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PROTEZIONE INTEGRATA CONTRO LA MUFFA GRIGIA

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PROTEZIONE INTEGRATA CONTRO LA MUFFA GRIGIA
VITICOLTURA/DIFESA
Una crittogama devastante della qualità dell’uva e del vino
PROTEZIONE INTEGRATA
CONTRO LA MUFFA GRIGIA
La muffa grigia (Botrite) si previene
utilizzando prodotti chimici specifici in
determinate fasi critiche del ciclo vegetoproduttivo della vite e con una corretta gestione
del vigneto a livello di terreno, di grappoli e di
massa fogliare
Bottura Maurizio, Margoni Michele, Mattedi Flavio
Istituto Agrario San Michele all’Adige Centro per l’Assistenza Tecnica – Ufficio Viticoltura ed Enologia
Foto 1: giovani germogli
Foto 2: foglia
Foto 3: grappoli in fase di fioritura
CONDIZIONI CLIMATICHE
FAVOREVOLI ALLO SVILUPPO E MOMENTI DI MANIFESTAZIONE DEL DANNO
Con condizioni climatiche favorevoli la botrite può attaccare ad
inizio stagione i giovani germogli (foto 1), poi le foglie dove si
può confondere con la peronospora (foto 2), i grappoli in fase
di fioritura (foto 3), a luglio i
grappoli in accrescimento (foto
4) e soprattutto i grappoli prossimi alla maturazione, fase questa
quanto mai a rischio (foto 5).
La botrite è una malattia della
vite che nel 2005 si è presentata
in tutta la sua pericolosità, destando preoccupazione nei viticoltori e arrecando in certe situazioni anche dei danni alle
produzioni viticole. Questa malattia è estremamente pericolosa per la qualità dell’uva, poiché
può
determinare
l’ossidazione del mosto e del vino. Le vendemmie 2002 e 2005
sono state tra le più soggette ai
marciumi nell’arco degli ultimi
8 anni presi in considerazione,
a fronte di annate relativamente
tranquille come le due stagioni
precedenti: il 2003 e il 2004.
TERRA TRENTINA
La botrite o muffa grigia della
vite è causata da un fungo che
nella sua forma assessuata
prende il nome di Botrytis cinerea Pers., mentre nella forma
sessuata si chiama Sclerotinia
fuckeliana. È una malattia
estremamente complessa la cui
manifestazione risulta da una
stretta relazione che lega la difesa chimica alle buone pratiche agronomiche, nonché alle
caratteristiche climatiche della
zona. Colpisce numerose specie arboree ed erbacee quali vite, fragola, pomacee, drupacee, solanacee, rosa ecc..
Sverna come sclerozi, piccoli
corpuscoli nerastri, ben visibili
ad occhio nudo, i quali aderiscono ai tessuti corticali; inoltre contemporaneamente può
essere presente come forma
svernante anche il micelio.
In primavera, le forme svernanti della botrite sviluppano
una leggera muffa grigia formata da un elevato numero di
conidi, i quali attraverso il vento e la pioggia si diffondono.
Le condizioni ottimali di sviluppo del fungo sono rappresentate da una elevata umidità relativa (90%) e da temperature
comprese tra 16 e 25°c, anche
se già a 4°C si possono avere
infezioni. I momenti di maggiore sensibilità della vite agli attacchi di botrite sono nella fase
di post- fioritura, poiché i residui fiorali rappresentano un ottimale substrato di diffusione
della malattia e dalla fase di invaiatura in poi vi è un aumento
della sensibilità agli attacchi
man mano che ci avviciniamo
al momento della vendemmia.
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TERRA TRENTINA
VITICOLTURA/DIFESA
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Come per tutte le malattie fungine della vite, anche per la
botrite sviluppo e pericolosità
sono influenzati dalle condizioni climatiche che si verificano durante la stagione.
Ma quali sono i fattori climatici predisponenti la comparsa
di botrite?
Nel grafico 1 si mettono in relazione le piogge rappresentate con la linea rossa che sono
cadute nei 30 giorni antecedenti la vendemmia, con la
presenza di botrite, riportata
in barre verticali. Si evidenzia
come non esista una stretta ed
evidente relazione tra i due
parametri presi in considerazione. Infatti in una stagione
relativamente tranquilla con
poca botrite come nel 2004,
nel mese che precede la vendemmia sono caduti più del
doppio dei mm di pioggia di
quanti si sono verificati nell’anno successivo, con al contrario maggiori problemi in
quest’ultimo anno nel gestire
la sanità delle uve. È quindi un
altro parametro climatico e
non la pioggia che maggiormente condiziona lo sviluppo
della botrite; questo parametro è la bagnatura fogliare.
Mettendo in relazione la presenza di botrite con la durata
della bagnatura fogliare (grafico 2), sempre nel mese precedente la raccolta si può notare
come le annate con problemi
quali 2002 e 2005 sono quelle
dove si sono verificati 6 giorni
con più di 12 ore di bagnatura
fogliare continuativa. Risulta
pertanto più diretta la correlazione tra la comparsa dei marciumi e la durata della bagnatura fogliare, ovvero più che la
frequenza e la quantità delle
piogge, sembra incidere in maniera decisiva la frequenza e la
durata delle bagnature, sia da
pioggia che da rugiada o da elevata umidità relativa dell’aria.
Pertanto, essendo la bagnatu-
Foto 4: grappoli in accrescimento
Foto 5: grappoli prossimi alla maturazione
ra fogliare una caratteristica tipica di ogni zona, a parità di
andamento stagionale favorevole all’insorgenza della malattia, maggiore sensibilità e
maggiori danni avremo nelle
zone umide, di fondovalle ove
la bagnatura è più prolungata.
In queste zone inoltre maggiore è la sensibilità anche alla
peronospora, altro fungo che
dimostra maggiore virulenza
in zone dove la bagnatura fogliare è maggiore.
STRATEGIE DI CONTENIMENTO DELLA BOTRITE
Definito il problema botrite, si
presenta quello successivo di
risolverlo. La prima e più immediata soluzione è quella di
ricorrere ai trattamenti antipa-
rassitari, anche se è importante
premettere un concetto fondamentale. Per la botrite maggiore importanza riveste una gestione agronomica razionale
del vigneto, eseguendo adeguati interventi colturali per
contenere il vigore vegetativo e
per promuovere nel vigneto un
microclima più favorevole alla
maturazione dei grappoli e meno all’istaurarsi delle malattie,
rispetto alla sola difesa chimica
con prodotti antibotritici.
Pertanto solo l’interazione tra
difesa chimica ed operazioni
agronomiche, come evidenziato nella foto 6, ci permette di
ottenere risultati certi e continuativi. Molte delle osservazioni che noi tecnici di campagna
facciamo sono rivolte a questi
aspetti di gestione ottimale del
vigneto per esaltarne le prestazioni qualitative e per ridurne
la sensibilità alle malattie.
Li vediamo ora in rapida sintesi.
Forma di allevamento:
Su cultivar particolarmente sensibili alla botrite come il Pinot
grigio, anche le osservazioni fatte quest’anno confermano come
l’adozione di forme di allevamento alternative alla pergola
consentano di limitare lo sviluppo di botrite. Da un 38% di frequenza sulla pergola passiamo a
circa la metà su forme a cordone
speronato. Ancora più apprezzabile la riduzione dei marciumi su
viti allevate a guyot (grafico 3).
Equilibrio vegeto produttivo e pratiche di forzatura:
Appare scontato il rapporto diretto esistente fra apporti impropri di concime azotato e
l’aumento di vigore vegetativo
qui inteso come numero di
strati fogliari. All’aumentare di
questi aumenta la presenza di
botrite con una relazione alquanto netta e definita, come
riportato nel grafico 4. Pertanto
i vigneti più vigorosi saranno
portanza di eseguire irrigazioni
mirate, soprattutto nella fase finale di maturazione delle uve.
Interventi a verde:
Tutte le pratiche a verde, se
eseguite nel modo e nel tempo giusto, riducono la presenza di botrite.
Il diradamento dei germogli è
una di queste pratiche. Il togliere e selezionare i germogli,
è un intervento che, se fatto
presto e bene, oltre che determinare positive ripercussioni
sull’assetto vegetativo e produttivo della vite, crea le condizioni per resistere meglio
agli attacchi di botrite. Come
riportato nel grafico, le viti
sfoltite di germogli in maniera
opportuna, quindi con vegetazione più equilibrata e distribuita, portano a maturazione
grappoli più sani rispetto alle
viti dove non è stata eseguita
questa pratica (Grafico 5).
Altra operazione decisiva per la
sanità dei grappoli è la sfoglia-
tura. In questo esempio di pergola ad Aldeno su Chardonnay
nelle viti non sfogliate si vengono a determinare delle condizioni di scarsa ventilazione e
arieggiamento favorevoli allo
sviluppo di botrite. Sulla tesi
sfogliata con più spazi di luce,
con grappoli più esposti ed
arieggiati, la presenza di botrite
è pari alla metà (Grafico 6)
Definita la validità dell’intervento di sfogliatura, fondamentale diventa definire il momento
ottimale nel quale eseguire
questa pratica al fine di ottenere
il maggior risultato qualitativo.
In linea con esperienze analoghe i dati raccolti confermano
come prima si sfoglia dopo la
fioritura, minore è la presenza
di botrite sui grappoli.
Il viticoltore ha la possibilità di
avvalersi di un aiuto sostanziale nell’eseguire la sfogliatura,
che come detto è sì una pratica importante ma è anche tra
le più onerose, scomode ed
impegnative. Senza entrare
TERRA TRENTINA
più sensibili all’attacco di questo fungo, anche perché si crea
attorno al grappolo un microclima più umido e quindi più
favorevole alla malattia. Anche
tutte le altre pratiche agronomiche volte ad un aumento di
vigore comportano una maggiore incidenza della malattia.
Per quanto riguarda la gestione
stessa del suolo, sulla fila è opportuno scegliere la pratica dell’inerbimento e successiva gestione dello stesso attraverso il
taglio o il diserbo piuttosto che
una lavorazione parziale del sottofilare. La presenza dell’inerbimento comporta una maggior
competizione in termini di elementi minerali con la vite stessa
e una diminuzione della vigoria.
Allo stesso modo il ricorso ad
irrigazioni elevate porta ovviamente ad avere più problemi
di botrite. La problematica aumenta se l’irrigazione è a pioggia sovrachioma piuttosto che
a goccia o microjet sottochioma. Si sottolinea quindi l’im-
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VITICOLTURA/DIFESA
TERRA TRENTINA
nei dettagli tecnici, è secondo
noi importante confermare la
validità e la bontà del lavoro
delle macchine sfogliatrici che
negli ultimi anni sono state
proposte sul mercato. Fondamentale rimane comunque la
tempestività d’intervento.
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Trattamenti ad azione diradante:
Un altro intervento che negli
ultimi anni ha caratterizzato la
difesa dalla botrite è quello
che si basa sull’impiego di
prodotti ad azione diradante.
Su cultivar a grappolo compatto, Pinot e Chardonnay più
sensibili ad attacchi di botrite,
si sta sempre più confermando la validità del diradamento
chimico. Lo scopo principale è
quello di modificare la struttura del grappolo rendendolo
più spargolo e quindi più resistente ai marciumi.
Per raggiungere tali obbiettivi si
utilizzano prodotti a base di acido giberellico e dalle esperienze
pratiche maturate in questi anni
si è individuato un impiego ideale nella fase di piena fioritura.
Posticipando l’intervento diradante dopo la piena fioritura,
l’effetto diradante si riduce. Il
dosaggio standard è di due pastiglie per ettolitro, con formulato
al 9,4 % di principio attivo, pari a
2 grammi di acido giberellico per
ettolitro, aumentabili sino a quattro pastiglie solo in situazioni
particolari: vigneti molto produttivi realizzati con cloni a grappo-
lo molto compatto. La corretta
bagnatura dei grappoli (10 hl di
acqua per ettaro) e un’attenzione alle condizioni climatiche,
temperatura e umidità relativa,
condizionano l’efficacia dell’intervento diradante. La compattezza del grappolo è direttamente legata all’insorgenza della
botrite. Seppure con un effetto
altalenante negli anni a causa
della non omogeneità del momento di fioritura nella stesso vigneto, si evidenzia come sempre
l’uso di prodotti diradanti riduce
la compattezza del grappolo,
presupposto questo fondamentale per la sanità delle uve.
Riduzione della compattezza
del grappolo che comporta
anche una riduzione del peso
medio del grappolo e quindi
della produzione, ampiamente compensata dalla riduzione
del danno da botrite.
Infatti soprattutto nelle annate
con maggior presenza di botrite 2002 e 2005, nelle tesi trattate con giberelline, lo sviluppo
della botrite è ridotto a circa la
metà rispetto al test. Nelle annate con poca botrite come
nel 2003 e 2004 l’azione dell’intervento diradante non è
cosi apprezzabile, come pure
si può osservare la poca differenza e quindi la scarsa efficacia riscontrata nel 2001, al primo anno di prova. È logico
pensare che la ridotta esperienza nell’utilizzo di questi
prodotti abbia inciso notevolmente (grafico 7).
Taglio del grappolo
Un altro intervento che può essere proposto e che ha dimostrato la sua efficacia nel ridurre
lo sviluppo dei marciumi è il taglio del grappolo a metà. Questa operazione porta evidentemente anche a ridurre la
produzione e quindi si presta
nei vigneti dove si intendono
ottenere produzioni particolari
e di pregio. Trova impiego su
varietà a grappolo compatto e
su quelle con grappoli di grande taglia. Va eseguito in un periodo antecedente l’invaiatura
di circa tre settimane. È purtroppo una pratica che richiede circa 80 ore per ettaro e quindi alquanto impegnativa in termini
di tempo. Dà comunque positivi
riscontri sulla comparsa dei
marciumi in quanto la presenza
di botrite su grappoli tagliati a
metà si riduce notevolmente.
Spesso alla comparsa di botrite
si associa anche il marciume
acido, che come sappiamo è
causato da un insieme di lieviti
e batteri. Tutti gli interventi colturali che sinora abbiamo descritto hanno anche un’influenza positiva sul contenimento
del marciume acido, mentre
purtroppo non abbiamo a disposizione agrofarmaci efficaci.
Trattamenti antibotritici:
Per quanto riguarda le caratteristiche dei prodotti antibotritici e il loro utilizzo è opportuno richiamare alcuni concetti.
Le fasi ideali di utilizzo dei
era la necessità di eseguire un
ulteriore trattamento antibotritico con Teldor che ha un tempo di carenza di 7 giorni, ma
che per il protocollo di autodisciplina trentino è di 21 giorni.
I risultati che abbiamo visto in
campagna hanno evidenziato
che un successivo e supplementare trattamento antibotritico – con Teldor in questo caso – non va a modificare la
presenza di botrite. Pertanto
anche la scelta di conferire a
tutti gli antibotritici lo stesso
tempo di carenza, trova una
giustificazione tecnica, avendo
questi una preminente azione
preventiva. Quando la malattia
è già diffusa nel vigneto e le
condizioni climatiche e agronomiche non sono favorevoli,
i trattamenti tardivi non servono. È più importante invece intervenire alle giuste epoche,
applicando bene i prodotti con
adeguata bagnatura e corretta
manualità applicativa. Come
sempre bagnare bene i grappoli è fondamentale.
Nel corso degli anni si è voluto
verificare se vi sono differenze
di efficacia fra i vari prodotti antibotritici. Tutti i prodotti utilizzati, e sopra menzionati, riducono la comparsa di botrite sui
grappoli sia in termini di frequenza che di grado di attacco,
ma non si evidenziano significative differenze di efficacia.
Sempre maggiore importanza
riveste l’aspetto relativo ai residui che gli antibotritici la-
sciano sulle uve. Si è osservato
che i valori di residuo massimo ammesso non vengono
mai superati, se viene scrupolosamente rispettato il tempo
di carenza ma è opportuno rimarcare che lo stesso prodotto
antibotritico deve essere utilizzato una sola volta all’anno alternandone l’impiego anche
per ridurre i possibili fenomeni di resistenza.
CONCLUSIONI
La corretta difesa dalle malattie della vite, botrite in questo
caso, ma anche peronospora e
oidio, non è solo ed esclusivamente una questione di scelta
di prodotti, momento di impiego e dosaggi e non può
prescindere dalla conoscenza
e dall’influenza di tutti quei
fattori di gestione agronomica
che compongono il sistema vigneto e che vanno continuamente osservati, gestiti e inseriti in questo quadro, con lo
scopo di raggiungere l’obbiettivo finale del miglioramento
qualitativo delle nostre produzioni e la soddisfazione economica per il nostro lavoro.
RINGRAZIAMENTI
Si ringraziano tutti i colleghi
dell’Ufficio Viticoltura ed Enologia del Centro per l’Assistenza Tecnica dell’Istituto Agrario
di San Michele all’Adige ed i
viticoltori che hanno messo a
disposizioni i loro vigneti per
effettuare le prove.
TERRA TRENTINA
prodotti antibotritici sono la
prechiusura grappolo e circa
un mese dalla vendemmia. Gli
agrofarmaci attualmente a disposizione sono quelli noti:
Switch, Scala, Frupica della famiglia delle Anilinopirimidine
e il Teldor. È importante per
evitare fenomeni di resistenza
e per non avere problemi di
residui di questi prodotti sulle
uve, usare lo stesso prodotto
una volta all’anno e quindi alternare nell’impiego i vari
principi attivi. Risulta interessante il ricorso a formulati
contenenti Folpet nella fase di
prefioritura-fioritura soprattutto per cultivar sensibili ad attacchi di botrite sui grappoli in
fioritura o al verificarsi di periodi climatici piovosi ed umidi sempre in questa fase.
Nel grafico 8 in un vigneto a
Volano, di Chardonnay allevato a pergola, emerge dal confronto con un testimone non
trattato, l’efficacia del trattamento antibotritico, sia in prechiusura grappolo che in preraccolta, anche se ancora più
apprezzabile risulta l’effetto
dei 2 trattamenti stagionali: una
prima applicazione di Scala in
prechiusura grappolo, seguito
dallo Switch in pre-raccolta.
In una stagione difficile come
quella appena trascorsa, quando a metà-fine agosto, in alcuni vigneti la situazione botrite
in breve tempo si è velocemente aggravata, il quesito che
molti viticoltori si ponevano
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