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La vita è breve. Ma intensa e divertente
M ZIN AGA E Redazione: Piazza Cavour 17 - 00193 Roma • Poste Italiane spa – Spedizione in abbonamento postale 70% - Roma 11 novembre 2013 ACONDROPLASIA La vita è breve. Ma intensa e divertente VALENTINA BAZZANI Che bello essere glamour VERSO SOCHI Ecco gli azzurri favoriti alle Paralimpiadi invernali EDITORIALE di Luigi Sorrentini Direttore Centrale Reggente Riabilitazione e Protesi, Inail Reatech: la fiera delle opportunità per tutti S i è svolta a ottobre presso Fiera Milano Congressi la seconda edizione di Reatech Italia: né una mostra espositiva, né un convegno di settore, ma un confronto-evento costruito in mesi di paziente lavoro di elaborazione dei contenuti forniti dalle stesse persone disabili, con la collaborazione di associazioni ed esperti. Il tema della disabilità è stato affrontato in modo completamente diverso e per certi versi affascinante, come scommessa del tutto inedita. Ossia partendo dai sogni, dai desideri, dal fai-da-te, dalle applicazioni smart, dalle esperienze, dai racconti di straordinaria normalità, dai bisogni d’inclusione e di autonomia che tutti sentiamo come fondamentali. Reatech, infatti, è stata un chiaro esempio di come in rare occasioni siano le associazioni e le persone disabili, con le loro esperienze e bisogni, a proporre un nuovo tipo di mercato degli ausili e dei servizi, molto più rispettoso delle compatibilità economiche delle famiglie. Magari meno ipertecnologico, ma attento a ciò che si può realizzare partendo dagli oggetti e dagli strumenti di tutti. Ed è proprio a queste buone pratiche che l’Inail guarda con attenzione e partecipazione, sposandone gli obiettivi di fondo e valorizzandone il significato per un cambiamento culturale sempre più positivo nei confronti della disabilità. Tuttavia, il vero successo di Reatech è stato sicuramente il calendario fitto di appuntamenti che ha posto al centro le stesse persone disabili, il loro bisogno di incontrarsi, di scambiare opinioni sulla vita, di rappresentare la realtà e le speranze, di dimostrare capacità e risorse, di vincere la sfida dell’esistenza, anche quando è segnata da un deficit o da un evento traumatico non previsto. La sollecitazione forte è venuta anche sul fronte del diritto al lavoro, con le parole del presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua che ha chiarito come, finita la fase dei controlli, occorre entrare in una nuova era dove una pensione da 270 euro mensili non è degna di un Paese civile. Tante le proposte concrete per riportare la disabilità al centro dell’agenda dello sviluppo economico. E il messaggio, in vista di Expo 2015, non può essere sottovalutato. «Anche lo sport è un’occasione preziosa per costruire i cittadini – ha detto Luca Pancalli al convegno di apertura – perché è un sistema di regole e oggi si è rivoluzionari proprio se si fanno grandi cose rispettando le regole». E la riuscita di Reatech è stata siglata dalla presenza di Cody McCasland, bambino biamputato arrivato dall’America per motivare anche noi italiani a reagire alle difficoltà che si incontrano, come fa con i soldati tornati disabili dalle guerre in Oriente. Cody è un portavoce del Caf, Challenge athletes foundation, che raccoglie fondi per aiutare le persone con disabilità a praticare discipline sportive. Inoltre al Brooke army medical center, detto Center for intrepid, parla ai veterani delle operazioni subite e delle sue difficoltà: per questo quei soldati gli credono. «Be strong, never give up»: «Siate forti, mai arrendersi». Lo dice lui a loro. Sa farli sorridere. 3 Alla scoperta di acondroplasia e Sochi Sono circa 4mila in Italia e 650mila nel mondo le persone con acondroplasia, la forma più comune dei circa 200 tipi di nanismo esistenti. Questo mese SuperAbile Magazine ha raccolto le storie di uomini, donne e ragazzi acondroplasici per raccontare come si confrontano con la loro condizione: una malattia genetica rara che può comportare forme severe di disabilità, ma che spesso non preclude una vita normale. Nelle pagine successive un’intervista a Valentina Bazzani, giornalista ventottenne in sedia a ruote, che ha fatto del fascino e dello stile il suo tratto distintivo. E ancora: come si prepara la nazionale azzurra all’appuntamento delle Paralimpiadi invernali, che si terranno nel 2014 a Sochi, la perla del Mar Nero, residenza estiva di tanti magnati russi. Tra le storie, invece, il tour planetario di Alessandro Bordini che, dopo essere diventato cieco quattro anni fa, ha cominciato a girare il mondo da solo, con un bagaglio personale minimo e una grande fiducia nel genere umano. E poi il racconto fotografico di una cavalcata assai singolare: quella di dodici giovani autistici e dei loro padri, che hanno attraversato boschi di querce e campi di girasoli, dimostrando a se stessi e agli altri che barricati in casa si muore e fuori dalle quattro mura è possibile vivere. NUMERO undici Novembre 2013 EDITORIALE 3 Reatech: la fiera delle opportunità per tutti di Luigi Sorrentini ACCADE CHE... 5 Genny Urban 2.0: iter e collaudo 7 anche al Ciac di Bari Toscana, cure gratuite nelle strutture pubbliche e private L’INCHIESTA 8 Siamo bassi. E allora? di Antonella Patete cronache italiane 18 Dal dentista. E senza paura 26 Tutti a Sochi con Daldoss dell’autismo di A.P. 31 Elogio dell’imperfezione (e del lento incedere) di A.P. 34 Pablo Pineda, conduttore Down sullo schermo di Michela Trigari 35 Guardare il mondo senza vederlo di A.P. 28 Sulla perla del Mar Nero 36 Inail... per saperne di più di Giorgia Gay visti da vicino 20 Il mio giro del mondo armato di fiducia di Maurizio Molinari PORTFOLIO 22 Cavalcando l’autismo di Elisabetta Proietti SPORT INSUPERABILI di Stefano Caredda di S.C. 16 Quanto adoro essere fashion Intervista a Valentina Bazzani di Laura Badaracchi Superabile Magazine Anno II - numero undici, novembre 2013 Direttore: Luigi Sorrentini CULTURA 30 La voce di Naoki oltre il muro In redazione: Antonella Patete, Laura Badaracchi e Diego Marsicano Direttore responsabile: Stefano Trasatti Hanno collaborato: Stefano Caredda, Carla Chiaramoni, Elisabetta Proietti, Giorgia Gay, Maurizio Molinari e Michela Trigari di Redattore Sociale; Franco Bomprezzi, Gian Piero Ventura Mazzuca; Erica Battaglia, Giorgia Di Cristofaro, Daniela Orlandi del Consorzio sociale Coin; Francesca Iardino, Monica Marini, Mariella Pedroli e Chiara M. Tornatore dell’Inail RUBRICHE Nel Lazio “Utile & dilettevole”, progetto per gli infortunati 37 Previdenza Congedo straordinario retribuito. Ecco le novità 38 Senza barriere Access City Award 2014: parte il conto alla rovescia 39 L’esperto risponde Mobilità, Sport Editore: Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro Redazione: Superabile Magazine c/o agenzia di stampa Redattore Sociale Piazza Cavour 17 - 00193 Roma E-mail: [email protected] Stampa: Tipografia Inail Via Boncompagni 41 - 20139 Milano Autorizzazione del Tribunale di Roma numero 45 del 13/2/2012 Progetto grafico: Giulio Sansonetti 4 PINZILLACCHERE 40 Il pranzo della domenica La lanterna di Diogene di Carla Chiaramoni 40 Quarant’anni fa, dall’altra parte del mondo di Gian Piero Ventura Mazzuca Ecco la protesi costruita con i Lego di M.T. 41 Le parole per dirlo Bes di Franco Bomprezzi Cartoline dal manicomio: vivere e curare la follia nel Tirolo storico di M.T. Dulcis in fundo 42 Strissie - I pupassi di Adriana Farina e Massimiliano Filadoro Un ringraziamento, per averci gentilmente concesso l’uso delle foto, a Michele Palazzi/Contrasto (pagg. 3-4, 8-15), Sciare-Trabucchi (pag. 4, 29), Andrea Navisse (pag. 5), Simone Morciano (pag. 16), La lanterna di Diogene (pag. 40), David Schreyer (pag. 41). In copertina: foto di Michele Palazzi/ Contrasto. Un ringraziamento speciale al fotografo e all’agenzia Contrasto per la collaborazione nella realizzazione dell’inchiesta. ACCADE CHE... MONDO INAIL Genny Urban 2.0: iter e collaudo anche al Ciac di Bari L a sedia a ruote che si guida senza mani – cioè solo con l’oscillazione del corpo – arriva anche al Sud. Inventata da un ex imprenditore edile di Savona rimasto invalido dopo un incidente in moto, Paolo Badano (nella foto), che l’ha creata pensando ai Segway, iscritta al repertorio dei dispositivi medici del ministero della Salute, commercializzata dalla Genny Mobility srl e fornita dall’Inail tramite il Centro protesi di Vigorso di Budrio (Bologna), ora Genny Urban 2.0 può essere richiesta e collaudata anche al Centro di in- formazione, assistenza e consulenza per neurolesi (Ciac) della direzione regionale Inail Puglia, con sede a Bari. L’obiettivo? Fornire il presidio senza dover effettuare lunghi viaggi. «Il vero vantaggio è stato proprio quello di non doversi spostare in Emilia», ha rilevato Fabio Galati, il primo assistito Inail pugliese a utilizzare Genny. «Con la fornitura di questo ausilio è stato coronato l’impegno delle strutture territoriali dell’Istituto», ha evidenziato Giovanni Asaro, direttore regionale Inail Puglia. Il progetto ha visto infatti coniugare Milano Magliette da toccare e un laboratorio di moda Braille N ell’Istituto dei ciechi di Milano sono arrivate le t-shirt in Braille. I capi d'abbigliamento, con la doppia scritta da toccare e da leggere “Non occorre vedere per guardare lontano”, fanno parte dell’ultima collezione dedicata ai cinque sensi dello stilista Alessandro Dall’Acqua e nascono dalla collaborazione tra la casa di moda e l’ormai famoso percorso sensoriale “Dialogo nel buio”. Le magliette, in edizione limitata, si possono trovare anche nei punti vendita Alessandro dell'Acqua Uomo. Il progetto prevede inoltre la creazione di un laboratorio per lo studio del Braille applicato all’abbigliamento. Per informazioni: tel. 02/76394478. l’esperienza del Centro protesi di Vigorso con la valutazione dell’idoneità clinica del paziente e il suo addestramento alla guida della sedia a ruote realizzati presso il Ciac di Bari attraverso le competenze del Polidiagnostico regionale. Genny 2.0 è leggera, autobilanciante, agile (si gira su se stessa in pochi secondi), ha un’autonomia della batteria di 40 chilometri, si ricarica in poche ore e costa circa 16mila euro. [M.T.] In Spagna l’audio-descrizione si fa col cellulare. Si chiama AudescMobile, ed è un’applicazione che consentirà ai non vedenti di seguire film, serie tv, opere teatrali e mostre direttamente dal proprio telefonino. La novità è stata promossa dalla Fondazione Once, in collaborazione con la Fondazione Vodafone spagnola, e rappresenta una svolta importante per l’integrazione delle persone con disabilità: finora, infatti, la sincronizzazione sonora è stata sempre effettuata usando strumenti molto costosi. fiori d’arancio A Latina amore senza barriere D odici anni fa ha subito un incidente sul lavoro, con una conseguente lesione midollare che lo ha reso paraplegico. Ma la disabilità non ha frenato l’autonomia e lo spirito di iniziativa del quarantunenne Andrea Navisse, convolato a nozze con Alessandra Martina lo scorso 17 agosto ad Aprilia. «La loro storia d’amore è nata il 23 febbraio 2010 e dopo due anni di convivenza hanno deciso di fare il grande passo. Durante i festeggiamenti, dopo il taglio della torta nuziale, gli sposi si sono concessi qualche ballo in pista e hanno fatto il bagno in piscina. In viaggio di nozze sono stati nei Fiordi norvegesi e nelle capitali atlantiche per 17 giorni di crociera», riferisce Chiara Maria Tornatore, assistente sociale della Sede Inail di Latina. Andrea è stato fra i primi in Italia a usare la sedia a ruote Genny Urban, che in occasione del matrimonio ha verniciato in blu metallizzato, lo stesso colore della sua automobile. Per la coppia non esistono barriere: «Basta semplicemente voler vivere, per superarle ed essere felici». 5 ACCADE CHE... pari opportunitÀ Ginecologia e ostetricia: la lunga strada dell’accessibilità S olo pochi ginecologi hanno ricevuto una formazione in tema di disabilità, e in generale le strutture sanitarie non sono preparate a gestire le pazienti in sedia a ruote durante una visita. È quanto emerge dalla ricerca L’accessibilità dei servizi di ginecologia e ostetricia alle donne con disabilità, curata da Simona Lancioni del Gruppo donne dell’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare (Uildm). L’indagine – condotta su 61 presidi pubblici di Asti, Chioggia, Livorno, Modena, Pisa, Roma e Sassari utilizzando un questionario standard predisposto da alcuni esperti – ha rilevato come nei sanitÀ Il day hospital dove i bimbi disabili non fanno la fila E vitare il ricovero in rianimazione è possibile. Accade nella sede di Palidoro dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, dov’è nato un sistema di day hospital di terapia intensiva. In questa struttura i piccoli pazienti con disabilità grave restano per al massimo mezza giornata e senza fare la fila perché ogni giorno non vengono fissati più di quattro appuntamenti. La maggioranza di questi bambini ha subito delicati interventi chirurgici, non è in grado di respirare autonomamente, quindi ha bisogno di cure e attenzioni costanti. «Qui, un’équipe dedicata esclusivamente a loro fa esami, esegue visite specialistiche e sono presenti anche logopedista e nutrizionista», chiarisce Augusto Gasparini, medico della struttura. Non solo: il personale, reperibile telefonicamente 24 ore su 24, insegna ai genitori «come comportarsi in caso di emergenza». servizi sanitari analizzati manchi il concetto di accessibilità universale. Il 42% non dispone di un bagno per persone disabili, solo 23 strutture hanno uno spogliatoio sufficientemente ampio e il 64% delle sedi o non è servita da mezzi di trasporto pubblici o questi sono inaccessibili. Roma Santa Lucia, settore sportivo a rischio chiusura R ischia un forte ridimensionamento se non una chiusura, la sezione sportiva della Fondazione Santa Lucia di Roma . Un'eccellenza che mette insieme sport integrato, agonismo, riabilitazione, inclusione e ricerca scientifica. Mancanza di sponsorizzazioni e ristrettezze economiche sono alla base di una situazione ormai critica: tagli in vista non solo per il basket maschile, che vanta titoli nazionali e 6 internazionali, ma anche per la squadra di nuoto già campione d'Italia e per l'attività di base delle giovanili. A dare l'allarme è Mario Dany De Luca, vicepresidente della società sportiva dilettantistica Santa Lucia. «La crisi del settore – spiega – è conseguente a quella della fondazione, che vanta un credito con la Regione Lazio di oltre 100 milioni di euro». (Nella foto, di Pino Rampolla, lo scudetto 2011) La matematica da ascoltare in un’app per bambini ciechi e ipovedenti. Si chiama Math Melodies l’applicazione per Ipad realizzata da EveryWare Technologies, società spin-off dell’Università di Milano. Il progetto è patrocinato dall’Associazione nazionale subvedenti (Ans) e da Retina Italia onlus. L’app permette di risolvere le operazioni aritmetiche attraverso suoni associati a numeri e figure. Ulteriori informazioni sul sito Mathmelodies. everywaretechnologies. it. dopo di noi In Romagna 22 ettari per la vita indipendente B en 6mila metri quadrati al coperto, 22 ettari di terreno, 20 posti letto, uno spazio per bambini con disabilità e 50 persone al lavoro quando tutto sarà a regime. Potrebbe essere la struttura per il “dopo di noi” più grande d’Italia quella inaugurata sulle colline romagnole, tra Bertinoro e Forlimpopoli. Nata su iniziativa delle famiglie Fornino e Valmori, due imprenditori che si sono trovati con un figlio disabile e che hanno dato vita alla fondazione omonima e alla cooperativa Insieme per crescere che gestirà tutti i servizi, la struttura punta a tutto tondo sull’integrazione con le diverse realtà presenti sul territorio. Così la mensa servirà anche le aziende della zona, le palestre saranno per A Genzano asini in corsia per curare autismo e demenza sini in “corsia” per migliorare la vita dei pazienti. Succede ai Castelli romani, nella minifattoria dell’ospedale Fatebenefratelli di Genzano – la prima all’interno di un nosocomio –, dove chi è affetto da autismo e Alzheimer può sperimentare benefici concreti Toscana, cure gratuite nelle strutture pubbliche e private I pet therapy A Mondo Inail tramite l’onoterapia. Considerato un animale da lavoro, l’asino è docile, prevedibile e calmo, più simile a un cane che a un cavallo. Concetta, Yura, Rosina e Margot sono asinelli che collaborano con Antas onlus, convinta dell’efficacia dell’onoterapia in aiuto alla medicina tradizionale. tutti, la lavanderia potrà lavare la biancheria degli asili dei comuni limitrofi, il maneggio per la pet-therapy aprirà i cancelli a chiunque e presto ci sarà anche un ristorantino biologico a chilometro zero. Info: Fondazioneforninovalmori.it. Dalla Ue 500mila euro per la mobilità cittadina. Parma, Madrid, Lisbona e Southend (Regno Unito) sono le quattro città che, grazie al progetto “Simon”, riceveranno fondi europei da spendere in sostenibilità dei trasporti. L’obiettivo? Migliorare l’accessibilità dei mezzi pubblici e privati, implementare i parcheggi riservati e sviluppare soluzioni multiple per le persone con ridotta autonomia come anziani, disabili, mamme con il passeggino. 7 n Toscana i lavoratori infortunati potranno curarsi gratuitamente, con oneri a carico dell'Inail, anche nelle strutture pubbliche e private accreditate con il Servizio sanitario. Lo prevede l'accordo firmato dal presidente della Regione Enrico Rossi e dal presidente della Sede locale dell'Istituto Massimo De Felice. Gli enti individueranno le strutture che erogheranno cure e prestazioni. «Il protocollo consentirà di potenziare la presenza sul territorio dell’Inail in un quadro di collaborazione con la sanità locale – sottolinea De Felice –. Sarà così valorizzata anche l'esperienza riabilitativa che l'Istituto ha maturato a Volterra». Un tavolo tecnico di coordinamento e ulteriori convenzioni consentiranno di attivare progetti di ricerca e formazione in ambito di reinserimento per le persone disabili. senza barriere Lamezia Terme: con l'Anglat l’aeroporto è più accogliente P rotocollo d’intesa tra la Sacal, la società che gestisce l’aeroporto di Lamezia Terme, e l’Anglat (Associazione nazionale guida legislazioni andicappati trasporti). L’accordo, primo nel suo genere in Italia, prevede la collaborazione e il supporto dell’associazione per le attività di formazione del personale addetto all’assistenza dei passeggeri disabili o a mobilità ridotta e di un tutor interno il cui compito sarà quello di sensibilizzare chi lavora al front office. Si andrà dai metodi di comunicazione al comportamento da adottare nel caso di cani-guida, dalla conoscenza dei vari ausili all'aspetto psicologico. Non mancheranno le prove pratiche e le simulazioni sul campo. [Maria Scaramuzzino] l’inchiesta Pianeta acondroplasia Siamo bassi. E L’acondroplasia è la forma più comune dei circa 200 tipi di nanismo esistenti. Ma essere meno alti degli altri non significa per forza dover rinunciare a una vita normale: lo testimoniano le storie di Yassin, Samantha, Valentina e Maurizio Antonella Patete/foto Michele Palazzi Q uando scoprì che il bambino che portava in grembo non avrebbe mai superato un metro e 30 di statura, il suo ginecologo le consigliò di andare ad abortire fuori dall’Italia, in un Paese dove vigevano leggi più permissive sull’interruzione di gravidanza. All’epoca Nadia Pivato aveva 38 anni e non aveva mai sentito pronunciare la paro- la acondroplasia: era alla trentaduesima settimana di gestazione, aveva avuto quasi sette mesi per fantasticare su come sarebbe stato il suo secondo figlio e non aveva messo in conto di doversi confrontare con una notizia tanto spiazzante. Eppure non ci pensò un solo un istante, rispedì la proposta al mittente e da quel momento in poi non ebbe che un unico obiettivo: ottenere più in- 8 formazioni possibili su quello che attendeva lei e il nascituro. Seduta nel giardino della sua casa di Aprilia, un’abitazione a due piani sulla via Pontina a circa 20 chilometri da Roma, Nadia va indietro con la memoria a otto anni fa. E di quel periodo ricorda soprattutto lo strazio di un’attesa non confortata da alcun supporto medico. «Era il rischio delle possibili complicazioni a tormentarmi: Nato a Roma nel 1984, Michele Palazzi si è diplomato presso la Scuola romana di fotografia. Nel 2009 ha vinto il Premio Enzo Baldoni con il progetto “3,32AM”, dedicato al terremoto in Abruzzo. Tra il 2010 e il 2011 ha lavorato al progetto “Migrant workers journey” sui lavoratori stagionali senza permesso di soggiorno, che ha ricevuto il Project Launch Award 2011 presso il Center Santa Fe ed è stato esibito al New Mexico Museum of art. Quest’anno ha ricevuto il primo premio all’Environmental Photographer of the year award. Attualmente è impegnato in un progetto a lungo termine sull’impatto della modernizzazione nei Paesi asiatici. E allora? il bambino avrebbe potuto avere problemi neurologici o respiratori. Per fortuna è andato tutto bene». L’acondroplasia è la forma più comune dei circa 200 tipi di nanismo esistenti, interessa una persona su 25mila, senza distinzione di sesso, razza, ceto o nazionalità. Solo uno su dieci ha precedenti in famiglia. In Italia riguarda circa 4mila persone, 650mila nel mondo. La sua presenza viene generalmente rilevata intorno all’ottavo mese di gravidanza. Attualmente non esiste una cura, ma è possibile guadagnare fino a 30 centimetri di altezza attraverso operazioni chirurgiche di allungamento dei femori e delle tibie. È una malattia genetica rara che, in alcuni casi, può provocare una vera disabilità. Ma spesso rimane una condizione che, pur con al- 9 cuni limiti, non preclude la possibilità di condurre un’esistenza normale. Il problema principale? La forza persistente dello stigma. Nel giardino di Aprilia Yassin, che oggi ha sette anni e mezzo, corre a perdifiato con le sue sorelle Hasna di nove anni e Sara di sei. È un bambino allegro e determinato, che conduce una vita in tutto e per tutto simile a l’inchiesta Pianeta acondroplasia Gli aco sul grande schermo Sono anni che gli attori acondroplasici non sono più relegati ai ruoli fantasy o a quelli di controfigure per bambini, ma hanno letteralmente conquistato il grande schermo. Tra gli ultimi successi quello di Giovanna Vignola, che ha partecipato al film La grande bellezza di Paolo Sorrentino nel ruolo di Dadina, la caporedattrice del giornale nel quale lavora Jep, interpretato da Toni Servillo. Il film è stato scelto per rappresentare l’Italia nella corsa agli Oscar. Fra i volti più famosi degli ultimi anni, l’americano Peter Dinklage, noto al pubblico italiano soprattutto per aver interpretato, nel 2008, Trumpkin il nano rosso in Le cronache di Narnia. Il Principe Caspian e la serie tv Il trono di spade (su Rai4). Dinklage è protagonista in molti altri film, tra cui Station Agent, pellicola indipendente diretta nel 2003 da Thomas McCarthy. Qui l’attore è il nano Fin, personaggio introverso e solitario che eredita una piccola stazione ferroviaria nel New Jersey e si trova, suo malgrado, a sfidare i pregiudizi della provincia americana. Sempre dello stesso anno, e interpretata dallo stesso attore, la commedia Tiptoes di Matthew Bright racconta la vicenda di Carol e Rolfe, che vuole convincere la sua fidanzata ad abortire, temendo che il nascituro sarà acondroplasico come alcuni membri della sua famiglia. Più romantico e sentimentale Frankie delle stelle, diretto da Michael Lindsay-Hogg nel 1995. Nel film, François – detto Frankie – è un nano che consegna a un agente letterario il dattiloscritto di un romanzo dove racconta la propria storia e quella della madre, ovvero la sua amara odissea dalla Francia all’Irlanda. quella dei suoi coetanei: la scuola, il gioco, lo sport. «Nei primi tempi è stato tutto più difficile, temevo che un giorno mi avrebbe chiesto: perché mi hai fatto nascere? Ma una volta venuto al mondo, non c’è stato neppure tempo di pensare: è cominciata la fase dei controlli e degli esami, che si è protratta per i primi due anni – racconta sua madre –. Poi ha iniziato a camminare e a gioca- tri negli ospedali, nei forum, su Facebook e tutti sembrano avere gli stessi bisogni: scambiare notizie, punti di vista, vissuti». Per rispondere a questa esigenza, nel 2011, Nadia ha fondato l’associazione Acondroplasia-Insieme per crescere, che oggi conta 130 famiglie associate provenienti da tutta Italia e un gruppo Facebook da 600 contatti. «L’idea è quella di unire le forze tra genitori re come gli altri bambini e tutto è diventato più semplice: ho capito che potevamo vivere una vita normale». Una normalità da conquistare giorno per giorno, lottando in primo luogo contro la solitudine, la mancanza di informazioni, la sensazione che quella cosa sia capitata solo a te: «All’inizio ti senti raro, poi capisci che ci sono tante persone che stanno vivendo la tua stessa esperienza. Le incon- – spiega la presidente –. Vogliamo portare all’attenzione delle istituzioni la questione della ricerca mai realmente partita nel nostro Paese e garantire l’esistenza di centri medici specializzati, in grado di offrire alle famiglie una risposta a tutto tondo, compreso il supporto psicologico al momento della diagnosi». È proprio questa, infatti, la fase più delicata e lo sportello telefonico dell’associa- 10 Questione di termini Acondroplasia è una parola difficile, che pochi conoscono. Per questioni di praticità, spesso si usa il diminutivo aco per gli acondroplasici, e non-aco per tutti gli altri. Ma anche così resta comprensibile a pochi. E il termine nano? Molti non lo reputerebbero neppure offensivo, se non zione raccoglie spesso lo sconcerto successivo alla scoperta che il proprio figlio non sarà alto come gli altri. «Spesso sono i futuri papà a chiamare per chiedere informazioni, le madri stanno ancora metabolizzando la sensazione di vedersi cadere il mondo addosso. I genitori non sanno cosa li aspetterà dopo la nascita». Acondroplasia - Insieme per crescere è la seconda organizzazione italiana dopo l’Aisac, l’Associazione per l’in- formazione e lo studio dell’acondroplasia, nata oltre un quarto di secolo fa, ai tempi in cui le famiglie si raggruppavano per portare i loro figli a operarsi in Siberia, dove si sperimentavano i primi interventi di allungamento. Nel frattempo tutto è cambiato ed è ormai possibile effettuare l’ope- razione anche nel nostro Paese: il “Gaslini” di Genova, il “Gaetano Pini” di Milano, il “Bussolengo” di Verona sono solo alcuni degli ospedali italiani dove, a partire dall’età di sette anni, è possibile eseguire i complessi interventi per l’allungamento degli arti. Che comportano lunghe e dolorose convalescenze in cui non è possibile muoversi autonomamente né camminare. Dopo il taglio dell’osso, infatti, vengono applicati dei fissatori metallici esterni dotati di viti che vanno girate a mano dai diretti interessati o dai loro genitori: in questo modo gli arti riescono a crescere di un millimetro al giorno. Il ricordo di quell’intervento lascia una traccia indelebile nella memoria di chi lo ha effettuato. Ma difficilmente chi ha fatto questa scelta se ne pente e spesso attribuisce, 11 fosse per l’utilizzo che se ne fa. Basti pensare all’inveterata abitudine di usarla come parola denigratoria e fortemente dispregiativa nello scontro politico e non solo. Il messaggio è: essere nani non è un insulto, per favore non usate la parola come tale. l’inchiesta Pianeta acondroplasia E la chiamano Zelinda Si chiama Zenobia Elmi, ma da tutti conosciuta come Zelinda: è una delle cinque donne che quest’anno hanno ricevuto il Riconoscimento internazionale Santa Rita. Umbra, nata nel 1953 con nanismo come il fratello maggiore, dice: «La mia condizione fisica non mi fa sentire sfortunata, provo anzi una gioia interiore che spesso manca a tante persone fisicamente sane e materialmente realizzate ma sempre inquiete e insoddisfatte di ciò che hanno. Lavoro in parrocchia, sono responsabile del Centro volontari della sofferenza e porto la mia testimonianza nelle scuole». Nel 2012 ha pubblicato l’autobiografia Una piccola grande vita (Edizioni chiesa San Severo a Porta Sole, La Voce). [L.B.] almeno in parte, il proprio successo ai risultati dell’operazione. D’altronde, sono gli stessi medici a rassicurare i genitori: «Non preoccupatevi, a 12 anni potrà fare l’allungamento». Eppure rimane il sospetto che si tratti di una scelta più o meno “obbligata”. «Io non sono né favorevole né contraria all’operazione, il valore dei nostri figli non si misura in centimetri – dice Nadia –. Resta, tuttavia, il fatto che oggi in Italia si opera il 95% dei ragazzi, contro soltanto il 5% degli Stati Uniti. Lì c’è una società più aperta e pronta a integrare la diversità, non è come da noi che non puoi fare un bancomat né suonare a un citofono». Da parte sua Yassin si è già pronunciato. Vedendo le sofferenze a cui si sono sottoposti altri bambini, ha detto a sua madre: «Scordati che farò l’intervento, né ora e né mai». Ma ha solo sette anni e mezzo ed è ancora troppo presto per confrontarsi con una società che ha eletto a modello estetico dominante i tronisti e le veline. Della durezza di vivere in un mondo poco allenato a fare i conti con la diversità ne sa qualcosa Antonella, madre di Samantha, una ragazza acondroplasica di 14 anni. L’età più critica forse, quella in cui tutti i nodi cominciano a venire al pettine. Vivono a Gualdo Tadino, un paese di 15mila anime a 25 chilometri da Gubbio, dove non essere come tutti gli altri sembra ancora più difficile. «I problemi sono cominciati quando era alle medie – racconta la mamma –. Andava a scuola dalle suore, pensavamo che fosse un ambiente più selezionato. Ma i suoi compagni hanno 12 cominciato a isolarla e a prenderla in giro. Ha subito anche episodi di bullismo, tipo ritrovarsi la propria foto su Facebook con la scritta “nana”. Alla fine l’ho spostata alla scuola pubblica e fortunatamente le cose sono migliorate». Nonostante questi spiacevoli trascorsi, agli occhi di sua madre Samantha resta però una ragazza fondamentalmente serena «che si adatta a tutto e dove non arriva prende il banchetto». Ultimamente, però, anche lei ha cominciato a riflettere sul proprio aspetto e la propria femminilità. Le domande si fanno più urgenti nei momenti in cui sua sorella di quattro anni più grande di lei comincia a uscire con un ragazzo. «Perché io no?» chiede a sua madre. «È ancora presto, pensa a studiare», non trova di meglio da risponderle Antonella. Forse tut- to cambierà il giorno in cui Samantha farà l’operazione, a cui sta pensando proprio in queste settimane. Sta soppesando i pro e i contro di affrontare un intervento tanto doloroso, e soprattutto misurando le forze in vista di un post operatorio che ha ancora il sapore di una tortura medievale. Ma ormai il dilemma è più o meno sciolto: e salvo ripensamenti dell’ultima ora anche lei affronterà le enormi sofferenze fisiche e psicologiche che le permetteranno di fare l’ingresso nel mondo della normalità costituita. formazione, Valentina lavora in Se n’è andato Patrick, una voce da Liga uno dei due Centri di servizio per È venuto a mancare lo scorso ottobre Patrick Perissinotto, 37 il volontariato del Lazio. Per an- anni, cantante delle Schegge sparse, con una voce che gli era valsa il titolo di sosia di Luciano Ligabue. La cover band era molto ni ha fatto la volontaria con i ra- conosciuta non solo nel biellese, dove risiedevano i suoi componenti. gazzi sordo-ciechi e l’impegno In passato Perissinotto aveva ricevuto gli apprezzamenti dello civico fa parte del suo dna. Ha la- stesso cantautore. La notizia ha fatto rapidamente il giro del web, soprattutto nei gruppi dedicati all’acondroplasia. vorato con persone con vari tipi di problemi, ma non aveva mai frequentato altri acondroplasici, fatta eccezione per qualche amica con cui ha condiviso l’esperienza spagnola. Poi qualcosa dentro di Valentina Maragnani vive a Roma, ha 33 anni ed è alta un metro 53 centimetri. Lei i tormenti dell’adolescenza se li è lasciati indietro da un pezzo e oggi si considera una donna realizzata e soddisfatta della sua vita. Anche lei ha scelto di operarsi e non si è mai pentita della sua decisione. Oggi l’intervento è gratuito ma 30 anni fa, quando effettuò l’operazione, l’Italia non era ancora attrezzata come oggi. Per questo andò a Barcellona, spendendo una cifra esorbitante per l’epoca. Del periodo precedente ricorda soprattutto la determinazione a condurre, nonostante tutto, una vita normale: «Fin da piccola i miei mi hanno abituato a non rinunciare a nulla: ho dormito in tenda con gli scout e durante la guerra dei Balcani sono stata a Sarajevo». Attualmente è single, ma giura di non avere alcun problema con gli uomini: «Uno dei miei partner era alto 2 metri e un centimetro – dice –. In questo momento però la mia vita è troppo piena per prevedere una relazione sentimentale». Laureata in Scienze della 13 l’inchiesta Pianeta acondroplasia ti per le categorie protette». Nell’idea di Valentina, dunque, ognuno deve mettere in campo le proprie risorse per affermare un’idea di società dove la persona disabile è un cittadino come gli altri e non un soggetto da accudire. Lei ci ha messo la sua energia di volontaria e la sua passione di artista. Da sempre cultrice delle belle arti, ha disegnato di suo pugno il logo dell’associazione: un pittore snodabile dagli arti più corti del busto che regge un grande punto interrogativo. «L’omino sta a rappresentare il fatto che come ogni altra persona possiamo districarci in più campi», spiega. Le sue opere sono state vendute in una mostra il cui ricavato è andato a finanziare le attività dell’associazione. Prima fra tutte un incontro organizzato lo scorso giugno a Roma, per conoscersi e discutere delle questioni più sentite: la comunicazione, il lavoro, il rapporto con la propria condizione, le relazioni sociali. Tanti amici, l’amore e anche una famiglia li ha trovati senza problemi Maurizio, 35 anni, romano. Lui e sua mo- lei è cambiato e tre anni fa è nata l’idea di fondare Acondroché?, un’associazione di volontariato che, a dispetto del nome giocoso, ha un intento molto serio: lavorare sull’autonomia e sull’autostima, offrendo uno spazio di confronto e discussione ai giovani e agli adulti con acondroplasia. «L’intento era quello di creare un’associazione legata all’arte e alla disabilità, ma poi mi sono ac- corta che si tratta di un obiettivo ancora lontano – spiega –. Spesso i bambini acondroplasici vengono protetti troppo dai genitori e da adulti mancano dello scatto necessario per mettere in atto le strategie giuste. Ma dobbiamo capire che non ci manca niente, siamo solo più bassi degli altri. Cosa che non ci impedisce di prendere una laurea o cercarci un lavoro, non per forza tra quelli circoscrit- 14 glie Chiara si sono sposati sei anni fa, dopo un lungo fidanzamento, e oggi hanno tre bambini, due femmine e un maschio. Maurizio è acondroplasico, Chiara no: prima di avere i figli conoscevano bene i rischi a cui andavano incontro, ma entrambi considerano la vita un bene irrinunciabile e l’acondroplasia un problema tutto sommato non insormontabile. In casi come questo le possibilità che un figlio erediti l’alterazione genetica del genitore sono pari al 50%, e infatti Sara ed Elena Maria sono acondroplasiche e Francesco no. «È chiaro, in ogni gravidanza speri che il pendolo della casualità finisca nell’altro 50% – dice il padre –. Noi però siamo aperti alla vita e l’acondroplasia rappresenta una patologia sì invalidante, ma nei fatti non troppo limitativa. Insomma, non è la cosa peggiore che ti possa accadere nella vita». Maurizio e Chiara si sono conosciuti 16 anni fa, frequentando la stessa parrocchia. Entrambi avevano iniziato il cammino neocatecumenale, che richiama i propri membri a una scelta di fede più radicale, e viene generalmente associato a stili di vita comunitari e famiglie oltremodo numerose. «Almeno un altro figlio lo facciamo – confida Chiara –. Rispetto a mia suocera sono avvantaggiata: lei si sentiva sola rispetto a un problema che non sapeva come affrontare, noi possiamo avvalerci dell’esperienza del padre». Un’esperienza che per Maurizio non ha nulla di traumatico a parte la sofferenza, poi ricompensata, che ha provato dopo le due operazioni per l’allungamento degli arti. «Sono stato sempre una persona serena – racconta –. A scuola ero il cocco di tutti: non c’è mai stato un compagno che mi abbia preso in giro. È come essere grassi, niente di più». Nel frattempo i bimbi crescono e cominciano a porre le prime domande. Sara, che ha quattro anni e mezzo ed è la più grande, ha già cominciato a rendersi conto della sua diversità. «A scuola mi dicono che sono piccola», racconta a sua madre. «Non sei piccola, sei solo più bassa degli altri», risponde Chiara. «È una bambina gioiosa e solare – spiega suo padre –, che sembra già sapere quello che vuole anche se non è ancora in grado di esprimerlo. Quest’estate ha incontrato una ragazza appena operata che si muoveva con le stampelle e ha già manifestato l’intenzione di fare l’intervento anche lei. D’altra parte con l’allungamento degli arti io ho risolto il 90% dei miei problemi». In attesa che arrivi il tempo delle scelte Maurizio e Chiara hanno però stabilito poche regole e molto chiare all’interno del- Ecco le associazioni italiane nel 1987 da un gruppo di genitori, l’Aisac-Associazione per la famiglia: chi cade si alza da Fondata l’informazione e lo studio dell’acondroplasia conta oggi circa 800 solo, stesso trattamento per tut- soci. La sua attività si svolge in campo clinico, sociale, psicologicoti e nessun eccesso di indulgen- relazionale e nella tutela dei diritti, coinvolgendo medici, media, enti istituzioni. La sede principale si trova a Milano (tel. 02/87388427, za per nessuno. Ma soprattutto [email protected]), ma altre strutture sono presenti anche a la reale e sentita convinzione che Benevento e a Besozzo, in provincia di Varese. chi è diverso non è meno ugua- L’associazione Acondroplasia-Insieme per crescere ha sede ad (Latina). Per informazioni: tel. 06/9253263, 327/6924684, le degli altri. E questo, piaccia o Aprilia [email protected]. non piaccia, funziona meglio di Si trova a Roma, infine, l’ultima nata Acondroché?, che è possibile qualunque rimedio: anche di rag- contattare ai numeri 06/87860189, 333/6774920, oppure scrivendo ad giungere il tanto agognato metro [email protected]. e mezzo di statura. 15 INSUPERABILI Intervista a Valentina Bazzani Ha imparato ad accettare la sua disabilità e a piacersi così com’è. La sua passione inconfessabile? Accessori, make-up e smalti. Al suo secondo libro, la giornalista ventottenne ha ancora tanto da raccontare L Laura Badaracchi Quanto adoro essere fashion 16 o ha presentato anche alla Feltrinelli di Verona: il suo secondo libro, intitolato Quattro ruote e tacco 12. La vita come possibilità e pubblicato da Ipertesto edizioni con la prefazione del musicista Giovanni Allevi, sta facendo insieme a lei il giro d’Italia. Perché in quelle pagine Valentina Bazzani – veronese, 27 anni, giornalista e socia della Uildm (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare) – mette a nudo se stessa, il suo tortuoso e non facile percorso di accettazione della disabilità, la scoperta progressiva della sua femminilità. E fra i suoi lettori può vantare anche papa Francesco. «Gli ho regalato una copia salutandolo al termine di un’udienza del mercoledì in piazza San Pietro – racconta –. “Ma devo leggerlo?”, mi ha chiesto ironicamente. “Beh, se vuole, se ha tempo”, ho risposto. “Se vuole? Io voglio leggerlo tutto questo libro, è un grande dono!”, sono state le sue parole: mi so- no commossa e lui mi ha abbracciata». A 16 anni Valentina aveva dato alle stampe il volumetto autobiografico Una vita diversa, pubblicato dalla casa editrice Villadiseriane: «Una sorta di diario scritto da un’adolescente timida e introversa che aveva bisogno di esprimere le sue emozioni. Ora mi sento davvero un’altra persona; in quelle pagine mi vedo fragile e negativa, debole e lunatica», ricorda. clima d’imbarazzo. In questi anni ho anche notato che se una persona non mi conosce magari saluta il mio accompagnatore con “Buongiorno” e a me rivolge un “Ciao” come se stesse facendo le fusa, aggiungendo spesso: “Su con la vita, coraggio”. Ma io non ho mai detto di essere depressa. Esiste ancora, quindi, l’equazione disabileinfelice, secondo lei? Valentina, perché questo secondo libro? C’è un filone autobiografico che lascia spazio a riflessioni sulla sofferenza, sull’amore, sulla femminilità. Infine c’è una parte dedicata al percorso che mi ha portato a essere giornalista, dove raccolgo e ripropongo mie interviste, articoli e altri testi. Valentina Bazzani ama un look retrò, coordinato con trucco e accessori. Qui sopra, la copertina del suo ultimo libro. Nella pagina precedente, foto di Simone Morciano (http://simonemorciano.carbonmade.com) Ha voluto dedicare questo volume alla sua famiglia, definendola «bizzarra e divertente maestra di vita». Se sono riuscita a superare certi momenti bui, devo ringraziarla: i miei genitori mi hanno sempre sostenuta e hanno fatto di tutto perché potessi vivere un’esistenza normale. Sono due dinario. A volte mi guardo allo specchio persone solide: hanno saputo veder- e mi sembra quasi di non essere mai stami come una figlia che aveva qualco- ta malata. sa da poter donare agli altri, non come Quindi come definirebbe la sua quotidiala “poverina” da viziare e far crogiolare na normalità? nella propria situazione. La sedia a ruote fa parte di me, ma la mia femminilità non è intaccata da E come va il suo impegno lavorativo? Attualmente sono addetta stampa questo ausilio. Mi sento una ragazza del Comune di Isola della Scala (Vero- come le altre, adoro prendermi cura di na); ad agosto ho cominciato una col- me stessa. laborazione con l’ufficio stampa della Per esempio? Uildm nazionale e continuo a collaboNon rinuncio mai al trucco e al prorare per alcuni giornali locali: Verona fumo, tengo i capelli lunghi e mossi. Mi fedele e VeronaOltre. piace giocare con il mio look, fare shopDa quanto scrive, da quello che racconta e ping, studiare con attenzione come vedal suo sorriso emerge un approccio posi- stirmi e come valorizzarmi attraverso accessori luminosi. Però sono convintivo alla vita. Come lo spiega? L’ottimismo è voler resistere al ma- ta che il sorriso sia l’ornamento più le, comunque. Accettare una rara ma- prezioso da indossare: senza, è vietato lattia neuromuscolare non è lasciarsi uscire di casa! sconfiggere, ma accogliere il qui e l’oLa irritano gli sguardi pietistici o buonisti? ra rimettendo in moto le proprie risorse Inevitabilmente lo sguardo delpiù preziose. La meraviglia dell’esisten- la gente cade sulla mia quattro ruote za sta nel vivere lo straordinario nell’or- argento e viola metallizzato e cala un 17 Sì, ed è un concetto da scardinare. Perché è una follia pensare che oggi una donna su una sedia a ruote sia ancora guardata con commiserazione, come se la sua esistenza fosse priva di dignità. È statisticamente provato che ogni persona durante la vita potrà essere in media dipendente per dieci anni dagli altri. Quindi prima o poi tutti sperimentiamo la disabilità. Chi discrimina o inorridisce di fronte a una sedia a ruote dovrebbe riflettere su questo. Lo stigma è duro a morire, anche nel terzo millennio, anche in Italia? Ci sono ancora tanto perbenismo, falsità e ignoranza. Io sono una ragazza come le altre, con analoghi progetti e passioni dei miei coetanei. Sogno il futuro facendomi largo, talvolta a spintoni, per trovare il mio posto nel mondo. Convivendo, senza averlo scelto, con una disabilità... A partire da lei, la mia compagna di vita. È una parte di me, la mia peggior nemica e la mia ombra pesante. Mi ha imposto una totale dipendenza dagli altri, mi ha negato molte opportunità: ha infranto il mio sogno di diventare ballerina, di pattinare e andare in bicicletta quando ero una bambina, obbligandomi a preferire giochi in scatola e libri. È un’inquilina difficile entrata con prepotenza nel mio corpo, paralizzandomi lentamente. Ma, come ogni inquilina, deve sottostare alle regole del padrone di casa. Durante questa convivenza forzata ho capito che posso decidere come gestirla, anche se lei ha cambiato la mia vita. cronache italiane Sanità per tutti Dal dentista. E senza paura Problemi di denti? Ce li hanno tutti, e le persone disabili non fanno eccezione. Una consapevolezza che negli ultimi tempi sembra prendere piede dal Nord al Sud della Penisola. Prima che l’assenza di una corretta igiene orale peggiori la situazione I Giorgia Gay n materia di cura e igiene orale i problemi di una persona con disabilità non differiscono molto da quelli di tutte le altre persone. Ma l’intervento sulle carie, l’applicazione di un apparecchio o la pulizia dei denti sono più problematici da gestire quando il paziente ha paura, si ribella o non collabora. In questi casi servono un approccio e una professionalità particolari. Questa consapevolezza si sta facendo gradualmente strada in Italia e si stanno moltiplicando, soprattutto nell’ultimo anno, le buone pratiche in questo senso. A Roma un punto di riferimento è l’ambulatorio del dottor Eugenio Raimondo. Il suo impegno nasce da lontano. Nasce in famiglia, da una promessa fatta ad Anna, la sorella disabile: «Farò qualcosa per te». E l’ha fatto. La sua è una vera e propria missione, condotta giorno dopo giorno con impegno e dedizione, ma anche con tanti sorrisi. 18 «Mia sorella Anna mi ha dato la spinta – racconta –. Attraverso i suoi occhi vedo il mondo a colori. La sua disabilità mi ha stimolato tantissimo negli studi. Il mio sogno nella vita era di diventare medico per dare qualcosa a lei». Autore del volume Odontoiatria speciale per il paziente critico e diversamente abile (Edi Ermes 2012), nel suo ambulatorio riceve ragazzi e adulti disabili che necessitano di cure. Li accoglie in un ambiente tutt’altro che asettico, grazie ai clowndottori e a un clima festoso e molto informale. «Non sempre metto i guanti o la mascherina, perché non voglio un clima di terrore – spiega –, cerco un approccio molto tranquillo». La professionalità però è garantita. «Molti pazienti, anche solo per un’igiene oraNell’ambulatorio di Eugenio Raimondo i pazienti disabili vengono accolti da un’équipe di clown dottori (nella pagina precedente). In basso, l’ambulatorio dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù a Palidoro (Roma). le, devono essere sedati. E per un’operazione addirittura addormentati. Sono pazienti che per l’assenza di una corretta igiene e per l’eccessivo apporto di cibi zuccherini dati talvolta dai caregiver per placarne le bizze, sono maggiormente soggetti a problemi dentali frequenti». Una delle esperienze più recenti? All’ospedale pediatrico “Bambino Gesù” di Palidoro, punto di riferimento per la cura dei pazienti disabili, dov’è partita la sedazione cosciente, alternativa all’anestesia totale per combattere la paura del dentista. «Molti genitori chiedono di usare un metodo di sedazione meno invasivo per i figli – spiega la dottoressa Angela Galeotti, responsabile della struttura di odontostomatologia –. L’analgesia sedativa è già nota, ma reintrodotta in Italia solo negli ultimi anni». Ogni sedazione è valutata attraverso un questionario compilato da madri e padri prima e dopo l’intervento. Veneto, odontoiatria di comunità in tutte le Ulss Dal rischio di ridimensionamento al potenziamento del servizio in tutte le 24 Ulss venete. Si conclude positivamente il caso del servizio di Odontoiatria di comunità, che nei mesi scorsi è stato al centro di polemiche e preoccupazioni per la possibile chiusura all’ospedale di Piove di Sacco, nel padovano. Qui il servizio è attivo dal 2002 e ha oltre 2mila persone disabili in cura. Nel mese di luglio era montata la rabbia degli utenti per il pericolo che il servizio non fosse confermato. All’ultimo momento però non solo il Consiglio regionale ha promesso di mantenere in vita la struttura di Piove di Sacco, ma ha anche stabilito che un servizio di Odontoiatria di comunità riservato a coloro che presentano una disabilità dovrà essere presente in tutte le unità sanitarie del Veneto. [G.G.] Siglata nel luglio scorso, la convenzione tra l’Azienda ospedaliero-universitaria Policlinico “Vittorio Emanuele” di Catania e l’Azienda sanitaria provinciale 19 n. 8 di Siracusa consentirà di assistere in maniera adeguata direttamente in questa città i pazienti disabili. L’attività consisterà in uno screening diagnostico odontoiatrico con valutazione pre-operatoria per eventuale intervento. «Ho voluto farmi carico del disagio delle famiglie che in passato erano costrette, con comprensibili disagi, a recarsi fuori provincia, affinché siano assistite nel territorio di propria residenza – sottolinea il commissario straordinario dell’Asp 8, Mario Zappia –. È nostro obiettivo, inoltre, formare professionisti della nostra azienda per poter essere autonomi in un futuro a medio termine». Per l’Anffas Sicilia «questa iniziativa nasce a tutela del diritto della persona con disabilità di curarsi al meglio nelle strutture pubbliche, contribuendo ad alleviare, almeno parzialmente, le enormi difficoltà che quotidianamente affrontano i disabili e le loro famiglie». Molti chilometri più a Nord, è attivo il nuovo ambulatorio odontoiatrico per persone con disabilità in Vallecamonica, nelle Alpi lombarde. L’iniziativa, realizzata dalla Asl in collaborazione con l’Anffas locale, mette in campo un team di odontoiatri volontari che offrono la loro opera gratuitamente in ambulatori dedicati. Per quanto riguarda le problematiche odontoiatriche non risolvibili in ambulatorio, sono organizzate sedute operatorie dedicate, sempre gestite da volontari, con il supporto del personale dipendente di sala operatoria. A Verona, infine, è operativo il servizio di odontostomatologia per disabili. L’Unità operativa dell’Ulss 20 conta tre medici-odontoiatri e quattro assistenti alla poltrona ed è in grado di erogare tutte le prestazioni odontoiatriche, comprese quelle protesiche e ortodontiche. I pazienti che per la complessità delle cure o la scarsa collaborazione non possono essere trattati a livello ambulatoriale, vengono trattati in narcosi all’ospedale di San Bonifacio, previa visita. visti da vicino Strane imprese Il mio giro del mondo Alessandro Bordini è diventato cieco quattro anni fa a causa di un incidente col paracadute. E dallo scorso aprile ha iniziato un viaggio attraverso i continenti. Confidando nella generosità della gente M Maurizio Molinari etti un giorno in stazione, a Cesena. Sì, perché una vicenda straordinaria può cominciare anche da qui. Per raccontare la storia di Alessandro Bordini, un veronese di 28 anni, verrebbe spontaneo iniziare da quel giorno di quattro anni fa in cui ha avuto un incidente mentre si buttava col paracadute e ha perso la vista. Ma si può anche cominciare da quella stazione a Cesena, quella stazione in cui Alessandro un giorno si trova solo, senza assistenza disabili di Trenitalia, e si chiede come fare a raggiungere il taxi. «Non ricordo se avevo già iniziato a usare il bastone bianco – dice –, ma ricordo che ero da solo sul binario. Ho chiesto aiuto a qualcuno per raggiungere l’uscita della stazione o forse qualcuno si è avvicinato e mi ha offerto il braccio. E sono riuscito a uscire, prendere il taxi, andare in ospedale, trovare il reparto giusto, fare la mia visita e poi tornare in stazione, andare a Ravenna e ancora fino a Nogara (provincia di Verona), dove vivo. Il tutto affidandomi solo all’aiuto della gente». E qui, per Alessandro, è arrivata la svolta: ha capito che se poteva fare un viaggio fra Cesena e Verona confidando nella generosità dei suoi simili, forse poteva fare lo stesso in giro per il mondo. Così, ad aprile di quest’anno, è partito per un pazzo viaggio che lo porterà a toccare i cinque continenti e che pensa di finire a settembre del 2014, ma senza porsi troppi limiti spaziali o tem- 20 porali. «L’incidente in paracadute, che ha causato la cecità, mi ha cambiato la vita in meglio – racconta –. So che sembra assurdo dirlo, ma penso mi abbia reso una persona migliore. Prima lavoravo nella fabbrica di mio padre come grafico ed esperto informatico. Ero un tipo testardo e orgoglioso: testardo lo sono ancora per la verità, ma ho imparato a gestire meglio il mio orgoglio che mi aveva portato a compromettere amicizie e altri tipi di rapporti. Dopo l’incidente ho ricalibrato diversi aspetti della mia vita e ora sono più equilibrato». Un0 sportivo, Alessandro, con la passione per il paracadutismo, ma anche istruttore di nuoto. E vede lo sport anche nel suo futuro post-giro del mondo, in particolare lo snowboard, l’arrampicata, lo sci nautico e i voli in galleria del vento. Del giorno dell’incidente non ha ricordi particolari, solo che si stava avvicinando a terra a una grande velocità e che pensava di fare un bell’atterraggio. Poi la luce si è spenta e per 19 giorni ha perso la memoria. È stato in coma per un paio di settimane e per cinque mesi ha fatto riabilitazione in ospedale, per due anni ha portato quello che lui chiama «il mio bastone da zoppo». Non ha mai avuto «momenti di disperazione pura, sì a volte c’era lo sconforto, ma nessuno mi ha mai detto che non avrei recuperato la vista, c’era sempre quella speranza, e l’ho dovuto capire da solo che sarei rimasto cieco, in un momento in cui comunque armato di fiducia ero più sereno – spiega –. Quando sono tornato a casa ho dovuto imparare a fare tutto da zero, muovermi, mangiare, essere indipendente. Non riuscivo nemmeno a tagliarmi una bistecca». Dopo un anno circa dall’incidente, un’osteopata consiglia ad Alessandro di seguire un corso sul funzionamento del cervello umano: «Nel corso ho imparato come affrontare un fatto spiacevole, una sfiga che ti capita, e che da ogni situazione, anche la più negativa, si possono trarre aspetti positivi. È una cosa che si fa fatica a mettere in pratica, ma con l’allenamento ci si riesce». Il corso e l’esperienza in stazione a Cesena lo hanno convinto a mettere in piedi il progetto “Light the planet” (illumina il pianeta) e il blog Lightheplanet. net, ma soprattutto a partire per il suo giro del mondo armato del solo telefono cellulare, il bastone bianco e la solidarietà dei sette miliardi di persone che popolano il pianeta. «I preparativi hanno richiesto circa un anno – racconta –. Insieme ad alcuni amici abbiamo messo in piedi il blog, studiato una bozza di itinerario, cercato di capire quale fosse il metodo più pratico per comunicare una volta in giro. Alla fine ho optato per lo smartphone. Avevo comprato tante schede sim internazionali che poi non ho usato, perché in ogni Paese è più ecoIn alto, Alessandro con l’amico Will all’aeroporto di Nairobi; sotto, su un traghetto che attraversa il fiume Nilo in Egitto; sul lungomare di Rabat. Nella pagina precedente, scatti di viaggi africani nomico comprare una sim locale che mi dia anche la possibilità di navigare su Internet. All’inizio ho cercato contatti nei Paesi che volevo visitare; in effetti nelle prime tappe mi sono appoggiato per la notte da persone che per un motivo o per l’altro avevo già contattato. Poi ho capito che potevo anche andare in Paesi in cui non avevo nessuno da chiamare e che la gente mi avrebbe comunque aiutato al mio arrivo in taxi, in bus o in aereo». Un episodio in particolare, fra i tanti che ha vissuto: «In Ghana ero molto stanco e un po’ demoralizzato. Incontro una signora che mi assiste per tutto il mio soggiorno e che, quando parto, insiste per pagarmi anche il taxi dicendo che avevo tanta strada da fare. Questi piccoli gesti ti rimangono scolpiti in mente. Poi ci sono anche i momenti difficili, come quando in Sudan per un giorno e mezzo ho mangiato solo pane e uova perché era l’unica cosa che riuscivo a chiedere, dato che lì l’inglese lo parlano pochissimo e riesci a comunicare solo se sai l’arabo». Uno zaino con sette-otto magliette e altrettanti cambi di biancheria in spalla; quando deve lavarli chiede e spesso trova qualcuno che per due o tre dollari di mancia gli risolve il problema. Anche se non vede l’ora di essere nel Sud-est asiatico, Alessandro si lascia guidare dall’istinto e dalla strada. Mille progetti per il futuro, una volta che il giro sarà finito, ma intanto chissà che incontri gli riserverà la prossima stazione. 21 portfolio Cavalcando l’autismo Dall’alta Sabina all’Umbria meridionale, per una settimana hanno attraversato a cavallo boschi di querce e campi di girasole, guadato fiumi e poggiato lo sguardo su distese di papaveri. Sono gli undici ragazzi con autismo, dai dodici anni in su, che si sono cimentati in un’impresa “epica”, organizzata dalla onlus di padri L’emozione non ha voce. E la sfida ha dato i suoi frutti, come spiega il presidente dell’associazione Corrado Sessa: «Nessuno ha chiesto di tornare a casa. Nessuno ha pianto cercando la mamma. Questi ragazzi 22 non sono incapaci. Va data loro la fiducia e vanno lasciati anche sbagliare». L’equipaggio era composto da 29 persone: oltre ai ragazzi e agli operatori che li hanno accompagnati al passo c’erano tre “cavallari”, due psicologi, un medico. Un’occasione Sono 400mila in Italia le famiglie che vivono il problema dell’autismo. Anche per loro è stata organizzata la cavalcata. Lungi dallo spirito di supereroismo cui spesso sono costrette le persone disabili, il messaggio lanciato è che i figli autistici non sono fantasmi e che occorre uscire fuori di casa. A legare i padri, «lo spirito di un branco di lupi, che fa cerchio per difendere la figliolanza – ha scritto il giornalista Nicoletti –. Perché viene un momento in cui non si può più far finta che qualcuno ci penserà». «per dimostrare che un figlio autistico è una grande esperienza per recuperare dimensioni dimenticate e profonde della socialità, del contatto tra uomini, animali e natura», dice il giornalista Gianluca Nicoletti, che ha partecipato alla carovana insieme al figlio Tommy. 23 portfolio Cavalcando l’autismo La psicoterapeuta Federica Bochicchio: «Dopo sette giorni di contatto estremo con la natura, le stereotipie dell’autismo in questi ragazzi non ci sono più. Non hanno gesti incontrollati. Ciò accade nonostante il caldo, il caschetto, lo sforzo. I visi sono rilassati, ma attenti come sanno che devono essere sopra a un cavallo. Prendono acqua e panino dalla bisaccia in maniera autonoma, dimostrano dimestichezza con i movimenti corporei». Se c’è da girare le redini, i ragazzi eseguono, non sono oppositivi come nelle stanze in cui fanno terapia, in città: «Se cambia il punto di vista, cambia il concetto di disabilità. C’è molto da ragionare su questa esperienza». 24 Chi mai parlava è stato sentito cantare durante il percorso. E poi «i nostri pazzerelli si fanno grandi risate in sella – racconta Nicoletti –, ma nessuno di noi capisce cosa mai vedano tra le frasche e le erbacce». Forse la spiegazione è Orazio, «un cavallaro che, quando siamo partiti da Montelibretti, ci ha fatto mettere in cerchio e ha recitato qualcosa che assomigliava a un’invocazione agli spiriti del bosco e dei ruscelli. Li ha scongiurati di accompagnare i ragazzi nella loro cavalcata; forse siamo stati seguiti di nascosto da gnomi, fate e folletti». 25 SPORT Verso le Paralimpiadi invernali Tutti a Sochi con Gli atleti paralimpici ai Giochi gareggeranno nello sci alpino, nello sci nordico e nello snowboard. Fra loro, al momento, il trentunenne Alessandro è il più quotato A Stefano Caredda Sochi ha già vinto un argento e l’obiettivo, quando ci tornerà per le Paralimpiadi, è quello di andare ancora una volta a medaglia: una strada, però, che si è fatta più accidentata del previsto, e non solamente perché le piste di sci sul Mar Nero non sono proprio dietro l’angolo. Alessandro Daldoss è il volto nuovo dello sci paralimpico italiano: cresciuto sulle nevi di casa al Passo del Tonale, fra la provincia di 26 Trento e quella di Brescia, oggi, a 31 anni, è il più quotato fra gli sciatori azzurri che si preparano ai Giochi paralimpici. Con lui a Sochi ci sarà Davide Riva, che è il suo atleta guida: Daldoss infatti è ipovedente da quando, nel 2007, è stato colpito da un aneurisma. Da un occhio vede sfocato, dall’altro poco o niente, ma sugli sci corre veloce al punto da essere diventato in pochissimo tempo (è nell’agonismo paralimpico dall’autunno 2011) uno degli atleti di punta nelle Alessandro Daldoss (a sinistra): 31 anni, è il favorito tra gli sciatori azzurri che si preparano ai Giochi paralimpici. Per Francesca Porcellato (sotto) questa potrebbe essere la terza Paralimpiade invernale, dopo Torino e Vancouver de difficoltà che aveva avuto, due anni fa, a trovare un atleta che gli facesse da guida: «Trovare qualcuno che prendesse un tale impegno con me – ha confessato più volte – è stato un dramma; ho chiamato mezzo mondo e stavo quasi per rinunciare… Poi ho conosciuto Davide e la fortuna è stata di trovarsi subito anche caratterialmente». In attesa del ritorno in pista di Riva, Daldoss continua ad allenarsi con Luca Negrini, maestro di sci con specializzazione per persone con disabilità e allenatore di primo grado, nonché skiman della nazionale di sci alpino, che aveva già avuto in passato l’occasione di sciare con Alessandro. Per una curiosa (e sfortunata) coincidenza, un infortunio ha “spezza- Daldoss competizioni internazionali. Nel breve volgere di qualche mese, prima la medaglia d’argento in discesa libera ai mondiali di La Molina (Spagna) del febbraio 2013, poi il secondo posto in Coppa del mondo nell’ultima prova (disputata appunto a Sochi) e infine, passata l’estate, una serie di primi e secondi posti in slalom, slalom gigante e combinata nelle gare neozelandesi e australiane che hanno dato il via alla nuova stagione agonistica nel settembre scorso. Una catena di buone notizie che si è però interrotta quando Davide Riva, nel primo giorno dopo il rientro dalla lunga trasferta in Oceania, si è rotto il femore facendo motocross. Inevitabile lo stop e l’intervento chirurgico, con l’avvio immediato di quella riabilitazione che dovrebbe riportare l’atleta guida in massima forma per l’appuntamento paralimpico. Un colpo non indifferente, comunque, per la preparazione di Daldoss, anche considerando la gran- 27 to” anche la principale coppia di rivali degli azzurri nel panorama internazionale, quella composta dallo spagnolo Yon Santacana Maiztegui e dalla guida Miguel Galindo Garces. Un duo pluripremiato, campione del mondo in carica in discesa libera, superG e slalom gigante. A farsi male, nel loro caso, è stato proprio l’atleta ipovedente, che si è rotto il tendine d’Achille giocando a calcetto durante l’ultimo giorno della trasferta australiana. Allenamenti subito interrotti e poi ripresi a riabilitazione conclusa, con l’imperativo di recuperare il tempo perduto nella tabella di marcia verso le gare di Sochi. Tornando in casa azzurra, fra sci alpino, nordico e snowboard (escludendo dunque gli sport di squadra del curling e dell’hockey), gli atleti presenti a Sochi dovrebbero essere 17: il condizionale è d’obbligo, dal momento che i giochi per la qualificazione alle Paralimpiadi sono ancora aperti, ma in via indicativa all’Italia dovrebbero essere assegnati otto posti (in gergo tecnico, slot) nello sci alpino (senza contare eventuali guide), cinque nello sci nordico e quattro nello snowboard. I nomi definitivi verranno ufficializzati dopo il 17 febbraio 2014, SPORT Verso le Paralimpiadi invernali ultimo giorno disponibile per acquisire punteggio valido per la qualificazione. I convocati per la Russia saranno – spiega Tiziana Nasi, presidente della Fisip, la Federazione degli sport invernali paralimpici – «la punta di diamante di un movimento che conta 30 società e 600 tesserati, di cui 300 praticanti, e che vive un momento di crescita a livello numerico soprattutto per gli atleti standing», quelli che gareggiano in piedi. «Viviamo una fase di espansione soprattutto per snowboard e sci alpino, mentre più complessa è la situazione della più faticosa delle discipline, lo sci nordico». Giuseppe Comunale (a fianco), siciliano di origine e trentino di adozione, ha una protesi per snowboard realizzata dal Centro Inail di Vigorso di Budrio. Nella pagina accanto, Valerio Melani (foto Sciare-Trabucchi) campo femminile da verificare le condizioni fisiche di Melania Corradini (un argento in superG a Vancouver), da tempo alle prese con infortuni che le hanno impedito una buona continuità di rendimento. Nel nordico, invece, spazio ad alcune vecchie conoscenze del mondo paralimpico, a iniziare da Francesca Porcellato, già portabandiera azzurra ai Giochi estivi di Pechino 2008, dieci medaglie paralimpiche (con due ori) conquistate sulle piste di atletica leggera da Seul ’88 in poi. Per lei questa potrebbe essere la terza Paralimpiade invernale dopo Torino e Vancouver (nel 2010 vinse l’oro nella gara sprint). Per allenarsi Verso Sochi, dunque, nello sci alpino oltre a Daldoss le speranze azzurre sono puntate su Nicolò Orsini, piemontese, 27 anni, campione italiano di slalom gigante, e sul giovanissimo Andrea Valenti, che di anni ne ha appena 16, la metà dei quali passati a sciare a livelli sempre più competitivi. In Sulla perla N del Mar Nero on è usuale che una località di mare possa permettersi il lusso di organizzare un’edizione invernale dei Giochi olimpici e paralimpici: a Sochi ci sono riusciti e non fanno mistero di vantarsene. Siamo sulla costa orientale del Mar Nero, nell’estremo lembo meridionale della Russia: la penisola di Crimea è 500 chilometri più a nord; il confine con la Georgia, a sud, è invece vicinissimo, a 40 chilometri, e percorrendone altri 350 si può agevolmente arrivare fino alla frontiera turca. Sochi è il più celebre luogo di villeggiatura russo, il posto migliore per allontanarsi dal freddo di Mosca o di San Pietroburgo e godersi temperature miti e vacanze sulla spiaggia: alcuni lo facevano già nella prima parte del secolo scorso (in città si può visitare, fra le altre, la casa dove alloggiava Stalin, diventata un museo), e in molti continuano a farlo. Costruttori e magnati della finanza, discussi personaggi in 28 odore di mafia, famiglie benestanti: Sochi accoglie tutti con il suo clima mite, favorito dalla bassa latitudine, dall’azione mitigante delle acque del Mar Nero e dalla presenza, immediatamente a nord, di una vasta catena montuosa che la ripara dalle fredde correnti settentrionali. Ed è proprio sulle piste di quelle montagne che si disputeranno le gare. A Sochi vivono stabilmente 350mila persone: oltre la città, il suo territorio è vastissimo e comprende numerosi sobborghi. Fra la zona costiera al meglio l’estate scorsa è volata fino in Argentina, a Ushuaia, splendida località nel mezzo della “Terra del fuoco”, per un mese di agosto ad alta quota e di ottimo livello tecnico, considerata la contemporanea presenza di atleti francesi, svizzeri, cechi, brasiliani e argentini. Della spedizione in Sudamerica ha fatto parte anche Roland Ruepp, nota stella delle cronache paralimpiche: due ori ai Giochi di Salt Lake City nel 2002, un femore rotto poco prima dell’edizione di Torino nel 2006, una carriera pluriventennale per un uomo dalle mille risorse (oltre che sugli sci lo trovate anche a bordo della sua handbike) ormai vicino al traguardo dei 50 anni, che compirà nell’aprile 2015. La speranza di figurare bene ai Giochi di Sochi la coltiva anche Enzo Masiello, che punta sullo sci di fondo e sul biathlon per dare seguito alle gioie provate a Torino e a Vancouver, quando in ciascuna delle due edizioni si portò a casa un argento e un bronzo. (dove ci sono i palazzetti che ospiteranno le gare di hockey e curling) e quella di montagna (Krasnaya Polyana, pronta invece per le gare di sci e biathlon) ci sono quasi 50 chilometri (mezz’ora di viaggio in treno), ma i Giochi sono presentati come i «più compatti della storia». Gli atleti, infatti, che saranno ospitati in due villaggi distinti, raggiungeranno i luoghi di gara in meno di cinque minuti (al mare) e in meno di 15 (in montagna). Dall’aeroporto al centro o alle piste da sci, Sochi è accessibile grazie ad ascensori, superfici antiscivolo e pedonali tattili, impianti di risalita e rampe Della partita in terra russa, poi, potreb- hanno disabilità agli arti superiori. «Per be far parte anche la bresciana Pamela gli atleti e i tecnici interessati è stato un duro colpo», confida Nasi, sottolineanNoviglia. do la grande crescita dello snowboard e La vera novità di Sochi 2014 sarà la possente forza attrattiva che suscita. però rappresentata dallo snowboard, Fra gli italiani che saranno presenti a che sbarca per la prima volta alle Pa- Sochi, l’atleta di riferimento è Giuseppe ralimpiadi, anche se in formato ridot- Comunale, numero 19 del ranking monto. «In questa edizione – spiega ancora diale: siciliano di nascita e trentino di la presidente Fisip – sono stati ammes- adozione, una disabilità congenita (fosi a partecipare solo gli atleti standing, e comelia) alla gamba destra, ha appena fra questi solamente quelli con problemi ottenuto una protesi specifica per snowagli arti inferiori». Porte chiuse dunque board dal Centro protesi dell’Inail. Conon solo per i sitting (che gareggiano se- munale sarà fiancheggiato a Sochi da duti) e visually impaired (con disabili- Luca Righetti, Riccardo Tondi e forse tà visiva) ma anche per gli standing che anche da Fabio Piscitello. Paralimpiadi a misura d’uomo, insomma, in una città che fa dell’accessibilità, e non da oggi, una delle sue caratteristiche principali. Dall’aeroporto fino al centro o alle piste da sci la normalità sono ascensori, superfici dure antiscivolo e pedonali tattili, impianti di risalita e rampe, barriere di protezione, semafori con segnali acustici, servizi speciali di assistenza su prenotazione. Nessuna barriera architettonica, quindi, in una città che del resto ha voglia di rimanere protagonista a lungo: il 5 ottobre 2014, sette mesi dopo i Giochi, arriverà per la prima volta il circo della Formula 1, con un Gran Premio di Russia che promette di diventare un appuntamento annuale, mentre nel 2018 sarà la volta del grande calcio con lo Stadio Olimpico di Sochi, uno degli impianti in cui si disputeranno le gare finali dei campionati mondiali di Russia. Di fronte a tanta abbondanza, risultato del pressing politico e finanzia- 29 rio coordinato dal presidente Putin, in patria passano in secondo piano le polemiche sul ritardo con cui i lavori sono stati completati e le ripercussioni ambientali che in molti hanno denunciato, in particolare per la costruzione di strutture (permesse da una legge ad hoc) nel Parco nazionale, area naturale protetta. Da fine settembre sono in vendita online i biglietti per assistere alle gare: prezzi che, almeno per gli standard dell’Europa occidentale, sono per lo più popolari, visto che l’ingresso alla quasi totalità delle gare paralimpiche costerà 400 rubli (circa dieci euro). Il conto diventa più salato solo per il torneo di curling (600 e 1.000 rubli per semifinali e finali, 13 e 22 euro) e per le cerimonie di apertura e chiusura. L’inaugurazione del 7 marzo allo Stadio Olimpico costa da 700 a 5mila rubli (15-115 euro), il saluto conclusivo del 16 marzo va dai 400 ai 2mila rubli (dai 10 ai 45 euro). [S.C.] OS IBRIRAGAZZIM TRECINEMAFESTIVALFICTIO L O I D NFUMET RA editoria La voce di Naoki oltre il muro dell’autismo È stato in cima alla classifica dei best seller redatta dal Sunday Time, The reason I jump, il libro di Naoki Higashida, un ragazzo giapponese che oggi ha 21 anni, ma ne aveva appena 13 all’epoca in cui scrisse questo piccolo manuale di pensieri, riflessioni, delucidazioni sull’autismo visto dall’interno. Scoperto dallo scrittore inglese David Mitchell, famoso autore de L’Atlante delle nuvole, tradotto in italiano da Frassinelli, il volumetto è stato pubblicato nel Regno Unito la scorsa estate. Attirando subito l’attenzione dei giornali e dei media, soprattutto per il format inusuale: 58 domande e risposte attraverso le quali il giovanissimo autore prova a spiegare il suo universo interiore con infinita pazienza e meticolosa indulgenza. Le domande sono delle più varie: si va dal perché le persone autistiche parlino con voce tanto alta e in modo tanto strano alla cause che possono scatenare gli attacchi di panico. L’intento dichiarato, infatti, è proprio quello di aiutare gli altri autistici e i loro familiari, rivelando le ragioni che muovono i suoi comportamenti, a partire da quelli più incomprensibili. Per esempio, descrivendo le La sindrome di Asperger in comics. Le storie di Fabrizio, Alice, Luca e Simone in un libro a fumetti realizzato da sei giovani illustratori, due dei quali con sindrome di Asperger, un tipo di autismo ad alto funzionamento. S’intitola Trame solidali il volume realizzato a partire dai laboratori di recitazione, pittura e tessitura organizzati un anno fa dall’associazione L’Ortica e frequentati da ragazzi con autismo. «Nessuno ha mai sottolineato che il famoso pianista ha il diabete e il premio Nobel per la medicina è calvo – scrive nella prefazione Thomas Taioli, anche TITELEVISIO NEPERSONAGGILIBRITEA ragioni che lo spingono a saltare, Naoki chiarisce: «Il moto mi fa venire voglia di trasformarmi in un uccello e volare via, in un luogo lontano. Ma costretti dai noi stessi e dalle persone intorno a noi, tutto quello che possiamo fare è cinguettare, sbattere le ali e saltellare come in una gabbia». The reason I jump è stato tradotto grazie all’iniziativa di Mitchell, a sua volta padre di un ragazzo autistico, che ha proposto il volume all’editore Random House. A scoprirne l’esistenza sul web sua moglie, la giapponese Keiko Yoshida, che si è occupata della trasposizione dal giapponese all’inglese, mentre lo scrittore si è assunto il compito di dare alla traduzione un “tocco stilistico”. Ed è stato proprio questo tocco stilistico al centro delle principali riserve da parte di alcuni critici, che hanno paventato un intervento troppo pesante di Mitchell. Nel frattempo, Naoki prosegue la sua vita. Oggi ha anche un blog, ma soprattutto ha cominciato a parlare. Cosa che non faceva quando ha scritto il manuale. Allora, infatti, il ragazzo scriveva componendo i caratteri dell’alfabeto su una griglia di cartone. [A.P.] lui con sindrome di Asperger, che ha disegnato una delle storie e coordinato gli autori –. Quando si parla di disabilità, invece, scompaiono Luca, Francesco e Filippo e al loro posto resta solo un’etichetta». I fumetti raccontano le persone e le loro capacità creative. «Si pensa che siano bravi, “nonostante”, come se la disabilità fosse un concetto pervasivo, che impedisce di sviluppare capacità in altri ambiti», continua Taioli, citando Einstein: «Se giudichiamo un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi sugli alberi, passerà la sua intera esistenza a sentirsi stupido». 30 GRAFIAVIDEOMUSICARADIOLIBRIRAGAZZ O T O F IMOSTRE NZA CINEMAFE A D O R AT STIVALFICTIONFU libri Elogio dell’imperfezione (e del lento incedere) Q Shel Silverstein Alla ricerca del pezzo perduto traduzione di Damiano Abeni Orecchio acerbo 2013 pagine 108, euro 19 dai 4 anni in su uando Shel Silverstein scrisse e disegnò The missing piece nel lontano 1976 l’aggettivo slow e tutta la retorica di contorno erano ancora molto al di là da venire, per lo meno nel nostro Paese. Era però in voga la passione per il viaggio di scoperta e formazione, in un mondo che voleva cancellare ogni barriera, ma non conosceva ancora la moda sfrenata del turismo di massa. Un’idea del viaggio senza itinerario e biglietto di ritorno, dentro e fuori da se stessi allo scopo di riappropriarsi del proprio io o per lo meno di tastarne i confini. Quell’utopia, oggi addomesticata dalle ferree leggi della vacanza intelligente, è però ancora in grado di esercitare il suo fascino soprattutto in tempi in cui, come mai prima d’ora, la ricerca della rivoluzione (interiore ed esteriore) si sposa con la teoria del micro, della sottrazione, della decrescita. Sembra quindi arrivare proprio al momento giusto la traduzione di questo incantevole volume, in italiano Alla ricerca del pezzo perduto, da parte dell’editore Orecchio Acerbo, nella versione di Damiano Abeni, traduttore di provata esperienza. L’autore, Shel Silverstein, è morto nel 1999 lasciando una straordinaria eredità di storie, poesie, canzoni, libri tradotti in 30 Paesi diversi. Autore della colonna sonora di Thelma & Louise e vincitore di numerosi premi, nel 1963 Silverstein ha cominciato a scrivere libri per bambini, alcuni dei quali tradotti in italiano. Tutte storie fuori dalle righe, dal tratto essenziale e dall’ironia delicata. Come Alla ricerca del pezzo perduto, in cui un cerchio a cui manca uno spicchio attraversa il mondo a caccia della sua parte smarrita, rotolando lentamente a causa della sua imperfezione. E mentre viaggia per oceani e montagne, giungle e paludi, zuppo di pioggia o cotto dal sole, annusa i fiori e gioca con gli scarafaggi, sempre cantando questa canzone: «Oh, vado in cerca del mio pezzo perduto/Alla ricerca del mio pezzo perduto/Ullallà, via che si va/Alla ricerca del pezzo perduto». Ma quando, alla fine, il cerchio riuscirà finalmente a trovare la parte mancante, assaggerà anche il sapore amaro della tanto anelata integrità. Corre troppo veloce ora e questa velocità gli impedisce di comunicare con i vermi e le farfalle, e perfino di cantare. A proposito del libro, la giornalista e critica statunitense Anne Roiphe scrisse sul New York Times: «Il significato di questa favola può anche essere visto nel fatto che non bisogna cercare ogni risposta, perché nessuno può sperare di colmare tutte le voragini che ha dentro di sé, raggiungendo un ordine esteriore o una totale e trascendente armonia». Ma si può andare anche oltre nell’interpretazione, leggendo la storia del pezzo perduto come un elogio dell’imperfezione. Perché ogni carenza, ogni deficit, ogni vuoto si riempie sempre di qualcos’altro. A volte di rabbia, dolore e nostalgia per una vita che poteva essere e che invece non è. E che però può trovare proprio nell’assenza della parte mancante l’energia lenta per attraversare mari e montagne, giungle e paludi, condividendo il tempo con fiori e scarafaggi, vermi e farfalle. [A.P.] 31 AGGILIBRITEATRODANZAFOTOGRAFIAVID N O S EOMUSIC R NEPE ARADIOLIB O I S I V E RIRAG L FUMETTITE libri Il disagio sordo di una famiglia in apere bilico che il proprio secondo- S genito è sordo destabilizza la coppia Alberto-Sandra. Lei si focalizza unicamente sul piccolo Matteo, lui si rifugia in un amoL’opaco custode della mente. re adolescenziale mai consumato Le tappe principali che hanno fino in fondo. Mentre Alice, la fisegnato la storia dell’assistenza glia quindicenne, cresce in fretta. psichiatrica in Tirolo fra la fine del Settecento e il 2002, e un particolare Ruota attorno a questa famiglia Non volare via, terzo romanzo di riferimento Sara Rattaro. La probabile sepaal manicomio razione tra i genitori può far dedi Pergine Valsugana flagrare il precario equilibrio del (Trento). Una bambino? Al di là dei didascalici miscellanea commenti in corsivo, il volume ha di saggi – per il pregio di mettere a fuoco le relo più già lazioni in un nucleo familiare che pubblicati accoglie una persona sorda, privi– ma per la legiando il punto di vista paterno. prima volta raccolti insieme tra le pagine di Castagne matte, curate E l’autrice ha forse disegnato con da Felice Ficco e Rodolfo Taiani eccessiva indulgenza i tratti del (Publistampa 2013). Al centro la bambino non udente, riportando trasformazione dell’ospedale però fedelmente i drammi vissuti psichiatrico, soprattutto a cavallo dai genitori dopo la diagnosi, con della Grande Guerra, vista anche l’obiettivo di far crescere serenaattraverso la testimonianza diretta mente il proprio figlio nonostante di alcuni protagonisti o per mezzo la disabilità sensoriale invisibile. del racconto mediato di chi questa realtà ha cercato di interpretarla Lingua dei segni sì o no, ime restituirla attraverso i film o il pianto cocleare pro e contro, quateatro. Niente di nuovo, dunque, ma le logopedista è più adatta: padre il ricompattamento di una memoria e madre si trovano davanti a scelche non va assolutamente dispersa. te importanti che potranno conMolti degli scritti sono frutto del dizionare il futuro di Matteo. «I progetto “Alla ricerca delle menti bambini audiolesi tendono a diperdute: viaggio nell’istituzione ventare scontrosi e aggressivi. È manicomiale”, promosso 15 anni fa dal Museo storico del Trentino in una conseguenza naturale delcollaborazione con l’Università di la frustrazione che deriva dal Trento. [M.T.] non riuscire a esprimersi e a farsi capire», riflette Alberto. A sette anni suo figlio sembra quasi perfetto, invece: un ottimo giocatore di scacchi, convinto che il suo 32 Sara Rattaro Non volare via Garzanti 2013 pagine 224, euro 14,90 silenzio non ammetta distrazioni. Infatti, ricorda l’autrice, «per essere straordinari non è necessario nascere perfetti. Matteo mi ha presa per mano e mi ha spiegato cosa significasse vivere nel silenzio. È stato un viaggio emozionante e difficile, ricco di incertezze e piccole soddisfazioni quotidiane». [L.B.] libri Maschio muto, femmina incantata on un deficit sonoro, ma di N Gianluigi Ricuperati La produzione di meraviglia Mondadori 2013 pagine 180, euro 18 parole: Remì, coprotagonista con Ione della seconda opera narrativa del torinese Gianluigi Ricuperati, è muto dalla nascita. Un’afonia – insieme alla perenne insonnia – che genera isolamento e patologie secondarie, compensata tuttavia da capacità estremamente sviluppate: «Per miracolo o per reazione evolutiva gli altri sensi avevano mostrato qualità di adattamento notevoli, proprio come nelle storie di supereroi: oltre alla vista da pilota, ci sentiva benissimo, e questo, paradossalmente, aumentava la distanza dal mondo, la sua parte di vita a parte. Gli altri erano qualcosa da ascoltare, ma nessuno avrebbe mai sentito la sua voce». Per la mancanza di corde vocali. Surreale, a metà tra una storia d’amore improbabile e un racconto di fantascienza con finale apocalittico, il romanzo La produzione di meraviglia accompagna il lettore con i sobbalzi emotivi vissuti sull’aereo turistico dai due protagonisti. E la “stranezza” di FUMETTITELEVISIONEPERSONAGGILIBRI N O I T TEATROD C ANZAFO IVALFI T S E F A GAZZIMOSTRECINEM Remì non sta nel suo mutismo obbligato, quanto piuttosto nel voler provare vertigini psicofisiche nonostante e a dispetto del silenzio, quel mix adrenalinico a cui il gioco del poker lo ha assuefatto: «Ma non è indispensabile possedere una voce quando ci sono così tante immagini disponibili, carte da mostrare tutte le volte che è urgente esprimere un concetto o si desidera qualcosa». Alla ricerca spasmodica di un registro comunicativo diverso da quello vocale. «Diafana, alta, preziosa», Ione considera Remì «una personalità poetica, mentre lei era brutale, e sapeva, senza bisogno di dirselo, che puntava a un altro genere di uomo». Eppure viene sorpresa e piacevolmente sopraffatta da questo ingegnere geniale, che ha deciso di vivere da solo a Milano appena laureato, con l’audacia temeraria di abbandonare «il comfort delle attenzioni, degli spigoli smussati, dell’assenza di pregiudizi e dell’aiuto costante a comunicare» nella casa dei genitori, «lasciando l’estrema provincia e il circolo ovattato delle corsie preferenziali per i portatori di handicap, dell’assistente che supporta la comunicazione con i professori, durante gli esami orali, degli amici che capiscono, dei cugini che sanno, dei negozianti che ti conoscono». [L.B.] libri Voglia di libertà. Con una gamba “imperfetta” mbientato nell’Ottocento, A nelle campagne e in una famiglia di contadini che può Nell Leyshon Il colore del latte Corbaccio 2013 pagine 182, euro 14,90 sembrare forse un po’ arcaica nei comportamenti, Il colore del latte – edito da Corbaccio – è un romanzo d’iniziazione e ricerca della propria identità. Suddivisa in quattro parti a cui l’autrice inglese dà il nome delle stagioni, la storia ha una voce narrante volitiva: quella di Mary, ultima di quattro figlie, 15 anni, i capelli chiarissimi che danno il titolo al volume e una gamba più corta dell’altra, che non le impedisce però di lavorare nei campi come i genitori e le sorelle. Alla sua prima opera narrativa – che il Globe Theatre di Londra fondato da Shakespeare le ha commissionato, ed è la prima donna a cui è stata fatta una richiesta del genere –, Nell Leyshon è autrice pluripremiata di sceneggiature sia radiofoniche che teatrali. La sua abilità emerge nei dialoghi serrati, privi di virgolette e di maiuscole, che scivolano velocemente nelle pagine per raccontare le difficoltà della protagonista: disabile negli arti inferiori ma tagliente nelle parole. Suo padre, violento e avido, la obbliga a lavorare in paese presso una signora malata, ripetendole che non deve sentirsi «speciale» a motivo della sua «gamba guasta» che si «trascina dietro». Mary replica: «mica dicevo che ero speciale. e mai l’ho detto. e mai l’ho manco pensato. la mia gamba è così e non è mai stata diversa. sono sempre stata così e ho sempre camminato così. nostra madre dice che è così che sono venuta al mondo». Sarà proprio accudendo la moglie del vicario che l’adolescente imparerà a leggere e a scrivere: un gancio verso la consapevolezza e l’emancipazione, ma a un prezzo altissimo. [L.B.] 33 Vita nuova a un Belpaese tutto da toccare. Michelangelo Pistoletto ha installato la sua Italia riciclata (foto di Mercedeh Imani) al Museo tattile Omero di Ancona: una grande sagoma di legno di otto metri circa coperta di materiali di recupero. Ma se l’anno scorso, alla Biennale di Venezia, lo Stivale era fatto di oggetti “ripescati” nella città lagunare, stavolta l’opera è stata realizzata con materiali trovati ad Ancona in omaggio ai 2.400 anni del capoluogo marchigiano. All’interno della Mole Vanvitelliana, inoltre, la sagoma si trova a 70 centimetri da terra per essere ammirata più facilmente. Come ha dichiarato l’artista, che ha ricevuto il Leone d’Oro alla carriera, «questo è il momento della re-visione e della riproposizione della vita urbana. C’è bisogno di ri-nascita, alcuni direbbero di Rinascimento». L’opera rimarrà esposta per sempre al Museo statale Omero grazie anche alla direzione generale per il Paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanea del ministero per i Beni e le attività culturali. Informazioni su Museoomero.it. [M.T.] ITEATRODANZAFOTOGR AFIAVIDEO CTION I F MUSICAR L A V TI ADIOLIBRIRA GAZZIMOSTRECINEMAFES pla e di sua moglie, il programma-videogioco Microsoft Kinect (una sorta di wii per sollecitare il movimento) e i ragazzi che lo utilizzano per fini riabilitativi, i laboratori di formazione all’impiego nel campo della salute mentale, la voce dei diretti interessati e le interviste a familiari, amici, docenti, tutor, medici e terapisti. Il risultato è un binomio vincente: una persona disabile con una marcia in più per parlare, in positivo, di tutto quello che ruota intorno al mondo delle disabilità motorie, sensoriali, psichiche, intellettivo-relazionali, acquisite oppure congenite e un modo – per la tv pubblica spagnola – di riaffermare anche in questa nuova stagione il proprio impegno nei confronti della società. «È molto importante che si sia scommesso su un programma come questo, soprattutto con la crisi attuale», ha commentato il presentatore. Pineda tiene spesso conferenze in atenei e centri formativi, in Spagna e all’estero, e gli piacerebbe diventare insegnante. Inoltre è autore del libro El reto de aprender, ovvero La sfida di imparare. Le puntate di Piensa en positivo possono essere viste online su Rtve.es. televisione Pablo Pineda, conduttore Down sullo schermo il primo programma televisi- Pablo Pineda, 34 anni, famoso in Spagna per essere stato il primo laureato (in psico-pedagogia) con sindrome di Down nel suo Paese. Foto di Daniel Rivas Pacheco vo presentato da una persona Down. E per di più parla di disabilità. Si chiama Piensa en positivo e va in onda su La2, il secondo canale della tv pubblica spagnola. A condurlo è Pablo Pineda, 34 anni, famoso per essere stato il primo laureato (in psicopedagogia) con questa sindrome nel suo Paese e per la sua interpretazione nel film Yo también, che gli è valsa la Concha de plata (Conchiglia d’argento) come miglior attore al Festival internazionale del cinema di San Sebastián 2009. La trasmissione – un settimanale a puntate di mezz’ora l’una, in palinsesto il sabato mattina alle 11 per informare, promuovere e sensibilizzare in merito all’integrazione sociale e lavorativa delle persone disabili – è partita a fine settembre e si concluderà ai primi di dicembre. Tre storie di inclusione a settimana in cui le telecamere seguono i protagonisti durante una giornata tipo per rivelare i dettagli della loro vita personale, le abilità professionali, gli strumenti e gli oggetti che ne facilitano l’universo dell’occupazione o la quotidianità. Ecco allora le vicende dello studente di ingegneria con la sclerosi multi- [Michela Trigari] Vita in Bmx. È una storia vera al centro del videoclip dell’ultimo singolo dei Rudimental Waiting all night. Il gruppo inglese si è ispirato infatti alla vicenda di Kurt Yaeger, bmxer, attore, modello e produttore statunitense a cui è stata amputata una gamba dopo un incidente stradale nel 2006. Yaeger è tornato sulla sua bici da cross con una protesi e ha partecipato agli X Games: ora è considerato il numero uno al mondo 34 tra i bmxer disabili. Proprietario di una quota della ProTonLocks, una società che costruisce pedali magnetici per biciclette, Yaeger è testimonial – insieme ad altri atleti – dall’Adaptive action sports, organizzazione non profit che organizza programmi ed eventi sportivi per persone con disabilità fisica. Oltre allo stesso Kurt, tutti i personaggi del video (lo si trova su Youtube) sono interpretati da professionisti e amici. [M.T.] EVISIONEPERSONAG NFUMETTITEL GILIBRITE ATRODAN IRA ZAFOTOGR AFIAVIDEOMUSICARADIOLIBR Gemma, una dei dodici protagonisti del film di Silvio Soldini e Giorgio Garini Per altri occhi. Il dvd del documentario è disponibile nella collana Feltrinelli Real Cinema cinema Guardare il mondo senza vederlo aleotto fu un mal di schie- G na. Nasce da un incontro fortuito il film documentario di Silvio Soldini e Giorgio Garini Per altri occhi. Avventure quotidiane di un manipolo di ciechi. «Tutto è cominciato due anni e mezzo fa quando, spinto dal mio perenne mal di schiena, ho conosciuto Enrico, un fisioterapista non vedente – racconta il regista di Pane e tulipani –. All’inizio timido e schivo, dopo il primo impatto Enrico ha cominciato a parlare di sé. E le cose che mi ha raccontato durante le poche sedute che ho fatto con lui, la sua leggerezza, l’ironia, la capacità di vivere la propria vita, mi hanno profondamente colpito». Da questo incontro è cominciato un viaggio attraverso l’intera Penisola alla ricerca di altre persone che, pur prive della vista, vivevano comunque un’esistenza piena. Né migliore né peggiore di tante altre, ma comunque ricca di esperienze, desideri, sfide. E così, scena dopo scena, il film ci con- duce nelle esistenze di Gemma, che studia violoncello e gareggia sugli sci, Mario (super-sportivo in pensione), Felice (scultore, marito e padre) e tanti altri che hanno accettato di raccontare la propria vita dinanzi a una telecamera. Ne viene fuori un ritratto inedito della cecità, tutto all’insegna di un’ironia non comune. Come nel racconto della coppia Claudio e Michela, entrambi non vedenti, che descrivono la propria quotidianità attraverso una serie di dettagli, uno più divertente dell’altro. A partire dal rapporto con i vicini, che assistono in curioso silenzio alle loro passeggiate in giro per il quartiere. E che, una volta acquisita la necessaria confidenza, rivelano loro le paure dei primi tempi, quando erano terrorizzati dall’idea che potessero lasciare il gas acceso, con conseguenze nefaste per tutti i condomini. Insomma, il documentario presenta un’autonomia che lascia stupito solo chi non conosce il mondo dei non vedenti. E che fa venire in mente tutti quei presunti falsi ciechi scoperti dalle forze dell’ordine, mentre si limitavano a espletare le normali attività della loro vita di tutti i giorni. [A.P.] 35 Una scena dal film Il futuro: Rutger Hauer e Manuela Martelli, rispettivamente nel ruolo di Maciste e Bianca. Nella pellicola anche Nicolas Vaporidis, Luigi Ciardo e Alessandro Giallocosta Il domani negli occhi. C’è anche un personaggio cieco nel film Il futuro della cilena Alicia Scherson. Tratto da Un romanzetto lumpen di Roberto Bolaño, recentemente tradotto da Adelphi, il film è arrivato in Italia dopo essere stato presentato al Sundance Film Festival e aver conquistato il premio della critica al Rotterdam International Film Festival. In una Roma plumbea e straniante, due fratelli adolescenti, Bianca e Tomàs, scivolano in un’esistenza ottusa e marginale in seguito alla scomparsa di entrambi i genitori in un incidente stradale. Chiusi nel loro appartamento a guardare la tv, cercano invano di proseguire la loro vita di sempre. Ma i soldi sono sempre di meno e i ragazzi si lasciano convincere da due delinquenti, che nel frattempo si sono installati nella camera da letto dei loro genitori, a tentare un grande piano. Bianca dovrà scovare e rubare il tesoro di Maciste, vecchio divo di film mitologici ed ex campione mondiale di culturismo, che vive solo e cieco in un lussuoso appartamento. Grazie a questo rapporto, nato sotto il segno della prostituzione, Bianca riuscirà però a ritrovare la strada. Da Tiresia in poi, nella letteratura classica i ciechi hanno avuto spesso il compito di aiutare gli altri a compiere il proprio destino. Rei di un atto empio, vengono puniti con la perdita della vista e poi ricompensati col dono di vedere ciò che nessuno vede. Così è Maciste, colpevole di aver causato dei morti in un incidente stradale, che aiuta Bianca a ricongiungersi con il suo futuro. [A.P.] RUBRICHE Inail... per saperne di più Chiara Maria Tornatore * Nel Lazio “Utile & dilettevole”, progetto per gli infortunati Prendono il via a novembre, nella Sede Inail di Latina, diversi laboratori occupazionali per chi è diventato disabile a seguito di un incidente sul lavoro. Iscrizioni entro e non oltre la prima metà di gennaio disegni di questa sezione del Magazine sono di Saul Steinberg S ulle pagine di questo Magazine si è spesso parlato di interventi per l’integrazione e la risocializzazione previsti dal Titolo IV del “Regolamento per l’erogazione agli invalidi del lavoro di dispositivi tecnici e di interventi di sostegno per il reinserimento nella vita di relazione”, approvato dal presidente dell’Inail nel settembre 2011. In questo filone progettuale si inserisce l’iniziativa “Utile & dilettevole”, presentata dall’équipe multidisciplinare della Sede di Latina e accolta favorevolmente dalla Direzione regionale Lazio. Nell’ambito del progetto, presso la Sede Inail di Latina, è prevista la realizzazione di laboratori occupazionali a favore di persone che a causa di infortunio sul lavoro hanno acquisito una disabilità fisica. Si va dal “fai da te” alla cucina popolare, dalle creazioni florovivaistiche alla gestione del back-office, dall’alfabetizzazione informatica all’addestramento all’uso del pc, dall’auto-imprenditorialità e business plan ai laboratori per addetti call center e telemarketing. L’iniziativa intende perseguire, sul modello bio-psicosociale dell’International classification and functioning (Icf), le finalità di sviluppare nelle persone disabili da lavoro maggiori autonomie nell’ambito del proprio contesto di vita e in quello lavorativo, potenziando le funzionalità residue della persona. Inoltre si propone di favorire la socializzazione con gli altri infortunati, facilitare il recupero del benessere psico-fisico attraverso la motricità e la libera espressione della creatività, aumentando così nella persona la consapevolezza circa le sue competenze (comprese quelle emotive), le attitudini lavorative e le abilità residue. 36 L’obiettivo, dunque, è quello di contribuire alla definizione di un nuovo progetto di vita per un proficuo reinserimento lavorativo. La partecipazione è aperta a un massimo di 35 infortunati residenti nel Lazio. I laboratori verranno organizzati in collaborazione con il Centro Armonia srl di Latina nell’arco temporale di otto mesi (da novembre 2013 a giugno del 2014), in funzione delle capacità residue e delle esigenze specifiche della persona. A conclusione del progetto verrà realizzato un evento di chiusura che illustrerà i risultati conseguiti e le prospettive di sviluppo dell’iniziativa. Inoltre verrà allestita una mostra espositiva delle creazioni florovivaistiche e degli ausili “fai da te” in cui il catering sarà curato dai partecipanti al corso di cucina. Tutti gli interventi elencati saranno, tramite il supporto di specialisti, personalizzati e finalizzati all’individuazione di soluzioni di accessibilità ambientale, sia domiciliare che lavorativa, e all’addestramento di ausili e adattamenti ergonomici. Nel caso in cui le persone interessate dovessero trovare difficoltà a raggiungere autonomamente il luogo di svolgimento degli incontri sarà attivato un servizio di trasporto dall’abitazione al centro di realizzazione delle attività. I laboratori saranno realizzati progressivamente in un arco temporale di circa otto mesi e – se come ci auguriamo riscuoteranno il gradimento degli infortunati – potranno essere replicati per il futuro. Per partecipare alle attività progettuali è necessario rivolgersi entro la prima metà di gennaio 2014 alle assistenti sociali delle Sedi Inail del Lazio e compilare il modulo di adesione. (* assistente sociale della Sede Inail di Latina) RUBRICHE Previdenza Giorgia Di Cristofaro Congedo straordinario retribuito. Ecco le novità Una recente sentenza della Corte costituzionale amplia la platea degli aventi diritto. Ammessi anche parenti e affini conviventi fino al terzo grado. Ma solo nel caso in cui i legittimati siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti D opo la sentenza della Corte costituzionale n. 203 del 18 luglio 2013 cambiano gli aventi diritto al congedo straordinario retribuito. La Corte infatti, intervenendo sul decreto legislativo 151/2001, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, nella parte in cui non include tra i soggetti legittimati a fruire del congedo straordinario retribuito il parente o l’affine entro il terzo grado convivente con la persona con disabilità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati idonei dalla norma a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave. Originariamente avevano diritto a fruire del congedo straordinario i genitori (anche adottivi o affidatari) e, in caso entrambi i genitori fossero deceduti, anche i fratelli conviventi. Tre sentenze della Corte costituzionale hanno ampliato la platea degli aventi diritto, attribuendo tale diritto appunto ai fratelli conviventi anche in caso di inabilità dei genitori, al coniuge e ai figli conviventi. Recentemente l’art. 4 del decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119, aveva modificato l’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 151/2001. Le novità introdotte non variavano la platea dei fruitori, ma stabilivano un preciso ordine di priorità per l’accesso al beneficio che era ed è fissato come segue: 1) co- niuge convivente con la persona con disabilità grave (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 158 del 18/4/2007); 2) in caso di mancanza, decesso o patologie invalidanti, subentrano i genitori anche adottivi; 3) in caso di mancanza, decesso o patologie invalidanti, subentrano i figli conviventi (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 19 del 26/1/2009); 4) e in ultimo i fratelli conviventi (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 233 del 6/6/2005). Il decreto legislativo 119/2011 dettava un rigido ordine di priorità dei familiari 37 aventi diritto ed escludeva ogni eventuale ulteriore possibile beneficiario che non fosse incluso nell’elenco sopra indicato. Su questa esclusione si è pronunciata la Corte costituzionale con la sentenza 203/2013, sollevando la questione di illegittimità costituzionale. Il procedimento era stato sollevato dal Tar di Reggio Calabria, relativamente all’esclusione del nipote convivente con la persona con disabilità dai soggetti legittimati a fruire del congedo in mancanza di altre persone idonee ad occuparsi dello stesso. Il Tar ha sollevato questione di legittimità costituzionale, sospendendo il giudizio in attesa della pronuncia della Corte costituzionale. La Corte costituzionale ha sostanzialmente ripreso le motivazioni espresse dal Tar sulla violazione di alcuni articoli della Costituzione: secondo il giudice, l’esclusione del nipote convivente del disabile dal novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo, previsto dall’art. 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151 del 2001, in mancanza di altre persone idonee a occuparsi dello stesso, contrasterebbe con diversi articoli della Costituzione. Pertanto per le pratiche di concessione dei permessi in corso di verifica o per quelle non ancora perfezionate, il diritto alla fruizione del congedo straordinario sarà esteso anche ai parenti e affini conviventi fino al terzo grado, nel momento in cui gli altri parenti legittimati saranno mancanti, deceduti o avranno patologie invalidanti. Si attendono gli opportuni chiarimenti da parte degli istituti previdenziali e da parte degli enti competenti. RUBRICHE Senza barriere Daniela Orlandi Access City Award 2014: parte il conto alla rovescia Tante le candidate al concorso che premia le città più accessibili d’Europa. Quattro le sezioni: ambiente e spazi pubblici, trasporti e infrastrutture, informazione e comunicazione, strutture e servizi. La premiazione il prossimo 3 dicembre Quello che Access City Award ha saputo attivare in questi anni è stato infatti un circuito positivo di sensibilizzazione e promozione della cultura dell’accessibilità su scala urbana: un circuito che non si è mai esaurito al concorso, ma che anzi ha collegato edizione a edizione. La documentazione che puntualmente viene fornita dalla Commissione europea offre allo studioso, come all’esperto, una buona panoramica di quanto avviene oggi in Europa in termini di accessibilità. È evidente, certo, che ogni realtà cittadina ha una sua identità, una sua storia, una sua geografia, C apitali o città di provincia: per l’edizione 2014 dell’Access City Award è tutto pronto. La sfida è aperta e sono diversi i centri urbani europei candidati all’assegnazione del premio Città accessibile 2014. È scaduto infatti il 10 settembre scorso il termine di presentazione delle domande di partecipazione al concorso che premia le città più accessibili d’Europa. La premiazione, prevista per il prossimo 3 dicembre, assegna il riconoscimento all’amministrazione che più di altre in Europa si è contraddistinta in tema di accessibilità nell’ambito di una o più azioni di sistema messe in campo per il miglioramento della qualità della vita nelle città per le persone disabili. L’iniziativa, oltre a suscitare interesse in merito alla vincitrice, ha anche il vantaggio di essere un momento di approfondimento e conoscenza delle buone prassi messe in campo da tutte le città che accedono sia alla finale che alla menzione speciale. Quattro sono e restano infatti i settori strategici del concorso: l’ambiente costruito e gli spazi pubblici, i trasporti e le infrastrutture, l’informazione e la comunicazione (incluse le tecnologie Ict) e, infine, le strutture e i servizi pubblici. 38 ma è altrettanto vero che le buone idee possono suggerire soluzioni praticabili a qualsiasi altitudine o latitudine. Tanti sono gli esempi: l’ufficio di coordinamento “edificio senza barriere” nella tedesca Berlino, il servizio “Fix your street” di Tallaght in Irlanda, il progetto di recupero dell’antico recinto fortificato di Pamplona in Spagna, come anche i “Bilbao Click” e le altre iniziative di questa città spagnola, che si è imposta sulle altre per l’accessibilità nell’informazione e comunicazione. Per la diffusione di queste buone prassi si è attivato anche SuperAbile.it aprendo una sezione apposita sul canale Senza barriere dove sono riportate e commentate in italiano le soluzioni e i progetti che hanno portato alcune città a ottenere questo riconoscimento europeo. Riconoscimento che, ricordiamolo, arriva dopo una preselezione a livello nazionale e una selezione finale a livello europeo. Sono le giurie nazionali a selezionare, infatti, fino a tre città; quindi la giuria europea seleziona tra queste le quattro città finaliste e anche le città “menzione speciale” per particolari soluzioni adottate in una delle quattro aree tematiche. l’ESPERTO RISPONDE a cura del Consorzio sociale Coin Mobilità Per rilasciare il certificato medico utile al rinnovo del contrassegno invalidi, il medico curante mi ha chiesto 50 euro. Può farlo? P er quanto riguarda il rinnovo del contrassegno di circolazione e sosta veicoli a servizio di persone invalide con validità a cinque anni (Dpr 495/1992 art. 381), facciamo presente che la normativa non contiene alcun riferimento alla gratuità del rilascio del certificato da parte del medico curante. Quest’ultima è quindi demandata al buon senso del medico stesso. Ne consegue che sia perfettamente possibile che alcuni medici richiedano il pagamento per fornire la certificazione richiamata. Sport Sono un’istruttrice di minibasket specializzata anche nel basket giovanile con ragazzi con autismo e altre disabilità. Alleno squadre di minibasket composte da giovani disabili e non. Vorrei lavorare nel settore: sapete indicarmi come posso fare? L e suggeriamo di contattare la sede centrale della Federazione italiana pallacanestro in carrozzina (Fipic), cui il Comitato italiano paralimpico (Cip) ha demandato la gestione, l’organizzazione e lo sviluppo dell’attività sportiva in argomento. Sarà la Fipic a orientarla verso i centri che prati- 39 cano la disciplina di suo interesse nell’area geografica dove risiede e che non risulta specificata nella sua richiesta. Riportiamo i riferimenti utili: Federazione italiana pallacanestro in carrozzina, tel. 06/36856123, sito Federipic.it. pinzillacchere IL PRANZO DELLA DOMENICA di Carla Chiaramoni La lanterna di Diogene Via Argine, 20 41030 Solara di Bomporto (Mo) Progettoaltroche.it Tel. 059/801101 In cucina il gruppo di Diogene Chiusura lunedì e martedì a cena Coperti 40 (40 all’aperto) Locale accessibile Prezzo 30 euro (vini esclusi) per il menù degustazione D ifesa della diversità, umana e dei prodotti. È intorno a questa idea che è nata La lanterna di Diogene, gestita dalla cooperativa omonima, il cui nome è ispirato al filosofo greco che alla luce di una lanterna cercava “l’uomo” ad Atene. L’attività di ristorazione è stata la naturale conseguenza del lavoro di agricoltura e allevamento avviato con un gruppo di ragazzi con disabilità intellettiva nel centro terapeutico La Lucciola. Sono dodici i ragazzi al lavoro negli ambiti che l’attività richiede nell’intera filiera: campi, stalla e osteria. Vicina al fiume Panaro, La lanterna è una casa rurale con un ampio portico e verde intorno. Punto di forza è l’uso di materie prime di produzione propria o di filiera corta, in gran parte biologiche, declinate in un menù degustazione ricco e vario. È anche possibile ordinare alla carta e sono proposte alternative per i celiaci e per chi ha intolleranze alimentari. Antipasti e dolci sono a buffet; da non perdere le paste fatte in casa, in particolare i tortelloni, o le zuppe che variano a seconda dei prodotti di stagione. Da provare sia lo stracotto e roastbeef che la faraona arrosto farcita di mele cotogne. Anche il pane è realizzato in casa. Buona la scelta di vini, anche biologici. Nell’acetaia i ragazzi producono aceto balsamico tradizionale di Modena. A causa del sisma dello scorso anno sia l’osteria che l’acetaia hanno subito danni importanti, ma l’attività di ristorazione non si è mai fermata, dopo la messa in sicurezza della struttura. Invece l’acetaia è tuttora inagibile; le botti sono state trasferite in container dove ora, in attesa della ricostruzione, vengono accudite con non poche difficoltà, come spiega il presidente della cooperativa Giovanni Cuocci. Slow food Italia ed Emilia Romagna hanno lanciato una raccolta fondi per aiutare le osterie della propria Guida danneggiate dal terremoto. IL FRANCOBOLLO DEL MESE fai da te di Gian Piero Ventura Mazzuca Ecco la protesi costruita con i Lego Quarant’anni fa, dall’altra parte del mondo M attoncino colorato dopo mattoncino colorato e il gioco è fatto: costruirsi una protesi con i Lego. A realizzarla Christina Stephens, giovane terapista occupazionale e ricercatrice clinica, amputata dal ginocchio in giù a causa di un incidente sul lavoro. E l’ha fatta nel salotto di casa sua, riprendendosi con la regina Elisabetta, mentre il Paese è guidato da un governatore. Anche la filatelia ha seguito questa impostazione e infatti troviamo diverse emissioni australiane che riguardano le tematiche che ci interessano, a partire dai primi anni Settanta. Infatti proprio nel 1972 sono stati emessi tre valori che ricordavano n territorio da sempre l’importanza della riabilitazione, una piccola molto sensibile serie dai grandi significati. alle tematiche della E noi tagliamo qui per disabilità è l’Australia, nazione di ovvia matrice dare più spazio alle anglosassone tanto più immagini, che parlano da che il capo della Stato è la sole. U 40 telecamera, caricando il video sul proprio canale Youtube, AmputeeOT, e mettendo qualche foto sull’omonima pagina Facebook. A dir la verità, la stramba idea è venuta a un suo collega: a Christina il merito di averci provato e di esserci riuscita. La gamba finta, ovviamente, è stata creata solo per divertimento, senza nessuna pretesa scientifica. L’obiettivo della statunitense, infatti, è quello di ironizzare sulla propria condizione mostrando a tutti la possibilità di essere creativi nonostante la propria disabilità, come attestano i suoi interventi sui social network che funzionano da risorsa per le persone amputate, le famiglie o i caregiver in cerca di qualche trovata originale. [M.T.] B LE PAROLE PER DIRLO progetto memoria di Franco Bomprezzi Cartoline dal manicomio: vivere e curare la follia nel Tirolo storico isogni educativi speciali. Ovvero, in sigla, Bes. È la nuova frontiera dell’inclusione scolastica. In fondo tutto è nato da noi, dal nostro mondo, persino, nella parte bella, dalla scuola italiana che è considerata un esempio anche all’estero. Da quest’anno si entra nel magico mondo dei bisogni educativi speciali. I docenti, e non solo loro, devono mettere in atto tutti gli strumenti che hanno a disposizione per fornire il miglior supporto possibile a tutti quegli alunni che hanno sicuramente bisogno di un sostegno personalizzato e competente. Non solo alunni con disabilità certificata dunque, ma anche ragazzi e ragazze che vivono altre situazioni di disagio, nell’apprendimento come nella socializzazione. I disturbi dello spettro autistico, certo, ma anche la provenienza linguistica e familiare da una cultura diversa, oppure condizioni di salute specifiche, non immediatamente riconducibili alla tradizionale classificazione dei deficit. La scuola deve tornare a essere curiosa ed esigente nei confronti di se stessa. Ripartire di slancio dopo aver vissuto anni di stanchezza, di delusione, di disincanto rispetto alle grandi riforme spesso impoverite dalla routine e più ancora dalla mancanza di risorse e di stimoli. Riusciranno i nostri eroi? Difficile dirlo, perché in queste situazioni si fa ancor più evidente il lavoro di chi preferisce tirarsi indietro, mugugnare, rimpiangere i bei tempi della scuola selettiva e meritocratica, come se in realtà, attraverso i Bes, non si stia svolgendo proprio la funzione primaria dell’istruzione pubblica, ossia la valorizzazione di ogni persona, di ogni allievo, ma anche, direi, di ogni insegnante. «L’area dello svantaggio scolastico – scrive la direttiva ministeriale – è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit». Ma davvero? Bes «N on vi permetterò più di farmi passare per matto». Sono le parole con cui, nel 1903, l’aiuto guardiacaccia Josef B. manifestava tutto il suo disappunto per il trattamento subito in manicomio. Ma questa frase è anche il titolo della mostra documentaria che ha ricostruito la sua storia e quella di altri trenta uomini e donne assistiti negli istituti psichiatrici di Tirolo, Alto Adige e Trentino tra il 1830 e il 1980. Incartamenti, effetti personali e altri reperti a testimonianza di quello che è stato lo stigma per eccellenza del passato: la malattia mentale. Alla base ci sono una serie di cartelle cliniche e scritti che raccontano le vicissitudini, finora ignorate, dei pazienti delle strutture di Hall, Innsbruck e Pergine Valsugana (Trento). A rispolverare queste vicende sono 41 state le ricerche degli Istituti di Storia ed etnologia europea e della Pubblica istruzione dell’Università di Innsbruck, che insieme all’Archivio provinciale di Bolzano hanno elaborato questa mostra itinerante nell’ambito del progetto “L’assistenza psichiatrica istituzionale e territoriale nell’area del Tirolo storico (secoli XIX-XXI)”. Dal 2011 l’esposizione si muove tra i confini d’Italia, Austria e Germania per dissotterrare questo cimitero dimenticato e le conseguenze degli eventi politico-sociali sugli internati. La tappa finale è stata proprio Pergine Valsugana, in provincia di Trento. Qui, grazie a “Op! Progetto memoria”, fino al 18 novembre al Nuovo teatro comunale continua Il senso della follia, una mostra sull’ex ospedale psichiatrico promossa dalla fondazione Museo storico del Trentino. (foto di David Schreyer) [M.T.] dulcis in fundo 42