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Aereo esplode in volo - Centro Nazionale Trapianti
CRONACA REGIONALE domenica 8 febbraio 2009 LE CAUSE L’UNIONE SARDA LA ROTTA TRAGEDIA NEI CIELI L’ipotesi di un fulmine non convince: ordigno o cedimento strutturale? 9 Il velivolo era atteso a Cagliari dopo uno scalo a Bologna: morti i due piloti INCIDENTE A TRIGORIA Aereo esplode in volo a Roma: è giallo Doveva trasportare alcuni medici in Sardegna per un trapianto Un aereo che avrebbe dovuto portare un’équipe medica a Cagliari è precipitato ieri nei pressi di Trigoria. Precipitato pochi minuti dopo il decollo, esploso in volo sui cieli di Roma. Ma è giallo sulle cause. Sono numerose le ipotesi, tra cui anche quella ritenuta dagli esperti poco plausibile di un fulmine e di un ordigno che avrebbe provocato l’esplosione (si parla anche della possibile rottura strutturale), al vaglio degli ispettori dell’Agenzia nazionale sicurezza volo che ha aperto un’inchiesta sulle cause dell’incidente aereo costato ieri mattina la vita al comandante Alfredo Lanza, romano di 51 anni, e al pilota capitolino Valerio Simeone, 35 anni. Il loro Cessna 650, decollato alle 6.10 dall’aeroporto di Ciampino, era diretto a Bologna per imbarcare un’équipe medica attesa, poche ore dopo, all’ospedale Sirai di Carbonia dove avrebbe dovuto effettuare il prelievo di un fegato. Il jet si è disintegrato in volo: i resti sono caduti nelle campagne di Trigoria a poca distanza dal centro sportivo della società Roma Calcio. Esattamente cinque anni fa, un aereo dello stesso modello è caduto sui monti Sette Fratelli uccidendo il cardiochirurgo del Brotzu Antonio Ricchi, la sua équide di specialisti e i due uomini dell’equipaggio. Anche in quel caso, i medici erano impegnati in una trasferta per il prelievo di un organo. IL VOLO. Autorizzato al decol- Sopra il Cessna I-Feev precipitato ieri mattina A fianco i rottami del jet sparsi nelle campagne di Trigoria lo dalla torre di controllo di Ciampino alle 6.02, il turboelica si è staccato dalla pista alle 6.10. Ventuno minuti dopo, l’aereo è scomparso dagli schermi radar ed è scattato l’allarme. Il business-jet da otto posti sarebbe dovuto atterrare a Bologna nel giro di quaranta minuti per prelevare l’équipe di specialisti del policlinico Sant’Orsola-Malpinghi con anche alcuni chirurghi modenesi. Un volo sanitario d’urgenza voluto dal Centro trapianti dell’Emilia Romagna appena saputo che in Sardegna, a Carbonia, era disponibile un fegato che avrebbe potuto salvare la vita a un paziente in condizioni critiche ri- coverato al policlinico di Modena. Ancora da chiarire le cause della sciagura, costata la vita ai due componenti dell’equipaggio: il corpo di uno dei due piloti è stato estratto carbonizzato da ciò che restava della carlinga, mentre i soccorritori hanno recuperato anche le scatole nere che adesso dovranno essere analizzate dal magistrato della Procura di Roma che ne ha disposto il sequestro. Difficile il lavoro di individuazione dei resti del Cessna disseminati in un’area estesa mezzo chilometro: uno scenario che rende credibile l’ipotesi dell’esplosione in volo, ricostruita anche sulla base delle prime testimonianze. Do- po aver sentito un forte boato - avrebbero riferito alcuni abitanti svegliati all’alba - avrebbero visto l’aereo cadere, seguito da una scia di scintille. Il velivolo della flotta Air One Executive era stato controllato il giorno prima e giudicato idoneo al volo dai tecnici responsabili della manutenzione. I TRAPIANTI. Appresa la notizia della sciagura aerea, lo staff trapianti di fegato dell’ospedale Brotzu di Cagliari, coordinato da Fausto Zamboni, ha raggiunto Carbonia per sostituire i medici modenesi, impossibilitati a effettuare il prelievo. Nessun problema, invece, per gli specialisti della cardiochirurgia del Niguarda Carbonia. I figli della donna a cui sono stati prelevati gli organi «È il dono di nostra madre» L’intervento è stato eseguito ieri all’ospedale Sirai «Ne siamo più che certi, nostra madre avrebbe voluto così». Distrutti dal dolore per una mamma scomparsa all’improvviso, portata via a 57 anni da un aneurisma cerebrale fulminante, i figli Roberto, Tamara ed Elsa non hanno avuto il minimo tentennamento. La morte della loro madre, la persona che forse amavano di più al mondo, si poteva e doveva trasformare in una nuova sfida con la vita offerta a quanti hanno ricevuto gli organi della donna. Così è stato. Anche al di là della sciagura dell’aereo precipitato nei pressi di Roma e che avrebbe dovuto portare a Cagliari l’equipe medica incaricata di prelevare gli organi di Rosa Guarneri. Il cuore, i reni e il fegato della sventurata donna di Carbonia stanno facendo vivere altre quattro persone che erano gravemente malate, due in Sardegna e due nella Penisola. LA SCELTA. Per la medicina, da alcuni decenni, tecnicamente il trapianto d’organi non è più un miracolo. Interventi del genere sono all’ordine del giorno. Ma se avvengono è grazie alle nobili decisioni, prese in preda allo sconforto, come quella assunta dai tre figli di Rosa Guarneri, Roberto, Tamara ed Elsa Cambarau. Erano orfani del padre (Renzo Cambarau ha lasciato vedova Rosa 16 anni fa), venerdì sono improvvisamente rimasti orfani anche della madre, una donna piena di vita che lavorava come impiegata all’Enel di Portovesme e si prodigava in tante altre attività sociali. Una donna umile e forte Rosa Guarneri, la donna che ha donato gli organi che ha cresciuto i suoi ragazzi nel rione popolare di via Dalmazia con l’energia e la determinazione di una madre rimasta sola in una delicata fase della vita della sua famiglia. È riuscita ad instillare nei suoi ragazzi quei sani principi che i figli, venerdì, ancora increduli per la scomparsa prematura della madre, hanno messo in pratica alla prima grande occasione: «È stata una decisione unanime», racconta Elsa, la figlia più piccola, 25 anni, «quando in famiglia ci è capitato di parlare di donazioni d’organi, era opinione diffusa in famiglia [(M. M.)] che nessuno si sarebbe mai opposto se il destino ci avesse messo davanti a una decisione del genere, nostra madre non aveva mai espresso parere contrario». Sono discorsi che si fanno intorno a un tavolo, ascoltando una trasmissione televisiva che magari parla dell’argomento o davanti alla pagina di un quotidiano che racconta vicende simili. Il destino beffardo ha voluto che i tre figli di Rosa si trovassero d’improvviso di fronte a una scelta così importante: «È stata una scelta naturale», riprende Elsa, «e vorremmo anzi che la gente capisca quanto sia importante donare gli organi, vorremmo che la nostra decisione sia d’esempio». LA MALATTIA. Un esempio che Rosa Guarneri, da lassù, approverebbe di sicuro. L’impiegata dell’Enel è deceduta venerdì scorso a soli 57 anni (non era più una ragazzina ma era tutt’altro che pantofolaia) a causa di un aneurisma cerebrale che se l’è portata via in poche ore. Da giorni lamentava un senso di spossatezza e forti mal di testa. Sintomi avvertiti anche quattro giorni fa durante una delle lezioni di ballo e ginnastica che seguiva presso il centro anziani di via Lazio, dove era socia dell’associazione Terza età: «Una donna volitiva e piena di iniziativa», la ricorda Giancarlo Cancedda, presidente del sodalizio. La sua morte ha colto di sorpresa tutti (i funerali si terranno oggi alle 15.30 nella chiesa di Rosmarino), ma quattro persone vivranno grazie alla coscienza della donazione dimostrata da Roberto, Tamara ed Elsa. Una scelta di vita che il direttore generale della Asl del Sulcis, Pietro Chessa, ha definito «fondamentale per promuovere la cultura della donazione, siamo vicini al dolore della famiglia e al contempo ci onora la loro decisione». Il prelievo degli organi è stato eseguito ieri mattina nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Sirai da un’equipe chiaramente diversa da quella che l’aereo precipitato nel Lazio non ha potuto caricare a Bologna e accompagnare in Sardegna. ANDREA SCANO di Milano che hanno prelevato il cuore e sono ripartiti in serata per la Lombardia. Un secondo jet, infine, ha atteso per ore nella pista dell’aeroporto di Elmas il fegato prelevato dall’équipe cagliaritana per portare l’organo compatibile a Modena. I reni della donna di Carbonia sono stati invece trapiantati in Sardegna. LE IPOTESI. Oltre all’inchiesta avviata dagli ispettori dell’Ansv, un’indagine parallela è stata subito aperta anche dalla stessa società proprietaria dell’aereo, la Air One Executive, specializzata nel trasporto pubblico di passeggeri. Nonostante si sia parlato con insistenza ieri di un fulmine come possibile causa dell’incidente, questa ipotesi non convince i tecnici e gli esperti. Il giallo viene inoltre alimentato anche dall’esplosione avvenuta in volo. Le cause sono ancora da individuare ma difficilmente un fulmine potrebbe provocare un’esplosione. Non convince, inoltre, anche l’ipotesi di un problema ai motori o al serbatoio del carburante, visto che l’aereo ha perso quota rapidamente perdendo circa settecento metri in due secondi. Una caduta velocissima che potrebbe essere stata determinata anche da un cedimento strutturale (ma l’ipotesi si scontra con il fatto che l’aereo aveva appena terminato la manutenzione) oppure da un ordigno. Tanto più che sul luogo dell’incidente, a Trigoria, erano presenti ieri mattina carabinieri e polizia e anche gli specialisti dei nuclei balistici per dare il loro contributo alle indagini. FRANCESCO PINNA IL PRECEDENTE Lo schianto sui Sette Fratelli Quattro anni fa la morte di Alessandro Ricchi Cordoglio e commozione in tutta l’Isola alla notizia della nuova sciagura aerea, simile a quella che il 24 febbraio 2005 costò la vita all’équipe chirurgica di Alessandro Ricchi e ai tre uomini dell’equipaggio. I medici avevano appena prelevato un cuore per trapiantarlo a Cagliari, quando il Cessna 500 Cytation su cui viaggiavano si schiantò all’alba su una cima dei Sette Fratelli. Per quell’incidente, il 17 marzo 2008, sono stati condannati i due controllori di volo dell’Aeronautica Militare in servizio alla base di Decimonannu. «Ancora una volta la rete trapiantologica nazionale è colpita da un avvenimento tragico nello svolgimento dell’attività istituzionale», ha commentato il Centro nazionale trapianti. PROMETEO. Una tragedia che ha colpito anche i volontari sardi dell’associazione italiana trapiantati di fegato “Prometeo” che chiederanno a Napolitano un’onorificenza alla memoria per i due piloti deceduti. «Ci inchiniamo con profonda deferenza di fronte a questi uomini coraggiosi», dice il presidente Giuseppe Argiolas, «per noi sono questi i moderni eroi che permettono interventi salvavita a qualsiasi ora del giorno e della notte e in qualsiasi condizioni meteorologiche». Lutto anche all’ospedale Brotzu, dove tutto è già pronto per la quinta commemorazione di Alessandro Ricchi e delle altre vittime della tragedia di cinque anni fa. Cordoglio viene espresso dal cardiochirurgo Valentino Martelli, così come da Ugo Storelli, responsabile del centro trapianti: «Per noi è ancora vivo il ricordo dei nostri colleghi e amici», ribadisce, «ci sentiamo vicini ai familiari dei due piloti, facciamo tutti parte della stessa grande famiglia». SETTE FRATELLI. Il 24 febbraio del 2005, oltre all’allora primario della Cardiochirurgia del Brotzu, Alessandro Ricchi (52 anni) persero la vita anche il collega Antonio Carta (38 anni), il tecnico perfusionista Gian Marco Pinna (48 anni), il pilota del Cessna Helmut Zurner, il suo secondo Thomas Giacomuzzi e il messinese Daniele Giacobbe, aspirante pilota. (fr. pi.)