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Thomas Bialas - Non possiedo ma condivido

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Thomas Bialas - Non possiedo ma condivido
Consumi
NON POSSIEDO,
MA
CONDIVIDO
La proprietà?
Non è più un valore.
Quello che più conta oggi
è accumulare e condividere
esperienze. Benvenuti
nella sharing economy
S
HARING ECONOMY E DINTORNI. Il downshifter digitale getta la zavorra. Michael Kelly Sutton ha 26 anni
e vive a New York. Negli ultimi tre anni ha acquistato
solo due cose importanti: una scrivania e un divano. Il
suo appartamento è quasi vuoto, stile casa Steve Jobs
quando era single, anche perché ha digitalizzato tutto
quello che si poteva digitalizzare (dai libri ai dvd). Inutile chiedergli se
possiede musica (magari anche solo in formato digitale tipo iTunes) perché oggi milioni di brani si ascoltano e condividono con spotify.com.
E come si vive così? Meglio, perché per questi ragazzi la proprietà non
è più un valore. Accumulare esperienze è il nuovo status symbol. Da
ownership a usership. 100% user e 0% owner. Qualcuno parla già di una
Thomas Bialas
nuova specie umana. The O%WNERS: non possiedono nulla ma usano
tutto. Ma procediamo con ordine. Le precedenti generazioni sono cresciute con una chiara cultura della proprietà.
Di norma si ambiva a possedere un sacco di cose, sia per comodità sia
come status symbol. La generazione Y (nati tra il 1980 e il 1995) e la generazione Z (nati dal 1995 in poi) sono invece cresciute con una chiara
cultura digitale basata sulla connessione perenne. L’accesso universale
immediato (tramite social media e modelli di consumo collaborativo) è
meglio, per loro, della proprietà. Ma attenzione a non enfatizzare e glorificare troppo (come fanno molti media) civiltà digitale ed economia
della condivisione. Diciamo le cose come stanno senza falsi idealismi.
Vita precaria uguale a sharing economy. A guardare bene è forse solo
una strategia di autodifesa causata da un fenomeno di sottrazione. Le
nuove generazioni se lo ripetono spesso: ho meno futuro, meno sicurezze, meno lavoro, meno garanzie, meno prospettive, meno soldi e meno
spazio in casa (spesso quella dei genitori) per accumulare cose.
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Non a caso molte aziende di noleg-
in un mondo in cui diventa diffici-
gio peer-to-peer sono state fondate
le pensare e pianificare qualcosa
tra il 2008 e il 2010, in seguito alla
per l’arco di una vita? Sono lonta-
crisi finanziaria globale e conse-
ni i tempi in cui si nasceva in un po-
guente boom della disoccupazione
sto, si cresceva, si andava a scuola
giovanile. Al netto della sottrazio-
e si conquistava una professione
ne rimane però il sharity trend, tan-
che durava fino alla pensione, pro-
to osannato e pompato dai profeti
babilmente con lo stesso datore di
della felicità (economica) digitale.
lavoro. Le biografie odierne asso-
Vediamo la tendenza più da vicino.
migliano a un complicato e mute-
Sono lontani i tempi in cui
si nasceva in un posto, si
cresceva, si andava a
scuola e si conquistava
una professione che
durava fino alla pensione
vole puzzle fatto di infinite opzioLa proprietà limita la mobilità
ni di accesso (e anche insuccesso).
mainstream e appannaggio anche
La proprietà complica ulterior-
Questo ha un effetto drammatico
di grandi imprese. Nel frattempo è
mente la vita complessa. Oggi qui,
sul vecchio concetto di proprietà.
uscito per Hoepli Collaboriamo, il li-
domani lì sta diventando lo slogan
bro directory dei servizi collabora-
di un’intera generazione in peren-
Sharing è mainstream
tivi. All’ultimo “LeWeb”, la confe-
ne viaggio per trovare lavoro e si-
Ho già anticipato il tema delle
renza tecnologica tra le più impor-
stemarsi (e non solo i giovani). La
nuove economie collaborative nel
tanti d’Europa, il tema centrale è
strategia d’obbligo: mantenere
2010 in Weconomy, un libro-blog-
stato “The new sharing economy”.
bassi i costi fissi ed essere il più
movimento realizzato da Logotel
The Economist ha recentemente
possibile flessibili, leggeri e mobi-
in partnership con Cfmt. Di nuo-
pubblicato un’inchiesta dal titolo
li. Più possiedi e meno rapido sei
vo, rispetto a tre anni fa, c’è che la
“Occhi puntati sulla sharing eco-
nei movimenti. O, detto diversa-
sharing economy da fenomeno
nomy” e il Gottlieb duttweiler in-
mente: che cosa accade ai nostri ca-
d’avanguardia e di nicchia (tipico
stitut di Zurigo ha appena dedica-
ri beni e averi personali se si vive
della California) sta diventando
to uno studio al tema. Insomma,
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Consumi
più che un segnale di cambiamen-
mo accedere, usare e scambiare ma
to un trend in espansione e conso-
non possedere. Ora questa tenden-
lidamento.
za (iniziata con il file sharing e social media) sta per contaminare an-
Il diktat digitale
che il mondo fisico.
Quando uscì L’era dell’accesso di Je-
Oggi la rete rende più facile e più
remy Rifkin il web era ancora acer-
economica l’aggregazione della
bo e naïf. Il fallimento della new
domanda e dell’offerta. Smartpho-
economy dipese dal fatto che le
ne con mappe e geolocalizzazione
start up di allora accolsero troppi
permettono a chiunque di accede-
“buoni consigli” dalle file della old
re a case, auto, parcheggi o bici in
economy. Ma ora siamo nella fase
condivisione in modo pratico e ra-
tura della condivisione, che dai
matura. L’economia digitale impo-
pido. Non solo. Grazie a internet e
prodotti immateriali (foto, testi,
ne i suoi non negoziabili diktat.
ai device mobili, è diventato facile
musica, video) ora passa ai prodot-
Ovvero: tutto quello che si può di-
sostituire la proprietà con l’accesso
ti materiali (case, bici, vestiti, uten-
e questo per ogni genere di prodot-
sili ecc.). Come confermano molte
to. Ma soprattutto è diventato faci-
ricerche condividiamo ogni anno il
le (anche in termini di costi, sem-
doppio di contenuto dell’anno pri-
pre più abbordabili) organizzare e
ma – perché lo vogliamo e ora pos-
amministrare servizi di sharing e
siamo. In sostanza separarsi dal
booking online su piattaforme agi-
possesso non costituisce più un
li e user friendly. Il consumo colla-
problema. La parola inglese sha-
borativo (vedi collaborativeconsum-
ring significa infatti dividere per
ption.com) di fatto apre nuove pro-
un uso condiviso e partecipato il
spettive al di là del mercato e lo sta-
cui fine è la relazione fra le perso-
to, tra il dare e l’avere.
ne. Con una conseguenza: abbia-
Vogliamo accedere,
usare e scambiare
ma non possedere. Ora
questa tendenza sta
per contaminare anche
il mondo fisico
mo tutti non di meno, ma di più. La
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gitalizzare viene digitalizzato e
Nuovi modelli di consumo
sharing economy non è altro che
ogni prodotto o servizio digitale
Il consumo collaborativo diventa
l’espansione delle nostre opportu-
viene immesso sul mercato secon-
sempre più popolare. Non solo
nità di consumo. Ciò che viene
do le regole della sharing economy.
perché è più conveniente e più fa-
scambiato e condiviso non viene
L’esplosione del fenomeno dell’ag-
cile accedere anziché possedere
dal nulla. L’economia della condi-
gregare, classificare, comparare,
prodotti che di norma usiamo po-
visione non avviene in una zona
giudicare, votare, recensire, sugge-
co, ma anche perché è una pratica
franca di nullatenenti. Cosa vuoi
rire, donare, copiare, scambiare,
sociale che rafforza le relazioni esi-
scambiare se non hai nulla da offri-
barattare, partecipare, collaborare
stenti e ne apre di nuove. Tutto ciò
re? Il vero obiettivo, anche se suo-
e condividere tutto quello che si
che facciamo (leggere, guardare,
na paradossale, è possedere di più
può condividere ha una radice
ascoltare, giudicare, commentare o
ma per meno tempo.
profonda: la rete ci abitua a pensa-
comprare) è di default condiviso
re e agire diversamente. Internet è
con amici e conoscenti. Questo
Nuovi modelli di business
un mondo privato dalla proprietà.
porta a nuove abitudini di consu-
La madre di tutti gli esempi. Se
Copyleft o meglio sharing. Voglia-
mo e con il tempo a una nuova cul-
parli di sharing non puoi non par-
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lare di Airbnb. La piccola start up
californiana è oggi leader mondiale negli affitti turistici. Ovviamente molti ora copiano il modello per
gli stessi o altri settori: dalle auto
fra privati come Buzzcar fino ad
arrivare ai canili “casalinghi” come DogVacay. Imprese e produttori tradizionali non hanno ancora compreso l’enorme potenziale
e raramente riescono a sfruttare la
sharing economy ai propri fini.
Almeno in Italia. All’estero infatti
i big player comprano o copiano le
La nona giornata del ciclo fmt.day è dedicata alla sharing
start up promettenti. General Mo-
economy. La tendenza è nota nel mondo digitale: internet
tors ha investito in RelayRides,
è un mondo privato dalla proprietà. Noleggiare, barattare,
Avis si è comprato ZipCar, Bmw
scambiare, scaricare, prestare e condividere senza posse-
e Daimler sperimentano il car sha-
dere. Questo modus operandi potrebbe presto diventare
ring con gli innovativi DriveNow
realtà anche nel mondo fisico con nuovi e sofisticati mo-
e Car2go. Anche molte aziende in-
delli di business basati sull’economia della condivisione. In
dustriali si sono dovute adeguare
scena un team aperto e informale tra cui, in veste di guest
al trend dell’accesso. È il caso del-
speaker, Klaus Æ. Mogensen, senior futurist del Copenha-
la tedesca Linde material han-
gen institute for futures studies, rinomato centro per gli
dling il cui business model è stato
scenari futuri a cui aderiscono le più importanti imprese
per una vita produrre e vendere
del Nord Europa. Parteciperà alla giornata un parterre di
carrelli elevatori. Oggi buona par-
manager, giornalisti e testimonianze d’impresa fra cui Re-
te del suo business deriva dal no-
nault, LocLoc, Esterni e Marta Manieri, autrice di Colla-
leggio a lungo termine con punte
boriamo, libro-directory dei servizi collaborativi. L’evento,
in Spagna e Francia dell’80%.
riservato ai dirigenti associati, è il nono fmt.day, nuovo for-
Share profit models. Condivide-
mat evento del Future management tools, piattaforma pro-
re profitti con i clienti è un’altra
mossa dal Cfmt per distillare e anticipare il futuro che ci
promettente strada. Fra i primi a
attende esplorando tematiche di frontiera in un contesto
provarci, almeno nel settore mu-
informale e collaborativo.
sicale, il gruppo di indie rock
Kaiser Chiefs, che per l’album
The Future is Medieval ha creato
un apposito blog dove i fan possono assemblare la propria ver-
Per informazioni:
www.cfmt.it Anna Scirea ([email protected]) 02 5406311
sione, creare una copertina e rivenderla sui social network con
un guadagno netto di una sterlina per copia venduta.
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Condividere profitti con i clienti: nel settore musicale, il gruppo
Kaiser Chiefs per l’album The Future is Medieval ha creato un
blog dove i fan possono assemblare la propria versione, creare
una copertina e rivenderla sui social network con un guadagno di
una sterlina per copia.
as a Service (SaaS), Infrastructure as
caso del settore bancario. L’ulti-
a Service (IaaS) e Talent as a Service
mo baluardo del fordismo ottuso.
(TaaS). Quasi tutto può essere af-
Non c’è niente che vada per il
fittato, condiviso o preso in presti-
verso giusto: prodotti obsoleti,
to. Sta per affermarsi il modello
servizi obsoleti, linguaggio obso-
Servolution:
Everything as a Service (EaaS).
leto, filiali (a parte qualche tenta-
la rivoluzione dei servizi
Il passaggio da ownership a user-
tivo di restyling, ma solo forma-
Una nuvola di servizi incombe
ship (accesso anziché possesso)
le) obsolete e ovviamente perso-
sulle nostre teste. Non è solo que-
influenzerà non solo produzione
nale obsoleto (stile quello della
stione di cloud o dei vari Software
e distribuzione ma anche il setto-
banca di Mary Poppins). Questo
re finanziario e assicurativo, non-
in Italia.
ché lo sviluppo della città (o me-
All’estero invece qualcosa di in-
glio delle smart city). Nuovi mo-
teressante è stato fatto da www.fi-
delli di business sorgeranno e
dor.de, www.peoplelikeu.com.au e
nuovi attori, forse provenienti da
www.simple.com. Ma non basta.
settori inaspettati, si sfideranno
La futura banca “servoluta” do-
con quelli esistenti.
vrebbe osare un format di co-ban-
Questo fenomeno è già ben chia-
king. La banca (almeno la sua
ro in due macro settori: quello
versione fisica) potrebbe assomi-
dell’auto e quello della casa. Pos-
gliare a una fabbrica che nessuno
siamo immaginarci per il futuro
più conosce. In sostanza un luo-
sofisticati mobility e housing ser-
go aggregatore di servizi finan-
vice provider che non vendono
ziari di tutte le banche (share spa-
più solo prodotti, ma piattaforme
ce) stile www.mint.com o www.mo-
di servizi e soluzioni. E non è det-
neymeets.com.
to che siano i big player. Perché
A quel punto basta un bancomat
spesso dormono della grossa. È il
per tutti i brand bancari.
FARE IMPRESA
SENZA RISORSE
La storia di Canonical è esemplare e dimostra una nuova verità: non bisogna
possedere risorse finanziarie per avviare
una grande impresa (nella fattispecie: produzione
on demand di un nuovo e sofisticato smartphone
su tecnologia open source Linux) e neppure prostrarsi ai piedi del bancario di turno per ottenere un
prestito. Basta (si fa per dire) tentare di raccogliere
in 30 giorni 30 milioni e passa di dollari con il crowdfounding, una delle leve finanziarie della sharing
economy. Alla fine non ce l’hanno fatta ma resta il
record: quasi 13 milioni raccolti sulla piattaforma di
crowdfounding IndieGoGo.
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