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International Biocentric Foundation
Scuola di Biodanza Rolando Toro del Triveneto
2° ciclo
Grazie alla Biodanza
Danzo La Mia Danza
Monografia di: Roberta
Dogo
Direttrici: Raffaella Zanetto e Sandra Salmaso
Relatrice: Franca Brolatti
Anno 2007
International Biocentric Foundation
Scuola di Biodanza Rolando Toro del Triveneto
2° ciclo
Grazie alla Biodanza
Danzo La Mia Danza
Monografia di: Roberta
Dogo
Direttrici: Raffaella Zanetto e Sandra Salmaso
Relatrice: Franca Brolatti
Anno 2007
A Fosca, Claudia e Giampiero
Un Grazie affettuoso a:
Fosca e Giuseppe, mia madre e mio padre che mi hanno dato la vita, sono le
mie radici.
Claudia, mia figlia che ancora sorride a dire Biodanza…, io sono una delle
sue radici.
Rolando, uomo che parla con le Rose e con il Cuore che con grande
conoscenza ha creato questo meraviglioso Sistema.
Franca, amica ed insegnante; durante la sua formazione mi parlò molto di
Biodanza e il suo parlare mi portò ad incontrare: Enrica e Luisa, le mie
prime insegnanti del settimanale.
Un grazie particolare a Giampiero, compagno di vita, per aver sempre
creduto in me, incondizionatamente, per essere stato ed esserci al mio fianco
attivamente, cara presenza fondamentale…
A tutti i compagni e compagne dei vari gruppi settimanali di cui ho fatto
parte.
Sandra e Raffaella per avermi accompagnato con affetto e contribuito alla
mia formazione.
Ai compagni del mitico 2 Ciclo Gruppo “Paradiso” con cui ho condiviso gli
anni della Scuola di Formazione, esperienza indimenticabile.
Ai Didatti che via…via si sono succeduti nei vari stage di formazione.
A tutti i Tutor per il loro sostegno e disponibilità affettuosa.
Al mio straordinario Gruppo di Tirocinio.
A me stessa per avermi dato questa grande opportunità di apertura,
nutrimento e crescita.
Grazie di Cuore a Tutti!!!!
Indice Pag. Chi sono 1 Il Mio Sogno, la Danza, trova l’affinità e le risposte nella Biodanza 3 Scuola di formazione 5 Scelta e sviluppo del tema 6 “La Storia della Danza Inizia…” Dove nasce il movimento? Cosa esprime il movimento di noi? Il respiro Come viene utilizzato il respiro nella danza? La danza e le funzioni cerebrali L’Azione della Biodanza sull’emisfero destro 7 8 9 9 10 12 Storia della Danza dall’epoca primitiva fino alle soglie della nascita di una delle pioniere più importanti Accompagnamento ritmico relativo alle danze delle origini Dal Cristianesimo …al Rinascimento 13 14 14 17 Viaggio attraverso i pionieri della danza, i creatori della danza moderna, la nuova danza, per arrivare alla “Danza della Vita: Biodanza” Isadora Duncan Ted Shawn e Ruth Saint Denis Loie Fuller Ted Shawn e Delsarte Martha Graham Mary Wigman Rodolf Von Laban Laban e la danza come espressione estetica, sociale ed antropologica Doris Humphrey A partire dal 1950 e più ancora dopo il 1960 Merce Cunningham Jerome Robbins Maurice Béjart 18 21 22 23 26 30 32 34 35 38 40 42 43 Biodanza Pag. Abitare i Gesti risiedere nelle parole La realtà del sapere La realtà dell’incontro Danza cosmica L’ideatore di Biodanza Come è nata la Biodanza: La Danza della Vita Perché Danza della Vita? La Biodanza nel contesto storico e antropologico della danza Uno dei motivi perché la Biodanza si differenzia da altre discipline Vivençia Fisiologia delle Vivençia Biodanza e Autoregolazione Organica … Verso la definizione di Biodanza 47 47 48 50 52 53 55 56 58 59 60 62 64 Definizione di Biodanza: sistema di integrazione umana, rieducazione affettiva, rinnovamento organico e riapprendimento delle funzioni originarie della vita Principio Biocentrico L’Istinto Inconscio Vitale in Biodanza Sacralità Modello Teorico della Biodanza Lo sviluppo evolutivo delle potenzialità genetiche Integrazione e dissociazione Esercizi di Azione Integrativa La Gestalt: musica‐movimento‐vivençia ‐ un “insieme organizzato” 65 67 68 70 72 73 76 76 77 78 78 Modello naturale di movimento: gesti archetipici Esercizio: “Posizioni Generatrici di Danza” I gesti archetipici Le “posizioni generatrici di Danza” Biodanza è per me: Le mie danze di Biodanza Stupore ed emozioni: il mio Gruppo di Tirocinio Emozioni di alcuni allievi Conclusioni Bibliografia 79 79 81 83 84 86 87 90 91 Che cosa accadrebbe se, invece
di limitarci a costruire la nostra
esistenza, avessimo la follia
o la saggezza di danzarla?
Roger Garaudy – Cittadella Editrice 1999
CHI SONO
Io sono Roberta, donna con la sua storia, una donna da sempre molto timida,
timida al punto che se qualcuno mi rivolgeva la parola il mio viso diventava
color pomodoro.
Piano, piano ho scoperto il mio lato ironico ed oggi né sorrido, anzi provo
tenerezza.
Ho fatto pace con quelle parti di me che non amavo perché mi facevano sentire
più piccola, inferiore, impacciata, inadeguata e… Oggi c’è accettazione
dell’ombra e della luce, di me stessa, sì Sono Io, Roberta nome “aperto” come
mi ha detto un musicista…
Questa pace è avvenuta nel corso degli anni, vivendo la Vita, ma soprattutto
grazie alla Biodanza che ha permesso il mio riconoscimento come essere umano
Unico e Irripetibile. Ho potuto riscoprire la mia Essenza.
```````
Vita
Quattro sono le sillabe che contengono un oceano
di respiri come onde
un oceano di Vita
Vita, senza Vita non si può Vivere
Fai battere il mio cuore
A volte mi doni la bellezza di un’alba e lo stupore di un tramonto
e la meraviglia di un cielo stellato
illuminato da una calda luna
A volte mi avvolgi come un mantello nero
pieno di tristezza, di malinconia
ma sei sempre tu, Vita
Vita sei magia!
Roberta
1
(Richard Doyle – acquarello – danza incantata 1875)
Un cerchio fatato, soave e
armonioso, magico come
un cerchio di Biodanza…
Roberta
2
IL MIO SOGNO, LA DANZA, TROVA L’AFFINITÀ E LE RISPOSTE
NELLA BIODANZA
Il mio sogno segreto da sempre era quello di danzare, di volteggiare nello
spazio, leggera, soave e sensuale, vitale e creativa, emozionata, essere tutt’uno
con la musica: esprimere la mia essenza, danzare la mia anima.
Avrei voluto “calcare le scene di un palcoscenico”.
Ero ancora lontana dal capire che il palcoscenico è la Vita e la danza che io
avrei voluto danzare era la “Danza della Vita” (Biodanza).
Per tanti anni questo fu solo un sogno anche se qualche volta potei ballare alle
feste o in discoteca.
Ballando avevo comunque la sensazione di comunicare con una parte di me
conosciuta e sconosciuta, piacevole, mi faceva stare bene, avevo la percezione di
essere di essere proprio me stessa.
A distanza di anni in un seminario ebbi l’esperienza di “Danza psichica” che mi
dette conferma delle mie sensazioni e anche, a parere degli altri: danzando io
cambiavo, diventavo “luminosa”.
La Vita ha fatto in modo di allontanare l’intraprendere un sentiero o un altro
per il mio processo di crescita, ma non ha mai scalfito la mia curiosità, la mia
ricerca (leggevo molto e ritagliavo gli articoli che mi interessavano dai giornali
e conservavo i volantini che mi attiravano). Non mancavano le lunghe
chiacchierate con Franca, amica e in seguito insegnante di Biodanza.
Circa 11 anni fa lei era sul sentiero della formazione, e mi parlava… parlava
entusiasta di Biodanza. Io ascoltavo, credevo di comprendere, ma fu solo
durante una serata a Mira (VE), con il gruppo settimanale di Enrica e Luisa,
danzando una “danza di leggerezza con apertura dello spazio” che sentii il mio
cuore aprirsi e dissi: “Finalmente!!!”. Fu magia!
Ho ancora dentro di me la sensazione, l’emozione provata nell’aprirmi, nello
sfiorare l’aria con leggerezza, percepire il mio viso, gli occhi splendenti che si
specchiavano negli occhi dei compagni.
Ora iniziavo a capire ed era possibile riprendere per mano la mia Vita.
Partecipai a delle presentazioni e decisi d’iniziare il settimanale con Enrica e
Luisa.
Non ho più lasciato Biodanza, se non per un breve periodo. Successivamente ho
avuto Raffaella e Franca come insegnanti.
L’attesa, è stata lunga ma ne è valsa la pena. Mi è stato chiaro perché non mi
sono mai avvicinata a certi balli o danze (ad esempio il tango, il flamenco, che
tra l’altro mi piacciono, o il ballo latino-americano ed altro…), dove bisogna
“imparare” dei passi, si entra in una gabbia di schemi dove le emozioni non
sono espresse fino in fondo.
3
La scoperta di Biodanza mi ha portato alla consapevolezza dell’affinità del mio
sentire la danza con le danze di Biodanza, che sono guidate e uniche perché
ognuno vivendo il proprio “qui ed ora” lascia che la danza si crei aiutati,
stimolati dalla musica: le emozioni vivono, si lasciano vedere, sentire.
La musica è una via “regia” entra nella profondità massima, nelle viscere, negli
organi, nell’anima e il corpo si muove da solo, con movimenti dettati dalla
permeabilità con la musica stessa e... danza...
Grazie a Biodanza danzo la mia danza.
Questa chiarezza, dopo tanta attesa, per me è stata il punto d’inizio del mio
percorso che mi ha portato a intraprendere la…
4
SCUOLA DI FORMAZIONE
Frequentare la Scuola di Formazione non è stato un passaggio immediato, sono
trascorsi degli anni praticando il settimanale.
Feci anche un’esperienza di yoga con una insegnante che aveva frequentato a
suo tempo un corso di Biodanza. Spesso gli esercizi erano individuali, a coppie,
in gruppo, a volte accompagnati dalla musica e gli sguardi erano coinvolti.
Era come “quasi” non lasciare mai Biodanza. Nel 2003 presi questa grande
decisione di frequentare la scuola di formazione dando soprattutto ascolto a
quella voce interiore che mi diceva sì, è il momento giusto, non ascoltare la
mente che è sempre capace di messaggiarti con un: “no, non ce la farai mai, non
è per te, non sei proprio giovanissima e così via”.
Ho ascoltato il mio cuore ed oggi ne sono felice e orgogliosa. Sono stati anni
intensi, di ricchezza interiore, ogni persona fin dall’inizio è entrata nel mio cuore
ed ognuno ha contribuito veramente a rinforzare la mia identità, all’evoluzione
del mio processo di crescita.
In ogni Concetto Teorico ho sentito la Vita al Centro e la mia meraviglia di
trovarmi dentro a tutto ciò.
Attraverso le vivençias “imparavo” come in un libro senza parole.1
```````
1
Monografia per la Titolazione: “La Poetica dell’Incontro Umano: una Rivelazione per l’Umanità” – Gabriella
Gobbo
5
SCELTA E SVILUPPO DEL TEMA
Enrica Silimbani, durante il mio percorso formativo, ha tenuto
una conferenza sulla Storia della Danza.
Ha portato tante conoscenze, molte delle quali a me sconosciute,
ma soprattutto ha stuzzicato la mia curiosità di potermi
avvicinare di più a questo mondo, che è vastissimo, fatto di
ballerini, maestri, coreografi, registi, musicisti, filosofi e…,
ognuno portatori e depositari delle loro tecniche, dei loro stili, dei
loro talenti.
Decisi subito che l’argomento della mia monografia sarebbe stato
un viaggio attraverso la Storia della Danza dai suoi primordi, le
sue evoluzioni, fino ai giorni nostri, arrivando ancora più
consapevoli a Biodanza, potendo osservare un po’ più da vicino e
anche cercando di immedesimarmi nelle varie epoche, nei
personaggi, nei creatori considerati più significativi, per poter
dire:
“la danza è la madre di tutte le arti” (Curt Sachs)
“la danza rende il dio presente e l’uomo potente” (Roger Garaudy).
Non me ne vogliano le persone che non ho menzionato; ognuna
di loro ha contribuito, ha lasciato qualcosa di sé nella evoluzione
della storia della danza ma, la mia è stata solo una scelta
personale di viaggio…
Grazie, Roberta
6
“LA STORIA DELLA DANZA INIZIA…”
DOVE NASCE IL MOVIMENTO?
Il movimento nasce con la Vita stessa. Nel ventre della mamma il bebè si muove, non parla, non canta, non grida ma si muove e il suo movimento è già una danza: il bebè inizia a danzare la sua danza della Vita! Tutto ciò che si muove è Vita e il movimento è presente in tutto l’Universo. 2 La danza sorge dal profondo dell’essere umano, essa è movimento di Vita, d’intimità, è impulso di unione alla specie. 3 Il movimento non è inteso solo come movimento‐danza ma anche come possibilità di spostamento nello spazio e quindi di conoscenza, sia nel suo significato più esistenziale di cambiamento, di rinnovamento e di percorso evolutivo della coscienza. Osservando la natura e gli animali, scopriamo che istintivamente ciò che spinge a muoversi è l’andare verso fonti di nutrimento e di Vita come il cibo, la luce, la voglia di esplorare lo spazio ed incontrare individui della propria specie e di interagire con loro, la necessità di soddisfare i propri bisogni e desideri ed infine la ricerca del proprio cambiamento. Si comprende che il movimento è una espressione di tutta la totalità dell’Essere Umano: motricità ‐ istinto ‐ emozione e pensiero. 2
3
Monografia per la Titolazione di Enrica Silimbani – “ Biodanza: Quando il cuore abita il movimento”
Biodanza Rolando Toro - Edizioni Red
7
COSA ESPRIME IL MOVIMENTO DI NOI?
Il movimento esprime tutto di noi, le nostre emozioni, il nostro benessere,
esprime la nostra luce ma anche la nostra ombra, le insicurezze, le paure e lascia
“scoperte” le nostre repressioni.
Il movimento è dissociato o non armonico quando il modo in cui il corpo si
muove non è in sintonia con ciò che la totalità della persona pensa o sente.
Non stiamo esprimendo noi stessi.
La dissociazione del viso e del resto del corpo: dissociazione tra pensare e sentire
- è una delle dissociazioni corporee più frequenti nelle persone. Esempio: viso
indifferente e corpo con grande mobilità (ballerine classiche, modelli...).
Per Rolando Toro “la dissociazione è la separazione della parti all’interno di una
totalità, è la perdita di relazione tra la parte e il tutto e obiettivamente si rileva nel
corpo, mentre l’integrazione si esprime come unione.
La dissociazione è un sinonimo di malattia. Integrazione, invece è equivalente a
salute. 4
Oggi l’uomo ha cultura, ha tecnologia, ha progresso, ha molto ego e come frutto
di ciò ha portato se stesso ad essere dissociato: il corpo di qua, l’anima di là, il
profano qui e là il sacro, a calpestare la natura con il conseguente allontanamento
dell’uomo dalla natura, dell’uomo da se stesso e dalla sua specie.
Biodanza si propone di rimediare a queste dissociazioni.
Con esercizi specifici d’Integrazione, la Biodanza ci invita a riconnetterci a noi
stessi, già, come pure agli altri, ci propone di trovare i legami che ci collegano
alla Totalità. Ci aiuta e ci permette a sentire o a risentire il richiamo alla Vita,
cioè riabilitare l’istinto, riconoscere il suo valore immenso per la conservazione
della Vita. 5
4
5
Rolando Toro: dispensa formazione docente n. 8 – Identità e Integrazione
Bruno Ribant “Mettere la Vita al Centro della nostra Vita” – per una cultura Biocentrica
8
IL RESPIRO
Il movimento del respiro è dentro di noi e nasce con noi.
La “piccola sculacciata”data al bebè per il primo vagito, permette al respiro, al
movimento del respiro di prendere contatto col mondo esterno, avendo lasciato il
ventre materno. Da questo momento il bebè inizia a respirare autonomamente.
Di questo piccolo movimento, di questo ritmo, inspirare ed espirare spesso non
né abbiamo la consapevolezza. Esso ha una forza autonoma e procede dentro di
noi anche quando non vi poniamo attenzione. Se chiudiamo gli occhi portando
l’attenzione sul respiro cercando di abbandonarsi ad esso, è possibile immergersi
nell’ascolto dello scorrere delle cose, è possibile percepire il sottile, il mondo
interno che va verso il mondo esterno e viceversa, in un continuo aprirsi e
chiudersi della cassa toracica, dell’addome o delle spalle.
È tensione e rilassamento, prendere e dare in uno scambio continuo tra se stessi e
l’Universo intorno a se.
È consapevolezza del patrimonio che è dentro e fuori di noi.
COME VIENE UTILIZZATO IL RESPIRO NELLA DANZA?
Nella danza classica il respiro è utilizzato soprattutto per ossigenare i muscoli.
Questo tipo di danza è molto “controllato” perché l’obiettivo è tenere le
posizioni attraverso l’allenamento muscolare, che permette di effettuare
coreografie sempre più raffinate.
Nell’inspirazione vi è la contrazione del movimento, mentre nell’espirazione vi è
la perdita di forza, il rilasciare la posizione per poterne affrontare un’altra.
Perciò nella danza classica il respiro è uno strumento importante per non
incorrere in strappi muscolari e rovinose cadute.
9
Nella danza contemporanea viene data importanza al movimento legato all’ascolto
per raggiungere un contatto più “profondo” con se stessi. Il respiro, quindi, viene
visto come energia, come via per innalzarsi, per aprirsi all’esterno e raggiungere
livelli più elevati.
Agli inizi del secolo con François Delsarte (1811- 1871considerato il padre della
modern dance, sostenitore e motore della visione olistica del corpo) prende forma
una nuova teoria: la legge del flusso e del riflusso di energia proiettata nel
movimento del corpo del danzatore attraverso il battito cardiaco e il respiro.
Il respiro è visto come movimento di opposizione, come due fasi che si dirigono in
direzioni opposte, ma implicite l’una all’altra: nell’inspirazione l’energia si
concentra sotto il diaframma, producendo il movimento opposto della vita
all’indietro e del bacino in avanti, per poi distendersi nell’espirazione lungo tutto
l’asse del busto con altrettanta potenza. L’espirazione, quindi, non è vista come
perdita di forza ma, come un moto di energia del corpo6.
Il respiro, il soffio vitale, anima il movimento e il ritmo e la Vita è il prodotto della
sua attività: Rolando Toro non condivide interventi sull’atto respiratorio come in
alcune discipline oggi molto conosciute.
La Biodanza si basa sul rispetto profondo delle funzioni organiche naturali; in
particolar modo ci sono due esercizi: “Respirazione Danzante” e “Respirazione
Addominale” (la quale si utilizza principalmente come esercizio di riabilitazione
respiratoria).
La danza dell’esercizio “Respirazione Danzante” è armoniosa, sensibile, il
movimento che nasce è minino e il risultato è massimo: è una sensazione di
benessere in tutto il corpo, è sentire qualcosa di meraviglioso: il ritmo della Vita.
Molti esercizi di Biodanza agiscono però indirettamente sul meccanismo
respiratorio: nel diminuire l’angoscia e l’ansia, essi dissolvono le tensioni
respiratorie.
LA DANZA E LE FUNZIONI CEREBRALI
Risulta particolarmente interessante considerare quello che sappiamo a proposito
del collegamento tra il cervello e la danza.
Nel corso dell’evoluzione biologica, il cervello si è perfezionato a partire da due
piccoli bulbi che si sono uniti per costituire il primo abbozzo degli emisferi
cerebrali. Il cervello ha acquisito nella specie umana un volume e una
differenziazione straordinari. La corteccia cerebrale, formata da circa 10 milioni di
neuroni, è pieghettata, e forma delle circonvoluzioni separate da fessure e da solchi.
Si trovano, nelle diverse regioni strutture specializzate nella percezione del mondo
esterno, nel linguaggio, nella memoria, nella sensibilità e nella motricità.
6
http://www.italiadonna.it/danza - Internet
10
Gli studi sulla complessità dei circuiti cerebrali hanno tuttavia messo in evidenza
il coinvolgimento di altri punti del cervello in funzioni definite, quindi in realtà
si vede, si parla e si ascolta con tutto il cervello.
La neurodinamica ha sviluppato vari studi inerenti le emozioni definendo il
sistema limbico ed in particolare l’ipotalamo come il centro interessato alle
emozioni, all’istinto. La corteccia cerebrale e neoencefalica inibisce l’insieme
delle strutture che costituiscono il cervello primitivo, sede delle funzioni
automatiche, viscerali, dell’affettività, del desiderio sessuale, della fame e degli
altri istinti. Questo complesso, che è separato tramite una fessura dagli altri lobi,
è stato denominato “archeoencefalo” o “cervello primitivo”. La corteccia
cerebrale integra la percezione del mondo esterno. Essa è la sede del pensiero,
della coscienza e della riflessione, controlla l’attività motoria volontaria e
coordina anche quella viscerale.
Queste brevi considerazioni permettono di comprendere i diversi livelli di
partecipazione neurologica coinvolti nella danza, in cui certi movimenti sono
ordinati a partire dalla corteccia, perfettamente controllati dalla volontà e guidati
dal pensiero, mentre altri, al contrario, sono legati agli impulsi e si impregnano
di affettività e di emozione.
Le ricerche attuali sulle funzioni cerebrali indicano una differenza di attività tra i
due emisferi cerebrali che sono collegati tra loro dal corpo calloso.
Alcune di esse tendono a dimostrare che i due emisferi funzionano, fino a un
certo punto, come due cervelli separati e intervengono in modo diverso nel
comportamento.
11
L’emisfero sinistro è la sede del linguaggio così come pure di tutte le operazioni
che richiedono un ordinamento lineare nel tempo; anche il pensiero analitico e le
funzioni razionali e cognitive dipendono da questo emisfero. Si associano infatti
al lobo sinistro le operazioni logiche, la matematica, l’attività simbolica, la
capacità di captare il significato, il contenuto, il pensiero consequenziale,
l’analisi e buona parte della coscienza. L’emisfero sinistro tenderebbe a
discriminare, a segnalare le differenze più che a percepire le somiglianze.
L’emisfero destro è specializzato nei processi e negli ordinamenti che non sono
lineari ma spaziali: per esempio la geometria, la morfologia, le funzioni non
verbali, tattili, la coscienza musicale, la percezione artistica, la similitudine,
l’analogia, la forma, l’inconscio, la poetica.
L’emisfero destro sarebbe dunque la sede delle funzioni unificanti, integranti, il
luogo della dissoluzione delle differenze, della percezione gestaltica e olistica.
Le attività in cui predomina questo emisfero sono per esempio ascoltare la
musica, modellare dei materiali, danzare.
Tutta l’attività creativa è collegata all’emisfero cerebrale destro, che è l’emisfero
del linguaggio non verbale, dell’intuizione, dell’immaginazione, delle metafore,
della musica, della Danza.
Il sistema limbico-ipotalamico comprende dunque le formazioni neurologiche
corrispondenti alla sfera del comportamento adattativi, dell’istintività,
dell’affettività. I movimenti danzati compiuti in silenzio, con gli occhi chiusi e
tramite movimenti lenti, comportano il rallentamento dell’attività visiva e della
motricità volontaria, per consentire una maggiore espressione degli impulsi
limbico-ipotalamici7.
L’AZIONE DELLA BIODANZA SULL’EMISFERO DESTRO
La Biodanza stimola prevalentemente l’emisfero destro, perché si serve di una
metodologia non verbale, ha una funzione integrante, stimola la sensibilità tattile
e la percezione musicale, in modo da compensare lo squilibrio provocato da una
cultura che predilige le funzioni cognitive, razionali e analitiche (Funzioni
dell’emisfero sinistro), a scapito di quelle inconsce, unificanti e integranti. 8
7
http://www.italiadonna.it/danza - Internet
Biodanza Rolando Toro – Edizioni Red
8
12
Storia della Danza dall’epoca primitiva fino alle soglie della nascita di una
delle pioniere più importanti…
La danza è Vita e nasce con l’uomo, ed è presente in tutti i momenti e le
occasioni più importanti della vita dell’uomo sia primitivo che antico.
La danza è celebrazione, partecipazione, si collega alla magia e alla religione, al
lavoro e alla festa, all’amore e alla morte.
La danza in epoca primitiva fa spesso parte dei riti che assicurano la fertilità
della natura e la caduta della pioggia; in molte danze della fertilità è
indispensabile il salto: più alto si salta, più alte cresceranno le spighe del grano.
Le danza di carattere collegate alle stelle, solari e lunari nascono nell’intento di
garantire la regolarità dei fenomeni celesti e di assicurare quindi la continuazione
della Vita e la fertilità sulla Terra. Qui la Danza nasce dalla scoperta stessa
dell’astronomia e delle leggi che regolano il movimento dei pianeti, e l’alternarsi
dei giorni e delle stagioni. La conoscenza dei riti della natura è essenziale per
l’uomo soprattutto per i popoli agricoltori.
Gli uomini hanno danzato in tutti i momenti solenni della loro esistenza: la
guerra e la pace, il corteggiamento (le forme più antiche sono il doppio cerchio e
il doppio fronte di uomini e donne contrapposti, che avanzano
contemporaneamente e un motivo comune è quello del rapimento o della scelta
della compagna nel cerchio delle donne, e del cambio del partner), il matrimonio,
la nascita, la pubertà, il passaggio da adolescente all’età matura, la malattia, i
funerali, la semina e le messi, danzavano gli animali per incorporarne le loro
qualità. Esprimevano la totale connessione con la natura attraverso i movimenti
delle loro danze perché la danza come ogni arte è comunicazione dell’estasi.
Tutte queste danze venivano fatte in cerchio, come Biodanza.
Presso le popolazioni primitive la danza e la musica svolgono un ruolo rilevante
in tutti i momenti importanti della loro vita; rivestono un carattere di “necessità”
13
e non solo semplici “divertimenti”, che la nostra società ha ormai da secoli
dimenticato. Loro già danzavano “La Danza della Vita”.
Accompagnamento ritmico relativo alle danze delle origini
Ovunque il modo più naturale di segnare il tempo è stato il battere i piedi a terra,
oppure battere le mani, o il percuotere con le mani parti specifiche del corpo.
Dopo di che, l’uomo ha prodotto suoni vari con oggetti naturali o manufatti.
I primi strumenti musicali sono stati il tamburo a fessura e il flauto: entrambi, a
detta degli studiosi, concepiti ed utilizzati, sia per produrre ritmo, ma anche
come simboli sessuali in danze legate alla fertilità.
L’intervallo tra il ritmo e la melodia come accompagnamento della danza non è
stato breve.
Essa è apparsa tardi (va oltre la percezione istintuale in quanto viene elaborata
dalla mente) e precisamente presso le tribù dell’Indonesia che già avevano una
cultura contadina.
Le prime melodie sono state di tipo cantato e non musicale.
Le parole erano casuali senza attinenza con il tema della danza.
Il parallelismo fra musica e danza è una conquista che si può considerare
definitiva solo successivamente alla preistoria.9
GGG
La danza ha accompagnato la vita dell’uomo come momento di gioia e
d’incontro con il divino, “entusiasmo religioso”, fino al diffondersi del
cristianesimo (dopo la grande fioritura dell’ arte greca, i romani hanno avvilito
tutto ciò che hanno toccato, hanno degradato la danza, come la poesia, la
scrittura e la filosofia) che condanna “questa follia lasciva, chiamata danza, roba
del diavolo”.
Il Cristianesimo introduce Il concetto di separazione corpo-anima, bene-male.
Il corpo è da disprezzare, è un ostacolo alla vita dell’anima.
Tutto il male viene dalla carne.
Viene così a decadere l’ufficialità della danza che rimane a livello popolare e
liturgico (i salmi vengano danzati) fino al XII secolo.
La danza poi verrà bandita anche dalla liturgia.
Rimangono le “danze macabre”, danze della morte e contro la morte, danze delle
streghe, in un’epoca di paura della carestia, della guerra e della peste.
“La danza divenne una lingua morta”.
9
Sito web: www.amici.cc/.../scuoladiballo1
14
Nel Rinascimento la danza può rifiorire: vengono esaltati i valori mondani della
vita e del corpo.
La danza esce dal ghetto (dove la tradizione si è conservata) e nel XV secolo il
primo grande maestro di danza dell’Italia sarà Guglielmo Ebreo, che avrà un
ruolo fondamentale nella creazione del balletto, come coreografo del duca di
Urbino.
È lui l’autore del primo trattato sulla danza in cui si definisce le qualità del
danzatore: il tempo con cui si segue il ritmo, la memoria dei passi regolati e del
loro concatenamento; il senso dello spazio per iscrivere le figure in un quadro
limitato; l’essere arioso, arte del salto e della caduta elegante; la “maniera” cioè
lo stile, l’eleganza e la coordinazione dei movimenti del corpo che si sposta con
grazia e precisione.
L’opera di Guglielmo Ebreo è all’origine della creazione del futuro balletto.
Il coreografo della Corte di Firenze Baldassarre di Belgioioso opererà il
passaggio dal balletto di corte al balletto teatrale e nel 1581 unendo per la prima
volta, la danza, la musica e il dramma teatrale (tema mitologico dell’incantatrice
Circe) con macchinari e getti d’acqua, compone uno spettacolo notturno di sei
ore e il successo fu immenso. Era nato il balletto classico.
Il ballo risponde a dei canoni già codificati, con coreografie molto precise ma
poco emotive. La danza è più libera.
Con la Rivoluzione Francese la danza passa dall’aristocrazia, dove era stata un
divertimento, alla borghesia.
15
Nell’ottocento, il balletto inizia ad esprimere emozioni impostate e
l’abbigliamento, corsetti e punte, imponevano la rigidità del corpo.
L’uomo viene svilito nella sua mascolinità, diventando un semplice “porteur”
(uomo portatore) diventava strumento per portare ancora di più verso l’alto la
donna, la “stella”, che s’innalzava come un’acrobata per prendere il volo
(immagine dello spirituale).
L’idolatria romantica della donna, non nella sua forma terrestre, ma come sogno
inaccessibile per definizione, contribuì a sviluppare, nella danza di spettacolo il
gusto della prodezza gratuita e del manierismo.
Una tale concezione della danza, non potendo inserirsi nella vita reale, sceglie i
suoi temi nel fiabesco, come fosse realismo, come si volesse sottolineare il
contrasto fra la natura e il soprannaturale, fra sogno e realtà.
“La Silfide” danzata da Maria Taglioni nel 1832
all’Operà di Parigi riportandovi un trionfo è il
prototipo del balletto romantico con le sue fate,
gli elfi, i folletti, gli spettri.
Seguirà poi Gisèle, ispirato da gli Elfi di Heine
che riassume tutti i temi del balletto romantico.
Tranne i fedeli a questa formula e ai suoi
riti,l’infatuazione per il balletto diminuisce in
Francia a partire dalla metà del XIX secolo.
Il balletto classico, nato in Italia e poi
trasformato in Francia, emigra per la Russia,
insieme al primo ballerino dell’Opéra di Parigi
Marius Petipa, dove ancora diviene l’ornamento
di un regime aristocratico. La Russia divenne il grande centro del balletto;
importa altri coreografi dall’estero: Christian Johansen dalla Svezia, Enrico
Ceccheti dall’Italia. È con loro, e soprattutto con Petipa, che si crea la danza
Russa.
Marius Petipa, primo ballerino dei teatri di Pietroburgo, diventa maestro di ballo
nel 1862. Allestisce Il “Lago dei Cigni” e “La Bella Addormentata nel Bosco”
in collaborazione con Cajkovskij. Eserciterà per più di mezzo secolo una vera
dittatura coreografica sui balletti dettando momento per momento e la musica di
cui aveva bisogno.
Il pubblico della Scuola dei Teatri Imperiali Russi che ha un alto grado di
perfezione tecnica, è particolarissimo: il sovrano, la corte, alti funzionari,
aristocrazia del sangue o quella del denaro.
Alla “Piccionaia” a cui si arriva dopo lunga attesa, qualche studente o impiegato.
Il pubblico è conservatore ed esige un’immutabile perfezione.
Questa tradizione è sopravvissuta in Russia ai più profondi sconvolgimenti.
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La danza all’inizio del XX secolo era divenuta un’arte decorativa, disumanizzata
come una regina futile e graziosa, imbalsamata nella sua bara di cristallo.
Era nella stessa situazione della bella addormentata nel bosco, assopita
nell’immobilità di cento anni mentre il mondo attorno a lei cambiava
vertiginosamente. Quale “Principe Azzurro” l’avrebbe svegliata?
Occorreva per svegliarla il frastuono di un fiume.
La storia si sfaldava alla fine del XIX secolo e all’inizio del XX.
Le certezze secolari vacillavano.
Si viene a creare una destabilizzazione sia nei valori culturali che esistenziali.
È l’età dell’ansia. Tutti i dogmi erano rimessi in discussione, nelle arti, nelle
scienze, nella società e nelle religioni.
Bisogna scoprire un nuovo linguaggio per esprimere un’altra forma di vedere la
vita. La ricerca di vedere l’uomo nella sua totalità e da ogni punto di vista
rifiutando la rigidità degli schemi.
Prima attraverso la pittura poi, con la danza inizia la trasformazione, e di seguito
la poesia, la musica, il romanzo, il teatro, il cinema, subirono la stessa
metamorfosi con il cubismo, con l’espressionismo, il deismo, la musica
dodecafonica, il surrealismo.
Alla danza moderna se voleva partecipare all’umanizzazione della vita si poneva
il primo problema: realizzare la prima grande inversione che la storia della danza
abbia conosciuto dopo il Risorgimento: invece di fare partire in movimenti dal di
fuori, come aveva accettato il balletto classico, ricreare i movimenti del corpo a
partire dal di dentro.
Al contrario della danza romantica del XIX secolo che era evasione dalla realtà
industriale, la danza moderna non ha tentato di sfuggire al caos, ma di affrontare
il caos per creare un ordine umano.
La danza moderna ha messo in azione tutto il corpo, ha ridato all’uomo il senso
del corpo risvegliando in noi il desiderio che il nostro essere intero si esprime
esprimendo il mondo.
Con la valorizzazione dell’espressione umana sono facilitati i cambi di Stile di Vita.
Nel 1900 l’avvenire è tutto quello che i maestri del movimento ignoravano.
A Montmartre in un atelier chiamato “Le Batrau Lavoir” (il battello-lavatoio)
alcuni artisti riscoprivano la pittura attorno a Picasso, mentre a 10.000 chilometri
di distanza, a San Francisco una ragazzina, Isadora Duncan si accingeva a
diventare una pioniera e per molti la fondatrice della Danza Moderna.
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Viaggio attraverso i pionieri della danza, i creatori della danza moderna, la
nuova danza, per arrivare alla “Danza della Vita: Biodanza”
a
“Il corpo è il prolungamento della natura, il corpo è
il fulcro della danza, il corpo è libero, il corpo è sacro.
Io so che Dio è dentro di me ma è un Dio perché danza”
(Isadora Duncan)
Per Isadora Duncan (1878-1927) la danza non è solo un’arte che permetta
all’anima umana di esprimersi in movimento, ma è anche la base di tutta una
concezione di vita, più flessibile, più armonica, più naturale. È un mezzo e non
un fine.
La sua idea in fatto di danza è che bisogna esprimere i sentimenti e le emozioni
dell’umanità. “La danza in quanto arte di liberazione” è un titolo di una
conferenza tenuta da lei a Berlino che riassume le sue concezioni. Liberazione
intesa non come solo sua personale ma di una lotta costante contro le istituzioni e
i costumi di oppressione. “Ero danzatrice e rivoluzionaria”, è sempre pronta a
servire la lotta rivoluzionaria.
Per prima rifiutò tutti i convenzionalismi del balletto: le punte, le rotazione dei
piedi in fuori, la rigidità dei movimenti, questo perché per lei la danza doveva
essere il “linguaggio del proprio tempo”, esprimere il polso della propria epoca,
un’epoca di grandi rivolgimenti sociali e di rivoluzioni (Isadora si recherà nella
Russia sconvolta dalla guerra e dalla rivoluzione bolscevica per diffondere le sue
idee e la sua danza).
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Tutto ciò non poteva essere espresso dal balletto classico, per lei il corpo doveva
ritrovare il contatto con la vita e con la natura, essere specchio fedele dell’anima.
Anche Isadora sembra essere influenzata dal pensiero di Delsarte (sostenitore
della visione olistica del corpo - psiche e fisico sono uniti, cosicché il gesto
diviene e si rileva nella comunicazione come un’unità, risultato di un’armonia di
tutte le parti. Questa idea di unità passa da Delsarte alla danza e diviene cardine
e motore delle rivoluzioni del Novecento).
Gli anni della sua formazione coincidono con il momento di massima
espressione del delsartismo.
Isadora elabora un’estetica che parte dall’idea di un mitico stato originario di
armonia naturale, dal quale l’uomo si sarebbe progressivamente allontanato e al
quale deve ritornare se non vuole perdere la possibilità di redenzione e salvezza.
Ritrovare l’ideale naturale, del nostro essere particolare con la dimensione
dell’universo, significa lasciare ogni costrizione ed abitudine per riconquistare
quella libertà e bellezza che sono all’origine della vita, significa rifiutare quegli
“elementi accessori” che cultura e società hanno “sovrapposto al corpo e in
particolare imposto al corpo della donna”.
La Duncan ha un ideale di bellezza e grazia pure ed incontaminate: “dobbiamo
ritrovare la bellezza della forma ed il movimento che l’accompagna. Dalla forma
ideale si dovrà ritrovare la naturale plasticità del movimento. Le linee di una
forma bella suggeriscono sempre il movimento, anche in stato di riposo; e le
linee davvero belle del movimento suggeriscono sempre il riposo, anche nel
movimento più rapido. È questa qualità di riposo dentro l’azione che dona al
movimento un valore infinito”.
Alla ricerca di un nuovo tipo di movimento, Isadora cerca ispirazione nei ritmi e
nei movimenti dei fenomeni naturali, le onde, il vento, le nuvole e rivaluta tutti i
modi spontanei di muoversi, correre e saltare.
Studia le danze dell’antica Grecia in lunghe visite nei musei, ore e ore ad
osservare le movenze e gli atteggiamenti dei danzatori e degli atleti raffigurati su
vasi e bassorilievi, cercando di carpire il segreto della loro straordinaria armonia.
Studiò i movimenti dei danzatori delle “Dionisie” sui vasi greci. Non per imitarli
ma per imparare da loro a guardare la natura, per ritrovare attraverso a essi, i
movimenti spontanei della vita.
Lei vive queste danze “dal di dentro” così fortemente che fra i suoi movimenti e i
loro ci sarà una sorta di continuità.
La sua Grecia è immaginaria e romantica, utilizza musiche trascinanti, ricche di
emotività e di sentimento, anche il suo abbigliamento s’ispirerà spesso a
quest’epoca.
Tutto ciò si traduce in una danza libera da schemi e tecniche in cui il danzatore
segue unicamente la propria spinta interiore, assecondando attraverso un ascolto
profondo, l’eterno moto del cosmo.
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Per Isadora, il centro propulsore del movimento, se si vuole che lo stesso
obbedisca a una logica emozionale e non una logica meccanica (per la scuola di
ballo la molla si trova al centro del dorso nella colonna vertebrale e da quest’asse
partirebbero i liberi movimenti delle braccia, delle gambe, del tronco con il
risultato di un burattino snodato), debba trovarsi là dove le emozioni e le
passioni sono provate fisicamente con il massimo d’intensità: nei dintorni del
plesso solare il quale “caricandosi di energia, irraggia nello spazio intorno, per
onde successive, tutti i movimenti naturali del corpo diventato espressione
dell’anima del danzatore”.
Ed è quello che i suoi successori, da Ted Shawn e Martha Graham stabiliranno
con precisione.
Isadora Duncan poneva così, anche se in forma ancora confusa, il principio
dell’espressività del movimento su cui è fondata tutta la danza moderna.
Secondo la Duncan, solo un gesto libero e sincero può far sì che “la carne diventi
luminosa e trasparente”, specchio della divinità.
Isadora Duncan non ha lasciato né una scuola né un corpo di teorie, né una
tecnica. Ha portato lo spirito nuovo che avrebbe reso possibile il grande
rinnovamento, la nascita e lo sviluppo della danza moderna, ha persino
abbozzato i principi della futura tecnica di questa danza e tutto inizia con la
critica del balletto classico.
Non usa scarpette, né tutù, danza scalza e fu scandalo: i piedi invece di sfuggire
al suolo come nel balletto classico, alla pesantezza, alla realtà, diventano al
contrario il punto di contatto essenziale con la terra carica di vita... e a partire da
questo, da questa comunicazione con la terra, con la vita e i suoi ritmi
primordiali, la musica s’impadronisce del corpo del danzatore ed è un nuovo
sacrilegio: Isadora osa per prima danzare Bach, Chopin o Beethoven e insegna ai
suoi alunni: “Ascoltate la musica con l’anima”. Con la sua volontà di ridare alla
danza un significato umano, di farle dire la fede o la passione, la collera o la
speranza, ha liberato il corpo, ha liberato il movimento, ristabilito un nuovo
legame fra la danza e la musica. Libera materialmente il corpo da tutto ciò che lo
comprime perché possa essere un mezzo di espressione. Appariva vestita di una
leggera mussola: il corpo è un fulcro di energia il corpo è sacro.
Isadora Duncan vuol far rivivere i movimenti delle danze dionisiache della
Grecia, la tragedia, con la sua musica e i suoi cori. Lei fa cantare i cori della
tragedia greca su musica bizantina.
Dice: “la mia anima era un campo di battaglia di cui Apollo e Dionisio, Cristo,
Nietzsche (fu il primo filosofo della danza) e Richard Wagner si disputavano il
terreno”. Questa pagana sentiva intensamente la “la presenza del sacro”. Non sa
il nome del dio che abita, in lei, ma è sicura che sia un dio danzante.
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La sua apertura fu determinante per l’avvenire ma anche durante la sua vita ha
contribuito alla presa di coscienza di quello che saranno i creatori della danza
moderna.
“… il corpo diviene trasparente ed è solo l’interprete dell’anima e dello spirito”
Ted Shawn danza il dio Śiva
Ruth Saint Denis
Nel 1914 dall’incontro di Ted Shawn (1891-1972) e Ruth Saint Denis (18791968) nasce la prima scuola laboratorio per l’educazione al movimento e alla danza.
Tentano di ricostruire la frattura fra il sacro e profano e riaffermare l’importanza
della potenza maschile nella danza (Ted Shawn creò una troupe di danza composta
esclusivamente di uomini).
Quando Ted Shawn (studente di teologia divenuto ballerino) incontra Ruth (la quale
attraverso la danza studia le religioni dell’umanità) e la vede danzare, capisce di non
aver abbandonato la religione per la danza, ma che la cercava nella danza. La loro
unione portò allo sviluppo della danza, due contributi fondamentali:
- un arricchimento del vocabolario, con l’integrazione dell’apporto delle danze
non occidentali.
- Una teoria e una tecnica sistematica della danza in quanto espressione dei
sentimenti e del valore dell’uomo.
“Nella danza non si tratta di dire ma di essere... e la danza é l’espressione più alta
dell’essere”.
Ted pensa che la danza debba essere al centro dell’educazione scolastica e
universitaria e che sia alla radice viva, carnale, di ogni cultura perché è “materia”
intrinseca dell’essere umano.
Ruth S. Denis come Isadora Duncan, che considera “l’incarnazione del ritmo
cosmico”, danza a piedi nudi, non sulle punte.
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Sia per lei e per Ted Shawn ogni danza è essenzialmente religiosa: si cancella la
divisione fra il corpo e lo spirito, fra l’arte e la religione. In Occidente c’è ancora
questa divisione e Ruth considera questa civiltà decadente, e si rivolge verso
l’Oriente.
Danzando Rhada, danza religiosa dell’India, non solo a piedi nudi, ma vestita solo
con qualche gioiello di rame sul corpo nudo, non suscita meno scandalo di Isadora
Duncan sotto i suoi veli trasparenti.
Nelle danze orientali la tecnica che veicola l’emozione è quella della parte superiore
del corpo, soprattutto le mani e il volto.
La Meri (danzatrice americana che insegnava le danze non occidentali) l’iniziò al
“Hasta Mudras” linguaggio danzato delle mani (54 movimenti delle mani) che risale
ai riti legati agli anni del Rig Veda. Le insegnò anche la tecnica del volto (mukhaja),
la più sottile di tutte, e quella dei movimenti del collo e del portamento della testa,
legati al controllo della colonna vertebrale.
Per comprendere queste danze ed eseguirle bisogna partire dallo spirito che le ha
generate e non dalla tecnica. Ruth e Ted fecero una tournée in Asia avendo successo
e Ted danzò le danze del Dio Śiva (simboleggia l’eterna trasformazione
dell’universo, distruzione-creazione).
Ruth sognava di creare un’università della danza che fosse la “cattedrale del futuro”,
sintesi di tutte le arti non solo per ascoltare, ma per vedere e soprattutto partecipare.
Riuscì, affrontando il dualismo cristiano a reintrodurre la danza nella liturgia in una
delle più grandi chiese di New York, danzò con il suo gruppo mentre due preti
leggevano il Vangelo e il coro cantava. Ted Shawn fin dal 1917 aveva danzato
durante l’ufficio religioso a San Francisco.
La danza così concepita era strettamente legata alla musica, benché Ruth S. Denis e
Ted Shawn abbiano sperimentato il legame con la poesia, la danza senza
accompagnamento, il corale, la percussione.
Ted Shawn sosteneva: “La musica, stimola il sistema motorio ed è in stretta armonia
con il principio di totalità”.
Per Ruth S. Denis il problema era quello di rendere sensibile la struttura, il linguaggio
e soprattutto il contenuto emozionale della musica: “visualizzare la musica”.
Loie Fuller (1862-1928) – danzatrice
statunitense, tiene a battesimo la carriera sia di
Isadora Duncan, sia di Ruth Saint-Denis, più
giovani di lei. Fu lo specchio della rivoluzione
scientifica del suo tempo.
Le sue coreografie erano giochi di luce ed
effetti che hanno influenzato fortemente anche
il teatro contemporaneo. Divenne addirittura
un’esperta elettricista per riuscire a catturare le emozioni della luce.
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La Shirt Dance introduce il movimento del costume come fattore integrante del
gesto coreico: indotte dalla danzatrice, le rotazioni e le oscillazioni della gonna
fanno parte della danza. È questo il punto di partenza di Loie Fuller creatrice
della danza serpentina, inaugurata nel 1891. Cancellando l’immagine della
ballerina, Fuller esalta i tre coefficienti essenziali della danza che sono l’energia,
lo spazio e il tempo.
La musica non è più il filo conduttore, ma accompagna la danza come semplice
metafora del movimento in atto.
La danza serpentina è quindi un’astrazione. Con essa, il gesto coreico cessa di
essere primordiale di espressione di una identità ontologica dell’umano. Per Loie
Fuller la danza è un’arte cinetica, plastica, visiva, cromatica, ormai liberata da
qualsiasi narratività. La sua danza serpentina è solo l’avvilupparsi nello spazio di
un velo in movimento che filtra e trasuda la luce: il velo s’avvoltola, turbina,
ondeggia, si distende, s’innalza, si chiude, si gonfia, tracciando varie forme
volumetriche, mentre diventa subitamente incandescente, o si scolora a poco a
poco, rendendosi spettrale, diafano, cangiante, scoppia come un fuoco d’artificio
o svanisce adagio in un chiarore da tramonto. Il movimento è un valore
autonomo, e la danza è modellata dal solo istinto plastico che regola l’accordo
tra il gesto, la forma e la luce colorata. Lo spazio della performance e quello
della scena nella sua totalità, includendone i mezzi tecnici. La danzatrice si
esprime attraverso un medium esterno al suo corpo, azionandolo affinché diventi
materia dinamica, plastica pura, arabesco coreografico disegnato tramite linee e
volumi essenziali. Gli spettacoli della Fuller sono magici. Lei non ignora la
tradizione più antica della danza, giacché s’ispira in particolare alla velificatio
che accompagnava le cerimonie pubbliche, e anche a tutte le forme più antiche,
asiatiche e arabo-orientali, delle danze che implicano il fluttuare di un tessuto, tra
cui la “danza del velo”.
La danza serpentina, la sua dimensione innovativa, è talmente in anticipo sui
tempi storici che la sua rivoluzione sarà capita solo molto più tardi, soprattutto
dai futuristi italiani. 10
GGG
Ted Shawn tentò di danzare o di far danzare la melodia “a solo” da un uomo con
movimenti femminili. Da una sua concezione i movimenti maschili allargano lo
spazio, i femminili lo chiudono.
Dalla musica e dalla danza dei negri d’America si sforzerà di far risaltare i grandi
movimenti e i principali ritmi del jazz.
10
La Danza delle Avanguardie – Mart – Rovereto (TN)
23
L’apporto più importante di Ted Shawn per la creazione della danza moderna e per la
storia della danza fu lo studio sistematico dei movimenti del corpo umano e delle
leggi dell’espressione delle emozioni e scrive che: “tutto quello che c’è di bello e di
intelligente nella mia opera e in quella dei miei allievi, viene tutto direttamente da
Delsarte”; commediografo, cantante, consacrò la sua vita all’osservazione dei gesti
espressivi delle persone, in tutte le situazioni della vita. “Il gesto diceva Delsarte è
più del discorso”.Il gesto è l’agente del cuore, l’agente persuasivo. Il gesto è lo spirito
di cui il discorso è solo la lettera. Non vi è nulla di più brutto di un gesto senza
significato e questo da solo mostra il cammino che la danza doveva percorrere per
passare dal codice astratto del balletto classico alla danza di espressione e di azione.
I due principi fondamentali della sua teoria sono il principio di corrispondenza:
“A ogni funzione spirituale corrisponde una funzione del corpo e a ogni grande
funzione del corpo corrisponde un atto spirituale” (superamento dualismo fra l’anima
e il corpo) e il principio di trinità: “l’uomo, fatto a immagine di Dio, porta nel suo
essere l’impronta sacra della sua triplice casualità”. Delsarte lo commenta così: “i tre
principi del nostro essere: intelletto, anima, vita, formano un’unità”.
Delsarte chiama le gambe “le bestie da soma” e le considera meno espressive;
considera il torso come centro emozionale e morale e la testa come sede intellettuale.
Questa gerarchia delle parti del corpo capovolge la concezione della danza classica
dove le gambe avevano il primato. L’egemonia appartiene ormai al torso.
Ogni parte del corpo qualifica la porzione di spazio a cui appartiene e, nell’analisi del
significato dei gesti, Delsarte tiene conto della zona da cui parte e di quella in cui va.
Egli distingue tre forme essenziali di movimenti:
i movimenti di opposizione: sono quelli in cui due parti del corpo si muovono nello
stesso tempo, ma in senso opposto. L’opposizione dà a un movimento il massimo di
espressività. Se protendiamo un braccio o una mano per affermare o per convincere, è
un gesto debole, ma se lo combiniamo con un movimento simultaneo del busto che si
inarca, dell’altra spalla che indietreggia e della testa che si getta all’indietro, il gesto
prende tutta la sua intensità, il suo rilievo la sua autorità.
È una legge estetica molto generale, messa in opera anche da Michelangelo (per
esempio: negli affreschi della Sistina, i movimenti di Dio che dà la vita ad Abramo e
dell’uomo che la riceve) e anche da Rubens.
Vi è parallelismo quando due parti del corpo si muovono allo stesso tempo e nella
stessa direzione. È il gesto della supplica, dell’offerta, della preghiera (le braccia sono
in avanti), il balletto classico ne faceva uso molto estensivo.
Le successioni sono movimenti che percorrono tutto il corpo, animando ogni
muscolo, ogni osso, ogni articolazione. Delsarte dice: “sono la forma privilegiata
24
di espressione delle emozioni”. Alcune “successioni” partono dalla periferia per
raggiungere il centro del corpo. Altre, quelle più forti si originano nel torso per
irradiarsi nelle membra (esprimono più potenza).
La successione fondamentale è quella che, partendo dal torso, mette in movimento
la spalla, poi il braccio, poi il gomito, l’avambraccio, il polso, la mano, le dita
mentre, l’impulso centrale mobilita il corpo intero con ondate successive
rigorosamente dominate e controllate.
L’uso cosciente di questa legge della successione fu uno dei maggiori principi su
cui si basò la danza moderna per rinnovare la tecnica della danza.
Le ricerche di Delsarte riguardavano essenzialmente il teatro, il mimo e il canto e,
perciò come ha potuto Ted Shawn applicare questo insegnamento alla danza per
cambiarne il linguaggio e il significato?
Il significato della danza è cambiato perché il corpo viene coltivato non solo per
dare prova di abilità ma soprattutto per esprimere con i suoi movimenti delle
emozioni anche molto intense. Quanto al linguaggio, è stato arricchito dalle
scoperte di Delsarte su quattro punti essenziali che contrapporranno ormai la
danza moderna al balletto:1) il primato del ruolo del torso sorgente e centro
primordiale di espressione a differenza del torso generalmente rigido del balletto
classico, semplice punto di attacco e asse di equilibrio dei movimenti delle braccia
e soprattutto delle gambe. 2) Il ruolo principale delle successioni che partono dal
torso e percorrono tutto il corpo. “Che ogni vertebra,diceva Ted Shawn, sia mossa
coscientemente e separatamente”, per far sentire il flusso di ogni sequenza di
movimento. Da qui derivano gli esercizi fondamentali di formazione alla danza
moderna: il corpo che cade e controlla la sua caduta, rotolandosi per terra e
raddrizzandosi con una contorsione, mentre il tronco resta in tutte le fasi il motore
essenziale dell’azione del danzatore. 3) L’uso cosciente e volontario, controllato e
ritmico dell’alternanza della tensione e dell’estensione, fondata sulle leggi di
Delsarte. Le parole inglesi, francesi concration (rigidezza) e release (abbandono perdita di sé) impiegate nel corso della danza non danno un’immagine giusta di
questa polarità. I termini tedeschi Anspannung, e Abspannung calzano meglio con
la realtà da esprimere: quella del flusso e riflusso, della concentrazione e della
diffusione dell’energia, diastole e sistole, legge del ritmo della vita scoperta da
Delsarte. I due movimenti si contrappongono e si implicano insieme: ciascuno
risulta dal precedente e acquista tutta la sua intensità solo in rapporto all’altro. Il
balletto classico aveva privilegiato la tensione per non aver preso coscienza di
questa dialettica del movimento umano e, per reazione Isadora Duncan, ha avuto
tendenza a mettere unilateralmente l’accento sulla distensione. 4) Il
riconoscimento del valore del peso del corpo, del rapporto dell’uomo con la terra,
della gravità: il suolo non è solo qualcosa da cui ci si vuole distaccare, ma una
realtà viva e resistente insieme, che nel contatto dei piedi nudi dà al danzatore tutta
la sua densità terrestre, carnale, umana.
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Sulla base delle leggi dell’espressione di Delsarte, avendo formulato per primo i
principi fondamentali di un nuovo insegnamento della danza, Ted Shawn con
Ruth S. Denis sotto la sigla “Denishaw” ha potuto creare il “ vivaio” dal quale
sono uscite tre generazioni di creatori della danza moderna: Martha Graham, Doris
Humphrey, Charles Weideman, poi Merce Cunningham o Erick Hawkins, che
furono formati come primi ballerini da Martha Graham, o Josè Limon da Doris
Humphrey, poi ancora, alla terza generazione, dei danzatori come Taylor che dice:
devo tutto a Marha Graham.
La strada era aperta. La danza moderna poteva ormai nascere e svilupparsi, lo fece
in altro momento di crisi della storia che esigeva da parte dei pionieri nuove
iniziative per superare.
Martha Graham (1894-1991), fra gli esponenti più rappresentativi della cultura
del novecento, viene considerata la madre della danza moderna.
Lei è danzatrice, coreografa, drammaturga. Lei dice anche: “non mi sono mai
chiamata coreografa; sono semplicemente uno strumento della Creazione”.
Lei non vuole identificarsi né con il ritmo della natura né al misticismo di tutti i
popoli: “io voglio dire i problemi del nostro secolo in cui la macchina sconvolge
i ritmi del gesto umano e in cui la guerra ha frustato le emozioni, scatenato gli
istinti”. “Nulla è più rilevatore del movimento, quello che tu sei prova la sua
espressione in quello che tu fai”. Non si tratta solo dell’individuo, ma del suo
paese e della sua epoca.
“La danza rivela lo spirito del paese in cui ha radice”. L’anima del paese va
ricercata nel suo movimento. La si sente come una forza drammatica di energia e
di vitalità. “... permettere all’energia del mondo vivente e allo spirito dell’epoca
di passare attraverso la propria opera e il proprio corpo e di animarli”.
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Martha Graham a cavallo tra la prima e seconda guerra mondiale, attraverso la
danza, esprime il dolore, la sofferenza e il tormento dell’uomo di quell’epoca,
con gestualità aggressiva e contratta. Isadora Duncan, Ruth S. Denis, Ted Shawn
avevano espresso principalmente tutto quello che nella vita è bello e esaltante.
Ma la prima guerra mondiale e poi la terribile crisi del 1929, hanno fatto
affiorare anche l’amore e il terrore. Vi è l’amore ma anche l’odio. La gioia e il
panico. E tutto questo non si può tralasciare ma lei sente di doverlo gridare
intensamente e con passione. Lei aveva creato la danza dell’età dell’angoscia e
della rivolta quando per quattro secoli, si credeva che l’arte potesse esprimere
solo il piacere o il sogno. L’uomo è mostruoso e glorioso insieme e lei danza
questo. La danza per lei non è lo specchio della vita, ma una partecipazione alla
vita, una liberazione della vita attraverso il movimento. L’arte è fatta per essere
vissuta e non compresa.
“Credo che la danza abbia esercitato in ogni tempo un’attrattiva magica perché
é il simbolo dell’atto di vivere”.
La vita per lei è un’avventura contrariamente alla tradizione puritana e l’anima e
il corpo né fanno parte indivisibilmente, e l’arte non può essere vissuta se non da
un essere totale.
Studiò i rituali del mondo antico degli indios attraverso cui può esprimere, con la
massima intensità, il dramma del mondo, vissuto attraverso la sua condizione di
donna; assimila gli apporti del jazz “quel colpo di fulmine che aveva rischiarato
il cielo dell’arte” introdotto in America dai negri e quando la danza non le offre
più modelli ai quali possa ispirarsi, si volge verso le altre arti: verso la pittura di
Picasso, le ricerche astratte e i libri di Kandinsky, verso la musica di Bela
Bortok, verso il surrealismo di T.S. Elliot e anche verso la psicanalisi di Freud e
di Jung.
La lettura di Platone l’aveva portata alla conclusione che la mitologia era la
psicologia di un’altra epoca. Quella di Freud e poi Jung e della sua concezione
degli “archetipi” le ispirò il desiderio, di “rendere visibili le realtà interiori
nascoste sotto i simboli accettati”.
Per la Graham ogni storia individuale reca sempre le tracce della memoria
dell’umanità intera, vi è una memoria del sangue che ci parla .... In noi scorre un
sangue millenario, con i suoi ricordi. “Per lei, la “danza, viene dalla profondità
della natura dell’uomo, dall’inconscio dove abita la memoria... ed è diretta verso
l’esperienza dell’uomo, dello spettatore per risvegliare in lui analogia e ricordi.
L’arte è evocazione dell’intima natura dell’uomo. Attraverso l’arte, che trova le
sue radici nell’inconscio, nella memoria del nostro genere, è la storia e la psiche
del genere umano che viene messa a fuoco”. Come spiegare altrimenti quei gesti
e pensieri istintivi che ci giungono non preparati né attesi?
La sua danza scaturisce dal pulsare nella vita, che nasce dai ritmi vitali binari del
respiro, del battito cardiaco, che racchiude in sé il mistero della vita e lo esprime
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attraverso gesti e movimenti che sgorgano da principi semplici e dinamici –
“contraction and release, fall and recovery” - dall’equilibrio di forze libere e
complementari ….Una danza che - come spiegò lei stessa nel film del 1957 “A
Dancer World” - ricrei la comunicazione della propria esperienza attraverso i
mezzi dell’azione, riveli il “paesaggio interiore” dell’uomo e sia lo specchio dei
mutamenti della società ....11
In quasi settant’anni di palcoscenico, di impegno coreografico (ha creato oltre
180 titoli), di ricerca e di totale dedizione alla danza è riuscita a fare di questi
ideali una tangibile realtà.
La sua tecnica è stata comparata per importanza a quella classica, la sua
Compagnia ed il suo Ensemble l’hanno fatta conoscere in tutto il mondo,
dall’America all’Europa, all’Oriente.
Il suo “metodo”innovativo per la prima volta osava a liberare i ballerini dai passi
stabiliti e dalle regole del balletto classico; tutto il corpo è coinvolto mirato a
“riscoprirne le potenzialità naturali, la spontaneità”.
“La danza ha due facce asseriva Martha Graham, una è la scienza del
movimento, la tecnica che è una fredda scienza esatta e deve essere imparata
accuratamente, e l’altra è la distorsione di questi principi, l’uso di questa tecnica
costretta da un’emozione”.
In questo modo la danza da lei creata diventa un’arte libera, espressiva e
assolutamente moderna, influenzata dai corpi e dalle emozioni e dunque dal
tempo, dalla società e dagli eventi....
Le sue coreografie raccontano d’amore ma anche di femminismo, di interiorità
ma anche, soprattutto negli anni Quaranta, di nazionalismo e antimilitarismo …
Impegno sociale, sentimento e interiorità sono i nodi tematici da cui non si è
discostata mai, dedicandosi anche alla mitologia classica, agli archetipi, tragici e
biblici riproposti anche sotto l’influenza del mondo della psiche e delle
inconscio.
“Inspirare, espirare, dentro fuori. La sua tecnica si basa sulla respirazione”.
“Ho costruito tutto quello che ho fatto sul pulsare della vita, che per me
corrisponde al pulsare del respiro”. Ogni movimento espressivo della vita
prende così origine da questo ritmo primario dell’ispirazione e dell’espirazione,
in questo riunirsi di forze in un centro motore seguito dalla sua irradiazione.
Questo centro motore non è strettamente localizzato: in tutto il busto si annodano
e snodano le forze della vita. Sotto il diaframma, che obbedisce alla dilatazione e
alla contrazione dei polmoni, il punto d’appoggio di tutti i movimenti è nella
ragione pelvica e genitale al centro della quale si agitano i tumulti del sesso.
Vi è qui congiunzione fra le due grandi linee di forza di ogni vita; vita
dell’individuo nella respirazione, vita della specie nella sessualità.
11
Tratto dal sito web www.trieste.com/spettacoli/news/rossetti_49.htlm
28
La potenza della proiezione esterna e la sua espressività dipendono dalla carica di
queste pulsioni e di queste pulsazioni primarie. Martha Graham porta così la
soluzione al problema intravisto da Isadora Duncan: quello di un movimento
chiave, dal quale si snobberebbero sequenze di movimenti.
Una risposta anche alle domande poste dalle analisi di Delsarte e di Ted Shawn:
non basta collocare genericamente nel torso l’origine del movimento e
dell’espressione, e neppure definire, in una forma ancora più astratta i due poli
dell’Anspannung, e dell’Abspannung, ma occorre scoprirne il significato vitale
stabilendone il legame con i processi fondamentali della vita dell’individuo e della
specie. Per Lei non era solo una regola dell’arte, questa tecnica, ma una regola di
vita: “imparare a respirare sul ritmo del mondo o come dicevano i “nabis”di
Israele e essere sotto il respiro, sotto il respiro di Dio”.
Il secondo principio della tecnica di Marta Graham corrisponde all’esigenza di
intensificare il dinamismo dell’atto. Il movimento della contrazione come quello
della distensione porta delle proiezioni violente su tutto il corpo. Fondamentale è
l’uso delle percussioni per assecondare fortemente questi battimenti, queste
sospensioni, queste cadute e le vibrazioni che seguono, come in un gong cinese
durante il periodo di recupero.
Lei non maschera lo sforzo, le esitazioni, gli insuccessi, ma al contrario mostra a
nudo l’uomo del nostro secolo che con difficoltà si apre un varco tra le forze che lo
superano e lotta per dominarle.
Il terzo principio del metodo è il rapporto con il suolo - lei ha un intenso rapporto e
costante con la madre-terra. Diceva:”Camminate come se camminaste per la prima
volta”.Affondare il tallone nella creta, sentire la linfa e il sangue e ritrovare con la
terra il contatto vitale del cacciatore o del guerriero delle prime epoche. Martha
Graham si ispira ai ritmi saltellanti osservati nelle danze rituali dell’Indios
d’America. Essi battono il terreno come una molla, perché il corpo rimbalzi
nell’aria ed è come una linea perpendicolare che collega la terra al cielo.
“Il problema sta nel collegarvi le diverse parti del corpo”.
Il principio di “totalità” è il quarto: tutto il corpo è uno strumento articolato,
coordinato, orientato. Il torso, le spalle, le braccia, il volto, il ventre, le anche e le
gambe formano un tutto unico, un insieme significante. Essere interamente quello
che si è in tutto quello che si fa. Attraverso il metodo, attraverso il corpo si esprima
una concezione della vita e del mondo, un senso profondo di ciò che può essere la
comunicazione umana, la comunicazione diretta, da spirito a spirito. Tutto ci
riguarda nella nostra interezza. Attraverso questa disciplina della danza esercitiamo
l’irrinunciabile diritto alla riconquista di sé.
Con Martha Graham la danza moderna, come forma di rapporto con gli uomini e
con la loro storia, non è solo una nuova forma di comunicazione; diviene un aspetto
della coscienza del mondo che si sta facendo.
29
Martha Graham ha scoperto per la danza uno stile molto vicino alla pittura,
all’architettura e alla poesia moderna e nella creazione poetica consiste il quinto
principio del metodo. Come sono scomparse le infioriture dalla nostre case, come i
pittori e gli architetti moderni, abbiamo gettato via gli orpelli decorativi, così la
danza non ha più imbottiture: è meno graziosa, ma più reale. Come la poesia, come
la pittura, la danza di Marta Graham raggiunge la monumentabilità usando
pochissimi mezzi. La danza non è l’arte di evadere dalla realtà ma di identificarsi
con essa.
Qui sta la grandezza di Marta Graham che ha portato un fuoco sulla terra.
Anche quando Martha Graham non danza più, è presente in tutti i ritmi di passione,
di lotta e d’amore del nostro secolo.
Negli anni che seguirono la prima guerra mondiale, fiorì in Europa centrale, la
danza espressionista.
La più importante rappresentante di quest’arte fu Mary Wigman (1886 -1973):
danzatrice complessa le cui danze possono essere veramente comprese solo se
vengono inquadrate nel periodo post bellico.
La carneficina della guerra fu per i tedeschi uno spauracchio onnipresente e per
Mary dire sì alla vita era una necessità per sopravvivere. Le sue danze, alquanto mai
frivole, esprimevano il sacrificio, danza di sfida, di vita di fronte alla morte.
Il movimento nella danza di Mary Wigman, non può essere compreso se non dalla
partecipazione al tormento che la anima.
La danzatrice tedesca ha una concezione radicalmente diversa dello spazio, del
movimento, della musica rispetto a Martha Graham.
Spazio illimitato in Martha - Spazio limitante in Mary Wigman. Lei lo vive come
schiacciamento del danzatore, la danza risulta tormentata: la sua testa era spesso
abbassata, le spalle cadenti e le braccia raramente si levavano; spesso è
30
inginocchiata, rannicchiata o strisciante. Per lei lo spazio è un partner con il quale
bisogna fare i conti, è un respiro che bisogna conquistare contro soffocanti
pressioni. Forse vi è l’espressione estetica di quella sensazione della Germania che
si sente oppressa, al centro dell’Europa, e che in due riprese nel 1914 e nel 1940
partirà alla conquista dello “spazio vitale”.
Questo modo di vivere lo spazio determina una certa concezione del movimento: il
punto di partenza non può essere come in Martha Graham l’atto di respirare perché
il movimento non è essenzialmente un rapporto interno all’uomo ma un rapporto
immediato fra l’uomo e l’ambiente minaccioso nel quale si dibatte.
La “tensione” prende un senso nuovo: non è più una concentrazione del corpo su se
stesso, ma un raccogliere le forze dell’uomo puntellato contro forze esterne.
Vi sarà dunque in questo movimento meno continuità e più imprevisto, come
nell’espressionismo tedesco che Mary Wigman conosce profondamente.
La sua ricerca per “dare una forma al caos” è tormentata.
Tutte le sue creazioni di danza nascevano dalla consapevolezza che il corpo era la
manifestazione visibile di un essere che esiste solo in quanto è lo specchio fedele
dell’umanità.
Sebbene le sue danze avessero radici nella passione della sua mente, non erano
danze intellettualistiche: Mary Wigman attingeva a ricche fonti scaturenti da origini
primordiali e simboliche, e il suo lavoro mostrava una forte propensione a una fede
mistica la cui profondità rimane elusiva quanto simbolica.
Per Mary Wigman la musica non può preesistere alla danza né esserle appioppata
dopo. Per lei deve venire composta contemporaneamente in una collaborazione
creatrice tra il coreografo e il compositore. Per rispettare la specificità della danza,
la musica deve nascere con essa, dai movimenti della vita.
Capita che Mary danzi senza musica del tutto, e che il movimento sia rituato solo
dalla percussione dei suoi piedi nudi sul suolo; oppure usa strumenti orientali,
strumenti a vento, arcaici, tamburi indù, gong babilonesi. Talvolta s’ispirò alle
danze dell’Africa e dell’Asia orientale e spesso fece uso delle maschere.
Da ricerche arricchì la sua esperienza con quella del cubismo e dell’astrattismo in
pittura, riterrà che la danza non deve, come la pantomima (espressione di gesti
scenici), raccontare una storia ma, creare una realtà nuova della vita, un mito
rilevatore dei possibili futuri dell’uomo e questa nuova realtà è il simbolo della
realtà di tutti.
Nel 1931 la più creatrice delle sue allieve Hanya Holm andrà a creare a New York
una scuola di danza, Mary Wigman, operando così la congiunzione fra due grandi
correnti innovatrici della danza moderna, in America e in Germania.
31
Per Rodolf Von Laban (1879-1958) la danza è
essenzialmente una poetica dei movimenti del corpo
nello spazio. Le evoluzioni del danzatore costruiscono
nello spazio un’architettura, ma la sua struttura
scaturisce da significati interni dell’azione e
dell’emozione e non da un codice di bellezza, da un
estetica a priori. Lo spazio si concepisce quindi a partire
dal corpo del danzatore e dai suoi limiti.
Esprimere le emozioni attraverso il movimento del
corpo umano è lo scopo di Laban come quello di Mary
Wigman (studia la danza con lui durante la prima guerra
mondiale in Svizzera), e di tutta la danza moderna. Egli
non usa i movimenti per formare delle figure, come nel
balletto classico, né semplicemente per suggerire dei ritmi come Dalcroze
(musicista austriaco che teorizzò e sperimentò una ginnastica ritmica come
ausilio alla comprensione della musica): il movimento per lui è la manifestazione
esteriore di un sentimento interiore. Sostiene:
“i movimenti della danza sono i movimenti della vita”. 12
L’uomo rivela, attraverso i movimenti, il suo desiderio di raggiungere uno scopo.
Egli può, è vero, esprimerlo con la parola o col mimo. Laban sottolinea la
specificità della danza: tutto ciò che il mimo dice può essere tradotto in parole;
non altrettanto avviene per la danza. Il mimo è la prosa del linguaggio del
movimento. La danza né la poesia. L’uno imita la realtà, l’altra penetra nel
mondo del silenzio in cui l’uomo, al di là del gesto utile, anticipa il proprio
avvenire. L’obiettivo è scoprire il senso stesso della nostra vita, delineare le
possibili incognite, evocare desideri lontani in rapporto ai quali i desideri
quotidiani acquistano un significato. Teatro e danza ci introducono alla realtà
della vita interiore, delle decisioni da cui nascono i valori.
Il principale problema della danza e di far sorgere la musica dai movimenti.
Pensare per movimenti e non per parole o per mimi, significa andare al di là
della realtà già esistente e scorgere una realtà che sta per nascere, per decidersi e
poi per costruirsi nel cuore dell’uomo. Un solo movimento o una sequenza di
movimenti deve rilevare contemporaneamente, il carattere di chi lo compie, lo
scopo perseguito, gli ostacoli esterni e i conflitti interni che nascono da questo
sforzo. Né parola né il mimo possono bastare a questo - come prima cosa va
(rif. I.B.F. Assessorato alla Metodologia - elenco ufficiale degli esercizi delle musiche e delle
consegne 2005 Biodanza Sistema Rolando Toro)
12
32
aggiunto il Ritmo: Laban nota che il ritmo da solo è un linguaggio particolare
che può veicolare un significato senza ricorre alle parole.
“È il corpo in movimento a generare il suo ritmo, la sua musica, a emettere un
suono articolato o disarticolato, a generare, comunicare e comprendere il senso
della parola poetica da esso pronunciata”.
Per Laban la danza ha affinità con il lavoro; hanno un denominatore comune, di
essere sforzi ritmici e compiono dei movimenti attraverso i quali l’uomo non si
accontenta di riprodurre la vita quotidiana, ma produce una vita più alta
trasformando insieme il mondo e l’uomo che trasforma il mondo. Per lui i
movimenti del lavoro costituiscono la base degli esercizi della danza, e i
movimenti della danza sono uno stimolo per l’uomo al lavoro e anche un mezzo
per esaltare quello che vi è di specificatamente umano nell’uomo, dopo la
tensione mortificante del lavoro ripetitivo a catena. Le radici della danza sono il
lavoro e la preghiera.
Durante la seconda guerra mondiale fu assunto come consulente di ergonomica
dalle industrie inglesi “Marsi”: il problema era di dover sostituire nella catena di
montaggio gli operai in guerra e perciò dover trasformare la manodopera
femminile in efficienti operaie. Grazie all’educazione impartita loro dalla danza
libera che sensibilizzava all’esecuzione di ritmi diversi, e dunque quello naturale
del corpo sia quello artificiale imposto dalle macchine industriali, le nuove
operaie riuscirono a salvare la produzione dimostrando nel contempo il grande
potenziale applicativo della nuova danza. 13
Il lavoro rappresenta, attraverso la danza e la musica, le particelle elementari che
costituiscono la materia dell’universo. 14
Laban distingue due tipi essenziali di movimento: “movimenti centrifughi (free
flow) che partono dal centro del corpo, dal torso e si diramano verso la periferia,
verso le estremità delle gambe o braccia, e i movimenti centripeti (baund flow)
che partono invece dalle mani per rifluire verso il centro del corpo, in un
movimento di ripiegamento su se stessi o di rapimento mentre il “free flow” è
espansione o repulsione, sia sotto forma di ondulazione continua sia di brusca
distensione.
Il corpo reagisce come una totalità organica: ogni sua parte è coordinata con tutte
le altre come un musicista all’orchestra.
Rudolf Laban fu un uomo dotato di grande carisma e magnetismo. Danzatore,
ricercatore e teorico della danza e del movimento, fondò la danza libera
centroeuropea poi evolutasi nella danza moderna ed espressionistica tedesca.
13
14
http://www.airdanza.it/attivita/convcantieri.html
http://www.muspe.unibo.it/soffitta/1999/danza/appunta.htm
33
Laban e la danza come espressione estetica, sociale ed antropologica
La danza è per Laban un’arte con i propri valori estetici, e nel contempo
esperienza di alto significato sociale e antropologico. Nel primo caso, si tratta di
una disciplina del performer professionista, destinata ad una rappresentazione di
fronte ad un pubblico, mentre nel secondo caso, Laban si confronta con le
potenzialità sociali, pedagogiche e comunitarie insite nell’espressione danzata, in
quanto esperienza di conoscenza di sé nella relazione, “danza corale” attraverso
al quale ognuno può “mettersi in contatto con il movimento dell’universo e
recuperare un senso di appartenenza”. Laban parlava di “Danza della Natura”
ritenendo che la costruzione formale della natura avvenisse sulla base delle
stesse leggi universali spaziali e fisiche che sono alla base della danza. La danza
era quindi l’espressione del ritmo originario che da solo costituisce l’essenza del
mondo. Inoltre, la danza per Laban è il frutto dell’incontro di due aspetti quali la
sua libertà, intesa come liberazione da ogni condizionamento fisico, da ogni
tecnica precostituita, da leggi esterne alla sua autonomia e fenomenologia, e la
sua intima connessione con le altre forme espressive del corpo. Tale visione della
danza era coniugata, in Laban e nel gruppo di intellettuali di cui faceva parte
(che si riconoscevano nelle attività che si svolsero presso il Monte Verità, ad
Ascona, in Svizzera, negli anni ‘20), ad una visione particolare dell’universo e
del senso dell’uomo in esso. Laban scoprì che la struttura delle forme in natura
(cristalli, piante, animali) è soggetta a leggi spaziali simili a quelle che
soggiacciono al movimento armonico del corpo: il movimento umano è dunque
una sorta di creazione continua di frammenti di forme cristalline. Nel suo studio
del movimento Laban considerava come parametri fondamentali il peso, lo
spazio, il flusso, il tempo e l’energia. Ogni dimensione veniva presa in
considerazione nel suo significato fisico. 15
15
http://www.italiadonna.it/danza/rudolf_laban.htm
34
Sviluppò anche un sistema di annotazione (scrittura) dei movimenti e coreografie
(che prese il nome di “Labanotation”) che si basa sui principi generali della
cinetica che regolano il movimento umano, al di là della tecnica utilizzata per
danzare e conserva a tutt’oggi la sua efficacia e universalità.
Uno tra coloro che con più forza hanno realizzato le teorie di Laban è Kurt Joss,
assistente e primo ballerino di Laban quando nel 1921 dirigeva il teatro
nazionale di Mannheim.
Gli studi di Laban hanno avuto un’influenza profonda anche fuori dal campo
della danza: per il teatro, gli studi sulla comunicazione non verbale, l’ergonomia,
la psicoterapia, la pedagogia, la medicina della riabilitazione, lo sport e perfino il
comportamento animale.16
Doris Humphrey (1895-1958) dice che “la danza si
nutre dei movimenti della vita”. Studia i gesti che
divide in gesti sociali, funzionali, rituali,
emozionali. I gesti sociali sono quelli che
esprimono, in modo diretto o simbolico, i rapporti
fra gli uomini. I gesti funzionali sono,
essenzialmente, i gesti del lavoro che non
esprimono più soltanto un rapporto da uomo a
uomo, ma un rapporto con la natura (nelle danze
popolari soprattutto Laban ha ritrovato l’essenza
dell’atto del lavoro). I gesti rituali esprimono nella
vita religiosa il rapporto dell’uomo con le forze
soprannaturali, con i suoi dei, i movimenti delle
danze che furono spesso delle liturgie (oggi
sussistono ancora nelle cerimonie della vita profana civile con i cortei, alzarsi e
sedersi, gli applausi scanditi, le grida collettive). I gesti emozionali, i più
importanti per il danzatore, sono quelli che generano spontaneamente i nostri
diversi sentimenti. Ma se la danza si nutre con i movimenti della vita, se ne
scopre le radici, non mira mai al realismo: fa del gesto un movimento e questo
gesto non è mimico ma ritmico. Come si opera questa metamorfosi? Il
movimento deve trasformarsi qualitativamente, in esso deve esprimersi l’unità di
una cultura e di una civiltà, lo spirito di un popolo o di un’epoca. Solo così si
può acquistare lo “stile”. Un’opera non si realizza sovrapponendo in maniera
eclettica elementi presi a prestito da altre forme di danza. Doris partecipò nel
1925-1926 alla grande tournée di diciotto mesi della Compagnia Denishawn in
oriente, in Giappone, in Cina, Malesia, India, a Giava, provò grande
ammirazione per le danze di ognuno di questi popoli, danze della loro cultura,
che esprimevano l’essenza di una civiltà, ma insieme provò disagio davanti ai
16
Silvana Barbacci- Master in Comunicazione della Scienza - Sissa
35
tentativi di Ruth S. Denis di usare la tale o talaltra tecnica delle danze dell’Asia
perché esprimevano drammi a loro estranei. Era come perdere la loro forza: la
loro autenticità. Doris aveva coscienza di non poter danzare come una cinese,
una indù, una giavanese perché non poteva esprimere autenticamente il gesto, il
movimento da dentro di sé perché lei era percossa da una corrente di tradizione
differente. Ruppe con Denishawn per ragioni simili a quelle di Martha Graham,
con la volontà di esprimere il suo popolo e il suo tempo. Il primo compito del
coreografo secondo lei, è nutrirsi della linfa del mondo in cui vive, della sua
cultura, dello slancio delle sua civiltà e l’artista imprime a quel movimento il
ritmo volontario della sua vita creatrice e militante per l’avvento dell’uomo
umano. Partecipare al dinamismo di questo mondo creando un’arte capace di
contribuire alla sua umanizzazione.
Martha Graham, Mary Wigman e Doris Humphrey hanno concepito questo
ritmo in tre modi radicalmente diversi.
Il ritmo fondamentale, per Martha Graham, è il ritmo respiratorio, quello
dell’atto primario della vita biologica. Il conflitto, per lei, è interno all’uomo.
Il ritmo fondamentale, in Mary Wigman, è il ritmo emozionale, quello che nasce
da una passione dominata, dalla motivazione del gesto nello sforzo di strapparsi
a una realtà esterna soffocante. Il conflitto è interno all’uomo, ma nel suo
rapporto con un mondo esterno che lo schiaccia.
Il ritmo fondamentale in Doris Humphrey, è il ritmo motore che si genera nel
rapporto fra il corpo e lo spazio. Il movimento primario è, per lei, lo sforzo per
resistere alla gravità, essendo la gravità simbolo di tutte le forze che minacciano
l’equilibrio dell’uomo, la sua sicurezza. Il conflitto è fra l’uomo e l’ambiente che
lo circonda.
Questa lotta contro la gravità non ha niente in comune con la pretesa del balletto
classico di negare la gravità. Al centro di questa danza concepita come un
dramma vi è il problema di affrontare questa gravità a cui non si sfugge con la
grazia, ma con la quale si lotta con sforzo.
La scoperta primordiale di Doris Humphrey sta nel collegare la danza e la sua
tecnica alla legge stessa della vita: la tensione dell’uomo che si contrappone a un
mondo che gli resiste, alla tentazione, al rischio permanente della caduta, del
rilassamento, dell’abbandono. Movimento che non si ferma mai, né nella danza,
né nella vita.
Questa polarità dell’atto di cadere e di riprendersi (“fall and recovery”), della
tensione e della distensione, è per Doris Humphrey la legge primaria tanto della
danza quanto della vita. “Concepisco, il movimento usato dal danzatore, dice,
come il risultato di un equilibrio. Tutta la mia tecnica si può ricondurre a queste
due azioni: allontanarsi da una posizione di equilibrio e ritornarci”. Alla fine di
entrambi movimenti c’è morte - la morte statica o equilibrio costante, o la morte
dinamica in un movimento troppo spinto, lontano dall’equilibrio -. Il movimento
36
che si crea tra queste due morti rappresenta simbolicamente la lotta dell’uomo
per la sopravvivenza: l’essenza del movimento è rappresentata dalla dialettica
“caduta e recupero” che la Humphrey legge non solo come vitale per il corpo
fisico, bensì di grande rilevanza psicologica per le implicazioni che comporta.
La danza come la vita, è il luogo di scontro fra Dionisio (desiderio d’infrangere
ogni regola e ogni limite) e Apollo (senso della misura e dell’equilibrio).
Quattro sono le dimensioni essenziali del movimento si cui Doris fonda la
pratica e la teoria della composizione coreografica: la motivazione, anima di ogni
composizione coreografica; il ritmo, quello che domina l’alternanza motrice
della caduta e del ritorno all’equilibrio, è collegato come abbiamo visto alla
gravità. È la gravità che produce “quel battere il passo” che è presente nella più
elementare marcia umana. Il passo umano è il modello della caduta e della
ripresa: equilibrio su una gamba mentre l’altra si alza e si piega, poi la gravità ha
la meglio, l’uomo vi si abbandona e rimbalza per terra quando il piede la
colpisce. La vita come la danza è fatta di cadute e riprese.
La terza dimensione del movimento è il dinamismo, cioè i cambiamenti
d’intensità. Scarica d’energia che può essere posta all’inizio, in mezzo o alla fine
sempre in funzione delle motivazioni. Il disegno, cioè la forma visuale del
movimento si sviluppa insieme nello spazio e nel tempo. La sua struttura nasce
dall’esperienza quotidiana della vita, dell’ambiente che ci circonda, dalle
abitudini impresse in noi dalle altre arti: l’architettura, l’arredamento, le
macchine, la pittura.
Questi disegni possono essere simmetrici, la simmetria suggerisce brio e riposo,
o al contrario, asimmetrici, in quanto l’asimmetria appare come una caratteristica
della nostra epoca, dei suoi confronti e delle sue contestazioni.
Ogni disegno, simmetrico o asimmetrico, può essere fondato su un’opposizione
(angoli) o su una successione (curva). Le linee contrapposte suggeriscono la
forza: l’urto di due vettori drammatizza ed esalta la vitalità, l’energia.
Il disegno è così al servizio del dramma: esso ha il compito di rendere visibile
l’emozione. Le stesse leggi che regolano il disegno dei movimenti di un
danzatore stabiliscono le evoluzioni di una coppia o di un gruppo. Anche qui il
disegno deve essere leggibile: formare una curva continua o indicare degli urti.
Uno spazio strutturato per costituire un disegno può essere quello della scena,
per esempio: ogni punto del luogo teatrale ha una carica emozionale che il
danzatore deve averne coscienza.
Doris Humphrey elaborò non solo una teoria sistematica della composizione
coreografica, ma realizzò un sistema di notazione (scrittura) più chiaro di quello
di Laban; iscriveva su una striscia di carta che ruotava attorno a un tamburo,
come uno schermo mobile, le tre “dimensioni” tecniche del movimento: su un
registro si iscrivevano le forme spaziali, su un altro i ritmi; su un terzo con bastoncini che raffiguravano le posizioni delle braccia, delle gambe, del torso, la
37
dinamica generale della danza. I danzatori potevano così seguire il loro
“spartito” senza smettere di danzare.
Infine la costituzione di una teoria generale rivela in tutta la sua ampiezza il
ruolo educativo della danza moderna. Si può ora misurare il cammino percorso
dopo Isadora Duncan. Isadora Duncan ha avuto la visione profetica di ciò che
sarebbe stata la danza moderna: la realizzazione dell’unità fra la vita interiore e
la vita esteriore integrate in un’unica azione.
Sarebbe così terminata l’era del dualismo, soprattutto sulla separazione fra anima
e corpo.
La danza cessava di essere un “divertimento” per riportare invece l’uomo al
centro di se stesso, dove egli s’interroga sui suoi fini e sul suo potere. La danza
moderna, dando un nuovo centro al mondo, è l’arte che corrisponde a nuova
epoca di civiltà.
Sotto il nome di “danza moderna” la corrente che, da Isadora Duncan e
Denishawn a Martha Graham, Mary Wigman, Doris Humphrey, ha assegnato
alla danza nuove finalità: l’espressione drammatica delle emozioni e delle
passioni, e ha elaborato una tecnica nuova del movimento corrispondente a
questi fini.
Ma la danza subirà ancora una metamorfosi corrispondente ai bisogni di un
nuovo modo di esistere.
GGG
A partire dal 1950 e più ancora dopo il 1960, negli Stati Uniti come in tutta
l’Europa, appare una rottura nei confronti della danza moderna. La danza, come
tutte le arti è un tentativo di risposta alle domande poste da un’epoca. Gli
sconvolgimenti dell’inizio del XX secolo hanno portato con Isadora Duncan e
Denishawn a una negazione della danza classica e alla ricerca di nuovi significati
e di un nuovo linguaggio.
Gli sconvolgimenti della prima guerra mondiale, poi della grande crisi scoppiata
nel 1929 ha esigito una nuova creazione, quella di Martha Graham e Doris
Humphrey in America, di Mary Wigman e Von Laban in Germania, per
elaborare le tecniche capaci di esprimere la tragedia del caos e gli sforzi per
superarlo.
Dopo la seconda guerra mondiale, di fronte alla perdita dei valori comincia a
delinearsi una rimessa in questione fondamentale della danza moderna, la quale
si è creata e si è sviluppata, respingendo l’indifferenza della danza classica per le
passioni profonde e per la storia, la sua assenza di significato umano, e
respingendone quindi il codice di movimenti prefissati che la rendeva una lingua
morta.
Da questa critica la danza si è assunta il compito di vivere intensamente quanto
vi è di più significativo nelle angosce e nelle promesse del mondo moderno e di
38
inventare i segni nuovi capaci di esprimerle.
Ora nuovi coreografi i cui capofila sono in America Alwin Nikolais e Merce
Cunningham, respingono tanto le motivazioni quanto i linguaggi della danza
moderna anteriore:
- la danza non deve dare significato ma solo movimenti, movimento per se
stesso, al di fuori di ogni “significato” come unica materia della danza: la
danza deve esistere come una realtà autonoma, non deve “significare”.
- Le tecniche che derivano dalla volontà di esprimere terrore o estasi e di
“significare” una esperienza della vita in questa prospettiva, non hanno più
oggetto: né l’inspirazione – espirazione di Martha Graham, né la caduta e
la ripresa di Doris Humphrey.
La danza moderna all’inizio del secolo è la prima negazione del balletto classico.
A metà secolo appariva la negazione della negazione.
Questi nuovi coreografi sono meno ostili alla danza classica dei loro
predecessori, anche se non tornano né alle punte né alle favole mitologiche.
Questo vuoto esistenziale, assenza di significato, interessa tutte le arti, è come si
andasse verso un astrattismo globale: la parola non ha alcun valore, non c’è
comunicazione, la pittura non ha bisogno di esprimersi, i segni e i colori hanno
valore autonomo, e “tutto il mondo è un teatro”, formula di Shakespeare, viene
invertita da Geneviève Serreau nel suo libro sul “nuovo teatro”: il teatro è un
mondo, il mondo, o l’irrealtà del reale data in spettacolo, diventa il nostro reale.
“Nuovo teatro”, “nuovo romanzo”, “nuova pittura” e “nuova danza” sono le
espressioni delle nuove inversioni in un’epoca che sembra andare verso la
distruzione dell’uomo da parte della società e verso la distruzione della società
con l’olocausto nucleare.
La fusione del cinema, della pittura e della danza si opera attraverso uno dei
coreografi più caratteristici della “nuova danza”, Alwin Nikolais (1910-1993)
musicista, compositore e pittore ha lavorato con Hanja Holm che aveva creato in
America la prima scuola Mary Wigman. Gli viene fatto un rimprovero di:
disumanizzare la danza, di renderla impersonale. Lui mescola le sue magie:
movimento, colore e suono in cui però i danzatori hanno solo un ruolo
aneddotico come forme colorate e danzanti senza che la loro umanità sia
necessaria alla composizione.
L’assenza del personaggio, dell’azione, caratterizza questa nuova danza come il
nuovo romanzo o il nuovo cinema, e soprattutto la pop-art alla quale si avvicina
più ancora la danza di Merce Cunningham.
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Merce Cunningham (1919) ha cominciato nella prospettiva drammatica di
Martha Graham di cui fu per molto tempo il primo ballerino.
Nel 1953 egli crea la sua Compagnia. Per Merce la danza non comincia dal
sentimento ma dal movimento.
Per lui non si tratta di esprimere un mondo né interno, né esterno. Presenta la
caratteristica principale della nuova danza (che imparenta col nuovo teatro col
nuovo romanzo, col nuovo cinema, con la pop-art): di considerare il movimento
in sé come materia della danza.
I movimenti coreografici di Cunningham nascono dal gesto quotidiano,
dall’errore, dal “momento”, e non si adattano, bensì si confrontano con la traccia
musicale. Ai propri danzatori, Cunningham affida il ruolo di veri e propri
interpreti. Essi sono liberi di rallentare o velocizzare i movimenti, uscire ed
entrare dalla scena, scegliere la successione delle frasi coreografiche da eseguire.
Collaborando con John Cage (1912-1992), compositore d’avanguardia, col quale
condivide il rifiuto dei metodi formali dell’arte del XIX secolo, sviluppa un
approccio alla danza che vuol essere “altro” dalla musica, capace d’imporsi
come sostanza a se stante dal suono e dall’immagine. La musica è indipendente
dalla danza.
Loro utilizzano metodi di lavoro basati sulla casualità.
In “Radice di un non – centro 1944” Cunningham utilizza il metodo cinese
dell’I’Ching (Il Libro dei mutamenti) per creare le proprie coreografie che
tuttavia seguono la struttura ritmica della composizione musicale scritta da Cage.
C’è una forte dose di improvvisazione unita ad un rigido formalismo.
Nam June Paik (1932-2006) artista pioniere della video-arte, afferma che
“Merce sembra vagare sul palco senza uno scopo preciso, ma con un gran senso
estetico”.
40
Negli anni sessanta Cunningham è promotore dell’idea che il movimento debba
essere liberato da qualsiasi sistema accademizzato. È in quel periodo che si
sostituisce alla nozione classica di “spettacolo”, quella di “laboratorio” e
“performance”.
Cunningham, viene definito “Il grande padre” della danza post-moderna.
È un innovatore anche dal punto di vista scenico: utilizza materiali in
movimento, giochi di luce, strutture fisse o mobili, diapositive, spezzoni di
filmati. 17
Le nuove tecnologie incuriosiscono e affascinano Merce il quale si interroga sul
futuro della danza in rapporto alle stesse. Lui è già cosciente che le tecnologie
arricchiranno il processo di creazione coreografica. La “tecnologia elettronica”
ha introdotto un nuovo modo di vedere la realtà, di negoziare, di pensare e da
questo Cunningham ipotizza un “sistema di notazione di elettronica immediata”
che serve a mostrare i movimenti della danza, fermarli o rallentarli.
Era necessario su tutti i piani questo spingersi al limite, per andare fino
all’estremo dell’astrazione, poi per uscirne. In qualche modo è essere come a un
anno zero della danza e questo aiuterà a ripensarne il senso, i principi, e i metodi
dopo aver fatto piazza pulita di ogni pregiudizio.
Si può iniziare a vedere il cielo più chiaro, si può intravvedere l’uscita da questo
tunnel…
La danza astratta come la pittura astratta era un momento necessario.
L’astrazione deve essere non un termine ma un punto di partenza.
Certo fu violenta la reazione di rigetto nei confronti del passato. Rifiutando i fini
dell’arte anteriore se ne rigettavano anche le tecniche e, in mancanza di trovarne
subito di nuove, si restava senza tecnica del tutto: il teatro cadeva nella
“happening”, la pittura nell’imbrattamento e la danza nell’isterismo.
La creazione di una nuova epoca dell’uomo e della sua arte sarà opera di
rivoluzionari, di uomini e donne impregnati da tutta la cultura dell’umanità, da
tutte le creazioni anteriori e animati da una passione così violenta dell’avvenire
da essere pronti a morire per farlo vivere.
La danza moderna ci ha insegnato che una rinascita è possibile.
17
http://it.wikipedia.org/wiki/Merce_Cunningham
41
Jerome Robbins (1918-1998) ballerino, regista e coreografo statunitense è uno
dei precursori della danza prospettiva. Ogni danza prospettiva, rivolta verso
l’avvenire integra e rinnova il teatro. Sarà il teatro in cui “ha luogo”, trova posto,
l’atto specificatamente umano della continua creazione dell’uomo da parte
dell’uomo, e fin dalla prima coreografia (1944) Robbins orienta la danza in
questa direzione.
Formatosi col balletto classico integra gli apporti di tutta la danza moderna da
Martha Graham a Mary Wigman, il jazz, il folclore e la grande tradizione del
mimo in teatro. Coglie lo spirito del tempo e l’emergenza umana, desidera
comunicare, comprendere e essere compreso. Egli ricrea così il “balletto
d’azione” di Noverre (danzatore e Maestro di balletto 1727-1810). La danza vi è
sostenuta dalla parola e dal canto. È un “teatro totale” in cui viene posto
l’accento sul movimento.
West side Story, nel 1957, è Romeo e Giulietta trasferito nel contesto delle bande
e della mala che s’incontrano per le strade di New York. Il rituale della danza
serve da elemento rilevatore dei significati della vita facendo fare allo spettatore
l’esperienza del movimento.
Danzare la propria vita, significa quindi, collocarsi nel cure delle cose al punto in
cui scaturisce il futuro in procinto di nascere, e partecipare alla sua invenzione.
42
“La parola divide la danza unisce”
(Maurice Béjart)
Maurice Béjart (1927), ballerino, regista
e coreografo direttore e maestro francese,
riveste un ruolo fondamentale nell’ambito
del teatro di danza del XX secolo. Figlio
del filosofo Gaston Berger (1896-1960,
ricercatore e studioso della filosofia più
prospettiva del nostro tempo), affianca gli
studi umanistici a una formazione
artistica18.
Maurice Béjart, aiuta la danza ad uscire
dal tunnel. La danza prospettiva, nel suo
costante sforzo per partecipare all’invenzione del futuro non solo dell’avvenire della
danza, ma dell’avvenire dell’uomo, non nega affatto il passato: anzi ne assimila le
creazioni.
Avviene così per ogni azione autenticamente rivoluzionaria; egli non si attiene né
alla danza classica né alla danza moderna, ne è la sintesi: porta in se il germe di uno
sviluppo incessante.
È un uomo sintonizzato col movimento del nostro secolo, attento a svelare, in ogni
momento, con una sensibilità sempre desta, quello che nella nostra epoca sta per
morire e sta per nascere, non si è chiuso né in uno stile né in un sistema.
Quest’uomo, non fermandosi di fronte alle barriere, farà saltare le antiche
segregazioni: “la distinzione che si fa fra danza classica e danza moderna, dice, è
un errore di fondo… bisogna prendere il buono dove si trova: la scuola
accademica da una parte, la decontrazione, l’improvvisazione dall’altra,
all’occorrenza la flessibilità orientale, lo slancio istintivo del folclore. La danza
teatrale nelle sue diverse forme, è l’arte del movimento, libero e composto,
organizzato in rapporto al tempo perché legato alla musica, al ritmo e allo spazio”.
Alla passione per i voli della danza classica contrappone come la danza moderna, la
gravità, il contatto tonico col suolo. Elimina le trame da fiaba, i tutù sono sostituiti
da calzamaglia, che rilevano il corpo espressivo.
La danza rimasta essenzialmente femminile con Balanchine (coreografo russo
1904-1983), con lui è virile.
L’amore in tutte le sue dimensioni erotiche o mistiche e nella loro unità è il filo
conduttore della ricerca coreografica di Maurice Béjart.
La danza come la filosofia, come la fede, come tutte le arti è ricerca di quella
particella di divino che è in noi.
18
http://www.balletto.net/giornale.php?articolo=103
43
“L’erotismo,dice Béjart, è la volontà di negare la morte, l’affermazione della vita,
quel voler vivere di cui parla Schopenhauer19….Malgrado la guerra, le epidemie, le
distruzioni, le razze grazie lui sussistono, si espandono e si perpetuano. L’erotismo
dipende allora dal sacro”.
La volontà di dire le angosce, le rivolte, le speranze dell’uomo del XX secolo
spingerà Béjart a mettere a punto un linguaggio adatto a esprimere tutto questo. Nel
1954 vedendo danzare Martha Graham al teatro dei Champs-Élysées, prende
coscienza della necessità che il teatro si fondi con la danza: il ballo non sarà più un
futile divertimento quando dirà ciò che solo il teatro può dire sull’uomo e sulla sua
epoca e, il teatro si salverà dalla decadenza verbale solo ridivenendo gesto e danza
con Eschilo, con Shakespeare, con la Commedia dell’arte, con Molière.
Le sue prime coreografie si sviluppano proprio nell’universo di Shakespeare e nel
1966 crea Romeo e Giulietta. Viene considerato uno dei più importanti uomini di
teatro. La danza offre oggi al teatro la sua migliore possibilità di rinascita, ha
mostrato che la massima intensità d’espressione non nasce dalla parola ma
dall’esteriorizzazione del gesto.
Béjart ha la passione per un teatro che esprima i grandi miti che assillano
l’inconscio collettivo e in cui la magia della danza amplifica il quotidiano e lo eleva
alla grandezza degli archetipi.
L’apertura della danza sulla vita e su una vita più intensa, più condensata e più
grande della vita lo porta a integrare gli apporti dell’espressionismo tedesco e
scandinavo, quello di Emil Nolde (1867-1956) e Edvard Munch (1863-1944), in
pittura, quello di Mary Wigman nella danza, compreso il grido che esprime un
parossismo emozionale e portato dal gesto al massimo della tensione.
Dai suoi danzatori esige non solo la disciplina della danza classica ma la flessibilità
e l’espressività della parte alta del corpo, delle braccia e delle mani che
costituiscono la grandezza della danza indù, il carattere ieratico del “nô”
giapponese, le note del jazz, il batter ritmato dei tacchi della danza spagnola, le
contorsioni del “twist” che ama per il suo aspetto animale:
“Vorrei che si sapesse che l’uomo è un animale e un Dio”.
Questa ricchezza del vocabolario della danza di Béjart è una volontà di pienezza, lo
spinge a sognare una sintesi delle arti, ad avere nostalgia della tragedia greca, del
mistero medioevale, del “nô” giapponese, della commedia dell’arte, ma anche di
Wagner e di Djagilev, tutte avventure dell’arte che hanno in comune d’aver messo
insieme non solo il canto, il poema e la danza, ma la pittura e la musica.
A seguito delle sue frequentazioni col musicista Pierre Schaeffer, nel 1954 si
accosta alla musica concreta (musica elettronica, basata su suoni registrati, non
prodotti da strumenti musicali, la quale sembra raccogliere e interpretare le voci, i
suoni, i passi e i rumori inquietanti della vita quotidiana del presente).
19
Filosofo polacco (1788- 1960)
44
Béjart apprezza il potere di evocazione drammatica di questo tipo di musica, ma
qualunque sia la musica con la quale lavora, quella di Shaeffer, di Webern, di Berg,
di Xenakis, di Pierre Henry, o quella di Beethoven, di Berlioz, di Wagner, di
Strawinsky, egli accorda al ritmo il primo posto, a volte alla semplice percussione
per contrappuntare la melodia corporea. Prende in prestito dalla musica le leggi e fa
della sua coreografia una musica.
Dice “È la musica che i danzatori ricevono in tutte le parti del corpo” e, lascia ai
suoi danzatori piena libertà di riceverla.
Egli scrive “in un’opera coreografica il danzatore è più importante della
coreografia. Lui è l’autore mentre il coreografo ne è solo l’organizzatore”.
“Noi coreografi, siamo qui solo per permettere ai danzatori di partorire quello che
portano in sé” di essere pienamente se stessi.
La sua cultura gli permette di scegliere i suoi temi d’ispirazione nella letteratura di
tutti i tempi e di tutti i popoli e anche dalla cultura del circo per il quale prova amore
e di cui dice: “L’Universo del clown è un universo poetico”.
Béjart vuol fare della danza non un divertimento ma una danza che parli alla gente.
Si nutre di tutte le esperienze del nostro secolo che attraverso a lui diventano
movimenti, espressività delle nostre emozioni e dei nostri desideri. Non per imporre
a tutti la stessa visione del mondo o un modo imperioso di reagire, anzi per
risvegliare: offre movimenti e forme che hanno un’alta carica di emozione, ma
senza raccontarci una storia o illustrare una tesi in modo che ognuno possa
proiettarvi i propri desideri latenti e viverli più intensamente e più coscientemente.
“Le persone ritrovano se stesse e non me, che interesso solo a me stesso”.
Vuole rendere ciascuno più cosciente, più desto alla responsabilità e alla rivolta, con
un urto che lo costringa a interrogare se stesso, a prendere una decisione, a
innestarsi sul reale e le sue lotte in un mondo in fusione: è la massima
partecipazione di un artista alla necessaria “rivoluzione culturale”, cioè una
mutazione che non comincia solo nelle istituzioni e i poteri ma anche negli spiriti.
L’essenziale del fenomeno Béjart è questa potenza di urto: “Con gli urti si cresce…,
io voglio urtare il pubblico perché non deve venire a teatro per digerire o
dormire”.
Béjart vuole fare della danza un lievito della vita dei popoli ed egli ha potuto per la
prima volta e unica nella storia della danza occidentale, e per tanti anni, riunire un
vasto pubblico e un pubblico spesso popolare, alle sue tournée, non più negli usuali
spazi teatrali ma, negli stadi, tendoni da circo e palasport, e la risposta raccolta è
stata una risposta entusiasmante come per le partite di calcio o per i concerti di
musica ideati per un pubblico di massa proprio negli stessi edifici.
Nel 1964 allestisce la Nona Sinfonia di Beethoven. È un inno alle unità delle razze e
delle culture, con lui e con il pubblico più diverso diventa una festa collettiva.
45
“Non si tratta di un balletto scrive… ma di una partecipazione umana profonda a
un’opera che appartiene all’umanità intera e che qui non è solo rappresentata e
cantata, ma danzata, proprio come lo erano la tragedia greca e tutte le
manifestazioni religiose, primitive o collettive”.
Il merito storico di Béjart è di aver risacralizzato la danza.
Alla danza sono state restituite le sue dimensioni perdute e soprattutto il senso della
grandezza.
In questa ultima parte di secolo la danza può diventare la grande arte popolare del
XX secolo e a questo compito è stata preparata perché ci sono state Isadora Duncan
e Denishawn, perché c’è stata Martha Graham, Mary Wigman, Doris Humphrey,
perché c’è Béjart.
Lui cerca l’integrazione dell’uomo nella sua totalità, con le ritualità sacre uomocosmo. Studia le possibilità dell’uomo.
Nel 1970 fonda a Bruxelles il Mudra, centro finalizzato alla formazione dell’uomo
di Teatro completo, dove si insegnano tutte le tecniche dello spettacolo e nel 1992,
dopo aver lasciato Bruxelles, fonderà a Losanna l’Ecole Atelier Rudra Béjart
Lausanne, un centro d’addestramento simile al Mudra.
Nel 1999 gli viene affidata la direzione del Festival Internazionale di Balletto
“Torino Danza”. La sua arte s’intreccia anche con la moda in particolar modo con la
moda di Gianni Versace (1946-1997 uno dei più grandi nomi della moda italiana
nel mondo).
Ha moltissime onorificenze tra le quali nel 2003 la nomina a Commendatore
dell’Ordine delle Arti e delle Lettere di Francia.
Maurice Béjart è il coreografo che ha più potentemente contribuito in Europa a dare
alla danza il suo alto significato umano e un vasto pubblico.
Anche se per certi aspetti la “nuova danza” si sviluppa in una marasma, come
d’altronde tutte le altre arti, dalla pittura alla musica, dal teatro al cinema,
l’acquisizione irreversibile della danza moderna è di aver ripristinato l’unità
profonda fra la danza e la vita.
Il sacro e profano, il corpo e l’anima, il sesso qui e la mente là, fanno parte della
totalità dell’uomo e quando danza l’uomo esprime la sua totalità, la sua interezza
senza mentire.
La danza è un bisogno della nostra epoca, come ricerca di un’espressione e di una
creazione che “disalieni” attraverso la presa di coscienza e l’incontro di sé e
dell’altro.
La danza non è un gioco, ma rivelazione dell’uomo all’uomo attraverso il
suggerimento di ciò che è e di ciò che potrebbe essere.
Ogni uomo nell’incontro di sé e dell’altro può creare e ricreare se stesso danzando
la Danza della Vita: Biodanza…
46
III
Nel panorama della danza contemporanea
l’uomo ha la possibilità di danzare se stesso
come senso della propria Vita, nell’incontro
poetico della Danza della Vita:
Biodanza
Distribuzione di diverse discipline all’interno del modello sistemico del movimento umano.
Pablo Picasso
Biodanza vincerà la guerra “Biodanza propone una forma concreta di entrare nel sentire della vita. Nell’atto di danzare si ripete la pulsazione della nascita e la necessità assoluta di amore. L’obiettivo della Biodanza è suscitare il rinascimento della creatura umana pulsante: risorgere dal vecchio corpo inerte e trasformarsi in pura energia di connessione. Ritornare a se stessi come un feto galleggiante nella Galassia, per espandersi nell’abbraccio e convertirsi allo strumento dal più altro potere: la Vita. Danzare è apprendere a muoversi al ritmo dell’Universo. Biodanza è un cammino di illuminazione e di espansione di coscienza; i partecipanti realizzano dalle proprie danze l’atto di connettersi totalmente con la energia creatrice della vita. La danza è il sentiero più breve tra l’uomo come individuo e la sua specie; ed è anche il sentiero più breve per abbracciare l’estasi, il vincolo con il Tutto, che abbiamo tragicamente perduto”. Rolando Toro Ce
Cerchi
dii Biodannza dal mondo
m
“Si, si può, se lo vogliamo
v
Amore”
si può: sollo con l’A
Robberta
Biodanza è: la Poetica dell’Incontro Umano
“le mani lentamente si cercano,sono unite
gli occhi dell’uno sono negli occhi dell’altro
stupiti e fiduciosi
dolcemente si chiudono e,
l’incontro è un abbraccio
è una poesia.
nasce e rinasce un vincolo affettivo con sé,
con l’altro, con l’Universo.”
Roberta
“(…) di fronte alla solitudine inesorabile dell’infinito,
gli esseri umani cercano una risposta guardandosi negli occhi.
(…) nella radura paradisiaca della realtà,
noi ci cerchiamo reciprocamente”..
Rolando Toro
ABITARE I GESTI RISIEDERE NELLE PAROLE
di Alain Antille
“Il nostro sapere è costituito da due realtà complementari:
la parola e il gesto.
Le parole fondano e danno corpo al nostro sapere,
ma sarebbero niente senza l’esperienza sentita del corpo.
Il vero sapere è nutrimento e legame
arriva ai sensi, tocca il cuore e genera il gesto.
Integrare la parola al gesto significa
integrare il pensare con il sentire
e la danza è la magnifica e coerente risultante
in cui il nostro potenziale si esprime integro”.
Alain Antille (Sierre, 1990)
La realtà del sapere
La crisi del nostro tempo è la crisi di un modo di percezione, una crisi della
sensibilità, di una rete di relazione che privilegia il rapporto di conoscenza e
colloca l’individuo e il mondo nella realtà esclusiva del sapere.
L’uomo è sommerso dagli obblighi e dai doveri ed è sottoposto ad una
dimensione del tempo alterata dall’accelerazione. Perde il contatto con i ritmi
naturali, ed organici, con la natura. È in stretto contatto con un nemico invisibile
chiamato “stress” che altro non è: stanchezza, irritazione, ansia, insonnia,
depressione ....
L’uomo sviluppa le sue potenzialità tramite l’acquisizione di un’abilità, di una
padronanza manuale e intellettuale di un saper fare, di un saper agire, per avere
comunque un proprio potere. Ingabbiato nel proprio fare, nel proprio pensare, nel
proprio potere, l’uomo perde l’istante.
Pur perdendo il legame con l’essenza delle cose, con il cuore degli esseri viventi,
perdendo anche la sensibilità che ci fa comprendere quanto abbiamo bisogno di
riposare oppure di muoverci più agilmente o ancora, quando abbiamo bisogno di
calore e di contatto umano, perché abbiamo a lungo privilegiato la conoscenza
intellettuale, la razionalità, l’uomo può cercare di essere se stesso, di esprimere
gli aspetti della propria identità vivendo la prova della suo essere in uno spazio
che si è aperto, che ha preso le dimensioni del pianeta, dell’Universo. Uomo tra
gli uomini, condivide uno stesso destino, deve cercare degli elementi che lo
portino nella confluenza dei modi di pensare, del sapere, delle informazioni,
delle culture e dei popoli.
47
Vivendo tra gli esseri viventi, condivide lo stesso progetto, deve trovare il
proprio posto nell’accettazione e nel rispetto dei legami che lo uniscono alla
natura. La dinamica dell’apertura è accompagnata da un’abolizione progressiva
delle distanze che colloca ogni individuo nella vicinanza dell’altro uomo e
dell’essere vivente.
Vivere i legami e mettersi alla prova, vedersi nella prospettiva dell’insieme si
profila come compito e dignità dell’uomo dell’avvenire.
La realtà dell’incontro
“Cerchiamo di avere il coraggio di dimenticare tutte le nostre teorie per
prendere sul serio quello che noi viviamo, quello che noi sentiamo all’istante.”
Karlfried Durckheim
La Biodanza è tutta fondata sull’incontro, come un’esperienza singolare, un
contatto immediato, sensibile ed intimo con se stessi, con l’altro, con la totalità
cosmica.
L’incontro è una realtà che ci colloca nella relazione, e nutre i legami che ci
uniscono alla nostra essenza vitale, a quella dell’altro, e del cosmo.
“Io mi incontro nel mio corpo vivente, che nella sua semplicità e purezza, si
prolunga in un’emozione da condividere. In questa esperienza, io ricerco il gesto
che mi appartiene, e che esprime le mie potenzialità.” 20
L’identità si manifesta solo a partire dall’incontro-confronto con l’altro, e cioè dallo
scambio, dal confronto, dall’arricchimento reciproco. L’identità è immutabile e in
permanente trasformazione.
La Biodanza permette di “esprimere i momenti importanti della vita individuale e
collettiva, provare e manifestare nel proprio corpo e nel corpo sociale il mistero
indicibile della natura, le sue forze e i suoi dèi. È un itinerario che, dalle parole ai
gesti, ricolloca il sapere nell’ottica di una prova singolare.”
L’interesse della Biodanza consiste in questa inversione che restituisce alla
esperienza del corpo e della sensibilità la priorità.
“In un progetto di vita è importante lasciarsi toccare, sentire, ascoltare. La sensualità
è in sé quella facoltà che permette di godere delle cose, di provarne il tenore.”
Il corpo nell’esercizio di Biodanza non è legato né allo sforzo né alla prova di sé,
“ma è un corpo che dà e che riceve, il corpo che si apre e che si raccoglie, il corpo
che respira e accoglie, il corpo che l’emozione prolunga nello spazio del gesto e in
quello dell’incontro, del condividere. In scena, nella sua semplicità e purezza c’è il
corpo vivente.” Il corpo che esprime la vita che lo sostiene.
20
La Poetica dell’Incontro Umano: una rivelazione per l’identità – Monografia Gabriella Gobbo.
48
“Il corpo non è in sé una parte separata, massiccia e spessa, ma la totalità dell’essere
sotto forma di sensibilità.
Nel fondo della materia è linguaggio, quello che in sé, sempre, in contatto con le
cose e gli esseri, si emoziona. È quello che tocca e viene toccato, quello che richiede
il gesto e sempre lo crea. Si fa sentire nella pelle che delimita lo spazio particolare
del mio essere e che, dal mondo raccoglie il tatto.
Abitare i gesti, risiedere nelle parole. Esprimere le potenzialità dei sensi e della
sensibilità che il percorso dell’esistenza rivela.
La Biodanza cerca di risvegliare in sé il dono dell’espressione e di ricollocare la
esperienza dei linguaggi nella loro prospettiva originale e attuale: la creazione.”
La forza creatrice dell’espressione si manifesta in modo più particolare nell’opera
d’arte: ma prima di servire l’arte l’espressione serve la vita, il progetto che è nel
fondo di ogni individuo.
“La creazione, che essa prenda le forme delle parole o dei gesti è esistenziale prima
di essere artistica. Essa è il segno di quello che, in ognuno, prende corpo e vita.
È attraverso di questa che l’uomo, vivente tra ciò che è vivente, diventa un fattore di
evoluzione.
È ancora questa che fa dell’uomo un essere al presente, situato nel cuore delle cose
e aperto tuttavia a questa dimensione che è nello stesso tempo il suo compito e la
sua dignità: il possibile.”
Il Sistema Biodanza cerca una gestualità naturale che scaturisce dal movimento e
dall’espressione più sincera di noi stessi dandoci la possibilità di danzare la propria
vita nella interezza della propria unicità, in armonia con gli altri e con l’ambiente,
per tentare di armonizzare nel vissuto il rapporto tra natura e cultura e, per
abbandonarsi all’ascolto delle nostre percezioni ed emozioni.
“Sentire. Provare. Manifestare. Ciò che si dà nell’immediatezza dell’incontro. Con
sé, con l’altro, con il mondo. Senza cercare di prendere, di capire. Semplicemente.
Lasciare arrivare, lasciarsi toccare, lasciare la presa ed esprimere. Entrare nel
movimento che, dal mondo a me e da me all’altro, sviluppa all’infinito la spirale
della vita. L’incontro è un percorso autentico nel quale dobbiamo passo a passo
nascere insieme, svegliarci alla vita. Il vero sapere non è presa e accumulo di dati
obiettivi, ma riconoscimento dei legami che uniscono l’essere vivente alla vita. Il
vero sapere è nutrimento e legame. Esso arriva ai sensi, tocca il cuore, genera il
gesto. Si trova nell’incontro del corpo, del cuore e della mente. Sentire. Provare.
Manifestare. L’incontro è l’occasione data di prendere radici e di lasciare dentro e
fuori di sé l’espressione dell’essere vivente.”21
21
La realtà del sapere e La realtà dell’incontro da Biodanza: Rolando Toro – Red Edizioni Como 2000 – Alain
Antille
49
III
Oh giorno alzati...gli atomi danzano,
le anime rapite dall’estasi danzano
la volta celeste a causa di questo essere, danza
Ti dirò all’orecchio
verso dove conduce la loro danza
tutti gli atomi che ci sono nell’aria e nel deserto
comprendilo bene: sono innamorati come noi
ed ognuno di loro felice o disgraziato
è abbagliato dal sole dell’anima incondizionata
Gialàl Al-Din Rumì
(poeta persiano, XIII secolo)
“Una sessione di Biodanza è un invito a partecipare alla “danza cosmica”, di
cui parla il poeta sufi”:
La danza è l’espressione più estrema dell’Eros Primordiale, generatore
di vita. L’abbandono nella danza all’armonia ed al ritmo, è l’atto piacevole e
terribile di partecipazione ai grandi enigmi di trasformazione cosmica.
È partecipare alla stessa vertigine della creazione, lasciando sorgere il
movimento del millenario apprendimento del contatto, del lavoro e del
gioco. La danza è non soltanto l’atto temerario di vincolo autocosmologico,
ma anche la celebrazione della comunità con gli altri uomini.
La danza pertanto ha una doppia origine: una origine sacra ed una profana; un
elemento di eternità ed uno di fugacità.
Di più, nella commovente vivençia che si produce nella danza, tutte le frontiere
si abbattono. L’esterno e l’interno, lo spirituale ed il corporale, il trascendente e
l’immanente non sono che aspetti di una sola ed unica realtà. Così nel
movimento inafferrabile dei corpi, si combinano le energie del cuore con quelle
del cosmo, del vento e delle stelle. Dall’innocenza che li muove, sorge la
sensualità più incatenante perché il palpito della vita sempre un impulso di
contatto. I corpi posseduti dall’impeto della danza, riproducono le burrasche del
mare o il tremolio dei fiori nella brezza.
Quando una creatura realizza la “sua” danza, mai come allora é tanto
profondamente una parte della totalità cosmica, “una particella delle particelle
della grande anima incandescente”; un’armonia rinnovatrice dentro gli infiniti
cicli dell’armonia cosmica, un ritmo vivo dentro al gigantesco Orologium; una
50
melodia mai interrotta tra i millenari abbracci delle energie che si riuniscono per
affinità.
Così é stata compresa la danza sin dall’origine dei tempi.22
22
Rolando Toro: dispensa formazione docente n. 3 – La Vivençia
51
L’ideatore di Biodanza
Rolando Toro Araneda
…Uomo che parla con le rose…
L’ideatore è il professore Rolando Toro Araneda, nato in Cile nel 1924, è
psicologo e pedagogo, antropologo, pittore, musicista e poeta. È stato docente
del Centro di Antropologia medica alla Scuola di Medicina della Università del
Cile, ha occupato la cattedra di Psicologia dell’arte e dell’espressione all’Istituto
di Estetica Pontificia Università Cattolica del Cile; è professore emerito della
Università Aperta Interamericana di Buenos Aires, in Argentina ed è stato
candidato al Premio Nobel per la Pace nel 2002.
Ha vissuto in Argentina, Brasile e Italia, ed è tornato in Cile nel 1998, dove ora
coordina tutte le attività internazionali di Biodanza.
Rolando è un uomo che parla con le rose e con il cuore alla gente, alla gente di
quasi tutto il mondo: Biodanza è un movimento che conquista sempre più
spazio:in molti paesi dell’America del Nord, America Centrale, con molto
sviluppo nell’America del Sud. Comincia a svilupparsi anche in Africa del Sud,
Australia, Giappone e Russia. In Europa è presente in Austria, Belgio, Francia,
Germania, Italia, Norvegia, Olanda, Portogallo, Regno Unito, Slovenia, Spagna,
Svezia, Svizzera.
52
Come è nata la Biodanza: La Danza della Vita
Rolando è un avanguardista. Lui dice che la Biodanza l’ha osservata, è andata
incontro a lui che ha avuto la capacità di vedere.
La Biodanza è nata a partire dalla sua esperienza personale di osservazione
fenomenologica, descrizione e sperimentazione.
Presto si è reso conto che la sua struttura poteva trovare le sue fondamenta nelle
scienze che riguardano la Vita, in particolare la biologia, ma anche l’amore e
l’arte.
A Rolando piaceva tutto, la danza, la musica, la poesia, la matematica, la
ginnastica, la letteratura, viaggiare e.... Era lui stesso sorpreso da tutti questi
interessi, senza escludere l’amicizia, la famiglia, l’amore.
Biodanza si può dire nacque così, con discrezione, tra amici nella frenesia della
musica, prendendo lentamente sempre più forza, risvegliando l’interesse delle
persone, creando soprattutto un sentimento di rinascita e speranza nella vita,
soprattutto vedendo l’uomo, l’uomo stesso di cosa era capace, a quale
distruzione e degrado poteva arrivare: la seconda guerra mondiale, l’Olocausto,
le bombe atomiche di Hiroshima e di Nagasaki....
La cultura occidentale era in crisi e per Rolando l’Umanità era come fosse
entrata in una pazzia e lui era disperato di tutto ciò: il vincolo tra gli esseri umani
era perso. Rolando di fronte a questo abisso creato dalle contraddizioni umane
sentiva il desiderio di accedere ad un mondo che assomigliasse al paradiso, ma
un paradiso che fosse condiviso perché non poteva concepire un’evoluzione
solitaria. Voleva incontrare le fonti “dell’Amore Originario”, perciò oltre a
“quell’amore verso il prossimo”, ma quell’amore che ha inclusa anche la
dimensione corporea, quella attiva, la carezza.
Sentiva a volte, nel suo corpo, tutte le manifestazioni dell’estasi, dell’erotismo,
della fraternità, dell’energia creatrice e dell’impeto vitale.
Sentiva la possibilità del contatto puro con la realtà viva, attraverso il
movimento, i gesti e l’espressione dei sentimenti.
La musica era il linguaggio universale, l’unico che tutti nel mondo potevano
comprendere; la danza era la forma ideale per integrare corpo e anima, e poteva
comunicare a tutti i partecipanti felicità, tenerezza e forza; e
Rolando volle condividere tutto ciò con tante persone.
Da questo insieme di esperienze e sensazioni nacque il desiderio di formare
piccoli gruppi per danzare, cantare e incontrarsi con la musica.
La Biodanza era così, e continua ad essere un modo di convivenza con la
bellezza. L’unità oggettiva si genera nello scambio di una energia intima con gli
altri; in questo processo di approssimazione il contatto è essenziale.
53
Ricerche realizzate ulteriormente sia con malati mentali, sia con persone sane, in
un’epoca in cui lavorava presso il Centro Studi di Antropologia medica, alla
Scuola di Medicina dell’Università del Cile, gli hanno permesso di strutturare un
Modello Teorico, il quale rendeva possibile operare all’interno di una vasta
gamma di risposte organiche e di comportamenti nuovi.
Constatò che durante le danze apparivano modelli universali di espressione in
relazione alle diverse emozioni. Così ha potuto dare una struttura al suo lavoro
nella quale musica, movimento, emozione formavano una perfetta unità.
Ha creato alcune danze ed esercizi a partire dagli gesti naturali dell’essere umano
(movimenti naturali dell’essere umano: camminare, saltare, stiracchiarsi… e
gesti connessi ai cosiddetti “riti sociativi”: dare la mano, abbracciare, cullare,
accarezzare..., gesti archetipici cioè gesti “eterni”) con obbiettivi precisi
finalizzati a stimolare la vitalità, la creatività, l’erotismo, la comunicazione
affettiva tra le persone e il senso di appartenenza all’Universo.
La ricerca scientifica sulle risposte neurovegetative ha dimostrato che certi
esercizi avevano un’azione regolatrice a livello viscerale, attivando il sistema
simpatico-adrenergico oppure il parasimpatico colinergico. D’altra parte certi
esercizi stimolavano emozioni specifiche che producevano effetti molto
significativi sulla percezione di se stessi e sullo stile di comunicazione affettiva
con le altre persone.
La Biodanza si è diffusa e in seguito è diventata anche vera e propria materia di
un corso universitario nel dipartimento di Estetica della Pontificia Università
Cattolica, del Cile, dove Rolando Toro occupava la cattedra di Psicologia della
espressione.
Nel 1970 gli fu chiesto di creare la prima cattedra di “Psicodanza”, concetto che
aveva il difetto di comportare una scissione: il prefisso “psiche”deriva dal greco
psyché, che significa “anima”, quindi la Psicodanza sarebbe “la danza
dell’anima”. Il termine conteneva la scissione platonica tra corpo e anima.
Occorreva ristabilire il concetto originale di danza nella sua più vasta accezione:
come movimento di vita, che non poteva tuttavia essere assimilato né al balletto
classico né a un’altra forma di danza strutturata, come pure non potrebbe essere
assimilato a una forma particolare di psicoterapia.
Quest’idea s’avvicina chiaramente al concetto di “danzare la vita” proposto da
Roger Garaudy (filosofo). A partire da questa riflessione, nel 1976 Rolando
decise di chiamare “Biodanza” il metodo che aveva ideato: il prefisso
“Bio”deriva dal greco bios, che significa “vita”. Il senso primordiale della
parola “danza” e “movimento naturale”, connesso all’emozione e pieno di
significati. Perciò: “Biodanza, la danza della vita”.
“Vivere la vita più che pensarla”
54
Perché Danza della Vita?
In Biodanza Realizzare la “propria danza” non significa emulare un movimento
fino alla perfezione o imparare dei codici di movimento prestabiliti, realizzare la
propria danza significa integrare il proprio sentire con il proprio agire,
realizzare una comunione tra i sentimenti e le emozioni che ci animano e la loro
espressione visibile del nostro muoverci nel mondo.
Etimologicamente la parola danza significa “movimento pieno di significato,
movimento animato da un senso profondo che spinge ad agire con grazia,
armonia, coraggio, chiarezza, integrità, gioia di vivere”.
Ciò che Biodanza propone è proprio il recupero di queste qualità dell’agire,
ritenendo che “danzare la propria vita” sia una metafora bellissima e poetica per
sottolineare l’importanza di questa integrità esistenziale e spirituale.
Spesso sentiamo parlare di danze, tradizioni o rituali sacri, molto spesso
(ovviamente non sempre) queste definizioni sottendono l’antica e devastante
dicotomia23 a possedere un attitudine esistenziale che distingue rigidamente ciò
che è sacro da ciò che è profano.
La creazione della Biodanza è stata ispirata a Rolando Toro dall’accettazione
profonda di un nuovo unificante paradigma, il Principio Biocentrico: principio
che pone la vita, il suo mistero, e la sua intrinseca saggezza come riferimento
costante per una sintonizzazione sempre più profonda dell’uomo con le grandi
forze cosmiche generatrici di equilibrio e di vita.
Possiamo dire di essere connessi con la vita soltanto quando siamo connessi con
noi stessi, quando cioè prendiamo cellularmente coscienza di voler proteggere la
“fiamma interna” che palpita nel nostro cuore. Ciò implica la meravigliosa
percezione di sentirsi unici, la gioia di essere vivi e di procedere con dolcezza e
determinazione verso valori e comportamenti che nutrono e proteggono la nostra
vita.
La danza in Biodanza è dunque soprattutto un esperienza di recupero dei gesti
più semplici e della nostra espressività essenziale partendo dal presupposto che
la vita intera è sacra, in ogni suo palpito, in ogni suo atto, in ogni sua
manifestazione.
Ogni semplice gesto, ogni movimento vissuto con pienezza e totalità diventa
quindi una danza, assume un significato di eternità e di rigenerazione
esistenziale: una madre che culla il suo bebè danza la propria maternità, due
amici che si abbracciano danzano la propria fraternità, due amanti che si
avvicinano danzano la propria sensualità, un uomo che protende le sue braccia
aperte verso il cielo danza la propria forza e la propria gioia.
23
dicotomia: divisione in due parti - divisione di un concetto in due concetti contrari che ne esauriscono
l’estensione – tratto da vocabolario:“Il nuovo Zingarelli”.
55
È dunque in questa dimensione di riscoperta dell’ intimo piacere di vivere sé
stessi che Biodanza si propone come nuova e rigenerante possibilità : essere ciò
che siamo vivendo la nostra affettività, il nostro amore e il nostro legame con il
mondo.
La Biodanza nel contesto storico e antropologico della danza
Introduzione:
In un senso originario la danza sorge dal profondo dell’essere umano: essa è
movimento di vita, di intimità: é impulso di unione alla specie.
In genere la danza è associata agli spettacoli di balletto classico, oppure ad altre
forme simili strutturate secondo passi prestabiliti.
Questa visione puramente formale della danza esclude il suo significato
originario.
È un modo di essere nel mondo che rappresenta una via privilegiata di accesso
alla nostra identità originaria, ed è anche l’espressione dell’unità organica
dell’uomo con l’Universo. Questa nozione della danza come “movimento
integrante” è molto antica, essa era una modalità di comunicazione usata per
esternare allegria, tristezza, per compiere celebrazioni e per esprimere omaggi
religiosi o profani.
Il processo di civilizzazione, di industrializzazione, ha molto contribuito alla
scomparsa di questa manifestazione dell’esperienza della vita attraverso il
movimento.
“Personalmente, io credo in una danza organica, che risponda ai modelli di
movimento naturali dell’essere umano: movimenti capaci di incorporare armonia musicale, gesti archetipici, realizzati in profonda risonanza con il cosmo.
Ho cercato questa coerenza e l’ho trovata.
Il mio proposito è rendere chiari i modelli di movimento funzionali a una
profonda connessione con la vita”.
Rolando Toro
GGG
Dal libro di Biodanza:
Lo studio antropologico delle danze primitive ci permette di distinguerne, nella
storia dell’umanità, due linee di sviluppo:
- una linea pagana e orgiastica, di orientamento dionisiaco;
- una linea di danza artistica, di orientamento apollineo.
Qui di seguito ne sono elencate le principali manifestazioni.
56
Linea pagana e orgiastica
-
Danze del paleolitico e del neolitico;
danze primitive australiane e neozelandesi;
danze del Congo e della Guinea, dei tutsi e dei pigmei;
danze del vudù;
baccanali romani e lupercali;
danze popolari del Medioevo;
tarantella;
danze brasiliane di carnevale (samba) e del candomblé
balli tropicali in generale;
balli popolari derivati dal jazz;
nuovi ritmi popolari (rock and roll, soul, boogie-woogie).
Linea di danza artistica
- Danze ritmiche rituali dell’antico Egitto;
- danze indù;
- danze della Birmania, del Pakistan, della Corea e dell’Indonesia;
- danze “aristocratiche” del Medioevo;
- danze popolari europee (contraddanza, minuetto, mazurca, valzer);
- danza classica russa;
- danze moderne.
Queste due linee rimasero separate nel corso della storia fino a quando, nel
rinnovamento della danza, Apollo e Dionisio (fratelli inconciliabili), infine
s’incontrano e si abbracciano nella danza moderna.
Dal punto di vista psicologico le danze orgiastiche sono vincolate all’inconscio,
e quelle artistiche alla coscienza.
In Biodanza le danze orgiastiche sono rappresentate dalla trance musicale,
mentre quelle artistiche hanno una relazione con il rafforzamento dell’identità.
Esiste anche una terza linea di sviluppo che possiede alcune caratteristiche
comuni alle due precedenti ed è rappresentata dalle cosiddette danze terapeutiche:
-
danze curative sciamaniche, in particolare quelle dell’Asia, dell’Africa e della
foresta amazzonica;
danze terapeutiche egiziane, finalizzate a restituire la fertilità alle donne sterili;
danze curative di Delfi;
danze galattogene, finalizzate a provocare o accrescere la secrezione lattea,
realizzate da alcune tribù africane;
danze del ventre, realizzate nel Medio Oriente e finalizzate a tonificare le
funzioni organiche della maternità;
danze di liberazione dalle tensioni, praticate da diversi popoli primitivi;
57
-
danze terapeutiche contemporanee, come la Tersicoretranceterapia, la
Danzaterapia e la Biodanza.
Infine le danze religiose e quelle guerriere costituiscono due gruppi di manifestazioni importanti nella storia dell’umanità.
Sin dalle origini la danza è legata anche alle cerimonie religiose come accade,
per esempio, nelle danze orfiche greche, in quelle sacre dell’India, in quelle dei
dervisci rotanti sufi e in quelle mandaliche.
Il gruppo delle danze guerriere, dette “danze piriche”, comprende anche le arti
marziali come il karate, il jujitsu e il taijiquan.
Biodanza porta una nuova visione del mondo, Biodanza è
celebrare la vita e risvegliarla. Portiamo una Cerimonia, un
senso di Iniziazione ad apprendere il mistero della vita, e questo
si fa subito in ronda. La cerimonia induce una trasformazione
interiore e il metodo è la Vivençia.
Uno dei motivi perché la Biodanza si differenzia da altre discipline
In Biodanza uno degli strumenti basilari di guarigione è il lavoro con il processo
di “regressione” la quale è una funzione maturale dell’essere umano; la sua
possibilità di risalire al passato e di connettersi con l’Origine.
Per indurre la regressione, in Biodanza si utilizzano cerimonie di Trance
Integrativa. Durante queste esperienze è necessario perdere la coscienza
dell’identità, abbandonarsi ad un nuovo continente: il grembo del gruppo dove
l’individuo rivive le sensazioni di calore, sicurezza, e armonia nutritiva.
Nel processo di rinascita il gruppo restituisce all’individuo, amorevolmente, la
sua identità. La trance implica un “transito” da uno stato di coscienza ad un altro.
La trance in Biodanza permette all’individuo abbandonare la sua identità,
lasciandola sciogliere nel gruppo per integrarsi in una unità più ampia e
indifferenziata. La pelle realizza la funzione di “unire” e non compie solo la
funzione di “separare”.
La Vivençia che l’individuo ha nell’uscire dalla trance, è un profondo vincolo
con sé stesso, con gli altri e con il cosmo.
È un’esperienza che porta un sentimento di splendore e pienezza, di benessere
corporeo.
La regressione in Biodanza è salutare, progressiva e armonica, non soltanto
perché integra e armonizza l’organismo (rinforza l’omeostasi o equilibrio
interno), bensì perché connetta con l’essenza sana, senza le patologie culturali.24
24
Rolando Toro: dispensa formazione docente n. 1 - Definizione di Biodanza e Modello Teorico
58
Vivençia
“Le vivençias sono una porta
attraverso la quale penetriamo nel puro spazio dell’essere,
dove il tempo smette di esistere
e siamo “qui e ora” per sempre”
Rolando Toro
La Vivençia è nella Biodanza, il punto di partenza: gli esercizi sono destinati
appunto a vivençiare, cioè a suscitare emozioni e stati d’animo capaci di
trasformarci, soltanto successivamente ne prendiamo coscienza.
Nella vivençia non c’è conflitto; il conflitto sorge tra la coscienza e il mondo
esterno. Biodanza è una sorgente di vivençias.
La vivençia è aprire delle porte alla nostra vita interiore.
È l’espressione originaria di noi - cioè l’essenza.
Anche nella vita posso entrare in un andamento vivençiale: entro ed esco dallo
stress che mi si può presentare. Il nostro stato culturale è depressivo. Danzando
si comincia guarire.
La vivençia è un atto creativo, è la vita per la vita. L’espressione è l’unica perché
ognuno danza a modo suo. Gli esercizi alla fine sono sempre gli stessi ma
cambiano perché noi cambiamo; si sviluppa sensibilità; piacere, cultura.
La Vivençia è alla base della metodologia (termine spagnolo che trova
traduzione solo in tedesco Erlebnis, fu usato per la prima volta dal filosofo
tedesco W. Dilthey). Vivençia significa “esperienza vissuta con grande intensità
da un individuo nel momento presente” e coinvolge la cinestesia, le funzioni
viscerali ed emozionali. E’ l’esperienza soggettiva del “qui e ora” (genesi
attuale).
La metodologia di Biodanza prevede l’induzione di vivençia d’integrazione per
attivare una profonda connessione con se stessi cui vengono associate situazioni
piacevoli in base alla teoria di B. F. Skinner del rafforzamento positivo: un
apprendimento si stabilizza incentivando il positivo piuttosto che castigando il
negativo.
Gli esercizi di Biodanza hanno un effetto vitalizzante e permettono l’espressione
dei potenziali dell’Identità (Vitalità, Sessualità, Creatività, Affettività,
Trascendenza) e il suo rafforzamento, attraverso la deflagrazione delle vivençias.
A differenza delle terapie cognitive che lavorano a livello verbale su un percorso
che va dai significati alle emozioni, Biodanza si basa sul percorso inverso: dalle
emozioni ai significati.
Biodanza è mossa da una sorta di “volontà di luce per illuminare l’insistente
tenebra”: far crescere la “parte luminosa” anche di un ammalato, la “parte
oscura”, tende a ridursi.
59
Le caratteristiche della vivençia sono:
1. Espressione originaria: espressione dell’identità;
2. Anteriorità della coscienza;
3. Spontaneità: non è controllabile dalla coscienza;
4. Soggettività: si manifesta a partire dall’identità;
5. Intensità variabile: diminuendo l’attività di controllo, aumenta la sua
intensità;
6. Temporalità: la durata è passeggera;
7. Emozionalità: dà origine ad emozioni;
8. Dimensione cinestetica: è sempre accompagnata da sensazioni cinestetiche;
9. Dimensione ontologica: una conoscenza intima connessa con la percezione
di essere vivo;
10. Dimensione psicosomatica: è il punto di congiunzione tra psichico ed organico.
Rolando Toro distingue la vivençia dall’emozione e dal sentimento: la prima è
una sensazione “qui e ora” con una forte componente cinestetica; l’emozione è
una risposta psicofisica di coinvolgimento corporeo rappresentato da impulsi
interni con orientamento centrifugo ed espressività; il sentimento è una risposta
elaborata nei confronti del mondo e delle persone ed è duraturo nel tempo.
Fisiologia delle Vivençia
Le vivençias hanno la loro rappresentazione fisiologica nel sistema limbicoipotalamico; inducono una diminuzione temporanea della funzione della
corteccia cerebrale mediante la sospensione provvisoria del linguaggio verbale, il
rallentamento dell’attività visiva (chiudere gli occhi) e della motricità volontaria
(movimenti lenti). Le musiche usate sono ritmiche e gioiose per attivare il
sistema simpatico, lente e melodiche per indurre stati di regressione e stimolare il
sistema parasimpatico.
1. La vivençia aiuta il sistema neurovegetativo, potenziando la nostra unità,
autenticità: la nostra parte Yang (principio maschile presente in ognuno di
noi).
2. Aiuta il sistema immunitario, vivençiando lo andiamo a vivificare.
3. Aiuta il sistema parasimpatico andando a sciogliere le tensioni, l’allarme
fisiologico che la vita ci fa avere. Si lavora nella nostra parte Yin (elemento
femminile che ognuno di noi abbiamo).
Lo stile di vita condizionato dalla cultura stimola prevalentemente le funzioni
ergotrope (dal greco ergon “lavoro, attività”), a scapito delle funzioni trofotrope
(dal greco trofé “nutrimento”, legata al riposo e alla riparazione organica).
Biodanza ristabilisce l’equilibrio tra queste due azioni.
60
Effetto della Vivençia sulle Funzioni Organiche
Vivençia è
Dilatazione del senso di spazio tempo
Sentirsi parte del tutto
Sentirsi se stessi
Gioia, affettività senza pregiudizi
Esprimere autenticità del proprio ritmo
Voglia di vivere
Libertà di espressione
Trasformazione
Incontro con l’altro per conoscere sé stessi
Paradiso del qui ed ora
(parole riportate dal Gruppo “Paradiso”)
61
Biodanza e Autoregolazione Organica
Biodanza è un metodo vivençiale che con un insieme di “esercizi-danza” o vivençias
e di musiche selezionate, utilizza la capacità di sentire con intensità e coinvolgersi a
livello corporale, permettendo l’affascinante esperienza del “qui ed ora”.
Si tratta di ritrovare il movimento pieno di senso, o il movimento vitale, con
anima ed emozione. Integrare la percezione (il sentire) e la motricità (il fare),
portando i nostri movimenti a divenire più integrati, e a riscattare il piacere e la
motivazione per muoversi.
In Biodanza, secondo il Prof. Toro, si utilizzano questi esercizi-danza o
“vivençias” per stimolare e integrare le funzioni originarie della vita, che sono le
funzioni istintive del sistema neurovegetativo, i meccanismi di lotta e fuga, gli
stati di veglia e sonno, la fame e la sazietà, la temperatura corporea, la funzione
respiratoria e cardiocircolatoria, il tono muscolare, l’adattamento di protezione
allo stress, i meccanismi di riposo, il ristoro biologico, ...
La proposta è di attivare in modo armonico gli impulsi istintivi, affettivi e
vivençiali in modo da modificare le soglie delle risposte neurovegetative e
rinforzare così, i meccanismi della regolazione viscerale.
Le proposte delle “vivençias” hanno lo scopo di attivare il sistema
integratore-adattatore limbico-ipotalamico, e questo si ottiene con esercizi di
diminuzione dell’attività corticale, ad esempio, rallentando il linguaggio verbale,
l’attività visiva, la motricità volontaria.
In Biodanza, tutti i movimenti più tonici, che stimolano la vitalità, la forza,
l’azione, come gli esercizi di espressione creativa, marcia sinergica, salti, danze
ritmiche, giochi ludici, sono “vivençias” di attivazione del sistema nervoso
autonomo simpatico-adrenergico, che producono a livello organico fisiologico
un aumento della pressione arteriosa sistemica e della frequenza cardiaca,
vasocostrizione splenica e periferica, aumento coordinato della produzione di
catecolamine, aumento del consumo di ossigeno e del metabolismo ossidativo,
ipoglicemia, aumento notevole del flusso sanguigno nella muscolatura
scheletrica, ipertonia muscolare, dilatazione pupillare, pilo-erezione, e altro
ancora.
Invece, tutti gli esercizi con movimenti rallentati, individuali, a coppie o in
gruppo, e anche quelli di stimolazione delle funzioni affettive, sono di
attivazione del sistema nervoso autonomo parasimpatico-colinergico, che
producono diminuzione del consumo di ossigeno, diminuzione della frequenza
cardiaca e respiratoria, della pressione arteriosa sistemica, dei tassi di lattosio
nel sangue arterioso, una accentuata vasodilatazione periferica (aumento della
sensibilità e calore nella pelle), attivazione del peristaltismo nel tratto digestivo,
62
aumento della secrezione delle ghiandole digestive, diminuzione della
secrezione di adrenalina (reazione di benessere e piacere), ...
Si verificano, tantissime reazioni organiche fisiologiche collegate ai nostri
movimenti ed emozioni. Questo vuol dire che ogni volta che camminiamo si
attivano i meccanismi fisiologici dei movimenti periferici espressivi, ed in ogni
momento di riposo vengono stimolati tutti i movimenti metabolici, di
assorbimento, di adattamento, di regolazione dell’armonia dei sistemi interni.
La Biodanza, quindi, attraverso il movimento integrato, stimola
l’autoregolazione organica in tutte le sue diverse sfumature, rendendo
l’organismo molto più sensibile e soddisfatto, dando un incentivo a ciò che è
sano.
Quando ci muoviamo con piacere, riusciamo anche a dormire con pienezza,
ossia, ci autoregoliamo. Quando i nostri movimenti quotidiani sono motivati da
esigenze vitali, i momenti di rilassamento sono di un vero godimento che ci
nutre. Se facciamo “vivençia” nell’azione facciamo “vivençia” nel riposo. Se ci
muoviamo in modo automatico o senza emozione non riusciamo ad avere la
“vivençia” di autoregolazione organica e rimaniamo in uno stato di “stress”
fisico e psicologico.
La vita organica è una “vivençia” di pienezza, sia quando siamo in azione
come nel magico attimo di scioglimento, nei momenti di lotta come in quelli di
puro amore.
63
Verso la definizione di Biodanza
“La qualità della vita non viene dal successo sociali
o economico ma dalla connessione profonda alla vita”.
Rolando Toro
Biodanza è un percorso alla ricerca di sé che si compie attraverso una
sensibilizzazione profonda alla vita che è in se stessi, nell’altro e nella natura. La
porta di accesso alla gioia di vivere è la sensibilità umana, funzione raffigurata
tramite la quale possiamo aprire la percezione e amplificandola, ampliamo la
nostra coscienza.
Aprire la percezione significa “ri-apprendere” a:
vedere
i miracoli della vita: la rugiada, un fiore che sboccia, il sole che
nasce, tramonta, gli astri che illuminano la notte, i colori della natura,
un bambino che tende la mano fiducioso, il sorriso di un amico;
ascoltare la musica delle parole, l’armonia della voce di un amico;
gustare
ogni gesto del quotidiano, assaporare la vita che è nella polpa sugosa
di una pesca, come in un bacio;
odorare
il profumo della schiuma fragrante di un cappuccino, della terra
bagnata, dell’erba appena tagliata;
toccare
accarezzare il manto morbido di un gatto, sfiorare la setosità di un
petalo di rosa, accarezzare la pelle dell’amato.
Nell’atto di non guardare, di non toccare, di non ascoltare l’altro, lo spogliamo
sottilmente della sua identità.
La gioia di vivere è entrare in relazione empatica (l’empatia è il fatto di mettersi
in modo immaginario al posto dell’altro per percepire ciò che percepisce, ma
senza prendere il suo posto né agire al suo posto. È tentare di comprendere le
cose dal punto di vista dell’altro, adoperando temporaneamente il suo
dizionario, la sua cartina geografica. L’empatia serve ad agevolare l’accesso
all’altro, alla diversità, per superare i conflitti e dissipare i malintesi. L’empatia
serve a raggiungerli, e a raggiungerci)25 con tutto ciò che ci circonda e percepire
il “vincolo vivente” fra noi e la natura, fra noi e l’universo, fra noi e gli altri
esseri umani.
25
Da “Mettere la Vita al Centro della Nostra Vita” - per una Cultura Biocentrica di Bruno Ribant
64
Non è possibile fare Biodanza da soli. La sua efficacia risiede proprio nel fatto di
essere in un gruppo affettivamente integrato che offre molteplici possibilità di
comunicazione e funge da “contenitore protettivo” durante la vivençia.
Biodanza non propone un modello di comportamento. Ogni individuo che entra
in contatto con se stesso in un processo di integrazione offre il proprio modello
genetico di risposte vitali.
Biodanza è rivolta a tutti: bambini, adolescenti, adulti, anziani, individui affetti
da disturbi motori o dell’umore e ..., è rivolta all’essere umano, senza
discriminazioni di sesso, razza, età, stato di salute, cultura o disponibilità di
mezzi (Biodanza: Rolando Toro – Red Edizioni Como 2000).
III
La Biodanza è una connessione di elementi in un tutto organico: per tale motivo
è definita un sistema.
Precisamente è un sistema di: integrazione umana, rieducazione affettiva,
rinnovamento organico e riapprendimento delle funzioni originarie della vita.
Integrazione umana
Integrazione significa ristabilire l’unità perduta tra percezione, motricità, affettività
e funzioni viscerali e accrescere la complessità del sistema umano con possibilità
sempre nuove.
Il nucleo integratore è secondo la Biodanza, l’affettività che influisce sui centro
regolatori limbico-ipotalamici. Il processo di integrazione si attua mediante la
stimolazione della funzione primordiale di connessione alla vita, che consente a
ciascun individuo di integrarsi: a sé, riscattando l’unità psicofisica; alla specie,
restaurando il vincolo originario con la specie come totalità biologica; all’universo,
riscattando il legame primordiale che unisce l’uomo alla natura e nel riconoscersi
parte di una totalità maggiore, il cosmo.
Lo scopo della Biodanza è quello di trasformare l’uomo dissociato in un “oloide”.
Rieducazione affettiva
L’affettività nell’uomo moderno è spesso gravemente perturbata, già nell’infanzia,
con gravi difficoltà all’interno delle relazioni, soprattutto per quanto riguarda la
capacità di stabilire legami affettivi con le altre persone, fino ad esprimersi, spesso,
in terribili atti di violenza. Malgrado gli sviluppi tecnologici abbiano migliorato
notevolmente la qualità della vita di gran parte dell’umanità, essa si trova carente
dal punto di vista affettivo.
La proposta negli esercizi di Biodanza è partire dal nucleo affettivo per riscattare il
nostro sentire e attivare l’integrazione.
65
La Biodanza ha come scopo essenziale quello di stimolare l’affettività nell’essere
umano fin dai primi anni di vita, mediante la sua applicazione nell’ambito
dell’educazione.
Rinnovamento organico
I sistemi biologici possiedono capacità di autorganizzazione e ogni organismo vivo
possiede la capacità di rinnovarsi e di stabilire nuovi livelli di equilibrio a partire da
certi stati di disordine.
In Biodanza il ringiovanimento organico avviene come effetto della stimolazione
dell’omeostasi, o equilibrio interno, e della riduzione dei fattori di stress.
La rigenerazione cellulare è stimolata mediante esercizi che inducono stati di
trance e di regressione integranti, che attivano il processo di rinnovamento e
regolazione globale delle funzioni biologiche, riducendo i fattori di
disorganizzazione del sistema. Si tratta di integrazione e non di cambiamento:
l’individuo resta quello che è, solo acquista nuove possibilità di espressione.
Durante gli esercizi, nelle vivençia si riproducono parzialmente le condizioni
fisiologiche inerenti alla prima infanzia, che hanno una relazione con il
metabolismo cellulare del bambino, quindi più accelerato di quello di un adulto: in
tali condizioni aumenta l’efficacia dei processi di riparazione organica.
Riapprendimento delle funzioni originarie della vita.
Consiste nella sensibilizzazione agli istinti di base, che sono una espressione della
programmazione genetica.
Gli istinti sono innati, ereditari e non richiedono apprendimento, ma si manifestano
davanti a stimoli precisi. Essi hanno per obiettivo quello di conservare la vita, di
permettere la sua continuità e la sua evoluzione.
Esiste una tendenza culturale ad associare l’istinto alla razionalità. Invece la
funzione istintiva rivela una sorta di saggezza biologica della specie che possiede la
sua propria logica, per questo è necessario modularli appropriatamente.
Molti istinti hanno i loro opposti complementari (per esempio, la fame ha come
opposto complementare la sazietà). Questa bipolarità degli istinti è, in realtà,
un’espressione della logica della vita, che permette di risolvere problemi di
adattamento in una scala molto ampia. La forza dell’impulso istintivo diminuisce
nella misura in cui esso si soddisfa. L’autoregolazione degli istinti ha una base
organica costituita da una infrastruttura neuroendocrina di notevole precisione: per
questa ragione la liberazione dagli istinti non rappresenta un pericolo, ma anzi,
riscattare nel proprio stile di vita una coerenza con questi impulsi innati è un modo
naturale per rispondere armonicamente alle necessità organiche e, quindi,
mantenere la salute.26
26
http://web.dsc.unibo.it/~bolognes/ig/homepage.html
66
Principio Biocentrico
“Le nostre vite non sono lasciate al caso come delle meteoriti ardenti nello
spazio concavo. Le nostre vite nascono dalla linfa millenaria del grande
creatore della vita: l’utero cosmico che ci nutre e respira con l’amore degli
elementi”.
Rolando Toro
Da un principio di caos c’è una grande forza organizzativa; basta vedere come si
organizza una rosa, una formica e come si organizza un uomo con coscienza e
amore. Siamo figli delle Stelle, il calcio delle nostre ossa, il ferro è simile alle
stelle e questi elementi hanno dovuto organizzarsi a partire da un programma.
Siamo vincolati all’universo e collegati da un filo sottile secondo del “Tutto”.
Nell’universo “l’attrattore cosmico” è l’amore non è organizzato a caso.
La teoria della biodanza si struttura a partire da un assioma, il “Principio
Biocentrico”, che nasce dalle scoperte realizzate nel campo della biologia
genetica, della scienza dell’evoluzione, dello studio comparato di strutture
morfologiche, della teoria dei sistemi di regolazione e dello studio biochimico
della memoria.
Il Principio Biocentrico è uno stile di pensare e di sentire il cui punto di
riferimento è l’Universo considerato come un immenso sistema vivente.
Secondo R. Toro, non sono solo le piante, gli animali, gli esseri umani e la terra
che esprimono la vita. Tutto ciò che esiste, dalla particella-onda fino alle
supernove, dai “rumori di fondo” cosmici al canto sonoro degli uccelli, dalle
sabbie del deserto e le rocce delle montagne, gli animali, gli umani e i loro
pensieri più sottili e le loro emozioni più oppressive, tutto è vita.
“l’Universo esiste perché esiste la Vita, non il contrario, e le relazioni di
trasformazione materia-energia sono livelli di integrazione della Vita”.
L’evoluzione dell’Universo è in realtà l’evoluzione della vita.
Il Principio Biocentrico entra in conflitto con la cultura antropocentrica della
nostra società, spostando l’attenzione dall’uomo alla vita: è il movimento che
genera la vita.
L’uomo per spiegare i fenomeni della vita è costretto ad isolarli, così da poter
osservarli e descriverli.
Il punto è proprio questo: fermare i processi per osservarli significa osservare
qualcosa perdendone l’essenziale, cioè il suo movimento. Il movimento è una
continua trasformazione che è la vita stessa, ma se ogni cosa cambia in
continuazione non ci è permesso descriverla. Infatti per descrivere il movimento
è necessario uscire da esso: la nostra società antropocentrica esce così dal
movimento e lo immobilizza.
67
Il Principio Biocentrico, per la Biodanza, è alla base di ogni processo umano:
politica, economia, scienza, legge, educazione, medicina, tutto deve ruotare intorno
alla vita.
I movimenti e le danze si organizzano come delle espressioni di vita e non come
mezzi per raggiungere dei fini antropologici, politici o socio-economici: si
sviluppano per creare più vita all’interno della vita.
Se le situazioni sociali e culturali sono avverse, non possono essere cambiate con
l’aiuto di ideologie e azioni politiche, ma ristabilendo a ogni istante nella nostra
esistenza le condizioni perché sia protetta. Ciò che conta è la presenza dell’essere
vivente che si manifesta in mezzo agli infiniti aspetti della realtà, poiché il senso
della vita è nella vita stessa e prescinde dall’elaborazione di significati estrinseci:
non conta “perché”, ma conta “come” si manifesta la vita.
La danza della vita è il cambiamento: ogni cosa si muove e crea un cambiamento
che influisce sugli altri. Non è possibile controllare il movimento, le cose accadono.
È possibile però scegliere e decidere momento per momento, senza essere schiavi di
scelte precedenti, perché il momento è cambiato e ogni individuo attimo dopo
attimo non è più quello di prima.
Attraverso il Principio Biocentrico arriviamo ai movimenti originari che vengono
dalla vita e alla percezione fondamentale dei legami che essa intrattiene con sé
stessa.
Il principio biocentrico si fonda sulle leggi universali che conservano i sistemi
viventi e che rendono possibile la loro evoluzione. È un nuovo modello per le
scienze umane: la Vita è al Centro, tutto il resto è secondario. La motivazione:
“vivere per vivere è assoluta”. Propone la Sacralità della vita per ogni persona in
senso trascendente.
III
“L’uomo attinge in se stesso i suoi materiali e si costruisce, come una casa”
Luigi Pirandello
Il Principio Biocentrico si manifesta nell’uomo attraverso l’istinto.
Nella nostra cultura l’istinto è generalmente messo al bando, in quanto considerato
pericoloso per l’uomo: un esempio concreto è la guerra, dove coloro che vi
partecipano lo fanno vincendo l’istinto di conservazione.
Anche altri istinti oggi si stanno disgregando, per esempio quello di nido, cioè di
avere una casa, a causa del diffuso individualismo, o come l’istinto di solidarietà.
La negazione dell’istinto da parte dell’uomo avviene attraverso la corteccia
cerebrale che non è più in grado di modulare gli istinti ma solo di reprimerli. Per
esempio se un uomo sente una forte attrazione per una donna, non le si butta
addosso, perché dentro di noi c’è un meccanismo dovuto dalla corteccia cerebrale
che suggerisce delle strategie socialmente accettabili per conquistarla.
68
Tutti gli istinti possono essere modulati socialmente e molte volte questa
modulazione è necessaria e auspicabile. Purtroppo, però, nel tempo la capacità
della corteccia cerebrale di modulare gli istinti, si è trasformata in repressione.
La Biodanza aiuta a rivalutare gli istinti e a restituire all’individuo la giusta
misura della funzione di modulazione, superando la repressione.
L’istinto può essere considerato come la “memoria della specie”, finalizzato a
preservare la vita.
Gli esseri viventi sono dei sistemi autoregolati, le cui funzioni automatiche
hanno origine nella perfezione dei sistemi omeostatici, incaricati di conservare
l’unità organica. Nei mammiferi superiori e specialmente nell’uomo esistono
altri sistemi non autoregolati, che spesso interferiscono gravemente sull’unità
funzionale.
Anche l’autonomia dell’uomo, la sua libertà e capacità di scelta costituiscono un
rischio per la sua sopravvivenza: il disordine dell’equilibrio ecologico prodotto
dalla società umana sono un esempio. Il messaggio genetico contenuto nel DNA
contiene un codice universale, che obbedisce a un piano biochimico basilare e
comune a tutte le forme di vita.
Una delle caratteristiche essenziali della vita è l’autorganizzazione, cioè
un’autonomia biologica secondo cui le cellule sembrano “sapere” come spostarsi
nel tempo e nello spazio per generare i diversi organi e svolgere funzioni vitali.
Le cellule e i tessuti possiedono una sorta di “cognizione” che permette loro di
organizzarsi: per definire questo processo Rolando usa il termine “inconscio
vitale”.
Gli organismi viventi seguono linee evolutive diverse in armonia con le
condizioni ambientali, e a volte si mantengono all’interno di uno stesso modello
strutturale per milioni di anni, altre si modificano e perfezionano le loro funzioni
biologiche, altre falliscono nel processo di adattamento e si estinguono. Le
specie degli esseri viventi si differenziano tra loro e all’interno di ogni specie il
processo di differenziazione individuale si definisce secondo le possibilità di
sviluppo offerte dall’ambiente e la selezione operata dal caso.
Il potenziale genetico umano può essere stimolato in modo straordinario
attraverso dei sistemi di sviluppo e di integrazione, come la Biodanza. I processi
di apprendimento delle specie dipendono dalla memoria, in quanto
l’apprendimento implica una modifica biochimica dell’organismo.
La connessione alla vita passa attraverso la connessione all’istinto, che è il
garante della salute e della salute dell’intelligenza.
III
69
Inconscio Vitale in Biodanza
L’Inconscio Vitale “è”, non c’è divisione, passa per tutto, è uguale per
tutti. È quello che fa esistere le cose.
Gli studi biologici hanno evidenziato l’esistenza di un comportamento autonomo
delle cellule e dei tessuti. Il concetto di “inconscio vitale” si riferisce allo
“psichismo cellulare”, termine indicato per alludere all’analogia fra il
comportamento autonomo delle cellule e il nostro comportamento psichico.
Le cellule, infatti, svolgono delle funzioni simili alle nostre funzioni psichiche:
hanno una forma di memoria, manifestano attività di rifiuto, solidarietà tra di loro, e
si avvalgono di molteplici forme di comunicazione. Lo psichismo cellulare per la
conservazione degli esseri viventi coordina le funzioni di regolazione organica e
omeostasi.
Ogni cellula, che contiene in sé tutto il mistero della vita, è completa come un
organismo e ha la capacità di esser autonoma e conoscere il proprio ordine.
L’umore parte da un benessere a livello cellulare che genera un’armonia interna
dove le cellule preferiscono, non scelgono, automaticamente il benessere: questo
fenomeno è detto “umore endogeno”. Questo benessere non si limita a rimanere
dentro, ma viene portato fuori nel rapporto con gli altri danzando la vita ed entrando
in armonia con il tutto.
L’Inconscio Vitale è questo psichismo che genera regolarità e mantiene stabili le
funzioni organiche. Esso ci permette di comprendere in profondità il Principio
Biocentrico, come “tendenza” cosmica che genera la vita.
L’Inconscio Vitale è in sintonia con l’essenza vivente dell’universo e possiede una
grande autonomia rispetto alla coscienza e al comportamento umano. Nel
quotidiano si manifesta con l’umore endogeno, il benessere cenestesico e lo stato
generale di salute. Quando la sintonia viene turbata inizia la malattia. L’atto di
guarigione è un movimento finalizzato a recuperare questa sintonia vitale con
l’universo.
Il concetto di Inconscio Vitale si colloca in relazione a quelli di “inconscio
personale” di Sigmund Freud e quello di “inconscio collettivo” di Carl Gustav Jung.
I tre stati di inconscio sono collegati.
L’inconscio personale possiede dimensione biografica e si nutre della memoria di
fatti vissuti soprattutto durante l’infanzia.
L’inconscio collettivo si nutre della memoria della specie, studia gli archetipi
comuni a tutta l’umanità e ha come obiettivo la rivelazione del Sé mediante il
processo di individuazione.
Le vie di accesso all’inconscio vitale sono l’alimentazione, i giochi, il buonumore,
le risate, il massaggio, le carezze, l’erotismo, le vivençia di Biodanza in generale,
specialmente quelle di regressione mediante la trance in acqua, indotte
nell’ambito della Biodanza acquatica, Biodanza e argilla.
70
Alcuni disturbi organici profondi sono espressioni di un inconscio vitale caotico.
I sintomi elencati qui di seguito indicano che l’inconscio vitale si trova
destrutturato:
− astenia (mancanza di forze);
−
perversione27 degli istinti;
−
disturbi psicosomatici;
−
disturbi dell’umore endogeno (tendenze autodistruttive, mania, panico,
angustia endogena, depressione).
La presenza di alcuni di questi sintomi (uno oppure alcuni) rende possibile la
realizzazione di una lettura diagnostica che consente di prescrivere un
trattamento coerente mediante una mobilitazione armoniosa di quei contenuti
dell’inconscio vitale che si trovano bloccati. Esercizi specifici di Biodanza, come
quelli dell’elenco che segue, possono agire sui differenti aspetti dell’inconscio
vitale riferiti ai sintomi sopraccitati.
−
Astenia: esercizi della marcia e danze di espressione dell’energia e
dell’impeto vitale.
−
Perversione degli istinti: esercizi di espressione degli istinti come, per
esempio, la Danza yang (istinto di lotta e fuga); la Cerimonia dei frutti
(istinto alimentare); Incontri ed esercizi di accarezzamento finalizzati a
stimolare l’erotismo (istinto sessuale); Nido di gruppo (istinto territoriale);
Danza con spostamento (istinto migratorio).
−
Disturbi psicosomatici: esercizi di stimolazione armonica dei sistemi
ergotropico e trofotropico come, per esempio, gli esercizi di estensione e di
fluidità; gli esercizi di Biodanza acquatica; di Biodanza e argilla; e di
Biodanza e massaggio.
−
Disturbi dell’umore endogeno:esercizi di stimolazione della vitalità (come la
Danza a due con ritmi tropicali e i Giochi di vitalità, per esempio); esercizi di
accarezzamento; Danza di piacere cenestesico; esercizi di Biodanza
acquatica; esercizi di Biodanza e massaggio.
L’unica via di accesso all’inconscio vitale è la vivençia, e la Biodanza è la via
regia per indurre vivençia, capaci di migliorare l’umore endogeno.
(Rolando Toro: dispensa formazione docente n. 2 – Inconscio Vitale e Principio Biocentrico)
27
Perversione degli istinti: l'autore utilizza qui il termine “perversione” per indicare il disturbo della funzione di
autoregolazione intrinseca agli istinti (ndc).
71
SACRALITÀ
La vita intera è sacra, in ogni suo palpito, in ogni suo atto, in ogni sua
manifestazione. Non soltanto parti di essa, o attività alle quali conferiamo un
significato superiore. Non soltanto parti di noi sono sacre e nobili, ogni nostro
gesto porta in sé la fiamma della rivelazione. Percepire la sacralità della vita,
della propria e di quella di ogni forma vivente è nella Biodanza quasi una trama
sottile che ordisce un ricamo dell’esistenza come un incessante cantico di lode a
se stessi, all’altro, all’universo. Sacralità per la vita è lo stupore, la meraviglia
perenne, l’innocenza, l’apertura allo sconosciuto, l’affidarsi all’esistenza come
ci abbandoniamo tra le braccia di chi ci ama e ci protegge. Riportare al centro
dell’esperienza umana la sacralità dell’esistenza significa per la Biodanza
ristabilire la funzione di connessione con la vita. Ci connettiamo con la vita
quando ci connettiamo con noi stessi: quando cioè prendiamo cellularmente
consapevolezza di voler proteggere la nostra “fiamma interna” che palpita nel
cuore. Ciò implica la percezione meravigliosa del sentirsi unici, la gioia di
essere vivi e di procedere con dolcezza e determinazione verso valori e
comportamenti che proteggono e nutrono la vita; significa sapersi proteggere e
andare istintivamente verso ciò che ci nutre e allontanare ciò che ci intossica,
scegliere quotidianamente ciò che realizza il nostro benessere. Ci connettiamo
con la vita quando ci connettiamo con l’altro; quando ci sentiamo capaci di
profonda empatia, al punto che due esseri non ne formano più che uno soltanto,
universale. “Il flusso e riflusso dell’energia vitale -scrive Rolando Toro - si
stabilisce; gli sguardi si accendono nella passione degli occhi dell’altro, il
contatto si intensifica, in uno stato di sincronizzazione totale, di eutonia, di
fluidità, di ritmo unificatore”. Ci connettiamo con la vita, infine quando ci
abbandoniamo profondamente alla sua pulsione originaria, e nel gruppo
biodanzante facciamo esperienza del fluire nella totalità cosmica. “Una vivençia annota Toro - di connessione con l’anonimo, con la vita originaria che mette in
contatto, non più con un altro individuo, ma con la specie umana”. Le mani
allacciate nel cerchio biodanzante comunicano questo tipo di connessione; il
sentirsi parte di una comunità che va oltre l’io, supera i confini della coscienza, i
confini del percepito, per divenire stato di estasi che è comprensione di essere
vita piena e sacra in un universo senza limiti che ci accoglie.
Tratto da: “l’Alfabeto della Vita – Poetica della Biodanza”
I
72
Modello Teorico della Biodanza
L’efficacia della biodanza si fonda sulla sua coerenza e sulla sua consistenza
teorica. Rolando Toro ha elaborato un modello teorico che possiamo intendere
come un contenitore all’interno del quale ci muoviamo in un processo di
sviluppo che tende verso l’integrazione e quindi il benessere, per stare meglio
con noi stessi e con gli altri.
Nel 1965 Rolando Toro incomincia ad usare la danza con i malati dell’ospedale
psichiatrico di Santiago del Cile. In quegli anni, per umanizzare la medicina si
provavano tecniche psicoterapiche di gruppo secondo il modello di Carl Rogers,
arteterapia, psicodramma ecc. Guidando degli incontri di danza con i malati,
individua un continuum pulsante tra identità e trance e abbozza il primo asse del
modello teorico.
Successivamente, nel Modello Teorico,”Trance” verrà sostituito con “Regressione”.
Nell’arco di quarant’anni circa, il modello ha subito alcune modifiche
conservando la struttura originaria.
Il “modello teorico della Biodanza”
73
Il modello teorico si articola lungo due assi collocati all’interno di una spirale:
l’asse verticale è stabile, quello orizzontale è pulsante. La spirale rappresenta
l’apertura del modello ai processi universali.
Il caos è il luogo di interazione dove si creano sistemi complessi, la vita è un
processo creativo che va dal caos all’ordine.
La filogenesi è la storia dello sviluppo delle specie viventi, nel modello teorico
rappresenta l’eredità genetica.
Alla base dell’asse verticale del modello si trova il potenziale genetico inteso
come l’insieme delle potenzialità ereditate geneticamente contenute nei
cromosomi, che si esprime lungo le seguenti linee di vivençia:
1) Vitalità: intesa come slancio vitale, salute, allegria. Comprende gli istinti di
fame, sete e conservazione, le risposte di lotta o fuga, la regolazione tra attività e
riposo.
2) Sessualità: capacità di sentire il desiderio sessuale ed il piacere, compreso
l’istinto di riproduzione. La possibilità di scoprire che il corpo è gentile, è tenero,
e possiede un’armonia meravigliosa, è voluttuoso, è bello. Il piacere della vita; il
piacere della danza in Biodanza è la prima apertura.
3) Creatività: capacità di rinnovamento applicata alla propria vita; comprende
l’istinto di esplorazione e gli impulsi di innovazione. Noi siamo
contemporaneamente il messaggio, la creatura, e il creatore.
4) Affettività: capacità di dare protezione; accettazione della diversità umana senza
discriminazione; istinto di solidarietà, impulso gregario, altruismo. Origina
sentimenti d’amore, amicizia, altruismo, solidarietà, maternità, paternità. Anche
sentimenti come l’ira, la gelosia, l’insicurezza, l’invidia fanno parte di questa
linea.
5) Trascendenza: capacità di andar al di là dell’Io ed identificarsi con la totalità
cosmica; capacità di sperimentare gli stati di espansione della coscienza.
Guardare negli occhi dell’altro con un altro sguardo.
Le linee di vivençia trovano origine nell’esperienza originaria, intrauterina,
definita da Jung “esperienza oceanica”, la cui differenziazione genera le proto
vivençias, cioè le esperienze che il neonato realizza nei primi sei mesi di vita, le
prime risposte agli stimoli interni ed esterni. Gli eco-fattori sono stimoli
dell’ambiente che possono ostacolare o favorire l’espressione genetica; Biodanza
crea eco-fattori positivi per stimolare lo sviluppo del potenziale.
L’integrazione nel modello è un processo a cuspide verso cui si dirige lo
sviluppo delle suddette linee di vivençia e consiste nell’interazione reciproca,
dinamica e creativa che si produce nell’espressione di queste cinque linee di
impulsi innati. Relazionandosi tra loro si potenziano reciprocamente.
Sull’asse orizzontale del modello si trova il continuum identità-regressione che
rappresenta la naturale alternanza degli stati di coscienza. I due poli (dell’identità
74
e della regressione) formano un circuito in perfetto movimento che progredisce a
spirale verso l’integrazione. L’identità è la nostra essenza. È il centro a partire
dal quale io mi sento il mondo e mi differenzio da esso. Cambia ad ogni istante
e, tuttavia ne conserva l’essenza. Essa è innanzi tutto corporea. Nella dimensione
corporea una delle caratteristiche dell’identità è il movimento: da qui proviene il
collegamento stabilito tra l’identità e la danza. L’esperienza del ritorno
all’indifferenziato dove essa viene avvertita come una parte del “Tutto”,
costituisce il punto di unione tra identità e regressione. In Biodanza questo
avviene in modo armonioso e progressivo. L’identità si manifesta solo attraverso
l’altro; a questo proposito R. Toro cita M. Buber e la realtà del “Noi” e
dell’esistenza dell’uomo non come creatura isolata ma relazionale. Il senso di
comunione raggiunto attraverso la danza provoca una regressione, accompagnata
da una perdita temporanea dell’identità.
Genesi della Vivençia nelle Proto-vivencie
della Prima Infanzia
Protovivençia
Vivençia
Movimento
Carezze
Espressione
Sicurezza - Nutrimento
Armonia
Vitalità
Sessualità
Creatività
Affettività
Trascendenza
Linee di Vivençia
Emozioni e
sentimenti
Esperienze
evolutive
Protovivençia
Linea di Vivençia
Movimento
Energia
Vitalità
Contatto
Carezze
Sessualità
Libertà
Creatività
Esaltazione creativa
Affettività
Tenerezza
Amore
Amicizia
Fraternità
Autodonazione
eucaristica
Trascendenza
Beatitudine
Godimento supremo
Estasi
Amnios
(sicurezza)
Nutrizione
(alimento)
Armonia
Respirazione libera
Allegria
Impeto vitale
Entusiasmo
Desiderio
Piacere
Autonomia
Fusione orgasmica
Voluttuosità
Creazione artistica
Creazione
scientifica
In Biodanza la trance viene indotta mediante un processo di identificazione
profonda con la musica, in cui l’individuo si lascia trasportare dal movimento
75
fino ad annullare la percezione del confine tra l’esterno e l’interno e diventa la
musica; egli non è posseduto ma semplicemente si integra in un’identità
maggiore che è il gruppo; è uno stato dell’Io ridotto e la percezione del corpo è
armoniosa, le tensioni muscolari spariscono, la sensibilità corporea si sposta
verso la pelle che diventa più sensibile. Lo stato di trance è un fenomeno in cui
l’individuo si abbandona agli altri. Il termine “trance” deriva dal latino transire e
significa “passare” quindi un cambiamento di stato di coscienza accompagnato
da modificazioni cinestetiche.
III
Lo sviluppo evolutivo delle potenzialità genetiche
La Biodanza stimola e promuove lo sviluppo evolutivo rinforzando l’espressione
dei potenziali genetici rappresentati dalle Cinque linee di Vivençia tramite
esercizi specifici per ognuna di queste, e facilitando il contatto con l’identità
profonda, libera dalle maschere e dai ruoli che la cultura impone. Tutto questo
processo si svolge nell’ambito del gruppo, non è un sviluppo solitario, ma
attraverso l’altro e con l’altro. L’individuo normale sviluppa tutte e cinque le
linee, se anche una sola di queste è assente o atrofizzata, egli è carente e può
manifestare dei sintomi psicosomatici.
Nella Biodanza il processo d’integrazione e sviluppo si compie mediante la
realizzazione di esercizi specifici con i quali stimolare le linee di vivençia che
non sono progredite. Si possono formulare le prescrizioni necessarie a ciascuno.
Integrazione e dissociazione
In Biodanza il processo di integrazione si realizza mediante la stimolazione della
funzione primordiale di connessione con la vita, la quale permette a ciascun individuo
di indirizzarsi, con una forza selettiva intensa, verso delle forme di azione che
rinforzano suo sviluppo e lo integrano a se stesso, alla specie, al cosmo.
Integrazione è unione. L’integrazione proposta nella Biodanza parte da osservazioni
sui diversi livelli di dissociazione manifestati dall’uomo contemporaneo. La
dissociazione è la separazione delle parti all’interno di una totalità; dal punto di vista
della “Gestalt”, essa designa la perdita di relazione tra la parte e il tutto.
Le dissociazioni si manifestano come risposta a determinati conflitti interiori che
anche se personali, sono propri dell’intera umanità. Le dissociazioni a livello
corporeo riflettono una dissociazione psichica la quale si può leggere attraverso
l’osservazione della postura assunta dal soggetto e dei suoi movimenti corporei.
Le dissociazioni possono manifestarsi a livello motorio, sensitivo-motorio, affettivomotorio, e ideo-motorio. Una delle più gravi è quella tra l’affettività e il pensiero
astratto. Tale dissociazione è all’origine della ideologia, da essa scaturiscono i
comportamenti crudeli e disumani.
76
Esercizi di Azione Integrativa:
Gli esercizi di “Integrazione Motoria” hanno l’obbiettivo di superare le
dissociazioni motorie ed affettivo motorie indotte dalla struttura culturale e dai
conflitti personali.
Esercizi di integrazione motoria:
Marcia sinergica, marcia fisiologica, fluidità (serie 1,2,3), estensione massima,
estensione armonica, elasticità integrativa, danza Yin, danza Yang, integrazione
Yin-Yang.
•
Esercizi di integrazione sensorio-motoria: Si combinano i movimenti con
gli stimoli musicali; danze ritmiche, esercizi di variazioni ritmiche, danze
con temi melodici.
•
Esercizi di integrazione affettivo-motoria: Si associa l’affettività al
movimento; Eutonia, esercizi di espressione affettiva, danze d’amore,
fluidità in coppia, esercizio di integrazione petto-braccia.
Attraverso esercizi specifici di integrazione affettivo-motoria si permette di
esprimere le proprie emozioni e di contattare l’altro come essere vivente
portatore di vita.
•
Esercizi di integrazione sensitivo-motoria: Si abbina la motricità alla
sensibilità; Danza Yin, danza di contatto minimo, danze degli Angeli,
esercizio di piacere cenestesico.
L’integrazione del gruppo si realizza mediante esercizi della linea di Affettività
(incontro, gruppo compatto di culla, abbracci, ronde ed altri).
L’integrazione alla natura si realizza mediante esercizi della linea di
Trascendenza. L’azione di Biodanza viene esercitata sui potenziali intrinseci di
Vitalità, Sessualità, Creatività, Affettività e Trascendenza: esprimendo i suoi
potenziali l’essere umano non rimane più vincolato solo al ruolo sociale e
culturale ma tende allo sua natura profonda di essere vivente.
“Recuperando la connessione con se stessi, con gli altri e con l’universo
intero”.
La stimolazione dei potenziali genetici si realizza attraverso la vivencia: la nostra
vita è pura manifestazione di potenziali latenti che stimolati positivamente
dall’ambiente si realizzano pienamente nel mondo.
•
La Biodanza si può considerare un “bombardamento” di ecofattori positivi,
stimolando i nostri potenziali innati a fiorire e questo avviene attraverso la
musica, la danza e le situazioni di incontro con il gruppo. Le vivencias
generate do questa “stimolazione guidata” modificano le funzioni limbicoipotalamiche influendo nella percezione del mondo.
77
La Gestalt
musica-movimento-vivençia - un “insieme organizzato”
“Un sistema le cui parti sono dinamicamente connesse, in modo tale che il
modificarsi di una parte produce un cambiamento in tutte le altre.”
definizione di Kurt Lewin
La funzionalità di Biodanza richiede la partecipazione simultanea dei tre
elementi, quindi, una musica unita a movimenti corporei ad essa coerenti
produrrà in ciascuno vivençias affini anche se con sfumature diverse. Ad
esempio un allievo che ha più esperienza entrerà in vivençia con maggior
intensità anche all’interno di un gruppo “principianti” in quanto la sua capacità
di sentire è facilitata e la repressione diminuita.
La musica è un elemento importante nella Gestalt di Biodanza. R. Toro distingue
due livelli di esperienza musicale riferiti alla musica organica e a quella
inorganica. La prima presenta attributi “biologici” e forma un tutto unico con
l’emozione che contiene. La seconda è quella contemporanea che si caratterizza
per essere sempre più riflessiva ed astratta e non ha coerenza emotiva.
I movimenti naturali dell’essere umano (camminare, saltare, stiracchiarsi), i gesti
connessi ai riti associativi (dare la mano, abbracciare, cullare) ed i gesti
archetipici, costituiscono i modelli su cui vengono impostati gli esercizi,
strutturati in relazione al modello teorico, e i loro effetti sono previsti e sempre
sotto controllo. I tipi di esercizi sono:
-
individuali, in coppia, in piccoli gruppi e che coinvolgono tutto il gruppo
come unità;
di integrazione, di sensibilizzazione e di espressione dei potenziali genetici;
con un simbolismo archetipico.
La maggior parte degli esercizi si esegue con la musica ma ci sono momenti in
cui il partecipante si esprime con il canto o il silenzio.
Uno degli esercizi di Biodanza che deriva da un’azione abituale è camminare; si
chiama marcia e deve adempiere a dei requisiti: sinergia, integrazione del
movimento delle gambe con quello del tronco, integrazione del movimento della
pelvi con quello del petto, motivazione affettiva e regolazione della velocità
personale, attiva la vivençia di avanzare nell’esistenza con eleganza ed impeto
78
vitale. Altro modello di movimento naturale è l’abbraccio e si chiama incontro.
L’emozione legata a questo esercizio, comprende la fraternità, la comunione e la
generosità: è il momento dell’incontro con sé e con l’altro. Ha carattere di rito
sociativo, implica l’apprendimento dei comportamenti di avvicinamento,
comunicazione e contatto; le persone si avvicinano progressivamente
guardandosi negli occhi aiutati dalla musica, si abbracciano e dopo un attimo si
congedano delicatamente. La condizione è la reciprocità dei gesti, cercare una
forma di incontro che non comporti nessun tipo di imposizione; implica il
rispetto e la sensibilità nei confronti dell’altro e la capacità di esprimere con
chiarezza i propri limiti per non essere prevaricati.
L’esercizio stimola una forma indifferenziata di affettività che poi nella vita
quotidiana tenderà ad attenuare comportamenti discriminatori e pregiudizi. La
funzione terapeutica del contatto possiede varie spiegazioni. Dal punto di vista
psicologico riduce la repressione sessuale e la tendenza all’autoritarismo,
facilitando l’integrazione e l’autostima. Il contatto avviene all’interno di un
processo progressivo di comunicazione affettiva e di empatia, a volte raggiunge
la qualità di carezza.
Modello naturale di movimento: gesti archetipici
Esercizio: “Posizioni Generatrici di Danza”
I gesti archetipici
A partire dal Potenziale Genetico Rolando ha cercato e trovato la strada per
andare verso quella che Rolando ha definito la “Grazia”, serbatoio di gesti
antichi che vengono chiamati archetipici – “gesti eterni” che l’uomo ha sempre
fatto e perciò appartengono alla memoria dell’umanità. Appaiono nei
bassorilievi, nelle sculture e nelle pitture di ogni epoca ed esprimono
l’espressione della vita umana: adorazione, senso della maternità, intimità,
attività arcaiche come l’agricoltura.
L’archetipo è una immagine che ci abita e la proposta di Biodanza è integrare
l’archetipo danzandolo. Nella danza, che è movimento emozionato, l’archetipo
prende vita. Alla base di qualsiasi atto umano c’è un archetipo, ci sono un Dio e
una Dea mitologici dietro a ogni nostro comportamento.
Rodolfo Von Laban, ballerino, sostiene che i movimenti della danza sono i
movimenti della vita.
Etienne Decraux ha selezionato 22 posizioni di base che generano i movimenti
dell’arte mimica classica. In Biodanza Rolando ha selezionato 22 gesti
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archetipici suddivisi in tre codici per la progressività, la cui combinazione
permette di creare delle danze spontanee di grande ricchezza e profondità umana.
I gesti archetipici appartengono all’Inconscio collettivo, descritto da C. G. Jung,
e costituiscono delle vere matrici espressive.
SCHEMA DEI 3 CODICI DELLE POSIZIONI GENERATRICI
CODICE 1
CODICE 2
CODICE 3
1- Connessione con
l’infinito
1- Fluttuare nel liquido
amniotico
1- Ricevere la grazia
2-Intimità
2- Connessione con
il primordiale
2- Elevazione
3-Valore
3- Autodonazione
3- Evocazione e liberazione
dell'energia interna
4- Proteggere la vita 4-Espansione
(Uomo Stella)
4-Magnetismo
5- Dare-Darsi
5- Atemporalità
5- Connessione Cielo-Terra
6- Ricevere
6- Determinazione
6- Ispirazione
7- Chiedere
7- Verso l'incontro
con il fratello
7- Illuminazione
8- Il Lavoro
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Le “posizioni generatrici di Danza”
Rolando Toro ha chiamato questi gesti archetipici “posizioni generatrici di
danza” perché la danza ci attiva una cenestesia che possiamo trasmutare anche in
coreografie.
A differenza della danza espressiva che è una combinazione di movimenti
organizzati dalla personale emozione del ballerino, la danza che sorge dalla
combinazione di posizioni generatrici, possiede una dimensione più universale e
allude alla Grandezza dell’Uomo. Vibra molto di più.
Danza Espressiva
Danza di Posizione Generatrice
si esprime l’originalità della persona
Coreografie nascono spontanee a
livello cellulare
Le Posizioni Generatrici hanno l’obiettivo di connetterci con la nostra parte
sacra, con la nostra origine divina, con la nostra essenza. Appartengono alla
Linea di Vivençia della Trascendenza.
Ho avuto l’opportunità in uno stage di formazione permanente presso la mia
scuola di poterle vivere tutte ventidue. Personalmente nel mio percorso
biodanzante ne avevo danzate alcune, ma ventidue è stata un’esperienza
trascendente al massimo, bellissima e commovente.
Vorrei fermarmi nell’esporre Biodanza anche se ci sarebbe ancora molto,
proprio con questa esperienza così intensa, vissuta da poco tempo, ma che
rimarrà sempre con me.
Grazie a Sandra e Raffaella che hanno reso possibile questo, e un grazie forte
anche ai miei compagni.
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Codice 1 - Posizione Generatrice
VALORE
Pugni chiusi, braccia tese, testa diritta e
atteggiamento sereno. Si incrociano le
braccia con lentezza e fermezza sul petto,
nell’atto di trattenere un potere e di
difendere un valore interno. Il gesto si
riferisce al valore interiore della persona
intesa come creatura trascendente. Questa
posizione favorisce danze d’identità nelle
quali si rinforza il “sé”. Gli occhi
guardano in avanti ed i piedi sono lievemente
separati.
Musica: Richard Strauss -. Così parlò Zaratustra,
Codice 1 - Posizione Generatrice
IL LAVORO
Braccio destro all’indietro nell’atto di
lanciare. Il gesto consiste nel dare un impulso
vigoroso a qualcosa che si trova nella mano,
tenuta semiaperta. Il braccio sinistro
accompagna naturalmente il movimento,
moderando la forza del braccio opposto. La
gamba destra è all’indietro in un perfetto
sinergismo. La posizione favorisce i
movimenti del lavoro manuale, come i lavori
agricoli, ed i movimenti dello sport.
È interessante l’utilizzo di questa posizione per
stimolare la sincronizzazione e l’euritmia del
gruppo, creando spazio a coreografie
libere relative a cerimonie collettive di lavoro.
Musica: Pink Floyd - Wish you were here (Parte II)
(immagini e testo da:Rolando Toro – dispensa formazione docente “Le Posizioni Generatrici”).
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Biodanza è … Biodanza è … guardare il vostro danzare e sentire il cuore aprirsi, pronto a ricevere la vostra bellezza. Biodanza è … vedere la paura vinta dal coraggio di togliere i veli che nascondono la vera natura e la reale espressione di ognuno di noi Biodanza è … disponibilità a donarsi e a donare i tesori migliori che ognuno porta con sé: chi la bellezza, chi la gioia di vivere, chi la forza, chi l’amicizia, chi la sensualità, chi la tenerezza, chi l’amore. Biodanza è … ascoltare le vostre poesie che portano alla luce la forza e l’intensità dell’anima. Che hanno il potere di superare le dighe di sbarramento oltre alle quali scendono lacrime di liberazione e di amore profondo. Biodanza è … vedere e scoprire l’importanza del dono della creatività. Opere importanti che, nella loro semplicità, mandano messaggi di fratellanza e di unione; unione che nemmeno la distruzione può scalfire o cancellare. Biodanza è … capire quanto lontana è la mente dal cuore e quanto il cuore aiuti a conoscere meglio i nostri compagni di avventura. Di quanto siano belli e diversi da come la mente ce li propone, scoprendo che nel proprio intimo ognuno ha fonti limpide ed immense di nutrimento per una vita migliore. Biodanza è … sentire il bisogno di dire grazie a tutti voi per tutto ciò. Angelo Padova, 24 giugno 2000 …da qualche anno Angelo danza assieme alle stelle ````
Biodanza è per me:
è la scoperta continua di me stessa
è la possibilità di entrare dentro di me
per trovare dei tesori,
a volte no e, poterli manifestare al mondo
facendolo partecipe
è soprattutto aver capito, aver vissuto e,
credere che la mia identità cambia ad
ogni istante ma non la mia essenza
è non squalificare me stessa
è poter accarezzare
abbracciare
è poter danzare
è guardare negli occhi di un compagno
e vedere il suo mondo
Roberta
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Silvia Pisani “La danza della vita”
`
Le mie danze di Biodanza
Non credo di aver potuto danzare tutte le danze di Biodanza, ma sono
fiduciosa. Certo è che ogni danza in questi anni è stata vissuta intensamente ma,
alcune sono dentro di me perché sono state danzate in particolari momenti della
mia vita o hanno permesso che potessero avvenire dei cambiamenti.
Vorrei provare a parlarne un po’ …
La prima danza in assoluto è stata “la danza di Leggerezza con Spostamento
nello Spazio” con musica di Glenn Miller “Moonlight Serenade”, la quale mi ha
permesso di lasciarmi andare, sentivo il mio corpo leggero, arioso, volava nello
spazio, incontrando gli occhi dei compagni. Da questa danza è nata la decisione:
far parte dei biodanzanti.
La Camminata per me è stata una danza di osservazione e trasformazione,
osservazione perché soprattutto agli inizi mi trovavo ad osservarmi, e a
percepirmi nei mie movimenti nella postura quando camminavo sia in sala ma
soprattutto per la strada. Mi sembrava quasi impossibile ma lentamente delle
trasformazioni ci sono state. Migliorando la postura, si migliora lo stile di vita.
Nel primo Progetto Minotauro come sfida personale ho Camminato per la Vita. I
passi all’inizio erano incerti, avrei voluto quasi non camminare più, ma poi i
passi sono diventati più sicuri, le spalle più diritte, gli occhi più vivi e
l’abbraccio finale di tutti, una conferma.
La prima volta che danzai la danza del Marcare Il Territorio, il proprio spazio,
quasi fu un disastro perché quale era il mio spazio? Successivamente provavo
piacere a danzarla, marcavo il mio terreno ma, con animo sereno, senza
aggressività.
La danza della Tigre, uno dei quattro animali in Biodanza non è stata semplice
danzarla, ci sono stati dei passaggi. Non era facile né attaccare né sfuggire
all’aggressione. È una
danza bellissima dove esiste la sinergia delle
caratteristiche proprie dell’animale: l’armonia del fellino, la potenza dei
movimenti, l’agilità, la sinuosità. Come simbolismo è legata all’elemento fuoco.
È una danza che sento molto mia. Ho imparato a danzarla sia come
combattimento ma non con l’aggressività violenta verso un compagno o più
compagni e danzarla con la possibilità decisionale di attaccare o no. È una danza
vitale, creativa, sensuale vissuta sempre pienamente.
Il contatto con la terra, le danze di Terra, ma in particolare modo la danza
dell’Elasticità Integrativa. È una danza che mi ha sempre fatto percepire la mia
sensualità. Il mio corpo che si apre, si chiude, si tende assaporando la terra, mi ha
portato a vivere momenti forti di sensualità.
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La danza dell’Accarezzamento delle proprie mani. La prima volta ho pianto
perché accarezzandole sentivo la mia vita scorrere su di loro e non è stato facile.
Danzare la Samba all’interno di un cerchio di cinque persone è stata la scoperta
del mio lasciarmi andare nel movimento di piacere.
L’Eutonia di dito in coppia, è una danza dove la coppia danza armoniosamente
con i due indici che non devono mai staccarsi. La danza che nasce è delicata ti
porta verso tanti spazi da esplorare insieme.
Nel secondo progetto Minotauro la sfida era cantare il mio nome con affettività,
danzando. È nata una danza armonica e ancora non ci credo, la voce sembrava
quella di un usignolo.
In una Ronda Concentrica di Sguardi davanti a me avevo un compagno. I nostri
occhi altre volte si erano incontrati ma quella volta si sono visti in modo diverso
per me a anche per lui: abbiamo visto le nostre anime. È stato molto
commovente e trascendente, e lo è ancora.
Recentemente nella danza di Accarezzamento del Viso in coppia, in modo
alternato, ho accarezzato il viso di Giampiero, mio compagno di vita, e lui ha
accarezzato il mio. È stata un’emozione forte per entrambi. Quando si è assieme
da anni diamo per scontato tanto di noi ma, in quel momento era tutto nuovo,
diverso, accarezzavo il suo viso per la prima volta.
Sento di chiamare l’esercizio dell’Incontro-abbraccio, danza.
Lentamente ogni abbraccio diveniva più abbraccio perché mi permettevo di
rimanervi. Questa danza mi ha nutrita della sua poesia e ha guarito le mie ferite.
Con Rossella ho sempre danzato armoniosamente, è sempre esistita una sintonia
che ci permetteva di cercarci, e trovarci per danzare assieme perché anche se
eravamo una distante dall’altra, sapevamo che in quel momento dovevamo
danzare assieme. In particolar modo una danza Yin, in coppia, con lei, mi ha
fatto vivere la sensazione commovente e meravigliosa di fusione, estasi, con
l’essere Umano, l’essere Universale.
Queste sono alcune delle danze che più di altre mi porto nel cuore, e mi
permettono di dire: Grazie a Biodanza Danzo la mia Danza.
````
Non credo che più del Sistema Biodanza Rolando Toro, esista in ogni
angolo del mondo disciplina o pratica, che permetta all’essere umano di
conoscersi, esprimersi e vivere se stesso, creando una rete affettiva con il suo
simile e con la natura; questo processo è una Danza, tante Danze.
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Stupore ed emozioni: il mio Gruppo di Tirocinio
Nei mesi precedenti all’inizio del corso in me e fuori di me c’era fibrillazione.
Era quasi tutto pronto, volantini, stereo, musiche, le classi per le presentazioni, la
sala in un bellissimo contesto: in un bosco, in mezzo alla natura.
Le domande erano: Se mai arrivassero delle persone e decidessero di fermarsi,
come saranno? Saprò parlare? (io amo molto di più scrivere) e, aiuto, saprò
danzare?
Andò tutto bene, ci fu una scintilla da subito, sembrava ci conoscessimo già,
iniziammo a parlare come fossimo degli amici che si trovano a casa di amici.
Esposi Biodanza senza difficoltà e la più stupita ero io, stupita del fatto che dopo
tanta ansia, mi sentivo tranquilla e iniziammo a danzare.
Le persone rimasero, e a due mesi dal termine del corso si aggiunsero: Silvia,
futura mamma e, Giampiero, si proprio lui e, questo è stato lo stupore più grande
perché pur vivendo dal di fuori, Biodanza, non aveva dato mai “segnali” di
volerla praticare. La sua “entrata” all’inizio mi mise un po’ “sottosopra”, ma è
stato solo un attimo. Qualche volta ha condiviso con il gruppo le sue emozioni e
sentirlo parlare con il “dizionario di Biodanza” mi emozionava.
Il Gruppo creatosi è stato un gruppo affettivo e integrato fin dall’inizio e nel
tempo sempre di più. Sono stati dei mesi, per me, pieni di emozioni, unici.
Mi chiamavano “maestra” ma, non mi sono mai sentita tale, anzi una di loro,
come loro, solo magari con più pratica ma, che ha camminato con loro cercando
di accompagnarli per un tratto di strada prendendoli per mano.
Grazie di cuore ragazzi! Un Grande Abbraccio.
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Nelle pagine seguenti alcuni miei allievi
hanno espresso le loro emozioni:
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```
Grigiore fuori e dentro me,
ascolto stancamente il resoconto della presentazione di Sabato scorso,
vedo ancora più grigio.
Iniziamo, ci prendiamo per mano,
ci siamo tutti più il supervisore di Roberta (Raffaella) in tuta rossa.
La musica mi prende subito,
dolcissima e fluttuante come la magia che mi fa sentire un tutt’uno con il gruppo.
Danziamo la nostra Ronda che oggi mi pare più nostra.
Mi sento onda tra le onde sospinta e cullata,
mai abbandonata.
Franca 27.03.2007
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```
Ho intrapreso Biodanza consapevole che
fosse giunto il mio momento.
Per anni pur “vivendola” attraverso Roberta pensavo però
che potesse interessare più che altro il mondo femminile.
La consapevolezza nata nel tempo è, che l’interesse è verso
l’essere umano, cioè tutti.
Mi sono presentato al gruppo spogliato della mia veste di
marito e delle mie resistenze, senza paura del giudizio.
Sono stato accolto e da lì mi sono sentito sciogliere,
lentamente la mia postura “rigida” iniziava ad essere più
vera.
Con tutti i miei compagni, anche se per un breve periodo ho
condiviso delle vere Emozioni.
Giampiero
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Conclusioni
Anche la monografia è stata una vivençia. Una vivençia
vissuta con stupore, emozione e amore.
Ho provato veramente amore per tutto quello
che è, e non è contenuto.
È stata una ricerca di me stessa per manifestare me stessa.
Questo ora per me è un punto di partenza verso un mondo,
verso degli orizzonti nuovi.
Nel corso degli anni io sono cambiata, mi sento cambiata, è
cambiata la vita nella quotidianità.
Ho anche osato in questo processo di cambiamento, come
essere creativo posso sempre “partorire me stessa”.
Grazie …
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Posizione Generatrice Codice 3
Connessione Cielo-Terra
matrimonio tra il cielo e la terra, ossia il matrimonio cosmico,
simbolicamente l’unione tra il maschile e il femminile e
la fecondazione: due grandi forze della natura.
Per me la vita è questa
pulsazione.
Bibliografia
Rolando Toro Araneda – “Biodanza” - Edizioni Red - Como 2000
Rolando Toro Araneda – “L’Uomo che parla con le rose”
Bruno Ribant – “Mettere la Vita al Centro della nostra Vita” – per una cultura
Biocentrica
l’Alfabeto della Vita – Poetica della Biodanza
Dispense formazione docente secondo ciclo –
Scuola di Biodanza RolandoToro del Triveneto
I.B.F. Assessorato alla Metodologia - elenco ufficiale degli esercizi delle
musiche e delle consegne 2005 Biodanza Sistema Rolando Toro
Roger Garaudy – “Danzare la Vita” – Cittadella Editrice
Mart – “La Danza delle Avanguardie” – Rovereto 2005
Iain Zaczek – “Angeli e Fate – Sentieri d’Arte” – Logos – Modena 2006
“Parole per chi Ama la Danza” - Gruppo Editoriale EdiCart – Legnano (MI)
Petra - Andrea Hinz - “Redoute’s Roses – Redoutés Rosen – Les Roses de
Redouté” – Edizione Taschen 2001
Monografie per la titolazione di:
- Enrica Silimbani: Biodanza: “Quando il cuore abita il Movimento”.
- Gabriella Gobbo: “La Poetica dell’Incontro Umano: Una rivelazione per
l’identità.
Un ringraziamento al mondo d’internet per l’apporto datomi.
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