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La vita è breve. Ma intensa e divertente

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La vita è breve. Ma intensa e divertente
M
ZIN
AGA
E
Redazione: Piazza Cavour 17 - 00193 Roma • Poste Italiane spa – Spedizione in abbonamento postale 70% - Roma
11 novembre 2013
ACONDROPLASIA
La vita è breve.
Ma intensa
e divertente
VALENTINA BAZZANI
Che bello essere glamour
VERSO SOCHI
Ecco gli azzurri favoriti
alle Paralimpiadi invernali
EDITORIALE
di Luigi Sorrentini
Direttore Centrale Reggente Riabilitazione e Protesi, Inail
Reatech: la fiera delle opportunità per tutti
S
i è svolta a ottobre presso Fiera Milano Congressi la seconda edizione di Reatech Italia: né una mostra espositiva, né un convegno di settore, ma un confronto-evento costruito in mesi di paziente lavoro di elaborazione dei contenuti
forniti dalle stesse persone disabili, con la collaborazione di associazioni ed esperti. Il tema della disabilità è stato affrontato in modo completamente diverso e per
certi versi affascinante, come scommessa del tutto inedita. Ossia partendo dai sogni, dai desideri, dal fai-da-te, dalle applicazioni smart, dalle esperienze, dai racconti di straordinaria normalità, dai bisogni d’inclusione e di autonomia che tutti
sentiamo come fondamentali.
Reatech, infatti, è stata un chiaro esempio di come in rare occasioni siano le associazioni e le persone disabili, con le loro esperienze e bisogni, a proporre un nuovo tipo di mercato degli ausili e dei servizi, molto più rispettoso delle compatibilità
economiche delle famiglie. Magari meno ipertecnologico, ma attento a ciò che si
può realizzare partendo dagli oggetti e dagli strumenti di tutti. Ed è proprio a queste buone pratiche che l’Inail guarda con attenzione e partecipazione, sposandone
gli obiettivi di fondo e valorizzandone il significato per un cambiamento culturale sempre più positivo nei confronti della disabilità.
Tuttavia, il vero successo di Reatech è stato sicuramente il calendario
fitto di appuntamenti che ha posto al centro le stesse persone disabili, il loro
bisogno di incontrarsi, di scambiare opinioni sulla vita, di rappresentare la realtà e le speranze, di dimostrare capacità e risorse, di vincere la sfida dell’esistenza,
anche quando è segnata da un deficit o da un evento traumatico non previsto. La
sollecitazione forte è venuta anche sul fronte del diritto al lavoro, con le parole del
presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua che ha chiarito come, finita la fase dei
controlli, occorre entrare in una nuova era dove una pensione da 270 euro mensili
non è degna di un Paese civile. Tante le proposte concrete per riportare la disabilità al centro dell’agenda dello sviluppo economico. E il messaggio, in vista di Expo
2015, non può essere sottovalutato.
«Anche lo sport è un’occasione preziosa per costruire i cittadini – ha
detto Luca Pancalli al convegno di apertura – perché è un sistema di regole e
oggi si è rivoluzionari proprio se si fanno grandi cose rispettando le regole». E la
riuscita di Reatech è stata siglata dalla presenza di Cody McCasland, bambino biamputato arrivato dall’America per motivare anche noi italiani a reagire alle difficoltà che si incontrano, come fa con i soldati tornati disabili dalle guerre in Oriente.
Cody è un portavoce del Caf, Challenge athletes foundation, che raccoglie fondi per
aiutare le persone con disabilità a praticare discipline sportive. Inoltre al Brooke
army medical center, detto Center for intrepid, parla ai veterani delle operazioni
subite e delle sue difficoltà: per questo quei soldati gli credono. «Be strong, never give up»: «Siate forti, mai arrendersi». Lo dice lui a loro. Sa farli sorridere.
3
Alla scoperta di
acondroplasia e Sochi
Sono circa 4mila in Italia e 650mila nel
mondo le persone con acondroplasia, la
forma più comune dei circa 200 tipi di
nanismo esistenti. Questo mese SuperAbile
Magazine ha raccolto le storie di uomini,
donne e ragazzi acondroplasici per raccontare come si confrontano con la loro
condizione: una malattia genetica rara che
può comportare forme severe di disabilità,
ma che spesso non preclude una vita normale. Nelle pagine successive un’intervista a
Valentina Bazzani, giornalista ventottenne
in sedia a ruote, che ha fatto del fascino e
dello stile il suo tratto distintivo. E ancora:
come si prepara la nazionale azzurra
all’appuntamento delle
Paralimpiadi
invernali, che
si terranno nel
2014 a Sochi,
la perla del
Mar Nero, residenza estiva
di tanti magnati russi. Tra le storie, invece,
il tour planetario di Alessandro Bordini che,
dopo essere diventato cieco quattro anni fa,
ha cominciato a girare il mondo da solo,
con un bagaglio personale minimo e una
grande fiducia nel genere umano. E poi il
racconto fotografico di una cavalcata assai
singolare: quella di dodici giovani autistici e
dei loro padri, che hanno attraversato boschi
di querce e campi di girasoli, dimostrando
a se stessi e agli altri che barricati in casa si
muore e fuori dalle quattro mura è possibile
vivere.
NUMERO undici Novembre 2013
EDITORIALE
3 Reatech: la fiera
delle opportunità per tutti
di Luigi Sorrentini
ACCADE CHE...
5 Genny Urban 2.0: iter e collaudo
7
anche al Ciac di Bari
Toscana, cure gratuite nelle
strutture pubbliche e private
L’INCHIESTA
8 Siamo bassi. E allora?
di Antonella Patete
cronache italiane
18 Dal dentista. E senza paura
26 Tutti a Sochi con Daldoss
dell’autismo
di A.P.
31 Elogio dell’imperfezione
(e del lento incedere)
di A.P.
34 Pablo Pineda, conduttore Down
sullo schermo
di Michela Trigari
35 Guardare il mondo senza
vederlo
di A.P.
28 Sulla perla del Mar Nero
36 Inail... per saperne di più
di Giorgia Gay
visti da vicino
20 Il mio giro del mondo armato
di fiducia
di Maurizio Molinari
PORTFOLIO
22 Cavalcando l’autismo
di Elisabetta Proietti
SPORT
INSUPERABILI
di Stefano Caredda
di S.C.
16 Quanto adoro essere fashion
Intervista a Valentina Bazzani
di Laura Badaracchi
Superabile Magazine
Anno II - numero undici, novembre 2013
Direttore: Luigi Sorrentini
CULTURA
30 La voce di Naoki oltre il muro
In redazione: Antonella Patete, Laura
Badaracchi e Diego Marsicano
Direttore responsabile: Stefano Trasatti
Hanno collaborato: Stefano Caredda,
Carla Chiaramoni, Elisabetta Proietti,
Giorgia Gay, Maurizio Molinari e Michela
Trigari di Redattore Sociale; Franco
Bomprezzi, Gian Piero Ventura Mazzuca;
Erica Battaglia, Giorgia Di Cristofaro,
Daniela Orlandi del Consorzio sociale Coin;
Francesca Iardino, Monica Marini, Mariella
Pedroli e Chiara M. Tornatore dell’Inail
RUBRICHE
Nel Lazio “Utile & dilettevole”,
progetto per gli infortunati
37 Previdenza
Congedo straordinario
retribuito. Ecco le novità
38 Senza barriere
Access City Award 2014: parte
il conto alla rovescia
39 L’esperto risponde
Mobilità, Sport
Editore: Istituto Nazionale
per l’Assicurazione contro gli Infortuni
sul Lavoro
Redazione: Superabile Magazine
c/o agenzia di stampa Redattore Sociale
Piazza Cavour 17 - 00193 Roma
E-mail: [email protected]
Stampa: Tipografia Inail
Via Boncompagni 41 - 20139 Milano
Autorizzazione del Tribunale di Roma
numero 45 del 13/2/2012
Progetto grafico: Giulio Sansonetti
4
PINZILLACCHERE
40 Il pranzo della domenica
La lanterna di Diogene
di Carla Chiaramoni
40 Quarant’anni fa, dall’altra parte
del mondo
di Gian Piero Ventura Mazzuca
Ecco la protesi costruita
con i Lego
di M.T.
41 Le parole per dirlo
Bes
di Franco Bomprezzi
Cartoline dal manicomio:
vivere e curare la follia
nel Tirolo storico
di M.T.
Dulcis in fundo
42 Strissie - I pupassi
di Adriana Farina
e Massimiliano Filadoro
Un ringraziamento, per averci
gentilmente concesso l’uso delle foto,
a Michele Palazzi/Contrasto (pagg. 3-4,
8-15), Sciare-Trabucchi (pag. 4, 29),
Andrea Navisse (pag. 5), Simone Morciano
(pag. 16), La lanterna di Diogene (pag.
40), David Schreyer (pag. 41).
In copertina: foto di Michele Palazzi/
Contrasto. Un ringraziamento speciale
al fotografo e all’agenzia Contrasto per
la collaborazione nella realizzazione
dell’inchiesta.
ACCADE CHE...
MONDO INAIL
Genny Urban 2.0: iter e collaudo anche al Ciac di Bari
L
a sedia a ruote che
si guida senza mani
– cioè solo con l’oscillazione del corpo – arriva
anche al Sud. Inventata
da un ex imprenditore edile di Savona
rimasto invalido dopo
un incidente in moto,
Paolo Badano (nella
foto), che l’ha creata
pensando ai Segway,
iscritta al repertorio dei
dispositivi medici del
ministero della Salute,
commercializzata dalla
Genny Mobility srl e
fornita dall’Inail tramite il Centro protesi
di Vigorso di Budrio
(Bologna), ora Genny
Urban 2.0 può essere
richiesta e collaudata
anche al Centro di in-
formazione, assistenza
e consulenza per
neurolesi (Ciac) della
direzione regionale Inail
Puglia, con sede a Bari.
L’obiettivo? Fornire il
presidio senza dover effettuare lunghi viaggi.
«Il vero vantaggio è
stato proprio quello di
non doversi spostare in
Emilia», ha rilevato Fabio
Galati, il primo assistito
Inail pugliese a utilizzare
Genny. «Con la fornitura
di questo ausilio è stato
coronato l’impegno
delle strutture
territoriali dell’Istituto»,
ha evidenziato Giovanni
Asaro, direttore
regionale Inail Puglia.
Il progetto ha visto
infatti coniugare
Milano
Magliette da toccare
e un laboratorio di moda Braille
N
ell’Istituto dei
ciechi di Milano
sono arrivate le
t-shirt in Braille. I capi
d'abbigliamento, con
la doppia scritta da
toccare e da leggere
“Non occorre vedere
per guardare lontano”,
fanno parte dell’ultima
collezione dedicata
ai cinque sensi dello
stilista Alessandro
Dall’Acqua e nascono
dalla collaborazione tra la casa di moda e l’ormai
famoso percorso sensoriale “Dialogo nel buio”.
Le magliette, in edizione limitata, si possono
trovare anche nei punti vendita Alessandro
dell'Acqua Uomo. Il progetto prevede inoltre la
creazione di un laboratorio per lo studio del Braille
applicato all’abbigliamento. Per informazioni: tel.
02/76394478.
l’esperienza del Centro
protesi di Vigorso con la
valutazione dell’idoneità
clinica del paziente e
il suo addestramento
alla guida della sedia a
ruote realizzati presso
il Ciac di Bari attraverso
le competenze del
Polidiagnostico
regionale. Genny
2.0 è leggera, autobilanciante, agile (si
gira su se stessa in
pochi secondi), ha
un’autonomia della
batteria di 40 chilometri,
si ricarica in poche ore e
costa circa 16mila euro.
[M.T.]
In Spagna
l’audio-descrizione
si fa col cellulare. Si
chiama AudescMobile,
ed è un’applicazione
che consentirà ai non
vedenti di seguire film,
serie tv, opere teatrali e
mostre direttamente dal
proprio telefonino. La
novità è stata promossa
dalla Fondazione Once,
in collaborazione con la
Fondazione Vodafone
spagnola, e rappresenta
una svolta importante
per l’integrazione delle
persone con disabilità:
finora, infatti, la sincronizzazione sonora è
stata sempre
effettuata
usando
strumenti
molto
costosi.
fiori d’arancio
A Latina amore senza barriere
D
odici anni fa ha subito un incidente sul lavoro, con una conseguente
lesione midollare che lo ha reso paraplegico. Ma la disabilità non ha frenato
l’autonomia e lo spirito di iniziativa del quarantunenne Andrea Navisse,
convolato a nozze con Alessandra Martina lo scorso 17 agosto ad Aprilia. «La
loro storia d’amore è nata il 23 febbraio 2010 e dopo due anni di convivenza
hanno deciso di fare il grande passo.
Durante i festeggiamenti, dopo il
taglio della torta nuziale, gli sposi si
sono concessi qualche ballo in pista
e hanno fatto il bagno in piscina. In
viaggio di nozze sono stati nei Fiordi
norvegesi e nelle capitali atlantiche per
17 giorni di crociera», riferisce Chiara
Maria Tornatore, assistente sociale
della Sede Inail di Latina. Andrea è
stato fra i primi in Italia a usare la sedia
a ruote Genny Urban, che in occasione
del matrimonio ha verniciato in blu
metallizzato, lo stesso colore della sua
automobile. Per la coppia non esistono
barriere: «Basta semplicemente voler
vivere, per superarle ed essere felici».
5
ACCADE CHE...
pari opportunitÀ
Ginecologia e ostetricia: la lunga strada dell’accessibilità
S
olo pochi ginecologi hanno
ricevuto una formazione in
tema di disabilità, e in generale
le strutture sanitarie non sono
preparate a gestire le pazienti
in sedia a ruote durante una
visita. È quanto emerge dalla
ricerca L’accessibilità dei servizi
di ginecologia e ostetricia alle
donne con disabilità, curata da
Simona Lancioni del Gruppo
donne dell’Unione italiana
lotta alla distrofia muscolare
(Uildm). L’indagine – condotta su 61 presidi pubblici
di Asti, Chioggia, Livorno,
Modena, Pisa, Roma e Sassari
utilizzando un questionario
standard predisposto da alcuni
esperti – ha rilevato come nei
sanitÀ
Il day hospital dove i bimbi
disabili non fanno la fila
E
vitare il ricovero
in rianimazione
è possibile. Accade
nella sede di Palidoro
dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di
Roma, dov’è nato un
sistema di day hospital
di terapia intensiva. In
questa struttura i piccoli
pazienti con disabilità
grave restano per al
massimo mezza giornata e senza fare la fila
perché ogni giorno non
vengono fissati più di
quattro appuntamenti.
La maggioranza
di questi bambini ha
subito delicati interventi
chirurgici, non è in
grado di respirare
autonomamente,
quindi ha bisogno
di cure e attenzioni
costanti. «Qui,
un’équipe dedicata
esclusivamente a
loro fa esami, esegue
visite specialistiche
e sono presenti
anche logopedista e
nutrizionista», chiarisce
Augusto Gasparini,
medico della struttura.
Non solo: il
personale, reperibile
telefonicamente 24
ore su 24, insegna
ai genitori «come
comportarsi in caso di
emergenza».
servizi sanitari analizzati manchi il concetto di accessibilità
universale. Il 42% non dispone
di un bagno per persone disabili, solo 23 strutture hanno
uno spogliatoio sufficientemente ampio e il 64% delle
sedi o non è servita da mezzi
di trasporto pubblici o questi
sono inaccessibili.
Roma
Santa Lucia, settore sportivo
a rischio chiusura
R
ischia un forte ridimensionamento se
non una chiusura, la
sezione sportiva della
Fondazione Santa Lucia
di Roma . Un'eccellenza
che mette insieme sport
integrato, agonismo,
riabilitazione, inclusione
e ricerca scientifica.
Mancanza di sponsorizzazioni e ristrettezze
economiche sono alla
base di una situazione
ormai critica: tagli in
vista non solo per il
basket maschile, che
vanta titoli nazionali e
6
internazionali, ma anche
per la squadra di nuoto
già campione d'Italia
e per l'attività di base
delle giovanili. A dare
l'allarme è Mario Dany
De Luca, vicepresidente
della società sportiva dilettantistica Santa Lucia.
«La crisi del settore –
spiega – è conseguente
a quella della fondazione, che vanta un
credito con la Regione
Lazio di oltre 100 milioni
di euro». (Nella foto, di
Pino Rampolla, lo scudetto 2011)
La matematica da
ascoltare in un’app
per bambini ciechi
e ipovedenti. Si
chiama Math Melodies
l’applicazione per Ipad
realizzata da EveryWare
Technologies, società
spin-off dell’Università
di Milano. Il progetto
è patrocinato
dall’Associazione
nazionale subvedenti
(Ans) e da Retina Italia
onlus. L’app permette di
risolvere le operazioni
aritmetiche attraverso
suoni associati a
numeri e figure.
Ulteriori informazioni
sul sito Mathmelodies.
everywaretechnologies.
it.
dopo di noi
In Romagna 22 ettari per la vita indipendente
B
en 6mila metri
quadrati al coperto,
22 ettari di terreno,
20 posti letto, uno
spazio per bambini con
disabilità e 50 persone
al lavoro quando tutto
sarà a regime. Potrebbe
essere la struttura
per il “dopo di noi”
più grande d’Italia
quella inaugurata sulle
colline romagnole,
tra Bertinoro e
Forlimpopoli.
Nata su iniziativa
delle famiglie Fornino
e Valmori, due
imprenditori che si
sono trovati con un
figlio disabile e che
hanno dato vita alla
fondazione omonima e
alla cooperativa Insieme
per crescere che gestirà
tutti i servizi, la struttura
punta a tutto tondo
sull’integrazione con le
diverse realtà presenti
sul territorio. Così la
mensa servirà anche le
aziende della zona, le
palestre saranno per
A Genzano asini in corsia per
curare autismo e demenza
sini in “corsia”
per migliorare
la vita dei pazienti.
Succede ai Castelli
romani, nella minifattoria dell’ospedale
Fatebenefratelli di
Genzano – la prima
all’interno di un
nosocomio –, dove
chi è affetto da
autismo e Alzheimer
può sperimentare
benefici concreti
Toscana, cure gratuite nelle
strutture pubbliche e private
I
pet therapy
A
Mondo Inail
tramite l’onoterapia.
Considerato un animale
da lavoro, l’asino è
docile, prevedibile e
calmo, più simile a un
cane che a un cavallo.
Concetta, Yura, Rosina
e Margot sono asinelli
che collaborano
con Antas onlus,
convinta dell’efficacia
dell’onoterapia in
aiuto alla medicina
tradizionale.
tutti, la lavanderia potrà
lavare la biancheria
degli asili dei comuni
limitrofi, il maneggio
per la pet-therapy aprirà
i cancelli a chiunque
e presto ci sarà
anche un ristorantino
biologico a chilometro
zero. Info: Fondazioneforninovalmori.it.
Dalla Ue 500mila
euro per la mobilità
cittadina. Parma,
Madrid, Lisbona e
Southend (Regno
Unito) sono le quattro
città che, grazie al
progetto “Simon”,
riceveranno fondi
europei da spendere
in sostenibilità dei
trasporti. L’obiettivo?
Migliorare l’accessibilità
dei mezzi pubblici e
privati, implementare
i parcheggi riservati e
sviluppare soluzioni
multiple per le persone
con ridotta autonomia
come anziani, disabili,
mamme con il
passeggino.
7
n Toscana i lavoratori
infortunati potranno
curarsi gratuitamente,
con oneri a carico
dell'Inail, anche nelle
strutture pubbliche e
private accreditate con
il Servizio sanitario.
Lo prevede l'accordo
firmato dal
presidente
della Regione
Enrico Rossi
e dal presidente della
Sede locale
dell'Istituto
Massimo De
Felice. Gli enti individueranno le strutture che
erogheranno cure e prestazioni. «Il protocollo
consentirà di potenziare
la presenza sul territorio
dell’Inail in un quadro di
collaborazione con la sanità locale – sottolinea
De Felice –. Sarà così
valorizzata anche l'esperienza riabilitativa che
l'Istituto ha maturato
a Volterra».
Un tavolo
tecnico di coordinamento
e ulteriori
convenzioni
consentiranno di
attivare
progetti di ricerca e
formazione in ambito
di reinserimento per le
persone disabili.
senza barriere
Lamezia Terme: con l'Anglat
l’aeroporto è più accogliente
P
rotocollo d’intesa tra la Sacal, la società che
gestisce l’aeroporto di Lamezia Terme, e
l’Anglat (Associazione nazionale guida legislazioni
andicappati trasporti). L’accordo, primo nel suo
genere in Italia, prevede la collaborazione e
il supporto dell’associazione per le attività di
formazione del personale addetto all’assistenza dei
passeggeri disabili o a mobilità ridotta e di un tutor
interno il cui compito sarà quello di sensibilizzare
chi lavora al front office. Si andrà dai metodi di
comunicazione al comportamento da adottare nel
caso di cani-guida, dalla conoscenza dei vari ausili
all'aspetto psicologico. Non mancheranno le prove
pratiche e le simulazioni sul campo.
[Maria Scaramuzzino]
l’inchiesta Pianeta acondroplasia
Siamo bassi. E
L’acondroplasia è la forma più comune dei circa 200 tipi di nanismo esistenti.
Ma essere meno alti degli altri non significa per forza dover rinunciare a una vita
normale: lo testimoniano le storie di Yassin, Samantha, Valentina e Maurizio
Antonella Patete/foto Michele Palazzi
Q
uando scoprì che il bambino che portava in grembo
non avrebbe mai superato
un metro e 30 di statura, il suo
ginecologo le consigliò di andare ad abortire fuori dall’Italia, in
un Paese dove vigevano leggi più
permissive sull’interruzione di
gravidanza. All’epoca Nadia Pivato aveva 38 anni e non aveva
mai sentito pronunciare la paro-
la acondroplasia: era alla trentaduesima settimana di gestazione,
aveva avuto quasi sette mesi per
fantasticare su come sarebbe
stato il suo secondo figlio e non
aveva messo in conto di doversi confrontare con una notizia
tanto spiazzante. Eppure non ci
pensò un solo un istante, rispedì
la proposta al mittente e da quel
momento in poi non ebbe che un
unico obiettivo: ottenere più in-
8
formazioni possibili su quello che
attendeva lei e il nascituro. Seduta nel giardino della sua casa di
Aprilia, un’abitazione a due piani
sulla via Pontina a circa 20 chilometri da Roma, Nadia va indietro con la memoria a otto anni fa.
E di quel periodo ricorda soprattutto lo strazio di un’attesa non
confortata da alcun supporto medico. «Era il rischio delle possibili complicazioni a tormentarmi:
Nato a Roma nel 1984,
Michele Palazzi si è
diplomato presso
la Scuola romana di
fotografia. Nel 2009
ha vinto il Premio
Enzo Baldoni con il
progetto “3,32AM”,
dedicato al terremoto
in Abruzzo. Tra il 2010
e il 2011 ha lavorato
al progetto “Migrant
workers journey” sui
lavoratori stagionali
senza permesso di
soggiorno, che ha
ricevuto il Project
Launch Award 2011
presso il Center Santa
Fe ed è stato esibito al
New Mexico Museum
of art. Quest’anno
ha ricevuto il
primo premio
all’Environmental
Photographer of
the year award.
Attualmente è
impegnato in
un progetto a
lungo termine
sull’impatto della
modernizzazione nei
Paesi asiatici.
E allora?
il bambino avrebbe potuto avere
problemi neurologici o respiratori. Per fortuna è andato tutto bene».
L’acondroplasia è la forma più
comune dei circa 200 tipi di nanismo esistenti, interessa una persona su 25mila, senza distinzione
di sesso, razza, ceto o nazionalità. Solo uno su dieci ha precedenti in famiglia. In Italia riguarda
circa 4mila persone, 650mila
nel mondo. La sua presenza viene generalmente rilevata intorno all’ottavo mese di gravidanza.
Attualmente non esiste una cura,
ma è possibile guadagnare fino a
30 centimetri di altezza attraverso
operazioni chirurgiche di allungamento dei femori e delle tibie.
È una malattia genetica rara che,
in alcuni casi, può provocare una
vera disabilità. Ma spesso rimane
una condizione che, pur con al-
9
cuni limiti, non preclude la possibilità di condurre un’esistenza
normale. Il problema principale?
La forza persistente dello stigma.
Nel giardino di Aprilia Yassin, che oggi ha sette anni e
mezzo, corre a perdifiato con
le sue sorelle Hasna di nove anni e
Sara di sei. È un bambino allegro
e determinato, che conduce una
vita in tutto e per tutto simile a
l’inchiesta Pianeta acondroplasia
Gli aco sul grande schermo
Sono anni che gli attori acondroplasici
non sono più relegati ai ruoli fantasy o
a quelli di controfigure per bambini, ma
hanno letteralmente conquistato il grande
schermo. Tra gli ultimi successi quello di
Giovanna Vignola, che ha partecipato al
film La grande bellezza di Paolo Sorrentino
nel ruolo di Dadina, la caporedattrice del
giornale nel quale lavora Jep, interpretato
da Toni Servillo. Il film è stato scelto per
rappresentare l’Italia nella corsa agli Oscar.
Fra i volti più famosi degli ultimi anni,
l’americano Peter Dinklage, noto al pubblico
italiano soprattutto per aver interpretato,
nel 2008, Trumpkin il nano rosso in Le
cronache di Narnia. Il Principe Caspian e la
serie tv Il trono di spade (su Rai4). Dinklage
è protagonista in molti altri film, tra cui
Station Agent, pellicola indipendente
diretta nel 2003 da Thomas McCarthy.
Qui l’attore è il nano Fin, personaggio
introverso e solitario che eredita una piccola
stazione ferroviaria nel New Jersey e si
trova, suo malgrado, a sfidare i pregiudizi
della provincia americana. Sempre dello
stesso anno, e interpretata dallo stesso
attore, la commedia Tiptoes di Matthew
Bright racconta la vicenda di Carol e Rolfe,
che vuole convincere la sua fidanzata ad
abortire, temendo che il nascituro sarà
acondroplasico come alcuni membri della
sua famiglia.
Più romantico e sentimentale Frankie delle
stelle, diretto da Michael Lindsay-Hogg nel
1995. Nel film, François – detto Frankie – è
un nano che consegna a un agente letterario
il dattiloscritto di un romanzo dove racconta
la propria storia e quella della madre,
ovvero la sua amara odissea dalla Francia
all’Irlanda.
quella dei suoi coetanei: la scuola,
il gioco, lo sport. «Nei primi tempi è stato tutto più difficile, temevo che un giorno mi avrebbe
chiesto: perché mi hai fatto nascere? Ma una volta venuto al mondo, non c’è stato neppure tempo
di pensare: è cominciata la fase dei controlli e degli esami, che
si è protratta per i primi due anni – racconta sua madre –. Poi ha
iniziato a camminare e a gioca-
tri negli ospedali, nei forum, su
Facebook e tutti sembrano avere
gli stessi bisogni: scambiare notizie, punti di vista, vissuti».
Per rispondere a questa esigenza, nel 2011, Nadia ha fondato
l’associazione Acondroplasia-Insieme per crescere, che oggi conta
130 famiglie associate provenienti da tutta Italia e un gruppo Facebook da 600 contatti. «L’idea è
quella di unire le forze tra genitori
re come gli altri bambini e tutto è
diventato più semplice: ho capito
che potevamo vivere una vita normale». Una normalità da conquistare giorno per giorno, lottando
in primo luogo contro la solitudine, la mancanza di informazioni, la sensazione che quella cosa
sia capitata solo a te: «All’inizio ti
senti raro, poi capisci che ci sono
tante persone che stanno vivendo
la tua stessa esperienza. Le incon-
– spiega la presidente –. Vogliamo
portare all’attenzione delle istituzioni la questione della ricerca
mai realmente partita nel nostro
Paese e garantire l’esistenza di
centri medici specializzati, in grado di offrire alle famiglie una risposta a tutto tondo, compreso il
supporto psicologico al momento della diagnosi». È proprio questa, infatti, la fase più delicata e lo
sportello telefonico dell’associa-
10
Questione di termini
Acondroplasia è una parola
difficile, che pochi conoscono.
Per questioni di praticità,
spesso si usa il diminutivo
aco per gli acondroplasici, e
non-aco per tutti gli altri. Ma
anche così resta comprensibile
a pochi. E il termine nano?
Molti non lo reputerebbero
neppure offensivo, se non
zione raccoglie spesso lo sconcerto successivo alla scoperta che il
proprio figlio non sarà alto come
gli altri. «Spesso sono i futuri papà a chiamare per chiedere informazioni, le madri stanno ancora
metabolizzando la sensazione di
vedersi cadere il mondo addosso.
I genitori non sanno cosa li aspetterà dopo la nascita».
Acondroplasia - Insieme
per crescere è la seconda organizzazione italiana dopo
l’Aisac, l’Associazione per l’in-
formazione e lo studio dell’acondroplasia, nata oltre un quarto di
secolo fa, ai tempi in cui le famiglie si raggruppavano per portare i loro figli a operarsi in Siberia,
dove si sperimentavano i primi
interventi di allungamento. Nel
frattempo tutto è cambiato ed è
ormai possibile effettuare l’ope-
razione anche nel nostro Paese: il
“Gaslini” di Genova, il “Gaetano
Pini” di Milano, il “Bussolengo”
di Verona sono solo alcuni degli
ospedali italiani dove, a partire
dall’età di sette anni, è possibile eseguire i complessi interventi per l’allungamento degli arti.
Che comportano lunghe e dolorose convalescenze in cui non è
possibile muoversi autonomamente né camminare. Dopo il
taglio dell’osso, infatti, vengono applicati dei fissatori metallici
esterni dotati di viti che vanno girate a mano dai diretti interessati
o dai loro genitori: in questo modo gli arti riescono a crescere di
un millimetro al giorno. Il ricordo di quell’intervento lascia una
traccia indelebile nella memoria
di chi lo ha effettuato. Ma difficilmente chi ha fatto questa scelta se ne pente e spesso attribuisce,
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fosse per l’utilizzo che se ne fa.
Basti pensare all’inveterata
abitudine di usarla come parola
denigratoria e fortemente
dispregiativa nello scontro
politico e non solo. Il messaggio
è: essere nani non è un insulto,
per favore non usate la parola
come tale.
l’inchiesta Pianeta acondroplasia
E la chiamano
Zelinda
Si chiama Zenobia
Elmi, ma da tutti
conosciuta come
Zelinda: è una
delle cinque donne
che quest’anno
hanno ricevuto il
Riconoscimento
internazionale Santa
Rita. Umbra, nata
nel 1953 con nanismo
come il fratello
maggiore, dice: «La
mia condizione fisica
non mi fa sentire
sfortunata, provo anzi
una gioia interiore che
spesso manca a tante
persone fisicamente
sane e materialmente
realizzate ma
sempre inquiete e
insoddisfatte di ciò
che hanno. Lavoro
in parrocchia, sono
responsabile del
Centro volontari della
sofferenza e porto la
mia testimonianza
nelle scuole». Nel
2012 ha pubblicato
l’autobiografia Una
piccola grande vita
(Edizioni chiesa San
Severo a Porta Sole, La
Voce). [L.B.]
almeno in parte, il proprio successo ai risultati dell’operazione.
D’altronde, sono gli stessi medici
a rassicurare i genitori: «Non preoccupatevi, a 12 anni potrà fare
l’allungamento». Eppure rimane
il sospetto che si tratti di una scelta più o meno “obbligata”. «Io non
sono né favorevole né contraria
all’operazione, il valore dei nostri
figli non si misura in centimetri
– dice Nadia –. Resta, tuttavia, il
fatto che oggi in Italia si opera il
95% dei ragazzi, contro soltanto il
5% degli Stati Uniti. Lì c’è una società più aperta e pronta a integrare la diversità, non è come da noi
che non puoi fare un bancomat né
suonare a un citofono». Da parte sua Yassin si è già pronunciato. Vedendo le sofferenze a cui si
sono sottoposti altri bambini, ha
detto a sua madre: «Scordati che
farò l’intervento, né ora e né mai».
Ma ha solo sette anni e mezzo ed è
ancora troppo presto per confrontarsi con una società che ha eletto a modello estetico dominante i
tronisti e le veline.
Della durezza di vivere in
un mondo poco allenato a fare i conti con la diversità ne
sa qualcosa Antonella, madre
di Samantha, una ragazza acondroplasica di 14 anni. L’età più
critica forse, quella in cui tutti i
nodi cominciano a venire al pettine. Vivono a Gualdo Tadino, un
paese di 15mila anime a 25 chilometri da Gubbio, dove non essere
come tutti gli altri sembra ancora più difficile. «I problemi sono
cominciati quando era alle medie
– racconta la mamma –. Andava
a scuola dalle suore, pensavamo
che fosse un ambiente più selezionato. Ma i suoi compagni hanno
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cominciato a isolarla e a prenderla in giro. Ha subito anche episodi
di bullismo, tipo ritrovarsi la propria foto su Facebook con la scritta “nana”. Alla fine l’ho spostata
alla scuola pubblica e fortunatamente le cose sono migliorate». Nonostante questi spiacevoli
trascorsi, agli occhi di sua madre Samantha resta però una ragazza fondamentalmente serena
«che si adatta a tutto e dove non
arriva prende il banchetto». Ultimamente, però, anche lei ha cominciato a riflettere sul proprio
aspetto e la propria femminilità.
Le domande si fanno più urgenti nei momenti in cui sua sorella
di quattro anni più grande di lei
comincia a uscire con un ragazzo. «Perché io no?» chiede a sua
madre. «È ancora presto, pensa a
studiare», non trova di meglio da
risponderle Antonella. Forse tut-
to cambierà il giorno in cui Samantha farà l’operazione, a cui
sta pensando proprio in queste
settimane. Sta soppesando i pro
e i contro di affrontare un intervento tanto doloroso, e soprattutto misurando le forze in vista di
un post operatorio che ha ancora
il sapore di una tortura medievale. Ma ormai il dilemma è più o
meno sciolto: e salvo ripensamenti dell’ultima ora anche lei affronterà le enormi sofferenze fisiche e
psicologiche che le permetteranno di fare l’ingresso nel mondo
della normalità costituita.
formazione, Valentina lavora in Se n’è andato Patrick, una voce da Liga
uno dei due Centri di servizio per È venuto a mancare lo scorso ottobre Patrick Perissinotto, 37
il volontariato del Lazio. Per an- anni, cantante delle Schegge sparse, con una voce che gli era
valsa il titolo di sosia di Luciano Ligabue. La cover band era molto
ni ha fatto la volontaria con i ra- conosciuta non solo nel biellese, dove risiedevano i suoi componenti.
gazzi sordo-ciechi e l’impegno In passato Perissinotto aveva ricevuto gli apprezzamenti dello
civico fa parte del suo dna. Ha la- stesso cantautore. La notizia ha fatto rapidamente il giro del web,
soprattutto nei gruppi dedicati all’acondroplasia.
vorato con persone con vari tipi di
problemi, ma non aveva mai frequentato altri acondroplasici, fatta eccezione per qualche amica
con cui ha condiviso l’esperienza
spagnola. Poi qualcosa dentro di
Valentina Maragnani vive a Roma, ha 33 anni ed è alta un metro 53 centimetri. Lei
i tormenti dell’adolescenza se li
è lasciati indietro da un pezzo e
oggi si considera una donna realizzata e soddisfatta della sua
vita. Anche lei ha scelto di operarsi e non si è mai pentita della
sua decisione. Oggi l’intervento
è gratuito ma 30 anni fa, quando effettuò l’operazione, l’Italia
non era ancora attrezzata come
oggi. Per questo andò a Barcellona, spendendo una cifra esorbitante per l’epoca. Del periodo
precedente ricorda soprattutto la
determinazione a condurre, nonostante tutto, una vita normale:
«Fin da piccola i miei mi hanno
abituato a non rinunciare a nulla:
ho dormito in tenda con gli scout
e durante la guerra dei Balcani sono stata a Sarajevo». Attualmente è single, ma giura di non
avere alcun problema con gli uomini: «Uno dei miei partner era
alto 2 metri e un centimetro – dice –. In questo momento però la
mia vita è troppo piena per prevedere una relazione sentimentale». Laureata in Scienze della
13
l’inchiesta Pianeta acondroplasia
ti per le categorie protette». Nell’idea di Valentina, dunque, ognuno
deve mettere in campo le proprie
risorse per affermare un’idea di
società dove la persona disabile è un cittadino come gli altri e
non un soggetto da accudire. Lei
ci ha messo la sua energia di volontaria e la sua passione di artista. Da sempre cultrice delle belle
arti, ha disegnato di suo pugno il
logo dell’associazione: un pittore
snodabile dagli arti più corti del
busto che regge un grande punto
interrogativo. «L’omino sta a rappresentare il fatto che come ogni
altra persona possiamo districarci in più campi», spiega. Le sue
opere sono state vendute in una
mostra il cui ricavato è andato a
finanziare le attività dell’associazione. Prima fra tutte un incontro organizzato lo scorso giugno
a Roma, per conoscersi e discutere delle questioni più sentite: la
comunicazione, il lavoro, il rapporto con la propria condizione,
le relazioni sociali.
Tanti amici, l’amore e anche una famiglia li ha trovati senza problemi Maurizio,
35 anni, romano. Lui e sua mo-
lei è cambiato e tre anni fa è nata l’idea di fondare Acondroché?,
un’associazione di volontariato che, a dispetto del nome giocoso, ha un intento molto serio:
lavorare sull’autonomia e sull’autostima, offrendo uno spazio di
confronto e discussione ai giovani e agli adulti con acondroplasia. «L’intento era quello di creare
un’associazione legata all’arte e
alla disabilità, ma poi mi sono ac-
corta che si tratta di un obiettivo
ancora lontano – spiega –. Spesso i bambini acondroplasici vengono protetti troppo dai genitori
e da adulti mancano dello scatto
necessario per mettere in atto le
strategie giuste. Ma dobbiamo capire che non ci manca niente, siamo solo più bassi degli altri. Cosa
che non ci impedisce di prendere una laurea o cercarci un lavoro,
non per forza tra quelli circoscrit-
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glie Chiara si sono sposati sei
anni fa, dopo un lungo fidanzamento, e oggi hanno tre bambini,
due femmine e un maschio. Maurizio è acondroplasico, Chiara no:
prima di avere i figli conoscevano
bene i rischi a cui andavano incontro, ma entrambi considerano la vita un bene irrinunciabile e
l’acondroplasia un problema tutto sommato non insormontabile.
In casi come questo le possibilità
che un figlio erediti l’alterazione
genetica del genitore sono pari al
50%, e infatti Sara ed Elena Maria
sono acondroplasiche e Francesco
no. «È chiaro, in ogni gravidanza
speri che il pendolo della casualità finisca nell’altro 50% – dice il
padre –. Noi però siamo aperti alla vita e l’acondroplasia rappresenta una patologia sì invalidante,
ma nei fatti non troppo limitativa. Insomma, non è la cosa peggiore che ti possa accadere nella
vita». Maurizio e Chiara si sono
conosciuti 16 anni fa, frequentando la stessa parrocchia. Entrambi
avevano iniziato il cammino neocatecumenale, che richiama i propri membri a una scelta di fede
più radicale, e viene generalmente
associato a stili di vita comunitari
e famiglie oltremodo numerose.
«Almeno un altro figlio lo facciamo – confida Chiara –. Rispetto
a mia suocera sono avvantaggiata: lei si sentiva sola rispetto a un
problema che non sapeva come
affrontare, noi possiamo avvalerci dell’esperienza del padre».
Un’esperienza che per Maurizio
non ha nulla di traumatico a parte la sofferenza, poi ricompensata,
che ha provato dopo le due operazioni per l’allungamento degli
arti. «Sono stato sempre una persona serena – racconta –. A scuola ero il cocco di tutti: non c’è mai
stato un compagno che mi abbia
preso in giro. È come essere grassi, niente di più».
Nel frattempo i bimbi crescono
e cominciano a porre le prime domande. Sara, che ha quattro anni
e mezzo ed è la più grande, ha già
cominciato a rendersi conto della sua diversità. «A scuola mi dicono che sono piccola», racconta
a sua madre. «Non sei piccola, sei
solo più bassa degli altri», risponde Chiara. «È una bambina gioiosa e solare – spiega suo padre –,
che sembra già sapere quello che
vuole anche se non è ancora in
grado di esprimerlo. Quest’estate ha incontrato una ragazza appena operata che si muoveva con
le stampelle e ha già manifestato
l’intenzione di fare l’intervento
anche lei. D’altra parte con l’allungamento degli arti io ho risolto il 90% dei miei problemi».
In attesa che arrivi il tempo
delle scelte Maurizio e Chiara
hanno però stabilito poche regole e molto chiare all’interno del- Ecco le associazioni italiane
nel 1987 da un gruppo di genitori, l’Aisac-Associazione per
la famiglia: chi cade si alza da Fondata
l’informazione e lo studio dell’acondroplasia conta oggi circa 800
solo, stesso trattamento per tut- soci. La sua attività si svolge in campo clinico, sociale, psicologicoti e nessun eccesso di indulgen- relazionale e nella tutela dei diritti, coinvolgendo medici, media, enti
istituzioni. La sede principale si trova a Milano (tel. 02/87388427,
za per nessuno. Ma soprattutto [email protected]),
ma altre strutture sono presenti anche a
la reale e sentita convinzione che Benevento e a Besozzo, in provincia di Varese.
chi è diverso non è meno ugua- L’associazione Acondroplasia-Insieme per crescere ha sede ad
(Latina). Per informazioni: tel. 06/9253263, 327/6924684,
le degli altri. E questo, piaccia o Aprilia
[email protected].
non piaccia, funziona meglio di Si trova a Roma, infine, l’ultima nata Acondroché?, che è possibile
qualunque rimedio: anche di rag- contattare ai numeri 06/87860189, 333/6774920, oppure scrivendo ad
giungere il tanto agognato metro [email protected].
e mezzo di statura.
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INSUPERABILI Intervista a Valentina Bazzani
Ha imparato ad accettare
la sua disabilità e a piacersi
così com’è. La sua passione
inconfessabile? Accessori,
make-up e smalti. Al suo
secondo libro, la giornalista
ventottenne ha ancora tanto
da raccontare
L
Laura Badaracchi
Quanto adoro
essere fashion
16
o ha presentato anche alla Feltrinelli di Verona: il suo secondo libro, intitolato Quattro ruote e tacco
12. La vita come possibilità e pubblicato da Ipertesto edizioni con la prefazione
del musicista Giovanni Allevi, sta facendo insieme a lei il giro d’Italia. Perché
in quelle pagine Valentina Bazzani – veronese, 27 anni, giornalista e socia della
Uildm (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare) – mette a nudo se stessa,
il suo tortuoso e non facile percorso di
accettazione della disabilità, la scoperta progressiva della sua femminilità. E
fra i suoi lettori può vantare anche papa Francesco. «Gli ho regalato una copia salutandolo al termine di un’udienza
del mercoledì in piazza San Pietro – racconta –. “Ma devo leggerlo?”, mi ha chiesto ironicamente. “Beh, se vuole, se ha
tempo”, ho risposto. “Se vuole? Io voglio
leggerlo tutto questo libro, è un grande
dono!”, sono state le sue parole: mi so-
no commossa e lui mi ha abbracciata». A
16 anni Valentina aveva dato alle stampe
il volumetto autobiografico Una vita diversa, pubblicato dalla casa editrice Villadiseriane: «Una sorta di diario scritto
da un’adolescente timida e introversa
che aveva bisogno di esprimere le sue
emozioni. Ora mi sento davvero un’altra
persona; in quelle pagine mi vedo fragile e negativa, debole e lunatica», ricorda.
clima d’imbarazzo. In questi anni ho
anche notato che se una persona non
mi conosce magari saluta il mio accompagnatore con “Buongiorno” e a me rivolge un “Ciao” come se stesse facendo
le fusa, aggiungendo spesso: “Su con la
vita, coraggio”. Ma io non ho mai detto
di essere depressa.
Esiste ancora, quindi, l’equazione disabileinfelice, secondo lei?
Valentina, perché questo secondo libro?
C’è un filone autobiografico che lascia spazio a riflessioni sulla sofferenza, sull’amore, sulla femminilità. Infine
c’è una parte dedicata al percorso che
mi ha portato a essere giornalista, dove raccolgo e ripropongo mie interviste,
articoli e altri testi.
Valentina Bazzani ama un look retrò,
coordinato con trucco e accessori.
Qui sopra, la copertina del suo ultimo libro.
Nella pagina precedente,
foto di Simone Morciano
(http://simonemorciano.carbonmade.com)
Ha voluto dedicare questo volume alla
sua famiglia, definendola «bizzarra e divertente maestra di vita».
Se sono riuscita a superare certi momenti bui, devo ringraziarla: i miei genitori mi hanno sempre sostenuta e
hanno fatto di tutto perché potessi vivere un’esistenza normale. Sono due dinario. A volte mi guardo allo specchio
persone solide: hanno saputo veder- e mi sembra quasi di non essere mai stami come una figlia che aveva qualco- ta malata.
sa da poter donare agli altri, non come
Quindi come definirebbe la sua quotidiala “poverina” da viziare e far crogiolare
na normalità?
nella propria situazione.
La sedia a ruote fa parte di me, ma
la mia femminilità non è intaccata da
E come va il suo impegno lavorativo?
Attualmente sono addetta stampa questo ausilio. Mi sento una ragazza
del Comune di Isola della Scala (Vero- come le altre, adoro prendermi cura di
na); ad agosto ho cominciato una col- me stessa.
laborazione con l’ufficio stampa della
Per esempio?
Uildm nazionale e continuo a collaboNon rinuncio mai al trucco e al prorare per alcuni giornali locali: Verona fumo, tengo i capelli lunghi e mossi. Mi
fedele e VeronaOltre.
piace giocare con il mio look, fare shopDa quanto scrive, da quello che racconta e ping, studiare con attenzione come vedal suo sorriso emerge un approccio posi- stirmi e come valorizzarmi attraverso
accessori luminosi. Però sono convintivo alla vita. Come lo spiega?
L’ottimismo è voler resistere al ma- ta che il sorriso sia l’ornamento più
le, comunque. Accettare una rara ma- prezioso da indossare: senza, è vietato
lattia neuromuscolare non è lasciarsi uscire di casa!
sconfiggere, ma accogliere il qui e l’oLa irritano gli sguardi pietistici o buonisti?
ra rimettendo in moto le proprie risorse
Inevitabilmente lo sguardo delpiù preziose. La meraviglia dell’esisten- la gente cade sulla mia quattro ruote
za sta nel vivere lo straordinario nell’or- argento e viola metallizzato e cala un
17
Sì, ed è un concetto da scardinare.
Perché è una follia pensare che oggi una
donna su una sedia a ruote sia ancora
guardata con commiserazione, come se
la sua esistenza fosse priva di dignità. È
statisticamente provato che ogni persona durante la vita potrà essere in media
dipendente per dieci anni dagli altri.
Quindi prima o poi tutti sperimentiamo
la disabilità. Chi discrimina o inorridisce di fronte a una sedia a ruote dovrebbe riflettere su questo.
Lo stigma è duro a morire, anche nel terzo
millennio, anche in Italia?
Ci sono ancora tanto perbenismo,
falsità e ignoranza. Io sono una ragazza come le altre, con analoghi progetti e
passioni dei miei coetanei. Sogno il futuro facendomi largo, talvolta a spintoni, per trovare il mio posto nel mondo.
Convivendo, senza averlo scelto, con una
disabilità...
A partire da lei, la mia compagna
di vita. È una parte di me, la mia peggior nemica e la mia ombra pesante. Mi
ha imposto una totale dipendenza dagli altri, mi ha negato molte opportunità: ha infranto il mio sogno di diventare
ballerina, di pattinare e andare in bicicletta quando ero una bambina, obbligandomi a preferire giochi in scatola
e libri. È un’inquilina difficile entrata
con prepotenza nel mio corpo, paralizzandomi lentamente. Ma, come ogni
inquilina, deve sottostare alle regole del padrone di casa. Durante questa
convivenza forzata ho capito che posso
decidere come gestirla, anche se lei ha
cambiato la mia vita.
cronache italiane Sanità per tutti
Dal dentista. E senza paura
Problemi di denti?
Ce li hanno tutti,
e le persone disabili
non fanno eccezione.
Una consapevolezza
che negli ultimi tempi
sembra prendere
piede dal Nord al Sud
della Penisola.
Prima che l’assenza
di una corretta igiene
orale peggiori
la situazione
I
Giorgia Gay
n materia di cura e igiene orale i problemi di una persona con disabilità
non differiscono molto da quelli di
tutte le altre persone. Ma l’intervento
sulle carie, l’applicazione di un apparecchio o la pulizia dei denti sono più problematici da gestire quando il paziente
ha paura, si ribella o non collabora. In
questi casi servono un approccio e una
professionalità particolari. Questa consapevolezza si sta facendo gradualmente
strada in Italia e si stanno moltiplicando, soprattutto nell’ultimo anno, le buone pratiche in questo senso.
A Roma un punto di riferimento è
l’ambulatorio del dottor Eugenio Raimondo. Il suo impegno nasce da lontano. Nasce in famiglia, da una promessa
fatta ad Anna, la sorella disabile: «Farò qualcosa per te». E l’ha fatto. La sua
è una vera e propria missione, condotta giorno dopo giorno con impegno e
dedizione, ma anche con tanti sorrisi.
18
«Mia sorella Anna mi ha dato la spinta – racconta –. Attraverso i suoi occhi
vedo il mondo a colori. La sua disabilità mi ha stimolato tantissimo negli
studi. Il mio sogno nella vita era di diventare medico per dare qualcosa a lei».
Autore del volume Odontoiatria speciale per il paziente critico e diversamente
abile (Edi Ermes 2012), nel suo ambulatorio riceve ragazzi e adulti disabili
che necessitano di cure. Li accoglie in
un ambiente tutt’altro che asettico, grazie ai clowndottori e a un clima festoso
e molto informale. «Non sempre metto i
guanti o la mascherina, perché non voglio un clima di terrore – spiega –, cerco un approccio molto tranquillo». La
professionalità però è garantita. «Molti
pazienti, anche solo per un’igiene oraNell’ambulatorio di Eugenio Raimondo i pazienti
disabili vengono accolti da un’équipe di clown
dottori (nella pagina precedente). In basso,
l’ambulatorio dell’ospedale pediatrico Bambino
Gesù a Palidoro (Roma).
le, devono essere sedati. E per un’operazione addirittura addormentati. Sono
pazienti che per l’assenza di una corretta igiene e per l’eccessivo apporto di cibi
zuccherini dati talvolta dai caregiver per
placarne le bizze, sono maggiormente
soggetti a problemi dentali frequenti».
Una delle esperienze più recenti? All’ospedale pediatrico “Bambino Gesù” di Palidoro, punto di
riferimento per la cura dei pazienti disabili, dov’è partita la sedazione cosciente, alternativa all’anestesia totale per
combattere la paura del dentista. «Molti genitori chiedono di usare un metodo di sedazione meno invasivo per i figli
– spiega la dottoressa Angela Galeotti,
responsabile della struttura di odontostomatologia –. L’analgesia sedativa è già
nota, ma reintrodotta in Italia solo negli
ultimi anni». Ogni sedazione è valutata
attraverso un questionario compilato da
madri e padri prima e dopo l’intervento.
Veneto, odontoiatria di
comunità in tutte le Ulss
Dal rischio di ridimensionamento al
potenziamento del servizio in tutte le 24
Ulss venete. Si conclude positivamente
il caso del servizio di Odontoiatria di
comunità, che nei mesi scorsi è stato al
centro di polemiche e preoccupazioni
per la possibile chiusura all’ospedale
di Piove di Sacco, nel padovano. Qui il
servizio è attivo dal 2002 e ha oltre 2mila
persone disabili in cura. Nel mese di
luglio era montata la rabbia degli utenti
per il pericolo che il servizio non fosse
confermato. All’ultimo momento però
non solo il Consiglio regionale ha promesso di mantenere in vita la struttura
di Piove di Sacco, ma ha anche stabilito
che un servizio di Odontoiatria di comunità riservato a coloro che presentano
una disabilità dovrà essere presente in
tutte le unità sanitarie del Veneto. [G.G.]
Siglata nel luglio scorso, la convenzione
tra l’Azienda ospedaliero-universitaria
Policlinico “Vittorio Emanuele” di Catania e l’Azienda sanitaria provinciale
19
n. 8 di Siracusa consentirà di assistere in maniera adeguata direttamente
in questa città i pazienti disabili. L’attività consisterà in uno screening diagnostico odontoiatrico con valutazione
pre-operatoria per eventuale intervento.
«Ho voluto farmi carico del disagio delle
famiglie che in passato erano costrette,
con comprensibili disagi, a recarsi fuori provincia, affinché siano assistite nel
territorio di propria residenza – sottolinea il commissario straordinario dell’Asp 8, Mario Zappia –. È nostro obiettivo,
inoltre, formare professionisti della nostra azienda per poter essere autonomi in un futuro a medio termine». Per
l’Anffas Sicilia «questa iniziativa nasce a
tutela del diritto della persona con disabilità di curarsi al meglio nelle strutture pubbliche, contribuendo ad alleviare,
almeno parzialmente, le enormi difficoltà che quotidianamente affrontano i
disabili e le loro famiglie».
Molti chilometri più a Nord, è attivo
il nuovo ambulatorio odontoiatrico per
persone con disabilità in Vallecamonica, nelle Alpi lombarde. L’iniziativa, realizzata dalla Asl in collaborazione con
l’Anffas locale, mette in campo un team
di odontoiatri volontari che offrono la
loro opera gratuitamente in ambulatori
dedicati. Per quanto riguarda le problematiche odontoiatriche non risolvibili
in ambulatorio, sono organizzate sedute operatorie dedicate, sempre gestite da
volontari, con il supporto del personale
dipendente di sala operatoria.
A Verona, infine, è operativo il servizio di odontostomatologia per disabili.
L’Unità operativa dell’Ulss 20 conta tre
medici-odontoiatri e quattro assistenti alla poltrona ed è in grado di erogare
tutte le prestazioni odontoiatriche, comprese quelle protesiche e ortodontiche. I
pazienti che per la complessità delle cure o la scarsa collaborazione non possono essere trattati a livello ambulatoriale,
vengono trattati in narcosi all’ospedale
di San Bonifacio, previa visita.
visti da vicino Strane imprese
Il mio giro del mondo
Alessandro Bordini è diventato cieco quattro anni fa
a causa di un incidente col paracadute. E dallo
scorso aprile ha iniziato un viaggio attraverso i
continenti. Confidando nella generosità della gente
M
Maurizio Molinari
etti un giorno in stazione, a Cesena. Sì, perché una vicenda straordinaria può cominciare anche da
qui. Per raccontare la storia di Alessandro Bordini, un veronese di 28 anni, verrebbe spontaneo iniziare da quel giorno
di quattro anni fa in cui ha avuto un incidente mentre si buttava col paracadute e ha perso la vista. Ma si può anche
cominciare da quella stazione a Cesena, quella stazione in cui Alessandro un
giorno si trova solo, senza assistenza disabili di Trenitalia, e si chiede come fare
a raggiungere il taxi.
«Non ricordo se avevo già iniziato a
usare il bastone bianco – dice –, ma ricordo che ero da solo sul binario. Ho
chiesto aiuto a qualcuno per raggiungere l’uscita della stazione o forse qualcuno
si è avvicinato e mi ha offerto il braccio.
E sono riuscito a uscire, prendere il taxi, andare in ospedale, trovare il reparto
giusto, fare la mia visita e poi tornare in
stazione, andare a Ravenna e ancora fino a Nogara (provincia di Verona), dove
vivo. Il tutto affidandomi solo all’aiuto
della gente». E qui, per Alessandro, è arrivata la svolta: ha capito che se poteva
fare un viaggio fra Cesena e Verona confidando nella generosità dei suoi simili,
forse poteva fare lo stesso in giro per il
mondo. Così, ad aprile di quest’anno, è
partito per un pazzo viaggio che lo porterà a toccare i cinque continenti e che
pensa di finire a settembre del 2014, ma
senza porsi troppi limiti spaziali o tem-
20
porali. «L’incidente in paracadute, che
ha causato la cecità, mi ha cambiato la
vita in meglio – racconta –. So che sembra assurdo dirlo, ma penso mi abbia reso una persona migliore. Prima lavoravo
nella fabbrica di mio padre come grafico ed esperto informatico. Ero un tipo
testardo e orgoglioso: testardo lo sono
ancora per la verità, ma ho imparato a
gestire meglio il mio orgoglio che mi
aveva portato a compromettere amicizie
e altri tipi di rapporti. Dopo l’incidente
ho ricalibrato diversi aspetti della mia
vita e ora sono più equilibrato».
Un0 sportivo, Alessandro, con la
passione per il paracadutismo, ma anche
istruttore di nuoto. E vede lo sport anche
nel suo futuro post-giro del mondo, in
particolare lo snowboard, l’arrampicata,
lo sci nautico e i voli in galleria del vento.
Del giorno dell’incidente non ha ricordi
particolari, solo che si stava avvicinando
a terra a una grande velocità e che pensava di fare un bell’atterraggio. Poi la luce si è spenta e per 19 giorni ha perso la
memoria. È stato in coma per un paio di
settimane e per cinque mesi ha fatto riabilitazione in ospedale, per due anni
ha portato quello che lui chiama «il mio
bastone da zoppo». Non ha mai avuto
«momenti di disperazione pura, sì a volte c’era lo sconforto, ma nessuno mi ha
mai detto che non avrei recuperato la vista, c’era sempre quella speranza, e l’ho
dovuto capire da solo che sarei rimasto
cieco, in un momento in cui comunque
armato di fiducia
ero più sereno – spiega –. Quando sono
tornato a casa ho dovuto imparare a fare
tutto da zero, muovermi, mangiare, essere indipendente. Non riuscivo nemmeno a tagliarmi una bistecca». Dopo
un anno circa dall’incidente, un’osteopata consiglia ad Alessandro di seguire
un corso sul funzionamento del cervello umano: «Nel corso ho imparato come
affrontare un fatto spiacevole, una sfiga che ti capita, e che da ogni situazione,
anche la più negativa, si possono trarre
aspetti positivi. È una cosa che si fa fatica a mettere in pratica, ma con l’allenamento ci si riesce».
Il corso e l’esperienza in stazione a
Cesena lo hanno convinto a mettere in
piedi il progetto “Light the planet” (illumina il pianeta) e il blog Lightheplanet.
net, ma soprattutto a partire per il suo
giro del mondo armato del solo telefono cellulare, il bastone bianco e la solidarietà dei sette miliardi di persone che
popolano il pianeta. «I preparativi hanno richiesto circa un anno – racconta –.
Insieme ad alcuni amici abbiamo messo in piedi il blog, studiato una bozza di
itinerario, cercato di capire quale fosse il metodo più pratico per comunicare una volta in giro. Alla fine ho optato
per lo smartphone. Avevo comprato tante schede sim internazionali che poi non
ho usato, perché in ogni Paese è più ecoIn alto, Alessandro con l’amico Will all’aeroporto
di Nairobi; sotto, su un traghetto che attraversa
il fiume Nilo in Egitto; sul lungomare di Rabat.
Nella pagina precedente, scatti di viaggi africani
nomico comprare una sim locale che mi
dia anche la possibilità di navigare su Internet. All’inizio ho cercato contatti nei
Paesi che volevo visitare; in effetti nelle
prime tappe mi sono appoggiato per la
notte da persone che per un motivo o per
l’altro avevo già contattato. Poi ho capito
che potevo anche andare in Paesi in cui
non avevo nessuno da chiamare e che la
gente mi avrebbe comunque aiutato al
mio arrivo in taxi, in bus o in aereo».
Un episodio in particolare, fra i
tanti che ha vissuto: «In Ghana ero molto stanco e un po’ demoralizzato. Incontro una signora che mi assiste per tutto il
mio soggiorno e che, quando parto, insiste per pagarmi anche il taxi dicendo che
avevo tanta strada da fare. Questi piccoli
gesti ti rimangono scolpiti in mente. Poi
ci sono anche i momenti difficili, come
quando in Sudan per un giorno e mezzo
ho mangiato solo pane e uova perché era
l’unica cosa che riuscivo a chiedere, dato che lì l’inglese lo parlano pochissimo
e riesci a comunicare solo se sai l’arabo».
Uno zaino con sette-otto magliette e
altrettanti cambi di biancheria in spalla;
quando deve lavarli chiede e spesso trova qualcuno che per due o tre dollari di
mancia gli risolve il problema. Anche se
non vede l’ora di essere nel Sud-est asiatico, Alessandro si lascia guidare dall’istinto e dalla strada. Mille progetti per il
futuro, una volta che il giro sarà finito,
ma intanto chissà che incontri gli riserverà la prossima stazione.
21
portfolio Cavalcando l’autismo
Dall’alta Sabina
all’Umbria meridionale,
per una settimana hanno
attraversato a cavallo boschi
di querce e campi di girasole,
guadato fiumi e poggiato
lo sguardo su distese di
papaveri. Sono gli undici
ragazzi con autismo, dai
dodici anni in su, che si sono
cimentati in un’impresa
“epica”, organizzata dalla
onlus di padri L’emozione
non ha voce. E la sfida ha
dato i suoi frutti, come spiega
il presidente dell’associazione
Corrado Sessa: «Nessuno ha
chiesto di tornare a casa.
Nessuno ha pianto cercando
la mamma. Questi ragazzi
22
non sono incapaci. Va data
loro la fiducia e vanno
lasciati anche sbagliare».
L’equipaggio era composto
da 29 persone: oltre ai
ragazzi e agli operatori che
li hanno accompagnati
al passo c’erano tre
“cavallari”, due psicologi,
un medico. Un’occasione
Sono 400mila in Italia
le famiglie che vivono il
problema dell’autismo.
Anche per loro è stata
organizzata la cavalcata.
Lungi dallo spirito di
supereroismo cui spesso
sono costrette le persone
disabili, il messaggio
lanciato è che i figli autistici
non sono fantasmi e che
occorre uscire fuori di casa.
A legare i padri, «lo spirito
di un branco di lupi, che
fa cerchio per difendere
la figliolanza – ha scritto
il giornalista Nicoletti –.
Perché viene un momento
in cui non si può più far
finta che qualcuno ci
penserà».
«per dimostrare che un
figlio autistico è una grande
esperienza per recuperare
dimensioni dimenticate e
profonde della socialità, del
contatto tra uomini, animali
e natura», dice il giornalista
Gianluca Nicoletti, che ha
partecipato alla carovana
insieme al figlio Tommy.
23
portfolio Cavalcando l’autismo
La psicoterapeuta Federica
Bochicchio: «Dopo sette
giorni di contatto estremo
con la natura, le stereotipie
dell’autismo in questi ragazzi
non ci sono più. Non hanno
gesti incontrollati. Ciò
accade nonostante il caldo,
il caschetto, lo sforzo. I visi
sono rilassati, ma attenti
come sanno che devono
essere sopra a un cavallo.
Prendono acqua e panino dalla
bisaccia in maniera autonoma,
dimostrano dimestichezza con
i movimenti corporei». Se c’è
da girare le redini, i ragazzi
eseguono, non sono oppositivi
come nelle stanze in cui fanno
terapia, in città: «Se cambia
il punto di vista, cambia il
concetto di disabilità. C’è
molto da ragionare su questa
esperienza».
24
Chi mai parlava è stato sentito
cantare durante il percorso.
E poi «i nostri pazzerelli
si fanno grandi risate in
sella – racconta Nicoletti –,
ma nessuno di noi capisce
cosa mai vedano tra le
frasche e le erbacce». Forse
la spiegazione è Orazio, «un
cavallaro che, quando siamo
partiti da Montelibretti, ci
ha fatto mettere in cerchio
e ha recitato qualcosa che
assomigliava a un’invocazione
agli spiriti del bosco e dei
ruscelli. Li ha scongiurati di
accompagnare i ragazzi nella
loro cavalcata; forse siamo
stati seguiti di nascosto da
gnomi, fate e folletti».
25
SPORT Verso le Paralimpiadi invernali
Tutti a Sochi con
Gli atleti paralimpici ai Giochi gareggeranno nello sci
alpino, nello sci nordico e nello snowboard. Fra loro,
al momento, il trentunenne Alessandro è il più quotato
A
Stefano Caredda
Sochi ha già vinto un argento e l’obiettivo, quando ci tornerà per le
Paralimpiadi, è quello di andare
ancora una volta a medaglia: una strada, però, che si è fatta più accidentata
del previsto, e non solamente perché le
piste di sci sul Mar Nero non sono proprio dietro l’angolo. Alessandro Daldoss
è il volto nuovo dello sci paralimpico italiano: cresciuto sulle nevi di casa
al Passo del Tonale, fra la provincia di
26
Trento e quella di Brescia, oggi, a 31 anni, è il più quotato fra gli sciatori azzurri
che si preparano ai Giochi paralimpici.
Con lui a Sochi ci sarà Davide Riva, che
è il suo atleta guida: Daldoss infatti è
ipovedente da quando, nel 2007, è stato
colpito da un aneurisma. Da un occhio
vede sfocato, dall’altro poco o niente,
ma sugli sci corre veloce al punto da essere diventato in pochissimo tempo (è
nell’agonismo paralimpico dall’autunno 2011) uno degli atleti di punta nelle
Alessandro Daldoss (a sinistra): 31 anni, è il favorito
tra gli sciatori azzurri che si preparano ai Giochi
paralimpici. Per Francesca Porcellato (sotto) questa
potrebbe essere la terza Paralimpiade invernale,
dopo Torino e Vancouver
de difficoltà che aveva avuto, due anni
fa, a trovare un atleta che gli facesse da
guida: «Trovare qualcuno che prendesse
un tale impegno con me – ha confessato
più volte – è stato un dramma; ho chiamato mezzo mondo e stavo quasi per rinunciare… Poi ho conosciuto Davide e
la fortuna è stata di trovarsi subito anche caratterialmente». In attesa del ritorno in pista di Riva, Daldoss continua
ad allenarsi con Luca Negrini, maestro
di sci con specializzazione per persone
con disabilità e allenatore di primo grado, nonché skiman della nazionale di
sci alpino, che aveva già avuto in passato l’occasione di sciare con Alessandro.
Per una curiosa (e sfortunata)
coincidenza, un infortunio ha “spezza-
Daldoss
competizioni internazionali. Nel breve
volgere di qualche mese, prima la medaglia d’argento in discesa libera ai mondiali di La Molina (Spagna) del febbraio
2013, poi il secondo posto in Coppa del
mondo nell’ultima prova (disputata appunto a Sochi) e infine, passata l’estate, una serie di primi e secondi posti in
slalom, slalom gigante e combinata nelle gare neozelandesi e australiane che
hanno dato il via alla nuova stagione
agonistica nel settembre scorso.
Una catena di buone notizie che si è
però interrotta quando Davide Riva, nel
primo giorno dopo il rientro dalla lunga trasferta in Oceania, si è rotto il femore facendo motocross. Inevitabile lo
stop e l’intervento chirurgico, con l’avvio immediato di quella riabilitazione che dovrebbe riportare l’atleta guida
in massima forma per l’appuntamento
paralimpico. Un colpo non indifferente, comunque, per la preparazione di
Daldoss, anche considerando la gran-
27
to” anche la principale coppia di rivali
degli azzurri nel panorama internazionale, quella composta dallo spagnolo
Yon Santacana Maiztegui e dalla guida
Miguel Galindo Garces. Un duo pluripremiato, campione del mondo in carica in discesa libera, superG e slalom
gigante. A farsi male, nel loro caso, è
stato proprio l’atleta ipovedente, che si
è rotto il tendine d’Achille giocando a
calcetto durante l’ultimo giorno della
trasferta australiana. Allenamenti subito interrotti e poi ripresi a riabilitazione
conclusa, con l’imperativo di recuperare il tempo perduto nella tabella di marcia verso le gare di Sochi.
Tornando in casa azzurra, fra sci alpino, nordico e snowboard (escludendo
dunque gli sport di squadra del curling
e dell’hockey), gli atleti presenti a Sochi
dovrebbero essere 17: il condizionale è
d’obbligo, dal momento che i giochi per
la qualificazione alle Paralimpiadi sono
ancora aperti, ma in via indicativa all’Italia dovrebbero essere assegnati otto posti (in gergo tecnico, slot) nello sci
alpino (senza contare eventuali guide),
cinque nello sci nordico e quattro nello snowboard. I nomi definitivi verranno ufficializzati dopo il 17 febbraio 2014,
SPORT Verso le Paralimpiadi invernali
ultimo giorno disponibile per acquisire
punteggio valido per la qualificazione. I
convocati per la Russia saranno – spiega Tiziana Nasi, presidente della Fisip,
la Federazione degli sport invernali paralimpici – «la punta di diamante di un
movimento che conta 30 società e 600
tesserati, di cui 300 praticanti, e che vive
un momento di crescita a livello numerico soprattutto per gli atleti standing»,
quelli che gareggiano in piedi. «Viviamo una fase di espansione soprattutto
per snowboard e sci alpino, mentre più
complessa è la situazione della più faticosa delle discipline, lo sci nordico».
Giuseppe Comunale (a fianco), siciliano di
origine e trentino di adozione, ha una protesi
per snowboard realizzata dal Centro Inail di
Vigorso di Budrio. Nella pagina accanto,
Valerio Melani (foto Sciare-Trabucchi)
campo femminile da verificare le condizioni fisiche di Melania Corradini (un
argento in superG a Vancouver), da tempo alle prese con infortuni che le hanno impedito una buona continuità di
rendimento. Nel nordico, invece, spazio
ad alcune vecchie conoscenze del mondo paralimpico, a iniziare da Francesca
Porcellato, già portabandiera azzurra ai
Giochi estivi di Pechino 2008, dieci medaglie paralimpiche (con due ori) conquistate sulle piste di atletica leggera da
Seul ’88 in poi. Per lei questa potrebbe
essere la terza Paralimpiade invernale
dopo Torino e Vancouver (nel 2010 vinse l’oro nella gara sprint). Per allenarsi
Verso Sochi, dunque, nello sci alpino oltre a Daldoss le speranze azzurre sono puntate su Nicolò Orsini,
piemontese, 27 anni, campione italiano di slalom gigante, e sul giovanissimo
Andrea Valenti, che di anni ne ha appena 16, la metà dei quali passati a sciare a livelli sempre più competitivi. In
Sulla perla N
del
Mar Nero
on è usuale che una località di mare possa permettersi il lusso di organizzare un’edizione invernale
dei Giochi olimpici e paralimpici: a Sochi ci sono riusciti e non fanno mistero
di vantarsene. Siamo sulla costa orientale del Mar Nero, nell’estremo lembo
meridionale della Russia: la penisola di
Crimea è 500 chilometri più a nord; il
confine con la Georgia, a sud, è invece
vicinissimo, a 40 chilometri, e percorrendone altri 350 si può agevolmente arrivare fino alla frontiera turca. Sochi è
il più celebre luogo di villeggiatura russo, il posto migliore per allontanarsi dal
freddo di Mosca o di San Pietroburgo e
godersi temperature miti e vacanze sulla
spiaggia: alcuni lo facevano già nella prima parte del secolo scorso (in città si può
visitare, fra le altre, la casa dove alloggiava Stalin, diventata un museo), e in molti
continuano a farlo. Costruttori e magnati della finanza, discussi personaggi in
28
odore di mafia, famiglie benestanti: Sochi accoglie tutti con il suo clima mite,
favorito dalla bassa latitudine, dall’azione mitigante delle acque del Mar Nero e
dalla presenza, immediatamente a nord,
di una vasta catena montuosa che la ripara dalle fredde correnti settentrionali.
Ed è proprio sulle piste di quelle montagne che si disputeranno le gare.
A Sochi vivono stabilmente
350mila persone: oltre la città, il suo
territorio è vastissimo e comprende numerosi sobborghi. Fra la zona costiera
al meglio l’estate scorsa è volata fino in
Argentina, a Ushuaia, splendida località nel mezzo della “Terra del fuoco”, per
un mese di agosto ad alta quota e di ottimo livello tecnico, considerata la contemporanea presenza di atleti francesi,
svizzeri, cechi, brasiliani e argentini.
Della spedizione in Sudamerica ha fatto parte anche Roland Ruepp, nota stella delle cronache paralimpiche: due ori
ai Giochi di Salt Lake City nel 2002, un
femore rotto poco prima dell’edizione di
Torino nel 2006, una carriera pluriventennale per un uomo dalle mille risorse (oltre che sugli sci lo trovate anche a
bordo della sua handbike) ormai vicino
al traguardo dei 50 anni, che compirà
nell’aprile 2015. La speranza di figurare bene ai Giochi di Sochi la coltiva anche Enzo Masiello, che punta sullo sci di
fondo e sul biathlon per dare seguito alle gioie provate a Torino e a Vancouver,
quando in ciascuna delle due edizioni
si portò a casa un argento e un bronzo.
(dove ci sono i palazzetti che ospiteranno le gare di hockey e curling) e quella di
montagna (Krasnaya Polyana, pronta invece per le gare di sci e biathlon) ci sono
quasi 50 chilometri (mezz’ora di viaggio
in treno), ma i Giochi sono presentati come i «più compatti della storia». Gli atleti, infatti, che saranno ospitati in due
villaggi distinti, raggiungeranno i luoghi di gara in meno di cinque minuti
(al mare) e in meno di 15 (in montagna).
Dall’aeroporto al centro o alle piste da sci, Sochi è
accessibile grazie ad ascensori, superfici antiscivolo e
pedonali tattili, impianti di risalita e rampe
Della partita in terra russa, poi, potreb- hanno disabilità agli arti superiori. «Per
be far parte anche la bresciana Pamela gli atleti e i tecnici interessati è stato un
duro colpo», confida Nasi, sottolineanNoviglia.
do la grande crescita dello snowboard e
La vera novità di Sochi 2014 sarà la possente forza attrattiva che suscita.
però rappresentata dallo snowboard, Fra gli italiani che saranno presenti a
che sbarca per la prima volta alle Pa- Sochi, l’atleta di riferimento è Giuseppe
ralimpiadi, anche se in formato ridot- Comunale, numero 19 del ranking monto. «In questa edizione – spiega ancora diale: siciliano di nascita e trentino di
la presidente Fisip – sono stati ammes- adozione, una disabilità congenita (fosi a partecipare solo gli atleti standing, e comelia) alla gamba destra, ha appena
fra questi solamente quelli con problemi ottenuto una protesi specifica per snowagli arti inferiori». Porte chiuse dunque board dal Centro protesi dell’Inail. Conon solo per i sitting (che gareggiano se- munale sarà fiancheggiato a Sochi da
duti) e visually impaired (con disabili- Luca Righetti, Riccardo Tondi e forse
tà visiva) ma anche per gli standing che anche da Fabio Piscitello.
Paralimpiadi a misura d’uomo, insomma, in una città che fa dell’accessibilità,
e non da oggi, una delle sue caratteristiche principali. Dall’aeroporto fino al
centro o alle piste da sci la normalità sono ascensori, superfici dure antiscivolo e pedonali tattili, impianti di risalita
e rampe, barriere di protezione, semafori con segnali acustici, servizi speciali di assistenza su prenotazione. Nessuna
barriera architettonica, quindi, in una
città che del resto ha voglia di rimanere protagonista a lungo: il 5 ottobre 2014,
sette mesi dopo i Giochi, arriverà per la
prima volta il circo della Formula 1, con
un Gran Premio di Russia che promette
di diventare un appuntamento annuale,
mentre nel 2018 sarà la volta del grande
calcio con lo Stadio Olimpico di Sochi,
uno degli impianti in cui si disputeranno le gare finali dei campionati mondiali
di Russia. Di fronte a tanta abbondanza,
risultato del pressing politico e finanzia-
29
rio coordinato dal presidente Putin, in
patria passano in secondo piano le polemiche sul ritardo con cui i lavori sono
stati completati e le ripercussioni ambientali che in molti hanno denunciato,
in particolare per la costruzione di strutture (permesse da una legge ad hoc) nel
Parco nazionale, area naturale protetta.
Da fine settembre sono in vendita online i biglietti per assistere alle gare: prezzi che, almeno per gli standard
dell’Europa occidentale, sono per lo più
popolari, visto che l’ingresso alla quasi
totalità delle gare paralimpiche costerà
400 rubli (circa dieci euro). Il conto diventa più salato solo per il torneo di curling (600 e 1.000 rubli per semifinali e
finali, 13 e 22 euro) e per le cerimonie di
apertura e chiusura. L’inaugurazione
del 7 marzo allo Stadio Olimpico costa
da 700 a 5mila rubli (15-115 euro), il saluto conclusivo del 16 marzo va dai 400 ai
2mila rubli (dai 10 ai 45 euro). [S.C.]
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La voce di Naoki
oltre il muro
dell’autismo
È
stato in cima alla classifica dei best seller redatta dal
Sunday Time, The reason I
jump, il libro di Naoki Higashida, un ragazzo giapponese che
oggi ha 21 anni, ma ne aveva appena 13 all’epoca in cui scrisse
questo piccolo manuale di pensieri, riflessioni, delucidazioni
sull’autismo visto dall’interno.
Scoperto dallo scrittore inglese David Mitchell, famoso autore de L’Atlante delle nuvole,
tradotto in italiano da Frassinelli, il volumetto è stato pubblicato
nel Regno Unito la scorsa estate.
Attirando subito l’attenzione dei
giornali e dei media, soprattutto
per il format inusuale: 58 domande e risposte attraverso le quali
il giovanissimo autore prova a
spiegare il suo universo interiore con infinita pazienza e meticolosa indulgenza. Le domande
sono delle più varie: si va dal perché le persone autistiche parlino con voce tanto alta e in modo
tanto strano alla cause che possono scatenare gli attacchi di panico. L’intento dichiarato, infatti,
è proprio quello di aiutare gli altri autistici e i loro familiari, rivelando le ragioni che muovono
i suoi comportamenti, a partire da quelli più incomprensibili. Per esempio, descrivendo le
La sindrome di Asperger in comics. Le
storie di Fabrizio, Alice, Luca e Simone in
un libro a fumetti realizzato da sei giovani
illustratori, due dei quali con sindrome di
Asperger, un tipo di autismo ad alto funzionamento. S’intitola Trame solidali il volume
realizzato a partire dai laboratori di recitazione, pittura e tessitura organizzati
un anno fa dall’associazione L’Ortica
e frequentati da ragazzi con autismo.
«Nessuno ha mai sottolineato che il
famoso pianista ha il diabete e il premio
Nobel per la medicina è calvo – scrive
nella prefazione Thomas Taioli, anche
TITELEVISIO
NEPERSONAGGILIBRITEA
ragioni che lo spingono a saltare, Naoki chiarisce: «Il moto mi
fa venire voglia di trasformarmi
in un uccello e volare via, in un
luogo lontano. Ma costretti dai
noi stessi e dalle persone intorno a noi, tutto quello che possiamo fare è cinguettare, sbattere le
ali e saltellare come in una gabbia». The reason I jump è stato
tradotto grazie all’iniziativa di
Mitchell, a sua volta padre di un
ragazzo autistico, che ha proposto il volume all’editore Random
House. A scoprirne l’esistenza
sul web sua moglie, la giapponese Keiko Yoshida, che si è occupata della trasposizione dal
giapponese all’inglese, mentre lo
scrittore si è assunto il compito
di dare alla traduzione un “tocco stilistico”. Ed è stato proprio
questo tocco stilistico al centro
delle principali riserve da parte
di alcuni critici, che hanno paventato un intervento troppo pesante di Mitchell. Nel frattempo,
Naoki prosegue la sua vita. Oggi
ha anche un blog, ma soprattutto ha cominciato a parlare. Cosa
che non faceva quando ha scritto il manuale. Allora, infatti, il
ragazzo scriveva componendo i
caratteri dell’alfabeto su una griglia di cartone. [A.P.]
lui con sindrome di Asperger,
che ha disegnato una delle
storie e coordinato gli
autori –. Quando si parla di
disabilità, invece, scompaiono Luca, Francesco e Filippo e al
loro posto resta solo un’etichetta». I fumetti raccontano
le persone e le loro capacità creative. «Si pensa che
siano bravi, “nonostante”, come se la disabilità fosse
un concetto pervasivo, che impedisce di sviluppare capacità in altri ambiti», continua Taioli, citando Einstein:
«Se giudichiamo un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi sugli alberi, passerà la sua intera esistenza a
sentirsi stupido».
30
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Elogio dell’imperfezione
(e del lento incedere)
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Shel Silverstein Alla ricerca
del pezzo perduto
traduzione di Damiano
Abeni Orecchio acerbo 2013
pagine 108, euro 19
dai 4 anni in su
uando Shel Silverstein scrisse e disegnò The missing piece nel lontano 1976
l’aggettivo slow e tutta la retorica di
contorno erano ancora molto al di là da venire, per lo meno nel nostro Paese. Era però
in voga la passione per il viaggio di scoperta
e formazione, in un mondo che voleva cancellare ogni barriera, ma non conosceva ancora la moda sfrenata del turismo di massa.
Un’idea del viaggio senza itinerario e biglietto di ritorno, dentro e fuori da se stessi allo scopo di riappropriarsi del proprio io
o per lo meno di tastarne i confini. Quell’utopia, oggi addomesticata dalle ferree leggi
della vacanza intelligente, è però ancora in
grado di esercitare il suo fascino soprattutto in tempi in cui, come mai prima d’ora, la
ricerca della rivoluzione (interiore ed esteriore) si sposa con la teoria del micro, della
sottrazione, della decrescita.
Sembra quindi arrivare proprio al momento giusto la traduzione di questo incantevole volume, in italiano Alla ricerca del
pezzo perduto, da parte dell’editore Orecchio Acerbo, nella versione di Damiano
Abeni, traduttore di provata esperienza.
L’autore, Shel Silverstein, è morto nel 1999
lasciando una straordinaria eredità di storie, poesie, canzoni, libri tradotti in 30 Paesi diversi. Autore della colonna sonora di
Thelma & Louise e vincitore di numerosi
premi, nel 1963 Silverstein ha cominciato a
scrivere libri per bambini, alcuni dei quali tradotti in italiano. Tutte storie fuori dalle righe, dal tratto essenziale e dall’ironia
delicata. Come Alla ricerca del pezzo perduto, in cui un cerchio a cui manca uno spicchio attraversa il mondo a caccia della sua
parte smarrita, rotolando lentamente a causa della sua imperfezione. E mentre viaggia
per oceani e montagne, giungle e paludi,
zuppo di pioggia o cotto dal sole, annusa i
fiori e gioca con gli scarafaggi, sempre cantando questa canzone: «Oh, vado in cerca
del mio pezzo perduto/Alla ricerca del mio
pezzo perduto/Ullallà, via che si va/Alla ricerca del pezzo perduto». Ma quando, alla
fine, il cerchio riuscirà finalmente a trovare
la parte mancante, assaggerà anche il sapore amaro della tanto anelata integrità. Corre
troppo veloce ora e questa velocità gli impedisce di comunicare con i vermi e le farfalle,
e perfino di cantare.
A proposito del libro, la giornalista e critica statunitense Anne Roiphe scrisse sul
New York Times: «Il significato di questa favola può anche essere visto nel fatto che non
bisogna cercare ogni risposta, perché nessuno può sperare di colmare tutte le voragini che ha dentro di sé, raggiungendo un
ordine esteriore o una totale e trascendente armonia». Ma si può andare anche oltre
nell’interpretazione, leggendo la storia del
pezzo perduto come un elogio dell’imperfezione. Perché ogni carenza, ogni deficit,
ogni vuoto si riempie sempre di qualcos’altro. A volte di rabbia, dolore e nostalgia per
una vita che poteva essere e che invece non
è. E che però può trovare proprio nell’assenza della parte mancante l’energia lenta per
attraversare mari e montagne, giungle e paludi, condividendo il tempo con fiori e scarafaggi, vermi e farfalle. [A.P.]
31
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Il disagio sordo
di una famiglia
in apere
bilico
che il proprio secondo-
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genito è sordo destabilizza la
coppia Alberto-Sandra. Lei si
focalizza unicamente sul piccolo
Matteo, lui si rifugia in un amoL’opaco custode della mente.
re adolescenziale mai consumato
Le tappe principali che hanno
fino in fondo. Mentre Alice, la fisegnato la storia dell’assistenza
glia quindicenne, cresce in fretta.
psichiatrica in Tirolo fra la fine del
Settecento e il 2002, e un particolare Ruota attorno a questa famiglia
Non volare via, terzo romanzo di
riferimento
Sara Rattaro. La probabile sepaal manicomio
razione tra i genitori può far dedi Pergine
Valsugana
flagrare il precario equilibrio del
(Trento). Una
bambino? Al di là dei didascalici
miscellanea
commenti in corsivo, il volume ha
di saggi – per
il pregio di mettere a fuoco le relo più già
lazioni in un nucleo familiare che
pubblicati
accoglie una persona sorda, privi– ma per la
legiando il punto di vista paterno.
prima volta raccolti insieme tra le
pagine di Castagne matte, curate
E l’autrice ha forse disegnato con
da Felice Ficco e Rodolfo Taiani
eccessiva indulgenza i tratti del
(Publistampa 2013). Al centro la
bambino non udente, riportando
trasformazione dell’ospedale
però fedelmente i drammi vissuti
psichiatrico, soprattutto a cavallo
dai genitori dopo la diagnosi, con
della Grande Guerra, vista anche
l’obiettivo di far crescere serenaattraverso la testimonianza diretta
mente il proprio figlio nonostante
di alcuni protagonisti o per mezzo
la disabilità sensoriale invisibile.
del racconto mediato di chi questa
realtà ha cercato di interpretarla
Lingua dei segni sì o no, ime restituirla attraverso i film o il
pianto cocleare pro e contro, quateatro. Niente di nuovo, dunque, ma le logopedista è più adatta: padre
il ricompattamento di una memoria e madre si trovano davanti a scelche non va assolutamente dispersa.
te importanti che potranno conMolti degli scritti sono frutto del
dizionare il futuro di Matteo. «I
progetto “Alla ricerca delle menti
bambini audiolesi tendono a diperdute: viaggio nell’istituzione
ventare scontrosi e aggressivi. È
manicomiale”, promosso 15 anni fa
dal Museo storico del Trentino in
una conseguenza naturale delcollaborazione con l’Università di
la frustrazione che deriva dal
Trento. [M.T.]
non riuscire a esprimersi e a farsi capire», riflette Alberto. A sette
anni suo figlio sembra quasi perfetto, invece: un ottimo giocatore di scacchi, convinto che il suo
32
Sara Rattaro
Non volare via
Garzanti 2013
pagine 224, euro 14,90
silenzio non ammetta distrazioni. Infatti, ricorda l’autrice, «per
essere straordinari non è necessario nascere perfetti. Matteo mi
ha presa per mano e mi ha spiegato cosa significasse vivere nel
silenzio. È stato un viaggio emozionante e difficile, ricco di incertezze e piccole soddisfazioni
quotidiane». [L.B.]
 libri 
Maschio muto,
femmina
incantata
on un deficit sonoro, ma di
N
Gianluigi
Ricuperati
La produzione di
meraviglia
Mondadori 2013
pagine 180, euro 18
parole: Remì, coprotagonista con Ione della seconda opera narrativa del torinese
Gianluigi Ricuperati, è muto dalla nascita. Un’afonia – insieme
alla perenne insonnia – che genera isolamento e patologie secondarie, compensata tuttavia da
capacità estremamente sviluppate: «Per miracolo o per reazione
evolutiva gli altri sensi avevano
mostrato qualità di adattamento
notevoli, proprio come nelle storie di supereroi: oltre alla vista
da pilota, ci sentiva benissimo, e
questo, paradossalmente, aumentava la distanza dal mondo, la sua
parte di vita a parte. Gli altri erano qualcosa da ascoltare, ma nessuno avrebbe mai sentito la sua
voce». Per la mancanza di corde
vocali.
Surreale, a metà tra una storia d’amore improbabile e un racconto di fantascienza con finale
apocalittico, il romanzo La produzione di meraviglia accompagna il
lettore con i sobbalzi emotivi vissuti sull’aereo turistico dai due
protagonisti. E la “stranezza” di
FUMETTITELEVISIONEPERSONAGGILIBRI
N
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TEATROD
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ANZAFO
IVALFI
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F
A
GAZZIMOSTRECINEM
Remì non sta nel suo mutismo obbligato, quanto piuttosto nel voler
provare vertigini psicofisiche nonostante e a dispetto del silenzio,
quel mix adrenalinico a cui il gioco del poker lo ha assuefatto: «Ma
non è indispensabile possedere una voce quando ci sono così
tante immagini disponibili, carte da mostrare tutte le volte che è
urgente esprimere un concetto o
si desidera qualcosa». Alla ricerca
spasmodica di un registro comunicativo diverso da quello vocale.
«Diafana, alta, preziosa», Ione
considera Remì «una personalità poetica, mentre lei era brutale,
e sapeva, senza bisogno di dirselo, che puntava a un altro genere
di uomo». Eppure viene sorpresa e piacevolmente sopraffatta
da questo ingegnere geniale, che
ha deciso di vivere da solo a Milano appena laureato, con l’audacia temeraria di abbandonare
«il comfort delle attenzioni, degli spigoli smussati, dell’assenza
di pregiudizi e dell’aiuto costante
a comunicare» nella casa dei genitori, «lasciando l’estrema provincia e il circolo ovattato delle
corsie preferenziali per i portatori di handicap, dell’assistente che
supporta la comunicazione con i
professori, durante gli esami orali, degli amici che capiscono, dei
cugini che sanno, dei negozianti
che ti conoscono». [L.B.]
 libri 
Voglia di libertà.
Con una gamba
“imperfetta”
mbientato nell’Ottocento,
A
nelle campagne e in una famiglia di contadini che può
Nell Leyshon
Il colore del latte
Corbaccio 2013
pagine 182, euro 14,90
sembrare forse un po’ arcaica nei
comportamenti, Il colore del latte – edito da Corbaccio – è un
romanzo d’iniziazione e ricerca
della propria identità. Suddivisa in quattro parti a cui l’autrice
inglese dà il nome delle stagioni, la storia ha una voce narrante volitiva: quella di Mary, ultima
di quattro figlie, 15 anni, i capelli chiarissimi che danno il titolo
al volume e una gamba più corta dell’altra, che non le impedisce
però di lavorare nei campi come i
genitori e le sorelle.
Alla sua prima opera narrativa – che il Globe Theatre di Londra fondato da Shakespeare le
ha commissionato, ed è la prima
donna a cui è stata fatta una richiesta del genere –, Nell Leyshon
è autrice pluripremiata di sceneggiature sia radiofoniche che teatrali. La sua abilità emerge nei
dialoghi serrati, privi di virgolette e di maiuscole, che scivolano
velocemente nelle pagine per raccontare le difficoltà della protagonista: disabile negli arti inferiori
ma tagliente nelle parole. Suo padre, violento e avido, la obbliga a
lavorare in paese presso una signora malata, ripetendole che non
deve sentirsi «speciale» a motivo
della sua «gamba guasta» che si
«trascina dietro». Mary replica:
«mica dicevo che ero speciale. e
mai l’ho detto. e mai l’ho manco
pensato. la mia gamba è così e non
è mai stata diversa. sono sempre
stata così e ho sempre camminato
così. nostra madre dice che è così
che sono venuta al mondo».
Sarà proprio accudendo la moglie del vicario che l’adolescente
imparerà a leggere e a scrivere: un
gancio verso la consapevolezza e
l’emancipazione, ma a un prezzo
altissimo. [L.B.]
33
Vita nuova a un Belpaese tutto da
toccare. Michelangelo Pistoletto ha
installato la sua Italia riciclata (foto
di Mercedeh Imani) al Museo tattile
Omero di Ancona: una grande
sagoma di legno di otto metri circa
coperta di materiali di recupero.
Ma se l’anno scorso, alla Biennale
di Venezia, lo Stivale era fatto
di oggetti “ripescati” nella città
lagunare, stavolta l’opera è stata
realizzata con materiali trovati ad
Ancona in omaggio ai 2.400 anni del
capoluogo marchigiano. All’interno
della Mole Vanvitelliana, inoltre,
la sagoma si trova a 70 centimetri
da terra per essere ammirata più
facilmente. Come ha dichiarato
l’artista, che ha ricevuto il Leone
d’Oro alla carriera, «questo è il
momento della re-visione e della
riproposizione della vita urbana.
C’è bisogno di ri-nascita, alcuni
direbbero di Rinascimento».
L’opera rimarrà esposta per
sempre al Museo statale Omero
grazie anche alla direzione
generale per il Paesaggio, le
belle arti, l’architettura e l’arte
contemporanea del ministero
per i Beni e le attività culturali.
Informazioni su Museoomero.it.
[M.T.]
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pla e di sua moglie, il programma-videogioco Microsoft Kinect
(una sorta di wii per sollecitare
il movimento) e i ragazzi che lo
utilizzano per fini riabilitativi, i
laboratori di formazione all’impiego nel campo della salute mentale, la voce dei diretti interessati
e le interviste a familiari, amici,
docenti, tutor, medici e terapisti.
Il risultato è un binomio vincente: una persona disabile con
una marcia in più per parlare, in
positivo, di tutto quello che ruota intorno al mondo delle disabilità motorie, sensoriali, psichiche,
intellettivo-relazionali, acquisite oppure congenite e un modo –
per la tv pubblica spagnola – di
riaffermare anche in questa nuova stagione il proprio impegno
nei confronti della società.
«È molto importante che si sia
scommesso su un programma
come questo, soprattutto con la
crisi attuale», ha commentato il
presentatore. Pineda tiene spesso conferenze in atenei e centri
formativi, in Spagna e all’estero, e gli piacerebbe diventare insegnante. Inoltre è autore del
libro El reto de aprender, ovvero La sfida di imparare. Le puntate di Piensa en positivo possono
essere viste online su Rtve.es.
 televisione 
Pablo Pineda,
conduttore Down
sullo
schermo
il primo programma televisi-
Pablo Pineda,
34 anni, famoso
in Spagna per
essere stato il
primo laureato (in
psico-pedagogia)
con sindrome di
Down nel suo Paese.
Foto di Daniel Rivas
Pacheco
vo presentato da una persona Down. E per di più parla
di disabilità. Si chiama Piensa en
positivo e va in onda su La2, il secondo canale della tv pubblica
spagnola. A condurlo è Pablo Pineda, 34 anni, famoso per essere
stato il primo laureato (in psicopedagogia) con questa sindrome
nel suo Paese e per la sua interpretazione nel film Yo también,
che gli è valsa la Concha de plata
(Conchiglia d’argento) come miglior attore al Festival internazionale del cinema di San Sebastián
2009.
La trasmissione – un settimanale a puntate di mezz’ora l’una,
in palinsesto il sabato mattina alle 11 per informare, promuovere e
sensibilizzare in merito all’integrazione sociale e lavorativa delle persone disabili – è partita a
fine settembre e si concluderà ai
primi di dicembre. Tre storie di
inclusione a settimana in cui le
telecamere seguono i protagonisti durante una giornata tipo per
rivelare i dettagli della loro vita
personale, le abilità professionali,
gli strumenti e gli oggetti che ne
facilitano l’universo dell’occupazione o la quotidianità. Ecco allora le vicende dello studente di
ingegneria con la sclerosi multi- [Michela Trigari]
Vita in Bmx. È una storia vera al
centro del videoclip dell’ultimo
singolo dei Rudimental Waiting all
night. Il gruppo inglese si è ispirato
infatti alla vicenda di Kurt Yaeger,
bmxer, attore, modello e produttore statunitense a cui è stata
amputata una gamba dopo un incidente stradale nel 2006.
Yaeger è tornato sulla sua bici
da cross con una protesi e ha
partecipato agli X Games: ora è considerato il numero uno al mondo
34
tra i bmxer disabili. Proprietario
di una quota della ProTonLocks,
una società che costruisce pedali
magnetici per biciclette, Yaeger è
testimonial – insieme ad altri atleti
– dall’Adaptive action sports, organizzazione non profit che organizza
programmi ed eventi sportivi per
persone con disabilità fisica. Oltre
allo stesso Kurt, tutti i personaggi
del video (lo si trova su Youtube)
sono interpretati da professionisti e
amici. [M.T.]
EVISIONEPERSONAG
NFUMETTITEL
GILIBRITE
ATRODAN
IRA
ZAFOTOGR
AFIAVIDEOMUSICARADIOLIBR
Gemma, una dei
dodici protagonisti
del film di Silvio
Soldini e Giorgio
Garini Per altri
occhi. Il dvd del
documentario
è disponibile nella
collana Feltrinelli
Real Cinema
 cinema 
Guardare
il mondo senza
vederlo
aleotto fu un mal di schie-
G
na. Nasce da un incontro
fortuito il film documentario di Silvio Soldini e Giorgio
Garini Per altri occhi. Avventure
quotidiane di un manipolo di ciechi. «Tutto è cominciato due anni e mezzo fa quando, spinto dal
mio perenne mal di schiena, ho
conosciuto Enrico, un fisioterapista non vedente – racconta il regista di Pane e tulipani –. All’inizio
timido e schivo, dopo il primo
impatto Enrico ha cominciato a
parlare di sé. E le cose che mi ha
raccontato durante le poche sedute che ho fatto con lui, la sua
leggerezza, l’ironia, la capacità di
vivere la propria vita, mi hanno
profondamente colpito».
Da questo incontro è cominciato un viaggio attraverso l’intera Penisola alla ricerca di altre
persone che, pur prive della vista,
vivevano comunque un’esistenza
piena. Né migliore né peggiore di
tante altre, ma comunque ricca di
esperienze, desideri, sfide. E così,
scena dopo scena, il film ci con-
duce nelle esistenze di Gemma,
che studia violoncello e gareggia
sugli sci, Mario (super-sportivo in
pensione), Felice (scultore, marito
e padre) e tanti altri che hanno accettato di raccontare la propria vita dinanzi a una telecamera.
Ne viene fuori un ritratto inedito della cecità, tutto all’insegna
di un’ironia non comune. Come
nel racconto della coppia Claudio e Michela, entrambi non vedenti, che descrivono la propria
quotidianità attraverso una serie di dettagli, uno più divertente
dell’altro. A partire dal rapporto
con i vicini, che assistono in curioso silenzio alle loro passeggiate in giro per il quartiere. E che,
una volta acquisita la necessaria
confidenza, rivelano loro le paure dei primi tempi, quando erano
terrorizzati dall’idea che potessero lasciare il gas acceso, con
conseguenze nefaste per tutti i
condomini.
Insomma, il documentario
presenta un’autonomia che lascia stupito solo chi non conosce
il mondo dei non vedenti. E che fa
venire in mente tutti quei presunti falsi ciechi scoperti dalle forze
dell’ordine, mentre si limitavano
a espletare le normali attività della loro vita di tutti i giorni. [A.P.]
35
Una scena dal film Il
futuro: Rutger Hauer
e Manuela Martelli,
rispettivamente
nel ruolo di
Maciste e Bianca.
Nella pellicola
anche Nicolas
Vaporidis, Luigi
Ciardo e Alessandro
Giallocosta
Il domani negli occhi. C’è anche un
personaggio cieco nel film Il futuro
della cilena Alicia Scherson. Tratto
da Un romanzetto lumpen di Roberto
Bolaño, recentemente tradotto
da Adelphi, il film è arrivato in
Italia dopo essere stato presentato
al Sundance Film Festival e aver
conquistato il premio della critica
al Rotterdam International Film
Festival. In una Roma plumbea e
straniante, due fratelli adolescenti,
Bianca e Tomàs, scivolano in
un’esistenza ottusa e marginale in
seguito alla scomparsa di entrambi i
genitori in un incidente stradale.
Chiusi nel loro appartamento a
guardare la tv, cercano invano di
proseguire la loro vita di sempre.
Ma i soldi sono sempre di meno e
i ragazzi si lasciano convincere da
due delinquenti, che nel frattempo
si sono installati nella camera da
letto dei loro genitori, a tentare
un grande piano. Bianca dovrà
scovare e rubare il tesoro di Maciste,
vecchio divo di film mitologici ed ex
campione mondiale di culturismo,
che vive solo e cieco in un lussuoso
appartamento. Grazie a questo
rapporto, nato sotto il segno della
prostituzione, Bianca riuscirà però
a ritrovare la strada. Da Tiresia in
poi, nella letteratura classica i ciechi
hanno avuto spesso il compito di
aiutare gli altri a compiere il proprio
destino. Rei di un atto empio,
vengono puniti con la perdita della
vista e poi ricompensati col dono di
vedere ciò che nessuno vede. Così è
Maciste, colpevole di aver causato
dei morti in un incidente stradale,
che aiuta Bianca a ricongiungersi
con il suo futuro. [A.P.]
RUBRICHE Inail... per saperne di più
Chiara Maria Tornatore *
Nel Lazio “Utile & dilettevole”,
progetto per gli infortunati
Prendono il via a novembre, nella Sede Inail di Latina,
diversi laboratori occupazionali per chi è diventato disabile
a seguito di un incidente sul lavoro. Iscrizioni entro e non
oltre la prima metà di gennaio
disegni di questa sezione del Magazine sono di Saul Steinberg
S
ulle pagine di questo Magazine si
è spesso parlato di interventi per
l’integrazione e la risocializzazione previsti dal Titolo IV del “Regolamento per l’erogazione agli invalidi
del lavoro di dispositivi tecnici e di
interventi di sostegno per il reinserimento nella vita di relazione”, approvato dal presidente dell’Inail nel
settembre 2011. In questo filone progettuale si inserisce l’iniziativa “Utile
& dilettevole”, presentata dall’équipe
multidisciplinare della Sede di Latina
e accolta favorevolmente dalla Direzione regionale Lazio.
Nell’ambito del progetto, presso la
Sede Inail di Latina, è prevista la realizzazione di laboratori occupazionali a favore di persone che a causa di
infortunio sul lavoro hanno acquisito una disabilità fisica. Si va dal “fai
da te” alla cucina popolare, dalle creazioni florovivaistiche alla gestione
del back-office, dall’alfabetizzazione
informatica all’addestramento all’uso del pc, dall’auto-imprenditorialità
e business plan ai laboratori per addetti call center e telemarketing.
L’iniziativa intende perseguire, sul
modello bio-psicosociale dell’International classification and functioning
(Icf), le finalità di sviluppare nelle persone disabili da lavoro maggiori autonomie nell’ambito del proprio contesto
di vita e in quello lavorativo, potenziando le funzionalità residue della
persona. Inoltre si propone di favorire
la socializzazione con gli altri infortunati, facilitare il recupero del benessere psico-fisico attraverso la motricità
e la libera espressione della creatività, aumentando così nella persona la
consapevolezza circa le sue competenze (comprese quelle emotive), le attitudini lavorative e le abilità residue.
36
L’obiettivo, dunque, è quello di contribuire alla definizione di un nuovo
progetto di vita per un proficuo reinserimento lavorativo.
La partecipazione è aperta a un
massimo di 35 infortunati residenti
nel Lazio. I laboratori verranno organizzati in collaborazione con il Centro
Armonia srl di Latina nell’arco temporale di otto mesi (da novembre 2013
a giugno del 2014), in funzione delle
capacità residue e delle esigenze specifiche della persona.
A conclusione del progetto verrà
realizzato un evento di chiusura che
illustrerà i risultati conseguiti e le
prospettive di sviluppo dell’iniziativa. Inoltre verrà allestita una mostra
espositiva delle creazioni florovivaistiche e degli ausili “fai da te” in cui
il catering sarà curato dai partecipanti al corso di cucina. Tutti gli interventi elencati saranno, tramite il
supporto di specialisti, personalizzati
e finalizzati all’individuazione di soluzioni di accessibilità ambientale, sia
domiciliare che lavorativa, e all’addestramento di ausili e adattamenti ergonomici. Nel caso in cui le persone
interessate dovessero trovare difficoltà a raggiungere autonomamente
il luogo di svolgimento degli incontri
sarà attivato un servizio di trasporto
dall’abitazione al centro di realizzazione delle attività.
I laboratori saranno realizzati progressivamente in un arco temporale
di circa otto mesi e – se come ci auguriamo riscuoteranno il gradimento degli infortunati – potranno essere
replicati per il futuro. Per partecipare alle attività progettuali è necessario
rivolgersi entro la prima metà di gennaio 2014 alle assistenti sociali delle Sedi Inail del Lazio e compilare il
modulo di adesione.
(* assistente sociale della Sede Inail
di Latina)
RUBRICHE Previdenza
Giorgia Di Cristofaro
Congedo straordinario
retribuito. Ecco le novità
Una recente sentenza della Corte costituzionale amplia
la platea degli aventi diritto. Ammessi anche parenti
e affini conviventi fino al terzo grado.
Ma solo nel caso in cui i legittimati siano mancanti,
deceduti o affetti da patologie invalidanti
D
opo la sentenza della Corte costituzionale n. 203 del 18 luglio
2013 cambiano gli aventi diritto
al congedo straordinario retribuito.
La Corte infatti, intervenendo sul decreto legislativo 151/2001, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 42,
comma 5, nella parte in cui non include tra i soggetti legittimati a fruire
del congedo straordinario retribuito il
parente o l’affine entro il terzo grado
convivente con la persona con disabilità, in caso di mancanza, decesso o in
presenza di patologie invalidanti degli
altri soggetti individuati idonei dalla
norma a prendersi cura della persona
in situazione di disabilità grave.
Originariamente avevano diritto a
fruire del congedo straordinario i genitori (anche adottivi o affidatari) e,
in caso entrambi i genitori fossero deceduti, anche i fratelli conviventi. Tre
sentenze della Corte costituzionale
hanno ampliato la platea degli aventi diritto, attribuendo tale diritto appunto ai fratelli conviventi anche in
caso di inabilità dei genitori, al coniuge e ai figli conviventi.
Recentemente l’art. 4 del decreto
legislativo 18 luglio 2011, n. 119, aveva modificato l’art. 42, comma 5,
del decreto legislativo 151/2001. Le
novità introdotte non variavano
la platea dei fruitori, ma stabilivano un preciso ordine di priorità per l’accesso al beneficio che
era ed è fissato come segue: 1) co-
niuge convivente con la persona con
disabilità grave (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 158 del 18/4/2007); 2)
in caso di mancanza, decesso o patologie invalidanti, subentrano i genitori anche adottivi; 3) in caso di
mancanza, decesso o patologie invalidanti, subentrano i figli conviventi
(cfr. Corte costituzionale, sentenza n.
19 del 26/1/2009); 4) e in ultimo i fratelli conviventi (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 233 del 6/6/2005). Il
decreto legislativo 119/2011 dettava un
rigido ordine di priorità dei familiari
37
aventi diritto ed escludeva ogni eventuale ulteriore possibile beneficiario
che non fosse incluso nell’elenco sopra indicato. Su questa esclusione si
è pronunciata la Corte costituzionale
con la sentenza 203/2013, sollevando
la questione di illegittimità costituzionale.
Il procedimento era stato sollevato
dal Tar di Reggio Calabria, relativamente all’esclusione del nipote convivente con la persona con disabilità dai
soggetti legittimati a fruire del congedo in mancanza di altre persone idonee ad occuparsi dello stesso. Il Tar ha
sollevato questione di legittimità costituzionale, sospendendo il giudizio
in attesa della pronuncia della Corte
costituzionale.
La Corte costituzionale ha sostanzialmente ripreso le motivazioni espresse dal Tar sulla
violazione di alcuni articoli della Costituzione: secondo il giudice, l’esclusione del nipote convivente del
disabile dal novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo, previsto
dall’art. 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151 del 2001, in mancanza di
altre persone idonee a occuparsi dello
stesso, contrasterebbe con diversi articoli della Costituzione.
Pertanto per le pratiche di concessione dei permessi in corso di
verifica o per quelle non ancora
perfezionate, il diritto alla fruizione del congedo straordinario sarà esteso anche ai parenti
e affini conviventi fino al terzo grado, nel momento in cui
gli altri parenti legittimati saranno mancanti, deceduti o
avranno patologie invalidanti. Si attendono gli opportuni chiarimenti da parte degli
istituti previdenziali e da
parte degli enti competenti.
RUBRICHE Senza barriere
Daniela Orlandi
Access City Award 2014: parte
il conto alla rovescia
Tante le candidate al concorso che premia le città
più accessibili d’Europa. Quattro le sezioni: ambiente
e spazi pubblici, trasporti e infrastrutture, informazione
e comunicazione, strutture e servizi. La premiazione
il prossimo 3 dicembre
Quello che Access City Award ha
saputo attivare in questi anni è stato
infatti un circuito positivo di sensibilizzazione e promozione della cultura dell’accessibilità su scala urbana:
un circuito che non si è mai esaurito
al concorso, ma che anzi ha collegato edizione a edizione. La documentazione che puntualmente viene fornita
dalla Commissione europea offre allo
studioso, come all’esperto, una buona
panoramica di quanto avviene oggi in
Europa in termini di accessibilità.
È evidente, certo, che ogni realtà cittadina ha una sua identità,
una sua storia, una sua geografia,
C
apitali o città di provincia: per
l’edizione 2014 dell’Access City Award è tutto pronto. La sfida
è aperta e sono diversi i centri urbani
europei candidati all’assegnazione del
premio Città accessibile 2014. È scaduto infatti il 10 settembre scorso il termine di presentazione delle domande
di partecipazione al concorso che premia le città più accessibili d’Europa.
La premiazione, prevista per il prossimo 3 dicembre, assegna il riconoscimento all’amministrazione che più
di altre in Europa si è contraddistinta
in tema di accessibilità nell’ambito di
una o più azioni di sistema messe in
campo per il miglioramento della qualità della vita nelle città per le persone disabili.
L’iniziativa, oltre a suscitare interesse in merito alla vincitrice, ha anche il vantaggio di essere un momento
di approfondimento e conoscenza delle buone prassi messe in campo da tutte le città che accedono sia alla finale
che alla menzione speciale. Quattro
sono e restano infatti i settori strategici del concorso: l’ambiente costruito e
gli spazi pubblici, i trasporti e le infrastrutture, l’informazione e la comunicazione (incluse le tecnologie Ict) e,
infine, le strutture e i servizi pubblici.
38
ma è altrettanto vero che le buone idee
possono suggerire soluzioni praticabili a qualsiasi altitudine o latitudine.
Tanti sono gli esempi: l’ufficio di coordinamento “edificio senza barriere”
nella tedesca Berlino, il servizio “Fix
your street” di Tallaght in Irlanda, il
progetto di recupero dell’antico recinto fortificato di Pamplona in Spagna,
come anche i “Bilbao Click” e le altre
iniziative di questa città spagnola, che
si è imposta sulle altre per l’accessibilità nell’informazione e comunicazione.
Per la diffusione di queste buone prassi si è attivato anche SuperAbile.it aprendo una sezione apposita
sul canale Senza barriere dove sono
riportate e commentate in italiano le
soluzioni e i progetti che hanno portato alcune città a ottenere questo riconoscimento europeo. Riconoscimento
che, ricordiamolo, arriva dopo una
preselezione a livello nazionale e una
selezione finale a livello europeo. Sono le giurie nazionali a selezionare, infatti, fino a tre città; quindi la giuria
europea seleziona tra queste le quattro
città finaliste e anche le città “menzione speciale” per particolari soluzioni
adottate in una delle quattro aree tematiche.
l’ESPERTO RISPONDE
a cura del Consorzio sociale Coin
Mobilità
Per rilasciare il certificato medico
utile al rinnovo del contrassegno invalidi, il medico curante mi ha chiesto
50 euro. Può farlo?
P
er quanto riguarda il rinnovo del contrassegno di circolazione e sosta veicoli
a servizio di persone invalide con validità
a cinque anni (Dpr 495/1992 art. 381), facciamo presente che la normativa non contiene alcun riferimento alla gratuità del
rilascio del certificato da parte del medico
curante. Quest’ultima è quindi demandata
al buon senso del medico stesso. Ne consegue che sia perfettamente possibile che alcuni medici richiedano il pagamento per
fornire la certificazione richiamata.
Sport
Sono un’istruttrice di minibasket specializzata anche nel basket giovanile
con ragazzi con autismo e altre disabilità. Alleno squadre di minibasket
composte da giovani disabili e non.
Vorrei lavorare nel settore: sapete
indicarmi come posso fare?
L
e suggeriamo di contattare la sede centrale della Federazione italiana pallacanestro in carrozzina (Fipic), cui il Comitato
italiano paralimpico (Cip) ha demandato
la gestione, l’organizzazione e lo sviluppo
dell’attività sportiva in argomento. Sarà la
Fipic a orientarla verso i centri che prati-
39
cano la disciplina di suo interesse nell’area
geografica dove risiede e che non risulta
specificata nella sua richiesta.
Riportiamo i riferimenti utili: Federazione italiana pallacanestro in carrozzina,
tel. 06/36856123, sito Federipic.it.
pinzillacchere
IL PRANZO DELLA DOMENICA
di Carla Chiaramoni
La lanterna
di Diogene
Via Argine, 20
41030 Solara di
Bomporto (Mo)
Progettoaltroche.it
Tel. 059/801101
In cucina il gruppo di Diogene
Chiusura lunedì e martedì a cena
Coperti 40 (40 all’aperto)
Locale accessibile
Prezzo 30 euro (vini esclusi) per
il menù degustazione
D
ifesa della diversità,
umana e dei prodotti. È
intorno a questa idea che è
nata La lanterna di Diogene,
gestita dalla cooperativa
omonima, il cui nome è
ispirato al filosofo greco
che alla luce di una lanterna
cercava “l’uomo” ad Atene.
L’attività di ristorazione è
stata la naturale conseguenza
del lavoro di agricoltura e
allevamento avviato con
un gruppo di ragazzi con
disabilità intellettiva nel centro
terapeutico La Lucciola. Sono
dodici i ragazzi al lavoro negli
ambiti che l’attività richiede
nell’intera filiera: campi, stalla
e osteria.
Vicina al fiume Panaro, La
lanterna è una casa rurale
con un ampio portico e
verde intorno. Punto di forza
è l’uso di materie prime di
produzione propria o di
filiera corta, in gran parte
biologiche, declinate in un
menù degustazione ricco
e vario. È anche possibile
ordinare alla carta e sono
proposte alternative per i
celiaci e per chi ha intolleranze
alimentari. Antipasti e dolci
sono a buffet; da non perdere
le paste fatte in casa, in
particolare i tortelloni, o le
zuppe che variano a seconda
dei prodotti di stagione.
Da provare sia lo stracotto
e roastbeef che la faraona
arrosto farcita di mele cotogne.
Anche il pane è realizzato in
casa. Buona la scelta di vini,
anche biologici. Nell’acetaia
i ragazzi producono aceto
balsamico tradizionale di
Modena. A causa del sisma
dello scorso anno sia l’osteria
che l’acetaia hanno subito
danni importanti, ma l’attività
di ristorazione non si è mai
fermata, dopo la messa in
sicurezza della struttura.
Invece l’acetaia è tuttora
inagibile; le botti sono state
trasferite in container dove ora,
in attesa della ricostruzione,
vengono accudite con non
poche difficoltà, come
spiega il presidente della
cooperativa Giovanni Cuocci.
Slow food Italia ed Emilia
Romagna hanno lanciato una
raccolta fondi per aiutare le
osterie della propria Guida
danneggiate dal terremoto.
IL FRANCOBOLLO DEL MESE
fai da te
di Gian Piero Ventura Mazzuca
Ecco la protesi costruita con i Lego
Quarant’anni fa, dall’altra parte
del mondo
M
attoncino colorato dopo
mattoncino colorato e il
gioco è fatto: costruirsi una
protesi con i Lego. A realizzarla
Christina Stephens, giovane
terapista occupazionale e
ricercatrice clinica, amputata
dal ginocchio in giù a causa
di un incidente sul lavoro. E
l’ha fatta nel salotto di casa
sua, riprendendosi con la
regina Elisabetta, mentre
il Paese è guidato da
un governatore. Anche
la filatelia ha seguito
questa impostazione e
infatti troviamo diverse
emissioni australiane che
riguardano le tematiche
che ci interessano, a
partire dai primi anni
Settanta.
Infatti proprio nel 1972
sono stati emessi tre
valori che ricordavano
n territorio da sempre l’importanza della
riabilitazione, una piccola
molto sensibile
serie dai grandi significati.
alle tematiche della
E noi tagliamo qui per
disabilità è l’Australia,
nazione di ovvia matrice dare più spazio alle
anglosassone tanto più
immagini, che parlano da
che il capo della Stato è la sole.
U
40
telecamera, caricando il video
sul proprio canale Youtube,
AmputeeOT, e mettendo
qualche foto sull’omonima
pagina Facebook. A dir la
verità, la stramba idea è venuta
a un suo collega: a Christina il
merito di averci provato e di
esserci riuscita. La gamba finta,
ovviamente, è stata creata
solo per divertimento, senza
nessuna pretesa scientifica.
L’obiettivo della statunitense,
infatti, è quello di ironizzare
sulla propria condizione
mostrando a tutti la possibilità
di essere creativi nonostante
la propria disabilità, come
attestano i suoi interventi sui
social network che funzionano
da risorsa per le persone
amputate, le famiglie o i
caregiver in cerca di qualche
trovata originale. [M.T.]
B
LE PAROLE PER DIRLO
progetto memoria
di Franco Bomprezzi
Cartoline dal manicomio: vivere e curare
la follia nel Tirolo storico
isogni educativi speciali.
Ovvero, in sigla, Bes. È la
nuova frontiera dell’inclusione scolastica.
In fondo tutto è nato da noi, dal nostro
mondo, persino, nella parte bella, dalla
scuola italiana che è considerata un esempio
anche all’estero. Da quest’anno si entra
nel magico mondo dei bisogni educativi
speciali. I docenti, e non solo loro, devono
mettere in atto tutti gli strumenti che
hanno a disposizione per fornire il miglior
supporto possibile a tutti quegli alunni che
hanno sicuramente bisogno di un sostegno
personalizzato e competente.
Non solo alunni con disabilità
certificata dunque, ma anche ragazzi
e ragazze che vivono altre situazioni di
disagio, nell’apprendimento come nella
socializzazione. I disturbi dello spettro
autistico, certo, ma anche la provenienza
linguistica e familiare da una cultura diversa,
oppure condizioni di salute specifiche,
non immediatamente riconducibili alla
tradizionale classificazione dei deficit.
La scuola deve tornare a essere curiosa
ed esigente nei confronti di se stessa.
Ripartire di slancio dopo aver vissuto anni
di stanchezza, di delusione, di disincanto
rispetto alle grandi riforme spesso
impoverite dalla routine e più ancora dalla
mancanza di risorse e di stimoli.
Riusciranno i nostri eroi? Difficile dirlo,
perché in queste situazioni si fa ancor più
evidente il lavoro di chi preferisce tirarsi
indietro, mugugnare, rimpiangere i bei
tempi della scuola selettiva e meritocratica,
come se in realtà, attraverso i Bes, non
si stia svolgendo proprio la funzione
primaria dell’istruzione pubblica, ossia la
valorizzazione di ogni persona, di ogni
allievo, ma anche, direi, di ogni insegnante.
«L’area dello svantaggio scolastico – scrive la
direttiva ministeriale – è molto più ampia di
quella riferibile esplicitamente alla presenza
di deficit». Ma davvero?
Bes
«N
on vi permetterò più di farmi
passare per matto». Sono
le parole con cui, nel 1903, l’aiuto
guardiacaccia Josef B. manifestava
tutto il suo disappunto per il
trattamento subito in manicomio.
Ma questa frase è anche il titolo
della mostra documentaria che ha
ricostruito la sua storia e quella di
altri trenta uomini e donne assistiti
negli istituti psichiatrici di Tirolo, Alto
Adige e Trentino tra il 1830 e il 1980.
Incartamenti, effetti personali e altri
reperti a testimonianza di quello che
è stato lo stigma per eccellenza del
passato: la malattia mentale.
Alla base ci sono una serie di cartelle
cliniche e scritti che raccontano
le vicissitudini, finora ignorate,
dei pazienti delle strutture di Hall,
Innsbruck e Pergine Valsugana (Trento).
A rispolverare queste vicende sono
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state le ricerche degli Istituti di Storia
ed etnologia europea e della Pubblica
istruzione dell’Università di Innsbruck,
che insieme all’Archivio provinciale
di Bolzano hanno elaborato questa
mostra itinerante nell’ambito del
progetto “L’assistenza psichiatrica
istituzionale e territoriale nell’area del
Tirolo storico (secoli XIX-XXI)”.
Dal 2011 l’esposizione si muove tra
i confini d’Italia, Austria e Germania
per dissotterrare questo cimitero
dimenticato e le conseguenze degli
eventi politico-sociali sugli internati.
La tappa finale è stata proprio Pergine
Valsugana, in provincia di Trento. Qui,
grazie a “Op! Progetto memoria”, fino al
18 novembre al Nuovo teatro comunale
continua Il senso della follia, una mostra
sull’ex ospedale psichiatrico promossa
dalla fondazione Museo storico del
Trentino. (foto di David Schreyer) [M.T.]
dulcis in fundo
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