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L`abbandono scolastico
L’abbandono scolastico: prevenzione, intervento e compensazione di Augusta Marconi aprile 2011 L’abbandono scolastico è un fenomeno che evidenzia l’anomalia del corretto inserimento e raggiungimento del successo scolastico attraverso i processi educativi destinati ai soggetti in formazione: la complessità dei fattori e delle cause che lo connotano può essere schematizzata con una lettura interna ai sistemi formativi e con un’analisi delle concause derivanti da condizioni geografiche, di contesto socio-economico, di disagio individuale. Se da un lato si studia cosa determina la dispersione scolastica, ovvero la fase propedeutica all’abbandono, dall’altro si ricercano le strategie di contrasto che possano ridurre le percentuali dei drop-out. Sul versante dei sistemi formativi è da tempo aperta la discussione sull’introduzione di innovazione pedagogica e di ambienti didattici informatizzati che permettano un apprendimento individualizzato e cooperativo tra studenti e docenti. Un’adeguata formazione partecipativa degli insegnanti e un rafforzamento dell’accesso e del sostegno ai percorsi formativi contribuirebbero a ridurre notevolmente il fenomeno. La stessa organizzazione scolastica avrebbe, poi, urgente bisogno di uno svecchiamento che la renda meno rigida burocraticamente e più flessibile anche in rapporto alle istanze provenienti dal territorio, dal più ampio contesto di relazioni intrasistemiche, dall’inserimento nello spazio europeo, dagli stakeholder, con un’apertura diversa rispetto al mondo del lavoro. Sul versante relativo alle caratteristiche del contesto, con cui sia le scuole che i soggetti a rischio devono confrontarsi, si ritiene ormai necessario programmare un quadro di interventi intersettoriali che si basi su dati certi e analisi dinamiche che facciano emergere le peculiarità delle cause ambientali e, al contempo, mettano in rete le buone prassi già sperimentate nell’affrontare l’abbandono scolastico: si tratta, in definitiva, di individuare gli strumenti che siano contraddistinti da una versatilità efficace d’intervento sia per microaree territoriali che per strategie di ampia scala. Ovviamente, la trasformazione delle organizzazioni e delle istituzioni sociali, dovute all’inedita fase storica di sviluppo delle tecnologie e dell’economia della conoscenza, trova nella cooperazione una possibile dimensione che mette in rete la molteplicità dei soggetti i quali, a vario titolo, risultano interessati dalla tematica presa in esame. L’abbandono scolastico è un nodo cruciale nell’agenda europea, dettato anche dai tassi elevati che il fenomeno evidenzia specialmente per i ragazzi tra i 18 e i 24 anni: questa fascia generazionale spesso consegue solo un diploma di scuola inferiore e nel 2009 raggiungeva il 14,4%. Le forme di abbandono scolastico sono quelle che interessano sia il mancato conseguimento di un titolo di 1 scuola superiore che di una qualifica di istruzione e formazione professionale: dai dati disaggregati emerge che il 17,4%, di quel 14,4% già citato, ha conseguito solo l’istruzione primaria. La macropercentuale è, dunque, ancora molto alta, anche se in sensibile decrescita rispetto al 2000, quando si elevava al 17,6%. Abbassare di un punto medio tale tasso significa, tuttavia, permettere che mezzo milione di giovani continuino con successo i percorsi scolastici o formativi per conseguire una qualifica medio-alta. Gli Stati membri dell’Unione Europea si sono ritenuti concordi nel voler raggiungere per il 2020 un tasso di abbandono scolastico pari al 10% e un tasso di giovani laureati pari al 40%, in considerazione del fatto che l’esclusione formativa genera marginalizzazione sociale e sviluppa un cattivo segmento che impedisce una corretto ampliamento economico imperniato sulla crescita intelligente ed inclusiva. Il problema, tuttavia, ha caratteristiche così complesse da interessare ambiti contigui e trasversali rispetto a quelli meramente scolastici o determinati dal sistema dell’istruzione: si avverte l’esigenza di coniugare gli interventi in tema di politiche giovanili, sociali e lavorative con le condizioni dei contesti territoriali, dalla dimensione locale fino a quella nazionale. D’altro canto l’Europa fa i conti con un invecchiamento progressivo della sua popolazione, governato attraverso strategie di inclusione attiva, che, tuttavia, non può minimizzare l’importanza focale che i giovani rappresentano per il futuro della stessa Unione: la coesione sociale, in caso contrario, ne risulterebbe fortemente compromessa. Oltre a intaccare indelebilmente il livello individuale, l’abbandono scolastico ha un riverbero negativo sulle possibilità di trovare un’occupazione soddisfacente e qualificata, facendo aumentare la manodopera precaria che è, anche, difficilmente inseribile in ulteriori processi di formazione permanente o di riqualificazione professionale. Come annualmente rilevano i rapporti che studiano e analizzano i sistemi formativi1, i fenomeni dell’insuccesso e dell’abbandono scolastico sono determinati da una serie di concause: lo strato sociale di appartenenza può non garantire una mobilità sia orizzontale che verticale; i soggetti che vivono in contesti dove la prevalenza degli individui è scarsamente istruita, e le condizioni socioeconomiche sono così precarie da generare marginalizzazione e povertà, entreranno difficilmente ed usciranno facilmente dai percorsi formativi. Gli stessi servizi sociali possono, in una logica di assistenza che non include il soggetto in un iter virtuoso di consapevolezza delle proprie capacità, accentuare il rischio di esclusione e di insofferenza verso le istituzioni, in generale, e verso le possibilità determinate da una buona formazione, in particolare. Un’ulteriore fascia a rischio è costituita dai giovani che già vivono uno svantaggio psichico, motorio, sensoriale o legato a bisogni speciali: in questo caso è necessario valutare non solo 1 Fondazione Giovanni Agnelli (a cura di), Rapporto sulla scuola in Italia 2010, Laterza, Bari , 2010 2 l’ambiente familiare e sociale di provenienza ma anche la qualità dei servizi sociosanitari ed educativi che potrebbero invertire il rischio di abbandono scolastico qualora fossero strutturati nell’ottica della valorizzazione delle diversità. Percentuale della popolazione tra 18 e 24 anni con al massimo un titolo di istruzione secondaria inferiore e non inserita in corsi di istruzione o formazione (2009) ed evoluzione 2000-2009 Eurostat. IFL 2010.2 La fascia più a rischio è, tuttavia, rappresentata dai giovani migranti: nel 2009, sul totale della percentuale dell’abbandono scolastico tra i 18 e i 24 anni, erano il 26,4% rispetto ad una media del 13,1% degli altri ragazzi. I fattori discriminanti, in quest’ultimo caso, si amplificano in maniera esponenziale: la mancata conoscenza della seconda lingua propria del Paese ospitante, le condizioni precarie di inserimento socio-economico (quando, addirittura, ostative!), l’assenza di strumenti interculturali, la difficile accettazione da parte degli autoctoni dei gruppi di altra appartenenza, la 2 Eurostat è l’Ufficio statistico delle Comunità Europee. Dal grafico si evince che Austria, Repubblica Ceca, Finlandia, Lituania, Polonia, Slovacchia e Slovenia hanno raggiunto il punto di riferimento del 10%. Il bilancio positivo è relativo a Svezia e Finlandia. L’Italia si colloca al di sotto della media U.E.; la Spagna ottiene risultati significativi pur restando al di sotto della media europea. 3 scarsa preparazione di personale educativo e non specificatamente dedicato, l’inadeguatezza dei sistemi scolastici nell’affrontare la nuova realtà multiculturale. Ovviamente, non sono solo i fattori contigui a disegnare le probabilità di esclusione dal sistema dell’istruzione: gli insuccessi, soprattutto se vissuti nella scuola di base, generano dispersione scolastica ed aumentano i rischi di abbandono definitivo, proprio perché spesso accrescono l’assenza di autostima, la sfiducia nelle proprie possibilità, il senso di inferiorità, il rapporto conflittuale con i pari e i docenti. La dimensione del fenomeno è così rilevante che negli ultimi anni, in molti Stati dell’U.E., vengono avviati programmi specifici per contrastare la dispersione e l’abbandono scolastico3: programmi che non possono essere considerati interventi risolutori, pur nella differenziazione dei risultati e delle buone pratiche attivate. Emerge, infatti, una distonia profonda tra prassi educative che sono state calibrate sul presupposto di target standardizzati di giovani e l’esigenza di innovazione pedagogica che affronti le diversità soggettive anche attraverso inediti ambienti didattici e l’uso sistematico ma consapevole delle nuove tecnologie. È ormai noto che gli stili cognitivi e le modalità di apprendimento variano da individuo ad individuo, seguendo tempi diversi e un differente coinvolgimento emotivo: l’insegnamento individualizzato e flessibile è difficilmente praticabile nelle organizzazioni scolastiche attuali (anche se in Europa è davvero impossibile mettere sullo stesso piano i sistemi educativi dei vari Paesi aderenti) ma sembra avere successo, ad esempio, la modalità blended 4, proprio perché in questo caso si creano le condizioni di partecipazione individuale e collaborativa dei vari soggetti coinvolti nel processo formativo. Quella dell’introduzione graduale di prassi pedagogiche informatizzate sta lentamente cambiando l’organizzazione e la didattica dei sistemi formativi, già troppo in ritardo rispetto alle emergenze educative della fase storica relativa agli ultimi tre decenni: una delle possibili direttrici di sviluppo sarà proprio quella che contrasterà la dispersione e l’abbandono scolastico. Ovviamente esistono una varietà di altre modalità didattiche che, pur non potendo più prescindere dalle tecnologie informatiche e della comunicazione, se fossero introdotte anche sperimentalmente per una parte dei curricoli formativi, proverebbero un accesso meno diseguale e una permanenza più positiva dei giovani all’interno dei sistemi scolastici: stage e tirocini, percorsi professionalizzanti, riorientamento e adeguamento delle skill individuali, potenziamento delle competenze trasversali con segmenti formativi extracurriculari, etc. Tuttavia la didattica e l’organizzazione complessiva dei sistemi educativi dipendono non solo da una dimensione interna ai sistemi stessi ma anche dalle politiche di sostegno promosse dai decisori pubblici e privati nonché dall’influenza degli stakeholders. Analisi dinamiche, basate su dati 3 Si veda: Commission staff working paper, Reducing early school leaving, SEC (2011) 96 fin. 4 A. Marconi, E-learning e innovazione pedagogica. Competenze e certificazione, Armando, Roma, 2010. 4 statistici, metterebbero in evidenza le determinanti strutturali che, a seconda dell’ampiezza e particolarità delle aree geografiche prese in esame, fornirebbero indicazioni utili ad individuare le caratteristiche della dispersione e dell’abbandono scolastico, anche per specifici gruppi di giovani o per situazioni fortemente caratterizzate. I dati disegnerebbero un quadro del fenomeno su scala europea e aiuterebbero la scelta degli interventi risolutori attraverso precise e specifiche linee di intervento. In alcuni Paesi europei, tuttavia, sono stati elaborati metodi e utilizzati strumenti per tracciare i passaggi che sono alla base del fenomeno: nei Paesi anglosassoni si è scelto di ricorrere ad un codice personale dello studente che permette l’accesso ad una serie di informazioni, anche oggettive, da utilizzare per orientare le politiche scolastiche. In altri Paesi, tra cui il nostro, si fa uso di anagrafi, spesso realizzate su base provinciale o territoriale, che consentono interventi mirati, anche di reinserimento individuale, oppure di adeguamento di sistemi collaterali a quello scolastico 5. L’Europa raccomanda, a tal proposito, un approccio sistemico che si basi su tre direttrici: prevenzione, intervento e compensazione. Gli interventi preventivi sono di diversa natura e vanno dalla qualità della scuola di base, per avviare i bambini al complessivo successo formativo, all’inserimento linguistico per gli studenti migranti. La tendenza che si rileva è quella volta a sviluppare un’integrazione globale all’interno degli ambienti scolastici, che risponda alle varie esigenze individuali e di gruppo, favorendo così il continuo adattamento di tutti gli attori coinvolti, in vista di una crescita progressiva della qualità educativa. Alcune scuole, poi, ricadono nelle cosiddette “aree a rischio” 6 proprio perché la dimensione di alcune condizioni, come ad esempio la presenza di specifici gruppi sociali o di organizzazioni malavitose, incidono pesantemente sulla realtà educativa. In questi casi le scuole svantaggiate possono essere sostenute con programmi mirati che le mettano in partnenariato con altre scuole che hanno sperimentato buone prassi e aumentino le attività dell’extrascuola, in modo da creare un ponte con l’ambiente sociale, anche attraverso il coinvolgimento di figure professionali specifiche. Vengono anche adottate “misure di discriminazione positiva” (ad esempio in Francia e in Spagna) per facilitare l’apprendimento attraverso attività di networking e pratiche di cooperazione scolastica. 5 In molte province italiane sono state attivate delle anagrafi presso i Servizi per l’impiego che dovrebbero ricevere i dati degli studenti in dispersione o in abbandono scolastico dalle stesse scuole per poi programmare interventi individualizzati. I risultati si prestano a letture contrastanti sia per l’efficacia degli interventi messi in atto sia per le modalità a cui si ricorre. Si veda: A. Marconi (a cura di), Il Cantiere delle Competenze. Formazione e lavoro nella società della conoscenza, Armando, Roma, 2008. 6 Il settore della Pubblica Istruzione del Ministero italiano (MIUR) ogni anno destina delle risorse finanziarie, per le scuole che ricadono nelle aree a rischio e che sono a forte processo migratorio, per il contrasto all’abbandono e alla dispersione scolastica: la questione è regolamentata attraverso il CCNL e le scuole devono presentare dei progetti specifici. 5 La stessa offerta formativa, comunque, potrebbe diversificarsi per sostenere quei ragazzi che non sono rinunciatari sociali ma che, poiché impegnati in attività lavorative soddisfacenti, non hanno interesse a conseguire un diploma di istruzione superiore: in questo caso bisognerebbe modellare i tempi e gli spazi dei percorsi scolastici in base alle esigenze di vita dei destinatari stessi.7 Lotta contro l’abbandono scolastico8 Nella logica dell’anticipazione (una modalità che contrassegna molte altre strategie e programmazioni dell’Europa in settori differenti da quello dell’istruzione9) rientrano le misure d’intervento che, di fatto, mirano ad impedire che i fenomeni della dispersione o quello dell’abbandono scolastico siano conclamati. Sarebbe necessario attivare un sistema di rilevamento del disagio scolastico attraverso indicatori e antenne che avvertano l’insorgere di condizioni 7 Nel progetto P.E.I.P. Portfolio Elettronico di Identità Professionale (Iniziativa Comunitaria Equal, 2005-2006) il partenariato transnazionale venne attivato con alcune scuole di Rotterdam (Olanda): i problemi della dispersione e dell’abbandono scolastico erano dovuti sia ai forti processi migratori che alle opportunità occupazionali che i giovani avevano nel settore dell’informatica e delle TIC. Il Comune di Rotterdam, di concerto con le scuole interessate, sperimentò la figura professionale del “tutor di II livello”, un operatore che tracciava l’identità degli studenti fuoriusciti dai sistemi scolastici-formativi, anche attraverso contatti diretti con gli interessati. Si veda: A. Marconi (a cura di), op. cit. 8 La tabella sinottica è tratta da: Documento di lavoro della Commissione, Sintesi della valutazione d’impatto, SEC (2011), 98. 9 A. Marconi, La Formazione nello spazio europeo, ESA, Pescara, 2008. 6 particolari, anche se non manifeste, le quali, protratte ulteriormente, costituirebbero un punto di non ritorno: in questo processo potrebbero essere coinvolte le componenti genitoriali, gli operatori scolastici e dell’extrascuola, ulteriori organizzazioni direttamente e indirettamente interessate al campo dell’educazione. In molti casi è la scuola stessa, come comunità collettiva di apprendimento, a sviluppare gli anticorpi che impediscono o aggrediscono l’insorgere del fenomeno dell’abbandono, soprattutto se diventa fautrice dell’introduzione relativa all’innovazione pedagogica attraverso le nuove tecnologie 10. Nei casi di marginalizzazione economica si potrebbero sperimentare delle indennità scolastiche, ovvero dei reali aiuti in forma di borse di studio, legate alla frequenza e al sostegno individuale del ragazzo a rischio: questa, come una delle soluzioni possibili, potrebbe creare un rapporto fiduciario tra lo studente e la scuola, allentando le resistenze a proseguire un percorso formativo. Va ribadito che le scuole in Europa si diversificano per una moltitudine di fattori e la loro stessa costituzione può essere riconosciuta e rappresentata da differenti 11 enti o organismi: in molti casi, infatti, tali enti, che presiedono al funzionamento delle istituzioni educative, hanno legittimazione su base comunale, territoriale, provinciale, regionale o nazionale. In effetti, si riscontra una percentuale più alta di interventi positivi a favore delle giovani generazioni laddove prevale un inserimento concreto sia della scuola nel territorio sia dello stesso territorio in una dimensione di rete più complessa. A tal proposito, in Europa vengono presi a titolo di esempio alcuni modelli già sperimentati, come le “scuole aperte” di Napoli che funzionano da poli attivi di aggregazione giovanile e prevedono figure come quella del “maestro di strada”, un educatore specializzato nel recupero e nel rientro in formazione di ragazzi a rischio. Questo dimostra che le strategie possono nascere da interventi bottom-up, proprio perché più aderenti a realtà territoriali e contestuali specifiche, per poi assurgere a pratiche condivisibili e replicabili in altre aree geografiche. Da un lato è necessario, dunque, scongiurare che l’abbandono scolastico raggiunga percentuali preoccupanti, sia perché condizionerebbe la tenuta della coesione sociale sia perché frenerebbe la crescita di un’economia basata sulla conoscenza; dall’altro si richiede di mettere in atto strategie di compensazione che promuovano il rientro dei giovani nei percorsi formativi come seconda possibilità per poter conseguire un titolo di studio superiore. In quest’ultimo caso si tratta di intervenire per ricucire i rapporti di cittadinanza con soggetti o gruppi che, partendo da fallimenti individuali o dalla coscienza di condizioni sfavorevoli dovute alla provenienza, ritengano ostico e conflittuale il reinserimento scolastico e abbiano, quindi, necessità di una forte spinta motivazionale per superare le proprie resistenze. L’approccio pedagogico 10 A. Marconi, op.cit. N. Bottani, Insegnanti al timone, il Mulino, Bologna, 2002; Il difficile rapporto tra politica e ricerca scientifica sui sistemi scolastici, Programma Education FGA Working Paper, n. 17, 2/2009. 11 7 diventa, in tali situazioni, fondamentale e deve attuarsi mediante modalità improntate alla flessibilità e all’individualizzazione delle prassi, finalizzate così a rimuovere gli ostacoli che impediscono il raggiungimento del successo formativo. Compensare significa, allora, sia riuscire a riempire quei vuoti che bloccano la ripresa delle formazione che a rimuovere quelle condizioni che fanno restare aperti i conflitti con i pari e con le figure professionali di riferimento. Anche in questo caso si sono sperimentate più soluzioni che adattano i percorsi formativi a interventi ridotti, sia nei tempi che nei contenuti, per incrociare le esigenze individuali, da attuarsi in ambienti didattici alternativi a quelli tradizionali: prevale la dimensione del recupero motivazionale attraverso la crescita dell’autostima e la cosciente rimozione delle lacune o degli ostacoli che si sono frapposti ad un regolare successo scolastico. Tuttavia queste soluzioni, come altre pratiche già citate, restano legate a situazioni e aree circoscritte e non assurgono a modelli intersettoriali da replicare su più ampia scala al fine di minimizzare, se non debellare, il fenomeno dell’abbandono scolastico. Un fenomeno, si ribadisce, da leggere attraverso una lente di ingrandimento che evidenzi le concomitanti spinte che emergono da ambiti contigui come quello più prettamente giovanile o più complessivamente sociale. All’interno dell’ampio quadro della strategia di Europa 2020 si è costruito un ulteriore ambito, “Istruzione e formazione 2020”, per attivare quelle direttrici politiche che concorrano a realizzare una società conoscitiva da far crescere sotto molteplici aspetti e che rilanci un primato culturale ed economico dell’Europa nello spazio globale. Valutando che i sistemi scolastici sono ancora molto caratterizzati dagli Stati di afferenza e che i tentativi di omologazione europea hanno risultati talvolta incerti e spesso ancora da conseguire, l’Europa stessa tenta, sempre per contrastare l’abbandono scolastico, di promuovere la definizione di obiettivi nazionali: sarà poi il monitoraggio di quanto messo in essere dai singoli Stati a fornire la base di riscontro per la valutazione dell’efficacia di ciò che si è ottenuto. In ausilio a questo piano di intervento complessivo si forniranno le analisi statistiche e le comparazioni dei dati che verranno elaborate da Eurostat12. Si vorrebbe, anche qui, sviluppare la cooperazione tra gli Stati membri attraverso un’agenda europea che adotti misure settoriali basate su una serie di documenti e di strumenti che si riferiscano, ovviamente, al rafforzamento delle scuole di base e all’apertura sempre più espansiva dell’accesso all’istruzione e al sostegno complessivo per la crescita dei fanciulli13. In una logica multifattoriale e multidimensionale, ulteriori interventi concerneranno la promozione di metodologie e prassi interculturali volte ad agevolare la costituzione di uno spazio europolita dove possano essere garantiti i diritti di cittadinanza attiva, a partire dalla prima infanzia. 12 13 Eurostat: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/ Cfr infra: Riferimenti della Documentazione dell’Unione Europea. 8 Sul versante delle giovani generazioni, l’Europa integra le politiche per la riduzione dell’abbandono scolastico con quelle che incentivano la frequenza dei percorsi di formazione professionale14. Un’adeguata formazione, intesa nell’accezione più complessiva di istruzione e formazione professionale, permetterà di coinvolgere le giovani generazioni in un rilancio dell’occupazione qualificata e in linea con le aspettative dei propri progetti di vita: il tutto potrebbe trovare un ulteriore respiro nel programma complessivo che sostiene da un lato il lifelonglearning e dall’altro l’implementazione di ricerca e sviluppo15, anche in termini di sostegno finanziario. In definitiva si mira a raggiungere quel macroobiettivo che doveva essere conseguito già nel 2010: attestare l’abbandono scolastico ad un tasso inferiore del 10% della popolazione scolastica tra i 18 e i 24 anni, facendo rientrare in formazione più di due milioni di giovani. La cooperazione tra gli Stati permetterebbe, anche per quelle comunità che sono prive di una politica che riduca l’abbandono scolastico, di far riferimento alle esperienze e alle buone prassi degli altri Paesi U.E. La valutazione degli impatti, nei prossimi anni, riguarderà più indicatori: il miglioramento delle competenze individuali, la crescita di un’occupabilità buona; un aumento del benessere e della qualità di vita delle giovani generazioni; una continua riduzione delle nuove marginalità e povertà. Riferimenti della documentazione dell’Unione Europea sull’abbandono scolastico. Comunicazione della Commissione, La lotta contro l’abbandono scolastico: un contributo decisivo all’agenda Europa 2020, COM (2011) 18 def. Comunicazione della Commissione, Europa 2020. Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”, COM (2010) 2020 Commission staff working paper, Reducing early school leaving, SEC (2011) 96 fin. 14 “Un nuovo slancio per la cooperazione europea in materia di istruzione e formazione professionale a sostegno della strategia Europa 2020”- COM(2010) 296. 15 Decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Programma di apprendimento permanente (LLP) 2007 – 2013, Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, L 327/45, 24.11.2006. Disciplina comunitaria in materia di aiuti di stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione adottata con comunicazione della Commissione Europea 2006/C 323/01, in vigore dal 1 gennaio 2007. 9