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PER DIRE NO ALLA DROGA
TALAMONA 5 maggio 2014 una serata dedicata all’operato della comunità San Patrignano PER DIRE NO ALLA DROGA TRE MADRI DI FIGLI CON PROBLEMI DI TOSSICODIPENDENZA RACCONTANO LA LORO TESTIMONIANZA E DICONO: FATE ATTENZIONE AI VOSTRI FIGLI, NON LASCIATELI MAI DA SOLI Nessun argomento al mondo come la droga è allo stesso tempo oggetto di numerosi dibattiti e ostracizzato. Di droga si sente parlare spesso: di chi ne fa uso, di chi si arricchisce producendola e vendendola, della vasta rete criminale che sottintende. Di droga se ne parla soprattutto ai giovani attraverso campagne di informazione scientifica che spiegano gli effetti delle sostanze su un corpo in crescita e soprattutto sul cervello e in campagne di sensibilizzazione volte a istillare nelle giovani coscienze valori che in chi si avvicina alle droghe non sono presenti in maniera così solida come dovrebbero invece essere. Nonostante questi sforzi il problema della droga continua a sussistere. I giovani in età sempre più precoce (recenti statistiche fanno risalire a 10-11-12 anni la prima sigaretta, la prima canna e anche la prima ubriacatura) ne fanno uso, sottovalutano i rischi che corrono e molto spesso fanno riferimento a delle informazioni erronee come quella ad esempio secondo cui la cannabis curerebbe il cancro (in realtà i cannabinoidi vengono a volte usati come cure palliative più spesso nei pazienti terminali con modalità diverse da quelle usate in contesti di dipendenza, in dosi diverse e sotto stretto controllo del medico) o che una canna farebbe meno male di una sigaretta (cosa non vera in quanto per fabbricare una canna pare si usi il principio attivo, il tabacco della sigaretta come eccipiente e un pessimo filtro che aumenta il potere cancerogeno delle sostanze presenti nella sigaretta, un dettaglio che viene confermato da tutti coloro che hanno fatto uso di tali sostanze). Ne fanno uso perché? Per sballare? Ma perché i giovani hanno bisogno di sballare? Da cosa fuggono, quali ferite spirituali o disagi vogliono lenire? Perché hanno bisogno di assumere sostanze tossiche per stare bene, per ritrovarsi in gruppo e divertirsi, perché si genera in loro la curiosità di provare queste sostanze nonostante la loro pericolosità più e più volte dichiarata? Che ruolo hanno la famiglia e la società in questa piaga sociale, nelle sue origini, ma soprattutto nella sua soluzione? Che si può fare quando ci si trova faccia a faccia con il problema perché un parente o un conoscente si droga e molto spesso i suoi familiari più stretti gli creano intorno un muro di omertà e di ostinazione a non voler vedere il problema, non volerlo affrontare? Come si può essere d’aiuto a chi ci è intorno a chi ci è caro e si fa del male credendo che delle sostanze chimiche siano in grado di riempire profondi vuoti esistenziali? È per cercare di rispondere a queste domande che questa sera alle ore 20.30 al piccolo teatro dell’oratorio è stato organizzato un incontro con tre madri di figli tossicodipendenti ora in via di recupero: Marisa (che è presidente della sezione di Sondrio della ONLUS che fa capo alla comunità di San Patrignano attiva dal 2009) Diana e Letizia. Tre madri con tre storie tutte simili eppure tutte diverse così come lo sono le storie di tutti coloro che approdano a San Patrignano dopo un vissuto doloroso in cerca di un’opportunità per ricominciare a vivere una vita normale. Da quando è stata fondata negli anni Settanta da Vincenzo Muccioli a partire da un vecchio casolare abbandonato nelle campagne riminesi e da alcune roulotte recuperate dopo un sisma, San Patrignano è divenuta sempre più un punto di riferimento fondamentale per persone che, come si è detto in un filmato proposto a inizio serata, hanno quasi più paura di vivere che di morire. Già al tempo della fondazione del centro di San Patrignano la tossicodipendenza era una realtà sociale grave e chi faceva uso di droga doveva subire anche i pregiudizi degli altri, l’emarginazione, l’ostracismo sociale. Alla comunità hanno potuto trovare chi ha restituito loro la vita hanno potuto studiare da zero oppure riprendere gli studi laddove li avevano interrotti hanno potuto imparare dei mestieri per potersi creare delle opportunità, ma soprattutto si sono riscoperti come persone e molti una volta rinati sono rimasti per proseguire questa grande opera sociale restituendo ad altri la speranza che essi stessi avevano ricevuto. Un percorso che continua ancora oggi purtroppo e per fortuna. Purtroppo perché cio significa che gli anni passano, ma la droga non passa mai di moda e per fortuna perché per ogni nuova vittima della droga c’è sempre pronto un sostegno un’opportunità per rialzarsi e riprendersi la propria vita com’è accaduto ai ragazzi le cui madri sono intervenute questa sera. È stata soprattutto la signora Marisa a tenere un lungo e appassionato discorso partendo dalle vicende del figlio (approdato a San Patrignano dopo un periodo trascorso in una struttura statale) per arrivare a una trattazione più ampia dell’argomento un discorso che ha sfatato molti miti come ad esempio quello che suddivide le droghe in leggere e pesanti facendo apparire le prime come un male tutto sommato minore (dimenticando però di sottolineare come negli ultimi decenni, il principio attivo della cannabis sia passato, grazie a sementi geneticamente modificate dal 3 al 21% cosa che ne ha aumentato la tossicità) o come quello che considera veri e propri drogati solo quelli che si iniettano l’eroina in vena dando l’illusione a chi assume altre sostanze o anche l’eroina ma con altre modalità di non esserlo, di non avere un problema o come l’errore in cui cadono molti genitori nel pensare che la tossicodipendenza si possa risolvere nell’ambito della famiglia e che non occorrano percorsi di recupero con persone competenti. Certo dalla famiglia non si può prescindere. È in famiglia che ci si forma è in famiglia che si impara a capire cosa è giusto e cosa non lo è e i genitori non possono mai in nessun caso delegare sempre la formazione dei figli ad altri. La famiglia diventa ancor più determinante quando si tratta di cogliere i segnali di qualcosa che non va. Tutte e tre le madri sono state concordi nel dire che bisogna ascoltare i figli e ancor più i loro silenzi. Tutto questo perché molto spesso quando ci si accorge del problema è gia troppo tardi e i ragazzi non possono più essere recuperati. Senza arrivare alle morti del sabato per collasso dovuto a disidratazione (in quanto le pasticche alterano i centri della termoregolazione sicché i ragazzi si ritrovano a ballare in discoteca tutta la notte con temperature da febbre senza accorgersene senza sentire il bisogno di bere acqua) non vanno trascurati i danni cerebrali irreversibili e le negative ripercussioni sulla salute in generale che si manifestano anche dopo anni a volte anche dopo essersi disintossicati. A questo proposito i medici, risonanze magnetiche alla mano diffondono dati sempre più allarmanti: l’abuso delle cosiddette droghe leggere compromette per sempre i centri cerebrali delle emozioni e in generale la comparsa di sostanze sempre più pericolose ed elaborate farà si che tra non molti anni ci saranno sempre più trentenni malati del morbo di Parkinson come conseguenza degli effetti delle sostanze sul cervello. Com’è possibile che tutto cio non basti a tenere tutti lontano dalla droga? Com’è possibile che i nostri giovani vivano un disagio interiore talmente forte da dover rischiare la propria vita per placarlo per acquisire una sorta di forza d’animo che non sanno trovare altrimenti? È da questo che bisogna partire parlando di droga un argomento che non deve più fare paura che non deve più essere ignorato o sottovalutato. Che non si abbia paura dunque di farsi avanti offrire sostegno anche facendosi odiare, anche ricevendo porte in faccia. Che non si abbia paura ad educare i figli anche con fermezza se serve. Che non ci si nasconda che non ci si indigni per gli interventi delle forze dell’ordine che spesso, come ha sottolineato il maresciallo Sottile, intervenuto a metà serata, salvano la vita ai nostri figli perché sono il primo passo verso la risalita e che ci si liberi da ogni ignoranza e pregiudizio che impediscono un corretto approccio al problema. Non bisogna dimenticare che i giovani sono il nostro futuro e che come ha detto la signora Marisa, se non ci occupiamo del nostro futuro siamo una ben misera società. Antonella Alemanni