Comments
Transcript
La scala tra valore simbolico e dimensione tecnica
ARTE DEL COSTRUIRE Giovanna Franco La scala tra valore simbolico e dimensione tecnica Considerando la scala come “elemento costruttivo” possono essere indagati i nessi, a volte espliciti, a volte più sottili, tra forma, struttura, materiali. Guardando ad essa come parte di un sistema più complesso (l’organismo edilizio), altre e più ricche relazioni si possono individuare tra capacità tecnica e dimensione spaziale e simbolica. Secondo questa logica si propone la lettura di alcuni esempi costruttivi di scale in laterizio, paradigmatici per la storia edilizia di Genova Lo “smontaggio” dell’elemento costruttivo nei manuali contemporanei 1 2 1. Esempio di scala con gradini in mattoni su struttura lignea in un edificio rurale ligure. 2. Esempio di gradino costruito con mattoni posti di taglio. La struttura della scala è in legno; il mattone appoggia su un piano costituito da una armatura in chiodi e fil di ferro, su cui è posato un letto di malta. 3. Nella pagina accanto. Genova. Palazzo Pastorino in Via Luccoli, civ.21. Pianta dell’isolato, assonometria del corpo scala e dettagli della balaustra. I manuali di Tecnologia e di Costruzioni e i dizionari di Ingegneria e di Architettura, a partire almeno dalla seconda metà dell’Ottocento, indicano, alla voce scala, diverse chiavi di lettura, punti di vista dai quali osservare – o secondo i quali scomporre – questo particolare “frammento” di architettura. L’aspetto esteriore e la forma, i sistemi costruttivi, le tipologie strutturali, i diversi materiali, l’ubicazione e il ruolo nella distribuzione dell’edificio, i requisiti tecnici e dimensionali, i dettati normativi divengono, di volta in volta, le logiche secondo cui la scala è classificata e analizzata. Ciascuna di queste “categorie” è poi ulteriormente scomposta in tanti gruppi. I caratteri distintivi della “forma” possono, ad esempio, essere il numero e la disposizione planimetrica delle rampe, il loro profilo o andamento verticale, la localizzazione e la morfologia dei supporti verticali, l’aspetto dei singoli elementi componenti. In base alla “tipologia strutturale”, strettamente legata ai sistemi costruttivi, si possono individuare scale a struttura portante gradonata priva di supporti laterali, scale con gradini connessi a uno o più supporti laterali mediante appoggi o incastri, scale con struttura appoggiata, realizzate con orditure simili a quelle dei solai lignei, scale a struttura piena portante, voltata o piana. I materiali utilizzabili sono infine i più diversi, soprattutto se usati in modo integrato: legno, ferro, acciaio, pietra naturale, pietra artificiale, laterizio, cemento armato normale o precompresso, materiali sintetici. Non è semplice stabilire eventuali gerarchie tra le classi che compongono ciascuna categoria, autonoma e indipendente dalle altre, nè individuare un numero finito di casi: combinando insieme i diversi elementi, si può in effetti dare forma a innumerevoli tipi, non codificabili a priori, come dimostra l’intera storia dell’architettura. Esistono certamente relazioni dirette, anche se talvolta sfuggenti, tra materiali, sistemi costruttivi e forme; ma esistono anche connessioni che legano una parte al tutto: in particolare nell’architettura del passato la capacità tecnica – attraverso un processo di ottimizzazione nell’uso dei materiali disponibili e delle tecniche costruttive – si mette al servizio della creazione dello spazio, della potenza espressiva, della dimensione simbolica. Dove ciò non è possibile, o dove ancora l’ottimizzazione non riesce ad affermarsi in modo compiuto, si inventano “artifici tecnici” per dare una veste esteriore diversa dalla effettiva consistenza materiale. 202 COSTRUIRE IN LATERIZIO 57/97 Le scale in laterizio Nel vasto e indefinito panorama di possibili soluzioni tecniche, le scale in laterizio rappresentano un caso emblematico poichè in esse appaiono molto strette le connessioni tra il materiale, la tipologia costruttiva e la morfologia, soprattutto per quanto riguarda le superfici all’intradosso delle rampe, anche se spesso la presenza di intonaci o di altri elementi di finitura ne nascondono l’effettiva consistenza. Pur con specifiche differenze nei diversi ambiti geografici e culturali e pur integrato a materiali diversi, il laterizio è uno dei prodotti più usati nell’architettura del passato, sia per la costruzione dei soli gradini che per intere rampe, come dimostrano i primi esempi del periodo medioevale e le forme più complesse dell’architettura rinascimentale e barocca. Nella costruzione dei gradini più comuni il mattone viene generalmente posto in opera a corsi orizzontali, appoggiati su una lastra o su di un piano di supporto in materiale diverso (fig. 1). Non mancano però casi “anomali”, in cui il mattone – sia per risparmio di materiale, sia per maggiore leggerezza – viene posto in opera di coltello, quasi a formare una cassaforma a perdere, il cui spazio viene riempito con malta mista a materiale detritico. In questo particolare caso il mattone necessita di un piano d’appoggio che, a Genova, fu spesso costituito da un listello in legno a sezione triangolare o, in alcuni casi, da un piano di posa realizzato con un getto di malta armato da chiodi infissi nel tavolato e legati tra loro con filo di ferro (fig. 2). Questa soluzione costruttiva, piuttosto semplice, è generalmente connessa al caso della scala “appoggiata”, costituita da due rampe parallele, che terminano in pianettoli intermedi, racchiuse tra muri portanti, sui quali si innestano le travi principali della struttura. Non sono infrequenti, nella storia genovese, esempi costruttivi analoghi anche in corpi scala di palazzi rinascimentali, spesso ottenuti da rifusioni e trasformazioni di edifici preesistenti. Sistemi costruttivi più complessi sono legati all’uso del mattone con funzione portante, a parziale o totale sostegno dei gradini e dei pianerottoli intermedi, come nelle scale appoggiate, in cui volte o voltine in mattoni costituiscono il riempimento di una orditura di travi in ferro, o nelle scale voltate, interamente costruite in mattoni. Proprio in queste ultime la complessità costruttiva si associa a quella formale. La forma più semplice (e la tipologia 3 4. Gradino in pietra appoggiato su voltine leggere in mattoni. Pedata e alzata del gradino sono costituite da piattabande ribassate in mattoni, appoggiate alle estremità su elementi sporgenti a mensola dalle murature d’ambito. 5. Diverse tipologie di scala a struttura voltata: rampa su volte piane poste in successione, rampa su volta inclinata, rampa su volta rampante. 6. Scala su volta con generatrici parallele ai muri d’ambito. 7. Scala su volta con generatrici perpendicolari ai muri d’ambito. 8. Scala a pozzo su volte rampanti e scala “alla romana”. costruttiva più leggera) di scale a struttura voltata è costituita da rampe comprese e sostenute da due pareti parallele i cui gradini appoggiano su singoli archi in laterizio. Pedate e alzate dei gradini sono piattabande ribassate in mattoni, appoggiate alle estremità su elementi sporgenti a mensola dalle murature d’ambito (fig. 4). I casi più comuni di scale in mattoni sono invece caratterizzati da volte continue, estese all’intera rampa. Esse si differenziano in due principali tipologie, a seconda che la volta sia impostata tra i muri d’ambito e quello d’anima (il muro collocato tra le due rampe parallele), oppure tra le pareti d’ambito e i pianerottoli intermedi, priva quindi di strutture d’anima, dando luogo a soluzioni costruttive e formali sicuramente sempre più ricche e complesse (fig. 5). Nel primo caso, su una forma di impianto e di sviluppo planimetrico costante, non dissimile da quella delle scale appoggiate (due rampe parallele collegate da pianerottoli intermedi), possono variare di molto le forme delle volte, a botte con generatrici inclinate, a tutto sesto o ribassate, a vela, a padiglione ribassato, mentre i pianerottoli sono generalmente sorretti da volte con generatrici perpendicolari a quelle della rampa o da volte a crociera. Lo spessore delle volte varia, nell’architettura storica, al variare della consistenza delle malte utilizzate, assottigliandosi via via da quattro a due teste di mattoni (con l’uso di malte cementizie). Il muro continuo d’anima può a sua volta essere parzialmente “aperto” con un sistema ad archi e colonne, dando forma a rampanti a profilo circolare, ogivale o policentrico (fig. 6). Ma il sostegno continuo alla volta – oltre che da un arco in muratura di mattoni – può anche essere costituito da una trave longitudinale in ferro, con una tipologia in parte voltata, in parte appoggiata, particolarmente usata a cavallo tra l’Otto e il Novecento (fig. 9). Nel secondo caso, privo di strutture d’anima, le rampe – definite “a collo d’oca” – si appoggiano ai pianerottoli intermedi. L’assenza del muro di sostegno intermedio rende possibile forme più complesse, come quelle definite “a pozzo”, con un vuoto centrale (fig. 8). Le volte rampanti possono impostarsi su costole – o sottarchi – all’intradosso del pianerottolo o direttamente sulla volta del pianerottolo, opportunamente inspessita o rinforzata con putrelle o elementi in ferro. Se la larghezza della rampa è inferiore a due metri, possono essere realizzate anche ad una sola testa di mattoni (fig. 7). 9. Particolari di scala appoggiata costituita da armatura in ferro e riempimento in voltine di mattoni. L’illustrazione è tratta da C. Formenti, R. Cortelletti, La pratica del fabbricare, Hoepli, Milano, 1933, 3° ed. 4 9 5 6 7 Le relazioni tra scala ed edificio: tecnica e artificio 8 204 COSTRUIRE IN LATERIZIO 57/97 Certamente le “qualità” di un edificio (anche quelle legate ai concetti di uso, di significato, di simbolo, di memoria) dipendono in stretta misura dalle caratteristiche del sistema costruttivo: materia, materiali, elementi di finitura, modalità di lavorazione, processi costruttivi danno consistenza alle strutture resistenti e valore agli spazi. È però indubbio che il concetto stesso di “elemento costruttivo” – almeno con la sua autonoma identità – sia nato in epoca recente (con l’industrializzazione edilizia) e che mal si adatti all’architettura del passato, in cui la parte e il tutto erano connessi da relazioni più strette e complesse e in cui ogni elemento era legato al suo contesto, dal quale traeva e al quale conferiva senso e significato. Nell’architettura storica, anche nei corpi scala, come per le altre parti della costruzione, la somma dei saperi tecnici è al servizio dell’invenzione. Il vano scala, soprattutto quando è legato all’atrio di ingresso, è da sempre elemento caratterizzante destinato a richiamare le migliori energie progettuali e realizzative; esso rappresenta il filtro tra spazi esterni e interni, l’artificio necessario per fruire di diversi ambienti, l’indizio che permette di leggere – attraverso le sue trasformazioni – la storia stessa degli edifici. Inoltre, nell’ideazione e nell’esecuzione di tali elementi, in nuove costruzioni o in trasformazioni e “abbellimenti” di edifici esistenti, si è spesso fatto riferimento a modelli divulgati dai trattati e dai manuali, o tramandati con l’esperienza costruttiva dei maestri muratori. Spesso i riferimenti, non sempre trasmessi per via scritta, sono stati assorbiti nella cultura di committenti e maestranze, adattati alle tecniche e ai materiali disponibili nei diversi luoghi, alle particolarità del sito e alla logica complessiva dell’edificio. In alcuni casi, addirittura, la scala, come elemento costruttivo ma soprattutto distributivo, è divenuta il prototipo di nuovi modelli abitativi. Con questa consapevolezza e secondo queste chiavi di lettura si propongono, nel 205 COSTRUIRE IN LATERIZIO 57/97 seguito, alcuni esempi di scale in laterizio realizzate a Genova in un arco di tempo che va dal tardo Medioevo e primo Rinascimento al XIX secolo, tentando di mettere in luce quello stretto legame tra il tutto e una sua parte – in analogia con gli organismi viventi – che si legge in modo così chiaro nei Trattati di Architettura anteriori al XIX secolo.(1) Alcuni esempi di scale in laterizio a Genova Le relazioni che legano le soluzioni tecniche adottate all’impianto architettonico dell’edificio sono particolarmente evidenti nella storia edilizia di Genova, che è fatta di numerosissimi episodi e infinite fasi di modificazione, di trasformazione, di rinnovo, con interventi continui sul patrimonio edilizio esistente. Numerosissimi corpi scala di palazzi rinascimentali e tardo-rinascimentali del centro storico, che apparentemente possono essere tra loro assimilati per tipo di impianto e per morfologia generale, mani- 11a,b. Genova. Edificio in Via di Porta Soprana, civ.5. Vista dell’atrio e del ballatoio dal cortile interno. 12. Genova. Edificio in Stradone S. Agostino civv.29-31. Sviluppo assonometrico del corpo scala ed esempio di scala doppia tratta dai codici di Leonardo. 13. Genova, Palazzo Tagliavacche in Salita S. Caterina. Assonometria del sistema atrio-vano scala. 10a,b. Genova. Edificio in Via di Porta Soprana, civ.3. Piante, assonometria e vista dell’atrio e del corpo scala. festano in realtà almeno un elemento “particolare” che rende quell’esempio un episodio costruttivo unico e irripetibile.(2) Proprio nei palazzi ottenuti per “rifusione”, più che in quelli costruiti ex novo secondo un progetto unitario, il corpo scala presenta un impianto forte e monumentale e manifesta una invenzione costruttiva che sa inserirsi negli spazi interstiziali delle preesistenze, adeguando la sua collocazione, il suo sviluppo altimetrico e le sue dimensioni alle strutture più antiche, senza per questo rinunciare a un linguaggio architettonico compiuto e autonomo. È questa una possibilità in parte legata proprio alla versatilità dell’uso di strutture murarie, in particolare di mattoni. Le modalità di adeguamento delle tipologie medievali alle nuove articolazioni spaziali sono in realtà molto varie. La costruzione del nuovo corpo scala – in genere a doppia rampa in muratura di mattoni e rifinita con elementi “architettonici” di pregio – avviene per svuotamento di una cellula dell’antica abitazione medievale insieme, dove possibile, alla realizzazione di un atrio di ingresso, quasi sempre voltato. Nell’isolato preso qui a pretesto, per esempio, si legge ancora il precedente impianto seriale medievale. Il corpo scala del palazzo, in muratura, occupa uno spazio che poteva essere originariamente vuoto; la forma della scala, a tre rampe intorno a un vuoto centrale (a pozzo), ricalca un modello tipicamente rinascimentale, ampiamente usato nei palazzi di nuovo impianto (fig. 3). In altri casi si sfrutta uno spazio tipico dell’architettura medievale, il loggiato antistante l’edificio, per inserirvi la nuova scala. È questo, per esempio, il caso di un intero isolato ricostruito per modificazione e trasformazione sito nella parte più antica della città. In ogni unità edilizia l’atrio e il vano scala sono ricavati in ambienti ottenuti dalla chiusura delle logge e insistono in uno spazio stretto e allungato in cui si riconosce il passo lottizzativo originario. L’atrio è perpendicolare al percorso ed è sempre voltato in mattoni; il corpo scala è localizzato in posizione arretrata rispetto al fronte strada ed è generalmente a doppia rampa, parallela o perpendicolare ad esso. Sono presenti rampe aggiuntive che collegano la quota dell’atrio con il primo pianerottolo della nuova scala. Sono spesso presenti elementi strutturali, pilastri e colonne di appoggio o catene di irrigidimento, inseriti per migliorare la capacità di resistenza e per contrastare l’aumento di carico, soprattutto nei casi in cui la nuova scala si sviluppa in senso trasversale ai setti murari longitudinali (figg. 10a,b). Coesistenza di strutture resistenti antiche e nuove è evi- 206 COSTRUIRE IN LATERIZIO 57/97 10a 11a 12 10b 11b 13 207 COSTRUIRE IN LATERIZIO 57/97 14 14. Particolari di scala alla romana. 15. Armatura per la costruzione della scala alla romana. Le due tavole sono tratte da C. Formenti, R. Cortelletti, La pratica del fabbricare, Hoepli, Milano, 1933, 3° ed. dente nel caso dell’edificio in Via di Porta Soprana al civ. 5 (figg. 11a,b): il nuovo corpo scala, secondo uno schema assi diffuso in epoca rinascimentale, si sviluppa lungo tre rampe impostate su volte a crociera rampanti che terminano in un ballatoio anch’esso sorretto da volte a crociera in mattoni. Questo schema origina una serie di loggiati aperti sul cortile interno secondo una concezione a strutture puntiformi, che si inserisce su un tessuto costituito da setti murari portanti in pietra a spacco. I bolzoni capochiave, collocati in corrispondenza dei ballatoi, denunciano la presenza di catene annegate nella muratura con funzione irrigidente (secondo una pratica costruttiva ricorrente in ambito genovese e ligure a partire almeno dal XVI secolo). In molti casi si assiste all’accorpamento di più unità immobiliari e di cellule edilizie, all’annessione di spazi liberi all’intorno, a sopraelevazioni e aggiunte, conservando però almeno in parte, forse per motivi di ordine economico, gli elementi strutturali resistenti. Ma, dove non è possibile operare sistematiche sostituzioni o trasformazioni fisiche, si procede al semplice arricchimento della scala esistente con l’inserimento di volte, colonne, elementi architettonici e decorativi di varia consistenza. In alcuni degli esempi qui riportati il sistema spaziale atrio-vano scala non è ancora risolto in modo coerente e organico, ma è segno importante di una fase intermedia di un processo di rinnovamento edilizio di più lunga durata, che si esprime con la realizzazione dei palazzi rinascimentali di Strada Nuova(3) e, più tardi, con la realizzazione delle ville alessiane,(4) che rimarranno, per tipologia costruttiva e per modelli spaziali e architettonici, i riferimenti più significativi almeno fino al XIX secolo. Il periodo storico che coincide con il XVII e XIX secolo corrisponde a una ulteriore fase edilizia di ricostruzione – a seguito del bombardamento navale del 1684 ad opera dei Francesi – e di espansione residenziale in collina. A questa fase appartengono due esempi di corpi scala che, per il loro portato innovativo e sperimentale, assumono il valore di veri e propri prototipi edilizi. La creazione dell’asse urbano di Stradone S. Agostino, un “taglio” nel tessuto del centro storico, costituisce forse l’episodio più significativo della ricostruzione seguita al rovinoso bombardamento della flotta di Luigi XIV. Su incarico dei grandi proprietari, tra cui anche ordini religiosi, si costruiscono su questa strada nuovi edifici “da reddito”, che devono rispondere a conce- zioni tipologiche, costruttive e abitative in parte differenti rispetto a quelle del passato. Tre di questi edifici, su probabile progetto unitario, presentano un corpo scala del tutto innovativo, mai più sperimentato a Genova, secondo il modello di “scala doppia”, già presente nei codici di Leonardo e negli altri trattati rinascimentali. Essa è costituita da due rampe parallele ma indipendenti, che si susseguono senza incrociarsi; ogni piano dell’edificio ha due appartamenti, secondo una tipologia definita “in linea”, ciascuno servito da una scala diversa. Ogni edificio ha dunque due ingressi, due scale ma un unico vano scala. Tale concezione rappresenta una soluzione brillante e una tipologia edilizia nuova per la città, a metà tra casa a schiera (come quelle medievali) e casa in linea (fig. 12). L’ultimo esempio si riferisce a un intervento ottocentesco, che diviene il prototipo e il modello per il nuovo edificio residenziale, ripetuto fino ai primi anni del XX secolo (fig. 13). Il palazzo – opera dell’architetto Barabino – non nasce da nuovo impianto, ma sulle preesistenze del complesso conventuale cinquecentesco di S. Caterina, alle propaggini della città storica. L’esigenza di un edificio di rappresentanza, e allo stesso tempo la volontà di trarre un utile economico con l’affitto degli appartamenti, hanno portato alla realizzazione di un palazzo che tende ad anticipare il modello di casamento genovese a blocco otto-novecentesco, con riferimento a quello parigino del palazzo borghese, differenziato per piani. Per la prima volta si inserisce a Genova il modello di scala a tripla rampa “alla romana”, che rappresenta forse la forma più evoluta di scala in muratura di mattoni, con struttura portante a fusi di padiglione rampanti a sbalzo. In questo particolare tipo di scala le rampe sono sostenute da semivolte a botte o fusi di padiglione a generatrici inclinate secondo la pendenza della rampa, con un lato incastrato al muro d’ambito e l’altro libero. L’equilibrio è assicurato dall’uso di malte particolarmente resistenti (in genere di calce e pozzolana o di cemento) e dalla particolare disposizione dei mattoni che partono con filari tangenti al muro d’ambito e, dopo aver compiuto un quarto di cerchio, terminano perpendicolarmente al lato libero. La volta della rampa si raccorda con quella del pianerottolo o della rampa successiva mediante fusi cilindrici, che formano quarti di volta a padiglione. Le volte della scala alla romana hanno uno spessore relativamente sottile rispetto alle altre scale in laterizio, perchè i mattoni sono posti in opera di coltello (figg. 14, 15). La scala “alla 208 COSTRUIRE IN LATERIZIO 57/97 romana” permette finalmente di realizzare quella tipologia costruttiva a sbalzo tradizionalmente legata all’uso di lastre o mensole in pietra incastrate nei muri d’ambito. Questa nuova scala a pozzo, che diviene la forma ricorrente delle espansioni urbane ottocentesche in collina, anche se realizzata con tecniche costruttive più semplici o addirittura in cemento armato, reinterpreta gli elementi spaziali e architettonici propri della cultura genovese, a partire dal Rinascimento, ribaltando in senso verticale la monumentalità del sistema atrio-vano scala che aveva così profondamente segnato i palazzi e le ville del periodo aureo della storia della città. La scala diviene così elemento distributore carico di una forte connotazione spaziale; il grande atrio del palazzo rinascimentale, simbolo di potere e di rappresentanza, si sdoppia nell’ingresso comune al piano terra e nell’ingresso privato, interno agli appartamenti. Ancora oggi l’ingresso “alla genovese”, di dimensioni sicuramente eccessive rispetto alle effettive esigenze abitative, costituisce una delle caratteristiche fondamentali nella nostra cultura dell’abitare. 15 NOTE (1) Proprio nella parte destinata alla costruzione delle scale scrive il Milizia: “Quindi l’Architetto nel divisare la sua opera ha d’avere presenti, e comprendere insieme sotto un colpo tutte le parti, e le loro relazioni per farne risultare un tutto armonioso con membri ciascuno in se stesso di uguale armonia. Quanto altro si è detto riguardo alla situazione, alla forma, alle proporzioni, ed al lume della scala, tutte queste cose riunite insieme costituiscono la sua principal bellezza”. F. Milizia, Principj di architettura civile, Venezia, 1785, Tomo II, cap. IX, Scala. (2) Nell’ambito di studi di diversa natura sono già state individuate alcune tipologie di impianto dei corpi scala rinascimentali, suddivise a seconda dell’importanza architettonica dell’edificio, della presenza di un cortile o di uno spazio loggiato o a seconda del solo rinnovo dell’ingresso. Cfr. E. Poleggi, Il rinnovamento edilizio genovese e i magistri Antelami nel secolo XV, in “Arte Lombarda”, XI, n.2, 1966, pp.53-68. Cfr. inoltre A. Maniglio Calcagno, L’atrio-scala genovese del Rinascimento, in “Quaderno n.3 dell’Istituto di elementi di Architettura e Rilievo dei Monumenti”, Università degli Studi di Genova, Facoltà di Architettura, 1970, pp.7-96. (3) Cfr. E. Poleggi, Strada Nuova. Una lottizzazione del Cinquecento a Genova, Sagep, Genova, 1968. (4) Cfr. E. De Negri, C. Fera, L. Grossi Bianchi, E. Poleggi (a cura di), Catalogo delle ville genovesi, Genova, 1967; per l’analisi tecnologica cfr. G.V. Galliani, Tecnologia del costruire storico genovese, Sagep, Genova, 1984. Parte dei disegni e dei dettagli costruttivi sono stati rielaborati da esercitazioni e tesi di laurea svolte sotto la guida del prof. G.V. Galliani, presso l’Istituto di Tecnologia della Facoltà di Architettura di Genova (fig. 1: M. Cuomo, M. Curreri, A. De Marchi, T. Mangraviti. figg. 2 e 3: F. Poggio, S. Piacentini. figg. 10 e 11: E. Pandolfini, A. Piazza. fig. 12: I. Baiardi. fig. 13: P. Arena, L. Castello, G. Cogorno). 209 COSTRUIRE IN LATERIZIO 57/97