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Antonio Cruz, Antonio Ortiz La stazione di Santa Justa a Siviglia

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Antonio Cruz, Antonio Ortiz La stazione di Santa Justa a Siviglia
PROGETTI
Anna Pescarolo
Antonio Cruz, Antonio Ortiz
La stazione di Santa Justa
a Siviglia
Un edificio fortemente
caratterizzato dalla funzione
ferroviaria, dove la luce, il
gioco delle coperture e il
laterizio faccia a vista
realizzano la concatenazione
fra situazioni spaziali diverse
Costruita tra il 1988 e il 1991, nell’ambito del vasto piano di rinnovamento della
città legato all’Expo ‘92, la stazione ferroviaria di Santa Justa a Siviglia è divenuta
un elemento catalizzatore per l’intera
zona circostante, sino ad allora priva di
opere di urbanizzazione nonostante la
relativa vicinanza al centro cittadino. L’inserimento di una stazione di tali dimensioni ha infatti permesso la trasformazione
di un’area desolata in un quartiere con
intensa attività urbana.
A determinare questo risultato non è
stata soltanto la costruzione dell’edificio
in sè e per sè, sia pure di dimensioni ragguardevoli, bensì la contestuale progettazione di tutto un complesso di infrastrutture adeguate alle necessità dei trasporti:
dall’integrazione delle strade esistenti con
gli assi viari di nuova costruzione, fino al
reperimento di spazi adeguati per la circolazione e per le zone destinate a parcheggio. Uno sviluppo favorito anche dai collegamenti creati al di sopra del nuovo
tracciato della ferrovia che hanno consentito di mettere in comunicazione parti
della città che, pur essendo contigue,
erano rimaste sin qui divise dalla vecchia
linea ferroviaria.
Santa Justa è solo apparentemente una
stazione di testa: in realtà i binari scorrono sotto la sua hall, per poi entrare in tunnel e attraversare così tutta la città. L’ingresso delle rotaie nell’edificio della stazione avviene a quota +8,40, con la
copertura di 6 navate che si riuniscono in
un unico spazio trasversale, collegato a
sua volta con la hall dei passeggeri a
1. Vista della hall dei passeggeri.
2. Vista esterna della facciata laterale.
3. Vista della facciata principale.
quota +14,65. Il grande spazio centrale
dove arrivano i binari è sovrastato da
un’unica copertura inclinata, la cui sommità sfiora i 30 m di altezza. Tramite un
sistema di scale, ascensori e passerelle trasversali, i passeggeri in arrivo possono
raggiungere la hall di ingresso e di qui
direttamente l’uscita. Sopra la hall si elevano altri due piani: a quota +19,15 vi è la
zona riservata a ristorante e uffici; a quota
23,65 si sviluppa invece l’area dedicata ai
servizi tecnici.
L’edificio si compone quindi di varie
parti ben distinte, ognuna caratterizzata
da una propria copertura: volte in ferro e
vetro sopra i binari, tetto inclinato sopra
lo spazio centrale, struttura reticolare
nella hall di ingresso.
L’assemblaggio di questi tre spazi non
risulta però disomogeneo, grazie alla
disposizione degli elementi di collegamento tra una sezione e l’altra. Il passaggio dall’area dei binari all’atrio di ingresso
è ad esempio costituito da passerelle trasversali alle cui estremità si dipartono due
gallerie laterali che immettono nell’atrio
stesso. Ad accrescere l’unitarietà dell’edificio contribuiscono inoltre il gioco della
luce, che penetra enfatizzando la sequenza degli spazi, e la scelta dei materiali
usati.
Sia pure con gradualità, il passaggio dall’area dei binari all’atrio di ingresso segna
comunque una cesura simbolica tra lo
spazio del viaggio e quello della sosta. La
sensazione di movimento suggerita dallo
scorrere dei binari sotto la stazione e dal
sistema di collegamenti sopra descritto,
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Fotografie: Duccio Malagamba
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11. Sezione trasversale sulla hall dei binari.
12. Pianta a quota +11,90 m.
13. Pianta a quota +14,65 m.
14. Pianta a quota +19,15 m: ristorante e uffici.
4. Prospetto principale.
5. Sezione attraverso la hall dei binari.
6. Sezione attraverso la hall dei passeggeri.
7. Prospetto posteriore.
8. Prospetto laterale.
9. Sezione longitudinale.
10. Sezione trasversale sui binari.
viene progressivamente smorzata e assorbita nella hall. Qui il passeggero riceve
un’impressione di staticità dovuta a una
forma geometrica ortogonale che racchiude uno spazio climatizzato trasformando
l’atrio in un vero e proprio “interno”, simbolo dell’inizio e della fine di un viaggio.
I materiali usati sono il cemento armato
per le strutture portanti, il laterizio per i
rivestimenti murari, il metallo e il vetro
per le coperture. I binari sono coperti da
volte paraboliche sostenute da pilastri
ellittici e da una lunga trave in cemento
armato. La copertura è realizzata con
lastre di alluminio e lucernari in vetro
armato. I carichi sono molto ridotti al
punto che l’ellisse dei pilastri tradisce il
principio della resistenza per forma,
disponendosi nel verso opposto a quello
che massimizza il momento di inerzia
nella direzione principale di inflessione.
Lo spazio di testa ai binari è caratterizzato da un dualismo di materiali: mattoni
faccia a vista e cemento armato faccia a
vista si alternano nella composizione di
pareti e passerelle in un continuo gioco di
pieni e di vuoti.
Il punto di arrivo delle scale mobili è
collocato di fronte a sette grandi blocchi,
rivestiti interamente in mattoni, che ospitano gli ascensori. Qui termina anche la
grande copertura inclinata sostenuta da
un sistema di travature reticolari. Questa
soluzione strutturale non è però evidente
in quanto, come avviene nelle navate dei
binari, vi è l’alternarsi di parti di controsoffittatura in alluminio e di lucernari in
vetro armato.
Nell’atrio di ingresso, in cui come detto
prevale il carattere di interno, i materiali
cambiano, con la scomparsa del mattone.
Tuttavia, resta un elemento di connessione: l’uso della struttura reticolare per la
copertura, che si prolunga anche nella
pensilina esterna.
La composizione degli spazi, pur nettamente distinti tra loro, viene in un certo
modo unificata da vari elementi di continuità: il laterizio e il cemento armato dello
spazio longitudinale dei binari si traspongono nell’enorme atrio centrale in cui l’inclinazione della copertura prosegue,
innalzandola, la linea delle navate, per
poi digradare nuovamente fino alla pensilina esterna.
All’esterno, è ancora il laterizio faccia a
vista ad essere abbondantemente utilizzato come materiale unificante dell’intero
edificio. Tutte le facciate della stazione e
le pavimentazioni esterne sono infatti in
laterizio, fino a creare una sorta di involucro che copre non solo l’edificio in sè ma
tutto l’isolato, ricostruito specificamente
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attorno ad esso. Cruz e Ortiz hanno infatti
progettato, a creare una sorta di cintura di
perimetrazione tutt’intorno alla stazione,
un corpo edilizio su tre livelli profondo 25
metri che, lungi dal costituirsi come barriera, espande e rafforza la presenza della
stazione nella città.
La stazione mantiene volutamente il suo
carattere di edificio ferroviario, rifuggendo da ogni immagine, oggi sempre più
frequente in questa tipologia edilizia, di
complesso multifunzionale dove in particolare la funzione commerciale finisce
per emergere. Anche in questa realizzazione sivigliana si ritrova, applicata a un
progetto di grandi dimensioni, la concezione architettonica tipica di Cruz e Ortiz,
basata sulla sintesi unitaria ispirata dalla
funzione. Si può citare in proposito come
esemplare la di poco successiva stazione
di autobus di Huelva (1990-94), dove la
sinteticità della forma planimetrica è tutta
ricondoducibile alla funzione svolta dall’edificio. La pianta triangolare dovuta alla
forma del lotto è segnata solo da un cerchio centrale intorno al quale girano e si
fermano gli autobus. Qui l’idea del movimento dei veicoli è suggerita dalla forma
sfuggente leggibile nella pianta e dall’ondulazione del prospetto. Tuttavia, come
suggerisce Rafael Moneo,(1) se nel caso di
Huelva si può parlare di “architettura
come gesto unitario e sintetico”, per Santa
Justa è più appropriato riferirsi a una
“concatenazione di situazioni”. Non si
tratta infatti di un unico spazio unitario,
bensì di più spazi determinati da una pluralità di funzioni diverse e caratterizzati
quindi da forme differenti. La coerenza di
Cruz e Ortiz si traduce qui nel mantenimento di una continuità tra le diverse
“sezioni”, affidato a tre elementi: la luce, il
gioco delle coperture e l’uso di un materiale ricorrente, il laterizio, che riconducono a una più ampia unitarietà dell’opera.
Così, scrive ancora Moneo nell’opera
citata, “[...] gli episodi sono autonomi, e
come tali sono progettati mantenendo,
dall’esplicito riconoscimento delle loro
diverse funzioni, una completa indipendenza formale. Questa indipendenza dei
diversi episodi non implica però che
Santa Justa si converta in un’architettura
dominata dall’idea del collage: la concatenazione [...] dà a Santa Justa un’aria unica
e propria [...].”
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NOTE
(1)
Introduzione a cura di R. Moneo in Cruz-Ortiz,
Tanais 1996.
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15. Nella pagina accanto. Vista della hall dei binari.
16. Vista esterna dal portico laterale.
17. Vista della hall dei binari dalla galleria laterale.
18. Vista verso la hall dei binari.
19. Vista verso le navate dei binari.
20. Le scale mobili di collegamento della banchina
dei treni con la hall .
21. Vista di una passerella trasversale di
collegamento con le gallerie laterali.
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Stazione ferroviaria di Santa Justa (Siviglia)
Architetti:
Antonio Cruz e Antonio Ortiz
Collaboratori:
Carlos Castro, José R. Galadì,
Luìs Gutiérrez, Miguel Maese,
Juan Carlos Mulero, Blanca
Sànchez, Miguel Velasco
Promotore:
Ministero dei Trasporti (Direzione
Generale delle Infrastrutture)
Impresa costruttrice: Fomento y Construcciones, S.A.
Direzione dei lavori: Direzione di costruzione dei Trasporti terrestri
Ingegnere direttore: Rafael Mollà
Segnaletica,
Arredamento e
Spazi commerciali: Addison España (senza la partecipazione dello Studio Cruz/Ortiz)
Plastico:
Luis Montiel
Progetto:
1988
Inizio dell’opera:
settembre 1988
Conclusione:
giugno 1991
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