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La scala tra valore simbolico e dimensione tecnica

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La scala tra valore simbolico e dimensione tecnica
ARTE DEL COSTRUIRE
Giovanna Franco
La scala tra valore simbolico e
dimensione tecnica
Considerando la scala come
“elemento costruttivo”
possono essere indagati i
nessi, a volte espliciti, a volte
più sottili, tra forma, struttura,
materiali. Guardando ad essa
come parte di un sistema più
complesso (l’organismo
edilizio), altre e più ricche
relazioni si possono individuare
tra capacità tecnica e
dimensione spaziale e
simbolica. Secondo questa
logica si propone la lettura di
alcuni esempi costruttivi di
scale in laterizio, paradigmatici
per la storia edilizia di Genova
Lo “smontaggio” dell’elemento
costruttivo nei manuali contemporanei
1
2
1. Esempio di scala con gradini in mattoni su
struttura lignea in un edificio rurale ligure.
2. Esempio di gradino costruito con mattoni posti di
taglio. La struttura della scala è in legno; il mattone
appoggia su un piano costituito da una armatura in
chiodi e fil di ferro, su cui è posato un letto di malta.
3. Nella pagina accanto. Genova. Palazzo Pastorino
in Via Luccoli, civ.21. Pianta dell’isolato,
assonometria del corpo scala e dettagli della
balaustra.
I manuali di Tecnologia e di Costruzioni e i
dizionari di Ingegneria e di Architettura, a
partire almeno dalla seconda metà dell’Ottocento, indicano, alla voce scala, diverse
chiavi di lettura, punti di vista dai quali
osservare – o secondo i quali scomporre –
questo particolare “frammento” di architettura. L’aspetto esteriore e la forma, i sistemi
costruttivi, le tipologie strutturali, i diversi
materiali, l’ubicazione e il ruolo nella distribuzione dell’edificio, i requisiti tecnici e
dimensionali, i dettati normativi divengono, di volta in volta, le logiche secondo cui
la scala è classificata e analizzata.
Ciascuna di queste “categorie” è poi ulteriormente scomposta in tanti gruppi. I
caratteri distintivi della “forma” possono,
ad esempio, essere il numero e la disposizione planimetrica delle rampe, il loro profilo o andamento verticale, la localizzazione e la morfologia dei supporti verticali,
l’aspetto dei singoli elementi componenti.
In base alla “tipologia strutturale”, strettamente legata ai sistemi costruttivi, si possono individuare scale a struttura portante
gradonata priva di supporti laterali, scale
con gradini connessi a uno o più supporti
laterali mediante appoggi o incastri, scale
con struttura appoggiata, realizzate con
orditure simili a quelle dei solai lignei,
scale a struttura piena portante, voltata o
piana. I materiali utilizzabili sono infine i
più diversi, soprattutto se usati in modo
integrato: legno, ferro, acciaio, pietra naturale, pietra artificiale, laterizio, cemento
armato normale o precompresso, materiali
sintetici.
Non è semplice stabilire eventuali gerarchie tra le classi che compongono ciascuna
categoria, autonoma e indipendente dalle
altre, nè individuare un numero finito di
casi: combinando insieme i diversi elementi, si può in effetti dare forma a innumerevoli tipi, non codificabili a priori, come
dimostra l’intera storia dell’architettura. Esistono certamente relazioni dirette, anche se
talvolta sfuggenti, tra materiali, sistemi
costruttivi e forme; ma esistono anche connessioni che legano una parte al tutto: in
particolare nell’architettura del passato la
capacità tecnica – attraverso un processo di
ottimizzazione nell’uso dei materiali disponibili e delle tecniche costruttive – si mette
al servizio della creazione dello spazio,
della potenza espressiva, della dimensione
simbolica. Dove ciò non è possibile, o dove
ancora l’ottimizzazione non riesce ad affermarsi in modo compiuto, si inventano “artifici tecnici” per dare una veste esteriore
diversa dalla effettiva consistenza materiale.
202 COSTRUIRE IN LATERIZIO 57/97
Le scale in laterizio
Nel vasto e indefinito panorama di possibili soluzioni tecniche, le scale in laterizio rappresentano un caso emblematico
poichè in esse appaiono molto strette le
connessioni tra il materiale, la tipologia
costruttiva e la morfologia, soprattutto per
quanto riguarda le superfici all’intradosso
delle rampe, anche se spesso la presenza
di intonaci o di altri elementi di finitura ne
nascondono l’effettiva consistenza.
Pur con specifiche differenze nei diversi
ambiti geografici e culturali e pur integrato a materiali diversi, il laterizio è uno dei
prodotti più usati nell’architettura del passato, sia per la costruzione dei soli gradini
che per intere rampe, come dimostrano i
primi esempi del periodo medioevale e le
forme più complesse dell’architettura
rinascimentale e barocca.
Nella costruzione dei gradini più comuni il mattone viene generalmente posto in
opera a corsi orizzontali, appoggiati su
una lastra o su di un piano di supporto in
materiale diverso (fig. 1). Non mancano
però casi “anomali”, in cui il mattone – sia
per risparmio di materiale, sia per maggiore leggerezza – viene posto in opera di
coltello, quasi a formare una cassaforma a
perdere, il cui spazio viene riempito con
malta mista a materiale detritico.
In questo particolare caso il mattone
necessita di un piano d’appoggio che, a
Genova, fu spesso costituito da un listello
in legno a sezione triangolare o, in alcuni
casi, da un piano di posa realizzato con
un getto di malta armato da chiodi infissi
nel tavolato e legati tra loro con filo di
ferro (fig. 2).
Questa soluzione costruttiva, piuttosto
semplice, è generalmente connessa al
caso della scala “appoggiata”, costituita da
due rampe parallele, che terminano in
pianettoli intermedi, racchiuse tra muri
portanti, sui quali si innestano le travi
principali della struttura. Non sono infrequenti, nella storia genovese, esempi
costruttivi analoghi anche in corpi scala di
palazzi rinascimentali, spesso ottenuti da
rifusioni e trasformazioni di edifici preesistenti.
Sistemi costruttivi più complessi sono
legati all’uso del mattone con funzione
portante, a parziale o totale sostegno dei
gradini e dei pianerottoli intermedi, come
nelle scale appoggiate, in cui volte o voltine in mattoni costituiscono il riempimento
di una orditura di travi in ferro, o nelle
scale voltate, interamente costruite in mattoni. Proprio in queste ultime la complessità costruttiva si associa a quella formale.
La forma più semplice (e la tipologia
3
4. Gradino in pietra appoggiato su voltine leggere in
mattoni. Pedata e alzata del gradino sono costituite
da piattabande ribassate in mattoni, appoggiate alle
estremità su elementi sporgenti a mensola dalle
murature d’ambito.
5. Diverse tipologie di scala a struttura voltata:
rampa su volte piane poste in successione, rampa su
volta inclinata, rampa su volta rampante.
6. Scala su volta con generatrici parallele ai muri
d’ambito.
7. Scala su volta con generatrici perpendicolari ai
muri d’ambito.
8. Scala a pozzo su volte rampanti e scala “alla
romana”.
costruttiva più leggera) di scale a struttura
voltata è costituita da rampe comprese e
sostenute da due pareti parallele i cui gradini appoggiano su singoli archi in laterizio. Pedate e alzate dei gradini sono piattabande ribassate in mattoni, appoggiate
alle estremità su elementi sporgenti a
mensola dalle murature d’ambito (fig. 4).
I casi più comuni di scale in mattoni
sono invece caratterizzati da volte continue, estese all’intera rampa.
Esse si differenziano in due principali
tipologie, a seconda che la volta sia impostata tra i muri d’ambito e quello d’anima
(il muro collocato tra le due rampe parallele), oppure tra le pareti d’ambito e i pianerottoli intermedi, priva quindi di strutture d’anima, dando luogo a soluzioni
costruttive e formali sicuramente sempre
più ricche e complesse (fig. 5).
Nel primo caso, su una forma di impianto e di sviluppo planimetrico costante,
non dissimile da quella delle scale appoggiate (due rampe parallele collegate da
pianerottoli intermedi), possono variare
di molto le forme delle volte, a botte con
generatrici inclinate, a tutto sesto o ribassate, a vela, a padiglione ribassato, mentre i pianerottoli sono generalmente sorretti da volte con generatrici perpendicolari a quelle della rampa o da volte a crociera. Lo spessore delle volte varia, nell’architettura storica, al variare della consistenza delle malte utilizzate, assottigliandosi via via da quattro a due teste di mattoni (con l’uso di malte cementizie).
Il muro continuo d’anima può a sua
volta essere parzialmente “aperto” con un
sistema ad archi e colonne, dando forma
a rampanti a profilo circolare, ogivale o
policentrico (fig. 6). Ma il sostegno continuo alla volta – oltre che da un arco in
muratura di mattoni – può anche essere
costituito da una trave longitudinale in
ferro, con una tipologia in parte voltata, in
parte appoggiata, particolarmente usata a
cavallo tra l’Otto e il Novecento (fig. 9).
Nel secondo caso, privo di strutture d’anima, le rampe – definite “a collo d’oca” –
si appoggiano ai pianerottoli intermedi.
L’assenza del muro di sostegno intermedio rende possibile forme più complesse,
come quelle definite “a pozzo”, con un
vuoto centrale (fig. 8).
Le volte rampanti possono impostarsi
su costole – o sottarchi – all’intradosso
del pianerottolo o direttamente sulla
volta del pianerottolo, opportunamente
inspessita o rinforzata con putrelle o elementi in ferro. Se la larghezza della
rampa è inferiore a due metri, possono
essere realizzate anche ad una sola testa
di mattoni (fig. 7).
9. Particolari di scala appoggiata costituita da
armatura in ferro e riempimento in voltine di
mattoni. L’illustrazione è tratta da C. Formenti, R.
Cortelletti, La pratica del fabbricare, Hoepli, Milano,
1933, 3° ed.
4
9
5
6
7
Le relazioni tra scala ed edificio:
tecnica e artificio
8
204 COSTRUIRE IN LATERIZIO 57/97
Certamente le “qualità” di un edificio
(anche quelle legate ai concetti di uso, di
significato, di simbolo, di memoria) dipendono in stretta misura dalle caratteristiche
del sistema costruttivo: materia, materiali,
elementi di finitura, modalità di lavorazione, processi costruttivi danno consistenza
alle strutture resistenti e valore agli spazi. È
però indubbio che il concetto stesso di
“elemento costruttivo” – almeno con la sua
autonoma identità – sia nato in epoca
recente (con l’industrializzazione edilizia)
e che mal si adatti all’architettura del passato, in cui la parte e il tutto erano connessi
da relazioni più strette e complesse e in cui
ogni elemento era legato al suo contesto,
dal quale traeva e al quale conferiva senso
e significato.
Nell’architettura storica, anche nei corpi
scala, come per le altre parti della costruzione, la somma dei saperi tecnici è al servizio dell’invenzione. Il vano scala, soprattutto quando è legato all’atrio di ingresso, è
da sempre elemento caratterizzante destinato a richiamare le migliori energie progettuali e realizzative; esso rappresenta il
filtro tra spazi esterni e interni, l’artificio
necessario per fruire di diversi ambienti,
l’indizio che permette di leggere – attraverso le sue trasformazioni – la storia stessa
degli edifici.
Inoltre, nell’ideazione e nell’esecuzione
di tali elementi, in nuove costruzioni o in
trasformazioni e “abbellimenti” di edifici
esistenti, si è spesso fatto riferimento a
modelli divulgati dai trattati e dai manuali,
o tramandati con l’esperienza costruttiva
dei maestri muratori. Spesso i riferimenti,
non sempre trasmessi per via scritta, sono
stati assorbiti nella cultura di committenti e
maestranze, adattati alle tecniche e ai
materiali disponibili nei diversi luoghi, alle
particolarità del sito e alla logica complessiva dell’edificio. In alcuni casi, addirittura,
la scala, come elemento costruttivo ma
soprattutto distributivo, è divenuta il prototipo di nuovi modelli abitativi.
Con questa consapevolezza e secondo
queste chiavi di lettura si propongono, nel
205 COSTRUIRE IN LATERIZIO 57/97
seguito, alcuni esempi di scale in laterizio
realizzate a Genova in un arco di tempo
che va dal tardo Medioevo e primo Rinascimento al XIX secolo, tentando di mettere in luce quello stretto legame tra il tutto e
una sua parte – in analogia con gli organismi viventi – che si legge in modo così
chiaro nei Trattati di Architettura anteriori
al XIX secolo.(1)
Alcuni esempi di scale in laterizio a
Genova
Le relazioni che legano le soluzioni tecniche adottate all’impianto architettonico
dell’edificio sono particolarmente evidenti
nella storia edilizia di Genova, che è fatta
di numerosissimi episodi e infinite fasi di
modificazione, di trasformazione, di rinnovo, con interventi continui sul patrimonio
edilizio esistente.
Numerosissimi corpi scala di palazzi
rinascimentali e tardo-rinascimentali del
centro storico, che apparentemente possono essere tra loro assimilati per tipo di
impianto e per morfologia generale, mani-
11a,b. Genova. Edificio in Via di Porta Soprana,
civ.5. Vista dell’atrio e del ballatoio dal cortile interno.
12. Genova. Edificio in Stradone S. Agostino civv.29-31.
Sviluppo assonometrico del corpo scala ed esempio di
scala doppia tratta dai codici di Leonardo.
13. Genova, Palazzo Tagliavacche in Salita
S. Caterina. Assonometria del sistema atrio-vano scala.
10a,b. Genova. Edificio in Via di Porta Soprana,
civ.3. Piante, assonometria e vista dell’atrio e del
corpo scala.
festano in realtà almeno un elemento “particolare” che rende quell’esempio un episodio costruttivo unico e irripetibile.(2)
Proprio nei palazzi ottenuti per “rifusione”, più che in quelli costruiti ex novo
secondo un progetto unitario, il corpo
scala presenta un impianto forte e monumentale e manifesta una invenzione
costruttiva che sa inserirsi negli spazi interstiziali delle preesistenze, adeguando la
sua collocazione, il suo sviluppo altimetrico e le sue dimensioni alle strutture più
antiche, senza per questo rinunciare a un
linguaggio architettonico compiuto e autonomo. È questa una possibilità in parte
legata proprio alla versatilità dell’uso di
strutture murarie, in particolare di mattoni.
Le modalità di adeguamento delle tipologie medievali alle nuove articolazioni spaziali sono in realtà molto varie. La costruzione del nuovo corpo scala – in genere a
doppia rampa in muratura di mattoni e rifinita con elementi “architettonici” di pregio
– avviene per svuotamento di una cellula
dell’antica abitazione medievale insieme,
dove possibile, alla realizzazione di un atrio
di ingresso, quasi sempre voltato. Nell’isolato preso qui a pretesto, per esempio, si
legge ancora il precedente impianto seriale
medievale. Il corpo scala del palazzo, in
muratura, occupa uno spazio che poteva
essere originariamente vuoto; la forma
della scala, a tre rampe intorno a un vuoto
centrale (a pozzo), ricalca un modello tipicamente rinascimentale, ampiamente usato
nei palazzi di nuovo impianto (fig. 3).
In altri casi si sfrutta uno spazio tipico
dell’architettura medievale, il loggiato antistante l’edificio, per inserirvi la nuova
scala. È questo, per esempio, il caso di un
intero isolato ricostruito per modificazione
e trasformazione sito nella parte più antica
della città. In ogni unità edilizia l’atrio e il
vano scala sono ricavati in ambienti ottenuti dalla chiusura delle logge e insistono
in uno spazio stretto e allungato in cui si
riconosce il passo lottizzativo originario.
L’atrio è perpendicolare al percorso ed è
sempre voltato in mattoni; il corpo scala è
localizzato in posizione arretrata rispetto al
fronte strada ed è generalmente a doppia
rampa, parallela o perpendicolare ad esso.
Sono presenti rampe aggiuntive che collegano la quota dell’atrio con il primo pianerottolo della nuova scala. Sono spesso presenti elementi strutturali, pilastri e colonne
di appoggio o catene di irrigidimento, inseriti per migliorare la capacità di resistenza
e per contrastare l’aumento di carico,
soprattutto nei casi in cui la nuova scala si
sviluppa in senso trasversale ai setti murari
longitudinali (figg. 10a,b). Coesistenza di
strutture resistenti antiche e nuove è evi-
206 COSTRUIRE IN LATERIZIO 57/97
10a
11a
12
10b
11b
13
207 COSTRUIRE IN LATERIZIO 57/97
14
14. Particolari di scala alla romana.
15. Armatura per la costruzione della scala alla
romana. Le due tavole sono tratte da C. Formenti, R.
Cortelletti, La pratica del fabbricare, Hoepli, Milano,
1933, 3° ed.
dente nel caso dell’edificio in Via di Porta
Soprana al civ. 5 (figg. 11a,b): il nuovo
corpo scala, secondo uno schema assi diffuso in epoca rinascimentale, si sviluppa
lungo tre rampe impostate su volte a crociera rampanti che terminano in un ballatoio anch’esso sorretto da volte a crociera
in mattoni. Questo schema origina una
serie di loggiati aperti sul cortile interno
secondo una concezione a strutture puntiformi, che si inserisce su un tessuto costituito da setti murari portanti in pietra a
spacco. I bolzoni capochiave, collocati in
corrispondenza dei ballatoi, denunciano la
presenza di catene annegate nella muratura con funzione irrigidente (secondo una
pratica costruttiva ricorrente in ambito
genovese e ligure a partire almeno dal XVI
secolo).
In molti casi si assiste all’accorpamento di
più unità immobiliari e di cellule edilizie,
all’annessione di spazi liberi all’intorno, a
sopraelevazioni e aggiunte, conservando
però almeno in parte, forse per motivi di
ordine economico, gli elementi strutturali
resistenti. Ma, dove non è possibile operare
sistematiche sostituzioni o trasformazioni
fisiche, si procede al semplice arricchimento della scala esistente con l’inserimento di
volte, colonne, elementi architettonici e
decorativi di varia consistenza.
In alcuni degli esempi qui riportati il
sistema spaziale atrio-vano scala non è
ancora risolto in modo coerente e organico, ma è segno importante di una fase
intermedia di un processo di rinnovamento
edilizio di più lunga durata, che si esprime
con la realizzazione dei palazzi rinascimentali di Strada Nuova(3) e, più tardi, con
la realizzazione delle ville alessiane,(4) che
rimarranno, per tipologia costruttiva e per
modelli spaziali e architettonici, i riferimenti più significativi almeno fino al XIX
secolo.
Il periodo storico che coincide con il
XVII e XIX secolo corrisponde a una ulteriore fase edilizia di ricostruzione – a
seguito del bombardamento navale del
1684 ad opera dei Francesi – e di espansione residenziale in collina. A questa fase
appartengono due esempi di corpi scala
che, per il loro portato innovativo e sperimentale, assumono il valore di veri e propri prototipi edilizi.
La creazione dell’asse urbano di Stradone S. Agostino, un “taglio” nel tessuto del
centro storico, costituisce forse l’episodio
più significativo della ricostruzione seguita
al rovinoso bombardamento della flotta di
Luigi XIV. Su incarico dei grandi proprietari, tra cui anche ordini religiosi, si costruiscono su questa strada nuovi edifici “da
reddito”, che devono rispondere a conce-
zioni tipologiche, costruttive e abitative in
parte differenti rispetto a quelle del passato. Tre di questi edifici, su probabile progetto unitario, presentano un corpo scala
del tutto innovativo, mai più sperimentato
a Genova, secondo il modello di “scala
doppia”, già presente nei codici di Leonardo e negli altri trattati rinascimentali. Essa è
costituita da due rampe parallele ma indipendenti, che si susseguono senza incrociarsi; ogni piano dell’edificio ha due
appartamenti, secondo una tipologia definita “in linea”, ciascuno servito da una
scala diversa. Ogni edificio ha dunque due
ingressi, due scale ma un unico vano scala.
Tale concezione rappresenta una soluzione brillante e una tipologia edilizia nuova
per la città, a metà tra casa a schiera (come
quelle medievali) e casa in linea (fig. 12).
L’ultimo esempio si riferisce a un intervento ottocentesco, che diviene il prototipo e il modello per il nuovo edificio residenziale, ripetuto fino ai primi anni del XX
secolo (fig. 13). Il palazzo – opera dell’architetto Barabino – non nasce da nuovo
impianto, ma sulle preesistenze del complesso conventuale cinquecentesco di S.
Caterina, alle propaggini della città storica.
L’esigenza di un edificio di rappresentanza,
e allo stesso tempo la volontà di trarre un
utile economico con l’affitto degli appartamenti, hanno portato alla realizzazione di
un palazzo che tende ad anticipare il
modello di casamento genovese a blocco
otto-novecentesco, con riferimento a quello parigino del palazzo borghese, differenziato per piani.
Per la prima volta si inserisce a Genova il
modello di scala a tripla rampa “alla romana”, che rappresenta forse la forma più
evoluta di scala in muratura di mattoni,
con struttura portante a fusi di padiglione
rampanti a sbalzo. In questo particolare
tipo di scala le rampe sono sostenute da
semivolte a botte o fusi di padiglione a
generatrici inclinate secondo la pendenza
della rampa, con un lato incastrato al muro
d’ambito e l’altro libero. L’equilibrio è assicurato dall’uso di malte particolarmente
resistenti (in genere di calce e pozzolana o
di cemento) e dalla particolare disposizione dei mattoni che partono con filari tangenti al muro d’ambito e, dopo aver compiuto un quarto di cerchio, terminano perpendicolarmente al lato libero. La volta
della rampa si raccorda con quella del pianerottolo o della rampa successiva
mediante fusi cilindrici, che formano quarti
di volta a padiglione. Le volte della scala
alla romana hanno uno spessore relativamente sottile rispetto alle altre scale in laterizio, perchè i mattoni sono posti in opera
di coltello (figg. 14, 15). La scala “alla
208 COSTRUIRE IN LATERIZIO 57/97
romana” permette finalmente di realizzare
quella tipologia costruttiva a sbalzo tradizionalmente legata all’uso di lastre o mensole in pietra incastrate nei muri d’ambito.
Questa nuova scala a pozzo, che diviene
la forma ricorrente delle espansioni urbane
ottocentesche in collina, anche se realizzata con tecniche costruttive più semplici o
addirittura in cemento armato, reinterpreta
gli elementi spaziali e architettonici propri
della cultura genovese, a partire dal Rinascimento, ribaltando in senso verticale la
monumentalità del sistema atrio-vano scala
che aveva così profondamente segnato i
palazzi e le ville del periodo aureo della
storia della città. La scala diviene così elemento distributore carico di una forte connotazione spaziale; il grande atrio del
palazzo rinascimentale, simbolo di potere
e di rappresentanza, si sdoppia nell’ingresso comune al piano terra e nell’ingresso
privato, interno agli appartamenti. Ancora
oggi l’ingresso “alla genovese”, di dimensioni sicuramente eccessive rispetto alle
effettive esigenze abitative, costituisce una
delle caratteristiche fondamentali nella
nostra cultura dell’abitare.
15
NOTE
(1)
Proprio nella parte destinata alla costruzione delle
scale scrive il Milizia: “Quindi l’Architetto nel divisare
la sua opera ha d’avere presenti, e comprendere
insieme sotto un colpo tutte le parti, e le loro relazioni per farne risultare un tutto armonioso con membri
ciascuno in se stesso di uguale armonia. Quanto altro
si è detto riguardo alla situazione, alla forma, alle proporzioni, ed al lume della scala, tutte queste cose riunite insieme costituiscono la sua principal bellezza”.
F. Milizia, Principj di architettura civile, Venezia,
1785, Tomo II, cap. IX, Scala.
(2) Nell’ambito di studi di diversa natura sono già state
individuate alcune tipologie di impianto dei corpi
scala rinascimentali, suddivise a seconda dell’importanza architettonica dell’edificio, della presenza di un
cortile o di uno spazio loggiato o a seconda del solo
rinnovo dell’ingresso. Cfr. E. Poleggi, Il rinnovamento
edilizio genovese e i magistri Antelami nel secolo XV,
in “Arte Lombarda”, XI, n.2, 1966, pp.53-68. Cfr. inoltre A. Maniglio Calcagno, L’atrio-scala genovese del
Rinascimento, in “Quaderno n.3 dell’Istituto di elementi di Architettura e Rilievo dei Monumenti”, Università degli Studi di Genova, Facoltà di Architettura,
1970, pp.7-96.
(3) Cfr. E. Poleggi, Strada Nuova. Una lottizzazione
del Cinquecento a Genova, Sagep, Genova, 1968.
(4) Cfr. E. De Negri, C. Fera, L. Grossi Bianchi, E.
Poleggi (a cura di), Catalogo delle ville genovesi,
Genova, 1967; per l’analisi tecnologica cfr. G.V. Galliani, Tecnologia del costruire storico genovese, Sagep,
Genova, 1984.
Parte dei disegni e dei dettagli costruttivi sono stati
rielaborati da esercitazioni e tesi di laurea svolte
sotto la guida del prof. G.V. Galliani, presso l’Istituto
di Tecnologia della Facoltà di Architettura di
Genova (fig. 1: M. Cuomo, M. Curreri, A. De Marchi,
T. Mangraviti. figg. 2 e 3: F. Poggio, S. Piacentini.
figg. 10 e 11: E. Pandolfini, A. Piazza. fig. 12:
I. Baiardi. fig. 13: P. Arena, L. Castello, G. Cogorno).
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