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Pratiche commerciali scorrette

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Pratiche commerciali scorrette
LE PRATICHE
COMMERCIALI
SCORRETTE
Dott.ssa Giada Azadi
I).
INTRODUZIONE DELLA DISCIPLINA
La disciplina delle «Pratiche Commerciali Scorrette»
(PCS) è stata introdotta nell'ordinamento giuridico italiano
con il D.Lgs.n.146/2007 che, modificando il Titolo III della
Parte II del codice del consumo, ha dato attuazione alla
Direttiva 2005/29/CE (Unfair Commercial Practice
Directive) del Parlamento Europeo e del Consiglio,
concernente le
«Pratiche commerciali sleali tra imprese e
consumatori nel mercato interno»
DIRETTIVA 2005/29/CE:
INTENDE CONTRIBUIRE AL (cfr. art. 1dir. 2005/29/CE - Scopo)
«CORRETTO
FUNZIONAMENTO
DEL MERCATO
CONCORRENZIALE»
«CONSEGUIMENTO DI
UN LIVELLO ELEVATO DI
TUTELA DEI
CONSUMATORI»
Obiettivo di politica concorrenziale
Obiettivo di politica consumeristica
Mediante la
PIENA ARMONIZZAZIONE
DELLE LEGISLAZIONI NAZIONALI
in materia di
«PRATICHE COMMERCIALI SLEALI LESIVE DEGLI
INTERESSI ECONOMICI DEI CONSUMATORI»
Limiti dei precedenti interventi comunitari in materia di
regolamentazione delle pratiche di mercato:
(cfr. considerando n.3 e 9 dir.2005/29/CE)
approccio verticale o settoriale (c.d. specific o mixed
approach) : estrema frammentazione della disciplina, difficolta' di
coordinamento interno.
interno
armonizzazione minima delle normative interne: significative
differenze tra le legislazioni degli stati membri.
tutela degli interessi dei consumatori spesso secondaria ed ancillare
rispetto alla tutela degli interessi dei concorrenti: strumento
indiretto per la tutela dell'interesse pubblicistico e generale al
buon funzionamento del mercato.
Rischio di inficiare nella pratica l'integrazione del mercato unico
CONTRASTO CON GLI OBIETTIVI COMUNITARI
ESIGENZA DI UNA ORGANICA NORMATIVA IN MATERIA DI
REGOLAMENTAZIONE DELLE PRATICHE COMMERCIALI NEI
RAPPORTI B2C (cfr. Libro Verde 2011)
La Dir. 2005/29/CE:
si configura come direttiva «di più recente, se non di ultima
generazione» e presenta rilevanti peculiarità:
1° - DIRETTIVA QUADRO o AD APPROCCIO ORIZZONTALE:
detta una disciplina valevole in ogni settore di attività economica,
facendo salva l'applicazione di eventuali normative settoriali →
valenza sussidiaria
2° - ARMONIZZAZIONE MASSIMA o full target harmonization:
esclude per gli Stati la possibilità di mantenere o introdurre
disposizioni più rigorose di quelle comunitarie → obiettivo:
garantire la completa uniformità delle normative interne
3° - INTRODUCE UNA NORMATIVA POSTA A TUTELA
DIRETTA DEI SOLI CONSUMATORI, NON AZIONABILE DAI
PROFESSIONISTI
Con la direttiva 2005/29/CE LE DUE BASILARI POLITICHE IN
MATERIA DI MERCATO UNICO, QUELLA CONCORRENZIALE
E QUELLA CONSUMERISTICA, SI SCINDONO e di ciascuna
viene fissato con chiarezza lo specifico ambito di intervento:
intervento
A tal fine il testo normativo si articola in due parti:
I). artt. 2-13: contengono la regolamentazione delle pratiche
commerciali sleali tra imprese e consumatori (tra le quali l'art.2
lett. d.) annovera anche la pubblicità diretta agli utenti finali del
mercato, che viene ricompresa tra le pratiche commerciali).
II). artt. 14-16: operano una serie di modifiche a provvedimenti
comunitari già vigenti. In particolare, l'art.14 modifica l'art.1 della
Dir. 84/450/CEE escludendo gli interessi dei consumatori dal
novero di quelli che la disciplina si propone di proteggere → la
regolamentazione della pubblicità ingannevole diviene disciplina
funzionale alla tutela dei soli professionisti, alla quale non è più
sottesa alcuna finalità di protezione dei consumatori.
ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2005/29/CEIN ITALIA
Realizza separazione disciplina B2B e B2C, segnando, così, il passaggio
da una regolamentazione basata sul dato oggettivo della materia regolata ad
una strutturata in base al profilo soggettivo della titolarita' degli interessi lesi
dalla pratica
D. LGS. n. 145/2007
Attuando
l'art.14
della
direttiva,
modifica la previgente disciplina
della pubblicità ingannevole e
comparativa (dir. 84/450/CE) che
viene limitata nel suo ambito di
applicazione ai soli rapporti B2B
(business to business) e rispetto la
quale non rilevano più, se non
indirettamente,
gli
interessi
dei
consumatori
D. LGS. n. 146/2007
COMPOSTO DA 5 ARTICOLI, RECA
LE DISPOSIZIONI DI RECEPIMENTO
DELLA
NUOVA
DISCIPLINA,
INTEGRALMENTE TRASFUSA NEL
TITOLO III DELLA PARTE II DEL
CODICE DEL CONSUMO
(che, prima contenente la disciplina
della pubblicità ingannevole e
comparativa,
appare
così
integralmente modificato)
NUOVO TITOLO III del Codice del Consumo :
PARTE II «Educazione, informazione, pratiche commerciali, pubblicità»
TITOLO III (artt. 18 – 27 quater)
«Pratiche commerciali, pubblicità ed altre comunicazioni
commerciali»
1).
CAPO I: Disposizioni generali (artt.18-19) : rispettivamente,
forniscono un elenco di definizioni generali ed individuano l'ambito di applicazione
della disciplina, indicando le normative non pregiudicate dalla stessa.
2).
CAPO II: Pratiche commerciali (artt.20-26): riproducono, quasi
testualmente, il dettato degli articoli 5-9 della direttiva ed il contenuto dell'Allegato I
della stessa, introducendo, altresì, il divieto generale di pratiche commerciali
scorrette, la regolamentazione delle pratiche ingannevoli e di quelle aggressive e gli
elenchi delle pratiche considerate in ogni caso scorrette
3). CAPO III: Applicazione (artt. 27 - 27quater): dettano le norme di
attuazione degli articoli 10-13 della Direttiva 2005/29/CE, concernenti la disciplina
procedimentale e sanzionatoria.
II). LA DISCIPLINA DELLE PRATICHE COMMERCIALI
I
SCORRETTE NEI RAPPORTI
TRA PROFESSIONISTI E
CONSUMATORI
1. AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA DISCIPLINA :
Art. 19 co. 1° c.cons. :
« il presente titolo si applica alle pratiche commerciali
scorrette
tra professionisti e consumatori
poste in essere prima, durante e dopo un'operazione
commerciale relativa a un prodotto,
nonche' alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti
e microimprese.»
AMBITO DI APPLICAZIONE SOGGETTIVO:
RAPPORTI TRA
PROFESSIONISTI E CONSUMATORI
ART. 18 lett. ) c.cons: «qualsiasi
persona fisica o giuridica che, nelle
pratiche
commerciali
oggetto
del
presente titolo, agisce nel quadro della
sua attività commerciale, industriale,
artigianale o professionale e chiunque
agisce per nome e per conto del
professionista».
ART. 18 lett. a) c.cons: « qualsiasi
persona fisica che, nelle pratiche
commerciali oggetto del presente titolo,
agisce per fini che non rientrano nel
quadro della sua attività commerciale,
industriale,
artigianale
o
professionale».
N.B. Definizioni sostanzialmente analoghe a quelle contenute nell'art. 3
c.con. di cui rappresentano inutile ripetizione (manca coordinamento
interno al codice)
non solo coloro che pongono in
essere atti caratteristici dell'attività, ma
anche atti connessi alla stessa
●non
solo rappresentanti ma anche
intermediari (purché l'utilità finale
dell'operazione volga a vantaggio del
professionista)
●
difficoltà acquisti per uso promiscuo
(criterio della prevalenza)
● difficoltà legate all'applicazione del
criterio dell' “agire per finalità di
consumo” in ipotesi di PCS perpetrate
prima della conclusione del contratto
●
D. Lgs. n.1 del 24 gennaio 2012: RAPPORTI TRA
PROFESSIONISTI E MICROIMPRESE
Nuovo art. 19 c. cons. : ha esteso la tutela contro le pratiche
commerciali scorrette alle relazioni tra professionisti e microimprese, definite alla lettera d bis) aggiunta all'art. 18 c. cons. «entità,
società o associazioni, che, a prescindere dalla forma giuridica,
esercitano un'attività economica anche a titolo individuale o
familiare, occupando meno di dieci persone e realizzando un
fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori
a due milioni di euro».
La micro-impresa non è un consumatore bensì, a sua volta, un professionista, pertanto, il
suo agire nel mercato va inquadrato nell'esercizio dell'attività economica (non persegue
di finalità di consumo: l'estensione del novero dei destinatari della disciplina si motiva
nella condizione di asimmetria economico-contrattuale, non dissimile sotto il profilo
sostanziale da quella in cui vertono i consumatori, in cui le piccole imprese vengono a
trovarsi rispetto alle grandi imprese nelle attività di mercato (estensione respinta dalla
Commissione, appoggiata su questo da numerose sentenze della Corte di giustizia).
AMBITO DI APPLICAZIONE OGGETTIVO
NOZIONE DI
«PRATICA COMMERCIALE »
art.18 co.1° lett.d) c.cons. «qualsiasi azione, omissione, condotta o
dichiarazione o comunicazione commerciale, ivi compresa la pubblicità
e
la
commercializzazione
del
prodotto,
posta
in
essere
dal
professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un
prodotto ai consumatori».
qualunque comportamento attivo o passivo posto in essere dal
professionista, purché relazionato alla promozione, alla vendita o alla
fornitura di un prodotto.
Nozione di «PRODOTTO»: art. 18 lett c) : «qualsiasi bene o servizio,
compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni»
Nozione di «OPERAZIONE COMMERCIALE» in via interpretativa
ricondotta a quella di «contratto»
LIMITI:
deve trattarsi di pratiche indirizzate ai consumatori ( anche se non in
modo diretto) → escluse pratiche destinate ad operare nei soli confronti
dei professionisti
deve trattarsi di pratiche idonee a raggiungere un livello sociale
apprezzabile → esclusi comportamenti sporadici ed occasionali del
professionista (cfr. ex multis TAR Lazio, 3 marzo 2010, n. 3287)
In definitiva, qualunque contatto - effettivo o potenziale, collettivo o
individuale, anteriore, coevo o successivo all'instaurazione di un rapporto
contrattuale - tra il professionista e i consumatori può essere
potenzialmente sanzionato come pratica commerciale scorretta, purché
collocato nel quadro di una qualsiasi attività economica concernente la
promozione o la commercializzazione di qualunque bene o servizio
L'AGIRE ECONOMICO DEI PROFESSIONISTI RILEVA OGNI QUAL
VOLTA RISULTI (anche in assenza di contratto) IDONEO A LEDERE
INTERESSI DEI CONSUMATORI MERITEVOLI DI TUTELA:
Attenzione per la DINAMICA RELAZIONALE DEL RAPPORTO B2C
(che si realizza nel quadro dell' “attività” d'impresa e si comporne di
“atti” e “comportamenti” delle parti)
SETTORI NON PREGIUDICATI DALLA
NORMATIVA : art. 19 co. 2° elencazione
Focus : lett. a) : « l'applicazione delle disposizioni normative in
materia contrattuale, in particolare delle norme sulla
formazione, validita' od efficacia del contratto»
La disposizione – che pedissequamente riproduce una clausola di stile contenuta
nella direttiva e diretta esclusivamente agli Stati Membri – appare vuoto
simulacro a fronte delle inevitabili ripercussioni che una regolamentazione
generale e trasversale, volta alla salvaguardia degli interessi economici dei
consumatori, è destinata ad avere sugli istituti di diritto privato.
N.B. Le PCS sono in grado di incidere non solo sul piano macroeconomico
(buon funzionamento del mercato) ma anche su quello microeconomico
(soddisfacimento interessi consumatori) : quid iuris se il contratto è stato
effettivamente concluso per l'incidenza di una PCS?
VALENZA SUSSIDIARIA NORMATIVA : art.19 ult co.
: «in caso di
contrasto, le disposizioni contenute in direttive o in altre disposizioni comunitarie e
nelle relative norme nazionali di recepimento che disciplinano aspetti specifici delle
pratiche commerciali scorrette prevalgono sulle disposizioni del presente titolo e si
applicano a tali aspetti specifici.»
2. IL DIVIETO GENERALE DI PORRE IN ESSERE
PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE
Art. 20 co.1 c. cons.: «Le pratiche commerciali
scorrette sono vietate»
divieto «unico, generale e comune», valevole per tutta
l'ampia gamma di fattispecie rientranti nella categoria delle
pratiche commerciali e destinato ad operare nei confronti di
tutti i professionisti che esercitano la loro attività economica
nel territorio statale.
Necessità di coordinamento con:
Art. 39 c.cons. : prevede l'obbligo di
improntare le attività commerciali ai
principi di buona fede, lealtà e
correttezza
Art. 2 lett. C bis) c.cons. : prevede il
diritto fondamentale dei consumatori
all'esercizio delle pratiche commerciali
secondo
buona
fede,
lealtà
e
correttezza.
3.
IL
SISTEMA
DI
VALUTAZIONE
DELLA
SCORRETTEZZA DELLE PRATICHE COMMERCIALI
Il divieto di porre in essere pratiche commerciali scorrette si
concretizza nei successivi commi dell'art.20 che
individuano i criteri di valutazione della scorrettezza delle
pratiche secondo uno schema a «a centri concentrici» o a
generalità decrescente:
Definizione
generale
ART.20 co. 2 : CLAUSOLA GENERALE
Categorie
tipiche
ART. 21-22:
PRATICHE
INGANNEVOLI
Pratiche in ogni
caso
«ingannevoli» o
«aggressive»
ART.
ART.23
23
ART. 23-24:
PRATICHE
AGGRESSIVE
ART.26
A). CLAUSOLA GENERALE:
Art. 20 co. 2° : «Una pratica commerciale è scorretta se
è contraria alla diligenza professionale (1)
ed
è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il
comportamento economico, in relazione al prodotto, del
consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta
o del membro medio di un gruppo qualora la pratica
commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori
(2) »
disposizione non residuale ma di principio, applicabile all'intera
materia (cfr. TAR Lazio, Roma, 26 marzo 2009, n.3149):
«contrarietà a diligenza professionale»
e idoneità a
«falsare in misura rilevante il comportamento economico
del consumatore» costituiscono
I CARDINI FONDAMENTALI DELL'INTERO CORPUS NORMATIVO, DI
CUI INDIVIDUANO LA RATIO ED IL SIGNIFICATO COMPLESSIVO.
1). La contrarietà a diligenza professionale
Art. 18 lett. h) c.cons. : diligenza professionale : «il
normale grado della specifica competenza ed
attenzione che ragionevolmente i consumatori
attendono da un professionista nei loro confronti
rispetto ai principi di correttezza e buona fede nel
settore di attività del professionista»
La scorrettezza della pratica viene a dipendere dalla violazione da parte
del professionista dello standard di diligenza dallo stesso esigibile
nelle specifiche circostanze del caso concreto
L''individuazione dello standard esigibile a sua volta si basa sulla
ricostruzione della figura di “agente modello” il cui comportamento
ideale, al quale deve essere parametrata la condotta tenuta in
concreto dal professionista, risulti perfettamente conforme ai
principi «di correttezza» e «di buona fede» che si applicano nel
«settore di attività» di riferimento.
a) «correttezza» : parametro di valutazione della lealtà concorrenziale dei
comportamenti delle imprese: gli operatori professionali quando interagiscono con i
consumatori sono senza dubbio tenuti a rispettare una diligenza professionale pari
alla c.d. diligenza professionale interna, ordinariamente adottata per il
perseguimento degli scopi inerenti la propria attività (best practice del settore di
riferimento).
CRITERI OGGETTIVI
b) «buona fede» : c.d. buona fede oggettiva, ovvero conformità del
comportamento tenuto dal professionista rispetto a quello da lui esigibile evidenzia, nel riferimento ad un tipico criterio di valutazione dei comportamenti
assunti dalle parti nel rapporto, la finalizzazione della disciplina a regolamentare non
l'attività dell'impresa in se per se considerata (dimensione macroeconomica o di
mercato) ma i comportamenti tenuti tra le parti – che possono o meno portare alla
produzione di atti – nel quadro dell'attività considerata.
il riferimento al «settore di attività del professionista» costituisce
lo strumento attraverso il quale contestualizzare il principio di
buona fede, ovvero individuare quali specifici doveri incombano
sul professionista, in considerazione della natura del prodotto
che costituisce l'oggetto dell'attività svolta e del target di
consumatori a cui la stessa è rivolta.
C) «aspettativa ragionevole» del consumatore : attribuisce rilievo alla
prospettiva soggettiva del destinatario della pratica, pur se anch'essa oggettivata
mediante il riferimento alle nozioni di «consumatore medio» e «ragionevolezza».
In definitiva la diligenza professionale cui fa riferimento l'art.20 comm1°
integra una nozione propria della disciplina delle pratiche commerciali
scorrette che consente all'interprete di individuare delle regole
oggettive di comportamento, corrispondenti ad un determinato livello di
conoscenze specialistiche, di cura ed d'attenzione, che il professionista è
tenuto a rispettare nelle pratiche commerciali che pone in essere nei
confronti dei consumatori.
QUESTIONI PROBLEMATICHE APERTE (dottrina) :
Rapporto con la nozione di «diligenza
nell'adempimento delle obbligazioni» di
cui all'art.1176 co. 2° c.c. (obbligazioni
e rapporti intersoggettivi)
Rapporto con la nozione di
«negligenza,
imprudenza
e
imperizia» quali elementi costitutivi
della colpa nell'illecito civile
2). L'idoneità della pratica a falsare il comportamento
economico del consumatore
Art.18 lett. e) : una pratica «falsa o [è] idonea a falsare
in misura apprezzabile il comportamento economico
del consumatore» se risulta «idonea ad alterare
sensibilmente la capacità del consumatore di
prendere una decisione consapevole» tanto da indurlo,
come effetto conseguente, «ad assumere una decisione
di natura commerciale che non avrebbe altrimenti
preso».
Per essere «scorretta» una pratica commerciale (oltre ad essere
contraria a diligenza professionale) deve:
incidere o essere idonea ad incidere
sensibilmente
ILLECITO DI PERICOLO
REGOLA DE MINIMIS ( valutazione socialmente
tipica dell'incidenza della fattispecie)
sulla capacità del «consumatore medio»
CONSUMATORE VIRTUALE TIPICO
consumatore «normalmente informato e ragionevolmente avveduto», tenendo
conto «di fattori socia li culturali e linguistici» che possono determinare, nei limiti
del principio di proporzionalità, una diversa percezione del comportamento
dell'imprenditore nei diversi paesi dell'UE → un criterio giuridico-qualitativo idoneo
ad individuare l'aspettativa presunta dell'individuo medio rispetto ad una data
condotta imprenditoriale, ovvero come parametro deontologico idoneo ad imporre
a consumatore un onere di diligenza che opera come metro giudizio del
comportamento individuale nella stipulazione ed esecuzione del contratto
di assumere una «decisione commerciale» consapevole in relazione
ad un prodotto
DECISIONI CONCERENTI L'AN ED IL QUOMODO
DELL'AGIRE ECONOMICO
Qualsivoglia scelta del consumatore, posta in essere nella fase precontrattuale o
contrattuale del rapporto con il professionista, concernente la decisione di
contrarre o non contrarre, a quali condizioni e se esercitare i conseguenti diritti
La valutazione della scorrettezza prescinde dall'accertamento del concreto
pregiudizio subito dal singolo consumatore e si basa, invece, su una
valutazione della pratica in se, finalizzata a verificare l'astratta idoneità
della stessa, tenendo conto delle sue caratteristiche, ad alterare il
comportamento del consumatore medio di riferimento.
l’illecito di scorrettezza è, pertanto, un illecito di pericolo e non
di danno, che non richiede per la sua configurazione l’attualità
della lesione degli interessi dei consumatori, quanto, piuttosto,
la mera idoneità della pratica a produrla.
FUNZIONE GENERALE E PREVENTIVA: MIRA ESSENZIALMENTE A
GARANTIRE «LA LIBERTÀ DI AUTODETERMINAZIONE DEL CONSUMATORE»
NEL MERCATO, LA QUALE COSTITUISCE, SENZA DUBBIO, IL BENE
GIURIDICO TUTELATO DALLA DISCIPLINA.
.
N.B. Nonostante ciò, qualora il comportamento scorretto del
professionista abbia effettivamente inciso sulle scelte negoziali del
consumatore, la pratica commerciale produrrà, oltre ad una certa
violazione del diritto alla libertà economica, anche un eventuale danno
patrimoniale per il singolo, al quale è, ogni modo, prestata scarsissima
attenzione, tanto su piano comunitario, quanto su piano interno.
B). CATEGORIE INTERMEDIE E FATTISPECIE TIPICHE
(art. 20 co. 4° e 5° c.cons.)
PRATICHE COMMERCIALI
INGANNEVOLI
Artt. 21 – 22 – 23 c.cons.
PRATICHE COMMERCIALI
AGGRESSIVE
Artt. 24 – 25 – 26 c.cons.
Il discrimen tra le due categorie tipiche individuate – scorrette
qualora integrino i requisiti previsti ex artt.21-22 e 24-25
c.cons. o, in ogni caso, se rientranti nelle liste di cui agli artt.
23 e 26 c.cons. - va ravvisato non negli effetti che la condotta del
professionista produce (indurre il consumatore a prendere una
decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso),
bensì nelle
diverse modalità attraverso le quali la stessa incide sul
comportamento negoziale del suo destinatario.
LE PRATICHE COMMERCIALI INGANNEVOLI
Si caratterizzano per nell'inesatta o mancata comunicazione al
consumatore delle informazioni rilevanti per garantire allo
stesso la possibilità di assumere una decisione commerciale
consapevole ed avveduta
indebito sfruttamento, da parte del professionista, della
strutturale condizione di asimmetria informativa ravvisabile
tra le parti del rapporto di consumo, la quale necessita, per il
suo riequilibrio, l'assolvimento di specifici obblighi
informativi.
La pratica potrà, pertanto, qualificarsi come ingannevole ogni qual volta la
condotta del professionista contravvenga gli obblighi su di lui gravanti, ex
lege o in relazione alle circostanze del caso, e risulti in tal guisa idonea a
trarre in inganno il consumatore medio, spingendolo, sulla base di una falsa
rappresentazione della realtà indotta dal comportamento del professionista,
ad assumere una decisione di natura commerciale che altresì non avrebbe
preso o avrebbe preso a diverse condizioni .
AZIONI INGANNEVOLI – Art. 21
Una PC è un azione ingannevole se:
● contiene informazioni non rispondenti
al vero (co. 1);
● seppur di fatto corretta, in qualunque
modo, anche nella sua presentazione
complessiva, induca il consumatore
medio in errore circa elementi essenziali
(tassativamente elencati, es. caratteristiche
del prodotto, impegni professionista, prezzo
e altre condizioni dell'offerta ecc..) per una
corretta
valutazione
della
scelta
negoziale (co.1)
●
si
sostanzia
in
un'attività
di
commercializzazione del prodotto che
ingenera confusione con prodotti o segni
distintivi di un'impresa concorrente (co.2);
●
comporta il mancato rispetto del
professionista agli impegni contenuti nei
codici di condotta dallo stesso sottoscritti
(co.2)
OMISSIONI INGANNEVOLI – Art. 22
Una PC è un'omissione ingannevole se:
● omette informazioni rilevanti di cui il
consumatore medio ha bisogno per
prendere una decisione consapevole di
natura commerciale (co.1);
● occulta o presenta in modo oscuro,
incomprensibile,
ambiguo
o
intempestivo le informazioni rilevanti di
cui al comma 1, tenendo conto degli aspetti
di cui al detto comma, o non indica
l'intento commerciale della pratica
stessa qualora questi non risultino gia'
evidente dal contesto(co.2);
+
criteri di valutazione omissione
+
informazioni rilevanti da fornire al
consumatore
in
ipotesi
di
«invito
all'acquisto»
e, in ogni caso,
induca il consumatore ad assumere una decisione negoziale che
altrimenti non avrebbe preso
LE PRATICHE COMMERCIALI AGGRESSIVE
Art.24 c. cons : e' considerata aggressiva una pratica commerciale
che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche
e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione,
compreso il ricorso alla forza fisica o indebito
condizionamento,
limita
o
è
idonea
a
limitare
considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del
consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce
o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura
commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
il consumatore non è qui spinto al consenso dall'inganno (ovvero non
presta un consenso che si è liberamente formato sulla base, però, di
una falsa rappresentazione della realtà indotta dall'esterno) bensì è
coartato alla sua prestazione attraverso dei comportamenti
aggressivi del professionista che incidono, non sulla percezione
delle circostante, che non risulta alterata, ma sul processo volitivo
dell'individuo, in cui detti comportamenti assumono, in sostanza,
ruolo di motivo determinante il consenso.
Seguendo una tecnica esemplificativa, il legislatore individua tre
figure tipiche di comportamento aggressivo del professionista:
INDEBITO CONDIZIONAMENTO : art. 18 lett. l) : lo
sfruttamento di una posizione di potere rispetto al consumatore,
anche senza il ricorso alla forza fisica o la minaccia di tale
ricorso
Supremazia giuridica o fattuale del professionista : approfittamento
dei sentimenti, emozioni, caratteristiche cognitivi, linguistiche o
paure del cliente -consumatore
MOLESTIE : ogni azione idonea ad arrecare turbativa o
disturbo al consumatore, con specifico riferimento alle modalità
del contatto effettuato dal professionista, insistenti a punto da
indurre lo stesso a prestare il consenso per ottenerne la
cessazione.
COERCIZIONE : comportamenti volti a prospettare
conseguenze negative (patrimoniali o personali) in ipotesi di
mancata determinazione volitiva, estorcere dolosamente il
consenso prospettando male ingiusto.
art. 25 c.cons: elementi da considerare nella valutazione aggressività della pratica.
PRATICHE COMMERCIALI IN OGNI CASO SCORRETTE
vietate senza necessita' di una valutazione in concreto della
scorrettezza
Ingannevoli
Pratiche basate sull' «inganno
all'apparenza»
(perpetrazione
condotta lesiva del legittimo
affidamento dei consumatori) e
sull'
«ingannevolezza
della
propaganda» (impiego di una
campagna
pubblicitaria
fraudolenta)
Aggressive
Particolarmente diffuse appaiono le
pratiche consistenti nell'effettuare visite
presso l'abitazione del consumatore
(lett.b) o ripetute e non richieste
sollecitazioni commerciali per telefono,
via fax, per posta elettronica o
mediante altro mezzo di comunicazione
a distanza (lett.c) e quelle volte a
lasciare intendere, contrariamente al
vero, che il consumatore abbia gia'
vinto,
vincerà
o
potrà
vincere
compiendo una determinata azione un
premio o una vincita equivalente (lett.g)
quando, in realtà, sono previsti a suo
carico degli esborsi economici.
INCIDENZA DISCIPLINA DELLE PRATICHE COMMERCIALI
SCORRETTE
MACROECONOMICA
MICROECONOMICA
Una pratica scorretta è sanzionabile se solo idonea «ad incidere sulla libertà di
scelta del consumatore» e «ad indurre» lo stesso «a prendere una decisione
negoziale che non avrebbe altrimenti preso» e, nel contempo, ogni qual volta
incida effettivamente sulle suddette libertà, palesando non una mera potenzialità
lesiva bensì una attuale lesione delle stesse. Resta però chiaro che si tratta di
pregiudizi e sanzioni molto diversi tra loro.
La disciplina in esame predispone una tutela a tutto campo degli interessi
dei consumatori, ex ante, ovvero a prescindere dall'effettiva incidenza della
pratica sulle posizioni individuali al fine di eliminare alla radice quei
comportamenti del professionista potenzialmente lesivi del bene protetto, ed ex
post, ovvero qualora la pratica incida effettivamente sulla libertà di scelta e
di decisione economica del consumatore uti singulus, producendo un
danno a carico dello stesso.
Alla luce di ciò, risulta necessario predisporre adeguati strumenti di tutela,
idonei a) ad inibire le pratiche su piano generale
b) a garantire su piano individuale al singolo consumatore il ristoro del
pregiudizio subito
IV). L'APPLICAZIONE DELLA DISCIPLINA: SISTEMA
RIMEDIALE E SANZIONATORIO
I limiti dell'armonizzazione massima nella direttiva 2005/29/ce
L'art.11 impone agli Stati il solo obbligo di predisporre «mezzi
adeguati ed efficaci» attraverso i quali «le persone o le
organizzazioni che secondo la legislazione nazionale hanno un
legittimo interesse a contrastare le pratiche commerciali sleali,
inclusi i concorrenti» possano «promuovere un’azione
giudiziaria [...] e/o sottoporre tali pratiche commerciali sleali al
giudizio di un’autorità amministrativa», al fine di ottenere un
provvedimento inibitorio che disponga la cessazione delle
pratiche sleali già in corso o vieti l'adozione di quelle
programmate.
manca chiara indicazione delle conseguenze giuridiche
dell'eventuale violazione del divieto di porre in essere pratiche
commerciali sleali: l'art. 13 prevede il solo l'obbligo per gli Stati di
predisporre strumenti idonei a che le prescrizioni della direttiva
vengano rispettate, prevedendo, in ipotesi di inottemperanza,
sanzioni «effettive, proporzionate e dissuasive».
Manca ogni previsione in merito ai ricorsi individuali esperibili dai
consumatori : il considerando n.9 si limita ad affermare che «la direttiva
non pregiudica i ricorsi individuali proposti da soggetti che siano stati
lesi da una pratica commerciale scorretta»
Manca ogni coordinamento con il diritto contrattuale interno agli Stati
membri che, secondo l'art. 19 co.2 c.cons. già esaminato, resta
semplicemente «impregiudicato»
SCELTE RIMEDIALI E SANZIONATORIE INTERNE : aspetto di maggior
problematicità della disciplina → nonostante sia posta al fine specifico di
tutelare gli interessi economici dei consumatori lesi da pratiche commerciali
scorrette – in una dimensione sì preventiva e generale (macroeconomica)
ma non di meno in tutte le ipotesi in cui questi risultino concretamente ed
effettivamente lesi, con conseguente danno per il consumatore
(microeconomica) – il legislatore italiano predispone un sistema di
tutela generale preventivo e pubblicistico, del tutto inidoneo a tutelare
gli interessi individuali dei singoli consumatori, senza operare alcun
raccordo della nuova disciplina con le regole civilistiche di validità e
di comportamento.
A). Art. 27 c.cons. : LA COMPETENZA DELL'AGCM IN
MATERIA DI PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE
L'AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato,
autorità amministrativa indipendente istituita con legge
n.287/1990- Antitrust) è l'organo competente a conoscere dei
ricorsi in materia di violazione del divieto di porre in essere PCS
Caratteristiche giudizio amministrativo:
● legittimazione a promuovere l'azione: consumatori, professionisti (pur
non assumendo quivi gli interessi dei professionisti alcuna rilevanza
diretta), ogni soggetto o organizzazione che vi abbia interesse, d'ufficio;
● possibilità di inibitoria d'urgenza;
●
giudica senza tener conto della colpa o del dolo del professionista
né del danno concretamente subito dal consumatore → giudizio
general-preventivo;
● adozione provvedimenti inibitori (che vietano la continuazione della
pratica o la sua diffusione ), eventuale eliminazione degli effetti prodotti
(pubblicazione provvedimento o dichiarazione rettificativa); possibili
sanzioni pecuniarie amministrative.
● Competenza ricorsi avverso provvedimenti : TAR, Consiglio di Stato
LIMITI TUTELA AMMINISTRATIVA : quid iuris per il singolo consumatore?
SOSTANZIALE ESTRANEITA' DEL SOGGETTO DENUNCIANTE AL
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO (es. mantenimento legittimazione
concorrenti, assenza valutazione danno e circostanze del caso concreto, ampia
discrezionalità nel disporre delle archiviazioni delle richieste, gravi carenze
istruttorie – contraddittorio e diritto di difesa - , inidoneità dei provvedimenti
inibitori a sanzionatori a ristorare il pregiudizio del consumatore
IL DIRITTO ALLA CORRETTEZZA DELLE PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE
RICONOSCIUTO AI CONSUMATORI SI CONFIGURA COME DIRITTO SOGGETTIVO
PIENO E NON COME INTERESSE LEGITTIMO → necessita tutela giurisdizionale e non
può rimettersi all'esercizio di un potere amministrativo altamente discrezionale →
L'AGCM IN NESSUN CASO PUO' CONSIDERARSI GIUDICE COMPETENTE A
CONOSCERE DEI DIRITTI FONDAMENTALI FRI CONSUMATORI (Cass. SS.UU., 28
marzo 2006, n.7036)
La scelta di affidare l'enforcement delle pratiche commerciali scorrette ad un
sistema amministrativo di tutela palesa una ambiguità di fondo nella
predisposizione degli strumenti rimediali, i quali restano identici a fronte
della lesione di due tipologie di interessi, quello generale alla correttezza del
mercato e quello dei consumatori alla libera determinazione del loro agire
economico, ora giuridicamente autonomi, seppur intimamente connessi su
piano economico, che vengono, così, ricondotti ancora una volta entro
l'ottica oggettiva della salvaguardia del buon funzionamento del mercato.
B). Art. 27 bis e ter c.cons. : AUTODISCIPLINA E
CODICI DI CONDOTTA
Le parti interessate possono, in accordo con il professionista firmatario di
un codice di condotta, di adire, prima di avviare la procedura di cui
all'art.27, il responsabile del codice o l'organismo di controllo privato
incaricato del giudizio in ipotesi di violazione delle norme di condotta
convenzionali fissate.
Per quanto concerne i rapporti tra i due procedimenti, amministrativo e
autodisciplinare, questi restano autonomi e indipendenti, ma è prevista la
facoltà per le parti di accordarsi al fine di astenersi dal promuovere il
giudizio amministrativo fino alla conclusione di quello autodisciplinare o di
chiedere, fino alla conclusione di quest'ultimo, la sospensione del
procedimento già avviato, anche da parte di terzi, dinanzi l'AGCM.
C). GLI STRUMENTI COLLETTIVI DI TUTELA
Operano in materia di PCS in guisa del coordinamento con le disposizioni
generali del Codice del Consumo:
PARTE V (Associazioni dei consumatori ed accesso alla giustizia)
TITOLO II (Accesso alla giustizia)
1). Artt. 139 - 140 c.cons. : associazioni dei consumatori e
azione inibitoria collettiva
Art. 139 c.cons. - Legittimazione ad agire : «Le associazioni dei
consumatori e degli utenti inserite nell'elenco di cui all'art. 137 sono
legittimate ad agire, ai sensi dell'art. 140, a tutela degli interessi
collettivi dei consumatori e degli utenti. Oltre a quanto disposto
dall'art. 2, le dette associazioni sono legittimate ad agire nelle ipotesi di
violazione degli interessi collettivi dei consumatori contemplati nelle
materie disciplinate dal presente codice»
Art. 2 lett. c bis) c.cons. : prevede il diritto fondamentale dei
consumatori «all'esercizio delle pratiche commerciale secondo
i principi di correttezza, buona fede e lealtà» → tutelabile in sede
collettiva a mezzo di azione inibitoria delle associazioni di
consumatori iscritte nell'elenco ex art. 137 c.cons.
Art. 140 c.cons. - Procedura - «i soggetti di cui all'articolo 139 sono legittimati
nei casi ivi previsti ad agire a tutela degli interessi collettivi dei
consumatori e degli utenti richiedendo al tribunale:
a) di inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei
consumatori e degli utenti;
b) di adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi
delle violazioni accertate;
c) di ordinare la pubblicazione del provvedimento su uno o piu' quotidiani a
diffusione nazionale oppure locale nei casi in cui la pubblicita' del
provvedimento puo' contribuire a correggere o eliminare gli effetti delle
violazioni accertate».
CONTEMPLA FACOLTA' DI RICORRERE AL G.O. MA :
Legittimazione ad agire non spetta ai consumatori uti singuli ma alle
sole associazioni dei consumatori di cui all'art. 137 c.cons., che,
agendo come enti esponenziali di categoria;
● Tutela dell' «interesse collettivo» (generale e preventivo)
della
categoria dei consumatori – e non di quello individuale del singolo –
alla correttezza delle pratiche professionali, di cui le associazioni
stesse risultano dirette titolari;
●
Provvedimenti : il fine è quello di ottenere un provvedimento che accerti
l'illegittimità del comportamento e ne ordini l'inibitoria o la
cessazione, disponendo anche eventuali misure ripristinatorie o
riparatorie(volte ad eliminare o correggere gli effetti di quelle già
perpetrate), che non possono, tuttavia, consistere nella reintegrazione
patrimoniale a favore dei singoli consumatori lesi
●
Sebbene giudice competente a conoscere delle violazioni sia in
questo caso il giudice ordinario e non quello amministrativo, la
natura e le caratteristiche del giudizio escludono alla radice
l'idoneità dello stesso a tutelare la posizione del singolo
effettivamente leso da una pratica commerciale scorretta: l'
«interesse collettivo» tutelato non è l'interesse individuale ad
ottenere un ristoro del pregiudizio patrimoniale o personale subito in
conseguenza delle condotte scorrette del professionista, tanto che,
come nel giudizio amministrativo, irrilevante appare la posizione
del singolo consumatore, cui è preclusa la legittimazione ad
agire in giudizio e rispetto al cui eventuale danno l'inibitoria
della pratica non offre, di norma, alcuna adeguata tutela.
2). Artt. 140 bis c.cons. : azione collettiva risarcitoria in
materia di PCS (l. n.99/2009)
Art. 140 bis - Azione collettiva risarcitoria - « co.1 I diritti individuali
omogenei dei consumatori e degli utenti di cui al comma 2 nonché' gli
interessi collettivi sono tutelabili anche attraverso l'azione di classe, secondo
le previsioni del presente articolo. A tal fine ciascun componente della
classe, anche mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui
partecipa, può agire per l'accertamento della responsabilità e per la
condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.
co.2. L'azione di classe ha per oggetto l'accertamento della responsabilità e
la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni in favore degli utenti
consumatori. L'azione tutela: (…) c) i diritti omogenei al ristoro del
pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali
scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali.»
Legittimazione ad agire: «ciascun componente della
classe»: riconosce al singolo il diritto di ricorrere al g.o. (oltre che
all'AGCM) in materia di PCS senza necessaria intermediazione
delle associazioni dei consumatori
●
PREGI :
Oggetto del giudizio : concerne la «responsabilità del professionista» e conduce
all'adozione di una sentenza di condanna con cui il giudice dispone il
risarcimento del danno subito da ciascun consumatore per effetto della
pratica e le eventuali restituzioni di somme indebitamente pagate : riconosce
la possibilità che l'illecito di scorrettezza – configurato come illecito di
pericolo ed oggettivo – produca delle conseguenze civilistiche ed individuali
che meritano autonoma considerazione → accertamento pregiudizio arrecato
dalla pratica
●
LIMITI :
●
Azione dinanzi al g.o. per risarcimento pregiudizio arrecato dalla pratica
Non per ogni consumatore:
attore come “ideological plantiff”,
deve provare idoneità a curare
interesse della classe
●
Non per ogni tipo di pregiudizio :
danno omogeneo ad interessi seriali
dei consumatori
Necessità di opt-in
Difficoltà accertamento (soprattutto circa validità del contratto) e
determinazione equitativa del danno da ristorare
●
QUESTIONI APERTE
INCIDENZA DELLE PCS SUI RAPPORTI INDIVIDUALI B2C
IRRILEVANZA DELLA POSIZIONE DEL SINGOLO NEL SISTEMA DI
TUTELA PREDISPOSTO IN SEDE ATTUATIVA (amministrativo o
collettivo)
NECESSARIA TUTELA CIVILISTICA DEL CONSUMATORE
CONCRETAMENTE LESO DA UNA PCS : RICORSO INDIVIDUALE
AL G.O.
RAPPORTI TRA ARTT. 18 ss.
c.cons. E DIRITTO CODICISTICO :
il contratto concluso a seguito di
una PCS è sanzionabile con
l'invalidità
contrattuale?
Il
consumatore che abbia subito un
danno
può
ottenerne
il
risarcimento ?
RAPPORTO
TRA
GIUDIZIO
CIVILE
E
GIUDIZIO
AMMINISTRATIVO
:
qual'è
l'efficacia
dei
provvedimenti
dell'AGCM nel giudizio civile?
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