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Mi insegni una canzone nuova?

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Mi insegni una canzone nuova?
 MI INSEGNI UNA CANZONE? L’utilizzo creativo dello strumento vocale nell’animazione, nel canto, in contesti di Pastorale Giovanile. Introduzione alla tecnica di canto moderno Canto e dintorni…. Il canto rappresenta sicuramente l’espressione più spontanea che possa utilizzare l’essere umano per fare musica. Cantare è istintivo. E’, o almeno sembra, alla portata di tutti. Il canto non serve solo come espressione artistica, ma anche come sfogo di un carico nervoso eccessivo, infatti psicologi e psicoterapeuti consigliano, in momenti di stress, di cantare, cantare, cantare. Come si dice? "Canta che ti passa!" Beh, passa il nervosismo, ma, se si canta "male", sia per scaricare le tensioni che per “estrinsecare” il proprio valore artistico, purtroppo si rischia di produrre dei danni, alle volte gravi, a quel prezioso apparato fonatorio che è costituito dalla laringe, le corde vocali ed annessi e connessi. Siamo circondati continuamente da musica, ma, per quanto riguarda soprattutto la musica leggera e le altre espressioni "non colte" del canto, spesso i nostri parametri di riferimento si rifanno ad artisti non correttamente impostati nell’uso della voce. Tutto questo ci influenza a fare un po’ a caso e a buttare lì i suoni senza andare troppo per il sottile. E invece no! Bisogna porsi il problema, bisogna imparare a respirare correttamente, ad utilizzare le corde vocali e le nostre risonanze naturali per far sì che ogni suono emesso sia solo una espressione di arte e non una specie di “attentato alla nostra salute vocale”. Chi è colui che canta? Possiamo tranquillamente paragonare il cantante ad un atleta! Questo paragone può essere prezioso soprattutto per far capire in che modo il cantante deve avvicinarsi a questa disciplina che, sicuramente, è artistica, ma passa anche attraverso una serie di fenomeni fisici la cui esatta conoscenza e, naturalmente, anche la capacità di gestirsi il corpo è fondamentale per svolgere bene questa attività. Il cantante è un atleta come può esserlo un qualunque sportivo e quindi ha bisogno non solo del tecnico in senso artistico, ma anche e forse soprattutto del tecnico in senso medico...cioè del foniatra. In virtù di queste riflessioni, può essere utile approfondire il discorso con chi, più di noi, sa cosa si deve o non si deve fare per conservare sempre in buona salute il nostro "organo vocale", in quest’ottica, sono preziosi i consigli dello specialista in foniatria. Da un punto di vista più strettamente tecnico, il cantante leggero lavora più sulla articolazione della parola che non sulla vocalità in senso pieno. Se in una canzone di musica leggera le parole vengono pronunciate male tanto da risultare incomprensibili, il brano stesso si svuota del suo significato. Nella lirica, molto spesso (anche se questo non è un pregio!) si apprezza e si segue maggiormente la musica, ma poco il testo a causa di una pronuncia spesso poco comprensibile. Colui che canta, è anche colui che parla, purtroppo, accade che non si presti attenzione alla cura della propria voce quando si parla, in ambito educativo e formativo, molte persone utilizzano la propria voce per insegnare, per parlare in modo continuativo, basti pensare ad insegnanti, catechisti, formatori; tuttavia pochi si pongono il problema di un corretto utilizzo del proprio mezzo vocale , e ancor meno sanno leggere i segnali di affaticamento che esso trasmette. Il corretto utilizzo delle corde vocali Incide molto sulla voce e sulla salute perché non abbiamo le corde vocali da parlato e quelle da cantato. Cantiamo con le stesse corde vocali con cui parliamo per cui se ci produciamo danno in una circostanza, prima o poi quel danno lo paghiamo anche nell’altra. Capita, a volte, di vedere delle persone che parlano con difficoltà, che hanno raucedine e cantano momentaneamente bene anche se, col passare del tempo, le due cose si allineano. Quando si canta, si attuano meccanismi di compenso che, per periodi anche lunghi, possono non manifestare quelle difficoltà che invece si manifestano sul parlato. Parlato e cantato Parlare correttamente è un presupposto necessario per cantare correttamente non fosse altro perchè, in questo modo, non si danneggia lo stesso organo vocale che deve parlare. In altre parole, cantare significa anche utilizzare alcune parti del nostro corpo: le corde vocali innanzitutto (dalle loro vibrazioni esce all’esterno del nostro corpo la voce); la faringe (chiamata comunemente anche GOLA) è un muscolo a forma di canale che deformandosi, in lungo e/o in largo, ha la capacita di modificare gli effetti della risonanza del suono nella testa; i polmoni (sono il serbatoio per l’aria che utilizziamo per far vibrare le corde vocali); il diaframma ( è un muscolo a forma di cupola, sottile e flessibile, che separa il torace dall’addome, dalla sua cooperazione con i polmoni e i muscoli addominali nasce la colonna d’aria destinata a trasformarsi in suono con le vibrazioni delle corde vocali); i muscoli addominali (aiutano il diaframma a comprimere i polmoni e a far uscire la colonna d’aria); i muscoli del collo e delle spalle (per una corretta postura durante l’esecuzione di una canzone). Riassumendo, si può affermare che per cantare in modo corretto bisogna sollecitare alcune parti del nostro corpo. Molto spesso, ignorando queste cose, si pone molta attenzione nell’allenare correttamente i nostri muscoli quando si va in palestra (quante volte il vostro allenatore vi ha detto che i movimenti devono essere fatti in modo corretto altrimenti i muscoli verranno sollecitati in modo errato e si otterrà più che un beneficio un vero e proprio danno fisico) e molta meno attenzione viene posta su quelle nostre altre parti del fisico che utilizziamo per cantare e per parlare, non sapendo o dimenticandoci che anche in questo caso potremmo fare dei danni al nostro fisico, proprio come quando facciamo un allenamento sbagliato in palestra. Un errato utilizzo delle corde vocali può causare infiammazioni con conseguenti abbassamenti di voce, se l’erroneo utilizzo persiste si può arrivare a causare cisti e noduli sulle nostre corde vocali, e a quel punto avremmo fatto davvero un bel guaio, risolvibile senz'altro con terapie mirate, ma evitabili. Pensate ad esempio a quanta cura hanno di solito i chitarristi con le corde della loro chitarra. Le evitano sbalzi di temperatura, non le fanno prendere umidità, spesso non fumano mentre suonano perché la nicotina che si deposita sulle corde rende meno brillante il suono, o ancora, durante le registrazioni delle parti di chitarra di un disco, sia che si tratti di riprese di strumenti acustici o di chitarre elettriche, al fine di garantire la genuinità del suono, le mute di corde vengono sostituite una volta al giorno. Va da sè che sarebbe ancora più giusto avere le stesse attenzioni per le nostre corde vocali, che tra l’altro ci servono per tante altre cose e purtroppo non si possono cambiare come le corde di una chitarra. Pertanto, se abbiamo intenzione di cantare in modo serio, bisogna impostare il nostro fisico per farlo e bisogna allenarlo giorno per giorno per rafforzarlo e preservarlo, raggiungendo così soddisfazioni sempre più grandi nel cantare. Quanto è stato detto finora non vale solo per i cantanti, ma anche chi usa il parlato per professione (doppiatori, attori, speaker, conferenzieri, insegnanti, venditori ecc. ecc) , nonché per chi vuole comunque parlare correttamente (sempre più persone oggigiorno si rivolgono per questo al medico -­‐ foniatra e/o logopedista) . Citando un vecchio adagio che dice: "canta bene chi respira bene" viene spontaneo dire che l'A-­‐B-­‐
C del canto parte dalla respirazione. Per cui per cantare bene occorre respirare bene. In questo ci viene in soccorso la respirazione più naturale che si conosca, la respirazione diaframmatica. Di eguale importanza della respirazione è la postura. Come possiamo pensare di emettere correttamente dei suoni se a questi gli mettiamo in continuazione degli ostacoli, addirittura ancora prima che il suono si formi? Inutile poi soffermarci più di tanto sulla dizione. Bisogna impararla, assolutamente. A meno che non vogliamo cantare intenzionalmente solo canzoni dialettali. Senza contare che anche minime inflessioni dialettali possono passare inosservate quando si canta nella nostra zona, ma appaiono senza ombra di dubbio riascoltando una registrazione. Canto e tecnica Per cantare bene occorre acquisire una tecnica. Chiaramente ogni genere musicale ha delle esigenze stilistiche, che diventano sempre più importanti mano a mano che ci si addentra e si approfondisce l'argomento. Quindi diffidate, per esempio, dall’insegnante di musica lirica che vuole insegnare canto leggero e naturalmente viceversa. Ogni insegnante dovrebbe limitarsi al suo specifico campo, a meno che non si parli dei fondamentali del canto (la respirazione e la dizione). Insegnare significa anche seguire un programma specifico, applicare sugli allievi un metodo collaudato. Un’insegnante non può essere solo una buona cantante e cercare di trasmettere agli allievi il proprio modo di cantare. Con una buona impostazione della voce e con la tecnica al nostro servizio, aumentiamo l’estensione vocale (saremo cioè in grado di cantare note più basse e note più alte di quanto non avessimo mai creduto). Ma attenzione non si diventa più bravi solo se si riescono ad intonare note altissime. Andare a fare vocalizzi altissimi è talvolta fine a se stesso e alla lunga è un processo noioso. Avere un'estensione maggiore significa avere maggiori suoni a propria disposizione e quindi maggiori possibilità di utilizzarli all'occorrenza. E' come se due pianisti suonassero ognuno un pianoforte. Uno con un'ottava di estensione, l'altro con tre ottave di estensione. E' chiaro che il pianista che suonerà il secondo piano avrà maggiori possibilità di variazioni. Ma pensate che monotonia se si ostinasse a suonare sempre l'ottava più alta del suo pianoforte, pur avendone a disposizione ben tre! Con la tecnica riusciamo a vestire bene il nostro timbro vocale e metterlo al servizio di una riuscita esecuzione canora, modificando la risonanza del suono della nostra voce nella nostra testa (la testa è una naturale cassa di risonanza. La sua conformazione può cambiare il suono. Possiamo tirar fuori tutte le sfumature che la nostra voce possiede e utilizzarle per renderla più accattivante, soprattutto, possiamo mantenere sempre la perfetta intonazione, anche sulle note più lunghe. Con la tecnica e l’impostazione vocale possiamo cantare a lungo ed evitare che la voce si abbassi e sostenere più serate con un ritmo più serrato. Insomma i vantaggi sono veramente tanti. Per cantare bene bisogna anche conoscere perfettamente i nostri limiti, che con la tecnica possono sorprendentemente spostarsi verso l’alto, però, bisogna comunque conoscerli per evitare inutili e dannosi tentativi impossibili per le nostre caratteristiche fisiche. Appurato e compreso questo occorre studiare ogni modo per rendere sempre più bella la voce che possediamo utilizzando ogni risorsa, anche la più nascosta che comunque possediamo. Molto Importante è NON IMITARE. Se vogliamo essere sosia di qualcuno possiamo intraprendere la strada dell’imitazione ma se vogliamo far uscire il nostro io, la nostra interpretazione di un brano, dobbiamo abbandonare il processo imitativo. Alcune forzature di stile possono essere caratteristiche adatte per un certo cantante, ma potrebbero non esserlo per voi. Ed una forzatura potrebbe anche essere interpretata come un errore. Per essere buoni cantanti bisogna conoscere almeno i rudimenti della musica. Fondamentale per un professionista. Come minimo ci fa parlare la stessa lingua dei musicisti del nostro gruppo (quante volte si vedono i musicisti fare discorsi tra loro dai quali il cantante viene tenuto fuori perché non conosce la musica e non capisce quello si sta per suonare). Canto e tecnica microfonica Il cantante poi dovrebbe conoscere la tecnica microfonica (il microfono è lo strumento che trasmette la nostra voce all’uditorio, fa sentire a tutti la nostra voce, ma non possiamo comandarlo col pensiero, occorre utilizzarlo al meglio conoscendone le caratteristiche e sapendo cosa si deve fare con un microfono in mano e cosa non si deve assolutamente fare.) Il microfono è il mezzo di comunicazione più utilizzato nel canto, sia che si tratti di un esecuzione live sia che si registri una traccia in uno studio di registrazione, il microfono è un trasduttore, traduce il cambiamento di pressione atmosferica provocato dall’impatto dell’aria sulla membrana microfonica in impulso elettrico. Ricordate infine che un buon cantante all’occorrenza può anche trasformarsi in corista ed un corista deve avere una preparazione che paradossalmente il cantante solista potrebbe anche non avere. Molti non sanno utilizzare per niente il microfono, e la loro comprensibile giustificazione è spesso: "non l'ho mai adoperato! Nessuno mi ha mai dato l'opportunità di utilizzarlo." Bisogna innanzitutto dire una cosa scontatissima, che però visti i risultati, poi tanto scontata non è. Nella musica leggera come in quella liturgica, ormai sempre di più si canterà sempre con un microfono davanti!!!! Nella maggior parte dei casi il microfono si dovrà tenere in mano e per cui si dovrà anche cominciare a sapere come si deve maneggiare. In poche righe si cercherà di dare alcuni consigli, ma come per tutte quelle attività per le quali occorre una certa manualità, la cosa migliore è quella di utilizzare praticamente un microfono. Anche perché utilizzandolo ci si può prendere confidenza e quella strana sensazione di inibizione che il microfono a volte crea deve essere superato sul campo, con la pratica, e non studiandolo sul web oppure sui libri. Per diversi motivi, oggi è didatticamente molto difficile concepire uno studio del canto moderno senza prevedere di far utilizzare un microfono agli allievi. Come si spera di rendere udibile la voce del cantante di turno senza un microfono? Mesi, anni di preparazione sulla respirazione, i vocalizzi, e poi tutto si dissolve per la paura che si prova davanti ad un oggetto ormai necessario, ma che non si sa adoperare. Vai a controllare la respirazione e tutto il resto con quella strana inibizione addosso che il microfono può crearti se non sei stato abituato ad utilizzarlo. Se siete cantanti ed in alcune occasioni vi capita di cantare in pubblico è consigliabile cercare di individuare il microfono che meglio si addice alla vostra voce. (in alcune occasioni se non se ne può scegliere uno personale, è buona prassi conoscere e familiarizzare con quello che si dovrà usare, e questa regola generale vale sia per il cantato che per il parlato. Esistono decine e decine di marche e centinaia di modelli (nell’ambito di microfoni professionali studiati per la ripresa della voce e del canto ovviamente) per cui la scelta non è sempre facile. Un consiglio generale è quello di cercare di provare tutti i microfoni che vi capitano a tiro, provarli e se possibile registrare la vostra voce onde paragonare i risultati. Dopodichè tra consigli e pratiche varie sceglierne uno e acquistarlo, quindi imparare a conoscerlo provandolo e riprovandolo ogni qual volta che se ne ha la possibilità. Una buona soluzione (che tra l'altro è anche tra più diffuse anche in termini di economicità) è il microfono SHURE SM58. è uno dei microfoni più venduti al mondo, ma per chi non ha voglia di mettersi a fare chissà quali ricerche è una soluzione che costa ad oggi intorno ai 100 Euro. Andando molto in alto con la qualità e purtroppo anche con il costo, un eccellente microfono a condensatore è il Neumann KMS 105, un riferimento internazionale nelle applicazioni live studio, broadcast. Microfono e dintorni Ogni microfono va usato correttamente, nel rispetto delle caratteristiche indicate dal costruttore e valutando le vostre caratteristiche vocali. Facendo un po’ di prove si riesce a capire bene il funzionamento, i limiti e le sue la potenzialità. In questa sede non ci addentriamo troppo in disquisizioni tecniche complesse e tutto sommato poco utili per gran parte dei cantanti. E' comunque utile sottolineare sommariamente che il microfono funziona in grandi linee come un diffusore acustico, o meglio esattamente all'opposto di un diffusore. Al diffusore arriva un segnale elettrico che attraverso la componentistica diventa un suono. Al microfono invece arriva un suono che trasforma in segnale elettrico. Per cui così come è nota l'importanza dei diffusori in una catena audio, è altrettanto nota, o almeno dovrebbe esserlo, l'importanza del microfono. In linea di massima quando cantate con un volume basso tenete il microfono accostato alle labbra, deve quasi toccarle. Quando cantate una nota bassa ad un volume basso o medio avvicinatelo ancora di più (fate toccare il micro alla bocca) questo permetterà di ottenere dei bassi più corposi e timbricamente corretti. Man mano che il volume aumenta allontanate lievemente e proporzionalmente il microfono. La distanza massima della bocca dal microfono non deve superare un palmo (ovviamente questa è una misura di massima in quanto tutto dipende dal tipo di microfono e dal tipo di voce). Tenete presente che i microfoni per cantare dal vivo sono poco sensibili e sono stati costruiti per percepire solo i suoni molto vicini al microfono. Se così non fosse nel microfono, oltre alla voce del cantante, entrerebbe anche il suono degli strumenti sul palco, della gente in sala ecc. ecc. . Esistono microfoni molto sensibili, quelli per le registrazioni in studio, ma debbono essere comunque utilizzati da persone esperte e in un ambiente insonorizzato, proprio per evitare interferenze sonore con la voce del cantante. Per cui se ci allontaniamo troppo dal microfono la nostra voce non si sentirà. Non solo, anche se non ci si allontana così tanto da non sentirsi, potrebbe essere sempre troppo rispetto alla corretta distanza di esercizio. In questo caso si potrà anche percepire qualche suono della nostra voce, ma sicuramente non tutti. E dopo tutta la fatica fatta per ottenere una voce timbricamente ottimale vanifichiamo il tutto facendo arrivare al microfono solo alcune delle frequenze che compongono la nostra voce, con effetti disastrosi. Altra cosa importantissima, come la distanza, è l'angolazione con il quale si utilizza il microfono. Il microfono, e la capsula ivi contenuta, deve essere tenuto dritto davanti alla bocca. In modo che la parte tondeggiante del microfono (se è tondeggiante ovviamente) dovrà stare proprio di fronte alla bocca. Se si inclina il microfono, il suono prodotto dalla nostra voce non andrà più ad impattare proprio sul fronte della membrana della capsula e i risultati non saranno quelli desiderati. Per individuare la capsula di un microfono, provate a svitare delicatamente la gabbietta di protezione e individuate la capsula. Nello Shure SM58 è un piccolo cilindro rivestito sulla parte superiore da una specie di spugna. Li sotto si trova una membrana che vibrerà quando le vibrazioni prodotte dalla nostra voce vi andranno contro. Non togliete la spugna, ma cantate per un po’ con il microfono senza la gabbietta , vi sarà più facile individuare la capsula e fare delle prove. Non coprite mai la gabbietta di protezione con la mano. Impugnate il microfono afferrandolo per l'impugnatura, è stata fatta apposta. E poi non mettete il pollice sopra la gabbietta, è una bruttissima abitudine che purtroppo hanno in molti, ma l'effetto è intuibile, si copre una parte del microfono e se ne limitano le prestazioni. Dovrebbe essere scontatissimo questo fatto. Tra l'altro se ci badate bene dentro la confezione dello Shure SM58 c'è un ridottissimo manuale delle istruzioni. Ridotto perchè non c'è molto da dire oltre alle caratteristiche e al modo di utilizzarlo. Infatti, proprio per l'utilizzo c'è solo un disegno che raffigura la corretta impugnatura del microfono. Pensate, Mr. Shure ci deve tenere particolarmente al modo in cui si impugna il microfono, eppure nonostante ciò, c'è ancora chi il microfono lo impugna in modo a dir poco indecoroso!!! Non fischiate nelle capsule dei microfoni e non tamburellate sopra le stesse per sapere se funzionano o meno, potrebbero danneggiarsi, e se il microfono appartiene al service, il proprietario potrebbe venire a corrervi dietro.... Insomma dovete familiarizzare con il microfono e rendervi conto che deve essere un alleato mentre cantate e non uno sconosciuto oggetto messo li apposta per mettervi in difficoltà. Cantare ma come? Partiamo dal presupposto che praticamente tutti possono cantare bene. Prova ne è che nei paesi nordici, dove è molto sentito il canto corale, gli stonati sono praticamente inesistenti. Le persone completamente stonate sono rarissime, e debbono questa loro condizione perlopiù ad una anomalia che risiede in una zona ben precisa del cervello, oppure a seri problemi di udito, tutti gli altri che si definiscono “completamente stonati” sono probabilmente soltanto diseducati al canto e non hanno mai preso in seria considerazione lo studio del canto. Ovviamente la predisposizione naturale è molto importante, specialmente per divenire eccellenti cantanti. Ma diventare un serio professionista, che sa fare le cose correttamente, non poi un traguardo irrangiugibile. E’ chiaro che poi, come per tutte le altre attività umane, ci sono persone particolarmente predisposte al canto , ma ripeto, gli stonati totali sono casi rarissimi. LA RESPIRAZIONE Per cominciare a respirare correttamente immettiamo nei polmoni una gran quantità di aria facendo attenzione a non gonfiare troppo la cassa toracica e senza alzare le spalle. Spingiamo invece l’aria ispirata verso la pancia percependo la sensazione di avere un palloncino che si gonfia nella pancia (in questo modo stiamo convogliando l’aria inspirata anche nella parte bassa dei polmoni costringendo il diaframma a spostarsi verso il basso sotto la spinta dei polmoni). 1. FOSSE NASALI
2. PALATO DURO
3. LABBRA
4. LINGUA
5. CORDA VOCALE
6. LARINGE
7. FARINGE
8. PALATO MOLLE
9. UGOLA
La respirazione che io sostengo essere quella ottimale per cantare canto moderno, è quella che viene comunemente chiamata "respirazione costale-­‐diaframmatica". Il perchè di questo nome lo vedremo più avanti. Da non confondere quindi con una respirazione troppo alta "clavicolare" o troppo bassa "addominale". Una corretta respirazione deve essere effettuata con tutto il polmone. Molto spesso invece al giorno d'oggi si utilizza solo una parte dei polmoni. Quella alta. Riducendo così la ventilazione e gli effetti benefici della respirazione che sono in primis, come universalmente risaputo, l'ossigenazione del sangue e quindi di tutto il nostro corpo. Purtroppo la frenetica vita quotidiana e lo stress di cui un po’ tutti siamo le vittime inducono una respirazione scorretta, appunto quella che utilizza prevalentemente la parte alta dei polmoni. La respirazione più naturale e quella che prevede l'utilizzo di tutto il polmone. Ce ne accorgiamo perché a gonfiarsi non è solo il torace bensì l'addome. Per cui se vogliamo raccogliere indizi utili su come si effettua una corretta respirazione osserviamo i bambini più piccoli. Loro non sono ancora diventate vittime dello stress e la loro respirazione è quella che noi abbiamo perduto da tempo e dobbiamo quindi imparare di nuovo. Quando i polmoni si riempiono completamente acquistano un volume maggiore e quindi vanno ad occupare un po’? dello spazio solitamente riservato alla viscere per cui abbiamo come effetto un rigonfiamento dell'addome che si porta in avanti, le costole inferiori si aprono lateralmente sotto la spinta dell'aria contenuta nella zona bassa dei polmoni e anche il diaframma si abbassa e su di lui viene esercitata una forza proporzionale alla quantità di aria immagazzinata. Utilizzando una frase un po’ colorita possiamo dire che i polmoni si sono andati a trovare un poco di spazio sgomitando a destra e sinistra sulla gabbia toracica, e in basso sulle viscere attraverso il diaframma e i muscoli addominali. Da qui il nome di respirazione costale -­‐diaframmatica. Quindi tratteniamo l’aria per qualche secondo e poi cominciamo a svuotare i polmoni emettendo il suono della vocale “O” (attenzione alla posizione della bocca esageriamo il movimento facendo assumere alla nostra bocca una posizione il più possibile tondeggiante). Quando decidiamo di espirare dobbiamo mantenere ben tonici i muscoli addominali onde fornire la giusta pressione sul diaframma e regolare quindi l’emissione dell’aria così come noi vogliamo mantenendo così costante e prolungato nel tempo lo svuotamento dei polmoni. Il flusso di aria emessa dovrebbe essere il più possibile costante. Eventuali tremoli si ripercuoteranno anche sulla stabilità della nota quando andremo a cantare. Un vecchio trucco per vedere se stiamo facendo bene ed esercitarci è quello di emettere l'aria sulla fiammella di una candela. Se il flusso sarà costante, come deve essere, la fiammella sarà sempre piegata con una inclinazione sempre uguale. Se si alza e si abbassa in continuazione il nostri flusso di aria non è costante. Facciamo questi movimenti LENTAMENTE, non abbiate assolutamente fretta né di inspirare né di espirare. Tra l’altro questo tipo di respirazione contribuisce anche a rilassarci quindi sfruttiamo bene il tempo che abbiamo deciso di impiegare per questo esercizio. Sono molte le discipline che dedicano mola attenzione alla respirazione diaframmatica e la utilizzano per trovare una migliore sintonia con il proprio corpo. Ad esempio le arti marziali, gli sport dove si esige concentrazione e precisione (tiro con l'arco, pistola, fucile ecc.) il training autogeno ecc. ecc. Imparata la respirazione, che dovremmo cercare di applicare in ogni momento della nostra giornata (ricordandoci sempre che quella appena descritta è la respirazione più naturale) cerchiamo di imparare la giusta postura del nostro corpo quando intendiamo cantare. VERIFICA DELLA RESPIRAZIONE DIAFRAMMATICA Per verificare se la vostra respirazione diaframmatica è corretta, mettetevi davanti ad un grande specchio e fate un bel respirone. Se nell'inspirare le spalle si alzano e il torace si gonfia come un militare sull'attenti...., allora la vostra respirazione va rivista, è troppo alta. Se invece, sempre facendo un bel respiro, le spalle si spostano di poco e l'aria inspirata va a gonfiare l'addome, (questo accade perchè a gonfiarsi sono la parte bassa dei polmoni) allora va tutto bene, la vostra respirazione diaframmatica è corretta. Ora si tratta solo di applicarla al canto! Approfondiamo ora il discorso respirazione, parlando di due movimenti fondamentali: "L'appoggio e l'accento". L’APPOGGIO (o sostegno) L’ACCENTO (o spinta) E IL VIBRATO. L’appoggio e l’accento sono due movimenti eseguiti prevalentemente con i muscoli addominali. Gli addominali, con questi movimenti, aiutano il diaframma a svolgere la sua funzione. Con questi due movimenti le note da emettere hanno un controllo maggiore. Per cui le note lunghe risulteranno più stabili e le note più alte saranno più precise e incisive. Altrove abbiamo parlato della inspirazione, cioè dell’atto in cui l’aria scende nei polmoni che si gonfiano sotto la spinta dell’aria incamerata. Abbiamo anche visto come i polmoni che si gonfiano d’aria avranno un volume maggiore rispetto a quando stanno a riposo. Per cui sotto la spinta dell’aria il compito del diaframma e degli addominali è quello di acconsentire a questa espansione spingendo verso il basso e creare quindi l’ulteriore spazio necessario ai polmoni, costipando le viscere verso il basso (creando così il famoso effetto del palloncino che si gonfia nell’addome). Una volta presa coscienza di questo tipo di respirazione dobbiamo fare in modo di alzarla un po’. Abbiamo capito che l'aria può essere convogliata molto in basso, (diciamo nell'addome) oppure molto in alto (diciamo nel torace). Noi dobbiamo posizionare quest'aria in una posizione centrale, in modo da poter riempire tutto il polmone se ce n'è bisogno, ma soprattutto per poter meglio gestire l'aria con i muscoli addominali. Infatti come vedremo poche righe più avanti, l'emissione dell'aria e la produzione del suono è in gran parte gestita dai muscoli addominali. Se teniamo l'aria troppo in basso o troppo in alto non riusciamo a far lavorare bene gli addominali e l'espirazione potrebbe non essere corretta e utile al nostro scopo..... gestire il suono. I polmoni gonfiandosi andranno ad occupare lo spazio lasciato vuoto dal diaframma (che vogliamo ricordare è un muscolo laminare a forma di cupola il cui vertice sale all’interno della gabbia toracica, e che quando si contrae si appiattisce e ne consegue l’allungamento del diametro) ma non solo. I polmoni premeranno contro la parte bassa della gabbia toracica. Per cui, siccome sappiamo che le ultime due coste della gabbia toracica sono piuttosto elastiche in quanto non saldate anteriormente, e per questo definite anche coste false oppure fluttuanti queste cederanno anche loro sotto la spinta dei polmoni rigonfi d’aria. Questi due movimenti di cessione dello spazio da parte del diaframma e delle coste, fanno si che i polmoni possano gonfiarsi nella loro parte bassa e non solo in quella alta. Infatti abbiamo già visto come una corretta respirazione debba prevedere il convogliamento dell’aria inspirata verso il basso e non verso l’alto. Attuare quindi una respirazione costo-­‐diaframmatica anziché una respirazione clavicolare (o alta). Il pericolo sta nel praticare una respirazione troppo bassa (addominale) e quindi perdere i benefici che i movimenti dei muscoli addominali ci possono dare. Ma in questo ci deve venire in soccorso l'insegnante, che deve tenere sempre presente anche la conformazione fisica dell'allievo. La respirazione diaframmatica infatti può essere spontaneamente più o meno bassa nell'allievo in base alla sua conformazione. Infatti solitamente applicano una respirazione più costale le donne ed i longilinei dei due sessi, viceversa la respirazione addominale, quindi un po’ più bassa, è più presente nei brevilinei e negli uomini. Inoltre entra in ballo anche l’inclinazione delle coste, insomma si sta parlando di anatomia individuale, con tutte le sfumature del caso dovute anche ai cambiamenti morfologici causati dallo stile di vita tenuto dall’individuo in questione. Difficilissimo generalizzare. Per cui se proprio vogliamo differenziare la respirazione addominale da quella costale, non si può non conoscere alla perfezione la struttura fisica dell’allievo e quindi rispettare la sua predisposizione naturale a determinati meccanismi. Sperando di essere stato abbastanza chiaro, d'ora in poi chiameremo la respirazione, semplicemente respirazione diaframmatica, e questo per il continuo coinvolgimento del diaframma in questo tipo di respirazione. Nell’ APPOGGIO i muscoli addominali forniscono al diaframma un sostegno sicuro ed efficace durante l’espirazione. In questo modo mentre l’aria fuoriesce dai polmoni e risale verso l’alto per mettere in vibrazione le corde vocali, i polmoni stessi sono sostenuti dal diaframma che a sua volta è sostenuto dai muscoli addominali. Quando i polmoni mano a mano si svuotano del loro contenuto di aria, si riducono di volume e quindi occupano meno spazio, il diaframma accompagna questo movimento dei polmoni e risale di pari passo rimanendo sempre a contatto con la parte bassa dei polmoni, grazie anche alla sua già riferita forma a cupola. Questo contatto è in realtà un sostegno, un piano d’appoggio per i polmoni che possono svuotarsi e contrarsi senza perdere appunto l’appoggio. Infatti durante l’espirazione si avrà una introspezione del diaframma. Inoltre i polmoni saranno compressi lateralmente dalle coste e vengono “strizzati” verso l’alto. Con i polmoni risale anche la trachea, alla sommità della quale si trova la laringe. Tale risalita è componente fondamentale, ma automatica, del meccanismo della produzione del suono. Questo continuo appoggio fa in modo che la colonna d’aria formata dai polmoni e che risale verso l’alto sia costante, un bel flusso omogeneo e che non ci siano insomma, si lasci passare il termine, “dei vuoti d’aria”. Ora, considerando che la nota lunga e sostenuta è provocata da una vibrazione costante e regolare delle corde vocali, la vibrazione è resa possibile perché è costante e regolare la colonna d’aria che va a sbattere contro la superficie inferiore delle corde vocali. Per cui se la colonna d’aria non è costante e regolare anche le vibrazioni delle corde non saranno costanti e regolari e di conseguenza non sarà costante neanche il suono prodotto dalle corde vocali, praticamente la nota prodotta sarà traballante ed imprecisa, come si dice spesso sarà una nota “calante” oppure “crescente”, comunque non perfettamente intonata. Usiamo un’immagine per descrivere ciò che accade, un’immagine invero assai citata nei testi di didattica sul canto, ma comunque sempre efficace e che io cercherò di rendere semplicemente ancora più comprensibile, senza la pretesa di voler riferire qualcosa di inedito. Immaginiamo una fisarmonica, o meglio il mantice di una fisarmonica, e paragoniamo il mantice ai polmoni; e paragoniamo il braccio del musicista che regge il mantice al diaframma e ai muscoli addominali. Quando il mantice deve riempirsi d’aria come fa? Si allarga grazie al braccio del musicista che lo tira verso il basso. Il braccio del musicista però sostiene il mantice, e lo tira in basso per quanto basta, in base all’aria che occorre per la fase successiva, quella di espulsione dell’aria e produzione del suono. Il braccio del musicista non lascia cadere verso il basso il mantice senza sostenerlo, se lo facesse il mantice ballonzolerebbe verso il basso, in modo goffo e scoordinato. Il braccio del musicista lo troviamo anche nella fase di produzione del suono. Quando cioè deve spinger sul mantice e far fuoriuscire il suono. La spinta, oltre a spingere fuori l’aria, naturalmente, fa si che il mantice sia sempre ben sostenuto e che il mantice non si “rilassi verso il basso” Parliamo ora dell’ACCENTO (o spinta). L’accento è un movimento spesso ignorato, o quantomeno non si pone nei suoi confronti la giusta importanza, almeno secondo il mio punto di vista. Si ritiene sia un movimento importantissimo, almeno tanto quanto l’appoggio. Soprattutto perché entra in ballo quando il cantante deve eseguire note particolarmente acute, quelle note che spesso inducono il cantante a movimenti sbagliati che creano tensioni, dando luogo a note acute imprecise, che oltre a produrre suoni non gradevoli, inducono il cantante in una sorte di “timore psicologico” nei confronti degli acuti. Questa emissione errata degli acuti spesso inducono il cantante in una sorta di “paura degli acuti”. Questa paura crea tensioni e le tensioni concorrono a sbagliare effettivamente l’emissione. Il tutto induce il cantante in una sorta di reazione a catena che avendo paura di sbagliare, sbaglia veramente, e crea in lui l’errata consapevolezza di non poter raggiungere le note più alte che invece magari fanno parte della propria tessitura, ma non escono semplicemente perché sono male affrontate, sia psicologicamente che tecnicamente. L’accento è praticamente un movimento contrario all’appoggio. Si effettua con gli addominali più bassi. E’ una spinta decisa dal basso verso l’alto. Un movimento secco e veloce, impareremo col tempo quanto intenso dovrà essere questo movimento. Serve per avere uno spunto maggiore quando si debbono affrontare note particolarmente acute e difficoltose. Noi abbiamo dell’aria nei polmoni, e quest’aria dobbiamo farla schizzar fuori mandandola contro le corde vocali. Per cui, per facilitare questa fuoriuscita, diamo una velocissima “strizzatina” alla parte bassa dei polmoni. E per questa strizzatina adoperiamo sempre il diaframma e i muscoli addominali bassi. In questo modo la parte alta del busto (e di conseguenza la gola) rimane perfettamente rilassata, in quanto il tutto è demandato al diaframma ed ai muscoli addominali, sia alti che bassi. Immediatamente dopo aver prodotto la nota acuta, se questa dovrà essere anche mantenuta (per un bell’acuto finale magari) gli addominali alti rimarranno in posizione di appoggio che nel frattempo non è stata mai mollata. Se invece non ci sarà bisogno di mantenere la nota, seguirà la fase di inspirazione. In ogni caso, come è stato premesso, l’accento è un movimento deciso e veloce, da ripetersi ogni qual volta se ne presenti la necessità. Vale la pena precisare quindi, che durante una canzone gli addominali non rimarranno mai fermi. O si ritirano durante l’inspirazione, o si posizionano per effettuare l’appoggio oppure aggiungono all’appoggio, l’accento, spingendo decisi verso l’alto.-­‐ Per questo motivo cantare è una bella fatica per gli addominali e per questo si dice spesso che gli addominali sono il vero motore della voce!!! Inoltre, l’utilizzo corretto di questo motore, evita che il cantante produca le note utilizzando la gola, che invece come è stato più volte detto deve rimanere priva di tensioni, come deve rimanere priva di tensioni tutta la parte superiore del tronco (torace, spalle, collo ecc.). Una regola da ricordare sempre Spesso nei cantanti c’è la convinzione che per affrontare una nota acuta occorre più aria rispetto a quando si canta una nota bassa. Niente di più sbagliato Quando si canta una nota alta occorre MENO FIATO. Se ne spreca molto di più quando si canta una nota grave. Non ci credete? Ecco l’esempio pratico!! Prendete un palloncino per bambini e riempitelo d’aria. Quando lo svuoterete dell’aria, se tenete i lembi del palloncino stretti stretti e fate uscire un filo d’aria, uscirà un suono simile ad un sibilo molto acuto. Sarà tanto più acuto quanto terrete stretti i bordi del palloncino. Più terrete larghi i bordi del palloncino e questo si svuoterà velocemente, e più il suono prodotto è grave, fino al punto che se lasciate del tutto il palloncino, questo si svuoterà in un attimo e il suono prodotto sarà cosi grave da non essere quasi percepito. Ora, paragonate i lembi del palloncino alle corde vocali e la similitudine è bella e che fatta! Il Vibrato Per quanto riguarda il vibrato, abbellimento ricercato dai cantanti di mezzo mondo, esso si manifesta quando si pratica un corretto appoggio. Il vibrato infatti è la conseguenza di una corretta applicazione della tensione sui muscoli addominali. Durante l’appoggio noi applichiamo una certa pressione sui muscoli addominali, ma non dobbiamo dimenticare che anche l’aria contenuta nei polmoni esercita una certa pressione. Nel momento in cui queste due contrastanti forze non sono eccessivamente sbilanciate da una parte o dall’altra, il risultato è una leggerissima vibrazione. Sappiamo che notoriamente il vibrato si manifesta dapprima sulle note medio basse, ma perché? Semplicemente perché è proprio sulle note medio basse che noi riusciamo ad applicare un corretto appoggio. Essendo corretto l’appoggio significa che esercitiamo la giusta pressione sugli addominali. Né troppa né poca. Infatti il vibrato non si manifesta quando applichiamo un appoggio troppo energico, come viceversa non si manifesta quando l’appoggio è troppo blando o addirittura inesistente. Da precisare comunque che quella appena detta non è una regola fissa, a qualcuno infatti il vibrato si manifesta dapprima sulle note medio alte, anche se questo accade un po’ più raramente, anche perché sulle note alte, per i motivi innanzi detti, le tensioni sono solitamente maggiori e più difficilmente gestibili. Detto ciò, va da se che per ottenere il vibrato non ci sono particolari tecniche, per farlo venire occorre praticare un corretto appoggio. Quando l’appoggio sarà ben fatto probabilmente arriverà anche il vibrato. Non si può ottenere un corretto vibrato senza applicare un corretto appoggio. Quindi non cercate scorciatoie, perdereste solo del tempo e otterreste, nella gran parte dei casi, l’effetto opposto: niente vibrato e niente appoggio. Naturalmente abbiamo descritto in linea di massima quello che gli addominali dovrebbero fare. Non pretendo che leggendo queste poche righe possiate riuscire a praticare correttamente il tutto. Questo dovrebbe servire semplicemente a farvi sapere cosa dovreste riuscire a fare per cantare correttamente. Per comprendere ancora meglio sarebbe utilissimo che possiate fisicamente toccare con mano la cintura addominale di un cantante che pratica correttamente l’appoggio e l’accento, vi accorgereste che ad ogni minima sfumatura della voce, corrisponde un movimento degli addominali. Dizione sì o no? Qui purtroppo siamo messi abbastanza male. Molto anche per colpa della scuola primaria e secondaria. Quanti maestri e professori, di scuole elementari e medie parlano e spiegano le materie nel loro dialetto di provenienza. Incuranti di pronunciare correttamente quello che stanno dicendo. Conosco bambini romani che hanno genitori romani con una corretta pronuncia. Ma hanno insegnanti che parlano in dialetto. Un bambino romano da generazioni parla con inflessioni pugliesi!!! Un altro con inflessioni calabresi..... e via dicendo. I genitori sono disperati....! Pensate se un professore di inglese ci spiegasse la lezioni di inglese nel dialetto di un sobborgo di Londra, o di un'altra zona dell'Inghilterra. Addirittura facciamo i puristi quando pensiamo ad uno statunitense che insegna inglese: "ma quello lì parla lo slang del nord-­‐america...." Però poi soprassediamo se un insegnante spiega la lezione di italiano in Lombardo, Genovese, toscano, romano, siciliano ecc. Bene. La risposta da dare è semplice. Se uno impara la lingua inglese e poi va a fare visita all'anziana nonna che parla solo in dialetto, se gli si deve chiedere un bicchiere d'acqua che gli si chiede in inglese? certamente che no! Quando si impara una lingua o più di una si può scegliere quale parlare no!? Per cui, considerando una corretta dizione una vera e propria lingua a se stante, possiamo decidere quando ci pare se parlarla oppure no. Allora quando si deve parlare in italiano perche si è intervistati (parliamo sempre di cantanti) oppure si è sul palco a presentare la propria canzone ecc. si parlerà correttamente in italiano, poi quando si esce con gli amici si parlerà come si è parlato con l'anziana nonna nell'esempio di prima. Detto ciò: L'ARTICOLAZIONE Per esempio, cos’è l'articolazione della bocca? Per articolazione intendiamo la giusta apertura delle vocali quando esse si pronunciano. E' importantissimo specificare per bene il suono di ogni vocale. Più la nota è acuta e più bisogna dare spazio alla voce, occorre quindi aprire maggiormente le vocali e assumere un'espressione del viso sorridente. L'articolazione del viso è molto importante anche nel parlato. Provate a guardare attentamente i movimenti della bocca dei giornalisti dei telegiornali (almeno quelli che parlano in un corretto italiano) i movimenti della loro bocca possono sembrare esagerati, ma sono essenziali per pronunciare correttamente ciò che si stanno dicendo, ma soprattutto per rendere comprensibile ciò che si dice. Se non si articola correttamente la bocca tutte le vocali hanno un suono analogo, il risultato è che certe parole non si comprendono proprio, sono sbiascicate, incomprensibili. I suoni di "S" -­‐ "Z" -­‐ "C" -­‐ "G". Le lettere di cui sopra sono consonanti e come tali sono suoni che possono essere pronunciati solo appoggiandosi ad una vocale, esse come dice il loro nome, suonano solo con l'aiuto di una vocale, ma non sempre nello stesso modo. Andiamo a conoscere i due suoni delle consonanti di cui sopra. Le lettere S e Z rappresentano due suoni, uno sordo o aspro, come in seta e in danza e uno sonoro o dolce come in rosa e zeta. La “S” sorda La S si pronuncia sorda o aspra, come in seta: • quando è all’inizio di parola seguita da vocale: sapere, santo, sale; • all’inizio o nel corpo della parola, quando è seguita dalle consonanti sorde c, p, t, f, q: scale, spada, staffa, sfera, squadra, trasferire; • quando, nel corpo della parola, è preceduta da una consonante: polso, borsa, psicologo; • quando, nel corpo della parola, è doppia: rosso, disse, fossa; La “S” sonora La S si pronuncia sonora o dolce, come in rosa: • quando è all’inizio o nel corpo della parola ed è seguita dalle consonanti sonore b, d, g, l, m, n, r, v: sbandare, disdire, sgusciare, slavato, snaturare, sradicare, sveglia; • quando si trova tra due vocali: mese, viso, esami. Ma sono frequenti anche i casi di S intervocalica sorda anche se queste eccezioni ormai non sono più molto rispettate nemmeno da coloro che fanno uso professionale della voce: casa, cosa, naso, riso; • nelle parole per lo più di registro dotto, in –asi, -­‐esi, -­‐isi, -­‐osi: stasi, genesi, dialisi, nevrosi. La “Z” sorda La Z si pronuncia sorda o aspra, come in danza: • quando è seguita dai gruppi ia, ie, io: mestizia, grazia, lezione; • quando è doppia: pazzo, ruzzolare; • nelle parole terminanti in –anza, -­‐enza, -­‐ezza: costanza, frequenza, bellezza. • molto spesso in principio di parola se la sillaba successiva inizia con : c – f – p – t: zucche – zucchero – zolfo – zuppa – zampa – zappa – zitella – zitto La “Z” sonora La z si pronuncia sonora o dolce, come in zero: • quando si trova in principio di parola: zefiro, zeta, zaino. Fanno eccezione: zampa, zappa, zolla; • quando si trova tra due vocali: azalea, azoto; • nei suffissi -­‐izzare, e izzazione: nazionalizzare, nazionalizzazione. Le lettere “C” e “G” rappresentano due suoni: un suono duro o velare o gutturale davanti alle vocali a, o, u, davanti a un’altra consonante e in fine di parola: cane, corvo, curvo, gatto, gufo, golfo, grave, basic; un suono dolce o palatale, davanti alle vocali palatali e, i: cena, ciliegio, giro, gelato; Per indicare che una C o una G sono dure o velari anche se sono seguite da e, i, si inserisce tra la consonante e la vocale una H : pochi, chitarra, luoghi, ghepardo. Per indicare invece che una C o una G sono dolci o palatali anche davanti a a, o, u, si inserisce tra la consonante e la vocale solo una i, che ha solo funzione grafica e quindi non viene pronunciata e che da vita ai digrammi ci e gi: caccia, bacio, ciurma, giallo, giocare, giurato. Chi è sicuro che quanto detto sopra è superfluo perchè ritiene di avere una buona dizione, provi ad esercitarsi con "una sola vocale" la famigerata "S". ESERCITIAMOCI CON LA "S" Di Luigi Rasi "Dell'arte del dire" Di subito si scosse essa la sposa, e ansiosa insieme e sospettosa mosse il passo verso l’uscio della stanza dove stava lo sposo. In forse stette un solo istante, poscia un osso spinse sporgente di su l’uscio, e l’uscio tosto si schiuse. Ahi, vista! Il misero consorte sanguinoso si stava steso al suolo e semispento. Un indistinto suono messe e un sospiro affannoso…. poi fattosi sostegno della man, s’alzo sul fianco, un secondo si resse, e disse a stento: assassina …. assassina !…. Ad uno sforzo anche lasciossi e ad un sospiro estremo, poscia spiro…. La misera superstite spassionandosi sola in su la salma dello sposo, al Signor spesso spossata, il pensiero volgeva, indi: Susanna ! Esclamò, Susanna !…. Nessuno rispose. Su, sii presta !…. sollecita, Susanna ! Sempre nessuno. La Contessa estatica, fuor di se stessa uscì da quella stanza, e corse per la casa, non cessando mai di esclamar: Susanna ! Era silenzio altissimo dovunque. Un reo sospetto la vinse…. il sangue le corse alla testa …. le scale ascese, penetrò d’un salto la stanza della serva …. era deserta ! ma sulla sedia presso la finestra stava un foglio…. lo lesse: “non si stia a prender pensier di me, signora. Lascio la casa sua per sempre… sono io sola l’assassina del suo sposo; ma sono sicura che il Signore stesso sarà meco pietoso…. son decisa." La serva questa lettera d’avviso che Susanna morì, ma vendicata !” Oh, Signore…. Signore !…. il tuo soccorso presto…! la testa si smarrisce !….. oh scendi Signore !…. i sensi…. i sensi miei …. ESERCITIAMOCI CON LA "S" "C" "Z" IL COMMERCIANTE DI BORSE di Lorena Scaccia Questa è la storia di un commerciante di borse, borsette e borsellini. Centocinquanta articoli, in pelle di cinghiale, da polso, con cinture e cinturini. Ogni mese fa un inventario. Una volta, per certi compiti, assunse un garzone. Sessanta ore alla settimana, un lavoro da nevrosi e certosino. Da eseguire in modo preciso, conciso e con metodica frequenza. Una specie di censimento delle borse insomma. Certe volte ci voleva un mese intero, a volte meno. Certo è che nessuno poteva sapere quanto ci volesse. Il commesso, zitto zitto, faceva il suo lavoro. Le borse di colore rosa da una parte, quelle rosse da un’altra. Le cinte accatastate in appositi recipienti, con cartellini che segnano il prezzo. Durante i saldi c’è lo sconto. Gli articoli scontati in cima alle scale. Su di un balconcino azzurro con strisce rosse e ciclamino. Il cinquanta per cento di sconto sulle borse, il trentacinque per cento per le cinte, alcune, invece, solo il venticinque per cento. Le borse a prezzo intero giacciono invece su di una rastrelliera. In un angolo dove c’è un sottofondo musicale. La rastrelliera è solida, anche se percorsa da uno scossone, le borse non cadono. Ci sono anche una decina di zaini, color zucchero grezzo. Lo sconto sugli zaini è del quindici per cento, certi, quelli acetati e di colore rosa, di qualsiasi marca siano, sono scontati del cinquantacinque per cento. Il costo finale è di Lire 35.555 (trentacinquemilacinquecentocinquantacinque). Leggere senza fretta, rispettando le pause legate alla punteggiatura. State bene attenti a respirare correttamente ogni volta che è possibile. Variate la velocità del parlato, a volte più lentamente a volte più velocemente, cercando di rendere il più enfatico possibile il vostro parlato e rendere più avvincente la vostra interpretazione. Leggere il racconto stando di fronte ad uno specchio per controllare l’articolazione della bocca durante il parlato e i movimenti delle spalle durante la respirazione. Le spalle, come detto più volte, debbono rimanere immobili, l’aria deve essere convogliata nella parte bassa dei polmoni, provocando il rigonfiamento dell’addome. L’articolazione della bocca deve essere esasperata. Immaginate di dover essere compresi da una persona che non sente e che deve comprendere il parlato attraverso i movimenti delle labbra. Se è possibile registrare la lettura e riascoltarla attentamente. Quando la lettura viene eseguita correttamente, parlate sempre più velocemente rendendo le cose sempre più difficili. Per imparare a parlare correttamente possiamo anche prestare più attenzione ai doppiaggi italiani dei film stranieri. I nostri doppiatori sono i migliori al mondo, tutti ce l'invidiano, perché dunque non cercare di imparare qualcosa da loro anche mentre ci stiamo gustando un bel film. Potremmo poi imparare ad "ASCOLTARE" un film. Ascoltare solamente senza vedere le immagini. Prestando massima attenzione, vi posso garantire, che si può imparare tantissimo, con non poche sorprese, scoprendo che molte delle parole che noi pronunciamo solitamente, sono pronunciate male. Naturalmente i cenni sulla dizione che avete potuto trovare sono veramente ben poca cosa rispetto a quello che potete trovare sui siti specializzati nel settore. Per cui se volete approfondire l'argomento dizione cliccate sul sito VOLUME TONALITA' TIMBRO Questa precisazione forse potrà fare inorridire le persone più preparate, ma l'esperienza mi ha insegnato che purtroppo tante persone fanno confusione tra questi termini, importantissimi per essere meglio compresi quando vogliamo far capire alcune caratteristiche della nostra voce. VOLUME o intensità. Qui non ci dovrebbero essere dubbi. Il volume di una voce può essere forte oppure piano. Chiaramente con tutte le gradazioni del caso. Nel canto si può variare e mantenere l’intensità della voce con un delicato gioco di compensazioni tra tecnica vocale, forza fisica e indole personale. Ricordate però che è’ un errore concentrare gli sforzi sul potenziamento del volume attraverso il fiato, perché può portare a un logoramento dell’organo vocale, in più, rischia di essere inefficace, quando non fastidioso. L’intensità del suono va utilizzata e dosata in funzione dell’espressività e non come valore in se. E tenete sempre presente che alto volume non significa alta qualità. TONALITA' A questo punto qualcuno potrebbe far confusione e confondere la tonalità con il timbro. Per tonalità s'intende l'altezza di una voce vedi riquadri in basso. Infatti una delle caratteristiche del suono e della voce è l’altezza, che viene determinata in base al numero delle vibrazioni delle corde vocali. L’orecchio umano è in grado di percepire suoni con un numero di vibrazioni comprese tra le 20 e le 20.000 al secondo. A minori vibrazioni corrisponde un suono più grave, mentre quanto più cresce la frequenza delle vibrazioni tanto più si otterranno note alte o acute. L’intero spettro della voce umana, maschile e femminile, è compreso tra le circa 90 vibrazioni dei bassi, cioè i cantanti che possiedono la voce più grave, e le 1.500 vibrazioni al secondo dei soprani, le voci più acute. Vari sono i movimenti che le corde vocali compiono per produrre un suono di un’altezza prefissata avvicinarsi, vibrare rimanendo in costante tensione e opporre al passaggio dell’aria la resistenza necessaria a mantenere la corretta intonazione. Esse inoltre si allungano e si ispessiscono in funzione della differente altezza che si vuol dare al suono. Per capire meglio il concetto potete osservare la tastiera del manico di una chitarra: più si sale d’intonazione più la porzione di corde che vibra diventa corta e rigida. Lo stesso accade per la voce: più si avventura su note alte, più la laringe si sposta verso l’alto, la gola è maggiormente sollecitata, lo spazio di diffusione delle frequenze e quello di vibrazione delle corde diminuiscono e il cantante ha maggior difficoltà a controllare l’intonazione della voce. TIMBRO Spesso definito anche pasta è una caratteristica della voce che non può essere cambiata se non in minima parte. Il timbro è diverso da individuo a individuo (pensate alle indagini della Polizia dove si risale all'identità di una persona solo dal timbro della voce) anche a parità di tonalità o altezza e di volume o intensità. Pensate al particolare timbro della voce di Stevie Wonder o di Freddy Mercury. Le parti anatomiche interessate al canto possono produrre diversi tipi di onde sonore. Per semplificare li dividiamo in 3 grandi gruppi, corrispondenti a 3 sonorità differenti. Il 1° tipo è simile all’onda sonora che può produrre un diapason, lo strumento che viene usato per accordare gli strumenti. Molto lineare, è detto suono puro. Il 2°, pur essendo composto rimane regolare, si ripete graficamente in modo costante e si propaga nell’aria; viene percepito come un suono gradevole. Il 3° è un disordinato insieme di onde accavallate, molto irregolari, che da luogo a quello che normalmente viene chiamato rumore. La diversa combinazione di questi 3 tipi di suoni determina il timbro vocale di ciascuno di noi. Il timbro pur essendo personale e unico fin dalla nascita, può anche essere modificato, avendo però una notevole sicurezza nei propri mezzi tecnici. Insomma un bel timbro è un dono di natura, è opportuno però imparare a valorizzarlo e sfruttarlo al meglio. Nella speranza che tutto sia ben chiaro. Immaginiamo ora che andiate a cantare una canzone in uno studio di registrazione oppure più semplicemente in un locale dove si fa il karaoke. Per adattare una canzone alla vostra estensione vocale dovete chiedere ai tecnici di variare la tonalità della canzone alzando la tonalità se avete una voce più alta o acuta oppure di abbassare la tonalità se avete una voce più bassa o grave. Se invece volete far capire che volete sentire con un volume più forte o alto oppure più piano o basso, stiamo appunto parlando del volume. Infine, se invece volete far capire che la vostra voce è bella e affascinante come quella Barry White o Aretha Franklin allora dovete parlare del vostro timbro. Mi raccomando non confondete mai questi termini tra loro, dareste immediatamente l'impressione (e probabilmente non solo l'impressione) di avere un sacco di confusione in testa. COME NASCE LA VOCE La voce umana è un suono e come tutti i suoni si forma e si propaga attraverso delle vibrazioni. Nel nostro caso, le vibrazioni delle corde vocali. Per comprendere meglio prendiamo ad esempio le corde di una chitarra. Montate e messe in tensione sulla chitarra, se pizzicate, percosse o comunque sollecitate vibrano. Le vibrazioni producono un suono. Il suono verrà messo in ulteriore evidenza dalla cassa di risonanza (o cassa armonica) della chitarra che amplificherà il suono delle corde sollecitate; ma non solo. La cassa, in base alla struttura e dimensioni ci metterà del suo arricchendo il suono. Ecco perché ci sono chitarre da 100 € e chitarre da 5.000 €. Il legno usato e la forma della cassa contribuiscono a produrre un suono più o meno bello. Detto ciò, partiamo dal presupposto che le corde della chitarra producono una vibrazione e quindi un suono in base alla lunghezza e lo spessore della corda utilizzata. Per cui una corda più spessa (cioè con una sezione maggiore) produrrà un suono più grave, una corda con una sezione più sottile produrrà un suono più acuto. Poi subentra la lunghezza della corda. A parità di sezione, una corda più lunga produrrà un suono più grave di una corda più corta. Questa premessa elementare serve per meglio chiarire come funzionano le corde vocali. Se una donna ha una voce più acuta di un uomo è perché le corde di una donna sono generalmente più corte e più sottili di quelle di un uomo. Ovviamente le corde vocali non producono un unico suono. Ma tutta una serie di suoni data dalle diverse posizioni che le corde vocali possono assumere. Le vibrazioni (suoni) prodotti poi, saranno amplificati e arricchiti dalla nostra cassa di risonanza. Senza entrare in dettagli e specificare i risuonatori ecc. Parliamo della nostra testa come la cassa di risonanza della nostra voce. Un po’ come la cassa della chitarra di cui abbiamo parlato innanzi. Da qui una considerazione fondamentale. Inutile cercare di ottenere dei suoni dalle nostre corde vocali che non siano fisicamente possibili. Sarebbe come se un chitarrista montasse la corda più sottile di una muta di corde al posto di quella più spessa cercando di ottenere dalla corda sottile il suono di quella spessa, senza modificarne la lunghezza. Quel chitarrista verrebbe preso per pazzo. Di conseguenza, non si capisce perché certi cantanti si ostinano a cercare delle note nelle proprie corde che per la loro struttura fisica è impossibile. O meglio si capisce, certi cantanti e talvolta certi insegnanti non conoscono e non pensano che anche il canto è legato ad elementari principi fisici noti e invariabili. Infatti un medico foniatra o otorino, attraverso un esame specialistico possono misurare le dimensioni delle corde vocali e di li stabilire quanto e come quelle corde possono vibrare e quali e quante note possono raggiungere. Stabilendo così l'estensione di quelle corde. Per meglio comprendere il tutto abbiamo preso ad esempio la chitarra. Anche perché la chitarra la conosciamo più o meno tutti e perché quello che succede in una chitarra mentre la si suona è visibile. Le corde vocali invece no. Stanno all'interno del nostro corpo, nella laringe, e non siamo in grado di vedere quello che succede quando produciamo dei suoni per cantare o parlare. Salvo che non ci si rivolga ad uno specialista che attraverso un esame specialistico ci faccia vedere le nostre corde vocali in movimento. Bibliografia di riferimento: A.Juvara, il canto e le sue tecniche, Ricordi, Milano 1997 K.Mensah, l’arte di cantare, Demetra 2001 L.SCACCIA, www.vocalclasses.it Per la metodologia di apprendimento e gli esercizi di apprendimento HOPE MUSIC SCHOOL – www.hopeonline.it M. Castrucci, in: Lo Spettacolo del Gioco – N.Simonelli, D.Simonelli, Cantare per animare il Circo, Un tendone per cantare. 
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