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LA BARCA Per poter andare in barca a vela è necessario avere un

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LA BARCA Per poter andare in barca a vela è necessario avere un
LA BARCA
Per poter andare in barca a vela è necessario avere un minimo di conoscenza
dei termini da utilizzare. In barca non si sentirà mai dire: tira quella corda (in
barca il termine corda non esiste), tira quella vela o molla quella vela, ma
dammi quella cima, cazza la vela o allasca la vela; è pertanto utile conoscere
l'esatta nomenclatura degli oggetti e degli attrezzi da utilizzare per avere una
piccola infarinatura di quelli che sono i termini nautici.
Una barca a vela è composta da tre parti fondamentali:
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Lo scafo: Genera il galleggiamento.
La velatura: Genera la propulsione.
Il timone: Mezzo indispensabile per governare l'imbarcazione.
LO SCAFO
Lo scafo ha una parte immersa nell'acqua chiamata opera viva e una parte che
sta fuori dall'acqua chiamata opera morta, divise dalla linea di
galleggiamento. La parte anteriore dello scafo si chiama prua o prora e la
parte posteriore poppa, che termina con una tavola perpendicolare all'asse
della barca detta specchio di poppa; guardando da poppa verso prua le
fiancate si chiamano rispettivamente di sinistra e di dritta. Per poter
sfruttare la forza del vento la barca possiede l'albero disposto verticalmente,
al quale è fissato un lato della vela. L'albero è appoggiato in una sede detta
scasso dell'albero ed è tenuto in posizione verticale da dei cavi di acciaio, lo
strallo a prua, il paterazzo a poppa e le sartie sui due lati. Per distribuire
meglio lo sforzo delle sartie ed evitare che l'albero fletta troppo lateralmente
vi sono le crocette, aste perpendicolari all'albero.
La lunghezza dello scafo ha due sistemi di misurazione:
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Lunghezza fuori tutto: La lunghezza massima dello scafo.
Lunghezza di galleggiamento: La lunghezza misurata sulla linea di
galleggiamento dell'imbarcazione.
LE VELE
La velatura , apparato propulsore della barca, è composta normalmente da
due vele triangolari: il fiocco a proavia (più verso prua) e la randa a poppavia
(più verso poppa) dell'albero. Perpendicolarmente all'albero, fissato con uno
snodo detto trozza, vi è un altro palo detto boma, a cui è fissato il lato
orizzontale della randa; il movimento in senso verticale del boma è regolato
da una cima che dal boma arriva alla base dell'albero. Le vele vengono alzate
ed ammainate tramite delle cime dette drizze ed orientate secondo la
direzione del vento mediante mediante le scotte, cime che scorrono in delle
carrucole. Nella randa sono realizzate delle tasche che contengono delle
stecche necessarie per tenere la vela in forma.
IL TIMONE E LA DERIVA
Il timone, elemento indispensabile per mantenere e modificare la rotta, è
formato da una pala incernierata allo specchio di poppa con dei perni inseriti
in fori (agugliotti e femminelle). Perchè il timone sia efficace occorre che la
barca abbia un certo abbrivio (velocità) e che la deriva sia abbassata (nel caso
sia mobile); ricordate che angoli di inclinazione del timone oltre ai 45 gradi
sono inutili e frenano moltissimo. La deriva è un'altra pala posizionata circa a
metà scafo, sull'asse longitudinale della barca, normalmente a poppavia
rispetto all'albero (più verso poppa). La sua funzione principale consiste nel
diminuire lo spostamento trasversale della barca che diventa importante
nell'andatura di bolina, in cui la forza del vento si scompone in una
longitudinale all'asse della barca che genera la propulsione e una trasversale
che la fa sbandare (inclinare) e scarrocciare (spostare trasversalmente).
MANOVRE FISSE E CORRENTI
L'attrezzatura che serve a sostenere e governare le vele, quindi a permettere
le regolazioni nelle operazioni di manovra dell'imbarcazione si divide in due
categorie ben distinte:
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Manovre fisse: Servono essenzialmente a sostenere l'albero, sono lo
strallo, le sartie, il paterazzo, le volanti, ecc. (sono normalmente cavi
di acciaio).
Manovre correnti: Sono quelle che l'equipaggio utilizza durante le
manovre, per alzare e regolare le vele, sono le drizze, le scotte, il vang,
ecc. (sono normalmente in fibra tessile).
LE VELE
LA RANDA
Nelle imbarcazioni moderne è la vela principale, ha forma triangolare
allungata nel senso dell'altezza, è inferita nell'albero e nel boma. Le rande
moderne sono dotate di stecche per mantenere la forma ideale ed evitare
vibrazioni della balumina. La randa è dotata di due coppie di fori detti prese
di terzaroli che permettono di ridurre progressivamente la superficie esposta
al vento in caso di vento forte o burrasca, ammainandola parzialmente. Nelle
imbarcazioni moderne può essere di tipo avvolgibile, l'uso è più facile ma si
rinuncia a circa il 10% di superficie velica e il taglio non è ottimale per un
compromesso con l'avvolgibilità.
IL FIOCCO
Termine generico della vela di prua di forma triangolare normamente inferita
nello strallo di prua, in realtà il nome deriva da una precisa tipologia di vele
di prua che secondo le dimensioni e la forma prendevano il nome di olimpico,
fiocco 1, 2, 3, ecc.. Nelle imbarcazioni moderne vengono chiamate fiocco
anche:
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Il genoa: Caratterizzato dall'avere dimensioni maggiori del fiocco (fino
al 150%) con una lunga base, deve il suo nome alla città di Genova dove
fu utilizzato per la prima volta nel 1926.
La tormentina: Piccola vela di prua dal taglio molto magro che può
essere utilizzata anche con vento molto forte o burrasca.
LE VELE PER ANDATURE PORTANTI
LO SPINNAKER
Grande vela di prua, di forma simmetrica,
indicata per le andatura portanti dal lasco alla
poppa. Viene murata su di un tangone, asta
orizzontale lunga normalmente quanto la
distanza tra l'albero e il punto di mura del
fiocco e posizionabile in modo da rimanere
perpendicolare alla direzione del vento. Lo
spinnaker ha una superficie che può essere
doppia rispetto ad un genoa e consente di
sfruttare la spinta meglio delle vele inferite,
ma ha una notevole difficoltà d'uso che in
genere la relega al mondo delle regate.
Normalmente costruita in nylon, tessuto
leggero, resistente e non poroso e che può
essere colorato senza per questo alterare le
sue caratteristiche.
IL GENNAKER
Vela di prua di notevoli dimensioni e
di forma asimmetrica che viene
murata come un fiocco non inferito
mediante un bompresso, asta che
sporge dalla prua longitudinalmente
all'asse della barca. Di più semplice
uso rispetto allo spinnaker è indicata
per le andature dalla bolina larga al
lasco.
IL VENTO
Il vento è il vero motore di una barca a vela e chi è in navigazione deve essere
in grado, in ogni momento, di sapere da che parte arriva e sapersi orientare
rispetto ad esso. Vi sono molti sistemi per capire la direzione del vento:
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Sensibilità della pelle.
Sibilo del vento simmetrico nelle due orecchie.
La nostra vela, quando sbatte è in asse con la direzione del vento (come
una bandiera).
Direzione delle increspature sulla superficie dell'acqua.
Segnavento.
Barche ancorate.
Se vicino alla costa colonne di fumo.
Non ultimo inumidendo un dito, alzandolo e sentendo qual'è la parte più
fredda.
La rosa dei venti indica i nomi dati nell'antichità alle otto direzioni possibili
da cui spirano i venti.
IL VENTO APPARENTE
Il vento apparente è quello che viene percepito da chi sta sulla barca ed è la
combinazione tra il vento reale e quello creato dalla nostra velocità. Il vento
reale corrisponde ad una massa di aria che si sposta rispetto alla terraferma e
naturalmente anche al mare, il vento di velocità viene percepito da un
oggetto in movimento ed è uguale ed opposto alla velocità dell'oggetto (e
quindi anche della barca), naturalmente non sono distinguibili tra di loro, ma
la loro combinazione genera il vento apparente. Il vento apparente è quello
che effettivamente lambisce le vele e permette la propulsione.
LA BARCA RISPETTO AL VENTO
Consideriamo la nostra barca in navigazione e la sua posizione rispetto al
vento, essa ha un lato che viene investito per primo dal vento e che
chiamiamo sopravento, e l'altro che chiamiamo sottovento, dove si
dispongono le vele. Se tracciamo una linea immaginaria perpendicolare alla
direzione del vento e passante per la nostra barca possiamo dividere il mare
in due zone: una sopravento che viene investita dal vento prima della barca e
una sottovento che riceve il vento dopo la barca. Anche la nostra
imbarcazione ha sempre un lato sopravento (quello che viene colpito prima
dal vento) e uno sottovento. La fiancata che riceve per prima il vento
(sopravento ) identifica le mure con cui un'imbarcazione sta navigando, quindi
se il vento arriva da sinistra e le vele si dispongono a dritta si dice che
navighiamo con mure a sinistra. Quando si viaggia con il vento in poppa,
convenzionalmente, si dice che la barca ha le mure a dritta se la randa è a
sinistra e viceversa.
Naturalmente vi è un limite all'angolo che si riesce a tenere rispetto al vento
chiamato angolo morto, che varia da barca a barca (non si può navigare con il
vento che arriva esattamente da prua). Per risalire il vento nell'angolo morto
si devono fare dei bordi di bolina, cioè andare a zig-zag alternativamente
mure a sinistra e mure a dritta.
LE BREZZE
Mentre il vento è il frutto di un'evoluzione metereologica in grande scala le
brezze sono correnti d'aria caratterizzate da un riscaldamento o
raffreddamento di aria a livello locale. In particolare, vicino alla costa, di
giorno l'aria sopra alla terra si riscalda più velocemente rispetto a quella
sopra al mare, nelle ore centrali della giornata questa aria più calda inizia a
salire richiamando verso la terra aria più fresca dal mare e provocando quella
piacevole brezza che si sente nelle spiagge di tutto il mondo arrivare dal mare
e che possiamo usare come motore della nostra barca a vela. Di notte accade
l'opposto, l'aria sopra al mare viene riscaldata dal mare stesso ed è più calda
rispetto a quella sopra alla terra, provocando una brezza dalla terra verso il
mare.
LA PARTENZA
Generalmente si parte a motore, si raggiunge la zona desiderata, si porta la
prua dell'imbarcazione al vento, aiutandosi con il motore per avere quel
minimo di abbrivio che consente al timone di governare e
contemporaneamente si arma la drizza della randa e si lascano la scotta della
randa e il vang, che potrebbero ostacolare la manovra se cazzati. Quando si è
perfettamente controvento si alza la randa fino in cima all'albero per mezzo
della drizza, inserendo i garrocci nell'apposita canaletta, poi si regola la
tensione del vang e della scotta della randa ed il timoniere decide da quale
lato accostare per prendere il vento. Quindi, nelle moderne imbarcazioni
munite di rullafiocco, si fa uscire la vela di prua per mezzo della scotta di
sottovento. Solo quando le vele sono in posizione si spegne il motore ed inizia
la navigazione a vela.
ORZARE E PUGGIARE
Su una barca quando modifichiamo la rotta si dice che accostiamo a dritta o a
sinistra, per fare questo spostiamo la barra del timone dalla parte opposta di
dove vogliamo accostare; essendo tutto relativo al vento si dice che orziamo o
puggiamo. Orziamo quando accostiamo verso il vento, cioè avviciniamo la
prua al punto da cui arriva, puggiamo quando accostiamo allontanando la
prua dalla direzione da cui arriva il vento (naturalmente ogni volta che
modifichiamo la rotta dobbiamo regolare nuovamente le vele). Anche per
mantenere una rotta dovremo in continuazione orzare o puggiare dolcemente
per compensare le piccole deviazioni dovute alle onde e al vento.
Naturalmente perchè il timone sia efficace occorre che la barca abbia un
certo abbrivio (velocità), poichè oltre a inclinare la pala del timone occorre
che un flusso d'acqua la lambisca per ottenere l'effetto desiderato. La barra
del timone non va spostata bruscamente e, soprattutto, non inclinata con
angoli eccessivi rispetto all'asse longitudinale della barca (angoli oltre ai 45°
sono inutili e provocano un grosso effetto frenante da parte del timone).
LE ANDATURE
Quando modifichiamo la nostra direzione, cioè aumentiamo o diminuiamo
l'angolo di incidenza che il vento ha sulle vele, si dice che cambiamo
andatura; le andature si possono elencate in questo modo:
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Bolina: Andatura con una rotta il più possibile contraria alla direzione
del vento. Si divide in Bolina stretta (40/45 gradi), Bolina (45/55 gradi)
e Bolina larga (60/80 gradi) secondo l'ampiezza dell'angolo al vento. Più
la bolina è stretta e più la barca si presenta sbandata (inclinata) e più
scarroccia (si sposta lateralmente)
Traverso: Andatura a 90 gradi rispetto alla direzione del vento.
Lasco: Si divide in Lasco (100/130 gradi) e Gran Lasco (140/170 gradi).
Poppa: 180 gradi rispetto alla direzione del vento.
E' abbastanza intuitivo che su una barca a vela non si può navigare
controvento, precisamente entro un certo angolo che chiamiamo angolo
morto, nel quale per quanto cazziamo le vele esse non riescono a gonfiarsi,
ma fileggiano, trovandosi in asse o quasi con la direzione del vento. Se
dall'angolo morto puggiamo fino a far gonfiare le vele, tenendole cazzate, la
barca naviga di bolina. Continuando a puggiare fino ad avere il vento a 90°
rispetto alla direzione del vento navighiamo al traverso, puggiando ancora
troviamo il lasco e continuando fino ad avere il vento in poppa, l'andatura di
poppa, se puggiamo ulteriormente si ha un cambiamento di mura e possiamo
ripercorrere al contrario le varie andature, naturalmente orzando. La nostra
velocità, partendo dalla bolina, si incremente fino al traverso, per poi
diminuire con il lasco e la poppa (che al contrario di quello che si può
credere, a parità di vento, non è l'andatura più veloce, poichè vi è una
diminuzione del vento apparente il vero motore della nostra barca a vela).
Nelle andature portanti (lasco, poppa) il vento spinge sulle vele che sono un
ostacolo al suo percorso, mentre nelle andature strette (bolina) la forza
propulsiva viene dal vento che incontrando le vele viene da queste deviato.
REGOLAZIONE DELLE VELE
Per poter usufruire del vento per la propulsione della nostra barca dobbiamo
regolare le vele in base alla rotta che intendiamo tenere cioè orientarle
rispetto alla direzione del vento. Per compiere questa operazione usiamo le
scotte che tendiamo se intendiamo cazzare le vele ed avvicinarle all'asse
longitudinale della barca o allentiamo se occorre lascare le vele per
allontanarle dall'asse della barca. Se una vela sbatte o fileggia la dobbiamo
cazzare perchè è troppo lascata, mentre è più difficile accorgersi di quando
una vela è troppo cazzata perchè appare bella gonfia. Per regolare una vela
dovremo sempre iniziare col lascarla gradualmente fino a quando inizia a
fileggiare, per poi cazzarla quel tanto che basta per farla portare. Quando
modifichiamo la nostra rotta rispetto al vento dobbiamo regolare nuovamente
le vele, cazzandole se diminuiamo l'angolo tra il vento e l'asse della nostra
barca e lascandole se, al contrario, lo aumentiamo. Il segreto sta nel tenere
le vele sempre vicino al limite del fileggiamento, solo così le avremo ben
regolate e in grado di sfruttare la spinta propulsiva del vento nel modo
migliore.
RIDUZIONE DELLE VELE
Se il vento rinforza troppo, facendo
sbandare in modo eccessivo la barca (gli
scafi sono progettati per navigare con
piccoli angoli di sbandamento, se troppo
sbandati perdono efficienza), rendendo
la vita a bordo scomoda e creando una
situazione di pericolo è necessario
ridurre la velatura. Generalmente si
riduce prima il fiocco, perchè è
un'operazione più semplice, se provvisti
di avvolgifiocco è sufficiente riavvolgere
parzialmente la vela di prua.
L'operazione di riduzione della randa è
detta "prendere una mano di terzaroli".
Si riduce la vela ammainandola
parzialmente lascando la drizza della
randa, cazzando la borosa (cima che tiene ripiegata la vela ridotta, passante
in due occhielli detti brancarelle) e serrandola con i metafioni, cimette
utilizzate per legare la vela dopo averla ridotta. A questo punto si procede ad
una nuova regolazione delle vele. Questa operazione deve sempre essere
fatta in sicurezza (meglio troppo presto che troppo tardi). Se possibile ridurre
la vela di prua e la randa in modo proporzionale, perchè il comportamento
della barca non diventi imprevedibile e non ridurre la velatura in modo
eccessivo, in modo che la barca abbia sempre un po' di velocità e di
manovrabilità.
VIRATA DI PRUA
Per riuscire a virare di prua (virata
normalmente utilizzata nelle andature di
bolina) bisogna superare l'angolo morto, quindi
ci si trova per un attimo controvento e senza
propulsione; bisogna avere una buona velocità
per superare con il solo abbrivio il letto del
vento ed è necessario essere di bolina, per
ridurre al minimo l'angolo al vento che si vuole
superare, prima di effettuare la manovra. Il
timoniere comunica ad alta voce all'equipaggio:
"Pronti a virare?". Solo se si è veramente pronti
e le scotte del fiocco sono bene in chiaro
ognuno gli risponde "Pronto". A questo punto il timoniere avverte, sempre ad
alta voce, "Viro" e inizia progressivamente con il timone ad orzare. Non
appena il fiocco inizia a fileggiare si molla la scotta di sottovento si sposta il
peso dell'equipaggio al centro della barca e, quando le vele sono passate da
sole sulle nuove mure, si cazza il fiocco con l'altra scotta, il timoniere riporta
gradatamente la barra del timone al centro e l'equipaggio si porta dall'altro
lato per compensare con il proprio peso lo sbandamento della barca.
VIRATA DI POPPA
Nella virata di poppa, detta anche strambata, la barca è sempre spinta dal
vento e le manovre con il timone avvengono più dolcemente, accompagnando
la rotazione del vento apparente. Prima di
iniziare la virata si lasca la randa, dal lasco
si puggia lentamente fino a quando il fiocco
che si sgonfia perchè sventato dalla randa
comunica al timoniere di essere con il vento
in poppa, allora si molla la scotta del fiocco
tirando l'altra per farlo passare a farfalla; il
timoniere comunica ad alta voce:"Pronti a
strambare?". Solo se si è veramente pronti e
le teste sono abbassate per far passare il
boma ognuno gli risponde "Pronto", la randa
viene portata al centro per evitare di
decapitare l'equipaggio o di danneggiare
l'attrezzatura con un'escursione del boma
eccessiva, a questo punto il timoniere dice
sempre ad alta voce "Strambo", fa passare
la randa sull'altro lato con una leggera
puggiata, bilanciando poi la tendenza a
orzare con un contropuggiata, la randa
viene lascata, il timoniere riporta la barra
al centro e si possono cazzare convenientemente le vele per l'andatura
desiderata.
BORDEGGIO
Se su una barca a vela si vuole raggiungere un
punto sopravento, non potendo navigare con il
vento che viene esattamente da prua si deve
seguire un percorso a zig-zag, bisogna cioè
fare dei bordi di bolina, alternativamente
mure a sinistra e mure a dritta, facendo tra un
bordo e l'altro una virata di prua. La bolina
non deve essere troppo stretta, per
permetterci di raggiungere una certa velocità
e i bordi non devono essere troppo corti per
non fare troppe virate che fanno perdere
velocità e acqua; in genere si vira prima che la
meta arrivi al traverso (quando la linea
immaginaria che ci unisce alla meta è
perpendicolare all'asse longitudinale della
barca).
Anche il bordeggio in favore di vento può
risultare utile, facendo, anzichè navigare con
il vento in poppa, dei bordi al lasco
alternandoli con delle virate di poppa, perchè
l'andatura di poppa è lenta, instabile e
difficile da tenere per lunghi tratti. La velocità e il maggior comfort di
navigazione spesso ci ripagano del percorso più lungo.
IL RIENTRO
Le manovre per rientrare in porto ricalcano, al contrario, quelle fatte per
iniziare la navigazione. Per prima cosa si accende il motore e si porta
l'imbarcazione prua al vento, in modo che le vele non portino, ma fileggino, si
ritira la vela di prua agendo sulla drizza del fiocco, quindi si ammaina la
randa dopo aver cazzato la scotta di randa per evitare che l'oscillazione del
boma possa provocare danni all'equipaggio e si rientra in porto a motore
(dopo aver messo in posizione i parabordi).
LE PRECEDENZE
In mare la cosa da evitare assolutamente è una collisione, per quanto sia
grande il mare ci si può trovare ad incrociare la rotta di un'altra imbarcazione
partita magari a molte miglia di distanza, specie all'entrata di un porto.
Nell'incrocio con altre imbarcazioni ci si deve attenere ad alcune regole
fondamentali, basate più sui doveri che sui diritti; chi ha il dovere di dare
precedenza deve fare una manovra tempestiva senza aspettare l'ultimo
minuto, chi ha il "diritto" di precedenza deve navigare sulla sua rotta, senza
cambiarla, per non ingannare l'altra imbarcazione e se quest'ultima non
manovra a tempo debito, manovrare lei per evitare la collisione, e all'uso del
buonsenso (non dimenticate mai di guardare sottovento al fiocco).
Nell'incrocio tra due barche a vela quella che naviga con le mure a sinistra
deve lasciare libera la rotta a quella con le mure a dritta
Tra due barche a vela che navigano sulle stesse mure è la barca sopravento
che deve manovrare per evitare l'abbordo.
Una barca che naviga a motore deve lasciare sempre libera la rotta a una che
naviga a vela.
Tra due barche a motore si deve lasciare libera la rotta a quelle avvistate di
prua a dritta e quando due barche a motore si vanno incontro con due rotte
opposte o quasi ciascuna deve accostare sul suo lato di dritta in modo da far
passare l'altra sulla propria sinistra.
Esistono poi altre particolari regole di precedenza:
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All'imbocco dei porti chi entra deve lasciare acqua a chi esce.
Nei canali stretti, se ciò non provoca pericolo, si tiene la destra (come
in auto).
Sui fiumi chi naviga controcorrente deve manovrare per evitare
l'abbordo con chi è in favore di corrente.
Hanno la precedenza le imbarcazioni con difficoltà di manovra
(posacavi, rimorchiatori, ecc.).
Tra una barca raggiunta e una raggiungente è la barca raggiungente che
deve manovrare.
A una barca in navigazione verso un ostacolo va sempre lasciata acqua
per manovrare ed evitarlo.
In ogni caso il buonsenso ci può essere di aiuto (non aspettiamo l'ultimo
istante per manovrare e non pretendiamo su una deriva di farci dare acqua da
un traghetto).
L'ORMEGGIO
L'attracco ad una banchina per ormeggiare è un'operazione delicata e va
eseguita con attenzione, l'imbarcazione deve essere fissata con un certo
numero di cime (almeno due), per non rischiare che sbatta contro la banchina
o di scappi via; esistono tre tipi principali di ormeggio:
All'inglese
Di Prua
Di Poppa
Prima di ormeggiare è necessario:
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Verificare le informazioni riguardanti fondali, banchine, scogli, ecc.
Scegliere (quando è possibile) il posto ideale per ormeggiare.
Preparare le cime.
Preparare i parabordi.
Tenere a portata di mano il mezzo marinaio.
Preparare l'ancora (se necessaria).
L'ormeggio ad una banchina di un porto si effettua normalmente a motore,
quindi è necessario prima di entrare in porto portarsi con la prua al vento,
ammainare la vela di poppa, accendere il motore al minimo e ammainare la
randa. Tenere la velocità il più possibile ridotta (la banchina di un molo può
essere molto dura), se necessario il prodiere scende a terra per assicurare la
poppa con una cima alla banchina. Naturalmente vi sono fattori che possono
influenzare il tipo di manovra, quali velocità e direzione del vento. Le cime di
ormeggio non devono avere la tensione massima, meglio lasciarle un po'
morbide.
La partenza è molto più agevole dell'arrivo in quanto, una volta armata la
barca, è sufficiente lasciare la banchina a velocità ridotta e facendo
attenzione alle imbarcazioni vicine. Generalmente si parte a motore, si
raggiunge la zona desiderata, si porta la prua dell'imbarcazione al vento, si
issano le vele e si spegne il motore.
Presa di gavitello
Accade spesso, in prossimità della costa, di
ormeggiare temporaneamente a un
gavitello, ovvero una boa o un corpo
galleggiante in mezzo al mare la cui
estremità è collegata a una cima ancorata
sul fondo a un blocco di cemento, ovvero a
un corpo morto. Ci si avvicina al gavitello
da sottovento facendo bordi di bolina larga
(se è possibile è meglio avere il fiocco
ammainato in modo da avere sgombra la
prua). A mezza lunghezza o ad una
lunghezza dal gavitello si porta la prua al
vento e ci si dirige, sfruttando l'abbrivio, su
di esso, la difficoltà nella manovra consiste
nel determinare il punto in cui orzare e
mettere la prua al vento per arrivare fermi,
o quasi, sul gavitello (solo provando e
riprovando si acquisisce la necessaria
sensibilità). Bisogna sempre avere una
discreta velocità perchè il timone risponda,
ma non troppa per evitare un'abbrivio
eccessivo e le vele devono fileggiare per
non prendere vento. Vengono messe in
chiaro le cime necessarie all’ormeggio. Una
volta agganciato il gavitello si fa passare
una cima (fissata prima alla barca su di una
galloccia) entro la gassa della boa, si
recupera la cima e la si fissa alla barca.
Successivamente si utilizza un'altra cima
che viene fissata alla gassa del gavitello con
un’altra gassa, utilizzata come ormeggio di
sicurezza. Dopo l’operazione di ormeggio si
ammainano le vele, prima il fiocco e poi la randa (per aiutare la barca a
rimanere prua al vento). A motore questa manovra è sicuramente più
semplice, in quanto è possibile rimanere fermi con la prua al vento.
IL CARTEGGIO
In una barca a vela in carteggio è molto importante, soprattutto quando si
deve tracciare la rotta per un viaggio che si deve affrontare o si deve
verificare di essere nella giusta rotta durante la navigazione (specie quando si
è in mare aperto e non ci sono coste in vista o nella navigazione notturna).
Gli strumenti indispensabili sono:
Le carte nautiche: Sono particolari carte geografiche che riproducono la
superficie terrestre con i paralleli e i meridiani perpendicolari tra di loro, in
questo modo gli angoli sono rispettati e le distanze leggermente deformate
(sono crescenti andando dall'equatore ai poli). Visto che la misurazione degli
angoli è essenziale vengono generalmente realizzate con questo sistema.
I portolani: Sono pubblicazioni dell'Istituto idrografico della Marina e
contengono notizie particolareggiate della costa e dei pericoli alla
navigazione, con particolare riferimento alle entrate dei porti con correnti,
venti e suggerimenti vari.
Elenco dei fari e segnali da nebbia: Indica le posizioni e le caratteristiche
di tutti i fari e i segnali luminosi.
Bussola da rilevamento: Bussola portatile munita di collimatori per poter
rilevare l'angolo rispetto al Nord di un oggetto visto dalla barca.
Compasso: Serve per misurare le distanze e la velocità sulle carte
nautiche.
Squadrette munite di goniometro: Servono per misurare le rotte e
tracciare i rilevamenti sulle carte nautiche.
Matite e Gomma
Diario di bordo
GPS: Questo strumento è in grado di darci la nostra posizione in qualunque
punto della superficie terrestre con uno scarto di poche decine di metri, ma
non sostituisce il resto del carteggio perchè nel caso si guasti dobbiamo poter
continuare il viaggio affidandoci agli strumenti classici.
LE COORDINATE GEOGRAFICHE
La Terra, per gli scopi pratici della navigazione, può essere considerata, senza
apprezzabili errori, come perfettamente sferica, costituita da una superficie
liscia ed omogenea.
La terra ruota in senso antiorario (per un osservatore posto al Polo Nord)
attorno ad un asse di rotazione i cui estremi sono il Polo Nord ed il Polo Sud.
Il circolo massimo perpendicolare all'asse di rotazione è detto Equatore, esso
divide la terra in due emisferi, quello settentrionale o boreale e quello
meridionale o australe. Tutti i circoli minori, paralleli all'Equatore, sono detti
paralleli (sono 180, 90 nell'emisfero Nord e 90 nell'emisfero Sud). Tutti gli
altri circoli massimi, che hanno per raggio quello terrestre, passanti per i poli
e perpendicolari all'Equatore, sono detti meridiani. Tra questi quello che
passa per Greenwich è detto meridiano fondamentale. Questo meridiano ed il
suo opposto dividono la terra in due emisferi: l'emisfero orientale e l'emisfero
occidentale (i meridiani sono 360, 180 da Greenwich verso Est e 180 verso
Ovest).
Le coordinate geografiche di un qualsiasi punto sulla superficie della terra si
chiamano Latitudine e Longitudine. La Latitudine è l'arco di meridiano
compreso tra l'Equatore ed il parallelo passante per il punto. Si misura in
gradi, primi e secondi, partendo dall'Equatore verso i Poli. Si conta da 0° a
90° positivamente verso il polo Nord e da 0° a 90° negativamente verso il
polo Sud.
La Longitudine è l'arco di Equatore compreso tra il meridiano passante per
Greenwich ed il meridiano passante per il punto. Si misura anch'essa in gradi,
primi e secondi, partendo dal meridiano di Greenwich, verso il meridiano
passante per il punto. Si conta da 0° a 180° positivamente verso Est e da 0° a
180° negativamente verso Ovest. La longitudine di tutti i punti posti sul
meridiano di Greenwich è di 0°, quella dell'antimeridiano è di 180°.
TRACCIARE UNA ROTTA
Si uniscono, sulla carta nautica, il punto di partenza e il punto di arrivo
tracciando una retta lungo il bordo di una squadretta e si legge, tramite la
squadretta munita di goniometro, la misura dell'angolo che dovremo seguire,
servendoci della bussola, per mantenere la rotta voluta. La circostanza più
favorevole si presenta quando la retta tracciata sulla carta interseca un
meridiano; in questo caso sarà sufficiente appoggiare la squadretta facendo
coincidere, esattamente, la linea incisa lungo l'ipotenusa con la retta
tracciata sulla carta, prestando attenzione affinché il punto 0 della
squadretta (il centro della linea incisa sulla sua ipotenusa) cada esattamente
sul meridiano, risulta a questo punto molto agevole effettuare la lettura in
corrispondenza del cateto intersecato dallo stesso meridiano. Se invece la
semiretta tracciata non interseca nessun meridiano non potremo procedere
alla lettura diretta dell'angolo e dovremo procedere al trasporto della
semiretta tracciata, parallelamente a se stessa, servendoci di un'altra
squadretta.
Quando incontreremo un meridiano, faremo coincidere con questo lo 0
tracciato sull'ipotenusa ed eseguiremo la lettura come nel caso precedente.
SEGNARE SULLA CARTA UN PUNTO DATE LE COORDINATE
Come prima cosa si procede alla lettura attenta delle due scale, quella della
latitudine, riportata lungo i lati verticali della carta, e quella della
longitudine riportata lungo i due lati orizzontali della carta. Si opera con il
compasso nautico e con l'ausilio di una squadretta nautica (almeno fino a che
non avrete raggiunto una certa padronanza nell'impiego del compasso). Si
legge, sulla scala delle latitudini il valore esatto della latitudine del punto
(gradi, primi e decimi di primo) e, una volta individuato, si punta una
estremità del compasso sul parallelo vicino a questo valore, quindi si apre il
compasso fino a portare la seconda punta a coincidere con il valore della
latitudine. Senza chiudere il compasso si va a cercare il meridiano più vicino
al punto dato, si può tracciare così, mettendo una squadretta sul meridiano,
il segmento parallelo che interessa con un tratto di matita fino al meridiano.
Disporremo ora il compasso con una estremità sul meridiano e lo apriremo
fino a che l'altra punta coincida con il valore esatto della longitudine senza
chiuderlo riporteremo questa apertura lungo il tratto tracciato
precedentemente, trovando così, sulla carta nautica, la posizione del punto di
coordinate note.
MISURARE UNA DISTANZA SULLA CARTA NAUTICA
In mare l'unità di misura delle distanze è il miglio marino, che corrisponde
alla misura di un primo di latitudine (1852 metri) e la velocità si misura in
nodi (miglia all'ora). Se vogliamo sapere la distanza in miglia tra due punti
prendiamo il compasso, allargando le punte finchè coincidono con i due punti
sulla carta, poi riportiamo la misura sulla scala graduata delle latitudini,
lungo il lato verticale della carta (in corrispondenza al valore di latitudine
media tra i due punti).
Quando la distanza è troppo grande per essere misurata con una sola apertura
del compasso si prende una apertura di compasso fissa (ad esempio 5 o 10
miglia) che si riporta quante volte è necessario sulla distanza da misurare, poi
si riporta con lo stesso sistema l'eventuale rimanenza.
Naturalmente prima di intraprendere un viaggio di una certa lunghezza è
opportuno consultare le previsioni meteo presenti in ogni Capitaneria di porto
o sugli appositi canali radio.
I NODI
I nodi sono molto importanti su una barca, spesso la sicurezza di chi è in
navigazione dipende dalla qualità dei nodi usati; pensate al fatto che quando
siete a terra la vostra barca è affidata alle cime di ormeggio ed ai nodi che
avete fatto per assicurarla ad esse. I nodi marinari devono rispondere a tre
requisiti fondamentali:
•
•
•
Devono essere veloci da fare.
Devono avere una tenuta sicura.
Devono essere facili da sciogliere anche dopo aver sopportato una
grande tensione.
I nodi possono avere gli utilizzi più disparati, possono essere:
•
•
•
•
•
Nodi di arresto: Si eseguono all'estremità dei cavi per impedire che essi
si sfilino da fori o da bozzelli.
Nodi di giunzione: Per unire due cavi senza danneggiarne la
consistenza.
Nodi di accorciamento: Per accorciare i cavi senza ricorrere al loro
taglio.
Nodi di avvolgimento: Servono per assicurare qualcosa ad un oggetto o
per stringergli un cavo attorno.
Nodi ad occhio: O gasse, sono delle asole, cappi o doppini chiusi e
annodati all'estremità di un cavo, a differenza dei nodi di avvolgimento
essi vengono fatti in mano e poi passati attorno a una bitta, un gancio o
un palo.
Ecco i più importanti nodi marinari:
Savoia
Semplice
Dello stivatore
Del frate
Parlato
semplice
Parlato doppio
Da palamiti
Serraglio
Di drizza
Bandiera
Piano
Tonneggio
Del pescatore
Del marinaio
Gassa d'amante
Gassa nel
doppino
Gassa fissa
Gassa d'amante
francese
Gassa d'amante
doppia
Da ancorotto
Bocca di lupo
Ganciato per
anello
Di gancio
semplice
Di gancio
doppio
Margherita
Volta alla
galloccia
Abbozzatura
all'inglese
Volta alla bitta
I TERMINI DI USO COMUNE
ABBRIVIO: Velocità dell'imbarcazione che si acquisisce per effetto della
propulsione e prosegue anche quando è cessata la spinta del vento o del
motore (abbrivio residuo).
ACCOSTARE: Modificare la direzione della rotta.
ALTURA: Alto mare, fuori dalla vista della costa.
AMANTIGLIO: Cima utilizzata per sostenere il boma, il tangone o altre aste,
corre internamente all'albero come le drizze (che può sostituire in caso di
necessità).
BALUMINA: Bordo non inferito della vela, in corrispondenza dell'uscita del
vento dalla vela stessa.
BOLINA: Andatura in cui la rotta è il più possibile contraria alla direzione del
vento (da circa 40/45 gradi a destra o a sinistra dal vento apparente), si
distingue in: bolina stretta 40/45 gradi; bolina 45/55 gradi; bolina larga 60/80
gradi.
BOMA: Asta in cui viene inferita la base della randa, è collegata all'albero
circa un metro più in alto del piano di coperta mediante uno snodo che
permette il movimento in ogni direzione.
BOMPRESSO: Asta che sporge dalla prua e che permette di issare il fiocco più
a pruavia della prua stessa.
CAZZARE: Aumentare la tensione di una cima (specie scotte e drizze).
DOPPIARE: Girare intorno ad un capo, ad un promontorio o ad una estremità,
fino ad oltrepassarla.
DRIZZA: Cima utilizzata per issare le vele.
FILEGGIARE: Lo sbattere o sventolare della vela lungo il bordo di inferitura,
indica che la vela è controvento o troppo lasca.
INFERIRE: Fissare le vele agli elementi dell'alberatura che le sostengono.
INFERITURA: Lato della vela che una volta issata rimane solidale all'albero
(inferitura di randa) o allo strallo (inferitura del fiocco o del genoa).
LASCARE: Diminuire la tensione di una cima.
LASCO: Andatura con il vento a poppa, ma con un'angolazione tra i 100 e i 170
gradi rispetto all'asse della barca.
LUNGHEZZA DI GALLEGGIAMENTO: La lunghezza dello scafo misurata sulla
linea di galleggiamento dell'imbarcazione.
LUNGHEZZA FUORI TUTTO: La lunghezza massima dello scafo.
MANOVRE CORRENTI: L'insieme delle cime utilizzate per issare e tendere le
vele (drizze, scotte, amantigli, ecc.).
METTERE IN CHIARO: Riferito ad una cima significa predisporla affinchè non
si imbrogli durante una manovra.
MIGLIO MARINO: Misura di distanza che corrisponde a 1851,8 metri.
OPERA MORTA: Parte dello scafo al di sopra della linea di galleggiamento.
OPERA VIVA: Parte dello scafo immersa nell'acqua, al di sotto della linea di
galleggiamento.
ORZARE: Dirigere la prua verso la direzione del vento, stringere il vento.
PARABORDO: Oggetto messo a protezione dello scafo, generalmente un corpo
sferico o cilindrico gonfiabile sorretto da una cimetta legata alle draglie.
POPPA: Parte posteriore della barca.
PRUA: Parte anteriore della barca.
PUGGIARE: Allontanare la prua dalla direzione del vento.
SCOTTA: Cima utilizzata per regolare le vele, partendo dall'angolo posteriore
in basso; la scotta è di solito parallela al piano di coperta.
SCUFFIARE: Sbandare al punto da far rovesciare la barca, finendo con l'albero
in acqua.
STRALLO: Cavo di prua di sostegno dell'albero e luogo di inferitura del fiocco.
TAMBUCCIO: Copertura di protezione al boccaporto attraverso il quale si
scende sottocoperta. Generalmente è una tavola di legno o plastica che
scorre su di una apposita guida.
TORMENTINA: Piccola vela triangolare di prua (fiocco) da issare con vento
forte o burrasca.
TRAVERSO: Andatura a 90 gradi rispetto alla direzione del vento.
VANG: Sistema a paranco, a molla o idraulico per cazzare il boma verso il
basso e impedirgli di alzarsi, specie nelle andature portanti quando la scotta è
molto lasca.
VOLANTI: Sartie gemelle che trattengono l'albero verso poppa, vengono
alternativamente cazzate o lascate secondo quella che viene a trovarsi
sopravento o sottovento.
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