione tra le due
condizioni ha importanti conseguenze sia
sul trattamento che sulla prognosi
INFARTO MIOCARDICO CON
SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST
Questa condizione è la più letale delle SCA.
In essa il trombo occlusivo determina la
cessazione totale del flusso coronario nel
territorio irrorato dall’arteria occlusa con
sopraslivellamento del tratto ST
Tipicamente si sviluppano delle onde Q dovute
alla necrosi a tutto spessore o quasi della parete
del ventricolo irrorata dall’arteria occlusa. Ciò
accade in più del 70% dei casi e, dal momento
che in una minoranza di pazienti con NSTEMI si
possono sviluppare onde Q, la nomenclatura è
cambiata da IM con onde Q a STEMI.
LA DIAGNOSI DI STEMI
Questa non si basa soltanto sul sul quadro ecgrafico
di esordio ma anche
• a) sull’anamnesi
• b) sulle modifiche evolutive del quadro
ecgrafico
• c) sull’andamento nel tempo della curva dei
markers di necrosi miocardica
• L’accuratezza diagnostica di STEMI ha delle
importantissime conseguenze dal punto di
vista terapeutico perché la diagnosi impone
di prendere immediatamente in
considerazione la messa in opera della
terapia riperfusiva sia mediante trombolitici
sia mediande rivascolarizzazione meccanica.
• Entrambe le terapie presentano complicanze
anche fatali ed effetti collaterali per cui
devono essere utilizzate solo in caso di
diagnosi relativamente certa
Trattamento dell’angina cronica stabile
Il trattamento è di due tipi
• Rivascolarizzazione chirurgica o
interventistica
• Trattamento farmacologico
Trattamento dell’angina cronica stabile
Gli scopi del trattamento farmacologico
sono sostanzialmente due:
1. Migliorare la prognosi
prevenendo l’infarto e la morte
2. Ridurre o eliminare i sintomi
Trattamento dell’angina cronica stabile
1. Gli sforzi in questo caso sono principalmente
diretti a ridurre il rischio di trombosi acuta e lo
sviluppo di disfunzione ventricolare.
Questi fini sono raggiunti attraverso interventi
sullo stile di vita e farmacologici
• a) cercando di ridurre la progressione della
placca
• b) cercando di stabilizzare la placca, riducendo
l’infiammazione e preservando la funzione
endoteliale ed infine prevenendo la trombosi se
è presente una disfunzione endoteliale o si
verifica la rottura della placca.
Trattamento dell’angina cronica stabile
2. le modifiche dello stile di vita, i
farmaci e la rivascolarizzazione
hanno tutti lo scopo di ridurre al
minimo i sintomi o addirittura di farli
regredire del tutto.
Trattamento dell’angina cronica stabile
TRATTAMENTO FARMACOLOGICO
• Lo scopo di questa terapia è quello
di migliorare la qualità della vita
riducendo la severità dei sintomi
e/o la frequenza degli stessi e
migliorando la prognosi
Trattamento dell’angina cronica
stabile
TRATTAMENTO FARMACOLOGICO
• Occorre tenere presente che la prognosi dei pazienti
con angina stabile è spesso benigna e che la terapia
farmacologia è una valida alternativa alle terapie
interventistiche nel trattamento della maggior parte di
questi pazienti ed è associata ad un minor numero di
effetti collaterali rispetto alla PCI ed alla CABG nel
primo anno di follow-up dello studio MASS-II.
• Un trattamento invasivo va riservato ai pazienti in cui
con la terapia medica si ottiene uno scadente controllo
dei sintomi.
• Il livello della terapia preventiva farmacologia va
commisurato al rischio del singolo paziente tenendo a
mente, come già detto il rischio relativamente basso di
molti pazienti con angina stabile.
Trattamento dell’angina cronica stabile
Farmaci antitrombotici
• La terapia antitrombotica è indicata nei
pazienti con AS dato il favorevole
rapporto tra i benefici ed i rischi.
• L’aspirina a basse dosi è il farmaco di
scelta nella grande maggioranza dei
casi;
• Il clopridogrel lo si può prendere in
considerazione in alcune circostanze.
Trattamento dell’angina cronica stabile
Aspirina a basse dosi
• L’aspirina rimane la pietra miliare della prevenzione farmacologia
della trombosi arteriosa.
• Il dosaggio terapeutico oscilla tra i 75 ed i 150 mg.
• Gli effetti lesivi gastrointestinali aumentano con l’aumentare della
dose.
• Comunque va ricordato che al dosaggio pari o superiore a 75 mg
al di il rischio assoluto di un’emorragia intracranica è inferiore ad
1 per mille pazienti per anno di trattamento. Non vi è con
l’aumento della dose un incremento dei rischi di emorragia
intracranica quindi tenendo presente che nei pazienti con malattia
vascolare aterosclerotica la principale causa di ictus è quella
ischemica occorre ottimizzare il dosaggio dell’aspirina facendo un
bilancio tra il dosaggio terapeutico e gli effetti collaterali gastrointestinali in corso di terapia cronica.
Trattamento dell’angina cronica stabile
CLOPIDOGREL E TICLOPIDINA
• Essi agiscono hanno degli effetti antitrombotici simili a
quelli dell’aspirina.
• Il primo ha meno effetti collaterali rispetto al secondo
tra cui la neutropenia e la piastrinopenia
• Soprattutto il primo è molto più costoso dell’aspirina,
ma devono essere presi in considerazione nei pazienti
con intolleranza all’aspirina e rischio significativo di
trombosi arteriosa.
• Come sappiamo se ne fa un uso combinato in alcune
patologie coronariche ma nell’AS il suo uso allo stato
attuale non è giustificato.
Trattamento dell’angina cronica stabile
• Il trattamento con statine riduce il rischio di
complicanze aterosclerotiche cardiovascolari sia come
prevenzione primaria che secondaria.
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Nei suddetti pazienti sia la pravastatina che la simvastatina riduce del
30% l’incidenza di complicanze cardiovascolari rilevanti.
Anche sottogruppi di pazienti ad alto rischio come i diabetici ed i pazienti
di età superiore ai 70 anni con problemi cardiovascolari traggono
beneficio dalla terapia con simili farmaci.
Nei pazienti diabetici senza problemi cardiovascolari il trattamento, come
prevenzione primaria, con 40 mg di simvastatina o 10 mg di atorvastatina
ha dimostrato un effetto benefico nei confronti degli eventi
cardiovascolari maggiori.
Lo stesso risultato si è ottenuto nel trial ASCOTT-LLA nella prevenzione
della cardiopatia ischemica in pazienti ipertesi trattati con atorvastatina.
Nessun Trial è stato eseguito specificatamente su pazienti affetti da AS,
ma nei Trial citati questi erano presenti in larga quantità.
Occorre sottolineare che che il meccanismo di azione delle statine non si
limita alla inibizione della sintesi del colesterolo, ma esse riduco il rischio
cardiovascolare anche perché dotate di attività antiaggregante ed
antinfiammatoria.
Trattamento dell’angina cronica stabile
ACE-INIBITORI
• Vari Trials di dimensioni più o meno grandi, con
molecole diverse, con pazienti a diverso rischio sono
stati eseguiti di recente (EUROPA, HOPE, PEACE,
QUASAR, QUO VADIS); i risultati ottenuti non mettono
in evidenza un quadro chiarissimo sull’azione di questo
tipo di farmaci nella cardiopatia ischemica
• L’HOPE (ramipril) e l’EUROPA (perindopril) hanno
dimostrato una riduzione significativa del rischio
(infarto, morte), circa del 20% a differenza di quanto è
avvenuto nello studio PEACE.
• Gli Studi QUASAR e QUO VADIS, molto più piccoli,
hanno fornito risultati tra loro discordanti. (quinapril)
Trattamento dell’angina cronica stabile
BETA-BLOCCANTI, CALCIO-ANTAGONISTI E NITRATI
• I Beta-bloccanti sono una famiglia eterogenea di farmaci.
• Le linee-guida correnti non privilegiano nessun farmaco specifico,
dato che nella pratica clinica essi appaiono tutti egualmente
efficaci nell’angina-pectoris.
• In verità sono stati eseguiti soltanto pochi trials, piccoli e di breve
durata, in cui erano arruolati 1986 pazienti, che non avevano
avuto infarto e non erano ipertesi, nei quali venivano confrontati i
beta-bloccanti con altri farmaci anti-anginosi.
• Un’analisi dettagliata eseguita dall’AHA/ACC guidelines tra
l’effetto antianginoso dei beta-bloccanti vs calcio-antagonisti non
dimostra che un gruppo di farmaci sia superiore all’altro
nell’angina.
• Gli effetti collaterali dei beta-bloccanti sono noti:
– riduzione del 15% del lavoro massimo eseguibile
– impotenza vera (rara)
– disfunzione erettile (25%)
Trattamento dell’angina cronica stabile
I CALCIOANTAGONISTI
• Devono essere evitati i diidropiridinici a breve durata di
azione in quanto possono aumentare il rischio di eventi
avversi.
• Quelli a lunga durata di azione sono efficaci nel
migliorare la sintomatologia.
• La loro contemporanea somministrazione con i betabloccanti può consentire un lieve ulteriore incremento
dell’effetto antianginoso.
Trattamento dell’angina cronica stabile
NITRATI
• Nitrati a breve durata di azione
– La nitroglicerina nelle sue formulazioni ad azione rapida è utile
sia negli attacchi di angina che come profilassi.
– La tolleranza ai nitrati annulla l’effetto della TNG a rapida azione
e quindi va evitata.
– Un sovradosaggio di questi farmaci può provocare ipotensione
ortostatica ed attivazione riflessa del sistema simpatico con
conseguente tachicardia e angina paradossa.
•
Nitrati a lunga durata di azione
– Essi posseggono un effetto benefico sulla sintomatologia, ma
fino ad ora non vi sono studi che dimostrano un effetto positivo
sulla prognosi.
– E’ nota a tutti la necessità della finestra terapeutica per evitare
che si instauri la tolleranza.
Trattamento dell’angina cronica stabile
RIVASCOLARIZZAZIONE MIOCARDICA
• Sono due gli approcci fondamentali di rivascolarizzazione per il trattamento dell’AC:
– l’angioplastica e il by-pass coronarico.
• Entrambe le metodiche stanno facendo grandi passi in avanti con
la chirurgia a invasività ridotta, la chirurgia a cuore battente e gli
stents medicati.
• Come nel caso della terapia medica gli scopi della
rivascolarizzazione sono sostanzialmente due:
– migliorare la sopravvivenza e ridurre la incidenza di IMA
– ridurre o eliminare i sintomi.
• Nel processo decisionale sono due gli elementi guida:
– il rischio del paziente
– la sua qualità di vita.
TRATTAMENTO DELLO STEMI
LA TROMBOLISI PRE-OSPEDALIERA
La trombolisi pre-ospedaliera è opportuna quando
• 1) siano presenti dei Medici sull’ambulanza
• 2) si operi nell’ambito di un sistema di emergenza ben
organizzato con paramedici a tempo pieno che
dispongano di ECG a 12 derivazioni con possibilità di
trasmettere i tracciati ad un centro medico online e un
responsabile medico con esperienza o addestramento
nel trattamento di uno STEMI.
• Vi sono delle inequivocabili evidenze che l’efficacia del
trattamento trombolitico è nettamente superiore
quando il trattamento viene eseguito nelle prime due
ore dall’inizio dei sintomi
TRATTAMENTO DELLO STEMI
LA TROMBOLISI
• In base alle linee guida dell’ACC/AHA
dell’Agosto 2004 essa andrà utilizzata nei casi
di STEMI con tempo dall’esordio dei sintomi
inferiore a tre ore e tempo di esecuzione della
PTCA maggiore di 60 m’, e nei casi con esordio
dei sintomi maggiore di 3 ore in caso di
impraticabilità della PTCA primaria entro 90 m’
TRATTAMENTO DELLO STEMI
PROVVEDIMENTI TERAPEUTICI DI
CARATTERE GENERALE
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•
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•
1) O2
2) Analgesia
3) Nitroglicerina
4) Acido acetilsalicilico
5) Beta-bloccanti
TRATTAMENTO DELLO STEMI
TERAPIA RIPERFUSIVA
• 1) Trombolisi
• 2) Angioplastica primaria
(glicoproteine)
• 3) Angioplastica di salvataggio
• 4) Terapia chirurgica
TRATTAMENTO DELLO STEMI
ALTRI FARMACI
• 1) EPARINA
• 2) ACE-INIBITORI
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