FACCIO L` `ARTE CHE NON C`È` (e non sono arruolato nell`arte
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FACCIO L` `ARTE CHE NON C`È` (e non sono arruolato nell`arte
Intervista di Luciano Marucci a Luca Maria Patella Roma, 2 gennaio 1990 FACCIO L’ ‘ARTE CHE NON C’È’ (e non sono arruolato nell’arte. Cercàtela con un’ottica completamente diversa) Luca, un nuovo anno è incominciato e noi andiamo avanti con le interviste a vita per arricchire il nostro libro infinito.. Mi pare giunto il momento di chiederti il tuo punto di vista sull’uso di questo mezzo in arte. Per te è un’altra occasione per fare analisi? Forse l’intervista diretta ha spunti di verità, perché non c’è niente di preparato, come sai (e anche le correzioni e aggiunte successive sono espresse molto liberamente). Dunque, tu dici analisi.. In realtà io di autoanalisi ne faccio molta; ma qui si tratta, se mai, di comunicare; e, magari, procedendo, mi dài l’occasione per dire delle cose.. in più, che a vanvera vengono fuori. I dati teorici veri e propri, anche se muovono spesso da una base fortemente intuitiva, non li elaboro così estemporaneamente, ma in altra sede e con altri tempi. Qui in parte te li riporterò o accennerò. L’intervista ha una funzione liberatoria? Anche una funzione ossessiva. Perché tu sei ossessivo come me e, quindi, mi aggredisci come.. una tigre nevrotica fornita di registratore, io reagisco come una tigre rinevrotica che ha forse il piacere di reagire all’intervista. Può diventare anche uno strumento per fare lavoro creativo? Beh, sì, ma nel senso che abbiamo detto: comunicare è utile, sia per gli altri che per se stessi, forse.. Avendo.. strumenti adeguati.. [sorride]. Allora, lo vogliamo fare un ‘testo unico’ delle nostre interviste e dei dialoghi sul pensiero di Patella, sul suo essere nel mondo come artista totale? Come ti avevo scritto, un libro-vita, un documento biocritico.. Certo, ben venga, se hai voglia di lavorarci, sei ‘benemerito’ (.. o mi spingerai troppo su versanti cavillosi e autoaggressivi?), poi, sai, le cose non finiscono mai.. Comunque, andiamo pure avanti, ..anche ripetendoci? Oppure, dicendo, spero, cose nuove. Ti ricorderò che in “Io sono qui / Avventure & Cultura” (librovita totale, proiettivo, in atto) -1970-’75 - ‘TIG’ (cioè: Tiger! vedi? Non mi sbaglio..) era, fra l’altro, ‘biografo totale in atto’ di ‘SAL’.. Ti prego, però, di rispondere alle domande senza censurarti per portare allo scoperto altre verità. Iniziamo, quindi, a scavare.. Cosa significano quei sogni che registri e analizzi nel tuo ‘nottario’? Ce l’hai il badile? Dammi una badilata! No, no! beh.. Duchamp dice: “Anticipo per un braccio rotto” (il ready-made che è una pala da carbone o da neve), anticipo per un braccio rotto, o per un braccio sano, o per un abbraccio: ..anticipo per un abbraccio sano che non viene mai?.. I sogni che metto lì, se sono esperienze troppo mie, personali, senza un interlocutore, finisco tutt’al più per ricavarne opere. Se poi diventassero qualcosa di vero, diventerebbero un abbraccio sano, ma io non ci spero troppo, a dir la verità. Scriverli è forse un lavoro destinato alle opere, questo è il suo limite: perché ideare mi è molto congeniale. Se io apro una mano, vengono fuori 10 api, 15 farfalle, alcune vespe (non della Piaggio, che forse non si chiama solo così), vengono fuori un sacco di Cose.. tutta una Sfera; e queste cose, come sai, le elaboro, non è che le prenda così nel vento, come alcuni fanno; le elaboro magari durante mesi, o anni. Comunque, se apro le mani, escono fuori tutti questi insetti e, se sogno, come del resto sognano tutti, o se penso, arrivano tante immagini che poi vanno tradotte in arte, se uno vuole ‘metterle da parte’, nel senso di accumularle; perché l’arte è una forma di semiologizzazione, di messa in biblioteca della vita: culture come vita, o viceversa. La vita come vita, viene.. tagliata fuori. 1 Questo è.. il limite dell’arte. I sogni però a volte li lascio perdere, come attualmente (dopo tanti anni di.. annottazioni). Sai, uno è assalito continuamente da idee, sensazioni, progetti, un rovello anche piacevole, ma senza fine; se non si difende.. Secondo te, l’arte può essere uno strumento di conoscenza dell’Io? Qui dovremmo dire che l’Io, per essere precisi nei termini, è, sia la parte cosciente della psiche (in piccola misura), che l’Inconscio, in buona parte o chissà fin dove: perché l’Io stesso è inconscio. E allora, l’arte come conoscenza dell’Io, di quello che sai: ..no, perché quello già lo sai. Di quello che non sai: certo, l’arte è una delle maniere per affrontarlo, o semplicemente.. usarlo. Bisogna vedere se uno lo affronta solo nel senso di fare storia, arte, o nel senso di fare la propria storia che si evolve! ..Comunque, in ogni caso, l’arte opera in queste dimensioni, è ovvio. ‘Ego tanquam centrum circuli..’, ‘Io come centro di un cerchio’: il sogno dell’arte, e di Dante (o d’ante?).. L’Io è anche strumento.. della provvidenza [sorride] o dell’istinto; ed è fornito di uno.. strumento pulsionale!.. Consideri l’opera come mezzo di comunicazione? Certo, ma non come il.. telefono, o il telefax, il video o l’autobus! Volendo, ..tutto è comunicazione, come tutto era politica, o tutto è psicologia, o biologia, ..se non parliamo di sassi, si sa.. Mezzo di comunicazione di cosa? So comunicare la mia intelligenza che stimo molto, la mia creatività che stimo altrettanto (da presuntuoso o da cosciente di me stesso), ma so comunicare (ora dico nel mondo) la mia umanità? (e dàgli!..). Pensi che l’immersione nella memoria e il sentimento possano soffocare la libertà immaginativa? Non capisco i termini della domanda, ma diciamo: ..no, che c’entra?! L’arte non va intesa, tradizionalmente, per forza come memoria. Non, cioè, che l’arte sia fatta di ‘ricordi’; la poesia, per esempio, come.. ricordo dei tempi che furono.. Sì, spesso l’arte ha anche a che vedere con gli intrichi della memoria, ma gli intrichi della memoria sono labirinti che ti portano al presente, al futuro. Uno sconta il passato nel presente e conta per il futuro: vive in questo crinale che ti incrina, che ti spacca o che ti spinge o che ti tira. Quindi, non solo memoria, ma, sì, memoria; per forza, perché se uno non avesse memoria e memoria molto antica e memoria come anticipazione, cosa farebbe? Non vivrebbe! Qui, in questa sfera ampliata, ti voglio aggiungere che definire uno, o me in particolare, ‘un artista’, come se facessi un mestiere, non mi va bene. Di fronte, non alla società, ma all’intelligenza: io non ho mestieri, non sono un artista; sono niente e tutto. solo m’interesso del Complesso (..ma ho il complesso dell’amplesso?) Più volte hai detto che con il tuo lavoro cerchi di esprimere la complessità delle esperienze esistenziali dell’uomo contemporaneo portando nell’opera tutto ciò che conosci del mondo. Ho notato, però, che, specialmente ora che ti interessa di più comunicare, ti è quasi venuto il complesso della complessità.. nel senso che ti preoccupi molto della comprensione delle tue intenzioni anche da parte della gente comune e cerchi di essere più esplicativo del solito (mi riferisco in particolare al tuo recente ‘librocartella’ di poesie “P’alma di mano”, che contiene anche opere fotografiche e disegnative, nonché una cassetta registrata con la lettura dei testi, fatta da te). Mah, ‘l’uomo contemporaneo’ non è parola mia, perché a me dell’uomo contemporaneo importa poco; importa più di me, pur..troppo; oppure della donna! Oppure degli intelligenti o i buoni o le belle.. Oppure di quelli che conosco, o di certi che non esistono più da quel dì. ..O di altri che potrebbero o potranno esistere!.. Questo complesso della complessità l’ho sempre avuto, ..ricordi? Non certo come paura di praticarla! Ma ho sempre insistito forse fin troppo.. ‘didatticamente’ sulla ‘didattica’. Cioè, io credo che uno debba, sì, fare tutto quello che ritiene di dover fare, senza limitarsi, senza affatto tagliarsi le ali né ‘semplificare’ il suo linguaggio.. D’altra parte, niente deve essere un fumogeno mistificante, che copre il nulla, ..come si usa! Se 2 uno ha voglia, può quindi parlare delle sue cose: senza paura di scoprirsi, né di esaurirle (.. se sono vere: non c’è pericolo!). ‘Spiegare’, se vuole, pur avvertendo che con ciò non rivela che un aspetto delle cose, o chiarendo che questa ‘spiegazione’.. come, spesso, nel mio caso, fa parte del lavoro: come theoria!. Anche ‘gente comune’ non è una definizione che adopero.. Ma me ne son sempre preoccupato, anche troppo: quasi un complesso dell’amplesso.. umano [ride]. Semmai puoi dire che, nelle ultime poesie, ho fatto in modo di essere (almeno in superficie) più chiaro; ma perché mi sembrava bene così; non certo perché voglia volgarizzare il mio fare! Se risulto più comprensibile: considera che in realtà non mi sono mai occultato, ho cercato sempre di essere comprensibile. Magari, se sono al livello di fare delle poesie che possono essere capite più immediatamente, sono.. meno ‘didattico’. E molti miei lavori passati e presenti, se uno non è prevenuto, sono ben comprensibili; almeno nella loro presenza estetica e simili, che - se non sempre li esaurisce - ne è una sostanza importante, e un luogo di accesso. Se vogliamo tornare un momento all’ ‘uomo contemporaneo’, io non credo alla sua complessità. La formazione dell’intellettuale del passato era più elitaria, ma in genere assai più ricca. Il grande aumento quantitativo e comunicativo porta, almeno in parte, a una democratizzazione (con la controfaccia della pazzesca aggressività dell’informazione.. non richiesta), ma anche ad un abbassamento di livello (così come le tecniche e gli oggetti odierni sono fatti per il consumo: ..e per esempio, le tecnologie connesse all’immagine sono diventate sempre più labili, ..mentre nessuno ci pensa). Ciò non viene a dire che questo appiattimento debba essere il nostro destino, e che la dignità della personalità umana non abbia possibilità di azione creativa e di riscatto (..dell’ostaggio). Comunque, tornando alla mia domanda, attualmente senti la necessità di stabilire un rapporto più autentico con il prossimo e un interesse anche verso la cultura che viene dal basso e per tutto ciò che appartiene al gusto comune e alla strada? Il piano psicologico e quello del lavoro hanno strette attinenze, ma non poi così esplicite; anzi, a dir la verità, il lavoro è qualcosa che mette in codice le cose, e che quindi tende ad astrarti dal contatto (ma son tanti anni che lo ripeto), a meno che tu non sia così bruciante che ci.. ‘vada dentro’, anche nel lavoro; ma se sei tanto bruciante, rischi di mettere il lavoro da parte e di andare a spasso.. “La cultura che viene dal basso”, dall’alto.. : la cultura o meno, è dovunque, non è patrimonio privato di nessuno. Io del resto, mi sono sempre occupato di realtà semplici, cioè necessarie e non snob. Poi, ..cosa vuoi dire: mal gusto? Il ‘mal gusto’ mi interessa, ma alla seconda potenza, con ironia.. Potrai inoltre ricordarti come, nei testi, da tanti anni abbia usato il dialetto, a fini espressivi. O come ti stia rispondendo ora con linguaggio volutamente non ..aulico, né astrattamente o volutamente ‘cólto’; diciamo in parte colorato (per non dire, come si suole, colorito..). La “strada” serve per camminare, osservare, e per andare.. al quadrivio psichico o.. al trivio! (come dico in “P’alma di mano”: poesie da quadrivio). Mi riferisco a certe forme di cultura meno nobili, meno aristocratiche. Ma io non ò mai voluto essere uno che si propone una cultura ‘aristocratica’, nel senso del distacco. Per carità! altrimenti non ci capiamo.. Il naso fino dell’ignorante (di una realtà) che subodora l’imbroglio se non capisce: è naso ..fino lì! (spesso prende per fasullo quel che è vero, e viceversa). Sta a lui di affinarsi e capire se è il caso di proseguire. La cultura è complessa in quanto vuol essere vera, non perché vuol distaccarsi dal vero! Questo tienilo ben presente. Io non parlo della cultura che vuoi fare tu, ma della fonte a cui attingi. Non lo capisco bene questo. Se uno fa il falegname, incomincia un antico mestiere. Non è che il legno.. gli caschi addosso e con il fiato lo trasformi: deve sapere tutte le tecniche, impararle; deve avere tutti gli strumenti. Quindi, uno che prima faceva il macellaio, non è che il giorno dopo può improvvisarsi falegname. Rompere il diaframma fra l’uomo che non sa niente e quello che lavora in un campo, in qualche modo sarebbe bello, ma non è facile. Se uno potesse.. essere vento sospirerebbe nell’aria, ma essere vento è conoscere il vento, è farsi vento, è imparare ad esserlo; e allora anche l’altro, in parte, sarà colpito dal vento, in parte; se vorrà entrare meglio in questo vento, dovrà conoscere da che parte spira, dove va la sua storia.. Fra vita e cultura c’è un legame di attrazione, di impossibilità, di speranza di possibilità. Io.. aspirerei a questa speranza , ma non nella maniera ingenua di chi crede che si possa fare la cultura dalla vita in quattro e 3 quattr’otto. Piantare patate, fare qualsiasi cosa, esige conoscenza. L’arte, poi, ha questo respiro che, andando a toccare le corde dell’umano, ..a volte, la persona intuitiva, intelligente o la persona in generale (l’uomo, la donna), può sentirvi delle cose, travalicando i limiti della consapevolezza stringata e stringente delle tecniche e dei modi. Se noi torniamo in una sfera così romantica, in cui l’arte è espressione e sentimento, è universale: basta il fatto che uno sia vivo, per capire.. Qualcosa di questo sarebbe bello, sarebbe molto bello, e qualcosa di questo esiste, ma non cadiamo (pàffete..!), nel crederci pari pari; perché, te l’ho detto, per.. infilarsi i calzini bisogna sapere da che parte è il buco, come tirarli su.. Un bambino impara a mettersi i calzini e ognuno deve fare lo sforzo per mettere i suoi calzini (lo dico perché sto vedendo i tuoi calzini, eh..). Non bisogna poi identificare verità con luogo comune, come la società e la nostra deformazione vorrebbe! Ecco, potrò dirti che a volte finisco.. per istituire - anche se non è certo questo il mio fine ultimo - delle trappole acchiappacitrulli (per esempio con l’ironia). Sembrano mettere alla prova la convenzionalità o meno altrui. Chi confonde serietà con seriosità tutta di un pezzo, non può essere in sintonia con le mie cose (..a costo di rimetterci io, e molto, in pratica); e nemmeno chi le creda leggère o confuse. Invece, anche un bambino - è capitato - può avere il ‘passi’, senza difficoltà. Ma, a parte questo: dove, se mai, possiamo dire che una comprensione integrale del mio lavoro, delle mie proposte, non è facile? (anche e proprio nella cerchia dei.. cólti e degli intenditori). Nel percepirne l’originalità! Nel poter constatare che, sotto le eventuali apparenti analogie di immagine con la produzione di altri, c’è invece una complessità e uno spiazzamento sostanziale di assunti, completamente da scoprire e da leggere. Certo, io urto non solo chi si appoggia ai luoghi comuni dell’incultura, ma forse di più chi si barrica nei luoghi e ruoli comuni e triti della cultura protetta dalle cerchie e dagli specifici. Perché indico una prospettiva radicalmente diversa. Vuoi che spari fuochi d’artificio? Una rivoluzione gnoseologica & Co. Che dici? ..Ho rivoltato le carte in tavola.. (e non son carte che muovono dall’ideologia o dalla politica). Che ci incartiamo? ..Sai, mi rendo conto che questo pacchetto individualistico, in quanto tale à tutta l’aria di una rivendicazione nevrotica. È vero, ma, astraendo da me: è anche vero che essere unicamente (e al di là dei problemi.. dentistici) che so.. bulinista di traduzione, videomaker, ..specialista di pedicelli alla punta del naso, ..distributore di cotechini, critico di poesia neocrepuscolare, ..o altro (equivalenti poi, in senso assoluto, nella gestione dei loro intrallazzi socializzanti): è ridicolo! Vogliamo continuare a raccontarci minime barzellette che non fanno più ridere? Oppure - cosa opposta, ma uguale - mescolare il mazzo e spiluzzicarvi a vuoto come cretini? Non so quanti.. secoli ci vorranno, ma è un destino reale, quello, socialmente sconvolgente, di: essere e fare scelte un po’ dappertutto (e non con una sola idea) nei modi della creazione del mondo.. Sì, questo per i problemi di fondo. Ma tornando più limitatamente al presente: non cerchi di entrare nella quotidianità per creare un innesto tra la realtà esterna e il tuo immaginario? In realtà.. io ò sempre cercato questo. Mi potrai dire che posso avere abbassato un po’ la maschera psicologica, come in altre occasioni. Forse mi sono un po’ più smascherato, ma non è che prima mi volessi distaccare.. È che, se le cose si fanno più brucianti, la maschera ti cade e mostri di più la faccia. Però la maschera non era fatta per complicare, forse solo per difendersi. Le ultime correnti artistiche quasi sempre nascono per reazione a quelle che precedono. All’interno del tuo lavoro, c’è mai stata un’alternanza vistosa, come ci può essere, nei gusti, negli interessi culturali e nel modo di vivere? In altre parole, in questo tuo procedere verso il nuovo, hai mai avuto dei bruschi cambiamenti di rotta? Da un lato dovrei dirti che il mio lavoro, tutto sommato, segue un filo (chi mi vedesse come un eclettico che salta di palo in frasca sbaglierebbe); dall’altro, è giusto che un lavoro che si rispetti, come una vita che si rispetti, abbia dei soprassalti, perché se no uno si ripete. Trovare una cifra e ripeterla? Questo sai bene che non è il mio fare. Quindi, che io abbia avuto degli stacchi notevoli, sia pure in questo filo continuo: sì. Potrei esemplificarti, ma dovrei pensarci.. Per esempio: l’aver lasciato tutti i mezzi manuali alla metà degli anni Sessanta, per buttarmi in altre cose..; l’aver, poco più tardi, introdotto la scrittura, il testo (alcune.. teorie e poesie già le elaboravo prima). In genere, poi, ho svicolato da quello che avevo molto in mano e dal quale avrei potuto cominciare a tirare delle somme più conclusive, o meglio, no: più rifinite o 4 ridondanti e pratiche(non voglio dire compiute). Ho sempre tagliato la corda (anche se non dopo poco tempo): quando la cosa andava troppo in mano ad altri o diventava alla moda: io ho tagliato (..perché già c’ero stato, e con profitto creativo). Sì, sono un artista che si reinventa, perché questo è il senso dell’indagine; e, così facendo, fra l’altro contravvengo alle regole, perché il mercato vuole cifre ripetitive. ..Sarebbe bella l’ipotesi di un artista che periodicamente ricomincia in un nuovo ambiente, con un nuovo stile, e un altro nome.. La costanza della propria psiche ..costa fin troppo! In arte, quindi, non si deve essere sempre coerenti.. Se la coerenza è ripetizione passiva, no davvero! Se la coerenza è essere se stessi, nel senso di elaborare fino in fondo delle cose che ti riguardano: sì! L’ultima opera è sempre la migliore? L’ultima opera è quella che ti sta a cuore, in quanto la stai facendo, ma non è detto che sia la migliore. L’interesse nel fare non è una Storia necrofila; è rivolto più al domani che all’oggi: cioè, alle cose da inventare. Parliamo di un’altra cosa che ti sta particolarmente a cuore.. Tu hai viaggiato molto specialmente nel periodo della formazione, e i riferimenti ai viaggi si trovano nelle opere, alcune delle quali pensate e realizzate proprio durante gli spostamenti in treno C’é un’associazione tra i tuoi viaggi mentali, immaginari e quelli reali? Ci si può vedere una più sentita interrelazione tra arte e vita e un ampliamento metaforico? Insomma, per te viaggiare è uguale a.. Che domande lunghe mi fai.. perdo il filo del viaggio.. Da un lato sì, ho viaggiato e, come stavo dicendo prima, il mio lavoro è un viaggio, nel senso che si trasforma, prende binari e rotte diversi; nemmeno è esatto dire binari, che sono fissi o a senso unico: a volte fa anche dei ritorni più che degli avanzamenti. Ma potrei dirti, come ti ho detto nella “Logique du Tout” (a proposito di Fermo: .. “per Fermo si cambia”), che tutto questo cambiamento non è detto che.. non venga paradossalmente a significare la mia.. impossibilità di cambiare, o difficoltà. Ti ricorderò, per esempio, “Tre e basta”, quel mio film del ‘65 dove indicavo questa problematica: una didascalia diceva “perché questi movimenti (di cinepresa)”? E un’altra rispondeva “i movimenti sono anche nevrosi” (e qui mi riferivo agli ‘ismi’ artistici come nevrosi, come ‘non movimento’, di fronte a un ipotetica fluidità di un fare libero). Addirittura gli stili dell’arte sono delle cristallizzazioni. Figùrati allora gli stili personali di vita!.. Ci sono questi piani: da una parte il mio lavoro (t’ho detto prima, delle farfalle..) questa possibilità di un perpetuo fermento di inventare, di essere sempre con tante cose in mano che sbottano e che poi con la costanza concludo; dall’altra, questo non viene a significare che io sia pieno di vita e di essere per gli altri.. Perché io tendo a vedere l’arte come una cosa di altissima specie, ma che non è detto affatto che ti liberi. Forse perché ce l’ho in mano, la deprezzo, pur apprezzandola magari al di sopra di tante o di tutte le attività possibili. L’arte, questa cosa che è pronta a saltare ovunque, a qualsiasi ardimento, con coerenza (una coerenza che ha la coerenza di buttarsi, di cambiare, perché, se no, non è coerenza, ma solo noia). E, invece, l’impossibilità di cambiare: non di cambiare nell’arte, di cambiare se stessi, di essere-per.. (sono ingenuo?), di costruire veramente qualcosa. ..Uno dei miei dipinti ovali, tutto raffinato e bianco, dice, con una scritta in caratteri classici (rosso-minio e grigi) attraverso Dante, in più sensi: “Ove non è che Luca”. Ma in più, la O di “ove” è coricata, e quindi ovale come la pittura ovale stessa, .. è ovale che ha due ‘fuochi’; ..e per giunta la O coricata è delle dimensioni di un uovo; ..e l’uovo alchemico..; ..e il biancoluce che contraddice (insomma: ..riluce o non luce?); e il rosso, il nero, alchemici..: lo strano e aulico viaggio continua, continuo.. Vedi quante storie in un quadretto? Anzi: in un ovalino. Ho voluto svicolare in una.. digressione viaggiante: ma inerente, psicoassonante.. D’altra parte tornando al discorso di prima, l’abbiamo detto: se non ci fosse il ‘museo’, se non ci fosse il luogo dove elabori e depositi ‘scritte’ le cose, il vento cancellerebbe tutto; per cui il bisogno c’è, e forse anche un certo dare agli altri c’è, in questo esprimersi; però io vorrei sentirlo di più, strettamente, per quello che mi riguarda, e addirittura.. mettere da parte l’arte, se fosse possibile. È qui il dilemma più duro che forse tu hai còlto un po’, e questo è l’abbandono della maschera 5 di cui parlavo prima. Anche se, come problematica l’ho quasi sempre avuta presente (ricordi? ‘Arte come dialettica fra totalità e autismo’). originalità.. o? rigidità (rigor mortis) Scusa se ti faccio cambiare tono.. Si può dire che del concettualismo in te sia rimasto soprattutto il ricorso alla tautologia sia pure in maniera personale, non sterile, non formale. Perché questa fedeltà? Concettualismo, ma in un senso rifondato del termine: dovrebbe esser ricco come la mente (o la realtà), ricco di senso, sensazione ed idee (anche il colore: non lo si trova certo negli intestini!). È quello che vado elaborando e proponendo da sempre. ..Ri-restringendo il campo: abbiamo anche parlato a microfono spento per chiarirci, ma su questo non ci capiamo molto. Tu dici che il mio lavoro è spesso tautologia, il che equivarrebbe a un fare che rimanda a se stesso, che parla di se stesso. Per approvarti, un po’ scherzosamente (..se ora voglio essere critico e pessimista come posso esserlo stasera) potrei dirti che io parlo di me stesso - ma sul piano psichico - e, quindi, rimango me stesso. Invece, sul piano dell’arte (pur assumendo fortemente il problema del linguaggio) io salto sempre altrove; e, quindi, non sono tauto-logico, sono.. tautoassurdo, spesso! ..Credo quia absurdum; non surdum! ..Nòo? Ma io intendo tautologia in senso linguistico, paradossalmente come mezzo per dialettizzare.. Allora, forse non ci intendiamo bene su cosa voglia dire tautologia. Etimologicamente, tautologia e dialettica significano cose proprio opposte (to autòs Iògos, e dià lògos: il discorso che si riferisce a se stesso; e quello che passa attraverso, va al di là, ..e magari cade nel suo opposto). Io non lavoro mai.. sulla pipa come pipa, la intendo come presa per il c della pipa, cioè di chi crede che la pipa è una pipa, di chi crede che la pipa sia arte.. Invece io credo che Magritte stesso prendesse per il c chi crede che l’arte è l’arte, e gli desse uno scossone. Sai che di lui (a parte le celebrate pipe) ho visto, da un collezionista, una ‘pipe-bitte’! (pipa-..cz). E io, nella mia serie (ironico-seria).. pipesca (sia in pittura, che in sculturine poggiate su velluti colorati, sotto tèca, e con menu, ‘menuement’ del pipes) ho fatto un: ‘ceci n’est pas une pippe’.. Io do sempre uno scossone e.. un calcio in c a tutti, o tanti e questo non è tautologico! Il mio linguaggio poi, in parallelo, non è limitatamente autoreferenziale, ma anzi svicolante (e relazionato) al massimo grado. Se vuoi parlarmi di concettuale: io non l’ho mai inteso in quel senso riduttivo, ..uniconcettuale. Al contrario: l’ho capovolto (una mente, una struttura autentica e rigorosa: ..“ha da essere” oltremodo ricca!). Ma la partenza è tautologica, anche se serve per andare altrove, lontano anche in senso verticale. Dici? A me, francamente, sembra che c’è lo spirito di essere.. sempre ‘contro’. Io non sono mai a favore di niente; sono sempre contro, per cui non prendo le cose alla lettera, per quello che sono (cioè per quello che il potere della convenzione ci vuole far credere che siano), ma per dire agli altri: “guarda che le cose non sono come sono”. Magari, volendo fare autocritica, ti posso dire che, proprio una citazione che troviamo in “P’alma di mano” (una frase da Shakespeare), dice: “Io non sono quello che sono”. E questo potrebbe intendersi in due o più modi: non credere che io sia quello che tu credi di vedere in me, io sono altro, sono diverso; oppure: io non riesco ad essere quello che sono e forse non ci riuscirò mai. Due cose molto opposte che, in sostanza, paradossalmente dicono: no, io non sono quello che sono.. (gli altri!). Urca!.. (Slam!). Comunque, per procedere, qual è il tuo lavoro più rappresentativo in questo senso..? Nel senso della tautologia? Se intesa in senso limitato e univoco: ..nessuno. Tu mi indichi che “Lu’ capa tella” e la Gioconda con scritto in fronte ‘Gioconda’ sarebbero cose prettamente tautologiche.. Io, purtroppo, ..quello che mi riguarda psichicamente.. spesso - come ti ho detto non lo so ‘capire’: questo nella realtà. Ma “Lu’ capa tella” e “La Gioconda in fronte” - che sono invece produzioni linguistiche e opere - non mi sembrano affatto tautologiche; anzi sono tutte 6 prese per il c (di chi crede ai luoghi comuni), ..che non sono mandare a fare in c! Sono anzi un omaggio autentico; ..ma “omaggio” è già una parola che mitizza. Insomma, meglio detto: un dialogo autentico con la storia, con me stesso e con l’andare avanti; autentico in quanto i miti, le agiografie, quelle sì che sono c, cioè cazzate. Mettersi in ginocchio e dire “San Leonardo, ora pro nobis”, “Duchamp, nel primo mistero glorioso..”. Io ho sempre preso per il c tutte queste cavolate, perché solo essendo.. ‘fraternamente’ o da amico .. ‘interessato’, vicino a Duchamp, a Leonardo o chi sia.. (ma Leonardo l’hai tirato fuori tu, con la Gioconda): procedo autenticamente (anticamente & modernamente). Dante, per esempio (grandissimo), ma io sono suo nemico, sono suo amico. A Dante, certo non mi porrei accanto; un livello storico così alto, una complessità così grande (anche se nella vita.. poteva essere scombinato o scemo).. Ma, comunque, anche di fronte a uno grande così, io non mi metto in ginocchio, né gli dico: “ora pro nobis peccatoribus”. Gli dico: vieni qua, dammi qualcosa e io ti do qualcosina. Ti ricordo poi, con linguaggio un po’ più pertinente.. o meno impertinente, come uno dei miei.. enunciati anni ‘70 era all’incirca: ‘..per una dinamica iperconnotativa’, cioè il massimo dei significati e dei rimandi. Il mio discorso si riferisce ‘anche’ a se stesso: non per rimorirvi in timidezza incestuosa, ma per analizzare, parlare e scattare. I ‘personaggi’ dell’avventura di “Io son qui” erano dichiaratamente anche elementi linguistici, ma anche psicologici, sociologici, sociopolitici; miei, e ..appartenenti ad altre culture e psicologie. Andiamo avanti facendo due passi indietro per rin-tracciare il tuo percorso. In sintesi, cosa hai voluto dire con l’attività grafica sviluppate con accanimento nei primi anni Sessanta? Le cose si farebbero lunghe. Io venivo dall’Uruguay e lì avevo ricominciato a disegnare (è solo nella prima adolescenza che avevo interrotto le attività artistiche). Sai che studiavo Chimica, ma non mi sentivo bene sul piano psicologico e allora andavo magari nei parchi, tutto solo a lavorare: fogli magari di extrastrong, la matita, l’acquerello e le mie cognizioni figurative (un po’ limitate). Dipingevo, facevo tanti disegni, un disegno.. fra postimpressionismo e ‘mezzaluna’ di ascendenza liberty-futurista. E me ne andavo anche a vedere Torres García, e a studiare, all’Istituto Italiano di Cultura, i libri che erano disponibili sulle avanguardie e sul ‘900 italiano (..Carrà, Dufy, Modigliani..).. Poi, arrivato a Roma tutto solo, mi sono messo a fare specialmente la grafica, perché la mia esperienza era particolarmente disegnativa, e perché questo mezzo così secco, così stringato, mi era congeniale. Intanto, andavo a conoscere molta gente (della vecchia Scuola Romana, ..l’unico che aveva un temperamento era Pirandello che non ho conosciuto di persona); poi frequentavo la scuola del nudo, ecc. Eppure vivevo da ..lupetto solitario, introverso; salvo certe belle personcine.. ne parlo in “P’alma di mano”! Facevo pure dei begli acquerelli e tempere elaborate, su fondi gessosi - sentivo molto il colore e della pittura più estesa con la quale ho faticato; e l’ho smessa quando ero arrivato a poterla veramente fare in grande stile: ho smesso perché era giunto il momento in cui mi sembrava che non fosse più quella la dimensione (e nemmeno il segno e il gesto materico informale; nel frattempo ero stato a Parigi, nel ‘62, con una borsa di studio): questo cambiamento l’ho effettuato prima della metà degli anni Sessanta. In precedenza, il mio ‘moralismo’ o la scarsa cultura dell’ambiente, mi portava a infilarmi nell’ambito realista; ma anche per fare tutte le scale: dagli scalini più bassi in su, praticando la sensitività intuitiva in tutte le sue facce: non sono nato come non-pittore. Tu sai che ho bazzicato l’ambiente realista-comunista, ma da oppositore all’interno, a quella limitazione culturale (ero convinto nel sostenere i diseredati, ma il dogmatismo imperava, e la critica d’arte era ridicola). Anche con i miei disegni figurativi, io parlavo di ‘qualità del segno’ e ‘ritmo totale’ (termini che usavo allora), e dietro c’era una visione (reinventata però come segno strutturale) di Van Gogh, di Klee (che è legato strutturalmente a Van Gogh), i primitivi, ecc. ecc. Questo mondo mi era congeniale, ci ho lavorato molto; ho approfondito e capovolto le tecniche incisorie trasmessemi da un insegnante mediocre culturalmente, ma valido sul piano tecnico e dedito agli studenti. Allora lavoravo molto in questo senso (sostanzialmente ‘astratto’, eppure in presa diretta) con la ‘vernicemolle’, che preparavo per le varie stagioni, per i vari ambienti. Vivevo come un cane, solo e sempre a caccia di conoscenza. Andavo spesso a lavorare dal vero. Questo apparentemente sembrava che si imparentasse con certe forme di realismo, ma c’era sotto tutta l’articolazione del segno che nasce da se stesso, dall’interno e dall’origine, come poteva dire Klee. Ma nemmeno che io fossi tanto ‘aderente’ a lui, limitatino.. E tutto questo lavoro di progettare e di costruirmi il torchio calcografico, di inventare tecniche nuove, andare da Hayter a Parigi, trasformare le sue tecniche 7 introducendovi la fotografia, prima mediatamente poi direttamente.. (intanto, Calvesi mi aveva chiamato alla “Calcografia Nazionale”, per introdurvi e insegnarvi le tecniche sperimentali). Infine lasciar perdere addirittura l’incisione, questo per alleggerire il mezzo con i lavori ‘Senza Peso’ (alla metà degli anni ‘60, un po’ prima di quando ci conoscemmo noi), lasciar perdere il supporto grafico perché aveva una consistenza materica.. Tutto ciò poteva sembrare un continuo voltafaccia: per esempio, dopo aver faticato tanto sul segno manuale, scavando veramente fino in fondo (segno grosso, rude oppure sgusciante), con ‘l’acquaforte al taglio’, la ‘vernicemolledura’ (tutte quelle tecniche che io elaboravo e così denominavo), e superate certe remore del realismo (certi ‘moralismi’ che venivano poi dai comunisti), capii che bisognava sbattersi fortemente contro le cose, quasi fino a vanificarle. Lì quasi mi sarei forse eliminato come produttore estetico.. Avrei voluto.. sputare su una parete dicendo “io”, perché poi in quel periodo sorgevano anche delle cose concrete nella mia vita. E, nel lavoro, una nuova conoscenza e poi una realizzazione in mie cifre culturali. Avevo lavorato tanto a questa grafica per molti anni: c’è un corpus, come tu sai, molto complesso e completo. Ad un certo momento, appunto, ho lasciato perdere tutto, per i mezzi fotografici e filmici (li ho, con impegno, appresi, ‘capovolti’, e più tardi anche insegnati per vari anni) che chiamavo ‘Senza Peso’: ‘moralistico’, fisico, etc.: spiegavo i vari sensi in un catalogo omonimo dell’epoca, anzi, in vari cataloghi. Vi potresti trovare precise indicazioni (ma.. non solo nei cataloghi! Certo: nelle opere), solo apparentemente contrastanti, di: mentalismo, e di esistenzialità. a quando la Tendenza dell’intelligenza? un anima-le vero e grande (..il legato di un matto, o un matto legato?) Le “Misurazioni delle terre”, le performances che chiamavi “analisi di comportamenti”, e le “tele fotografiche”, sono ormai considerate anticipazioni del Concettuale, dell’Arte Povera e delle esperienze Land e Body artistiche. Come ti sono sorte queste rivoluzionarie intuizioni alla metà degli anni ‘60? Da un lato c’era questo saltar via dalla posizione di nemico all’interno di un fronte che era quello dello pseudo-realismo, in cui io ero sempre un transfuga, un contestatario; poi c’era la scienza e la psicologia che io conoscevo e che gli altri non sapevano cosa fosse (facevo analisi con Ernst Bernhard, ecc.); e la conoscenza continua delle cose artistiche che venivano facendosi, della modernità; l’aver visto la Pop Art che però io non ò mai assunto in quanto tale; certe cose più semplici di Warhol. Per esempio (fuori dell’ambito primitivo nel quale gravitavo e nel quale davo scossoni a certi personaggi che non capivano che la neo-figurazione, tutte quelle cose lì erano stupidaggini, né carne, né pesce) a Roma, nell’ambito innovatore, il personaggio più autentico era Pascali: un ..‘bestione’ incolto, ma con una carica certo superiore agli altri. Pascali o il suo ambiente potrà anche avermi dato una indicazione di campo, però, non mi posso sentire parente stretto di qualcuno, poi credo di aver dato qualcosa anch’io. Sembrerò ingeneroso, ma cerco di chiarire le cose. Ti aggiungerò che suppongo che, se Pino fosse vivo, non starebbe lì a ripetersi o autocelebrarsi. La sua morte è collegata alla sua smania, non credo solo giovanile ed esistenziale, ma anche creativa, e che non stava troppo a curare la ‘bellezza’ del pezzo. Riprendo a parlare di me: giravo, incontravo artisti, vedevo opere.., di Duchamp anche (non lo prendere per un mio idolo: non ne ho) e di tanti che mi interessavano. Faccio un passo indietro: a Parigi nel ‘62, ero andato a trovare Masson ed altri. Anzi, qui ti dirò che se entro in un museo (e non solo in esso), in genere mi vedi scrutare, (quasi) toccare, ..odorare, piantarmi lì delle ore.. Insomma, non è che stessi con le mani in mano; e poi, alla base, come ti ho detto, c’era anche questa mia formazione scientifica della quale ho.. sopportato il peso per tanto tempo, nel senso che (nei primi tempi che ero tornato dall’Uruguay) mi sembrava che la scienza fosse più ‘vera’ dell’arte, anche se io praticavo l’arte, anche se la conoscevo fin da bambino, anche se mio padre era stato per me l’ esempio di uno che non aveva fatto l’artista, ma che era un artista: non l’aveva fatto per remore sociali del suo tempo, e a favore della tecnica e della scienza, diciamo. Questa scienza che anch’io avevo intrapreso (in Sud America studiavo Chimica strutturale). Un 8 po’ spinto dal suo destino, ho dovuto lottare perché, come ò detto, mi sembrava, meccanicisticamente, che la scienza fosse più vera dell’arte; poi, via via, questa lotta si è appianata; ..questo ‘moralismo’ che mi stava sempre alle costole, e di cui ancora non riesco a liberarmi, non in questo senso, ma in altri sensi. Pian piano, o forte forte, ho capito che l’arte è questa dimensione più complessa.. Allora, la formazione scientifica, messa a contatto con l’arte, mi portava (una volta superate le remore che ti dicevo o anche mentre le superavo, specialmente in quel momento di passaggio dal segno (il disegno) ad altre cose alleggerite) mi portava a capire che la matrice scientifica non era qualcosa di più o di meno, ma era qualcosa che doveva dialettizzare con l’arte. E questo confronto (non di tecniche, perché stiamo parlando di culture, di semiologie diverse) e l’aver capito che l’arte non doveva essere per forza la pittura e la grafica: mi portava ad avere un atteggiamento, non voglio dire analitico, che è un termine riduttivo, ma, ripeto, di scontro e incontro fra arte e scienza (la scienza non più vista come qualcosa di incombente e l’arte come qualcosa forse di inutile). Chiarito questo sistema, la base anche scientifica della mia formazione (prima della quale c’era una base artistica fin da bambino) mi portava a fare le cose che ho fatto: l’analisi dei ‘comportamenti’ - così li denominavo esplicitamente - prima ancora che si usasse questa definizione, e le ‘terre animate’ (non scimmiottando certo gli americani land-artisti, che non esistevano ancora), immettendomi in un nuovo ambiente, se vuoi, ma con molti distinguo. Ora, per chiarezza, devo fare una critica anche a Pascali che pure era più creativo degli altri suoi emuli e seguaci romani. Anzi, prima voglio ricordare la sua inusuale generosità di giudizi (ricordo come, quando entrai a far parte dell’ ‘Attico’, parlava bene della mia mostra “Ambiente proiettivo animato”); voglio poi far notare l’auto-ironia dei suoi lavori, che li alleggerisce, a differenza di cose altrui, troppo seriose o leccate. La critica (certo, non rivolta solo a lui) è quella di non essere stato un uomo cólto (al di fuori delle arti visive) e, quindi, di non poter capire.. cosa c’è dietro e cosa c’è sotto. Aveva una grande istintività. Io, invece - sempre istintivo - facevo i conti fra la coscienza scientifica e la moralità dell’arte. E da tale scontro sorgevano queste cose - che tu mi hai chiesto - nuove, in quanto necessarie per me. “Ambiente proiettivo animato”, all’ ‘Attico’, è stata una mostra piena di significati anticipativi. Parlamene un po’. Sì, anche se - a dir la verità - era stato preceduto da varie mie altre cose analoghe, lì raccolte, organizzate e riproposte. Il catalogo stesso lo avevo concepito, sia come oggetto creativo, che come.. manuale di istruzioni con una piantina, ecc. (pensavo - mi ricordo che lo anticipavo a Sargentini - a quello, per esempio dei medicinali, ed alla comunicazione anglosassone). Non ti starò a descrivere l’aspetto calibrato e complesso della mostra (400 diapositive, coordinate, un film, e un ‘uomo che sa comportarsi indicativamente’, ecc.). Ti dirò che era chiaramente un ambiente: ..concettuale, comportamentale, e di immagini collegate in sviluppo. Avevo ed ho il ..gran difetto di.. non volermi far sfuggire niente. Non tanto di quello che era nell’aria, quanto di quello che non c’era; ed era in me, nella mia visione-mentale. Proposte troppo.. ricche e futuribili. Capisci l’assurdità di questo? Normalmente, per poter anticipare la dimensione concettuale (e ricevere un’..etichetta): non.. dovevi essere né tanto vitalistico, né tanto estetico! E viceversa, cioè analogamente, per ogni tendenza (o cul de sac!). Così va il mondo e continua ad andare. Invece a me interessava proprio una dialettica complessa - e tutt’altro che confusa che integrasse questi miei aspetti, solo apparentemente contrastanti. Già ‘Senza peso’ ti ho detto che significava l’immaterialità mentale del medium, ma anche il contrastare la pesantezza moralistica, mediante l’esistenzialità ‘circolatoria’ e antipsicologistica (“Intorno-fuori” e “Materiale per camminare” si chiama un altro film, in due parti, del ‘66), e ancor più radicalmente, il non dar più.. ‘troppo’’ peso alla ‘moralità dell’arte’; ecc.. Tutto un programma poco mercantile, e soprattutto.. troppo denso per quello che si attribuisce all’arte, allora ed ora. È l’ipotesi concreta, l’ “utopia realizzabile” (?!), di un’ ‘arte’ che (ancora) non c’è. Come nacque la parola “comportamento” per le tue performances e opere della metà degli anni Sessanta? Mi occupavo di psicologia, da lì l’ho mediata. Pensavo che, in quel momento, il compito dell’arte fosse, non di concentrarsi incestuosamente sui suoi stili, il suo mondo, gli psicologismi dell’autore, ma di allargarsi dialetticamente ai modi di vita. Avendo una formazione di ordine 9 scientifico, introducevo dei termini e dei fatti, prima che sorgessero e prima che fossero alla moda. I comportamenti, le performances come “Camminare”, o “Stare al bar”, scrivevo che erano a metà strada fra l’ “in vitro” del laboratorio (..vedi la mia pratica del laboratorio di Chimica), e invece la realtà. In quel periodo c’era una certa assonanza con il lavoro di Pascali, Kounellis e gli altri artisti di punta aggregati dall’ ‘Attico’ di Sargentini. Sì, in qualche senso, però sempre anche come ‘critico’ e ironizzatore di loro, nei miei lavori, come ti ho detto. Capisci? Loro si occupavano ‘solo’ di produzione di opere estetiche!. Per esempio, con ottiche (obiettivi foto cinematografici) particolari, ‘creavo’ delle virtuali grandi strutture, a partire da oggettini minuscoli, anche di due centimetri: così, piazza di Spagna (uno dei luoghi deputati) o piazza del Popolo, era invasa da una enorme.. struttura minimale illusoria (in realtà un tappetino da bagno) e si trasformava ironicamente in ‘piazza di Spugna’!.. All’ ‘Attico’, ho tenuto varie personali, la prima “Ambiente proiettivo animato” (aprile ‘68), un ambiente molto calibrato, di immagini mentali e creative, di scritte, e di comportamenti. Ero - e da 3 o 4 anni - in polemica protoconcettuale con l’oggetto pesante e non pensante (“Soggetti, più che oggetti”). In me, già da tempo non c’era più un super-io scientifico; ma - ieri e oggi l’artista ..ape suggente, unicamente intuitivo e limitato al suo campo (intendimi però: io non scredito affatto la pulsione creativa, che sta sempre alla base!) lo posso apprezzare, lo posso amare (perché anche io sperimento l’inconscio, e come! sono un mezzo ‘folle’, rapido, sfrenato e ruminante ossessivo. Un matto legato, o il legato di un matto? ..Le mie parole assennate non ti traggano in inganno!) ma non fino in fondo, perché è proprio in questo scontro-incontro, in questo pasticcio di capire che la scienza non è meccanicismo, l’arte non è romanticismo o idealismo, l’arte lavora per la storia e per la vita, ma non è vita: è in questo che sta la mia storia, il mio sentirmi poco e sentirmi troppo, quasi al di sopra di molti o di.. tutti, come ideatore innovatore. È megalomania? Non va intesa nel senso che mi senta superiore al volgo artistico: è la mia coscienza di essere diverso. Nell’arte io apro tutte le porte, e non bazzico solo il terreno dell’arte. È una necessità ancestrale, questa: ma quando ce ne renderemo conto? Il fare umano è radicalmente sempre in causa. Nelle vere opere d’arte storiche, le implicazioni sono molteplici e di grande pregnanza. Alla nostra altezza, o bassezza, dei tempi, le cose si fanno più esplicite. Consapevolmente e inconsapevolmente, il fare non può essere più: limitato. La mia non è l’intuizione o la logorrea del critico o dell’artista pseudo - o micro - cólto, che cerca di giustificare e legare l’opera con rimandi. Sono l’opera e il fare stessi, che non possono più difendersi e farsi in ‘un’ solo luogo. Per tornare più specificamente alla tua domanda: il mio non era solo un passare da un tipo di opera con riferimenti storici tradizionali, ad una con radicali riferimenti diversi, e in un nuovo ambiente, trovandomi anche in esso senza parenti stretti. Non era cioè il passare dalla polemica con gli amici del ‘Girasole’, a quella svolta.. un po’ segretamente, all’ ‘Attico’. Questo è solo un aspetto del problema. Capisci? L’apertura basale era del campo stesso dell’arte. Se il ‘Girasole’ non capiva l’ ‘Attico’, l’ ‘Attico’ (e il Concettuale stesso che sorgeva) non capiva l’arte che esce da se stessa, pur senza annullarsi e rinunciare alla (produzione) estetica. Facciamo esempi concreti: com’è nato il tuo ormai storico e conteso.. film “SKMP2”? Bah, ne ho fatti vari altri prima, e anche più astratti, di ‘analisi di comportamenti’ più astratti. Mi venne in mente di fare questo film che ha anche una componente di ironia.. dello spettacolo; però io facevo un lavoro, un’opera, capisci? (i miei films sono films-opere). Sia chiaro e sia tondo che non intendevo fare nessun documentario sugli altri, o registrazione, come magari qualche cretino ha frainteso. Decisi di realizzarlo nei primi mesi del ‘68; ma non farci associazioni a breve raggio, che le cose sono sempre molto più complesse. Il film inaugurò, nello stesso anno, la nuova sede dell’ Attico-garage; e si trova anche nelle collezioni del Modern Art Museum di New York. In questo film contemplavo l’interscambio creativo con la performance anche di colleghi artisti, come Pino (e con la mia stessa, autofilmata). Ma, assai in precedenza, le performances, mentali e ..corporali (e: sia racchiuse nello schermo che fuori di esso, nell’ ‘ambiente’) le svolgevo io stesso o quelli che chiamavo ‘personaggi umani indicativi’. Così, Claudio Meldolesi (mio cugino, oggi noto critico teatrale, che allora studiava come attore) e Cristina, nonché Rosa: sulle vaste distese di campi arati – “Terre animate” - 10 nell’estate 1967. È da tener ben presente la data, eh! Questa operazione, che Menna e Calvesi hanno definito un esempio scientifico e anticipativo di land-art, si concretizzava in una performance, nonché un film, e una serie di diapositive (da cui - ..‘ultima’ concretizzazione grandi tele fotografiche; e ambienti). Vedi gli slittamenti? Un altro ‘uomo indicativo’ era Carlo Cecchi, al ‘Teatro di via Belsiana’, nel ‘67 (in quel luogo già avevo presentato proiezioni nel ‘65 e ‘66), ecc. Tornando al mezzo film, io adoperavo la macchina da presa forse prima di tutti gli altri artisti, anzi sicuramente prima di tutti gli altri in Italia (e dove stanno gli altri fuori Italia.. se non i cineasti? perché Wahrol dà un’unica prospettiva e non la articola) come espressione senza peso! Cioè: abbandonàti la matita e la grafica o il pennello, ho assunto la macchina fotografica e la cinepresa come mezzi espressivi concettuali ed estetici; e, quindi, anche “SKMP2” va inteso come stringente, calibrata ideazione di una struttura - ..quasi fotogramma per fotogramma (nelle sequenze animate, questo è.. alla lettera!) - e come mia sguinzagliata espressione: mediante il mezzo film. A livelli più macroscopici, in “SKMP2”, ti ricorderò citazioni da “Entracte” di Clair e Picabia; poi l’occhio che batte, come visione-attenzione; e le ‘manovre naturali’, operate sul sole - facendolo tramontare - , le nuvole (spostandole radicalmente, a comando, con bandierine colorate di segnalazione), i fiori (che crescono di botto). A proposito, quando sono in azione con Rosa, siamo soli, e sono sempre io che filmo: a scatto singolo e con una prolunga di dieci metri, comando la cinepresa. Tante altre cose non c’è tempo di dirtele!.. Certo, non è una cosa facile, anche per una critica smaliziata e anche limitatamente al tuo operare di allora, definirti, o direi, bloccarti.. Eh! E mi accorgo che, nonostante le molte parole, anche ripetute (o a causa di esse? ..Oh, Dio! ma qui opere non si vedono, né si leggono..) tutta la questione - con la sua polimorficità - del mio intervento, la mia ‘visione-mentale’ in quegli anni: non è chiara! Forse nemmeno per te che mi segui e conosci? Mi tocca tornare alla carica? Càricaa! Bah, vediamo.. : se la mia corrente è il ‘Presunzionismo’.. No! ..Lasciamo gli scherzi e le autoironie.., se no, complico ulteriormente le cose! Abbiamo detto come le mie proposte di allora possano essere, e siano, inquadrate come precoci o anticipatorie, negli ambiti: concettuale, comportamentale, landartistico e ambientale.. Tutto ciò non fa una piega, è a buon diritto, e non vengo certo a negarlo, se qualcuno lo fa; anzi lo ringrazio. È anche vero però: che io sconcerto. E, se tanti nomi ragguardevoli si sono occupati di me, ..per tanti sono pur sempre - nonostante le centinaia di mostre - ‘..e Patella’: perché non sanno dove piazzarmi né come reagire al mio organico.. vivaio, reale e non settoriale.. Facendo un discorso più serio, fra noi (a parte le scelte ultrabalorde e cieche, fatte da critici & mercanti per ragioni di mercato e di convenzione-semplificazione): il mio fare non è in sostanza riconducibile ad una corrente (..né ad ‘uno’ corrente!). Certo, l’introduzione di un discorso mentale in un ambiente.. pesante come quello romano, o italiano (..ecc.), mi può o deve, a buon diritto, far definire concettuale, sulla metà dei ‘60; ed è giusto che mi si riconosca anche tutto il resto che ne consegue, o stranamente lo dialettizza. Il Concettuale (ecc.) si proponeva, in fondo, di immettere cultura nell’arte. ..Ma non lo poteva fare.. senza averla! E si risolve per lo più, in una barzelletta univoca (riporti e citazioni di testi, non compresi; e utilizzati come fossero materiali), in un’indicazione, se mai, ma che si riestetizza suo malgrado. Insomma, io: a cosa posso.. far finta di assomigliare (o meglio di aver assomigliato)? A queste tendenze! Sì, perché: in apparenza va proprio bene. Ma ora.. mi darò la zappa (d’argento) sui piedi, perché, come problema di fondo (..intervistatore, lettore, vieni qui, te lo dico in un orecchio, non di mercante, ma intelligente, e che capisca il mio estremismo e i miei paradossi.. docenti: il vero! al di là..): cosa ho io da spartire con il riduzionismo, che vuole eliminare l’estetico ed occuparsi solo del linguaggio dell’arte, e lì si ferma? O con chi sbrodolerà il suo corpo di sangue o simili; o chi riesca, riusciva, a farsi finanziare a miliardi.. per rovinare il territorio, ..e basta? Per non relegarmi (..o ricacciarmi lontano da amici, tacciarmi..) in ambito paranoico, devi seguirmi e farmi dire la verità, che è la seguente: riguardo all’attualità, io con tutti i miei limiti: o non c’entro affatto, o sono un pioniere in terre sconosciute ai più (a quanto pare, e perché si occupano: o solo di arte / o solo di altro). Mio malgrado, se guardo, ..se guado: mi tocca (cosa che mi danneggia psichicamente) guardare.. dall’alto della globalità dei territori, ..monti, o altopiani con scatafossi, che (mi) propongo. ..Ohóo! Quassù o quaggiù non c’è nessuno o quasi. Accidenti! ..Chi è quello che passa laggiù? ..Qualche stimato stimolato amico c’è! he he! (ma se c’è, non telo dico, perché anche se hai stoffa, non voglio sviarti..). E tu non farmi il brutto scherzo di mettermi in una corrente che non c’è: altrimenti ci rimetto! Non faranno mai una mostra sull’ 11 ‘isolazionismo’! Comprendes?!! Hai visto come il mio cammino poi si è ‘complicato’ ulteriormente, e molto: per forza! La cultura non è riducibile a orecchiature, citazioni o a modi di fare. La creatività meno che mai! Così: l’ “ARTE CHE NON C’È” : pensaci un po’, quanti significati può avere questa definizione?! Mo’ passo la parola.. (anzi, un momento: nell’ismo del ‘paranoidismo’, al quale non voglio appartenere, ho visto Dalì, ..e tanti altri: ti salutano). nel vivaio: il peso dell’ Opus (non.. dello pus! come diceva quello ..au pus lent) Grazie! E ora: analizzando la tua multiforme attività, dalle prime esperienze manuali a quelle concettuali, ho notato che nei cicli di opere c’è l’indicazione di un percorso senza fine nel territorio della ricerca e della sperimentazione tecnico-linguistica che, spesso, privilegia il carattere della serialità. In questo senso, come tecnica costruttiva dell’opera, c’è un nesso tra l’attività grafica innovativa del passato, quella foto-cinematografica, le esperienze scritturali, le repliche differenziate, e il ciclo di opere su Duchamp e Diderot con la nuova produzione oggettuale e la serie infinita di ‘ovali’? Mah, se vogliamo, per le cose che avevo fatto prima, una idea del genere (la moltiplicazione) l’aveva tirata fuori Calvesi nel ‘77, nel catalogo della mia antologica al Museo dell’Università di Parma; però potremmo evidenziare due aspetti. Uno chiamiamolo ‘negativo’, che deriva da un certo ..egoismo: fatta la fatica per realizzare un’opera e fornire un’idea, non va.. sprecata in un solo esemplare; o meglio, si cerca di sottrarla.. alla Presunzione e alla Morte! (..vedi Freud). Ma il vero problema non è utilitaristico: a parte il fatto che le mie opere non sono sempre seriali!. Comunque, un settore era, specialmente in passato, di quel genere; non però, in sostanza, per la pulsione egoistica che ti ho detto, ma perché dell’opera privilegiavo specialmente l’aspetto dell’invenzione estetica, e tutte le dinamiche e le.. alchimie, peculiari e intime, dell’incisione e della stampa mi interessavano: conferiscono sostanza articolata e processuale al ‘segno’. Per giunta, ‘santificare’ l’opera unica è un atteggiamento che va contro l’ideazione (l’idea, non nel senso astrattamente concettuale, tanto più che, per la grafica, si trattava ancora solo di forme provenienti dalla sensibilità). La mia idea, del resto, è sempre stata - anche in seguito, con tecniche e modi diversi - un’idea anche estetica, perché io non ò voluto mai fare a meno dell’estetico. Comunque (tornando all’incisione), era, come tu sai, un’invenzione ‘sensibile’. Che mi importa se è tradotta in ‘esemplari’ o se è una? Non era affatto la grafica dello scatafascio (a fini pratici) del pittore. Magari lavoravo moltissimo su una lastra e poi ne stampavo un solo esemplare! (stampare così è un fatto realizzativo, ancora intrinseco all’opera). Di alcune addirittura non m’è rimasta nemmeno quella copia. Se fossi stato uno che lavorava per la produzione, avrei cercato di fare tirature di centinaia di esemplari. Hai capito? Mettevo a punto delle opere senza sfruttarle sul piano economico. L’idea sensuosa l’ho realizzata ed ò cercato di farla valere, non mi importa se c’è chi feticizza, vuole metterle la croce d’oro e la cornice di platino; la mia opera è una ideazione concreta e lì si salva, lì è il mio interesse. Questo discorso, con la fotografia, prosegue, anche se ho inteso conferirle - come al solito - totale consistenza estetica e - quando era il caso - piena consistenza di opera: anche non replicandola. Certo, per fini veramente pratici, le elaborate tele fotografiche degli anni ‘60 (virate anche.. ‘all’oro’, o ‘all’uranio’), o le opere-colore dei ‘70, dovrebbero esistere in centinaia di varianti sul tema.. (ci sono mie opere in importanti collezioni, ma non come espansione e consistenza commerciale). Parliamo un momento di Fotografia: l’ho intesa come concezione (complessa o ..semplice), piuttosto che come artificiosa mistificazione di immagine, in camera oscura. Se vogliamo schematizzare (..perché troppo ci sarebbe da dire, per esempio: ..la metafisica del ‘foro stenopeico’, paragonato al fish-eye, ..l’archeologia tecnica del colore creato nella ‘camera’, ecc., ecc..): ..dopo le ‘immagini riflesse’ (spesso in porzioni di vetrine: immagini complesse, oggettive e cólte; e che si proponevano - fra tante altre cose - anche uno studio e riscatto dei modi pubblicitarî): ho fatto una Fotografia più ‘strutturale’ (incluso - mi cito - ‘immagine trovata’ ..e ‘cercata’, con tutti i suoi riferimenti; questo anche è un punto importante: la dialettica 12 fra oggetto-trovato e cultura; e non è un controsenso), ed ho realizzato anche una Fotografia più ‘globale ed immaginativa’ (tutte le ‘immagin azioni’ di Montefolle). Comunque, in ogni caso, si tratta di un.. affrontamento del campo: un’immagine molto creativa, e non equivocante..’obiettiva’ - in malinteso senso fotografico - anche quando parlavo di ‘immagini oggettive’ (intendendo appunto trouvées-cherchées, e non manipolate.. come nella grafica pubblicitaria). Poi, passando ad altre tecniche e mezzi espressivi (ove la foto entra solo di straforo), posso apparentemente contestare.. l’indifferenza, di cui ti parlavo, al feticismo dell’unicum, dicendoti, per esempio, che per fare certe cose recenti (dai primi anni ‘80) del “Mysterium Coniunctionis”, o di “Diderot e Duchamp”, ho lavorato mesi e anni: per cui esse hanno una unicità strepitosa, ..che altri se la sognano (mentre altre no: sono progettate e fatte eseguire con cura). Ecco, quindi, un’altra contraddizione. Giustamente, però: bisogna fare cose diverse! (e opere uniche le ho sempre fatte!). Negli ovali più che un concetto di serialità, vedo, al contrario, quello di espansione, di diversità continua, di rimando e intrigo. Il fatto che si presentino quasi sempre di dimensioni uguali è proprio perché crescano: se tante uova sono uguali, non è a fini produttivi omologanti, ma perché da ogni uovo nasca un pulcino che sarà diverso dagli altri, che avrà una vita diversa, che sarà gallo o gallina.. Peraltro, quelli sono abbastanza simili, invece molti ovali sono diversi (alcuni.. quattro- o nove-centeschi..), in sostanza, e tutti fatti a mano, uno per uno. Ma in tutto questo forse si può sempre vedere una certa tendenza a creare un’opera ibrido ‘seriale-individuale’, più leggera del pezzo unico. ..Sì, tutta questa diversità e contraddizione in me, specialmente all’epoca dell’ ‘alleggerimento’, te lo ripeto, era un puntare (non certo per l’effimero) sull’ideazione e la qualità estetica, più che sulla santificazione dell’opera; ma sia chiaro che la costruzione e la cura estetica dell’opera non era affatto inficiata da questo; e d’altronde, in passato, e negli ultimi anni, ho fatto anche delle opere, non tanto santificate, quanto condensate al punto da essere ultrauniche (elaborate e costruite o realizzate da me con manualità intensa e molteplice). ..Come ne ho fatte altre affatto manuali (fatte eseguire, o in parte ‘trovate’, ..e anche in parte eseguite da me: ‘vasi fisionomici’, ‘red-made’, ‘letti’, ‘fontane’, ecc..). Parlo di quella produzione oggettuale che data dai fine anni ‘70 o inizio ‘80 (ma anche, se vuoi, le ‘cupole proiettive’, anni ‘60: erano oggetti industriali, acquistati,.. e scelti per potervi agire e inventare a livello di immagine e tecnica dell’immaginazione; senza però alterare l’oggetto). ..In fondo: ti aggiungo il gregge di ‘Rebis Brebis’, che sto realizzando (‘91).. Di peso.. Di peso.. se fosse dipeso.. : ce n’è poco. Perché io non do peso a me.. agli altri, all’arte. O ne do troppo. ..Un’Argo Navis sbancò, sbarcò, approdò, aprì ad un mondo diverso gassoso e plumbeo. Ma non è detto.. che non ci fossero pie.. pietruzze rilucenti che accaddero in un pozzo cartesiano circondato di fiori scuri, dipani.. Da lì risaltorno risa, una svolta. Dal Pozzo una volta altissima, Sant’ign.. ignorata, meravigliosamente mossa e colorata di dee di stinto celeste ed altri.. Mi sdraiai immerso nel silenzio, in mezzo alla navata: un gran colpo di nave e un corpo di becco.. il suo becchino aprì, uscì volando ..e fuori ora c’era non solo il sole: sfolgor’ante.. aperte, brulich’io vedo vado, engrammo-almeno, o più, dipende.. Prendi respiro! E rifacciamo un passo indietro: mi dicevi che all’inizio sei stato vicino alle scelte di Warhol.. Non semplificare. Warhol, quando ha preso la fotografia, ha avuto un significato; l’ha presa, non l’ha fatta: l’ha sbattuta lì in maniera crudele e cruda. Dopo è diventata una cosa estremamente commerciale.. con tutte quelle sbrodolature ultime.. W. dei pop era l’unico che faceva qualcosa; diciamocelo chiaro: quelli degli altri erano degli stilemi.. W. in quel momento à avuto il coraggio di prendere una cosa e di metterla lì, anche se c’erano stati antecedenti di vario genere. Gli altri che cosa combinavano? Per esempio - per non parlar di peggio - Lichtenstein, è un mistificatore, tra raffinatezza, però tradita, e finta aggressività. W. ha avuto un buon momento con la fotografia come ideazione in quanto.. sbattimento (e però semplice accettazione), poi s’è sbattuto lui, in maniera banalissima. Io invece, la fotografia e il film li ho realizzati 13 personalmente e assunti in tutta la loro complessità, riazzerata e lanciata quindi, con modi e intenti assai diversi dai suoi. Il tuo pensiero sull’unicità dell’opera d’arte. Unicità in che senso? Pezzo unico vero è l’essere umano, il vero ready-made! (ride). Il pezzo unico nell’arte.. Certo, ci mancherebbe altro! l’affresco di Piero oppure il quadro di Botticelli e di Tiziano, si strutturano lì microscopicamente, perché ci sono stati di mezzo loro. Piero (o Masaccio o chi sia), ..perché la tempera e l’affresco partono dalla microstruttura del pigmento ed arrivano fino alla struttura della concezione dell’opera, alla prospettiva e a tante altre prospettive. Sorge o si concretizza proprio da lì, dal minimo fino al massimo; in questa prospettiva totale, dal microcosmo al macrocosmo dell’opera, che è percepibile ancora di più, appunto, nell’affresco che nell’olio (per quanto in Tiziano: ci sono le sbrodolature delle sue dita, l’impasto dei suoi polpastrelli). Questo è fondamentale, tanto che, quando un restauratore mette le mani, Dio ce ne guardi, perché come fa a sapere se lì ha alitato sopra l’autore, come il pennello è stato appoggiato, come l’opera à preso consistenza.. Ecco che essa va intensamente difesa (per esempio divagante, gli affreschi del Mantegna che sono andati persi a Padova nella guerra, erano bellissimi). D’altra parte, viviamo in altre epoche, per cui, da un lato: non disfarsi (mettere cioè tutta la cura e la qualità nell’opera e per essa) di questo soffio che ancora sta lì (se uno di questi che ti ho nominato ha inciampato e l’unghia gli si è appoggiata sull’affresco, ha fatto una mezzaluna e ..perfino quella è importante o per lo meno è accidentale, ma è lui che l’ha fatta e anche noi artisti.. facciamo così). Dall’altro lato, Duchamp, per dirne una, ha messo nel ‘19 i baffi, il pizzo e la scritta LHOOQ, alla Gioconda.. e non l’aveva fatta lui. Se poi invece.. della matita n.1 adoperava la matita n.2 non era così importante. E, quindi, vedi di nuovo dei divari in mezzo a cui bisogna vivere; ma soprattutto bisogna cogliere il significato vero della cosa, perché il collezionista deficiente o il critico testa di cavolo santifica un altro testa di cavolo, per non dir di peggio, mentre chi capisce i modi e le ragioni in cui e per cui l’opera è importante, è bella, è significativa, è vitale, è viva, è sanguinante (non in senso romantico): è una persona intelligente e sensibile. Hai voglia a metterci le cornici d’oro, a pagarle miliardi, stramiliardi: le cose sono fesse, o non lo sono! Lì sta l’importanza.. Se Duchamp usava fare tre repliche, di “Pharmacie” o di quel che sia, se invece Tiziano faceva tre o cinque volte.. lo stesso quadro, ma lo faceva lui, sono cose importanti, ma vanno viste nel loro testo e contesto. Bisogna essere intelligenti, sensibili, morali, cólti, per sentire e capire le cose. Se uno non lo è, cavoli suoi! Sarà magari furbo, ma fregato. Sei geloso delle tue creazioni uniche? Sono geloso di tutto. Uno degli aspetti del fare opere multiple era magari per non disfarmi dell’idea. Allo stesso tempo però.. me ne fotto; anche perché uno ad un certo punto vede che la vita va e, quindi, se il camion va nella Schelda e tutte le mie opere vanno a farsi fottere, che ci vuoi fare.., andrò a farmi ..sfottere anch’io (diciamolo a bassa voce). Se può servire a qualcuno o a me stesso, meglio nella Schelda tutte le mie opere che io.. dovunque sia (..vaffai pure!). Ma le opere servono meglio: autentiche, e fuori dai fiumi. A proposito di opere e di vita, l’artista fa una sola opera nella vita? Io direi che deve continuare a fare.. opere di bene, finché gli sorge qualcosa, un qualche ramo che spunta da lui stesso, perché le opere devono essere un problema continuo (anche se puoi vedere nell’ ‘individuo’ - e fin troppo? o per fortuna? - una individualità / limitazione). E il più vero è che le opere stesse ( torno ad essere monotono), possono scantonare quel problema di se stessi, di far sorgere come da Dafne qualche foglia vegetante da se stessi.. Perché se anche quelle fossero quattro rametti secchi o di plastica, come, sul piano delle opere, tante ve ne sono in giro (quelle sì fatte in serie, non solo perché poco serie.., ma anche perché sceme).. E ti aggiungerò.. così, che la serietà presuppone o implica l’ironia, e viceversa. Altrimenti le cose, le opere, sono una.. pretenziosa-buffonata. Chi (me compreso, naturalmente!) partisse per realizzare la grande opera (o insistesse a fare con monotonia) rischierebbe di far ridere i polli, le aquile, o i capponi (e già sarebbe qualcosa .. ammesso che ridano). 14 Ritengo che le ‘repliche differenziate’ con l’uso della scrittura, realizzate con la mia collaborazione in anni passati, siano per te un mezzo tra i più congeniali che ti dà modo di registrare anche l’invenzione, che nasce durante l’esecuzione dell’opera. E credo che la serie di ‘ovali’ sia uno sviluppo ulteriore dell’idea di base di tali repliche. Sei d’accordo? Ecco, questo può essere un esempio (a parte il film, la foto, ecc.) di unicità o meno da analizzare (non voglio parlare del ‘multiplo’, che, come concezione, è un po’ un ripiego). Realizzavo con te delle opere - in più esemplari - in cui incidevo su un cristallo (o scrivevo su carta) sempre lo stesso testo lo variavo (o solo un poco). Quindi repliche, ma differenziate. Ma, a dire la verità, alla mia scatenata immaginazione non sarebbe costato niente ideare testi diversi, tutti con il loro significato (come ò fatto in ‘cristalli incisi + specchi’, singoli, quali i grandi tondi delle ‘circumambulationes enantiodromicae’).. Vedi come, in questo territorio - che non è certo fatto di mistificazioni - il confine fra originale o replica è labile? (e altrettanto, per sua natura, può esserlo nella interessante disponibilità polimorfica della fotografia: che non ha per unico e forzato destino, l’appiattimento quantitativo). Se mi dici che si tratta di tecniche che evidenziano la processualità, va bene.. Per quanto riguarda gli ovali: li ho invece fatti uno per uno (in certi casi ripropongono lo stesso soggetto, sfalsandolo e per problematizzarlo), anche se alcune volte son fatti di ‘materiali’.. Torno a dirti come la svalutazione dell’opera unica, in certi momenti, sì, era o è fondamentalmente giustificata: per le caratteristiche specifiche di certe tecniche, per l’ampliamento di orizzonti espressivi, e anche perché l’opera unica può esser conseguenza della santificazione commerciale: la santità di che? dei soldi? Invece l’importante è l’arte come produzione di idee o di pulsioni. Quando io queste idee e queste pulsioni le ò elaborate e mostrate, poi cosa mi importa di santificarle, di commercializzarle. Sono tutti fatti che non mi riguardano. Quindi, se uno dice: ma io voglio solo il pezzo unico (e mi accontento di questa caratteristica).. Beh, che sia unico non basta, né garantisce; vuoi la cacca messa in cornice? Magari prendi una cavolata o una crosta, perché è unica (..e non ti salva nemmeno la firma, l’anno, o altro!) e non prendi un’altra cosa proprio perché è intelligente?! In altri casi invece l’unicità è una caratteristica importante o imprescindibile. Ma l’opera, unica o meno, quando è significativa è significativa, quando è scema è scema! (giudicare, come vivere, è anche un rischio; anche se in molti casi le boiate son così palesi, a chi ha intelligenza e cultura..). Come ti dicevo prima, un’altra costante individuabile nella tua produzione è la “sperimentazione” ad oltranza. Come entra questo aspetto nel tuo lavoro? Non caricare però il termine di riferimenti generici, non miei. Sperimentazione ad oltranza? Per forza! se uno non ‘fa’ qualcosa, che fa, sta in poltrona? O uno non fa proprio niente perché non sta operando; o, se si mette lì, deve inventare, il che non significa affatto inventare angosciosamente con l’acqua alla gola (ti ò già detto che ci possono volere anni per compiere qualcosa) ma vuol dire procedere. Ha inventato una volta per tutte e poi si ripete? Questo potrà capitare, ma è un condizionamento: ti puoi ripetere nella vita, ma nell’arte dove sei tu padrone di te stesso, se ti ripeti sei un fesso. Faccio anche la rima..! Mi sembra purtroppo, che in molti campi (arti visive,cinema, letteratura) da molto si instauri un clima di confezione-tradizione con risultati inesistenti, ‘raso-tera’, ..stoffa costosa che copre un vuoto e un esaurimento..; scherzo troppo con le parole? Con i fatti e i misfatti: c’è invece poco da scherzare! Arte come progetto o come produzione di opere da incorniciare? Progetto e non solo progetto, è anche realizzazione, se no non esiste. Alla fine le opere possono anche essere vendute.. A questo punto magari mi disturba meno (anche se son sempre distante..), ma per molti anni ho avuto una remora pazzesca su questo, proprio un tabù, non moralistico nel senso che volevo salvarmi da.. , ma non mi sentivo all’altezza di queste bassezze, capisci? Quindi, io faccio arte solo perché mi piace farla, perché intendo fare qualcosa di significativo (te ne ho detto, anzi, i limiti; che questa cosa forse non è tanto significativa per ‘me’ o per ‘tutti’). Sull’aspetto del mettere in cornice, del confezionare.., io sono abbastanza carente, anche se mi ci sono dedicato, anche.. se certe opere sono fatte addirittura di cornice (conosci le mie ‘cornici incorniciate’..). Però tutto quello che è istrionismo, messa in scena che non è solo la messa in scena come installazione dell’opera e come idea, ma che.. temo sconfini nella furbacchiata: tutto questo proprio non mi riguarda.. perché allora vai a vendere cotechini e profumi cellofanati (nati 15 fanatici del ce lo fanno?!), forse ci guadagni di più. Anche, per esempio, la moda, la caricatura ecc. non ritengo che siano cose imparentate con l’arte. Parliamo dei tuoi rari disegni che cerchi di non immettere nel mercato. Li consideri opere autonome o in funzione della produzione plastica? Sai che io disegnavo moltissimo, fino alla metà degli anni Sessanta, poi avevo smesso programmaticamente. Ho ripreso successivamente, come progettazione, e anche oltre. Francamente per disegnare: bisogna saper disegnare: dis-segno, il segno qua e là, la mano deve correre; certi disegni che vengono contrabbandati come tali, di chi fa un pochino di Picasso, un pochino di Matisse, sono le cose vomitose di gente (scusami la mia nuova cattiveria) che non sa tenere la matita in mano; perché il disegno è una lotta scoperta, la matita deve essere un nerbo che striscia, che sguscia, che costruisce, che ha dentro una struttura. C’è gente che sta lì con la puntina, con la gommetta per cancellare: ..fa proprio schifo al ca’ (..nisciuno è fesso). Il disegno poi, essendo una tecnica antica e tanto risolta (nella Storia, come ho detto; e in me), non deve avere un fine decorativo; ..altrimenti, in genere, non viene la voglia e la carica nervosa di farlo: se non c’è una necessità, so che fallisco; butterò il disegno squilibrato. Ecco, il disegno, strutturalmente, non.. celofanno, non ce lo fanno (e del resto ogni cosa: anche, per esempio, la foto, se la intendi bene): dobbiamo farcelo! Ma, se mai.. cosa cela? O quando: ce lo hanno fatto? Nel Cinquecento! (..confezio-nato allora: confessalo!) ..Capito, nini? (toscano.. del ‘500?) C’è un legame tra disegno - inteso come entità grafica - progetto e scrittura? Sì, la mano che corre, la mano abituata, la mano che sa disegnare, che ha tradizione, come il pianista che sa suonare perché ha disposizione ed ha studiato tanto: quella è una mano che disegna, che scrive. Qualcuno ha notato anche che la mia scrittura è tutta sciolta, tutta di corsa. Non so fino in fondo cosa significhi. Probabilmente c’è un legame: alla base c’è la capacità di poter disegnare. Se vuoi, ti riparlo di una mia certa svalutazione del disegno; ed è perché è imbevuto di tradizione: grande ma ormai pesante; e forse ancor di più, perché, tutto sommato, io quello che so fare.. tendo a metterlo da parte: per imparare quello che non so fare! Poi.. vedremo; è pur sempre utile, piacevole e ardimentoso, schizzare. (E qui voglio ripeterti che.. non sai quanto la grande arte del passato mi interessi e mi abbia interessato!) Spesso sono anche partiture di percorsi mentali, immagini psicologiche.. Sì. Ci sono tanti grafici.. tra disegno e grafico c’è una certa differenza: il primo è di getto, anche se pensato; il secondo è più cauto, e può anche non essere disegno. Benché, quando metto giù la matita sulla carta, il segno è sempre segno, eh?! Anche la macchina da scrivere l’ho molto usata, e come segno. L’estetico in me è sempre presente, anche se non vuol essere fine a se stesso; come le idee non vogliono essere fine a se stesse, come niente deve essere fine a se stesso! Purtroppo, l’arte, come ogni cosa umana.. è limitata (e qui ribatto il chiodo, non.. nel costato, ma nella mano per mettermi in croce) nonostante che poi vorrebbe essere per il mondo, ..come un pesce che non volesse essere pesce o che volesse essere uccello, o viceversa. Ci sono delle impossibilità, tristi.. (tono grave; pausa) a parte i pesci volanti, e gli uccelli tuffatori! C’è un rapporto tra la tua scrittura e il segno? Potrebbe esserci a livello formale. Una volta hanno fatto una lettura della mia calligrafia (anche quello è un terreno interessante, che non conosco). Mi hanno evidenziato, di positivo.. che non svelava magari.. tutto il mio negativo; anzi.. La mia scrittura è molto sciolta, molto libera, molto volante. A prima vista sembrerebbe di un estroverso, di uno che va nel mondo, scampanellando di qua e di là. Così il mio disegno è un disegno furente, pieno di vita; forse se io, pur non essendo affatto un competente di grafologia, giudicassi me dall’esterno, sia nel disegno che nella scrittura, direi che sono un tipo molto veloce, espansivo; poi sai che sono tutto rattenuto, a certi livelli; ma anche che dentro il trattenersi sta invece un tipo che va molto veloce. Per cui questa scrittura e questo disegno che si assomigliano, così legati-articolati e così veloci allo stesso tempo, significano forse più il dentro e l’origine che il fuori e l’apparente. Oppure, già quel ‘legare’..? Ma lì veramente si tratta di strutturazione. E qui torniamo ai problemi del linguaggio come: sublime mezzo e come impaccio!.. 16 addio, madre arte, ti mostro la lingua (..e la nevrosi storica dei linguaggi) Riesci ad estrarre dalle tue esperienze la linea evolutiva che ti ha portato fin qui, sia dal lato linguistico che da quello contenutistico? Io la linea non la estraggo, la produco, continuamente. Bisogna vedere se la produco nell’arte solamente, questo è il limite.. Cosa ottenevi con l’apparecchio fotografico, peraltro mai abbandonato, e con la cinepresa rispetto agli altri? Gli altri artisti non adoperavano l’apparecchio fotografico o la cinepresa [ride]. ..se di là della pittura (tu ne sai qualcosa), il Concettuale, ..figùrati!!.. Mi è sembrato, ad un certo momento, che quello che chiamavo la ‘moralità del segno’ fosse insufficiente (del segno, non inteso qui come ‘comunicazione’, ma nel senso de-formativo, grafico-pittorico) e quindi, come ti ho detto, son balzato (..con i miei ‘marziani’, dallo sguardo che non conosce né riconosce il potere del dogma degli specifici) verso questi mezzi mentali-esistenziali ‘Senza Peso’ (con la loro tradizione e sperimentalità), ma non è che ci fosse qualcuno a ruota. Parliamoci chiaro: se volessi radicalizzare, ed essere presuntuoso o vero (vedi tu) io ò cominciato ed altri son venuti dopo, te l’ho detto. La foto ho cominciato a introdurla.. nei primi anni ‘60, proseguendo in parte nei ‘70; la cinepresa, diciamo solo nei ‘60. Oggi (come, del resto, in passato; e anche questo è.. controproducente per la diffusione pratica) fotografo a volte delle mie opere; ..per il resto vedremo. Ho usato certo anche il video (fine anni ‘60, e anche ultimamente): ha il difetto della poca consistenza e standardizzazione. L’effimero a me secca: non intendo lavorare a vuoto. Può essere interessante per installazioni; ma per quanto diverso, ..è pur sempre uguale (la vera epoca coraggiosa della immagine non manuale e della sua ‘ambientazione’: era anche prima della metà degli anni ‘60. Poi.. si vedrà). Qui.. non ti sopraggiungano dubbi! Ti ho detto che, per sua parte, la pittura è tramontata alla fine dell’Ottocento. La fotografia ha sempre interagito con l’altra produzione? Molto in passato, no. Anche se, per esempio, dietro Van Gogh.. c’è pure la fotografia. Poi, usavo le foto, per esempio le istantanee classiche di uomo e donna, e bambini; e mi misi a fotografare. In quel momento di passaggio, anzi ben prima della metà degli anni ‘60, ho cominciato, per esempio, a studiare fotograficamente dei soggetti (intendo come modi, non come atteggiamenti) che rendevo graficamente; o facevo poi sconfinare segno manuale e segno meccanico. Dopo essere stato a Parigi, nell’ ‘Atelier 17’ di Hayter (dove ho appreso la tecnica - tutta ‘manuale’ dei ‘colori su unica lastra’), ho fatto altre cose fotografiche che stampavo con i colori simultanei, ideando la “acquaforte fotografica a colori simultanei”. Poi ho lasciato tutto questo perché aveva ancora un aspetto materico, per alleggerirmi nel mezzo fotografico, che non era affatto la “fotografia” o la “cinematografia”. Allora mi chiedevano: “Ma che: ..hai cambiato mestiere?” Perché le cose stavano così allora, siamo chiari! In seguito, ti ho appena detto che la foto (dopo averla sperimentata e inventata, addirittura nelle tecniche, per anni) non l’ho praticata (l’epoca eroica.. sono gli anni ‘60, ..inizio ‘70). Io non porto nessuna targhetta all’occhiello.. o scritta in fronte! Quando arrivano i salvatori, ..Dio ci salvi! Come tematica, a che tipo di immagine eri interessato all’inizio? All’inizio quando? Lontano, lontano.., da bambino facevo tanti cavalli, storie di scimmie, alleate dei topi contro i serpi: disegni, libri, giornalini, pitture. Conoscevo, attraverso mio padre, tante cose di gusto (arredamento, tecnica, disegno, invenzioni, bricolage, musica, letteratura, pittura, teatro di burattini che metteva in scena, per esempio, Shakespeare..). Sempre da bambino, con Raul dal Molin Ferenzona e con mio padre incidevamo e disegnavamo.. Più tardi, come ti ho raccontato, avevo ri-conosciuto un certo Futurismo (anzi, le conseguenze della sua ascendenza formale - o meglio segnica - liberty), Van Gogh e i post-impressionisti, etc., la metafisica (Carrà), i primitivi.. Lavoravo dal vero, oppure di fantasia, ma in senso figurativo: t’ho detto già tutta la mia successiva polemica, molto forte, all’interno del realismo, perché capivo bene i.. valori astratti del segno. Anzi, li vedevo per esempio, in Van Gogh (non inferiore, anzi, direi 17 più grande, come ‘strutturalista’, di Cézanne), per cui l’ho reinterpretato a modo mio. Vicienzo (con gli altri 2 Pauls): una figura centrale. In lui, e in quel momento storico, la grande autenticità poteva ancora esprimersi di fronte al mondo, nella volontà di ‘rappresentarlo’ figurandolo (non sto citando). Poi, in quel tardo Ottocento - sul piano espressivo - forse, in definitiva, ..per l’avvento quantitativo dei media.. meccanici: questa possibilità figurativa va in crisi. Lo conosci l’aneddoto? Van Gogh camminava nel fosso, invece che sulla strada, e un accompagnatore gli chiese: perché? Lui rispose: ..perché per l’arte bisogna soffrire! Non è una barzelletta, anche se è divertente, no? Oltre alla convinzione morale, in quella ‘ rappresentazione’ era implicata una densa cultura figurativa: la fotografia, appunto (il taglio istantaneo, sia pur di più antica radice.. classica); il segno (nordico, ecc.) che si fa struttura (non solo prospettica, ma: interna e mentale); la stampa giapponese, ecc., che media, introduce l’esaltazione del colore, i complementari e l’astrazione di esso, che conferiscono - insieme al segno - forte novità alla scena: dal vero ma non più naturalistica. E chi ha ragione? La socialità adulta - sia pur positivistica dell’impressionismo; o l’interiorità, la struttura interna, il.. rude-mentale ‘ingranaggio’ (vedi anche.. grano) quasi primitivo, di Vincenzo & Co.? Visto nell’ottica di un’arte che si dovrà fare mentale e culturale, direi - paradossalmente o meno - Vincenzino, anche se così ipertermico e sensuoso (inoltre, in lui, un gran dominio, nel lavoro; altro che squilibrio!). Una porta finale, dalle molte conseguenze negli stili futuri e immediati (non parlo tanto del vicolo cieco dell’espressionismo o fauvismo, quanto di.. Picasso, Klee, Mondrian, ecc., ecc. E quindi.. cubismo, astrattismo, forma pittorica surrealista.. Ma, in verità, conseguenze, tutte queste, già racchiuse in sé, intendo in Van Gogh stesso & Co. : i quali sono quindi porta finale della ‘figurazione in diretta’, o meglio: della figurazione tout-court; in quanto - a esser drastici - tutto il resto può ricondursi e annullarsi (sul piano della concreta incarnazione formale) a questa estrema porta chiusa del Postimpressionismo. ..Checché (..coccodè: senza uovo) ne dica l’intatta intangibilità di certe menti (mentine, fredde), o la lumacosa visceralità di certi intestini (..a me m’ha rovinato ‘a guera’.. culturale). Riprendendo finalmente il discorso che mi riguarda, o meglio che mi descrive: dopo o durante queste esperienze, ho cercato e conosciuto tante cose (artistiche e non: psicanalisi, letteratura, linguistica, ecc..). A metà degli anni ‘60 o anche prima, ho abbandonato tutta quella ‘moralità del segno’ (diciamo manuale): mandata alle ortiche a favore di un alleggerimento, di una.. lotta e invenzione in altri campi. In parole molto povere e reiterate: dopo la rinuncia dell’artista a fare l’ “artista”, cioè dopo il ready-made: che altro vuoi fare di nuovo, cioè di necessario: se non dialettizzare Creatività e Cultura, e il loro reciproco bisogno, in maniera del tutto Nuova?!! In questi ultimi anni come si è evoluto il tuo interesse per l’immagine? Oltre all’immagine in senso stretto, ho adoprato tante altre dimensioni, come sai: azione, ambiente, scrittura, lavori fonici, il libro, i testi creativi o critici, il video (non solo come immagine) e altre cose. Quando l’ immagine, agli inizi degli anni ‘70, diventava luogo comune, io scantonavo da un’altra parte (ma perché avevo già ben sperimentato quei modi!). E attualmente qual è l’immagine che vuoi esprimere? ..Per esempio, ora, hai visto, lavoro più.. a questi oggetti, e a questi quadri, oppure a delle grandi opere, che stanno anche all’aperto. Le ‘Fontane’, ..un ‘Wrong Bed’ e un ‘Right Bed’ monumentali..Ti potrei anticipare qualcosa che, purtroppo, non so se si realizzerà, per questione di sponsor e di tempo. Contro la facciata del MUHKA di Anversa, dove farò la grande mostra, vorrei mettere un aereo, piccolo aereo vero che viene giù in picchiata e va come a schiantarsi contro la facciata del museo, proiettandovi un’ intensa luce rosa, mentre nella carlinga si vede un bella donna nuda; e questa cosa si riallaccia ai “Templi di Venere” che conosci. “Le vol entier de Vénus”, uno dei due templi si chiama così, e questo può voler dire tre cose: “Le volentier de Vénus” (“Il volentieri di Venere”), o “Il volo intero di Venere”, oppure “Il furto intero di Venere”. L’altro tempio si chiama “Le viol en tiers de Vénus”: il furto o il volo in terze parti di Venere (quello con la conchiglia vera è anche spezzato in tre.. volendo). Tutto questo furto o volo di Venere, in quelle luci rosate dei tempietti.. Lavoro a queste cose, ma non è detto che mi fermi a questo, lo sai! L’immagine della bellezza, che, questa volta addirittura si identifica con la bellezza della donna, in senso sia simbolico che reale.. (Non ti fissare.. che io non mi fisso! Sai che sto scrivendo, e poi registrando mie letture di poesie ed effetti, rumori.. Sto realizzando.. 18 Ceci est une.. ‘pipe-line’, ‘ready-maid’, ‘cassepipe’: questa è: una ‘conduttura di petrolio’, una ‘ragazza pronta’, un ‘rompicollo’, ..eccetera, eccetera). Tutto questo corrisponde ad una personale immagine visiva e concettuale, che ingloba cultura, sentimento e fantasia creativa. Sempre nell’opera ci sono queste componenti. Attraverso i tempi ci sono state tante stupidate critiche, prima il rigore, poi la fantasia..; ma la ‘cultura’, invece, non s’è mai proposta, perché l’artista doveva essere sempre un bestione (per paura che si.. turasse!). Lì posso dire di essere stato uno dei pochi o meglio l’unico che ha portato fortemente la cultura nell’arte, non per soppiantare il critico, non per dire che l’arte deve essere fatta di cultura specifica, come le cretinate pseudocolte che dicevano quelli del Gruppo Art Language. La ‘scienza’ è invenzione e linguaggio, come l’arte (strutturalmente si equivalgono), ma bisogna conoscerla. L’arte è un centro.. e una periferia, in cui niente deve essere escluso, quindi, non certo la cultura, ma non la cultura visiva, la cultura in generale. D’altra parte, all’arte non basta certo la cultura, non è che le parole facciano l’arte, se sono aggiuntive, appiccicate. L’arte è il luogo in cui puoi fare un pieno, una piena di tutto; devi fare questo, non per vomitare, ma per digerire e riorganizzare tutto.. Ti dirò che, psicologicamente, nell’arte (e non solo in essa) uno non può limitarsi ad omaggiare o essere ‘madre’, ma deve farsi ‘padre’, ecc. ..O viceversa! Qual è il tuo concetto di bellezza? Che vuoi che ti dica?.. Ove il sol ne riLuca (e disluchi, dislochi)..Ultimamente dicevo, un po’ per scherzare, “la beauté c’est mon métier”. Sento troppo spesso la monotonia chiusa.. del mondo. La bellezza discende sempre dalla verità? Radicalmente potrei dire di sì, ma non è poi detto..; o meglio, ..cosa vuol dire? Opere grafiche, fotografiche e cinematografiche, repliche differenziate anche tridimensionali, scrittura, sculture-oggetto, ‘ovali’: si tratta di una sequenza di opere, per un unico quadro, ma concepite per uscire dalla gabbia del pezzo unico con alla base una logica comune di ricerca e sperimentazione? Beh, sì, alla base c’è tutto un mio fare, la mostra stessa ad Antwerpen sarà - come l’ho pensata ..un’ ‘opera’, se non un opus (ma non insistere sul pezzo unico o meno. La cosa non riguarda troppo l’arte: non è che ..ci sia da salvarsi dal pezzo unico! Pezzo unico sì, e pezzo unico no, a seconda dei casi, come ti ho detto).. (a posteriori, aggiungo che la mostra di Anversa - cruciale per me - è stata molto curata nei suoi legami ambientali , quasi.. come all’interno delle opere. Ho forse in parte contraddetto ..un mio ‘sbaglio’? Una certa mia incuria, un non ‘dar peso’ a quella che, a torto o a ragione, mi può sembrare la confezione dell’opera?). Ricerca alla base e dentro e sopra e dovunque, non bruciando le tappe, ma saltando. Poi ti ho detto e ripetuto che questo monumento equestre che corre, o pedestre che sta fermo, ha il limite di essere dovunque, tranne forse che.. in me stesso? Non nel senso che io tradisca me stesso: io ci sono tutto intero, ma ci sono per qualcuno? Sono di fronte a uno specchio poliedrico in cui la mia faccia, una volta tanto, è bella, è riflessa in tanti modi nuovi; ma è la ‘mia’ faccia (non è tanto o solo una sfiducia nell’arte, nella cultura, è più una sfiducia in me??) e non voglio vederla solo riflessa mille volte bella, perché vorrei vedere anche le facce di tutti gli esseri del mondo. Ma sto diventandomi noioso, uffa!.. Proseguiamo. È giusto dire che nella serie di opere della stessa dimensione chiamata ovali per la caratteristica forma del ‘dipinto’, anche l’aspetto psico-metafisico lega i soggetti fra loro? Mah, ti ò detto che ci si può addentrare in questi ovali (che iniziano nel ‘79) in diverse maniere, che si possono guardare singolarmente o montare in diversi modi, e l’accostamento è già un problema. C’è questa allegria (vari ‘scherzi’) e allo stesso tempo, pensieri (quasi ogni soggetto presenta un.. ‘problemino’ o un tranello); questa apparenza di cosa colorata, e poi questa sostanza di cosa più profonda del previsto, come un po’ in tutti i miei lavori. Argan l’ha detto vedendo il complesso “La logique du Goût”; qualcosa come: “brillante o festoso, e poi sotto c’è 19 molta intelligenza”. Sotto c’è una complessità psicologica; e anche colore e calore insieme, da assumere magari così.. nell’apparente scelta di qualcuno di mettersene sei sopra il divano..Tutto questo porta a un intrigo ben sguinzagliante e ben sguinzagliato (in cui cercare un percorso) e propone quindi la presenza psichica e il coinvolgimento di me e degli altri. T’ho parlato di “scherzo”, termine che si adopera anche in musica, e che, chiaramente, non esclude tanti rimandi culturali. Allo stesso tempo, un complesso può essere preso d’emblée, tutto insieme, e goduto così, nello spazio (ad Anversa, la grande hall del Museo era invasa a mosaico da 200 ovali). Alla base non c’è la volontà di fare un repertorio di citazioni, di saccenti saputerie o sapute saccenterie, ma c’è un bi-sogno (2 volte sogno) fra i due fuochi della forma dinamica. L’ovale.. quello vale molto, eh!, chillo ovale, chillo vale (scherza). Vale che cosa? che dentro (nonostante l’incapacità di uscirne?) c’è il dentro! C’è che, se uno potesse capire, ..forse chiagnerebbe.. o, con un frustino colpirebbe allegro i cespugli fruttuosi: ..ridendo castigat mores.. ha!, ha! a moré, ti ga capi’?! mangia le more e non punirle vai! nell’Arte della memoria.. Scusa se insisto: allora, con queste opere hai voluto sviluppare, in particolare, una dialettica tra forma estetica e psicologia? Sì, questo è in tutto il mio lavoro (e anche nel lavoro dell’artista in genere). Potremo dire, però, che in me c’è anche questo aspetto di coscienza (ma non a senso unico!) della cosa e di lavoro sul problema, che potrebbe essere un limite, ma che, in realtà, da un punto di vista culturale ed espressivo, non è affatto un limite: perché l’artista istintivo (in verità: estinto, proprio nell’istinto!) che ‘non deve’ avere coscienza delle cose (perché ‘maternalmente’ legato ad esse), e che è un ‘genio’: è roba dell’ ‘800, roba che fa ridere i polli, e i polli chiacchierano tanto nei nostri pollai, senza capire un cavolo fiore.. La tua produzione, oltre che di personali tecniche meccaniche, si è sempre giovata di un sapiente uso delle mani, ma negli ovali hai superato il limite approdando a una esasperata manualità. Il contrasto evidente con quel nuovo concetto di serialità, di cui si diceva prima, è voluto? Intanto, ti vado subito a complicare le cose! Perché ora, per esempio, sto facendo 56 ovali che sono semplicemente 4 fòrmiche di 4 colori (che però sono i colori delle Funzioni psichiche junghiane!) portate lì, pari pari, a quella misura e forma. I colori chiari, che sono dei ‘materiali’. Quindi, ecco anche tutto un blocco di roba che non è manuale. Ti giuoco dei brutti tiri? Ti ritiri? No! D’altro canto, tu lo sai che altrove e in tante dimensioni, opero con manualità e gusto. Anche gli ‘oggetti’ che nominavamo - purtroppo solo a parole - hanno caratteristiche di minuta finitura, quasi.. antiquariale, che ho loro conferito con molto lavoro (..dalla falegnameria, alla lucidatura, al dipingere caratteri, all’elettronica..; mentre, sì, nelle pitture, puoi trovare perfino la macinatura dei pigmenti, e il procedere per impasti o per velature, le secchezze strutturali tre o quattrocentesche..). Un altro.. involontario modo - per eccesso di ricchezza degli oggetti - poco mercantile. Patella come considera il citazionismo, oggi che si va affermando, almeno in una certa area, il post-minimalismo, la nuova oggettualità? Io sono piuttosto attento a quello che succede, ma, in questo momento, non tanto, perché mi sono seccato delle troppe beghe. Sono stato attento e, allo stesso tempo, attento a scantonare istintivamente dalle cose risapute. Il citazionismo mi sembra una storia di 5 -10 e più anni fa, poi viene dell’altro.. ma quando viene l’intelligenza? Quella non viene mai.. Invece, è quella che ci vuole! Non l’intelligenza di quello che sa far quadrare le nespole logiche, o di quello che sa contare fino a tre o quattro.. centomila bigliettoni.., ma di quello che sa costruire qualcosa di integrale e disintegrato e, allo stesso tempo, aprire le porte e andarsene. Far di nuovo finta di essere ‘mentali’ e inesistenti, venga pure, ma è cosa vecchiotta. Informatevi di chi à fatto prima certe cose. E soprattutto, informatevi su quel che c’è da fare. È la complessità che urge. Ed è appunto la complessità che il sottoscritto, senza false modestie, promuove e attua da tempo!.. Notavo, da capo, ultimamente, che una lettura del passato recente, non solo viene falsificato da giovani che non si documentano, ma anche da.. vecchi che dovrebbero almeno ricordare. E che si è molto capaci, non solo di non riconoscere quel che è stato, ma di: inventarsi quello o quelli 20 che non c’erano! Io, poi, non opero tanto per il passato, quanto per quel che faccio, o per.. il futuro. Comunque, riguardo al resto hai assunto nell’opera anche questo aspetto pratico del paziente e antico mestiere del dipingere come citazione culturale, impiegando, per giunta, anche la materia dei maestri della Scuola Senese del Trecento, che, poi, è la terra (intesa come materia-colore e come luogo della creatività..) dove affondano le tue radici. In questa scelta, che peraltro richiede tempi lunghi, c’é stato pure il gusto di rivisitare le esercitazioni pittoriche del tuo primo ingresso nell’arte, precocemente abbandonate, e di creare un cortocircuito tra immagine pittorica storica, ready-made e nuovo linguaggio psicologico e concettuale, per arrivare a una sintesi espressiva insolita e più significativa? Quante cose! La citazione decorativa era un luogo comune di qualche anno fa. Per i luoghi comuni, sai, io posso anche tangenzialmente passare, ma non ci sguazzo mai, per cui tutto quello che si usa, io sostanzialmente lo disuso. Sì, la relazione con un certo mio passato c’è, perché no? Tempi lunghi.. per i vampiri dell’arte; e tempi lunghi per chi invece la gusta sul serio e anche la vive con tempi brucianti. Qualcosa di vero c’è in questo. Tieni presente.. che - come dicevamo non devi presentarmi come.. un immaterialista, che abbia praticato, solo in passato, la sensibilità, la sensuosità, l’intuizione, l’istinto. Al contrario! Io muovo sempre con questi strumenti, sono un animale.. sul chi vive del sentire e del vedere, odorare.. Credo che l’artista non ne possa fare a meno; ma non credo che oggi uno possa.. felicemente naufragarvi. Deve esporsi a rischi, fatiche e piaceri maggiori, per concludere cose vive. Per quanto riguarda la pratica lenta - del resto sempre presente in lavori veri - negli ultimi anni ò lavorato a lungo alle opere di cui parlavamo (oggetti di Den & Duch, etc.), magari anche molto di più che agli ovali. Sai, qui aprirò un’altra parentesina per riaffermare che non ci sono criteri esterni e standard di salvaguardia della qualità delle opere. Il ‘lavamani’ del freschetto ..equivale, in senso assoluto, alla pratica lenta dello spennellator cortese (..pur se questa farà tirare un sospiro di sollievo all’atavico gusto malgusto del trisnonno papalino che perdura nel nipotino). Anche l’intenditore di arte antica può prendere fischi per fiaschi sfondati. Si è straparlato sul mestiere di mestieranti: niente affatto capaci per giunta. Niente è facile. E, intanto: la pratica lunga va intesa come qualcosa di ben più sostanziale e nascosto (anni e anni), e poi il giudizio - te lo ripeto - può essere solo affidato alla sensibilità, all’intelligenza, alla cultura.. Ovali: ne ho fatti diversi e alcuni con molta pazienza (preparando le tele, impastando colori, materiali, ecc. Le mie esperienze: tieni presente che non erano esercitazioni e che non le ho abbandonate sul nascere, ma dopo molti anni di lavoro, non solo propedeutici, ma produttivi). Altri ovali, invece, hai visto, sono fatti con dei sistemi che si ripetono: le stoffe e ‘tovaglie’, che hanno anche qualcosa di meccanico dentro, pur nella manualità spinta che parte dal pigmento, fino a strutturarsi nell’immagine. Non credere, però, che ora mi sprofondi in questo! Ti ho appena detto di altri ovali che sono semplicemente dei materiali industriali.. che però impersonano (in quanto colori) le Funzioni Psichiche; .. e allora ricadiamo in altre storie: il signor Rossi li vedrà solo rossi, gialli, verdi, o blu; e il sottoscritto, e il signor Pappagallo o meglio Arcobaleno, li vedranno in maniera più complessa, magari col mio aiuto, se richiesto. Neppure credere che fino a non molto fa sguazzassi nell’opera condensata o manuale, e che ora non la segua più.. Starei, sì, in questo frangente, forse più a fare qualcosa di pratico per.. me stesso all’opera, ma non certo per buttarla alle ortiche; magari scrivere poesie, che sono più brucianti, o andare a spasso per guardare, vedere la gente, eccetera. Per concludere con gli ovali, chi sceglie solo quelli più ‘condotti’ - senza accostarli ad altri, può avere, sì un’opera isolata che funziona bene, ma.. mostra di non capire molto l’operazione fatta di rimandi interni ed esterni all’opera e al complesso. Inoltre, se parliamo di opere, non nominiamo solo gli ovali: ce ne sono tante altre, coordinate e risonanti! (ci vorrebbero giorni, o volumi interi, a descriverle). Ci sono i ‘Letti’ paradossali, saldati di ferro e colorati (rieccoci alla stereocromo-psicografia) - presenti nella collezione dello ‘Stedelijk Museum’ di Amsterdam. I ‘Letti’ di legno, ..tanti altri oggetti di ‘DEN & DUCH’ molto complessi, come.. il ‘Gousse’ cinguettante (quando prendi il pistillo ..del ‘Giardino delle delizie’ di Bosch), o il ‘Cosmo’ capovolgente (come il fondo specchiante di un occhio.. storico, in cui vibrano chimici e misteriosi spazî, pesci ‘rotondi’, uccelli d’oro..), e l’ ‘OrElogio’ (elogio di un tempo psichico, interpolato all’infinito), o i ‘Vasi fisionomici’ dei Duchi d’Urbino (torniti sui loro profili; quello di lui, come sai, alterato forse da un fendente), il ‘Red-made con Epergne’ (un ready-made 21 strano, un bel po’ ‘aiutato’), e i tanti piccoli ‘Giuochi di Bina’ (la.. bambina doppia.. che vernicia i Letti, e ..impersona l’ ‘anima’, l’Inconscio di Duch) sul lungo ‘Tavolo Anamorfico’; e poi lo ‘Spleendor Solis’ - una videoscultura spiazzante - e la grande ‘Magrittefontaine’ (non oggetto-trovato; non realizzata con le mie mani; ‘classica’; assai consistente.. eppure: una pura idea!) che giuoca con la sua ombra (il profilo di René sul quale è tornita), con il suo ‘getto d’acqua’ e con il laser che porta il fuoco sospeso sull’acqua, a fare un ping pong (una pallina sta in cima al getto, infuocata da un raggio laser che la investe. Quando l’acqua la sposta, un’altra sferetta su un altro getto di una seconda ‘Fontaine’ distante 20 metri: si accende..). Ecc., ecc. una lunga Storia (lumaca dell’arte): addentrarvisi.. (in viso, inviso?) Mi pare di capire che persegui la complessità anche attraverso l’uso di tecniche e materiali diversi. ..Mi pare di aver visto un gatto, disse il canarino.. (o viceversa). Saltiamo un po’ di qua e di là o ci ripetiamo perché le tue domande tendono anche a colmare dei vuoti, e io vado altrove! Tecniche e materiali diversi, certo - lo sai bene - proprio perché il mio ‘giuoco’ organico è senza fine, un giuoco inteso non tanto come.. dis-vertimento, quanto come sfida. Si può giocare una carta, un torneo contro chissà chi, ..contro la morte? che ne so.. (va’ e fa’ ‘n mulo! facendo le corna) Sì, mettere nel campo di battaglia o da giuoco: tutto. A volte, ti dicevo della lentezza di questo duello.. e puoi lasciare.. la lancia o il pennello, il pane (da Pisanello), il pannello o la fresa elettrica, il laser, il registratore o la ball-pentel.. lì, e te ne vai altrove, a spasso.. O spesso se posso, passo senza spasso. Sono assediato dalla creatività, è una condanna: devo difendermene! Come nasce l’opera d’arte di Patella? Come nasce? Come nasce?.. Patella è nato male? è stato deformato lungo il cammino della speranza? ma l’opera nasce bene perché è sostanzialmente autentica. Lì mi sentirei di dire che io come falsario non valgo, perché, se faccio qualcosa, è perché ci credo. Nella vita non me la sentirei di dire altrettanto. Non melo far ripetere (se no marcisce la frutta sui rami, Eva s’arrabbia, e non pesco più, fiorito..). Ma il procedimento..? Non è mai un cedimento di fronte a nessuno, in genere è contro tutti, malauguratamente o per fortuna. Procedimenti tanti, tanti processi intentati e per lo più vinti, perché, se io mi ci metto, ..avendo le forze e l’intelligenza che modestamente e immodestamente possiedo, riesco. Lo sai, che anche ogni tecnica l’ho sperimentata a fondo e spesso reinventata. Per esempio, procedimenti fotografici originali, o la proiezione non deformata, su una calotta emisferica (1968-‘69) che molti anni dopo ho visto realizzata da altri ..industrialmente (a Tokyo e Parigi).. Ma non si tratta solo di tecniche, piuttosto di ideazioni (o ‘id e azioni’, ..come dicevo un tempo: una dialettica di inconscio e coscienza..). E non tutti ce l’hanno, cela (..e quindi nascondono: in latino, ..seguendo la chiacchiera, la retorica classica).. bigna da capi’. Ti ga’ capì? Una gran scatola stantia di scotti e biscotti lazzaroni! Fanti veloci (che non arrivano da nessuna parte, se non apparente e falsa). Fai un esempio. Tante maniere diverse, sempre però in contatto, fondamentalmente con fatti che possono essere sogni, pensieri; fatti molto poco fatti oppure molto fatti, maturati nella mia storia, e nella Storia. Per esempio, tutto quel costruire gli oggetti degli ultimi anni (gli ‘80), mi à fatto trovare i “templi” di cui ti parlavo. Di lì ho pensato di realizzare i “Templi di Venere”; ma dove pescare una statuina ..che fosse anche un po’ ironica? Un giorno ero a fare una telefonata rapida per un taxi, da un vinaio fuori mano, e ne vedo una. “Quella che cos’è?”. “Viene da X, un paese fuori Roma” (è.. un Botticelli reso scultura: un po’ kitsch, la Venere che arriva sopra la conchiglia, la 22 patella). “Me la dà per x?”, avevo detto. “Va bene!”. Alcuni giorni dopo sono tornato e l’ho presa, l’ho segata in due.. pensando prima se sopra o sotto l’ombelico. Poi, l’ho messa dentro questi templi che nel frattempo avevo trasformato e fatto trasformare, uno dipinto di rosa all’interno; e poi ho messo in entrambi quelle luci rosa smaccatelle. Ho colorato cioè le lampade, le ho sistemate dentro, e questi templi staranno su degli alti supporti coperti da drappi, grandi velluti rosa acceso, in alto. E forse l’aviatrice (non so se riuscirò ad averla).. andrà in picchiata su di loro. I templi, in Trastevere (rubacchiati da qualche antica chiesa?) erano tabernacoli settecenteschi..; tolti i simboli sacri, li ò sfondati come portici; la statuina proveniva da chissà dove (vecchiotta e diversa da quelle brutte che si trovano ai Fori, di plastica). L’ ho tagliata e messa in modo tale che, se tu la guardi di fronte[,] la vedi come intera, ma se ti abbassi un pochino di più per vedere come ha la parte superiore, ti accorgi che è tagliata (sopra l’ombelico): che non c’è! “Le vol de Vénus” è il titolo. Se la guardi di fianco, dal portico, le vedi il sederino [ride], hai un’altra ‘visione’. Mentre, nel secondo tempio, trovi la parte superiore di Venere in bilico su un nautilus, su una conchiglia, a sua volta messa su una base, e tutta sempre avvolta in questa luce rosata.. (aggiungo a posteriori che, nella mostra, i 2 Templi si trovano in una stanza rosata, con un rideau teatrale che apriva l’accesso al ‘Boudoir de Vénus’. Erano piazzati ai lati di una modella nuda, in piedi su un basamento, illuminato di rosa anche l’ambiente.. Per quanto si riferisce alla ‘Storia’, immagini che la citino erano già alcune foto globali del ‘65, e tante inizio ‘70, su Montefolle ecc.. Il primo Novecento, o prima, era richiamato nel film (in 35 mm) “Vedo, Vado!”, premiato a Venezia nel ‘69. E, sempre ad Antwerpen, nel 1976 (in una precedente antologica al museo ‘I.C.C.’) avevo realizzato dei.. tableaux vivants, con nudi femminili illuminati da candele e atteggiati secondo Ingres, Velazquez etc., in un grande salone napoleonico degli specchi. C’era anche una voce che leggeva Alice.. al di là dello specchio; il tutto si scorgeva oltre cordoni e transenne museali). Lo spunto di varie mie cose è culturale, ma ha sempre alla base una pulsione reale. Prima ho parlato di tradire il reale, la vita, ma allo stesso tempo devo dire che le mie cose sono tutte autenticamente nate da stimoli miei, certo mediati dalla cultura, ripescati nel passato mio e magari ..della cultura antica, ma mai avviati freddamente, così, come esercizio. Negli ultimi tempi mi sono reso conto, ..se non lo avessi saputo già, di quanto calore covi nelle mie opere anche più apparentemente complesse.. Devi poi valutare le componenti critiche e ironiche (‘ironico-serie’, ricordi?) di vari miei lavori (che a volte - ma non sempre - possono reagire alla, o dialogare con la.. seriosità - tutta o in parte da ridere perché esteriore e snob - di certi lavori altrui). Addentrandoti nella storia cerchi anche di ritrovare il tuo passato? Ti faccio un esempio: tra la produzione storica di Diderot e il mio passato che rapporto c’è? C’è una relazione nel senso che Diderot mi interessa, in quanto.. mi ‘assomiglia’ da un certo punto di vista. Se in Diderot non trovassi dei contenuti che trovo in me stesso, o nell’attualità, nelle problematiche e soprattutto nei bisogni attuali (diciamo, in parole povere: la difficile integrazione di.. razionalità e affettività. Il tutto, non sporadicamente, ma per.. organizzata necessità proiettiva: in un’autentica “Autoencyclopédie”: come ho definito e interpretato ‘Jacques le fataliste’) non mi occuperei di lui.. Ci ho lavorato tanto e con passione! Ora cerca di analizzare come entra nel tuo lavoro la cultura artistica del passato e quella attuale. Entra da tutte le porte, porte aperte alla Patella.. La ‘patella’ che è la conchiglia che il mare spinge. Nel portico di Venere entra l’acqua almeno da tre parti, portandovi forse queste patelle, spingendole sulla spiaggia ròsa di Venere.. Entra perché ci deve entrare, perché se no di che si fa questo lavoro? Di ingenuità? La cultura (e l’opera) è un continuum: se cominci ad addentrarti in quel Palatium, non puoi né devi fermarti in una stanza o in un’altra, se vuoi ri-uscire. Se parti anche solo da uno spunto che ti riguarda, ti troverai legato al passato più profondo (è una questione reale, non un rimando.. junghiano o altro). E il passato devi, certo, affrontarlo filologicamente, con fatica e passione, grandi e non richieste (sai quanto abbia visto, letto e ricercato, per esempio, su Dante, Piranesi, ..Diderot; a Parigi, etc. ..), ma anche saperlo usare e capire e rinnovare in te creativamente, in modo niente affatto.. professorale. Mi potresti vedere, in certi periodi.. non leggere niente affatto; in altri tanto. In certi momenti per limitarci all’arte .. per le poesie: Virgilio, Catullo, Ovidio, Dante, naturalmente, e ..Góngora, ..i grandi francesi, 23 D’Annunzio, etc. .. Ehi, ehi!.. Tu sai bene che io non sono un letterato, un professore, o quel che sia, che agisco poi nelle arti figurative: chiariamolo bene al lettore! Sono uno che ha, sì, una formazione molteplice, ma assai concreta è quella artistica, nonché la sua pratica, su base di dóti e natura artistica (..fin da neo-nato: con questa pecca!). E qui ti aggiungo (per associazione e fra parentesi) che chi proviene dal letterario e sconfina nel visivo, in genere non possiede la adeguata sensibilità per la forma e la materia.. In un’ottica più sostanziale, invece, ti ho già detto che non c’è contraddizione.., c’è vita, tra cultura e vita o pulsione, perché una non esclude l’altra, ma, anzi, hanno profondamente bisogno l’una dell’altra: passato, futuro, presente, tutto. Ma non credere che attui un metodo unico, nel mio lavoro. Che io ‘metta in opera’ delle teorie, o che sempre ne ricavi dall’operare. Il fare è più vitale e variato. A volte spacco i capelli in 44, a volte prendo su tante teste. E ti ripeto che la dimensione intuitiva.. e sensitiva dell’artista è sempre presente in me.. come può esserlo il suo contrario. In certi momenti prendo vacanze dalla teoria, e in altri dalla pratica; del resto, in sostanza, ambedue sinergiche, ma aggressive. La cultura ha anche l’aspetto di una pericolosa ragnatela idealistica. Psichicamente, il difficile è accettare la ‘vita’; senza essere ‘animali’ (?!). Vedi? Il linguaggio sfugge da tutte le parti; sto dicendo: senza trasformarsi in..; o: perché purtroppo non siamo..? Comunque, una mia opera possiede sempre, intrinsecamente e organicamente, molte componenti e molti punti di vista. A voler mettere Tutto nell’opera, non rischi di appesantirla? Non è un fatto volontaristico, né un programma: è un ovvio stato di fatto..Tutto il mondo à il peso che deve avere, altrimenti non sarebbe il mondo. Appesantirla se io sono leggero? Paradossalmente, se io non ci sono come essere umano, lì divento ‘pesante’.. perché sono troppo leggero (questa volta, in accezione negativa). E.. se l’opera sapesse sanare questa frattura: che piacere..! Nell’opera il peso di tutto non è mai un peso! È la.. stronzaggine che pesa e rompe da morire, capisci? Pesa tanto perché non pesa niente! culturalmente: passare il tempo, come passatempo e ritornello.. equivale a: perderlo. Vedi, via via, come è (.. ‘involontaristicamente’, ..che d’è?) anche ‘politico’ il mio lavoro? (E, rispetto a tutta l’aggressività che forse noti, ti dirò che gli umani, le umane: possono ben mettermi in scacco!). L’aspetto estetico è importante, ma secondario? No, l’aspetto estetico è primario; non fine a se stesso, immesso con tutto il resto, ma anzi è l’ésca. Non l’èsca e se ne vada, ma l’èsca ed entri; non voglio far abboccare chi sta a bocca aperta.. [ride]; non parlo nemmeno della.. tele-visione, per carità: quei poveri fessi che stanno lì, poco visionari, e credono che il verme dell’esca sia vero.. No, no, l’aspetto estetico è primario; con la sua gran ‘risonanza’ interna, è una delle porte di accesso principali al porto e al tempio di Venere, è il tempio stesso.. Se Venere è brutta, non è Venere, se la Patella è spiattellata, non è Patella. Se il mare non spinge, non è mare, se la salsedine puzza, non è la salsedine. È qui la freschezza. Poi, questa freschezza accompagna tutta la complessità delle trasformazioni, capisci? Questo profumo, a prima vista, puoi gustartelo, ma dentro c’è tanto altro. Lontano dalla paura vecchia come il cucco o i cucchi (chi ha paura del lupo, buono e cattivo?) - che l’artista sia troppo intelligente, troppo cólto; che ti schiacci i piedi. Ma già la Sensibilità è un terreno molto articolato, e nella sua integrità, raro. Ci si stravacca l’artista, ma non è detto che non ne difetti. E il critico spesso ne è digiuno e, già per questo, non capisce. E poi, te l’ho detto: una volta si deve fare a meno dell’estetica, un’altra si deve annegare nell’estetico, poi non deve esserci l’estetica.. L’artista non è un burattino; l’artista, se è un uomo o una donna.. veri, deve essere complesso. Perché il quadro di Tiziano vale qualcosa oggi? Perché dentro c’erano e ci sono e.. si sviluppano tanti significati, oltre che maestria compiuta. Se poi Tiziano era anche un furbacchione, non me ne importa niente a questo punto. Se l’avessi conosciuto avrei detto: “..ammàzzate che fjo de, togliti dai piedi, rompiscatole!”. Ma ora è passato il tempo, quell’accentratore era anche un grand’uomo, e quello che rimane è pieno di significato che lievita, rimangono le sue fisionomie dell’umano (‘Marzia scorticato vive’, dice un mio insieme, alludendo alla sua più bella, estrema produzione). non cercate (più) l’arte ..dove la cercate, o dove la mettete! 24 Cambiamo argomento. Con la periodica pubblicazione delle “Gazzette Ufficiali di Luca Patella” di vari anni fa, c’è stato un tentativo di andare oltre la fisicità dell’opera per fare un lavoro esclusivamente teorico? Non “esclusivamente”: io non escludo mai niente, anche se in certi momenti privilegio questo o quell’altro, ma è un privilegio così.. perché uno non è Dio e, quindi, ha anche dei momenti diversi; ma non è escluso niente, perché al punto che escludo, mi precludo, e allora che faccio? Dice, faccio.. tutt’al più il doppio senso; poi il senso unico, divieto di svolta a sinistra.. : ma quella è la circolazione stradale, la circolazione vitale è ben altra cosa! Non è il giro di Peppe, del cretino.. Anche limitatamente a quel momento (inizio degli anni ‘70): non facevo certo solo ‘Gazzette Ufficiali’, e neppure solo grossi libri (anche di 300 pagine), ma altro... Non credi che il continuo sondare nuovi campi sia quasi un’autopunizione dal momento che il tuo dinamismo creativo non dà il tempo di assorbire l’opera tempestivamente? Ma, intanto hai visto come io nei campi zappi a lungo. Non è che sia il tipo che saltabecca, oggi sta qui, domani sta là. Sono stato tanti anni su delle cose, inventandole, inventando tecniche diverse, quindi non c’è questa rapidità e tempismo di bruciare le cose. Non ci sarà se mai (quando il cor mi ditta altrove), l’insistenza a fini pratici. Per dirtene una: è un po’ assurdo lasciare, alla fine degli anni ‘60, le tele fotografiche, o un lungometraggio già tutto girato, e con riprese molto complesse (“Luca Patella / Lu’ capa tella”, con animazioni durate settimane giorno e notte; fortunose riprese della contestazione studentesca; personaggi che sono Carlo Cecchi e Marino Masé; ecc.).. per scrivere un grosso libro tot ale! Quanti voli, eh? A maggior urgenza! Sondare nuovi campi non è un’autopunizione, è una necessità! Il fruitore poi, per sua parte, deve frullare come un passero, fare la sua parte: e io ..passerotti a prendere, amico! Da un lato, fruitore, non ti spaventare, vieni a spasso con me e col tuo bambino: sarà divertente! Dall’altro, non posso propinarti sciocchezze o vuote quintessenze-snob, per tranquillizzarti: preferisco rimetterci, ..altrimenti tradirei tutta la questione, te incluso. È certo che mi rendo la vita difficile, lo so bene (sono deficiente.. e non posso farci niente): ma non per principio, e non è questo il fine della mia (auto)aggressività e: attività!.. Con la scrittura - che ti consente un’espressione più libera e rapida, di essere più comunicativo e di realizzare un prodotto artistico senza peso - riesci anche a colmare gli immancabili vuoti tra te e l’opera visuale? Senza peso: questa terminologia a più sensi l’avevo introdotta per un certo tipo di immagine. Non me la falsare, riportandola in terreno letterario, dove, nella semplice accezione di immaterialità, risulta ovvia; e, in altri sensi, falsante. Che la scrittura poi sia così libera e rapida come dici: proprio no! Perché.. hai visto per esempio quelle poesie: in parte sono scritte di getto, con urgenza e ‘facilità’ (non c’è mai lo sforzo di voler fare ‘contro’.. il non riuscirci), ma altre sono molto elaborate; poi, anche quelle scritte rapidamente, sono, in buona parte, limate nel suono, tutte accordate, non buttate lì. Ma non hanno una fisicità.. La letteratura non à una fisicità? Ne parla e.. la incarna nello stile, la.. imparola. La parola (‘parole’ saussuriana) può essere molto sensuosa.. Ecco già ..parlare di: arte e letteratura. Beh, che vuol dire? Non è.. arte letteraria? Magari il letterato non sa un fico di pittura, di immagine, e l’artista non sa scrivere. Sì, ma in concreto (e.. in futuro) io propongo questa estetica e questa moralità che vanno ovunque: ovunque il guardo io volgo, in mezzo all’arte mi trovo.. A meno che non ci ripensi: ..perché non sono arruolato nell’arte, eh?!.. Quindi, anche la scrittura ha un valore plastico? Stiamo giuocando un po’ a un giuoco inutile.. Beh, hai visto che io finisco spesso per preoccuparmi della resa estetica della pagina, non in senso visivo, di poesia visiva, non in questo senso un pochino banaletto, banalone, ma in un senso più vivo. Poi, però, la parola è parola (ha cioè una sua storia). Sulla fisicità della parola, fammi ricordare quel passo di Gargantua, in cui navigava in un mare così freddo che le parole, uscendo dalla bocca, si ghiacciavano e restavano lì come tanti confetti: ‘parolles gelées’. Scaldandole colle mani, scoppiettavano come caldarroste 25 e si ripronunciavano nell’aria. Capito? ..Il ‘materiale’ di Rabelais era altamente espressivo e aggressivo, ..tante cose (attuali) nascono surgelate e prive di realtà A proposito, vorrei conoscere dalla tua voce cosa ti consente di esprimere la parola. La parola: ..che vuoi dire? Ora, per esempio, io sto parlando, ma mica vuol dire che tra un po’ non..vada al wc, e che poco fa abbiamo mangiato? Queste cose non si escludono a vicenda (o a Vicenza, come diceva la buon’anima..) [ride]. Quello fa un mestiere, ma perché non ne fa un altro? Perché in questo momento respiri e ti gratti il naso e io sto stirandomi un piede: sono tutte cose utili, e l’arte o la vita devono circolare in tutto questo, altrimenti che stiamo a fare! Ecco, di libri non stiamo parlando in dettaglio in questa intervista (forse proprio perché.. stiamo parlando?). Ne ho realizzati, scritti, tanti! Già il primo, ‘Io son qui / Avventure & Cultura’, ricco di immagini e grafici, era di un trecento pagine, ed è uno strano connubio di: sguinzagliamento della parola, e insieme analisi in atto e conoscenza come avventure ‘contaminanti’. Molta serietà e molta ironia.. Non è nemmeno integrale la pubblicazione; ..cose assurde.. dal punto di vista pratico mercantile!.. (sono entrato in qualche repertorio letterario - e così, a differenza di altri, mi trovi citato in strani posti - ma non faccio certo parte del potere letterario). Vuoi che butti lì ancora qualcosa? ..Forse: che ‘scrivere’ - forse - è più.. imperituro, perché, paradossalmente: più astratto / e meno artificiale.. (l’icone che punta sulla similitudine col referente.. non sarebbe così primitiva? Lo sviluppo arcaico della comunicazione potrebbe paradossalmente essere: simbolizzazione, indicazione, rappresentazione iconica..). Richiamo Peirce, a modo mio, come mi è venuto in mente ..forse ora. La parola ha la potenzialità di sostituire l’immagine? Io intanto non è che stia rivoluzionando: la letteratura esiste da tanto tempo! l’arte figurativa idem! Semmai c’è una divisione dei ruoli, per cui il poeta non sa un cavolo di pittura e viceversa. Dire pittura, poi, è già molto limitativo. Io, da “fottutto-fottuto” [ride] si tratta del titolo di una poesia di “P’alma di mano”), pretendo di fare tanto: quel poco che so fare!.., e poi anche se fo tutto, ..fottuto rimango!.. [ride]. Non perché in arte sia fottuto, ma perché l’arte andrebbe anche messa da parte, no?.. Insisto: tendi a dare alla parola scritta una immagine (realistica e metaforica) e ad immettere più consapevolmente la letteratura nella produzione plastica? ..Va bene: non faccio due o più mestieri, aggiuntivi e separati, ma devo ripeterti che non sto inventando la letteratura e le arti figurative. Io sento questo bisogno di essere libero dalla catena che mi impone il Signor X e il Signor Y. Se vogliamo tornare un passo indietro, ti dirò, sì, che uno degli aspetti del mio lavoro, fra anni ‘60 e ‘70, è quello di saggiare la smaterializzazione espressiva. Mentre altri ‘contestavano’ non ‘esponendo’ le opere (e vendendole sottobanco), io, dall’immagine ‘Senza Peso’, andavo oltre: verso la scrittura, il testo creativo e critico (e parallelamente studiando linguistica e semiologia) e la sua messa in pubblico, in tanti problematici e spiazzanti ambienti e performances (che a volte chiamavo linguistiche e psicosocio-politiche, intendendo una Psicologia non (troppo) intimistica. E un luogo - non meccanicistico - in cui l’inconscio dialettizza con il sociale: ideazioni / id e azioni. Ricordi? Degli anni ‘70, in questa intervista, stiamo parlando poco o niente. Potrei forse dirti che io, sostanzialmente, ho fatto (anticipato) gli anni ‘70: nei ‘60! Ma, ad essere più esatto, il mio procedere, fammelo ripetere: anticipa quello che.. ancora non c’è! (e lo attua). Però mi sembra una dimensione abbastanza nuova questa tua di immettere la letteratura nelle arti visive, questo innesto, che anche ora pratichi, tra parola scritta e oggetto. Ci sono tanti precedenti. Io, però, non lo faccio scopiazzando: radicalizzo e arrivo fino al saggio (che è.. innestato).. Tradizionalmente il pittore, o.. scriveva un romanzo, o (e spingiamoci ai migliori limiti) illustrava ..magari il poeta surrealista, che già era aperto, perché Dada e il Surrealismo (coi precedenti del Futurismo) hanno aperto le porte. C’erano, sì, i detti e le scatole di Duchamp, le poesie di Picabia. Ma poi si aveva, che so.. il libro di Eluard illustrato da Ernst. Un esempio di gran classe anche questo, ma non esattamente la dimensione di cui parlo (ti ho detto che il Concettuale faceva o fa finta di essere: cólto, scientifico, o mistico..). A proposito, 26 quando il piccione è piccino come si dice? Sembra già grande.. : un impiccione, un impiccino, che sta lì a far tante cose. ..Ma è perché non sa fare se stesso? ..Vola, vola! In sostanza stai realizzando un vero e proprio oggetto culturale pluridimensionale? Mah, non ho di queste pretese nel senso che non ho inventato la letteratura o l’arte, ti ho detto.. Troppe cose esistono al mondo sotto il cielo del passato, lasciando stare il presente. Se vuoi che rivendichi il fatto che non ce ne sono tanti come me, o che io sia l’unico (fammi essere ..paranoide), uno che dialettizza fortemente espressione e cultura: certo di compagni di strada (come dicevano un tempo), di compagni di viottolo, di albero , di cielo, ne vedo pochi o niente! Vedo che altri sanno volare meglio di me.. : non invidio il volo nel mondo dei quattrini, ma forse in quello del respiro umano. ..Qualcuno poi potrebbe dire che la mia proposta è superflua, che ..l’extradisciplinarità equivale a più discipline; o, al contrario che è un cammino tanto complesso, presuntuoso ..superumano o coraggioso.. da schiantarti nel fisico.. Ne prenderò atto, ma dico: che altro vuoi fare: se vuoi fare e non ripetere? E vogliamo, dopo queste precisazioni e recriminazioni, prendere per buona la definizione che mi fornisci nella tua domanda? Va bene! (perché non è ..malvagia, anzi..; né voglio sempre darti addosso). Devo aggiungere però, che l’oggetto non è necessariamente oggettivato, e ancora una volta, che la parola ‘culturale’ non va intesa come limitativa nei riguardi del creativo, del sensuoso, o del poetico, termine che tu hai usato altrove. Mi viene ora in mente che certi critici possono essere contrarî ‘alla mente’ nell’artista, non solo per.. gelosia di mestiere, ma per malintesa sovrastima delle doti che non possiedono. È però lì, che dovrebbero far valere il talento critico: perché una qualche dotazione estetica o di apparenza anticonvenzionale non è che significhino molto, di per sé.. Queste mie insistenze sono un po’ condizionate dal.. vento e dal sugo delle lasagne o dell’amatriciana.. Cosa hanno rappresentato per te le innovazioni letterarie di Joyce? A suo tempo le ho conosciute e in parte.. mi avranno forse influenzato, ma non sono un vero patito di Joyce, nel senso che non è strettamente o direttamente questa, la mia ascendenza. Come giudichi oggi la “Recherche” di Proust? Beh, la “Recherche” la conosco poco. Sai, io sarei uno che sa tanto, che qui, che là.. ma poi di tante cose so poco (non mi interessa un enciclopedismo); mica perché non abbia letto in parte Proust, ma perché Proust proprio non è uno dei miei scelti e prescelti. Quando parlo di tutto: intendo tutto quello che si conosce, si va conoscendo e che preme (che.. certo deve essere tanto..) In che misura ti interessa dare sfogo alla tua vena giocosa? Di ironia, di humour nei miei lavori c’è molto, perché se no la cosa non è completa; per questo, o meglio perché io sono così. Sono mogio e ironico allo stesso tempo. Mi interessa perché io, appunto, sotto mentite spoglie o sotto smentite spoglie, o anche dichiarate: sono uno molto ironico. Ho uno strumento espressivo.. di grande levatura, ma non per farci quattro risate.. (o sì, per l’es pressione? pressione dell’es, tosto? [ride]). Ti riesce utile anche per coinvolgere e rendere l’opera più ‘aperta’? Sai, l’utilità non è che viene posta come problema: io sono così e non è che ‘voglia strategicamente’ essere così e cosà. Dalle analisi linguistiche e psicologiche dei lavori più teorici su Eraclito, Dante, Giorgione, Raffaello, Piranesi, Diderot e Duchamp, recentemente, per parlare solo della tua attività “letteraria”, sei passato, più decisamente all’autoanalisi dando maggiore importanza al sentimento e alle pulsioni interne. Come sei giunto a questo nuovo orientamento? Mah, qui sfrucùlii un pochettino. ..Vedi di porre l’accento piuttosto sulla mia continuità che si rinnova, eh, amigo?! I lavori su Diderot, Duchamp e compagnia erano una forma di autoanalisi, e anche di analisi obiettiva: perché io trovo che l’autoimplicazione, per capire le cose è importante. Uno la potrebbe vedere come uno strumento falsante..; al contrario: se io non ho.. mal di piedi non capirò mai se Diderot aveva mal di piedi, capisci? e anche il mio male, o bene, si chiarisce attraverso il suo. La nostra cultura cioè si illumina. Non faccio archeologia fine a se 27 stessa. Credo di avere “scoperto” (anzi, anche senza virgolette) qualcosa su di loro, ma l’ho scoperto anche attraverso me stesso, perché vi ero implicato, e soprattutto perché quelle problematiche sono ancora valide o irrisolte, nelle nostre psicologie e culture (rimando ai miei libri). Era una autoanalisi forse un po’ fredda? Magari mi vuoi dire che ora, più che analisi, è espressione calda? Io non perdo mai i contatti con il dominio dell’espressione e quindi della forma, che mi preme tanto, perché se no l’arte che è? Non è un cuore e una chitarra, è anche saper suonare quella chitarra. Attualmente forse ho acceso una spia? una spia che viene dal freddo e che vuole riscaldarsi.. per sorbirsi un bel gelato?.. Tu poi, mi conosci da molto, ma non da sempre. L’insaziabile investigazione in ambiti diversi ti ha portato anche a forme come l’attività critico-teorica con analisi linguistiche e psicologiche e all’arte dello scrivere, che vanno oltre la fisicità dell’oggetto artistico, proponendosi come puro prodotto culturale e sottraendosi alla finalizzazione commerciale. Perché tutto questo lodevole, ma pazzesco lavoro senza risparmio di energie? Hai detto bene. Sì, ti approvo. Perché? Perché so’ fesso! direbbe qualche furbo [ride]; perché son furbo, direbbe qualche intelligente. Perché un lavoro che sia fatto ..dal mulo dell’arte, il mulo della povera arte coi suoi stracci o rigatini (decorativi, disseccati, o viscerali) o altre povertà di limiti: che lavoro è, in sostanza? Quello non ce la fa ad andare oltre la sua macina che gira in tondo e non macina, anche se il mercante lo frusta nei garetti e il collezionista, inebriato dal poterino, ci sbava?.. Il poverello assiso non ha strumenti al di fuori di quelli? Il critico o il direttore, a sua volta, intasca dal mercante (ora non andiamo tanto avanti nelle critiche) attorno a quella macina.. Se uno vuole spezzare tutto questo o analogo insieme di cose; non per moralismo, ma perché non gliene frega niente, perché capisce che il respiro non sta in questo, ma risiede nella libertà di fare qualcosa che non è stato fatto.. Mi sono impicciato ed ho faticato tanto e mi sono divertito tanto e mi sono in-castrato tanto (ride), a fare cose che magari temo anche nel mio sbagliato timore - che non siano capite; oppure vedo, coi miei occhi aperti, a cosa servono.. Servono a fare un prodotto che non è una ..cavolata, una bolla di potere pubblicitario; ma che, invece, mette insieme ..fuoco ed acqua, non per spegnere l’uno con l’altra, ma per ..scaldare l’acqua, per raffreddare il fuoco, per cuocere e fare qualcosa di vero. E poi? (lì sta il busillis, ..senza busi, eh!): se uno vuol continuare e sa farlo: continua. Fammi qui riassumerti, stringatamente senza scherzi (e per decenni? ..anche se questo dividere in decenni mi fa un po’ ridere) la sequenza dei miei modi espressivi: a metà degli anni ‘60: il passaggio (dalla ‘moralità del segno’) alle immagini e tecniche (fotografiche e cinematografiche) ‘Senza Peso’, manifestate anche in (o alternate da) ‘comportamenti’, scritte, scritti, e ambienti (‘Ambiente proiettivo animato’, ‘Sfere Naturali’..). Negli anni ‘70: la scrittura, il testo creativo o critico (fino al saggio psicanalitico e letterario), e ambienti, installazioni e performances che sono anche outputs della parola (‘Muri e Alberi parlanti’, tante analisi in pubblico, ‘Lüscher’, ‘Rabelais’, ‘Piranesi’; con interventi spiazzanti di spogliarelli, o musica, o miei sosia, ecc.). Nonché ‘opere speculari’: fotografiche- ambientali (‘UT IMA AMES / MA AMI TU?’) e proiettive. Negli anni ‘80: continua la poesia, e il testo creativo o teorico, che si relaziona dialetticamente con una vasta produzione di rilevanti oggetti-sculture e complessi di opere (..o, viceversa, sono queste presenze che si relazionano con la theoria): ‘Mysterium Coniunctionis’, ‘La logique du Goût’, ‘DEN & DUCH dis-enameled’. C’è un artista che, all’interno della sua opera, abbia scritto saggi (non necessariamente sull’arte)? E c’è un teorico che abbia praticato l’arte, come necessità della sua struttura di ricerca? Ohibò!.. Hai ragione, questo è un vero termometro della situazione, una pietra di paragone che assolutamente ti caratterizza e ti.. distacca. Ma precisami ulteriormente qualcosa in proposito. Ti ho già detto.. e, se volessimo addentrarci nelle teorie articolate dei libri: a esser seri, dovrei.. arrivare a riscriverli qui, più che riassumerli! Non voglio poi spellare stinchi altrui.. Che ti dirò? In Diderot è tutto il suo Romanzo - scritto in età avanzata - che è un “variegato emblema (come.. diceva di sé stesso Sterne) della propria psiche”: una.. proto-psicanalisi, realizzata proiettivamente, per cercar di operare lo sblocco della sua affettività (e della dimensione artistica), repressa dalla costruzione culturale e sociale illuministica, con cui aveva costruito la 28 sua ‘facciata’ sociale. DEN ricercava una.. ‘catastrophe heureuse’! Duchamp, ancora giovane, agiva (sempre inconsapevolmente, ma con analoga intuizione) sul suo.. ‘abcès opulent / au pus lent’. La mia lettura psichica di DUCH parte dalla spia strutturale e cromatica che ho scoperto nel ‘Letto’ di ‘Apolinère enameled’, un vero oggetto-test che ho interpretato e costruito in varie versioni, e che ora intendo realizzare anche a dimensione monumentale), e prosegue nelle ‘forme’ e ‘colori’ (non pittorici) nonché nelle ‘parole’ di tutta la sua opera. Un tentativo questo di DUCH (..altrettanto poco riuscito, suppongo, di quello di Diderot) di ‘sverniciare’ il.. proprio poeta-sentimento (anche in DEN c’è un analogo ‘poeta in esilio’, che non sa poetare!). Senti, ma noto di nuovo che abbiamo saltato a pie’ pari la mia produzione dai fine ‘60 agli inizi ‘80. Ti accenno appena qualcosa. I ‘Muri Parlanti’, (‘69-’71), come sai, era un ambiente molto stringato, apparentemente. Il pubblico, invitato a vedere i ‘Muli’, no! (si correggeva il cartoncino) ‘Muri’: non trovava niente. Si scopriva però che il problema era quello di capire che quei tipi stranamente incollati alle pareti avevano - seguendo l’istruzione - appoggiato il foro dell’orecchio su certi piccolissimi forellini sulla parete, e potevano ascoltare i Muri anche per mezz’ora. Se l’apparenza era strana e vuota: il discorso era complesso e tutto da seguire! In ‘un boschetto di Alberi parlanti e profumati, e di cespugli musicali, sotto un Cielo’, gli Alberi (che ho sempre solo esposto all’estero: dall’Inghilterra al Belgio, al Brasile) parlavano in maniera più varia, ironica o seria, e in un ambiente sinestesico: profumato, ..con tappeto patchwork colorato, con ‘cespugli musicali’ (a ondate diffuse, se si toccavano), nuvole in movimento, ecc. Ho realizzato solo recentemente, a Roma, una ripresa di Piante in vaso, parlanti (dal bosco di Venere). ‘Dedicato ai nemici’ (‘78) era un altro ambiente vuoto, che, respirando di luce a sorpresa, diventava nell’oscurità una grande aggressiva ..cattedrale (appariva una enorme frase fosforescente, su nel cornicione, che, per bocca di Rabelais, parlava di.. ‘estroncz’! ‘La facciata e la fente’ (Biennale di Venezia, ‘82, la mia quarta o quinta partecipazione veneziana) presentava tanti piccoli finestrini - su un muro bianco - in cui inserire la testa, quasi a forza. Se, fuori, l’apparenza (specialmente vista a distanza, in video, all’ingresso del Padiglione Italia) era ironica e interrogativa: dentro invece si era immersi in un nero profondo, pervaso di uno strano profumo.. Si assisteva, laggiù in lontananza, ad un lento spettacolo - fra il naturalistico e il ..mistico - un’alba che scivolava in un tramonto, che, a sua volta diventava alba. Mentre si restava lì un po’ incantati a vedere questi lenti e strani sviluppi, fuori la gente si accalcava incuriosita. C’erano anche dei finestrini bassi, per bambini.. Così come i Muri Parlanti, per esempio, sono stati anche realizzati in una scuola elementare e materna del Sud.. Potrei dirti tante altre cose, come, per esempio, la semantica psichica profonda del ‘Test Lüscher dei colori’ (‘73), ecc..; ma ora sarà meglio tagliare.. qualche rametto profumato degli alberi?.. Anzi, una volta hai riferito giustamente che preferisco non strappare foglie per non.. ucciderle. Quindi, lasciamo stare; ma fammi aggiungere ancora questo: Diderot ironizza (problematicamente!) sull’ ‘uomo che aveva una sola camicia.. perché aveva un solo corpo’. Ed Eraclito (..l’oscuro: chiarissimo!) dice all’incirca: ‘bisogna che gli intellettuali siano estremamente ricercatori’. In tutto questo trascorso e nella nuova produzione, gli studi di psicologia possono aver contribuito a sviluppare anche l’intuizione artistica? Gli studi, la conoscenza, mi son serviti per avere delle dimensioni culturali che altri non hanno, e che vanno ad arricchire, a rendere vera l’opera, in un tessuto vitale, organico. Non che uno necessariamente debba essere ferrato in tanti campi: nella missilistica, nella psicologia.. per fare un’opera d’arte. Io non impongo niente; ma chi vuol fare qualcosa che non è stato fatto, deve muoversi in ambiti e con strumenti diversi. Non è però che se sai di psicologia fai l’opera migliore.. Questo no. Magari lo psicologo non sa nemmeno distinguere Giotto da Picabia, Dalì o.. Carrà. L’intuizione è una dote naturale intelligente, che coglie, crea associazioni, che si sviluppa e va sviluppata in vari modi. Entriamo per un momento nel tuo laboratorio intimo. Nella formazione del prodotto artistico il pensiero e la cultura dell’operatore / ricercatore non frenano il processo alchemico? Il processo alchemico, lo dice anche Jung, va inteso come processo psichico; questo non è affatto riduttivo, anche se io non parlo di misteriosofie. Come vuoi che frenino, ..la cultura e il pensiero frenino? Questo cavallo non corre bene perché è troppo intelligente? Ma se è 29 intelligente, correrà meglio. Potrà succedere che.. ‘si stanchi’ perché è troppo intelligente! La cultura e l’intelligenza, se intese in senso limitato (perché, in senso più ampio, per intelligenza, intendo anche sensibilità, intuizione, necessità di culture..) non è che facciano di per sé l’opera, ma non la danneggiano certo, perché, secondo me, per avere un’opera diversa bisogna passare per queste strade (che non devi quindi identificare con.. la razionalità, la logica o l’omniscienza!). Lo scontro non limitato tra culture e arte, fra culture e vita, è stato rimandato perché è difficile. Se Eva se ne stava tranquilla là nel Paradiso terrestre, artificiale o naturale.., magari passava meglio la vita, magari era più buona, più bella, eterna; ma dopo, non c’eravamo noi! Ci sono tuoi lavori che, più che irrealizzati, siano restati inediti, o siano andati dispersi? Beh, certo. Per esempio, interi ‘romanzi’ (due o tre) mai pubblicati. Tante poesie. Una grande quantità di lavori fotografici, tutto un archivio). Un lungometraggio (con riprese molto complesse) mai edito, e in buona parte ormai disperso. Lavori che non ho mostrato (a parte quelli pensati, e che non ho, o non ho ancora realizzati).. In linea di massima, sono o ero tenace, ma, muovendomi in molti campi.. A volte è appunto l’interesse che - dopo una lunga pratica - si concentra su un ambito differente.., e allora lascio qualcosa, per il premere di un’altra (..come la scrittura versus l’immagine, alla fine degli anni ‘60).. Un’opera sommersa.. un’immagine: una volta mi ero autofotografato in una psiche, con la mia donna, nudi. Un’angolatura verticale.. C’era qualcosa di così fuori misura nella scena.., credo che - come documentazione o opera - mi avrebbe procacciato molti con-sensi! Il negativo si sciupò, purtroppo; rimase solo il positivo: sono segretamente molto dotato nella sfottografia! Sai, nel giro(tondo) vale molto di più il rapporto viscerale, che secoli di intensità di lavoro.. Non scherzo. Ops! [ride]. senti.. mento sempre: ..quindi dico il vero! Recentemente, dalla psicologia della forma ti sei orientato più decisamente verso una forma colore-sentimento? Le forme, e la forma del.. : no, lasciamo perdere! Psicologia della forma intesa come percezione ambigua e paradossale? Sì, ma devi considerare che i “Vasi fisionomici”, i “Letti” cortocircuitati (beh, le.. ‘colle allettate’..), tutti questi tranelli visivi, sono ‘oggetti proiettivi’, analisi approfondite di Duchamp, ecc. (che qui non posso riportarti), nonché oggetti estetici, opere da godere (hem.. [sorride]) e con cui.. divertirsi. Ho abbassato un po’ la guardia e quindi tu vedi di più, dietro un certo ghiaccio, che tipo di corpo c’era, ma il corpo c’è sempre stato, e stai sicuro che è un corpo autentico, ben nato, solo in parte ibernato; e non credere che il ‘genio’ spericolato (?) o sbrodolone sia meno ghiacciato. Quello lì, anzi, sotto il ghiaccio magari non c’è, non esiste nemmeno.. (non sto più scherzando). Quindi, l’aspetto sentimentale è diventato più evidente? Lo trovi nelle nuove poesie, ecc.? Non fissarti, però, non voler cercare con ottiche troppo ristrette. Sai, le cose vengono e vanno.. Magari domani sarà meno evidente, o ieri l’altro lo era di più; non credere che tutto sia vento che spiri sempre nella stessa direzione. È diventato più evidente? Speriamo che serva a qualcosa, ..magari non a trovare i valori dell’arte; a tradire l’arte? Il sentimento libera dall’autismo e.. dalla paura. Una volta, in una performance - orale, scritta, ecc. - parlavo dell’artista / autista, ..e un noto gallerista domandava.. cosa c’entrassero le automobili.. Ma hai riconsiderato anche il valore dell’amore riversandolo interamente nell’opera? Te l’ho detto, l’opera è opera costruita. Se credi di avvicinarti togliendo mediazioni, può darsi che ti allontani. Tu sai, per esempio, che nel ‘69 c’erano le “Sfere per amare”, e c’erano tante cose del genere anche in “Avventure & Cultura”. Prima, parallelamente al periodo delle incisioni, facevo tante cose nella vita pratica. E dopo, l’azione, il cinema e la foto erano proprio una bruciante adesione (assai motivata o contrappuntata esistenzialmente), non certo astrazione. ..Arte e vita.. Sembrerò forse sovvertire quella equazione troppo facile (che potrebbe apparire a volte che - anche? io sostenga. ..Ma ecco che non si sa perché ..magari uno o una.. che ‘fa poco’: 30 possa ‘dire’ (esprimere; e far arte), mentre chi fa molto: magari non ‘può’.. E a questo potrei forse accostare il fatto certo che: un idiota.. un malato.. un animale.. un animato, può valere molto. Non si tratta quindi solo di capacità espressiva: è implicata la complessità.. un po’ (?) misteriosa della psiche (della vita, ..ecc.?). Quindi, il fare, lo scegliere e il giudicare si avventurano. E il cerchio della psiche è maggiore: perché contiene l’arte. Ancora una volta - un po’ differentemente? - mi dico: non ridurre. Cosa chiami in causa per avere il massimo risultato poetico che, in fondo, hai sempre perseguito? Io sono sempre in causa! Non so se la vinco questa causa.. contro me stesso o se la perdo: parlo nella vita. Nell’arte penso di averla vinta molte volte. Mi dicevi che a volte sono stato visto come un grande ruminatore, uomo cólto, filosofo (ma la filosofia in senso stretto non è il mio dominio, credo se mai che, nel ‘900, si sia rivelata come una psicologia malintesa; e ..già Eraclito parlava di nient’altro che.. di cose psicologiche!). Tu, essendo vicino al mio lavoro, hai còlto di più l’aspetto poetico, autentico, pulsionale e vero di me. Perché le realtà si pongono spesso come opposizione! Nel giudizio comune, nei luoghi comuni, spesso si ritiene una cosa significativa perché si capisce in quattro e quattr’otto (..si capisce cioè che non c’è dietro niente, e quindi non presuppone sforzo). Invece, la si ritiene da respingere se si subdora che sia poco comprensibile (e quindi.. pericolosa). I venti cambiano, ma, in sostanza, socialmente non si sostiene o ricerca l’autentico.., almeno nei tempi brevi. Mica che voglia dire che sono solo io a fare cose valide; sarei un paranoico! Però, è importante che tu abbia messo in evidenza, o che io tenga a mettere in evidenza: che mi son reso conto, recentemente ancor di più (se non l’avessi saputo), che quello che faccio è cosa che, non solo mi preme come messa a punto delle mie idee, ma che mi riguarda nel profondo. Io non faccio per fare, non parliamo nemmeno.. del vendere o commerciare. L’artista muove dal bisogno di esprimere cose che sono in lui, e lo attua mediante gli strumenti che va affinando con fatica, con spontaneità, con piacere.. Ti ho detto prima, e te lo ripeterò, sia pur sottovoce, che, se si può essere commossi da qualcosa di vero, io penso (ora ti farò ridere) che certe opere, e certe mie opere, possono far.. ‘piangere’ (non esattamente di commiserazione). ..Ma valà!.. Sei contento dello strappalacrime?.. Silentium ora! In alcune tue opere, realizzate appositamente per me in questi ultimi tempi ho notato che hai fatto entrare anche alcuni aspetti biografici che ci accomunano, una specie di sentimento d’un rapporto personale simbiotico, umano e culturale, come per far vivere nel corpo del prodotto creativo due anime.. È una interpretazione troppo soggettiva o c’é stato veramente questa intenzione più programmatica che occasionale? Ti ringrazio se tu dici questo. Io, sai, sono sempre autocritico verso la mia possibilità di partecipazione, perché ne vorrei troppa, o niente, e ne constato forse troppo poca. Poi, magari, manderò le tigri (e.. l’eu frate, ..lo fratacchione, ha ha!) a spasso: sciò anime e ali!.. Come si deve intendere oggi il realismo in arte? Nel senso che uno non fa un prodotto a freddo. ((Non parliamo del realismo socialista che non c’entra niente, perché son tutte cose ottocentesche (se non naïves) di stampo positivistico e romantico fuori luogo. A essere precisi, però, questo credere in un realismo esterno: è anche un equivoco connesso alla televisione. Ed è inoltre un vecchio vizio della cultura italiana, che ancora dura, e che rende tanti films - per dirne solo una - sciatti, insipidi e noiosi)). È realismo quando uno fa delle cose vere, cioè che lo riguardano e riguardano la trasformazione della cultura e della vita di cui lui è parte. Poi, appunto, se esistesse un realismo integrale nel senso che uno è opera di se stesso, ..questo sarebbe il vero realismo; ..padre di me stesso, ma lì forse casca l’asino o il mulo. Forse casca l’arte; oppure speriamo che serva e non conservi.. (noto che, nel mio intercalare, uso spesso la parola ‘poi’. Sarà che.. ‘spero’ troppo?). In questo senso, la tua arte può anche essere considerata realistica. Certo, perché un’arte non ‘realistica’ non esiste. Un’arte che non mi riguarda? Sarà l’arte di un altro che non mi implica. La mia mi deve implicare, se no che sto facendo? ..Mi distraggo? Con tutte queste domande, forse stai però - attraverso le tue preclusioni - stimolando le mie, cioè un’ottica ..‘tera-tera’. Sono gretto, ma anche non! Quindi solleviamoci. 31 Addentrandosi nel labirinto angoscioso della vita, è anche drammatica? Certo, e lo sai. Per la mia psicologia, ho troppo spesso presente l’aspetto depresso e mortale della vita. E, allo stesso tempo, la necessità di proteggere gli indifesi; e il fervore divorante direi eccessivo - della creatività, e del contatto utopico, smodato. Cerco di distaccarmi, ma.. vedi il primo aspetto che ho enunciato.. E ora chiedimi chi sono (..io, non loro). Chi sei? Un deficiente. ..E perché? Perché mi manca qualcosa. Anzi, manca molto ..a terminare? (Beh, l’intervista..). Francois* ci ha dato un’equazione: hanno il b del c ..limpido come specchio! Cambiamo rotta.. : l’arte è fatta dalle singole personalità geniali o da gruppi e movimenti? Certo, se l’individuo non à una carica di autenticità, sarà trascinato da un insieme. Ciò potrà anche servire per tirare o seguire la carretta, ma se l’individuo non è creativo, non produce.. Poi questo ‘individuo’ non è astratto, esiste come rapporti anche culturali, per cui certo fa parte della storia e di un insieme; ma se non c’è la responsabilità e l’intelligenza individuale, l’insieme in sé non può dare frutti, se non scontati. La parola genio, io poi non la adopero mai (perché i valori di intelligenza, saggezza, o bontà, sono un patrimonio comune). -----------* François = Rabelais (dice così, nel ‘Gargantua’) b = trou Qualche nome di chi opera in questa direzione. Quale direzione? Quali direttori?.. Quella vera della verità. Che moralismi attizziamo! Tanti artisti bravi ci sono stati, tanti significativi.. nella storia. In specie artisti del Tre, Quattro e Cinquecento.. Buttando lì appena: ..i Primitivi, il Bellini, Tiziano, Tintoretto, Pisanello, il Castagno, Piero di Cosimo, Dürer, il Botticelli, Pontormo, Parmigianino, Brunelleschi, Van Eyck, Borromini.. ecc., ecc., eccì, Salute! Una ventata tagliata e cucita di.. strutturalità / immaginazione. Se andiamo oltre o dentro, arriviamo alle avanguardie, non ci fermiamo più.. Per l’oggi, c’è qualcuno che cinicamente (e in realtà: con un moralismo in gran parte fatto di inconsapevolezza e di tornaconto personale) dice: è il sistema dell’arte; l’artista ci sta in mezzo, o non esiste. È anche vero, ma bisogna che l’artista sia un artista e che l’uomo sia un uomo! Certo l’uomo fa parte di una società, ma se l’uomo non è un uomo (o la donna non è una donna) che società viene fuori? Se l’artista non ha gli strumenti per girare in questa trottola, socialmente non esiste. Ma quanti girano, vorticano in questa trottola e non esistono affatto: capisci? Ammettiamo che la trottola sia il perno base pratico e l’artista faccia parte del sistema. Se però questo far parte del sistema[,] lo fa essere un fantoccio, non è un artista, o meglio un’entità. Dei miei colleghi nomi non voglio fare, ..se non altro perché sono presuntuoso e narcisista, quanto si usa; e poi bisognerebbe parlare a lungo. Considera comunque, che i miei attacchi non sono alle persone, sono teorici, e non fanno parte di una camarilla, tesa - secondo la prassi vigente - a eliminare avversari o semplici passanti indesiderati. Parlare a lungo, ti ho detto, perché qualità, e giustificazioni.. se ne potrebbero trovare tante. Resta il discorso generale, ..l’arte non è facile, non è uno scherzo! Se io sembro sostenere la priorità dell’originalità, dello stare al passo coi tempi: non devi però fraintendermi. Tutto ciò è fondamentale, ma (a meno che tu conferisca al termine ‘intelligenza’ l’accezione vasta che io intendo) la cultura, l’intelligenza, sono.. mediazioni; o meglio: ..per forza, ci sono, dove l’operato è significativo; ma l’opera, il fatto: trasmette una sensazione, e così si coglie. Per 32 fare un esempio un po’ fuori capo: un’architettura stessa (avrai notato che, nel mio ‘tutto’, in genere non ti parlo di scultura, di musica, di architettura..), al di là delle sue piante e alzati, ..manifesta un risultato, nello spazio, luce, ambiente; e non solo durante l’uso, ma ancor di più se possibile - nella percezione della qualità fisica, magari deteriorata dei suoi materiali.. Tornando all’artista e all’opera: in definitiva, o c’è, o non c’è, e non è così facile che ci sia. È questo lo spessore che l’artista, il critico o altri, devono cogliere, problematicamente. Quel senso, quella sensazione profonda è anche un ..pericolo, perché è legata alla mater-ia, e come tale psichicamente (e socialmente, nel nostro mondo) divorante. Una Sensibilità che non è ‘sposata’, né ‘generata’. C’è il pittore o altro, che ci vive.. bene (malato socializzato, come molti affermati).. senza nemmeno averne tanta, e facendosi sociale (in una soci-età di simili) senza farsi sociale. Il problema può essere: ..riscattarsene (magari con.. i contatti), senza: non possederla!.. Un’ ‘arte’ che ‘c’è’, che ‘si fa’. Non faccio, né riporto teorie; è una cosa per me fin troppo ‘sentita’ (se vuoi atteggiamenti più analitici - che partono pur sempre dalla pratica - vedi le mie letture di Diderot, Duchamp, ecc.). Con ciò, forse ti risulto sibillino. Ti aggiungo qualcosa di divagante, che magari c’entra poco (?) e.. vediamo se serve. Il Cinema (qui non parlo del film, come prima), per esempio, ha perso le caratteristiche strutturali che aveva nei ‘40, ‘50 (di antica tradizione, fra stile, e racconto, teatro), approdando (a causa della TV) via via a piani-sequenza influenzati dal tempo reale. Al di là della minor richiesta, è diventato piuttosto falso, è.. finito. Fammici pensare un po’!.. Vedi, ti ho parlato di estremi: le ‘teorie’ architettoniche che poi cadono su un mattone o materiale sbeccato o dilavato; e la tradizione del narrare, che, con lo stile, conferisce ‘realtà’! Questi opposti ti chiariscono un po’ la questione?..Tornando ora stringatamente alle mie scelte (e lasciando stare la grande tradizione della pittura), per il passato (paradossalmente): Dante Alighieri, Van Gogh (che s’è ucciso), Duchamp (con tutti i suoi limiti), etc.. Diderot (con le sue differenze); Dada e Surrealismo hanno fatto delle cose per aprire prospettive altrove, dato che con il Postimpressionismo si erano chiuse, concluse, le porte della possibilità di ‘figurare’, ‘rappresentare’: con segno, materia, forma e sfondo colorati, pennelli e matite.. E, poi, tanti emuli, tante cose belle; belle, ma non fondamentali, insomma. Tante cose belle, ma già fatte e, se vai a stringere.. dici: di che campi? Pane, acqua, sale, etc., etc. Il brodino di tartaruga sarà anche buono, ma quante volte lo mangi? (io poi non la farei mai ammazzare). ..Tornando ai critici dal cinismo moralista (che vorrebbe dare la soluzione e l’assoluzione) il loro metodo è di accettare e convalidare (rassicurandosi) le cose, per il solo fatto che socialmente esistono, e così come - col peso del potere - si presentano. Per loro (e non voglio dire che io non sia implicato, ma: psicologicamente, nella vita, e non tanto - credo - sul lavoro) è difficile accettare le incertezze e le certezze di quanto si fa. Permettimi qui - ..divagando con le mie malevolenze - di fornirti.. due piccole spie, caratteristiche della superficialità vigente: .. ‘l’estrapolazione delle lenti’.. Da anni è fiorito e imperversa un termine, nei testi critici o simili: il verbo ‘estrapolare’, adoperato al posto di ‘estrarre’. Ci cascano come mosche (tranne chi ha fatto studi scientifici, perché è un termine matematico). ..E nota che assomiglia .. a intrappolare o trappolone! Estrapolare vuol dire spingere al limite una serie; nella prosecuzione di una serie, si ipotizza un termine ‘n’, in proiezione: uno sviluppo futuro di una situazione, cioè. Non ha niente a che vedere, quindi, con estrarre! Ma l’influenza e la corsa a scavalcarsi reciproca (come quando - peggio e ridicolmente - si ‘inventano’ nuove correnti e gruppi di artisti, coartandoli) fa sì che l’errore gratuito dilaghi. ..Analogamente, in films che hanno stramiliardi a disposizione, si mettono agli attori occhiali da vista di vetro piatto, che con un minimo di spirito di osservazione (con la luce che li svela tali; facendoli brillare come finestre) risultano del tutto non plausibili e sciocchi.. Andùma! (il vero mestiere sociale è quindi quello dell’imbonitore, se non il.. ‘mallevatore’!). Andiamo, andiamo: ande muchacho! (invocazioni aggiunte, plurilinguismo.. istmo che si protende, tendìne che svolazzano..,tèndine e garetto di un cavallo.. che ha rotto? Bigna da cavallo de mezzo?..).. Torniamo al ..mestiere di artista: non sono troppe le opere d’arte messe al mondo? Le opere d’arte non sono troppe né molte (né così facili da giudicare, ..anche per me!). Sono troppi i pasticci che girano nel vento. Ultimamente ti sei appartato anche per dare un senso più vero ed esistenziale al tuo lavoro artistico, mettendo in secondo piano le esteriorità e gli aspetti teorici e astratti dell’arte? 33 Se mi sono appartato.. in parte, è per ragioni mie. E proprio ora può anche capitare che venga sollecitato, perché mi si tira in causa più fortemente; mi si dànno delle occasioni notevoli, quando magari vorrei stare più a riposo. Ma ora quell’angoscia di prima non la voglio riavere, le contingenze della vita ti fanno capire che certa gente ha rotto i c in maniera pazzesca. Non si può star dietro alle farfalle che dicevo e, insieme, alle falene che sbattono il grugnetto contro i vetri infuocati e non si bruciano nemmeno.. Che stanno a fare? Cose false proprio. Non si può stare ad inseguire; meglio.. essere inseguiti, oppure andare a spasso, perché il respiro è più importante di tante altre cose. Non voglio assolutamente citare Duchamp, è perché sto respirando (respira profondamente). ..Non mi mescolare però: .. ‘le esteriorità’ e ‘gli aspetti teorici’! Preferisci la lotta interiore a quella che oggi si deve combattere per farsi strada nella giungla del sistema dell’arte. È quello che ti dicevo: da un lato se uno vuol fare l’artista , in parte deve essere in ballo, in questo timballo, perché se no ti si imballa il motore e i contaballe ti mettono nella balla e ti buttano, con un bel peso, a fondo, .. e a galla non ci viene nemmeno una bolla e non respiri più.. (sciocchino!). D’altra parte, non farsi mettere fuori, sì, ma non mettere più il naso dentro, perché c’è puzza proprio; e andare a spasso significa respirare l’ossigeno che esce dagli alberi e la bellezza che esce dagli occhi. In generale, la speculazione mercantile in atto sul prodotto creativo e la competizione stanno distraendo o forse soffocando le ricerche personali dell’artista? Sai, è difficile giudicare. Al mondo, tutto è mediato o creato dal potere della chiacchiera, maldicente, maledicente e benedicente.. (senti chi parla?! Ma ti ho detto e ti ridico che la mia non è attuata, né parte da un pulpito di potere). A naso uno scarterebbe quasi tutte le produzioni.. In genere son richieste cose semplificate, univoche, ripetute, alla moda, o con strizzate d’occhio e capriole (non parlo delle belle ragazze dei caprioli: loro sono autentiche e col naso fresco! Anche il pesce volante che esce e la lumaca circonvoluta e con casa veloce, sono invisi). .. È chiaro che l’80-90% sono boiate pazzesche - come diceva quello - sostenute da interessi, dove le strutturette sono economiche e, quindi, devono avere dei giroscopi che girano. Ma, come t’ho detto, sopra queste piattaforme giranti o girevoli, ci sono un sacco di cavolate che sarebbe bene che la velocità aumentasse e fossero proiettate fuori dalla forza centrifuga. Chi sta più al centro la subirebbe meno e centralizzerebbe le questioni: intendo al centro dei significati, non al centro dell’intrallazzo. E così potrebbe anche andare a interessarsi.. delle bellezze periferiche. Oh Dio, ma se esagera, non gli crederanno! A giudicare dalla recente attività, si direbbe che questo tuo dare più ascolto alle voci che vengono dal profondo stia dando dei frutti più succosi. A parte il resto.. stai entrando in una nuova orbita creativa, più soggettiva e, a un tempo, più cosmica? Mah, ti ringrazio. Spero di non entrare in un’orbita troppo distante. Continuerò a fare delle cose, anche se in questo momento - cosa nuova - mi piace più delegare, o ..magari non fare, oppure ..strafare all’interno dell’opera. Di pazienza ne ò avuta tanta; uno non può andare dietro alle fanfaluche.. ci si rende conto che la competizione, nella parte centrale della vita, ti ha fatto chiudere gli occhi ad altre cose. La società, le beghe di ogni campo specifico, ti spronano cioè sempre più avanti (nella lotta, perché nel lavoro ti è permesso per lo più di essere la caricatura di te stesso): limite non c’è e, quindi, uno viene pungolato sempre, specialmente se ha un certo tipo di psicologia. Se se la prende calda, viene pungolato a battersi, a sbattersi, chiudendo gli occhi a dei fatti più veri. La verità sta anche fuori dell’opera (sia pur autentica) e non va dimenticata. Non bisogna farsi bruciare, né dall’intrallazzo, né dentro l’opera intesa come chiusura condensata. Queste cose poi le ho tanto.. ‘dette’, in anni passati..; artista, cura te ipsum. Ti chiedevo anche se nel tuo lavoro c’è l’aspetto cosmico. Vita è qualcosa che si riallaccia anche all’alto, al grande, al vasto. Come iconografia & Co., lo sai .. per esempio, le ‘Sfere Naturali’ (‘68-’69), ..i ‘Reportages Marziani’ e simili, o i Cieli di Montefolle; poi tutto il ‘Mysterium’ - l’ho chiamato un opus - e anche certe opere di ‘Den & Duch’: i ‘Sacelli’, e l’ ‘OrElogio’, il ‘Cosmo di Montefolle’. ..Guarda questo strano.. tempietto o facciata di Montefolle (fra i tantissimi cripto - e.. paleso-grammi) c’è come la testa di una vitina 34 (vite o vita?): un rotundum, o semplicemente un cerchietto con tracciato un diametro verticale. Cos’è: il logotipo di D D? O il cosmo, o il ..Sal Sapientiae?!.. Eh, se incominciamo a parlare di un’opera, addentrandoci insieme nei suo meandri (..ha a che vedere con ‘andròs’, uomo? ..olé andro, ..fiore profumato e velenoso!) ti faccio ‘sperdere’.. un sacco di tempo, ti porto chissà dove (te, o meglio qualcuno più simile a me; o, meglio ancora, più differente da me) e ci scriviamo sopra un trattatello! (che, per giunta, sbuca ovunque).. Oppure, limitiamoci a guardare il ‘Motore Etiope’, dallo strano profumo pungente che esce da due ‘pipe’ di coccio (che puoi odorare chinandoti, come un cane) e con la sua testina di negro (..conquista dell’Etiopia, colonialismi dei tempi di DUCH: cioè una lettura secondo lui? Oppure, l’ ‘etiope’ alchemico, cioè la Nigredo, l’Inconscio - temporalmente più.. vicino a DEN?..), che, girando (mentre gli cascano gli orecchini pendenti, fatti di perline dai colori del ‘Letto’ o della psiche di DUCH) comanda una luce che lentamente si accende e si spegne: nel buio, si vedono brillare (nel cielo seicentesco del ‘Sacellum di D. & D.’) mondi e una falce di luna (..che alla luce sembrava una pallina). In genere, piace!.. (e ora stiamo zitti, ..in mancanza di meglio: perché i dettagli da osservare sarebbero così tanti: ti ho detto che non finiremmo più di parlare, e: ..che succederebbe fuori da questa parentesina di significati? ..Ci picchierebbero, accipicchia..?). Se poi, camminando in quel mondo, mi trovassi del tutto.. approvato: da un lato, come sai, uno tende a ritenerlo tranquillizzante e quasi dovuto; allo stesso tempo.. sarei portato a pensare: ma che, sono scemi? (mi farebbero sentire.. quanto sono sbagliato). È, d’altronde, una cosa molto gravosa, pericolosa, e priva di respiro: dedicarsi a se stesso. Anche per te esiste un Dio.. Oh, Dio (!), non parliamo di cose religiose di stampo tradizionale. ..Invece, ci sarà qualcosa meglio d’io (con l’apostrofo), che.. mi dà torto (ah! Come respiro!..), e, per altre sue ragioni, magari, ragione.. Cosa pensi della dimensione mistica riscontrabile anche nell’opera di alcuni grandi artisti contemporanei? Chi, per esempio? Non so.. : Kiefer, Beuys, Rainer..? Beuys mistico? Parolaio. Kiefer, Rainer, non li conosco abbastanza bene (e.. forse è un bene, he!); ..chi: Anselm e Arnulf? Io, del resto, non approfondisco quelli che non mi attraggono molto. Il.. misticismo di Beuys è finito con quei mercantucoli.. per non dire mercantoni.. marcantoni, per carità; io intendo ..tutt’altra cosa. Intendo, tanto per dire.. guardare la bellezza e pensare che ci possa essere la bellezza più grande della bellezza.. (tornando ai modi espressivi concreti: ti ho detto che il ready-made, ecc.: è stato inventato nel ‘13-‘14; e l’espressionismo è anteriore; ..e stop!). Comunque, l’aspetto mistico è una fuga indotta dalla realtà o una scelta religiosa cosciente? ..Devo sempre cercare di capirti. Obbligata o consapevole? Ma uno è sempre nella società! Insomma: più precisamente, come entra l’aspetto mistico nel tuo lavoro? C’entra e non c’entra (e poi, dipende anche dai periodi, forse).. Sono realista, ma non ingenuo. “Ingresso aperto al chiuso Palazzo del Re”, ..o viceversa (cito il paradosso alchemico di Filalete). Io m’istigo ad entrare e riuscire, nel bel palazzo di Re e Regina!.. L’uomo del nostro tempo ha ancora bisogno di questa dimensione? ..Forse ne avrà più bisogno, perché in altri tempi, magari con rotori meno veloci, questa dimensione era più presente, ed era socializzata. Credi nell’astrologia? No, veramente. Io non voglio escludere in assoluto che.. chi nasce in inverno possa essere più triste di chi nasce in estate o che so io.., ma in realtà nell’astrologia vera e propria non credo, né la conosco. Io, a dir la verità, credo in molte poche cose. Purtroppo credo solo (forse 35 grettamente) a me stesso, ..magari perché non credo abbastanza in me stesso? (Beh, poi credo in qualcuno). Sei superstizioso? Mah, io, nel fondo sono, in buona parte - o cattiva - ..un positivista (che vorrebbe contestare nella pratica psichica, ancor più di quanto lo faccia nella teoria, e nel mio lavoro artistico, che certo non è meccanicistico - il proprio positivismo). In questo senso non credo in altre cose. All’atto pratico magari posso essere anche un po’ superstizioso (data la nevrosi, e sarebbe meglio dire: ossessivo), ma non a livelli molto spinti. un’utopia.. possibile, contro il provincialismo.. mondiale Torniamo alle cose concrete.. A cosa è dovuto il successo di un artista oggi? Mah, questa è una storia antica. Successo, sul.. cesso: andare a ca.., a capo? Oggi, ti ho detto, ci sono questi cimici, ..dico cinici, che affermano che dipende dal sistema di cui l’artista fa parte. Io non dico che il denaro sia il male, che il mercante sia il diavolo. Ognuno faccia il suo mestiere. Tra l’altro, lui ha l’intelligenza di vendere, come io ho quella di creare. Certo, preferisco eschere.. essere creatore. Ho detto ‘eschere’, vedi? ..escremento, ci mettevo di mezzo? Da gettare in faccia ad altri? Bah, non so..; preferisco essere creatore più che commerciante, che imbonitore; te l’ho detto poco fa: l’artista o l’uomo è quello che ha un fondo di complessità vera e di autenticità che resiste nel tempo, che viene còlta se uno la sa cogliere; non è facile, perché ci sono le mode, ci sono tante cose. L’artista o l’uomo è questo: qualcosa di molto complesso, significativo e autentico. Poi ha bisogno di vivere in mezzo agli altri, perché se no.. ; anzi è anche sbagliato dire “poi”, perché non è che prima esista l’uomo e che poi viva insieme agli altri: già nasce insieme agli altri, formato e deformato dagli altri. Nell’aspetto negativo dell’organizzazione.. gli altri sono un baillamme per tenerlo su finché il vento tira e il ballo gira.. Per esempio: le vie delle Signore sono infinite (scusi - chiese uno entrando - è lei la tenutaria della Galleria?), ma non ci sono solo loro, purtroppo (che sarebbe anche un bel bene!): oltre alle belle lavanderine e ai pierini o ai paoloni dell’arte, ..c’è ben altro, di più noioso, di più critico e solido (solidi è l’etimologia di soldi!..). Non voglio offendere nessuno, sono solo barzellette sceme: ma è la vita che è una barzelletta.. più che un tango! Se l’artista o l’uomo, la donna, invece ha dentro delle cose contraddittorie, complesse e, proprio per questo viventi: prima o poi si spera che, se vuole, lotti e le esprima, o se no, le sprema su un’altra limoniera, le affermi e non raffermi; limonaia o spremilimoni.. (che fai? Come vivi? ..chiese Mimì a un artista. Embe’, m’arancio! ..Basta, scemo). Torno alla carica: come individueresti l’autenticità, il valore? Te l’ho detto non sono l’infallibile padreterno.. Le cose sono opinabili, specialmente se ravvicinate: ti ho detto che fare e scegliere sono un rischio e una responsabilità basati.. sul coraggio. Ma in tanti casi, anche DOC, il rischio fin troppo palese è quello di fare gli scemi, ..o di esserlo! Un buon metodo è quello di conoscere da vicino, e ad occhi aperti, il personaggio, l’uomo, la sua formazione e la sua vita: la storia (o storiella) dell’artista. Conosci quella.. del sangue e delle rape? O i secreti.. e gli essudati di Pulcinella: spesso il mistero idealistico non c’è! (e la.. luce dell’opera - che fornisce 0,5W., e non 5.000! - si spegne). Sia chiaro che la creazione non è affidata ad abilità psicofisiche: non si tratta di fare.. il tennista, il cuoco o il prestigiatore! Certi veri madonnari, poveretti, non hanno capito che, in un certo momento, potevano cercare l’ambiente, la ‘strada’ critico-mercantile giusta. Né sono sufficienti le doti ipoestetiche - grezze o raffinate - che possiedono tanti - anche affermati - del saper ..arredare le mostre, i musei, disponendovi i propri adeguati oggetti, le cifre e gli stilemi che, battendo il chiodo, hanno loro conferito approvazione.. fino ai salotti buoni. L’artista ha le antenne e il naso bruciante o bruciato (nella sensibilità, e nella cerchia microsociale): spesso purtroppo a breve raggio! Deve avere poi un contatto furbo o viscerale (che dà sicurezza), energia fisica, intuizione per le vie pratiche giuste.. : il vento che spira e muore, aggressività e remissività, la costanza o i 36 voltafaccia nelle connivenze, le scoperte degli ombrelli non troppo ardimentosi.. Poi, non tutto è così basso e scadente: il mondo non è del tutto una fogna (..e il concime può anche servire). In realtà: creazione culturale è avventurarsi; è l’autentica intuizione delle cose diverse (!) e profonde che stanno, che possono farsi, tra la storia e il futuro. È avere le doti per realizzarle. ..A naso, quindi: ma di un ‘anima-le’ vero e grande, che scantona i provincialismi (mondiali). Chi decide il valore commerciale dell’opera d’arte? C’è sempre questa storia, ovvia e un po’ misteriosa, perché anche ai gran furbacchioni che montano tutta la storia, poi magari ..può cascare fra le braccia, o sotto i piedi; non è sempre facile costruire le cose, eh? Hanno tutte le tecniche di mercato, ma non è che l’azzecchino sempre, perché anche ai numero uno, si sa che, di sette progetti, va in porto uno solo, ..con tutto lo staff che hanno a disposizione; per cui la lotta è dura (il che in sé non sarebbe male), ma a volte occasionale, locale.. Il valore (e non voglio parlare tanto di quello economico, che tutt’al più serve ai fini della conservazione) lo decide il significato, la storia, il passare del tempo, ammesso che anche quello sia autentico. Lì per lì lo decide il benemerito baillamme, per lo più. È un affare, ma nemmeno dei più grandi, perché ci sono affari.. magari la vendita degli armamenti: è un commercio molto più grosso! È un affaruccio , un affare, quello, che, se te lo cacciano.. so’ cavoli tua, come dicono a Roma [ride]. Ma, purtroppo, viene braccato quando è vero, e viene cacciato a forza lì, quando è falso. E tu (non è rivolto a te) mercante, critico, direttore, collezionista, crei l’intrallazzo e strumentalizzi (o ti fai strumentalizzare da) l’ ‘artista’, per guadagnarci e campare.., e poi per acquistare potere, sicurezza. ..Fin qui, uno stato di cose, prima a fini concreti, e poi inutilmente iperfetato. Ma, oltre a quest’ambito ambìto: ..veramente tu cerchi di dare un senso alla tua vita, affidandoti alla mente di uno che possiede questo gran gusto, sostanziato dagli studi.. all’istituto d’arte? Da dove provengono le idee di questo tipo che ha spesso palesemente una faccia, spessa o smilza, convenzionale da gnocco? Vi reggete a vicenda sul vuoto?!.. Ora vorrei anche rivoltare la frittata e dire come tutto questo ovvio - e in ogni campo diffuso - sistema di collaborazione: serva a far andare avanti le cose e la produzione del mondo, no? Ci vuole fattività organizzativa, altrimenti.. Inoltre, al di là dei vaghi, ci sono anche dei gran simpatici, nel nostro plesso complesso e critico! (senza scherzi). E senti, intervistatore, mi sembra che con tutti questi discorsi, stiamo alimentando troppo la mia para.. noia! (e poi genero noia, ..o cognato, cognati di noia..). Un giudizio sul tempo: non quello atmosferico, ma quello che va. Hum, il tempo che cambia, che procede, senza cedere.. Come è meglio spendere il proprio tempo? Spendere? Perché spendere? Non è mica una moneta, a meno che non si tratti di energia simbolica. T’ho detto: la miglior maniera sarebbe quella di poter “essere” piuttosto che “fare”, benché per essere bisogna fare; ma che il risultato fosse più “essere” che “fare”. Non richiamo nessuno.. Per essere bisogna pur sempre fare della cultura, dici. Tu operi nella cultura.. artistica? ..Verrò a noia! (di un altro tipo? ..Un tipo che passa?). Prenderanno l’arte - e me - e ci metteranno da parte.. Rieccomi a puntualizzare (in maniera estremistica , anche perché stringata): ..dopo il postimpressionismo non c’è più figurazione. Dopo il ready-made, il cammino non è certo quello di un estetizzare il ready-made stesso (materiali, animali, corpi, parole a vanvera) sbrodolandolo. Meno che mai, sbrodolare passivamente il passato rifritto delle immagini. È, invece, un problematico affrontare.. ‘tutte’ le cose del mondo e i modi di dirle e di farle. ..Tutti i linguaggi, non solo artistici, e la loro tradizione (non limitandosi, alle chiavi estetiche, né certo rinunciandovi): in un’arte che non à più una casa sua privilegiata, ma è fatta di sentire e di intelligenza del mondo.. (se vuoi, ti ripreciso che, con ‘tutto’, non intendo affatto: essere pronti a tutto, ad accettare o sostenere indifferentemente qualsiasi cosa. Proprio il contrario! Voglio dire: fare delle scelte, ma operarle - mediante le proprie doti - non in un solo campo, né a senso univoco). Le dimensioni artistiche, ..umanistiche, umane e scientifiche..: alla radice, non si escludono a vicenda; anzi: vanno integrate (..in te, grate: amico aperto, senza grate..) In pratica questa libertà è molto difficile (da attuare socialmente), ma necessaria. 37 Un’ottica completamente diversa, che ora.. mi obblighi a ridire ancora una volta, e in modo troppo palese e semplificato, ma che, nella sua pericolosità, nella sua profondità e avventura ipercreativa, non va equivocata come progressismo e ottimismo ‘sviscerali’ (non dico sviscerati). L’ ‘arte’ di cui parlo nei titoli di questa intervista e che va cercata ‘altrove’, non è solo la mia, ma in generale quella che ci spetta ed aspetta. Allora.. l’artista non è quel troglodita a ‘senso’ unico che deve fingere di essere geniale, ma uno che ha a che fare sul serio con la nevrosi sua, e con la nevrosi storica dei linguaggi ..per affrontarne il paradosso che incarnano: di espressione, costruzione, e - invece - mistificazione. Torniamo all’essere. Di che natura sono i tuoi più sentiti desideri inappagati? Essere più vero, meno deformato, più formato: più mi formo, più sono. Se uno potesse sentire diversamente: sarebbe diverso, o più se stesso. ..Sai che divertimento! (ha più sensi questa esclamazione?). Diamogli il migliore!). I principi morali vanno rispettati? Cosa sono i principi morali? Per esempio, in arte: essere autentici. Va rispettato, se no che arte è? E nella vita? Che c’entra questa domanda? Tutto è problematico! Psicologicamente: per uno è una cosa, per l’altro è l’opposto. Se ci fossero le tavole della legge, stabilire una volta per tutte, staremmo tranquilli; ma la ‘legge’ procede (a parte i fondamenti umani).. Poi, tu fraintendi. Quando parlo di ‘moralismo’, io non mi riferisco certo ad azioni morali o immorali! Parlo di una cultura che fa scelte rigide e dogmatiche, vuole sentirsi difesa da un potere che garantisce quale tradizione e quale opera (d’arte) è buona e quale no. Te l’ho chiesto perché, in genere, tu sei contro i moralisti. Contro i moralisti? Ma perché anche io sono un moralista. I principi morali vanno rispettati se sono autentici; se sono solo principi e non fini, vanno tralasciati. Moralismo non viene a dire, morale, etica; anzi: vi si contrappone (così come, altrove, ti parlavo di qualità estetiche, contrapposte ad estetismi a senso unico). Per te, che volto ha questo moralismo di cui vorresti liberarti completamente? Mah.. chi lo dice questo? Lo dici sempre tu. Sai, le parole hanno tanti significati! Mi sembra che non ci capiamo; non parlo mai di.. atti osceni! Osceno è seguire vuotamente le vuote chiacchiere dei poteri. Invece, seguimi: la nevrosi è una forma di razionalizzazione, di esagerazione, cioè di estremismo, in questo senso è moralismo che vuol difendere se stesso. Razionalizzazione, lo sai, in psicanalisi significa: coprire con teorie e concetti, dei sentimenti, realtà, che invece sono diversi da quello che si dice a parole. Qui è implicata una forma di esagerato moralismo, di estremismo: le cose o sono bianche o sono nere. In realtà (.. ‘spariamo’ a rotta di collo: correre sparati, sparire o sparare?) se te lo dicessi a parole, tutto il mio lavoro.. vorrebbe forse dimostrare a me stesso che la vita non è fatta di contrasti così estremi, che è un fatto dinamico, complesso, fluido: ‘omnes colores’ esistono nella luce del mondo, e oltre! E, invece poi io, nella mia nevrosi, sono estremista e quindi moralista, esagerato, e quindi razionalizzante e quindi non vitale; e, quindi, tutta questa vitalità dell’arte mia viene forse a significare.. che veramente nel fondo sono vitale (questo non te lo so dire) oppure, eppure, che cerco di esserlo, perché è il mio bisogno, cioè quello che mi manca (..oppure un’esagerata richiesta). Ti ho detto che anche tu sei molto nevrotico, pensaci Giacomone! Ti tremano le ginocchia, ..nella ricerca dell’oro? Loro: vuol dire anche pappagallo (in spagnolo).. ..All’artista è consentito tutto? “La logica del Tutto” e “la logica: niente affatto”, diceva quello.. , che poi ero io nel librointervista che abbiamo fatto nell’ ‘88. Consentito tutto nel senso romantico, che l’artista è un 38 semidio al quale bisogna tutto dare, ..prendere tutto da lui: no, per me sono tutte cavolate! L’artista, come essere, non è che uno qualsiasi (oh Dio, si presuppone che non sia.. un convenzionale seduto!) e può valere meno di un altro uomo. Perché vogliamo l’artista diverso da altri? (più grande.. e più scemo). È diverso da altri, ma come altri sono diversi da altri ancora. Potrà essere eccentrico (perché sensibile e intuitivo), ma non necessariamente; e non obbligatelo a mostrarsi tale, a ‘fare’ l’artista o il pagliaccio, ..se non altro perché poi vi farete ingannare! L’artista - comunque appaia, strano (faccia pure) o non strano - deve ‘essere’ artista, avere cioè una ‘stranezza’ autentica e sostanziale (e capiamoci: poco fa, sopra, intendevo dire che: ogni individuo umano dovrebbe essere ..individuale!). Il .. ‘mistero’ dell’arte (ecc.) è una cosa seria: non è fatto per ammantarsene o camuffare; ..genio e regolatezza. ..Fatti un buon - o cattivo nome, e poi fa quel che ti pare (..ma non ti appare niente, in testa!). Si tende inoltre a dare totale autorità a chi è noto, ..ma quello sa le cose del suo campo! E poi, chiunque è sempre imbecille da molti punti di vista! L’artista, certo, non è uno qualsiasi, nel senso che prendi e dici: “fa’ l’artista!”; deve avere doti che non sono molto diffuse, tendenza a farlo, deve praticare e godere nel fare l’artista; ma è un essere umano e, come tale, ha i suoi limiti, le sue caratteristiche. Insomma: non è niente di divino; non è più umano di un altro umano; nel senso che, sì, il suo mestiere è.. l’umanità, ma non è certo detto che lo pratichi meglio di altri, anche se lo mette in codice. Se lo sa fare, quest’ultimo è il suo fare, ed è importante. Piuttosto, l’essere umano artista deve essere: intelligente! Il discorso sembra chiuso, ma qui mi rendo conto che devo aggiungerti qualcos’altro forse di meno.. utopico; perché potrai dirmi che, in un mondo di conformismo, l’artista, o chi si interessa di cosiddetti valori spirituali, dovrebbe rappresentare un’alternativa. A chi lo mitizza (e così facendo, sostanzialmente non lo stima per niente): ..vado a dire di normalizzarlo ai propri occhi. Poi vengo a dire dell’intrallazzo connesso al mondo dell’arte, e che il valore commerciale è opinabile, ecc. ..Ma allora, penseranno: ..quest’arte c’è o non c’è?! Ti rendi conto che c’è gente che pensa ingenuamente che esistano ambiti di lavoro, differenti dai propri, e non retti da mene di potere? Oppure che ritiene la cosa radicalmente giusta o scontata: quest’ultima è una.. bella lezione di realismo; altrimenti non hai né arte (né parte); ..ma di qui riparte il discorso che.. il povero Cervantes è diventato noto.. ‘anche’: perché valeva molto!!.. Cosa ti manca di più? Beh, quello che ti dicevo prima: di sentirmi vero, di essere. Non mi far.. essere noioso, svégliati! un’ampia mostra (senza mostrine) la creazione a rischio il buio, e un po’ di luce Torniamo all’attualità artistica: come sarà articolata la tua vasta mostra che sta per inaugurarsi al Museo MUHKA di Anversa? Ecco, bene. Non è un’antologica, perché ci saranno alcune opere del passato, ma come un’appendice che sta in alto, alla fine; mentre il tutto, pur essendo su una superficie di oltre 1.600 mq., su 4 piani di un intero museo dei più importanti del Belgio, è articolato sui lavori fatti negli ultimi 7 anni. La mostra più grande che abbia fatto, sarà una faticaccia installare tutte queste opere, perché non sono tanto quadri più o meno grandi da appendere al muro (i quadri stessi sono più di duecento), ma sono anche tante cose che devono prendere la loro ulteriore consistenza nello spazio. Io affido la ‘moralità’ all’opera, ma il lavoro sarà anche di invenzione dell’installazione, con colori su intere stanze e pareti o settori, riquadri e scritte (a posteriori, ti dirò che la mostra aveva un percorso continuo a ..sorpresa, in uno strano ‘museo’ di DEN & DUCH (e LUC!). Vi erano come dei luoghi di passaggio, meno illuminati e in cui erano disposti disegni che.. anticipavano i centri più vasti e luminosi, con nuclei di opere. Gli interventi cromatici sulle pareti stavano fra risonanza, forma e indicazione: c’erano, per fare un esempio, i quattro ‘colori - Funzioni’ (da Jung), disposti in croce, in un grande quadrato; e che si ritrovano nei 5 ‘Letti’ paradossali esposti (una mia ‘lettura’ di DUCH). Alcune grandi scritte un po’ ..barocche: salendo al primo piano si trovava l’ambigua e significativa frase di DEN: “Non appartengo a nessuno, e appartengo a tutti. C’eravate prima di entrarvi, e ci sarete ancora, 39 quando ne sarete usciti”. Poi ci si addentrava negli spazi, fra cui posso ricordare (oltre ai già nominati: ‘Boudoir de Vénus’; le 17 opere del ‘Misteryum’; e i 200 ovali della ‘Logique’): ‘La stanza della bambina Bina’, ‘La stanza dei Letti’, quella ‘dei Giani-pilastri’, quella ‘della notte e del giorno’ (le ‘Opere fosforescenti’), dei ‘Bauli ballanti’ delle ‘Opere speculari’, delle ‘Gioconde’, dell’intrigo video (‘Splendor Solis’), dei libri, ecc.; il dialogo a distanza di brusii o scrosci d’acqua fra la ‘Magrittefontaine’ infuocata e i due ‘Red-made’ a fontanella intermittente, etc. ..Posso poi aggiungere che, per l’allestimento, ideato e curato da me, e da Rosa, ci sono voluti dieci giorni, con più di dieci persone al lavoro. Ma il risultato è stato molto positivo, e il direttore del Museo mi ha abbracciato e ringraziato dicendomi che non aveva mai fatto una mostra come la mia). Ti storicizza? Dicevo, non à un taglio antologico; ma in catalogo ci sono dei testi generali: un’introduzione di Florent Bex, due testi miei, un saggio di Michel Baudson sui miei tanti libri, un altro ancora del giovane critico e storico Jan Foncé, che pone l’accento sull’originalità e la complessità del mio lavoro (..un approccio ‘autre’.. piuttosto inusitato quanto alla forma, e non si sa bene in quale corrente stilistica situarlo..). Non si tratta assolutamente di citazioni, di furti stilistici, né di allusioni formali gratuite.. presenta il risultato delle sue riflessioni nella cornice di diversi contesti. Nel contesto delle arti plastiche - questa esposizione lo testimonia - ma anche nell’ambito delle scienze umane (vedere le sue pubblicazioni), entrambe concepite come complementari.. Tutta la sua attività ha un carattere sbalorditivamente complesso.., ma d’altra parte possiede un senso e una coscienza eccezionale della magia propria dell’oggetto, quella dimensione dell’opera d’arte che per sua essenza è enigma e sorpresa e sfugge al discorso. La mostra non è un’antologica perché, francamente, mettere in campo tutta la mia produzione nella sua complessità, in tutte le sue variazioni, in tutta la sua articolazione che tu sai, sarebbe complicato, enorme, e forse.. ‘sconcertante’ al massimo, per chi non mi conosce, e per.. le menti univoche correnti. Un giorno.. dovrei farlo. Eppure anche questa è una mostra molto complessa, di svariate centinaia di lavori. Ora fammi riaffermare che c’è gente che da venti o trenta anni, in sostanza, fa la stessa cosa, e qualcuno l’ha identificata, l’ha capita (!) l’ha commercializzata; mentre io, avendo fatto tante cose che vogliono essere un cammino, come hai detto tu.. : forse ci vuole un cammino e una fatica autentica.. quasi quanto la mia (?) per poterle seguire e capire (con dis-vertimento, spero!). Allora, nella mostra ci saranno queste opere recenti, più oggettuali, che dànno il la e la presenza, e poi tante ‘sorprese’ consistenti (aggiungo che anche i bambini si sono divertiti con i ‘Bauli’, i ‘Letti’, o i ‘Giuochi di Bina’; il museo fa anche una bella, ironica pubblicazione per le visite dei ragazzi).). Francamente ci sono artisti che si chiudono in una cifra, perché non si scontrano con la cultura (stanno in pace con la madre divorante), perché non sanno.. saltare di palo in frasca, nel senso che sia il palo che la frasca servono, ne nascono alberi, pali e verde.. Insomma, artisti monolitici e quindi pesanti come pietroni, ma su questa pietra o piuma non nasce nessuna chiesa perché è una pietra morta. C’è qualcuno che à sfogliato il verde di un mio libro? O l’arcobaleno del mio ventaglio sventato e saggio? Vedi? In questa ricchezza e forte divario sta la mia proposta: estetica, mentale e.. ‘scientifica’ a un tempo. Parti dalle opere e ti ritrovi, se vuoi, precipitato nella theoria; o viceversa.. oppure giri e assapori.. Prima della mia mostra è stata realizzata una di Kosuth (che fra l’altro ha avuto meno visitatori della mia). Lì è un’estetizzazione di orecchiature mentali (dove il.. rigore è fatto per metterlo in salotto, acquistandolo). Qui, in me, è una.. cucina problematica e senza limiti, dove la base molto strutturata si permette di dialettizzare con una creatività sguinzagliata. Per esempio, le mie grandi ‘Fontane Fisionomiche’ (a Anversa, tornite sul profilo di Magritte - ‘Magrittefontaines’ alte quasi 3 metri e con un raggio laser che infuoca una pallina sostenuta dal getto d’acqua) sono a sorpresa, fortemente oggettive e coinvolgenti; ma in realtà - come ho detto - sono leggère come una pura idea! Ti aggiungerò, per insistere un po’, che ‘una e tre sedie, o seghe’, di Kosuth, non è altro che la visualizzazione della teoria comunicativa di Peirce, padre ottocentesco della semiotica. Mi sembra che nessuno se n’è accorto! Io, con ‘biglietto d’autobus, ecc.’, ho fatto indipendentemente la stessa cosa, in date analoghe, e non mascherando, ma ricercando.. Tutto questo: per quanto risulta a me. O forse m’imbrodo troppo? Se mai: beviamocelo! (Non è di dado: è tratto!).. 40 Ti ha procurato lavoro, ma anche soddisfazione perché stai passando dall’automuseo al museo pubblico, anche straniero. Certo, le cose vanno fatte vedere. Mi vengono incontro dei fatti, magari nel momento in cui io, da un lato sono un po’ affaticato, dall’altro, segretamente, sono un po’ meno interessato a queste cose (detto fra parentesi, per non sembrare snob). Produrre ti obbliga a sostenere la tua produzione.. In chiusura, vorrei ri-assumere qualcosa: ti ho detto come le mie ironie celino e integrino la complessità. Ora, se mi domandi più precisamente dove si localizzino le idee, in questa mostra anche oggettiva e che ha, come ti spiegavo, un percorso.. di “Museo archetipo di DEN & DUCH”, col suo.. décor: ti faccio notare e rinuotare (plumf!) il vasto, inconsueto spazio mentale che abbraccia. Da un lato, l’apparenza oggettuale, estetica, circolante, ironica e non (a questi livelli, potrà fermarsi il pubblico più semplice). Dall’altro, sai che su Diderot e su Duchamp ho pubblicato (il secondo anche nel catalogo dell’esposizione) due saggi di lettura psicanalitica dell’arte figurativa, e addirittura della letteratura. Cosa c’entra questo con l’arte visiva? È competenza dell’artista? Al Nord si spaventano meno: nella mostra c’era anche un ambiente dedicato a tutte le mie pubblicazioni, che non sono: documentazioni!. A nord c’è anche qualche artista, superficiale ma estremista, e quindi forse interessante perché almeno ..estrapola forte - a partire dal ready-made - e presenta grandi oggetti industriali. Beh, bah.. (però.. bigna da arricchì.. le cose. E poi il vecchio DUCH, ai suoi lontani tempi, aveva progettato due ‘ready’: un cavatappi, e un grattacielo..). E ora fammi ricordare ancora una volta la responsabilità del singolo, richiamando, sia pur occasionalmente, Gargantua, il cui.. motto era: Fay ce que voudras (Fai quel che vuoi!). Io, per oggi, da questo “palco oscenico” avrei finito. Adesso, se vuoi, se ti senti, rivolgiti tu delle domande per chiarire qualche aspetto che non è stato ben focalizzato oppure, se non sei stufo di fare il teste-paziente.., puoi fare qualche altra considerazione sugli argomenti trattati. Ma parla, come ti ho chiesto all’inizio, senza frenarti. Oddio, siamo andati a ruota libera e temo che il tutto possa risultare, in platea, notevolmente noioso e insistente (..carico di accalorate frescacce? Cioè, ciàcoe.. che non posson sostituir l’opera?.. Però, lettore, ..è anche per venirti incontro, per spiegarmi, eh?!.. O ti ho disorientato coi miei serî ‘giuochi’?). E anche un dialogo fra paranoidi, a darsi noie.. Non te la prendere, intervistatore! Vuoi ancora un po’ di autocritica sostanziale e problematica? Siamo schiavi delle nostre psicologie e nevrosi, renditene conto. Così, le tue domande provengono dalla tua cultura.. e dalla tua incultura e nevrosi. Come le mie risposte. Non si tratta tanto di verità, quanto di.. condizioni e condizionamenti, difese. ..Ma senza la speranza (e l’illusione) delle idee, tutto si fa: invece che vero e reale: piatto, riproposto (..come sembra capitare oggigiorno? ..E ieri notte!). Socialmente, le ideologie hanno una dinamica simile; mi riferisco alla falsante ‘razionalizzazione’. Chi mena la danza, allora? Penso che sia il cammino che viene fatto con la parte autentica delle pulsioni, delle conoscenze e degli strumenti (..eh, sì!), ideati e usati con intelligenza e rischio.. Ti parlavo, per esempio, della ‘figurazione’, sostenuta dalla critica comunista negli anni ‘50-‘60. Un moralismo non molto dissimile da quello cattolico: ..perché quest’ultimo è più antico, e dietro di esso.. ecc., ecc. Apparentemente contrari quindi: ma che si trovano, in realtà, nello stesso piatto. E intanto, l’astrazione, ..l’informale (non parlo nemmeno di quelli ultimi, ma degli anni ‘50): sempre in ritardo di vari decenni. E anche all’origine, l’ismo astratto - fammi ridire altre.. bestemmie - lo vedo sostanzialmente superfluo, perché (e qui sì, usiamo ancora il termine): quasi semplice estrapolazione ..terminale, di cose precedenti. ..Guarda che però, tutto il cammino delle avanguardie, non è che non lo ami, o non lo abbia amato: tutto il contrario! E questo mio drastico, paradossale (e però.. realistico) tagliare: ..vuol dire che sarà l’altra faccia della Complessità! Ove - al di là del molto ‘spiegare o spiegarmi’, parlando - la drasticità delle scelte dimostra che, in realtà, mi baso solo sui fatti: sulla originalità storica dell’ ‘oggetto’ artistico, non ..condìto di ‘giustificazioni’ idealistiche, che siano di artisti, di teorici, o di attivisti. ..Finché non è possibile creare e saltare, esaltare, altrove! E saltare sul serio, perché - come ti ho detto - anche altre cose più smaliziate e progredite, nelle arti ricche o povere o medioabbienti, ecc.: arrivano tardi di.. poco meno di un secolo (!) e sono riconducibili, per semplificare, a Duchamp & compagnia, e quindi - in quanto ripetute - inutili; tanto più che e questo è il peggio - ..non hanno fatto altro che ritradizionalizzare i ‘materiali-trovati’ (rendendoli troppo fisico-estetici, con maquillages molteplici). Poi, il limite di Duchamp stesso, 41 è di essere unicamente “artista”, per non parlare delle fessacchiate del giuocare a scacchi. ..Infine, il postmoderno era venuto a ridirci (non è cosa nuova: vedi - nell’ambito delle arti visive - per esempio: Picasso, la Metafisica, ecc., ecc.; ..Picasso - come gli altri - già messo fuori giuoco dal ready-made!) di rifriggere senza speranza gli avanzi delle culture e degli stili facendo l’occhiolino - perché il proseguire è impossibile. Io ho sostenuto che la via aperta è quella dell’apprendimento e la creazione a rischio continui, in tutti i campi che ti “interessino” (lo ripeto un’ultima volta, spero che sia chiaro che non intendo affatto sopravvalutare la cultura. La intendo anzi in un senso di lotta o attività capovolgente e creativa, e non come un fine. Quasi la svaluto, nella sua necessità). Di qui, un confronto che dà luogo a novità. Potrei dirmi: e quando hai appreso ad apprendere, ..se non: capito il .. giuoco dei giuochi? O più semplicemente, quando hai inventato e appreso quel che ti interessava (in te ressava!): ..che fai? Diventi vecchio? Allora: il praticare l’arte non è ‘risolutivo’. Con il ‘fare’ come apprendimento e creatività continui, con la pratica di tante dimensioni: che cammino si apre? L’unico, ma poi? Continuare e non. Ripeto che non esiste.. il mestiere o la professione di artista (ciò non toglie che chi voglia praticare l’arte: debba, se ha talento, applicarsi intensamente). C’è poi chi fa le stringhe, le scarpe, o chi sfiora tasti. Io non porto scritto “artista” da nessuna parte! E ora - a questa altezza o bassezza dell’intervista - proprio mi son venuto a noia. Basta! La logica, o altro, dice inoltre (..ipocrìnomai? mai qui!) che ci saranno vari che hanno ragione, molte ragioni, le loro ragioni, ricche di significato, che va rispettato. ..E guardiamo questa luce che entra qua. Stop (sto parlando, ..guardando la finestra, e ora sto zitto). -------Caro ! .. ? Facendo la trascrizione dell’intervista del 2.1.1990 mi sono ricordato che dovevo rispondere alla tua domanda (finale) urgente.. sulla “complessità diversa” di fare arte. Non ti avevo risposto subito proprio per la complessità dell’argomento in rapporto alla tua stanchezza e alla mia.. spossatezza dopo 4 ore di interrogatorio (ricorderai che era passata la mezzanotte e che il registratore era rimasto senza nastro). Ora non posso che risponderti approssimativamente, perché su certi tuoi problemi esistenziali non ti sei aperto più di tanto. E, poi, non so se sono così ‘libero’ di sentire il privato e di esprimermi oggettivamente dopo tanta frequentazione.. Non si può, comunque, dall’esterno scrutare e capire, fino in fondo, il tormento intimo di un altro. Intuirlo, invece, sì, proprio perché non sei coinvolto totalmente. In ogni modo, se vuoi questo ‘conforto’ da me, sono pronto a riconoscere che la complessità non solo quella intellettuale, che tu tiri in ballo sempre più, è la strada giusta del tuo avvenire artistico. È in quel tipo di arte che puoi trovare il risultato e la gioia che non ti fanno sentire la fatica o il malessere.. Tu, in definitiva, hai molta fiducia nell’arte e, nello stesso tempo, cerchi qualcos’altro che pensi di poter trovare nella vita o pensi che ci sia bisogno di immettere più vita nell’arte, forse, per non uscirne come Duchamp, per fare l’arte di respirare.. Ma questo, probabilmente, è un labirinto senza uscita. O, se ne esci, entri nelle finzioni della nostra civiltà, responsabile di tutto, e non nell’autenticità del mondo. Anche nell’arte c’è l’umano che può essere esaltato dall’arte stessa. Sulla validità della tua “logica del Tutto”, ti ripeto che non ho dubbi, per quello che riesco a capire io con le mie possibilità, senz’altro scarse rispetto ad un argomento così grande, nonostante il tuo ventennale indottrinamento.. e le tue ‘rivelazioni’ estive ed invernali.. Resta solo da vedere, andando avanti, dove ti può portare questa tua intelligente e necessaria fissazione. È una strada difficile, ma sicuramente giusta, ..e beato te che hai i mezzi per percorrerla! Questa complessità, che ti appassiona e ti ossessiona, dovrebbe destare grande interesse in chi guarda l’opera, anche se oggi l’occhio minimalista è portato ad imbattersi in qualcosa di asettico, ‘senza sentimento’ ..Da una parte questa complessità che pratichi, ha la forza di attrarre, dall’altra può respingere perché il prodotto (scusa questa parolaccia, assunta per non ripetere sempre ‘opera’, anche se spezzandola alla tua maniera diventa pro-dotto) si presenta diverso dal solito, ma ciò non lo impoverisce.. Quando, però, essa è autentica, perché fatta di cultura, di memoria storica, di contenuti umani ed è tinta di colore-calore-sentimento, non può che piacere e meravigliare l’osservatore intelligente, sensibile e morale (come dici sempre tu quando parli dei critici che non hanno queste qualità..) di cui ha bisogno l’opera vera 42 per essere capita. Ma chi può capire appieno l’opera? L’arte stessa lo consente? Non è cosa facile neanche per l’autore e gli esperti. Capirla vuol dire conoscere la verità e trovare una definizione all’ ‘arte’. Giustifico la tua sete di vita, ma, in questo particolare momento, se amplii questo desiderio, rischi di peggiorare le tue già precarie condizioni psico-fisiche. Non puoi continuare con questa intensità a scavare nel profondo.. È un gioco liberatorio, ma pericoloso, anche se da questa avventura ricavi i materiali più autentici per fare quell’arte ‘originale e complessa’, ‘ricca di contenuti poetici e di magia - aggiungo io - che ti differenzia dai tuoi colleghi. Secondo me, questo sondare può potenziare le ansie e, alla fine, non riesci a trovare quell’uscita felice che ti aspetti, promessa dal tuo amato Jung. A meno che non voglia percorrere la strada del misticismo puro che, però, ti allontanerebbe ancora di più (?) dal mondo. A volte mi chiedo dove vuoi arrivare con il tuo furore creativo.. dal momento che dovrebbero bastarti i risultati che ottieni già. Intellettualmente ti stai impegnando troppo e c’è da preoccuparsi perché potresti sconfinare e perderti (corna!). Ad ogni modo, all’origine del tuo ‘male’ c’è sicuramente anche l’insoddisfazione. Se avessi i giusti riconoscimenti (quelli che hanno certi artisti ad una sola dimensione), troveresti anche le energie per proseguire più serenamente. Sappiamo (noi quattro e pochi altri) che meriti molto, ma per il momento devi accontentarti di avere poco più di ora: quello che ti consente di vivere e lavorare più agevolmente. La complessità, come sai, richiede, tra l’altro, un coinvolgimento di tutte le risorse personali, mentre un’arte che mette in campo solo le doti naturali dell’autore non esige tanti strumenti per essere fatta e forse anche per essere goduta.. Come tu stesso dici, essa ti dà un’infinità di possibilità e ti fa passare sopra a tanti altri. Perciò, continua per questa strada, ma senza esagerare.. Non so se può consolarti il fatto che io vedo la traiettoria della tua parabola (?) salire negli anni. Te lo dice uno che ha un rispetto forse anche esagerato per l’arte e quindi non ha paura di dirti in faccia la verità; uno che ti segue da molto tempo e che è entrato nel tuo lavoro fino al punto che, certe volte, vorrebbe riportarsi alla giusta distanza per vedere con un’altra prospettiva e giudicare spassionatamente.., o, addirittura, senza le incrostazioni delle conoscenze, pur essendo convinto che nel tuo caso lo spettatore, specie se non vive alla pari col tempo, deve essere introdotto. Quindi, ora dovresti solo avere più riguardo di te, cercando di vincere le ansie che ti vengono dall’esterno. Ritengo che ultimamente tu sia arrivato ad una fase molto significativa. Penso alla scelta inci-vile, ma coraggiosa) di Gauguin, rispetto a quella ‘vile’ (ma salutare) di Duch e non a quelle rinunciatarie e distruttive di altri. E, secondo me, sei solo all’inizio di una nuova stagione color rosa.. che potrà darti risultati oggi forse ancora inimmaginabili. Se mi è consentito (ma l’amicizia dà diritto a tutto) forse per essere ancora più radicale dovresti citare un po’ meno la storia (pur sapendo che nel passato ci entri anche per contestarlo e che così si può essere radicali lo stesso). Attenzione: non ti dico questo perché oggi c’è chi proclama l’inespressionismo. Non credo proprio che tu possa colmare dei vuoti significativi uscendo dal territorio dell’arte specie se dentro quest’arte c’è anche l’amore. Probabilmente tu, come me, hai bisogno dell’arte per compensare o vincere qualcos’altro. E sono convinto che, se pratichi l’arte senza pensare alla competizione, può diventare anche la tua migliore medicina per vivere (anche se la competizione può stimolare la creatività). In un certo senso la stessa insaziabile complessità (consapevole e inconscia) ti spinge a cercare sempre di più nel profondo e in superficie, anche perché pensi che ci potrebbe essere qualcosa di più grande e di più bello della bellezza stessa che forse non si può raggiungere mai (lo hai detto tu). Ripeto: cerca pure di trovarti, ma una risposta più convincente forse non esiste; cerca con la consapevolezza che c’è una soglia invalicabile per l’essere umano. Non credo proprio che tu debba lasciare l’arte per vivere meglio anche sotto l’aspetto fisico, ma non devi neanche spremerti troppo, più di quanto puoi sopportare. Né credo, guardando alle cose dal di fuori (purtroppo e per fortuna, diresti tu) - e qui parla più forte il moralista - che questo tuo bisogno di vita senza impedimenti, non possa darti delusioni: la stessa di chi crede nell’amore più profondo e più puro, che forse è giusto ricercare, ma che, in pratica, è difficile, se non impossibile, da raggiungere pienamente e per sempre. Forse questo scavare per trovare più vita autentica è un’esigenza per arrivare a fare più arte. Quindi, senza arte non potresti vivere perché l’una è in funzione dell’altra e tutte e due sei tu, la tua esistenza. E, poi, siamo sicuri che l’esigenza di vita non sia anche bisogno di arte per vivere in modo più totale? Anche questo può essere un segno della tua complessità.. Se fai meno arte, forse vivi meno vita, ma, come ti dicevo, non devi superare certi confini.. naturali. La natura ci dà la misura di come devi esserci dentro. Riguardando il tuo lavoro dall’inizio ad oggi (sai che l’ho guardato veramente!) mi accorgo, 43 come t’ho detto, che c’è stato un continuo crescendo grazie, appunto, alla complessità. E mi pare che proprio ora tu stia uscendo dal ciclo che hai voluto chiamare ‘vago’ per focalizzare, meglio e più scopertamente, il discorso. Penso che la strada sia ancora più giusta o che quest’altro percorso abbia dei contenuti diversi, più marcati e, quindi, più riconoscibili. Hai dato un altro scossone alle ‘convenzioni’ avendo introdotto molta di quella autenticità che persegui. Forse perché ci sei implicato, non ti accorgi che hai già in mano la risposta che cerchi, anche se sei insaziabile e non vuoi rassegnarti al conosciuto. È questo il dramma che, con altre motivazioni, è stato vissuto, in maniera altrettanto sofferta, anche da altri grandi artisti che alla fine non sono riusciti a superare con i risultati che idealmente volevano. Del resto, come hai già capito, gli altri mestieri della vita non sono migliori di quello del fare arte che, se non altro, ti può offrire l’immaginazione, l’illusione di vivere una vita diversa. Allora, si deve andare avanti a cercare in quel campo della complessità, ma senza uscire dal seminato umano. Questo è il mio punto di vista sulla complessità, sull’Essere nell’arte ed oltre.., riferito a te e al tuo lavoro di oggi e, forse, anche di domani. Prendi queste considerazioni come una impressione personale più istintiva che ragionata: non provengono da uno psicanalista, né da un filosofo, né da un critico con la ‘C’ maiuscola (che, sappiamo, può essere l’iniziale di parolacce.. significative), ma, semplicemente, da amico sincero che sente di seguire, e segue, il tuo lavoro in tutte le sue fasi (autenticamente, senza curare la forma..). Per chiudere, spero che non guardi come nemici certi moralisti, pedanti e nevrotici come te..: indubbiamente, sono dei rompicoglioni che, in buona fede, però, vogliono il bene degli altri anche quando sbagliano e specialmente se si incazzano fino al punto di rompere.. (Da certo moralismo che impedisce.. forse può derivare anche quella sana rabbia sociale che ti fa reagire e sentire vivo). È tutto e, forse, troppo per oggi, ma questo sermone da primato, anche un po’ retorico e borghese (non per me in questo momento) lo hai voluto tu (mi era sembrato di capire che c’eri rimasto male, perché, giustamente, volevi una risposta immediata in quel clima confidenziale). Ho abbozzato quello che pensavo, magari travisando come “C.C.N.C.P.”, ripetendomi e saltando di palo in frasca, ma spero, sempre dello stesso albero in cui scorre quella linfa che può dare i frutti dell’arte. Allora, ora che la grande mostra al MUHKA ti ha rincuorato.., vai avanti e noi con Rosa ti saremo sempre più vicini. Ascoli Piceno, 1. 4. ‘90 / 14. 5. ‘90 _______ 1/continua.. 44