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Cardiopatia Ischemica - Dipartimento di Farmacia
Cardiopatia ischemica Epidemiologia 17 milioni Mortalità Cardiovascolare totale Ipertensione arteriosa Fumo Ipercolesterolemia Sovrappeso e obesità 128 milioni Malattia Principali cause di morte negli Stati Uniti 600 Uomini Donne Mortalità (in migliaia) 500 A B C D E F 400 300 Malattie cardiovascolari Tumori Incidenti Malattie croniche delle basse vie respiratorie Diabete Mellito Influenza, Polmonite 200 100 0 A B C D E A B D E F Heart and Stroke Statistical Update, Dallas, Tex. American Heart Association, 2002 Cause di morte nella donna Mortality Rate per 100,000 6500 CAD Stroke Lung cancer Breast cancer Colon cancer Endometrial cancer 4500 2500 1600 1200 800 400 0 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74 75-79 80-84 85+ Age National Center for Health Statistics. Vital Statistics of the United States. Vol II-Mortality; Part A; 1992. National Cancer Institute. SEER Cancer Statistics Review 1973-1993; 1997. Mortalità per cardiopatia ischemica nella popolazione generale, in base all’età e al sesso 35 Uomini 30 25 20 15 10 5 0 Età (anni) Donne Trend di mortalità cardiovascolare 520 500 480 Deaths in 460 thousands 440 420 20 0 1979 81 *United States: 1979-1996 mortality. 83 85 87 Years Males 89 91 93 95 1996 Females AHA. 1999 Heart and Stroke Statistical Update; 1998. Dati di Mortalità: Unione Europea Malattie del sistema respiratorio 6% Malattie del sistema cardiocircolatorio 43% Cancro 26% Altre cause 20% Suicidi ed incidenti 5% Quadri clinici di aterotrombosi TIA Stroke ischemico Angina pectoris IMA Claudicatio Ischemia critica, dolore a riposo, gangrena, necrosi Morte Improvv. cardiaca Epidemiologia (ITALIA) 240000 morti per cause cardiovascolari - 37000 infarto miocardico - 65000 stroke Epidemiologia Cardiopatia ischemica (Italia) • Nuovi eventi coronarici: 52000 uomini 27000 donne • Eventi coronarici: 300000 uomini 78000 donne • Infarti miocardici: 150000 Epidemiologia Ictus (Italia) Terza causa di morte dopo malattie cardiovascolari e neoplasie: 10-12% 194.000 nuovi casi di ictus: 80 % nuovi episodi e 20 % recidive Incidenza aumenta con l’età: > 65 anni 6.5 % 75 % ictus oltre 75 anni Mortalità in fase acuta 30% Invalidità grave residua 40% sopravvissuti: principale causa di invalidità Aumento dei casi di ictus: nel 2008 circa 207.000 Soggetti che hanno avuto un ictus e ne sono sopravvissuti: 907.000 Vasculopatia cerebrale e cardiopatia ischemica • La mortalità per cardiopatia ischemica in pazienti con pregresso ictus è circa 30-40 % • Pazienti sintomatici sottoposti a intervento di endoarteriectomia carotidea hanno una mortalità a 10 anni per cardiopatia ischemica del 20-30 % Epidemiologia Arteriopatie Periferiche • • USA e in Europa si stimano 6.3 milioni di soggetti con diagnosi di AP L’attuale prevalenza sarebbe di 18.5 milioni pari al 9.5% della popolazione > 50 anni • Incidenza e prevalenza di claudicatio incrementano con l’età – Prevalenza in maschi di 45–50 anni è pari all’ 1% – Prevalenza è di 3–3.5% in maschi di > 50 anni – Trend simile nelle donne, incremento con l’età • Molto più comune negli uomini che nelle donne – Un numero doppio di uomini di età > 50 anni presenta claudicatio (3.5% e 2%, rispettivamente) FISIOPATOLOGIA CARDIOVASCOLARE Il consumo miocardico di ossigeno (mvo2) Il cuore è un organo aerobio, dunque il fabbisogno miocardico di O2 fornisce un indice accurato del suo metabolismo. I principali determinanti del consumo miocardico di ossigeno sono: • Frequenza cardiaca • Contrattilità • Stress parietale Stress o tensione di parete di una cavità, o postcarico, è dipendente da 2 fattori: • Pressione sviluppata al suo interno • Raggio medio della cavità L’ischemia miocardica è il risultato dello squilibrio tra domanda di O2 da parte del tessuto miocardico ed offerta dello stesso attraverso il circolo coronarico. DOMANDA DI O2 OFFERTA DI O2 Compressione Extravascolare Autoregolazione Fatt. Umorali Resistenze Coronariche Fisiopatologia Ischemia Miocardica Fatt. Metabolici Fatt. Nervosi Durata Diastole Flusso Coronarico Offerta Frequenza Cardiaca Domanda Contrattilità Tensione parietale Fisiopatologia Due sono i fattori che intervengono nella genesi dell’ischemia miocardica: • La riduzione del flusso coronarico • L’aumento del consumo miocardico di ossigeno (MVO2) Ischemia Situazione di sofferenza tissutale determinata da un apporto di ossigeno inadeguato Cardiopatia Ischemica Situazione patologica caratterizzata da un disturbo della funzione cardiaca dovuto ad uno squilibrio tra richiesta ed apporto di O2. La gravità e la durata dell’ischemia determinano la reversibilità o meno del danno miocardico. Ischemia provocata da ridotto apporto di O2: Malattia aterosclerotica delle arterie coronariche, che, riducendo il lume vasale, riduce anche il flusso sanguigno e quindi l’apporto di O2 Grave stato anemico Ischemia provocata da aumentata richiesta di O2: Ipertrofia ventricolare sinistra conseguente a stenosi aortica o a ipertensione arteriosa Evoluzione della placca (rimodellamento espansivo) Libby P. et al, Circ. 2001; 104: 365-72 Placca ateromasica associata a vasospasmo La presenza di una lesione stenosante di un ramo epicardico determina a valle della stenosi una caduta di pressione che è proporzionale alla riduzione del calibro vasale; il gradiente pressorio che si crea stimola la dilatazione dei vasi di resistenza allo scopo di mantenere un flusso adeguato in condizioni basali. Questo spiega l’assenza di segni clinici ed elettrocardiografici di ischemia in condizioni di riposo. Se la stenosi riduce la sezione del vaso coronarico epicardico oltre l’ 80%, si ha una riduzione del flusso anche in condizioni basali. In questa situazione l’albero coronarico è costretto ad impiegare gran parte della sua riserva per mantenere un apporto metabolico adeguato Caratteristiche delle placche instabili e stabili Instabile Poche cellule muscolari lisce Cappuccio Cellule infiammatorie fibroso sottile Endotelio eroso Macrofagi attivati Libby P. Circulation. 1995;91:2844-2850. Stabile Tante cellule muscolari lisce Mancanza di cellule Cappuccio infiammatorie fibroso spesso Endotelio intatto Cellule schiumose Stabilità/instabilità di placca La presenza di una placca stabile (con cappuccio fibroso “integro”)determina una riduzione della soglia ischemica che rende la patologia sintomatica sotto sforzo o in circostanze in cui aumenta il lavoro cardiaco (crisi ipertensiva, infezioni, tireotossicosi, tachiaritmie) o in caso di scarsa perfusione (tachiaritmie, stenosi aortica) o per una ridotta ossigenazione (anemia). La presenza di una placca instabile (con cappuccio fibroso “eroso”) su cui, quindi, si sovrappone una trombosi intraluminale in caso di “rottura”,può dare luogo, anche con un eventuale vasospasmo associato, ad una stenosi occlusiva o sub-occlusiva acuta, sintomatica sia in condizione di riposo, sia in conseguenza di sforzi di intensità variabile, per l’azione di vari fattori. Fattori di rischio per la rottura delle placche Fattori locali Fragilità del cappuccio Fattori sistemici Fumo Colesterolo Core ateromatoso (volume/consistenza) Diabete mellito Spessore del cappuccio/ consistenza Infiammazione del cappuccio Fibrinogeno Omocisteina Aumentata fibrinolisi Rottura della placca Fuster V, et al. N Engl J Med. 1992;326:310-318. Falk E, et al. Circulation. 1995:92:657-671. Fattori di rischio multipli per aterotrombosi Stile di vita • Fumo • Dieta • Sedentarietà Disordini generalizzati • Età • Obesità Tratti genetici • Sesso • PlA2 Manifestazioni aterotrombotiche (IMA, ictus, ecc…) Infiammazione • PCR elevata • CD40, IL-6 • Fattori protrombotici (F I e II) • Fibrinogeno Yusuf S, et al. Circulation. 2001;104:2746-2753. Drouet L. Cerebrovasc Dis. 2002;13(suppl 1):1-6. Condizioni sistemiche • Ipertensione • Iperlipidemia • Diabete • Stati di ipercoagulabilità • Omocisteinemia Fattori locali • Flusso sanguigno • Stress di parete • Diametro del vaso • Struttura della parete • % di stenosi I FATTORI DI RISCHIO PER MALATTIE CARDIOVASCOLARI SI DIVIDONO IN DUE GRUPPI: Modificabili Ipertensione arteriosa Colesterolemia e lipidi D.M. e glicemia Fumo Obesità Sedentarietà Stress Non modificabili Età Sesso IPERTENSIONE ARTERIOSA DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI LIVELLI DI PRESSIONE ARTERIOSA Categoria Ottimale Normale Normale alta Ipertensione di grado I (lieve) Ipertensione di grado II (moderata) Ipertensione di grado III (severa) Ipertensione sistolica isolata Sistolica (mmHg) < 120 120 – 129 130 – 139 140 – 159 160 – 179 > 180 > 140 Diastolica (mmHg) < 80 80 – 84 85 – 89 90 – 99 100 – 109 ≥ 110 < 90 IPERCOLESTEROLEMIA Valori “normali” secondo NCEP, National Cholesterol Educatio Program ,ATP III Colesterolo totale (CT): <200 mg/dl. Colesterolo LDL (LDL-C): <160 mg/dl (in soggetti altrimenti sani); <130 mg/dl (in soggetti con più di due fattori di rischio cardiovascolare); <100 mg/dl (in soggetti già interessati da lesioni vascolari, diabetici o affetti da sindrome metabolica). Colesterolo HDL (HDL-C): >40 mg/dl. Se alto è protettivo! Il Rischio dipende dal grado di obesità e dalla localizzazione del grasso: il rischio di morte per patologia cardiovascolare è direttamente correlato alla circonferenza addominale, che a sua volta è correlato alla quantità di grasso periviscerale. Circonferenza addominale Uomini Donne Alerting zone >94 cm >80 cm Action level >102 cm >88 cm Cardiopatia Ischemica: Manifestazioni Cliniche • Angina Pectoris – Ischemia miocardica transitoria e reversibile • Infarto Miocardico – Ischemia miocardica persistente fino alla necrosi (morte) di tessuto miocardico • Morte Improvvisa – Aritmie ipercinetiche ventricolari fatali (F.V.) • Ischemia Miocardica Silente – Ischemia in assenza di sintomi Quadri clinici della cardiopatia ischemica • Sindromi coronariche stabili: • angina da sforzo • angina a riposo • angina mista • Sindromi coronariche acute (instabili): • • • • angina instabile IMA senza sopraslivellamento del tratto ST IMA con sopraslivellamento del tratto ST angina variante (vasospastica) di Prinzmetal Classificazione dell'angina pectoris • Angina Stabile – Da sforzo, indotta con carichi lavorativi costanti, senza modificazioni significative della sintomatologia negli ultimi mesi • Angina Instabile – Di recente insorgenza (< 1 mese) – Ingravescente: Riduzione soglia ischemica, aggravamento (intensità/ durata) episodi anginosi – A riposo Sindromi coronariche croniche (stabili): Angina spontanea È un’angina primaria in cui il paziente lamenta angina a riposo, senza una causa scatenante. Angina da sforzo Angina secondaria che insorge dopo un determinato sforzo fisico. Angina mista Il paziente lamenta angina che compare sia a riposo che dopo sforzo. Sindromi Coronariche Acute (instabili) Questo termine abbraccia un ampio spettro di situazioni cliniche che comprendono: • Angina instabile • IMA senza sopraslivellamento del tratto ST • IMA con sopraslivellamento del tratto ST Angina Pectoris ?? Stabile Instabile Primitiva Secondaria Da sforzo A riposo Classificazione ANGINA STABILE Sindrome caratterizzata da episodi ripetitivi di ischemia miocardica (dolore tipico e modificazioni ecgrafiche), in concomitanza di sforzi fisici o episodi di stress emozionale, da almeno 2 mesi, perlopiù spontaneamente regredibile con la cessazione degli stessi. Angina Pectoris Localizzazione Retrosternale Epigastrico Alla mandibola Alla base del collo Irradiazione Braccio sinistro Spalle Durata < 20’ Responsiva ai nitrati Sintomi associati Nausea e vomito Sudorazione algida Dispnea Sensazione di mancamento Usuale localizzazione del dolore miocardico ischemico Mascella Lato destro Epigastrio Dorso Sedi meno frequenti del dolore miocardico ischemico Angina Stabile Le caratteristiche del dolore rimangono invariate per almeno due mesi Caratteristiche Compare per sforzi e forti emozioni Durata < 10’ Sensazione di peso retrosternale e soffocamento Si irradia alla base del collo, alla mandibola, alla faccia ulnare del braccio sinistro o ad entrambe le braccia Regredisce rapidamente con il riposo o con l’assunzione di nitrati sulinguali Diagnosi differenziale Disturbi motilità esofagea Ulcera gastrica Colica biliare Embolia polmonare Terapia Identificazione ed eliminazione fattori di rischio Possibile rivascolarizzazione Terapia farmacologica Terapia farmacologica Nitroderivati: producono vasodilatazione. Determinano remissione della sintomatologia in pochi minuti se somministrati per via sl. Per via transdermica (cerotti a lento rilascio) possono essere usati a scopo preventivo. Effetti collaterali: cefalea, ipotensione ortostatica. Beta-bloccanti: riducono la richiesta di O2 da parte del miocardio. Provocano: - Riduzione Fc - Riduzione PA - Riduzione della contrattilità Effetti collaterali: bradicardia, broncocostrizione, mascheramento di ipoglicemia da insulina, impotenza. Calcio antagonisti: provocano vasodilatazione periferica e delle coronarie. Provocano: - Riduzione della richiesta di O2 - Riduzione PA - Riduzione della contrattilità Effetti collaterali: cefalea, edemi declivi, bradicardia, azione inotropa negativa Angina instabile Il dolore toracico è simile per qualità a quello dell’angina da sforzo, sebbene spesso sia più intenso, possa persistere fino a 30 min e possa svegliare il paziente dal sonno. Il riposo e i nitrati per via sub-linguale, che controllano l’angina cronica, spesso danno un sollievo solo temporaneo ed incompleto. Angina instabile • Definizione: – Storia di angina pectoris • A riposo • Di recente insorgenza • Peggioramento di una preesistente angina • Recidiva a breve distanza di un infarto acuto – Esclusione (ECG, enzimi) di un infarto acuto • Significato prognostico – Rischio intermedio tra quello dell’angina stabile e l’infarto miocardico acuto – Incidenza di infarto acuto del 2% - 15% Patogenesi dell’Angina Instabile • Rispetto all’angina stabile, gli episodi ischemici sono più frequentemente causati da ridotto apporto di O2 • Meccanismi – Recente progressione della severità ed estensione della coronaropatia generalmente per rottura o fissurazione di una placca aterosclerotica – Aggregazione piastrinica – Trombosi • Trombo bianco (piastrinico) nell’angina instabile • Trombo rosso (fibrina e g. rossi) nell’IMA – Costrizione vasi coronarici Angina Stabile Ulcerazione, rottura placca Trombosi parietale Emboli/ Aggregati Piastrinici Angina Instabile Trombosi Occlusiva Infarto Miocardico Morte Improvvisa 'Connettivizzazione' stenosi Progressione sintomi Dolore toracico non coronarico: cause cardiovascolari • Dissezione aortica • Embolia polmonare • Prolasso valvolare mitralico • Angina microvascolare (cardiopatia ipertrofica, sindrome x) • Stenosi aortica • Aritmie • Pericardite Hurst: The Heart. 9°edit. Mc Graw-Hill, 1998 Dolore toracico non coronarico: cause non cardiovascolari A) Toraco-polmonari – pleurite – polmonite – pneumotorace – costocondriti B) Gastrointestinali – reflusso/spasmo esofageo – ulcera peptica (perforazione) – colecistite, gastrite C) Psichiatriche – attacchi di panico – nevrosi cardiaca – depressione INFARTO MIOCARDICO ACUTO Necrosi del miocardio secondaria ad un’interruzione del flusso coronarico non transitoria, bensì permanente; generalmente dovuta alla mancata dissoluzione spontanea del trombo. Infarto miocardico transmurale La parete miocardica è interessata per tutto il suo spessore. Causato, nella grande maggioranza dei casi, da una trombosi coronarica occludente e, nella minoranza, da uno spasmo coronarico prolungato,anche se le due anomalie possono coesistere Infarto miocardico intramurale In questo caso la parete non è interessata per tutto il suo spessore ma solo negli strati subendocardici. Il rilievo più frequente è quello di una occlusione subtotale o di una occlusione totale in presenza di circolo collaterale Patogenesi dell’IMA La sindrome si manifesta per interruzione, improvvisa e persistente del flusso ematico attraverso un’arteria coronarica maggiore, per trombosi intraluminare provocata, a sua volta, da una lesione coronarica “complicata” (placca friabile, erosa e fissurata) Sembrerebbe che il determinismo del passaggio improvviso di una placca dallo stato di “quiescenza” a quello di “attività” acuta, è da imputare a fenomeni di “infiammazione locale e/o sistemica. Infarto miocardico acuto È una sindrome clinica caratterizzata da: Dolore toracico (raramente assente) • Positivizzazione dei “marcatori chimicobiologici di necrosi” • Comparsa di tipici segni elettrocardiografici (specie in caso di IMA ST-sopralivellato) Quadro clinico dell’IMA Dolore oppressivo, costrittivo, retrosternale, irradiato al collo, alle spalle, alla superficie ulnare dell’arto superiore sinistro • Qualità del dolore • Localizzazione • Durata • Risposta ai nitrati • Irradiazione Il sintomo principale è il dolore persistente, dolore persistente, - della durata di oltre i 20 minuti - insensibile ai nitrati sub-linguali - spesso anche atipico ( dolore epigastrico!) -associato a dispnea, sudorazione algida, profusa e angoscia A parte la sintomatologia classica, taluni quadri clinici possono essere, sin dall’inizio, caratterizzati da una sintomatologia dovuta a complicanze elettriche e meccaniche: • Lipotimia o sincope • Shock cardiogeno • Edema polmonare Per compromissione estesa della cinesi VSX La diagnosi di IMA • La positivizzazione degli enzimi miocardiospecifici • La positivizzazione delle troponine ( I e T), che rappresentano il marcatore più sensibile e specifico di necrosi miocardica. Queste hanno, inoltre, un notevole potere prognostico riguardo alla mortalità a breve e a lungo termine, la quale aumenta linearmente all’aumentare dei valori • L’elettrocardiogramma rappresenta uno dei cardini nella diagnosi di ischemia/necrosi miocardica: IMA con ST sopra IMA non ST sopra Approccio terapeutico diverso L’ecocardiogramma rappresenta un ulteriore strumento diagnostico per il rilevamento delle alterazioni meccaniche, secondarie all’ischemia coronarica, essendo peraltro esame da effettuare essenzialmente in ambito di ricovero Markers biochimici Tempi di positivizzazione/negativizzazione Myocardial Infarction Redefined A consensus document of The Joint ESC / ACC Committee for the Redefinition of MI, 2000 Enzimi Mgb cTnI cTnT CK-MB CK totale GOT (AST) LDH Tempo di comparsa dall' insorgenza del dolore 2h 3-6 h 2-8 h 4-6 h 4-6 h 8h 24 h Picco plasmatico 4-12 h 24-48 h 12-96 h 18-24 h 24-30 h 24-48 h 4-5 giorni Normalizzazio ne 24 h 5-10 giorni 5-14 giorni 36-48 h 60 h 3-5 giorni 8-15 giorni Specificità e sensibilità dei markers biochimici •TROPONINA I o T: alta specificità e alta sensibilità, in grado di evidenziare IMA anche microscopici • CPK-MB: minore specificità legata al tessuto ma dati clinici più consistenti sul rapporto tra movimento enzimatico ed irreversibilità Finestra diagnostica limitata A consensus document of The Joint ESC / ACC Committee for the Redefinition of MI, 2000 Cause di elevazione della troponina non da ischemia coronarica Danno Sottoendocardico da aumentato stress parietale in pazienti con: 1) scompenso cardiaco 2) ipertensione ed ipertrofia ventricolare sinistra 3) shock 4) embolia polmonare (endocardio destro) 5) insufficienza renale cronica Danno da trauma diretto Danno tossico (chemioterapici o shock settico) Danno iatrogeno da: 1) ablazione radiofrequenza 2) cardioversione elettrica esterna 3) scarica di defibrillatore (ICD) Danno da infezioni virali cardiotrope ( da non considerare sinonimo di miocardite) 1) pericardite 2) miocardite Indagini strumentali • Elettrocardiogramma • Ecocardiogramma • Test radioisotopici • Coronarografia IMA SENZA ST SOPRASLIVELLATO Quadro patologico con patogenesi e presentazione clinica molto simile all’angina instabile. Angina instabile IMA non Q Stessa entità nosografica NSTE-SCA IMA non Q, a differenza dell’angina instabile, è caratterizzato da: Danno miocardico irreversibile oggettivabile mediante il rilievo dei marker di danno miocardico I markers di necrosi miocardica che consentono di fare la diagnosi differenziale fra UA e NSTEMI sono rilevabili a livello ematico diverse ore dopo l’esordio dell’angor. Di conseguenza, i pazienti con UA e NSTEMI possono non essere distinguibili al momento della presentazione clinica. IMA CON ST SOPRASLIVELLATO Quadro patologico causato da OCCLUSIONE CORONARICA COMPLETA E PERSISTENTE con cessazione totale del flusso coronarico nel territorio dell’ arteria occlusa. E’ caratterizzato dalle seguenti alterazioni ECGgrafiche: -sopraslivellamento di nuova insorgenza del tratto ST al punto J con dei valori di cut-off ≥ 0.2 mV da V1 a V3 e ≥ 0.1 mV nelle altre derivazioni, in almeno 2 derivazioni consecutive -comparsa di nuove onde Q (in più del 80% dei pazienti senza riperfusione). -nella maggior parte dei casi il soprasliv è associato a dolore toracico di lunga durata > di 30 min. -l’evidenza obiettiva di necrosi miocardiaca è necessaria al fine di confermare l’infarto miocardio. INFARTO MIOCARDICO SENZA SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST Il NSTEMI rappresenta una condizione clinica con presentazione molto simile all’angina instabile, ma con necrosi miocardica evidenziata da diversi tipi di Markers cardiaci e senza sopraslivellamento del tratto ST all’Ecg. L’esatta differenziazione tra le due condizioni ha importanti conseguenze sia sul trattamento che sulla prognosi INFARTO MIOCARDICO CON SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST Questa condizione è la più letale delle SCA. In essa il trombo occlusivo determina la cessazione totale del flusso coronario nel territorio irrorato dall’arteria occlusa con sopraslivellamento del tratto ST Tipicamente si sviluppano delle onde Q dovute alla necrosi a tutto spessore o quasi della parete del ventricolo irrorata dall’arteria occlusa. Ciò accade in più del 70% dei casi e, dal momento che in una minoranza di pazienti con NSTEMI si possono sviluppare onde Q, la nomenclatura è cambiata da IM con onde Q a STEMI. LA DIAGNOSI DI STEMI Questa non si basa soltanto sul sul quadro ecgrafico di esordio ma anche • a) sull’anamnesi • b) sulle modifiche evolutive del quadro ecgrafico • c) sull’andamento nel tempo della curva dei markers di necrosi miocardica • L’accuratezza diagnostica di STEMI ha delle importantissime conseguenze dal punto di vista terapeutico perché la diagnosi impone di prendere immediatamente in considerazione la messa in opera della terapia riperfusiva sia mediante trombolitici sia mediande rivascolarizzazione meccanica. • Entrambe le terapie presentano complicanze anche fatali ed effetti collaterali per cui devono essere utilizzate solo in caso di diagnosi relativamente certa Trattamento dell’angina cronica stabile Il trattamento è di due tipi • Rivascolarizzazione chirurgica o interventistica • Trattamento farmacologico Trattamento dell’angina cronica stabile Gli scopi del trattamento farmacologico sono sostanzialmente due: 1. Migliorare la prognosi prevenendo l’infarto e la morte 2. Ridurre o eliminare i sintomi Trattamento dell’angina cronica stabile 1. Gli sforzi in questo caso sono principalmente diretti a ridurre il rischio di trombosi acuta e lo sviluppo di disfunzione ventricolare. Questi fini sono raggiunti attraverso interventi sullo stile di vita e farmacologici • a) cercando di ridurre la progressione della placca • b) cercando di stabilizzare la placca, riducendo l’infiammazione e preservando la funzione endoteliale ed infine prevenendo la trombosi se è presente una disfunzione endoteliale o si verifica la rottura della placca. Trattamento dell’angina cronica stabile 2. le modifiche dello stile di vita, i farmaci e la rivascolarizzazione hanno tutti lo scopo di ridurre al minimo i sintomi o addirittura di farli regredire del tutto. Trattamento dell’angina cronica stabile TRATTAMENTO FARMACOLOGICO • Lo scopo di questa terapia è quello di migliorare la qualità della vita riducendo la severità dei sintomi e/o la frequenza degli stessi e migliorando la prognosi Trattamento dell’angina cronica stabile TRATTAMENTO FARMACOLOGICO • Occorre tenere presente che la prognosi dei pazienti con angina stabile è spesso benigna e che la terapia farmacologia è una valida alternativa alle terapie interventistiche nel trattamento della maggior parte di questi pazienti ed è associata ad un minor numero di effetti collaterali rispetto alla PCI ed alla CABG nel primo anno di follow-up dello studio MASS-II. • Un trattamento invasivo va riservato ai pazienti in cui con la terapia medica si ottiene uno scadente controllo dei sintomi. • Il livello della terapia preventiva farmacologia va commisurato al rischio del singolo paziente tenendo a mente, come già detto il rischio relativamente basso di molti pazienti con angina stabile. Trattamento dell’angina cronica stabile Farmaci antitrombotici • La terapia antitrombotica è indicata nei pazienti con AS dato il favorevole rapporto tra i benefici ed i rischi. • L’aspirina a basse dosi è il farmaco di scelta nella grande maggioranza dei casi; • Il clopridogrel lo si può prendere in considerazione in alcune circostanze. Trattamento dell’angina cronica stabile Aspirina a basse dosi • L’aspirina rimane la pietra miliare della prevenzione farmacologia della trombosi arteriosa. • Il dosaggio terapeutico oscilla tra i 75 ed i 150 mg. • Gli effetti lesivi gastrointestinali aumentano con l’aumentare della dose. • Comunque va ricordato che al dosaggio pari o superiore a 75 mg al di il rischio assoluto di un’emorragia intracranica è inferiore ad 1 per mille pazienti per anno di trattamento. Non vi è con l’aumento della dose un incremento dei rischi di emorragia intracranica quindi tenendo presente che nei pazienti con malattia vascolare aterosclerotica la principale causa di ictus è quella ischemica occorre ottimizzare il dosaggio dell’aspirina facendo un bilancio tra il dosaggio terapeutico e gli effetti collaterali gastrointestinali in corso di terapia cronica. Trattamento dell’angina cronica stabile CLOPIDOGREL E TICLOPIDINA • Essi agiscono hanno degli effetti antitrombotici simili a quelli dell’aspirina. • Il primo ha meno effetti collaterali rispetto al secondo tra cui la neutropenia e la piastrinopenia • Soprattutto il primo è molto più costoso dell’aspirina, ma devono essere presi in considerazione nei pazienti con intolleranza all’aspirina e rischio significativo di trombosi arteriosa. • Come sappiamo se ne fa un uso combinato in alcune patologie coronariche ma nell’AS il suo uso allo stato attuale non è giustificato. Trattamento dell’angina cronica stabile • Il trattamento con statine riduce il rischio di complicanze aterosclerotiche cardiovascolari sia come prevenzione primaria che secondaria. • • • • • • Nei suddetti pazienti sia la pravastatina che la simvastatina riduce del 30% l’incidenza di complicanze cardiovascolari rilevanti. Anche sottogruppi di pazienti ad alto rischio come i diabetici ed i pazienti di età superiore ai 70 anni con problemi cardiovascolari traggono beneficio dalla terapia con simili farmaci. Nei pazienti diabetici senza problemi cardiovascolari il trattamento, come prevenzione primaria, con 40 mg di simvastatina o 10 mg di atorvastatina ha dimostrato un effetto benefico nei confronti degli eventi cardiovascolari maggiori. Lo stesso risultato si è ottenuto nel trial ASCOTT-LLA nella prevenzione della cardiopatia ischemica in pazienti ipertesi trattati con atorvastatina. Nessun Trial è stato eseguito specificatamente su pazienti affetti da AS, ma nei Trial citati questi erano presenti in larga quantità. Occorre sottolineare che che il meccanismo di azione delle statine non si limita alla inibizione della sintesi del colesterolo, ma esse riduco il rischio cardiovascolare anche perché dotate di attività antiaggregante ed antinfiammatoria. Trattamento dell’angina cronica stabile ACE-INIBITORI • Vari Trials di dimensioni più o meno grandi, con molecole diverse, con pazienti a diverso rischio sono stati eseguiti di recente (EUROPA, HOPE, PEACE, QUASAR, QUO VADIS); i risultati ottenuti non mettono in evidenza un quadro chiarissimo sull’azione di questo tipo di farmaci nella cardiopatia ischemica • L’HOPE (ramipril) e l’EUROPA (perindopril) hanno dimostrato una riduzione significativa del rischio (infarto, morte), circa del 20% a differenza di quanto è avvenuto nello studio PEACE. • Gli Studi QUASAR e QUO VADIS, molto più piccoli, hanno fornito risultati tra loro discordanti. (quinapril) Trattamento dell’angina cronica stabile BETA-BLOCCANTI, CALCIO-ANTAGONISTI E NITRATI • I Beta-bloccanti sono una famiglia eterogenea di farmaci. • Le linee-guida correnti non privilegiano nessun farmaco specifico, dato che nella pratica clinica essi appaiono tutti egualmente efficaci nell’angina-pectoris. • In verità sono stati eseguiti soltanto pochi trials, piccoli e di breve durata, in cui erano arruolati 1986 pazienti, che non avevano avuto infarto e non erano ipertesi, nei quali venivano confrontati i beta-bloccanti con altri farmaci anti-anginosi. • Un’analisi dettagliata eseguita dall’AHA/ACC guidelines tra l’effetto antianginoso dei beta-bloccanti vs calcio-antagonisti non dimostra che un gruppo di farmaci sia superiore all’altro nell’angina. • Gli effetti collaterali dei beta-bloccanti sono noti: – riduzione del 15% del lavoro massimo eseguibile – impotenza vera (rara) – disfunzione erettile (25%) Trattamento dell’angina cronica stabile I CALCIOANTAGONISTI • Devono essere evitati i diidropiridinici a breve durata di azione in quanto possono aumentare il rischio di eventi avversi. • Quelli a lunga durata di azione sono efficaci nel migliorare la sintomatologia. • La loro contemporanea somministrazione con i betabloccanti può consentire un lieve ulteriore incremento dell’effetto antianginoso. Trattamento dell’angina cronica stabile NITRATI • Nitrati a breve durata di azione – La nitroglicerina nelle sue formulazioni ad azione rapida è utile sia negli attacchi di angina che come profilassi. – La tolleranza ai nitrati annulla l’effetto della TNG a rapida azione e quindi va evitata. – Un sovradosaggio di questi farmaci può provocare ipotensione ortostatica ed attivazione riflessa del sistema simpatico con conseguente tachicardia e angina paradossa. • Nitrati a lunga durata di azione – Essi posseggono un effetto benefico sulla sintomatologia, ma fino ad ora non vi sono studi che dimostrano un effetto positivo sulla prognosi. – E’ nota a tutti la necessità della finestra terapeutica per evitare che si instauri la tolleranza. Trattamento dell’angina cronica stabile RIVASCOLARIZZAZIONE MIOCARDICA • Sono due gli approcci fondamentali di rivascolarizzazione per il trattamento dell’AC: – l’angioplastica e il by-pass coronarico. • Entrambe le metodiche stanno facendo grandi passi in avanti con la chirurgia a invasività ridotta, la chirurgia a cuore battente e gli stents medicati. • Come nel caso della terapia medica gli scopi della rivascolarizzazione sono sostanzialmente due: – migliorare la sopravvivenza e ridurre la incidenza di IMA – ridurre o eliminare i sintomi. • Nel processo decisionale sono due gli elementi guida: – il rischio del paziente – la sua qualità di vita. TRATTAMENTO DELLO STEMI LA TROMBOLISI PRE-OSPEDALIERA La trombolisi pre-ospedaliera è opportuna quando • 1) siano presenti dei Medici sull’ambulanza • 2) si operi nell’ambito di un sistema di emergenza ben organizzato con paramedici a tempo pieno che dispongano di ECG a 12 derivazioni con possibilità di trasmettere i tracciati ad un centro medico online e un responsabile medico con esperienza o addestramento nel trattamento di uno STEMI. • Vi sono delle inequivocabili evidenze che l’efficacia del trattamento trombolitico è nettamente superiore quando il trattamento viene eseguito nelle prime due ore dall’inizio dei sintomi TRATTAMENTO DELLO STEMI LA TROMBOLISI • In base alle linee guida dell’ACC/AHA dell’Agosto 2004 essa andrà utilizzata nei casi di STEMI con tempo dall’esordio dei sintomi inferiore a tre ore e tempo di esecuzione della PTCA maggiore di 60 m’, e nei casi con esordio dei sintomi maggiore di 3 ore in caso di impraticabilità della PTCA primaria entro 90 m’ TRATTAMENTO DELLO STEMI PROVVEDIMENTI TERAPEUTICI DI CARATTERE GENERALE • • • • • 1) O2 2) Analgesia 3) Nitroglicerina 4) Acido acetilsalicilico 5) Beta-bloccanti TRATTAMENTO DELLO STEMI TERAPIA RIPERFUSIVA • 1) Trombolisi • 2) Angioplastica primaria (glicoproteine) • 3) Angioplastica di salvataggio • 4) Terapia chirurgica TRATTAMENTO DELLO STEMI ALTRI FARMACI • 1) EPARINA • 2) ACE-INIBITORI