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Alexander Lowen Il linguaggio del corpo

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Alexander Lowen Il linguaggio del corpo
Alexander Lowen
Il linguaggio del corpo
Un ottimo libro senz’altro. Chiaro, esaustivo, ricco di citazioni. Il mio limite è che non so coglierne i limiti. Mi
dedicherò quindi come sempre all’estrapolazione di spunti interessanti.
L’evoluzione delle tecniche analitiche
Con le prime due righe puoi chiudere il libro e guardare le stelle: “la storia dell’evoluzione dei concetti e
delle tecniche dell’analisi è la storia dei fallimenti terapeutici”. E ancora “la scoperta dell’inconscio si attua
andando incontro ad una costante resistenza del paziente”. Anche Freud diceva, nel 1910, che lo scopo
specifico del lavoro terapeutico è la scoperta ed il superamento delle resistenze. Quello che il nostro Paolo
sembra riuscire a fare con apparente agilità. Resistenza e transfert sono due aspetti della stessa funzione, e
Freud notava spesso che è proprio il primo la più grande fonte di resistenza in terapia.
Occorre affidarsi a Ferenczi per una delle più felici definizioni di “carattere”. credeva che i problemi
caratteriali si differenziassero dai sintomi nevrotici per la mancata introspezione della malattia. Il carattere
cioè sarebbe una “psicosi privata tollerata, non riconosciuta dall’Io narcisista, ed alla cui modifica si oppone
lo stesso Io”, aggiungo io all’apparenza paradossalmente. Ferenczi quindi era sulla strada gestaltica, ma
come spesso accade nella storia della scienza (e della fisica in particolar modo), mancavano le
weltanschauung ed i relativi costrutti teorici per approdare al paradigma gestaltico: il carattere quindi, che
per il nostro mondo è l’oggetto di studio primario, non poteva essere ben compreso fintantoché funzioni
psichiche e somatiche non furono considerate appartenenti allo stesso sistema.
La base della bioenergetica si delinea con le prime affermazioni di Reich (in Analisi del carattere) dove
viene per la prima volta concepita la rigidità muscolare come risultato del processo di repressione. Essa
inoltre spiega come la repressione agisce a livello caratteriale, perciò è al tempo stesso sia il risultato del
processo sia il meccanismo dello stesso. Nell’ottica bioenergetica la nevrosi diviene un disturbo cronico della
motilità naturale dell’organismo, che tradotto in termini visibili diventa aumento o diminuzione
dell’aggressività, intendendo con quest’ultima l’andare verso (ad gredior). L’aggressività e la sessualità sono
due elementi che connotano la bioenergetica, differenziandola dalla psicanalisi classica. Più avanti se ne
parlerà approfonditamente.
La tecnica che ha permesso a questo paradigma di unificare la funzione psichica e quella somatica è stata
quella respiratoria. In sostanza i primi bioenergetici si erano resi conto che una pratica pressoché universale
dei pazienti consisteva nel comprimere l’addome per sopprimere
l’ansia o altre emozioni. In situazioni dolorose si trattiene il respiro,
Situazione pericolosa
e ciò produce contrazione del diaframma e tensione dei muscoli
Trattenimento del respiro
addominali. Se questo diventa un meccanismo cronico, ed è
abbastanza intuibile che lo diventi, allora il torace si erige in fase di
Contrazione del diaframma
inspirazione, la respirazione si fa superficiale e l’addome duro:
l’assorbimento d’ossigeno risulta minore, così come la produzione
Tensione muscolare addominale
energetica dipendente dal metabolismo. In termini psichici si perde
affetto e tono emozionale. In termini a noi vicini, è quello che
osserva Sergio nel suo bodywork: non appena vede una contrazione del torace, opera per scioglierla.
L’ipotesi di lavoro della bioenergetica è la presenza di un’energia vitale all’interno del corpo umano, che si
manifesta indistintamente come fenomeno psichico o movimento somatico. Questa energia vitale Lowen la
chiama bioenergia: processi psichici e somatici sono determinati dall’azione di questa forma energetica,
pertanto ogni processo vitale si può considerare come una manifestazione di essa.
Aspetto somatico della psicologia dell’Io
Sebbene Freud avesse abbandonato l’idea di comprendere la nevrosi a livello psichico e somatico, non
poteva fare a meno di considerare l’Io come innanzitutto e soprattutto un Io corporeo. Ferenczi rincarò la
dose contestando l’approccio intellettuale dell’analisi classica, perché riteneva che nel sentiero
dell’intelligenza, che è una delle funzioni dell’Io, solitamente non succede niente di interessante. I
bioenergetici sostengono che la base somatica della psicologia dell’Io è l’Io come processo percettivo. Di
più, è percezione della percezione, consapevolezza della consapevolezza. L’autoconsapevolezza però non
può esistere se prima non c’è la percezione. Lowen si chiede che cosa percepiamo: la risposta è che
percepiamo il movimento. Di solito ci accorgiamo solo dei movimenti appariscenti del corpo, e se vogliamo
“entrare in contatto” con una parte di esso ne aumentiamo la motilità. La percezione quindi è appannaggio
dell’Io, mentre al Super-Io competono le inibizioni. Queste ultime sono in sostanza limitazioni della motilità
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sulle quali l’Io non ha alcun controllo, il che determina una situazione di costante contrazione di una specifica
fascia muscolare. Lowen ritiene che si potrebbe inferire la natura del Super-Io di una persona dallo stato di
tensione del suo sistema muscolare: poiché poi il modello di tensione muscolare che ognuno porta con sé
ne determina parimenti l’espressione nel mondo, appare correlabile la
Io = percezione movimenti
tensione con la struttura caratteriale.
Nell’approccio bioenergetico si ritiene che niente sia maggiormente
SuperIo = inibizione muscolare
disturbante per la personalità della scissione delle sue tendenze o
inconscia
pulsioni: a me sembra che in PTG si lavori invece per tollerare questa
scissione, se questo è il senso di quanto sostiene Cantaro a proposito della tensione all’unicità come causa
primaria di tutte le nevrosi caratteriali (e delle discussioni nella coppia). E penso che possa essere confinata
in quest’area anche l’imperativo operativo della posizione depressiva a discapito di quella schizo-paranoide.
In bioenergetica invece l’Io, impotente nei confronti del SuperIo, opera cercando nuovi modelli
comportamentali che non vadano in conflitto con le proibizioni di quest’ultimo: laddove l’Io volesse
combattere per mantenere inalterate le proprie posizioni - sottostanti al SuperIo - non si dà crescita psichica.
Quindi in questo approccio è importante portare alla consapevolezza dell’Io ciò che è stato represso dal
SuperIo. E qui credo che ci sia un elemento di contatto con la Gestalt.
Il principio del piacere
Ancora un incipit di capitolo essenziale: “tutte le terapie analitiche funzionano all’interno della struttura di
quello che è noto come principio di realtà, cioè della capacità di un organismo di sopportare il dolore e il
dispiacere nella aspettativa di un più grande piacere futuro”. Lowen parla di terapie analitiche, ma penso che
questo assunto si possa estendere anche alla PTG. Il principio di realtà non è altro che una derivazione del
principio che muove tutti i pensieri ed i comportamenti degli organismi: il principio del piacere. Ed è
misurabile, sotto forma di potenziale bioelettrico, in altre parole il noto effetto psico-galvanico per il quale una
sensazione di piacere aumenta il potenziale epidermico. A ciò va aggiunta la legge fondamentale del
funzionamento biologico degli organismi, coniata da Reich, ovvero la legge dell’espansione e della
contrazione, che a livello psichico è l’analogo della percezione del piacere e del dolore. Esiste una specifica
e distinta dinamica funzionale dell’organismo, per la quale il movimento dal centro verso la periferia
corrisponde all’espansione e quindi al piacere, mentre il movimento contrario corrisponde alla contrazione e
di conseguenza al dolore. Questi due movimenti sono appannaggio dell’Es.
Secondo Lowen né Freud né Reich avevano però chiarito la distinzione fra dispiacere ed angoscia:
succede che nella dinamica continua espansione/contrazione si generi un certo grado di tensione
muscolare: essa viene tollerata dall’organismo perché sa che seguirà un deflusso successivo. La tensione,
che è al confine tra mondo interno ed esterno, essendo
Centro >> periferia = espansione = piacere
superficiale e proprio al di sotto dell’epidermide, è un fenomeno
dell’Io, a differenza delle pulsioni che sono dell’Es. Qui il
Periferia >> centro = contrazione = dolore
discorso di confine è interessante secondo me perché è
analogico con la teoria del campo di Lewin, dove le zone di confine sono quelle dove avviene la maggior
parte del cambiamento.
L’anticipazione del piacere permette di sopportare gli stati di tensione muscolari. In situazioni però in cui
non è possibile permettere l’anticipazione del deflusso, ecco che l’organismo proverà ansia, il che non è
strettamente patologico. Lo diventa se è sproporzionata alla situazione esterna che l’ha determinata: in
generale l’ansia viene percepita dall’organismo come una minaccia dell’Io, quindi cerca di eliminarla. Questa
dinamica diventa patologica, per Lowen, quando tende alla cronicità, cioè quando l’organismo opera di
continuo per allontanare l’ansia, mentre la salute può essere la capacità di mantenere la dinamica di
pulsazione entro i limiti del principio di realtà. Quindi se il dispiacere può essere definito come stato di
carica bioenergetica precedente la scarica, l’angoscia non è altro che quella carica il cui movimento
verso l’esterno viene ostacolato.
Il problema degli organismi è che sono immersi in una realtà, in un mondo esterno. Viceversa
funzionerebbero come entità indipendenti: invece il fatto di essere calati in un mondo esterno determina un
rapporto di dipendenza-indipendenza, a cui consegue una tendenza antitetica fondamentale verso il mondo
interno o quello esterno. Detto in termini libidici, libido oggettuale vs. libido narcisistica.
Il principio di realtà
Se il principio di piacere era il meccanismo di funzionamento dell’Es, quello di realtà è il funzionamento
dell’Io. Questo principio consiste praticamente nell’accettazione di uno stato di tensione e nel differimento
del piacere in un secondo momento, quando la realtà esterna lo permetterà. Detta così nessuno vorrebbe
funzionare in questa modalità: perché rimandare se si può ottenere subito il piacere. Lowen precisa che il
principio di realtà, in cambio del differimento, promette un soddisfacimento maggiore conseguente al
posticipo della scarica o in alternativa l’evitamento di un dolore più grande.
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Il principio di realtà è funzionalmente identico a quello del piacere: quindi, così come in quest’ultimo la
funzione bioenergetica di base è la dinamica centro-periferia, così nel principio di realtà è l’oscillazione di
natura pendolare tra estremità superiore ed estremità inferiore del corpo. Per Lowen il sistema dell’Io
equivale al principio di realtà, mentre quello dell’Es al principio di piacere, e la base somatica di entrambi è il
flusso longitudinale di energia, che però a differenza di quest’ultimo ha il suo luogo di maggior scarico nella
parte alta del corpo, nei pressi della testa. Mi sembra interessante questo approccio dell’autore, perché ha
una giustificazione di tipo fisico a monte: ritiene che l’energia bioenergetica sia di natura antigravitazionale,
ed è per questo appunto che oscilla dalla testa ai piedi.
Il concetto bioenergetico degli istinti
L’impulso è un movimento di energia dal centro dell’organismo alla sua superficie, dove influenza il
rapporto tra lo stesso ed il mondo esterno. Questo movimento ha due scopi fondamentali: uno di carica ed
uno di scarica energetica. Lo sviluppo dell’organismo segue questo
andamento ciclico vitale di carica e scarica, cercando il miglior
Impulso = dal centro alla superficie, per
caricare e scaricare energia
equilibrio possibile per l’organismo tra principio del piacere e realtà
esterna. La modifica del principio del piacere, che da’ origine al
principio di realtà, si appoggia sulla separazione funzionale di carica e scarica energetica. Questa
separazione organizza la prima polarità interna che plasmerà tutto il prosieguo della vita futura individuale.
Nella bioenergetica si assume la parte superiore del corpo come addetta alla carica di energia, mentre
quella inferiore alla scarica. L’aumento di consapevolezza dell’Io va ad inserirsi in questa dinamica di
polarità, per cui ad essa si contrappone il corpo con i suoi istinti, che quindi possono rappresentare
l’inconscio. Ogni attività inconscia è istintiva e trainata dal principio del piacere, ovvero carica/scarica e
tensione/rilassamento. Consapevolezza significa comprendere la divisione funzionale di questi meccanismi.
La vita è energia nella materia.
Per esempio, dal punto di vista bioenergetico l’atto sessuale è un fenomeno di scarica energetica, che
implica la potenza aggressiva e la tenerezza che da’ significato all’azione stessa. I sentimenti d’amore infatti
non riuscirebbero a raggiungere la soglia di scarica senza la pulsione aggressiva. Quindi resta valida la
divisione degli istinti nelle due grandi classi freudiane di vita e morte: la scissione totale degli istinti
caratterizza la condizione psicotica, mentre quella incompleta, che conduce all’ambivalenza, è uno dei
sintomi più comuni della nevrosi. Il movimento di energia scorre dall’alto verso il basso ed è di natura
pendolare: questa oscillazione costituisce il primum movens di tutta la bioenergetica e della relativa terapia.
Principi bioenergetici nella terapia analitica
Lowen riteneva che né Reich né altri analisti avessero offerto una sistematizzazione della relazione fra
funzione somatica e problemi psichici. Una conseguenza di questo deficit è per esempio, la posizione
analitica normale – distesi su un lettino – che limita del tutto l’aggressività, intesa come andare verso. La
bioenergetica intende invece lavorare proprio su questo, per rendere consapevole il paziente della relazione
tra dinamiche emozionali complesse e relativi blocchi fisico-posturali. Per questo motivo va oltre quello che
affermava Reich quando diceva che non esiste nevrosi senza funzione sessuale disturbata, sostenendo che
non esiste problema nevrotico senza una compromissione funzionale dell’individuo. Lowen specifica che
questo assunto deriva dalla concezione gestaltica dell’organismo come unità.
Una volta appreso il linguaggio del corpo niente diviene più chiaro da leggere. Sono le gambe ed i piedi
quelli con i quali prendiamo contatto con la terra, con l’unica realtà invariabile della nostra esistenza. La
mancanza di contatto con i piedi e con il suolo determina un sintomo comune, che è l’ansia di cadere.
Quando questo succede, quando vige un’insicurezza di fondo nella metà inferiore dell’organismo, esso si
compensa aggrappandosi con le braccia e con gli occhi alla realtà oggettiva. In generale tutte le forme di
ansia da caduta si trasformano ben presto in una paura di perdita di controllo dell’Io. Le gambe del resto
sono le strutture più importanti adibite al movimento corporale: se la loro funzione è indebolita è lecito
attendersi un disturbo della motilità, dipendente da debolezza, solidità e rigidità. Quest’ultima per esempio
può essere considerata come una compensazione di sottostanti sentimenti di debolezza. In generale
comunque nella bioenergetica ogni disturbo deve essere interpretato guardando gli effetti sulle funzioni di
supporto e di movimento.
Proseguendo, un bacino spostato in avanti e sollevato, con relativa tensione nei muscoli addominali e
contrazione delle natiche, sembra indicare un organismo impegnato nella chiusura forzata dei suoi sbocchi
naturali di scarica. Viceversa un bacino retratto può essere indizio di una repressione sessuale. Ancora,
nell’analisi classica non si fa nessun accenno alla spina dorsale, la cui debolezza indica invece un ampio
disturbo della personalità.
Spostandoci invece nel distretto superiore, la mobilità delle spalle è significativa per le funzioni dell’Io
quanto quella delle gambe per quelle sessuali. Perciò spalle ritirate possono indicare una collera repressa,
perché l’organismo è costantemente impegnato nel trattenere l’impulso a colpire. Spalle alzate invece
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indicano paura, quelle quadrate un profondo senso di assunzione delle responsabilità e quelle ricurve la
sopportazione di un grosso peso. La testa, e soprattutto il suo portamento, è strettamente connessa con la
qualità e la forza dell’Io: gli schizofrenici tendono a piegare la testa ad angolo. Lowen considera ogni
paziente con questa sintomatologia come tendenzialmente incline al disturbo psicotico.
È importante anche considerare i nove mesi di vita intrauterina. Questo periodo di tempo è fondamentale
per preparare il feto alla vita futura, che rifletterà i meccanismi di relazione avuti con la madre nei nove mesi
di gravidanza. Le capacità di sviluppo del bambino possono svilupparsi solo se la realtà glielo consente, e la
sua realtà si chiama madre: non esiste quindi nessuna possibilità di sostituire l’amore materno sia a livello
fisico che mentale.
Nell’ottica bioenergetica ogni disturbo emozionale è un disturbo della motilità. Infatti l’etimologia di
emozione significa proprio andare verso l’esterno, che nei
Disturbo emozionale = disturbo della motilità
mammiferi significa a sua volta scarica. Come terapeuti
bioenergetici dovremmo essere attenti ad ogni blocco del flusso di energia verso gli organi di scarica, su tutti
i genitali. Ogni cambiamento bioenergetico agisce a due livelli: somatico, con un aumento di motilità,
coordinazione e controllo; psichico, con una riorganizzazione del pensiero e degli atteggiamenti. L’analisi e
la terapia bioenergetica procedono poi tenendo come punto di riferimento il carattere della persona, in
analogia a quanto accade in PTG.
L’analisi del carattere
Questo è un capitolo molto interessante e vicino alla Gestalt. Dal lavoro iniziale di Reich a quello dei
bioenergetici, emerge chiaramente come il carattere sia espressione unitaria della funzione
dell’individuo sia nel regno psichico che in quello somatico, (Abraham e Freud agganciarono invece il
carattere alla direzione degli impulsi dell’organismo). È comunemente accettata la definizione di carattere
come atteggiamento fondamentale con cui l’organismo affronta la vita, come l’enneatipo. E se questo
atteggiamento è facilmente visibile negli altri, diventa tremendamente difficile in noi stessi. Il nostro modello
di comportamento abituale, o il modo di reagire alle situazioni reali diventa definito, congelato e strutturato:
nonostante questo facciamo fatica a vederlo. È come se fosse il marchio di una persona, e in questo senso
Lowen ritiene ogni struttura caratteriale patologica, al pari dell’enneagramma.
Mi sembra interessante la distinzione che l’autore propone tra personalità e carattere: sono entrambi
osservabili in una persona, ma la prima sembra avere a che fare da un lato con la sua soggettività e
dall’altro con la nostra risposta emotiva all’incontro con l’altro. Quindi i due termini non dovrebbero essere
usati come sinonimi.
Che relazione ci può essere tra Io e carattere? L’Io è una percezione soggettiva di se stessi: quando un
paziente descrive il suo Io, lo fa nei termini di quello ideale. Il problema è che l’individuo nevrotico si
identifica totalmente con il proprio carattere, e l’Io ideale è parte dello stesso. Questo succede perché la
risposta caratteriale, che poi determina l’impalcatura generale, è l’unica modalità con la quale l’organismo è
capace di funzionare a livello istintuale. È per questo motivo che in terapia bioenergetica gli organismi fanno
più progressi se lasciano esprimere i propri movimenti spontaneamente, senza eseguire sceneggiate di
grande clamore, tipo spargimenti di sangue o laceramento delle vesti. Parallelamente Lowen lavora sulla
tensione necessaria a quell’individuo per muoversi spontaneamente, quella tensione che gli fa vivere il
movimento come uno sforzo.
Guida
Il carattere è la risultante di forze opposte, la guida e la difesa dell’Io. Scopo della terapia è
tentare la separazione tra Io e struttura caratteriale nella quale è imperniato, gettando le basi e
soprattutto lo spazio per un cambio della struttura. Mi sembra che questo atteggiamento sia
simile per certi versi a quello che noi chiamiamo scompattazione del sintomo: quando il
Carattere
paziente arriva è dice che è il suo mal di testa o il suo mal di pancia, quello che dovremmo
fare è portarlo verso la dialettizzazione del sintomo, per aprire lo spazio ad una nuova visione
più creativa e consapevole. L’autore sostiene che per portare a compimento questo compito
occorre eliminare le difese caratteriali, individuando in questa operazione la mission di ogni
Difesa IO
terapia analitica, perché il carattere è il disturbo fondamentale delle persone. Per questo
motivo fintantoché la persona non lo riconosce, non può fare progressi. Si può lavorare
bioenergeticamente facendo sperimentare alla persona il suo carattere nevrotizzato, che limita la crescita e
lo sviluppo delle funzioni vitali dell’Io.
Né il bravo né il cattivo ragazzo possono riuscire nella vita adulta, può farlo l’uomo: mi sembra una
bellissima verità questa di Lowen, e la sfida più difficile per alcuni percorsi che personalmente ho seguito
con giovani pazienti. Ma questa dev’essere il progetto terapeutico.
L’armatura caratteriale cede nei suoi punti di maggior debolezza: l’autore indica proprio questa come
strategia terapeutica, agire sui punti di maggiore debolezza. In questo modo si risparmiano i punti cardinali e
l’organismo può provare una liberazione emotiva senza sperimentare una pressione eccessiva ed un
altrettanto forte tensione muscolare.
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Risulta chiaro quindi che il carattere non viene razionalizzato, proprio perché è una risposta involontaria
agli impulsi dell’organismo: lo diviene dopo aver subito l’attacco, ad opera del terapeuta. Il paziente sente
allora che è chiamato ad abbandonare un territorio conosciuto per addentrarsi nella terra di mezzo, ma non
è facile, perché è come guardare la sponda opposta del fiume senza sapere come guadarlo. La resistenza
sarà forte, ma se anche la motivazione è forte allora l’analista, o il terapeuta gestaltico nel nostro caso, deve
prendere per mano il paziente e con amore fraterno mostrargli sia il funzionamento nevrotico che quello
sano. Se il soggetto sperimenta il nuovo modo di essere nel mondo, può darsi che gli piaccia e voglia
risperimentarlo: la situazione resta comunque difficile, perché le acque da guadare sono parimenti
pericolose, e allora ci si deve aggrappare al transfert. In PTG si parlerebbe di relazione tra il pz ed il tp.
Il problema viene dall’illusorietà dell’equilibrio caratteriale: in condizioni nevrotiche il soggetto risponde
classicamente agli stimoli. Questo però in realtà è solo un equilibrio apparente. Mi sembra molto utile a tal
proposito il concetto di equilibrio termodinamico: esso non è mai definitivo ma sempre oscillante, seppur
lievemente attorno ad un valore. L’oscillazione può essere anche più ampia, e difatti il cambio di stato
dipende proprio da questo, da un’oscillazione che ha portato il sistema ad una nuova configurazione di
equilibrio. Questo delle apparenze è un punto interessante: il carattere potrebbe essere come la nuotata di
un atleta (siamo in periodo mondiali Roma 2009). Da lontano la sua nuotata appare rettilinea: in realtà a
scala molto più ridotta si noterà che essa è la risultante di un procedere zigzagante. Sembra in equilibrio, ma
in realtà è la sommatoria di piccoli e leggeri spostamenti dalla linea che li unisce tendenzialmente e gli
restituisce una forma rettilinea. Se accettiamo questo, dobbiamo accettare anche che l’equilibrio si può
spostare, più in alto o più in basso. Quello che succede però con le persone, secondo Lowen, è che quando
viene mosso loro un attacco, e quindi quando si va anche solo a scalfire l’armatura caratteriale, si sentono
smarriti e confusi. Quando l’analisi tocca il carattere, subito si sviluppa una resistenza.
Di solito le persone iniziano la terapia con i migliori intenti, hanno un atteggiamento positivo. Lowen
sostiene che sia solo superficiale, e che in realtà ben presto si osserverà la resistenza del carattere. Più il
transfert diventa positivo e più gli atteggiamenti negativi vengono nascosti dal paziente: questo accade,
nell’ottica bioenergetica, quando il terapeuta ha assunto un ruolo genitoriale, che è in primis il responsabile
delle strutturazione caratteriale. Questo fenomeno non dovrebbe verificarsi in PTG, dove sappiamo che non
dobbiamo relazionarci come genitori, ma come fratelli.
Il carattere è come un cavaliere medievale, e l’armatura è la sua difesa. Come ogni armatura, anche quella
caratteriale limita la mobilità e diminuisce la difesa: credo però che il cavaliere ci sia affezionato e se la tenga
stretta perché difende anche dalla spada nemica. Si può barattare la sensibilità con il portare a casa la pelle.
Credo quindi che come terapeuti dovremmo lavorare sulla possibilità di non andare sempre in giro corazzati,
piuttosto che toglierla del tutto a prescindere. Ma in un’ottica bioenergetica l’armatura da figurata diventa
reale nel sistema muscolare: Reich infatti parlava di armatura muscolare come manifestazione di tensione e
rigidità muscolari. È molto difficile diagnosticare il carattere in base alla struttura corporea. Lowen stesso
ritiene che sia indispensabile una conoscenza molto profonda dei processi bioenergetici ed una grande
esperienza di osservazione dei pazienti: in questo modo per lui diventava facile lavorare con una paziente,
per esempio, proponendole di sciogliere le tensioni muscolari intorno alla mascella.
Lowen conclude il capitolo con un modo a me carissimo: affianca l’analisi bioenergetica alla Divina
Commedia, dove a Dante viene risparmiata la punizione, ma non la comprensione delle sue colpe e delle
conseguenze che esse hanno. Ecco allora che Virgilio può raffigurare l’analista, che ha già affrontato i
problemi del suo carattere e li ha risolti, Dante il paziente e l’Inferno la sofferenza connessa con le pulsioni
nevrotiche dell’individuo.
Formazione e struttura del carattere
Sempre fedele a Reich, Lowen gli attribuisce l’importanza della definizione funzionale economica del
carattere. Reich infatti sosteneva che esso serve nella vita reale come la resistenza caratteriale serve
durante l’analisi, ovvero per evitare il dispiacere e per la creazione e conservazione dell’equilibrio (seppure
nevrotico). Freud aveva affermato, per chi come me si sentisse in colpa per il mantenimento di questo
meschino equilibrio, che una condizione di salute emozionale perfetta è impossibile all’interno della realtà
civilizzata moderna. Allora Lowen ritiene che si possa parlare di salute come assenza di un modello tipico
di comportamento, le cui doti principali diventano allora spontaneità ed adattabilità alle dinamiche
relazionali di ogni situazione. Utilizzando le metafore si potrebbe parlare di salute come stato fluido e di
nevrosi come stato cristallizzato e rigidamente strutturato.
Ci sono varie fasi nello sviluppo dell’Io, ma non sono determinate e fisse, perché due soli sono i punti fissi
nella formazione di un individuo, e sono nascita e morte. In questo ambito si definisce allora fase orale il
periodo della vita dell’organismo in cui egli è assolutamente dipendente, perché il bisogno di ricevere
nutrimento e sostentamento dirige tutto il suo comportamento. Quando la crescita fisica ha raggiunto un
buon grado, l’organismo si ritrova con un eccesso di energia da smaltire: Lowen ritiene che questo eccesso
sia connaturato con tutti i processi di sviluppo, dove appunto si produce sempre più energia di quanta ne
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serva. Questo è abbastanza intuitivo e succede nella vita di tutti i giorni, basti pensare alle produzioni
industriali o a molte madri che cucinano in eccesso…
Successivamente l’organismo passa alla genitalità, dove il bambino impara a controllare i suoi movimenti.
Per questo motivo l’autore guarda all’oralità come dipendenza e alla genitalità come indipendenza. Il
problema è che ogni interferenza con il processo di crescita può virtualmente produrre una dinamica
caratteriale patologica, difficile da estirpare in seguito. Le interferenze derivano dalla fase di
allattamento/sostentamento: in questa fase infatti possono verificarsi episodi di privazione che incidono
fortemente sul carattere: così come un eccesso di amore può essere eccessivo e soffocante. Il problema per
Lowen è che non esistono regole, ed ogni bambino sa realmente di quanto contatto ha necessità, mentre
quello di cui non ha bisogno è quello che la madre “pensa” sia la sua richiesta di contatto. In antichità le
madri allattavano fino a tre anni, oggi questo non è più possibile, ma l’autore lo ritiene un problema, perché
sebbene piccoli la loro storia personale diventa già densa di significati.
Laddove il comportamento di massima dell’individuo sia centrato prettamente su sentimenti di privazione,
paure di perdita dell’oggetto amato, vuoto interiore e disperazione, si parla di un carattere orale. Gli individui
con questa strutturazione caratteriale sono fortemente dipendenti. Per produrre una dinamica tale, la
privazione dev’essere stata condotta nei primi sei mesi di vita: qualora sia intervenuta successivamente
invece la struttura dell’Io sarà più evoluta ma sempre con tratti oralità livello bioenergetico ciò significa una
debolezza nella forza dell’oscillazione longitudinale, quindi né testa né genitali sono caricati fortemente.
Il bambino prosegue il suo sviluppo e se non ha subito particolari frustrazioni e privazioni, approda alla fase
genitale, dove comincia a subire invece la pressione civilizzante, condotta per mano genitoriale: quindi se il
bambino ha ben sviluppato la sua genialità non si ritira dalla realtà e al massimo cerca di nascondere i suoi
impulsi genitali, ma non li cede mai. L’individuo che si ferma a questo stadio dello sviluppo è caratterizzato
da un forte grado di inflessibilità dell’Io, ed è possibile trovare questa situazione nel carattere maschile
fallico-narcisistico, in quello femminile isterico, in quelli anali, nei coatti e nei nevrotici ossessivi. Questa
rigidità tipica di queste formazioni, indusse Reich a parlare di armatura muscolare e correlarla alla sua
analoga psicologica: tale armatura si presenta però solo a partire da questo grado di sviluppo, poiché gli
individui orali non hanno difesa, e pertanto non si può parlare di corazza caratteriale per loro. I tipi corazzati
provano poca ansia, perché l’armatura serve proprio ad evitare l’angoscia. Il rovescio di tale medaglia
diventa la limitatezza nel mondo esterno. La funzione terapeutica è quella di spezzare questa corazza, e
quando il terapeuta ci riesce subito l’individuo rigido/genitale sperimenta angoscia. Che è sempre
auspicabile rispetto al serio rischio di collassare nella sfera fisica ed emozionale.
Il carattere masochista si può inserire tra i due perché è privo di rigidità ed al contempo non presenta
fluttuazioni d’umore per il ritiro dalla realtà tipico dell’oralità. E se quest’ultima dipendeva dalle privazioni
avvenute nel primo anno di vita e la rigidità dalle frustrazioni alla genialità intorno al terzo, per la dinamica
masochista occorre inserire un terzo elemento culturale: l’autore ritiene infatti che tra il primo ed il terzo anno
di vita, madri troppo protettive, sollecite e attente producono strutture caratteriali masochiste, laddove
appunto l’amore naturale diventa eccessivo. Il masochismo quindi sembra nascere da esperienze di
sommersione dell’Io infantile prima che esso possa raggiungere saldamente la genitalità. La differenza fra
privazione e soppressione sta nella dinamica connessa alla realizzazione degli scopi materni: se nel primo
caso non si fornisce sostentamento-allattamento, nel secondo lo si fornisce ma solo per forzare il bambino a
raggiungere gli scopi materiali voluti dalla madre. Mentre la differenza con la frustrazione consiste nel fatto
che attraverso la soppressione si cerca di adattare il più possibile gli istinti del bambino alle forme adulte.
Quindi la dinamica connessa con il masochismo si può all’incirca situare nel secondo anno di vita, e produce
una struttura pregenitale. Se il carattere orale si afferma solo in condizioni favorevoli, mentre quello rigido lo
fa sempre in maniera dura e coatta, quello masochista prova un’angoscia fortissima ogniqualvolta debba
attingere all’aggressività, quindi all’andare verso il mondo. Solitamente molti nevrotici presentano tratti
masochisti.
Non
bisogna
commettere
C. Orale: nasce dalla privazione e comporta forte dipendenza, debole la forza
dell’oscillazione longitudinale, ritiro dalla realtà.
l’errore classico di vedere ogni
problematica caratteriale a sé
C. Genitale: nasce dalla frustrazione, forte rigidità strutturale e somatica,
stante. Lowen pone giustamente
assenza di ansietà in modalità nevrotica, contatto con la realtà
l’attenzione sul fatto che nella
C. Masochista: nasce dalla soppressione, forte angoscia nell’aggressività
civiltà moderna è impossibile non
essere stati sottoposti a fenomeni
di privazione, soppressione o frustrazione, pertanto ogni individuo porterà con sé tratti orali, masochisti e
rigidi/genitali. L’analisi del carattere non si compie prendendo come criterio la purezza del tipo (o
enneatipo se vogliamo guardarla con le nostre lenti), bensì con la dominanza. Non è facile condurre questa
analisi, perché occorre molta esperienza ed inoltre sono molti i casi al limite fra i disturbi riferiti. Lowen ci
tranquillizza ripetendo che non troveremo mai, al mondo, due caratteri orali, masochisti o rigidi perfettamente
uguali: quello che troveremo sono due caratteri con gradazioni di oralità, masochismo o rigidità differenti in
termini qualitativi e quantitativi.
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Parte II
Il carattere orale
Vengono adesso affrontate le strutture caratteriali. In ogni capitolo le storie di alcuni pazienti, che tralascio
per ovvi motivi. Quello che l’autore ripete spesso, sia per il carattere orale che per tutti gli altri, è la
dominanza delle tendenze: cioè la diagnosi si conduce prendendo come criterio la tendenza del carattere
ad essere orale piuttosto che rigido o masochista.
Gli orali hanno un fortissimo senso di privazione, originato nella primissima infanzia. Questo li porta tendenzialmente - a non avere successo nel lavoro o a mantenerlo per più di un certo periodo. Idem per le
relazioni d’amore: ha un interesse narcisistico, ma poiché ritiene il partner incapace di soddisfarlo, ecco che
ritorna nel tunnel della privazione e si ammanta di sentimenti di rifiuto, risentimento ed ostilità. E viceversa
non riesce quasi mai a soddisfare le esigenze del compagno, per cui c’è un grande conflitto, una grande
ostilità che fa da specchietto per le allodole alla grande dipendenza di fondo. In terapia si può lavorare
cercando di raggiungere un posizione in cui il pz accetti la realtà, mentre solo in un secondo momento si può
lavorare sulla paura del rifiuto, che in questi caratteri significa paura di perdere l’oggetto d’amore. Oggetto di
cui richiede fortemente l’amore: non riesce cioè a stare nel rapporto in maniera adulta, con un dare ed un
avere, bensì in maniera infantile, per cui l’altro è considerato come il dispensatore di bisogni. È anche un
grande parlatore, ama parlare di sé mettendosi in luce favorevole e non ha problemi a stare al centro della
scena. Anche questa dinamica sottende il bisogno di attenzione ed amore, di cui appunto è stato privato da
piccolo.
Generalmente sono tendenti alla depressione, e Lowen ritiene che laddove essa domini la personalità si
possa attribuire la personalità orale. Hanno difficoltà con la percezione del desiderio, e spesso dichiarano di
non sapere cosa vogliono, mentre quando lo capiscono poi non muovono un dito per ottenerlo. L’autore ha
osservato anche una grande incapacità a reggersi sulle proprie gambe, per cui si avvinghiano all’altro come
l’edera al muro, e questo è un altro dei tratti caratteristici di questa strutturazione.
Nell’esecuzione dell’esercizio della percussione del divano, che Lowen somministra sempre a tutti i suoi
pazienti, gli orali si stancano prestissimo. Stanchezza e mancanza di energia, sebbene non costituiscano un
elemento predittivo, sono comunque elementi che indicano una tendenza orale del carattere. A livello
bioenergetico il torace è sgonfio e le gambe non vengono percepite come sostegni stabili, tanto che in
posizione eretta l’organismo tende a serrare le ginocchia per compensare la debolezza nelle gambe. Resta
comunque forte la paura di cadere. Soffrono spesso di mal di testa, che può essere spiegato secondo
Lowen dalle forti tensioni del collo della testa, di natura aggressiva/ostile.
La funzione genitale è debole, essendosi arrestato lo sviluppo in età infantile ben prima della genitalità. Per
questo motivo la sua pulsione è diretta verso il contatto con il partner, piuttosto che verso la scarica
sessuale, che diviene secondaria. Sono veramente incapaci di riempirsi di energia, e metaforicamente si
possono immaginare come dei sacchi vuoti, perciò anche la pulsione aggressiva risulta immobilizzata.
Lowen ritiene che la natura stessa di questo carattere nasca dall’immobilizzazione di questa pulsione.
Dall’incapacità di essere consegue l’atteggiamento infantile nei confronti della realtà esterna, con il suo
incedere fortemente richiedente ma privo di volizione nel prendere.
L’energia di questo organismo scorre verso l’alto piuttosto che verso il basso, il che determina uno scarso
contatto con il suolo, il corrispettivo psicologico della mancanza di contatto con la realtà. Per questo
sembrano stare tra le nuvole. Nella sua fase di massima esaltazione ritorna ad essere bambino, e la
logorrea che accompagna questi momenti mira a soddisfare narcisisticamente l’Io, cercando ammirazione ed
affetto. Sono quindi privi della funzione adulta dell’Io, che consiste nel dare e nel prendere, essendo fermi
alla fase infantile dove c’è soltanto capacità di prendere ed assorbire.
Le sue grandi pretese prima o poi arrivano ad urtare contro un ostacolo, perché il mondo adulto non può
sempre soddisfare i capricci di un bambino: è da questa dinamica che nasce il rifiuto e la conseguente
delusione e depressione, con una capacità di tollerare la tensione molto scarsa, figlia di un principio della
realtà molto poco sviluppato.
Ira e pianto sono spesso presenti, ma con funzioni diverse: l’ira è diretta nei confronti dell’ostacolo che si
frappone alla realizzazione dei suoi desideri, mentre il pianto viene generato dal senso di privazione.
Entrambe queste dinamiche sono comunque sottese ad evitare l’attacco depressivo.
Per concludere quindi, psicologicamente e somaticamente il carattere orale è il frutto di una maturazione e
di una indipendenza forzate, e raggiunte anzitempo: avendo delle radici deboli, risulta privo di ancoraggi e
l’energia sale verso l’alto. Ecco perché l’obiettivo della terapia con i pazienti orali è quello di aumentare le
sensazioni genitali e la capacità di scarica genitale.
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Il carattere masochista
Tende a lamentarsi di continuo. Se nella terapia con gli orali si ottengono dei risultati costanti, con questi
ad un’iniziale miglioramento fa seguito una ricaduta nello stile comportale classico.
Lowen ritiene importante analizzare sempre le lamentele del pz: nel caso del masochista si noterà che
dietro di esse c’è una forte angoscia. È un tipo di angoscia diversa da quella del carattere orale, perché
interviene prima di essere dentro la situazione, mentre invece nell'altro caso l’ansia è nella situazione
concreta, lavorativa o sociale. Questa leggera differenza determina l’uno o l’altro carattere perché è proprio
la sensazione di essere sempre sotto pressione che è precipuo del carattere masochista.
In precedenza si era detto che questa conformazione caratteriale deriva dalla soppressione condotta dalla
madre: l’autore riferisce di casi di suoi pazienti costretti a stare sul water per più ore finché non facevano i
propri bisogni, ben prima che ci fosse un naturale controllo degli sfinteri. Nella fase adulta il masochista non
nega la realtà come lo schizofrenico o la rifiuta come l’orale, ma la combatte in un conflitto esasperato che
nessuna altra tipologia caratteriale sembra conoscere.
Lowen parla di piagnucolio come di una dinamica classica, e per questo occorre analizzare il piagnucolio
nella voce dei masochisti. Si troverà che esso maschera un desiderio inesaudibile, un desiderio di amore
che l’altro non sarà mai capace di soddisfare. Entro certi limiti questo carattere spera che l’amore non venga
esaudito: infatti in primo luogo il fallimento gli consente di continuare a lamentarsi, ed in seconda battuta il
successo lo porterebbe troppo sulla ribalta emozionale, provocandogli un’angoscia terribile connessa con
l’esibizionismo. Difatti Lowen sostiene che il masochista debba essere immaginato come un individuo
profondamente umiliato che si percepisce molto inferiore agli altri. C’è pochissimo ottimismo nella vita di
questi pz, perché la disperazione permea tutto il carattere, tanto che sia l’autore che Reich parlano della
presenza della “funzione del diavolo”, una forza negativa che si oppone a fede ed amore verso la relazione
terapeutica, inondandola di dubbio e sfiducia. Questa funzione blocca ogni tentativo di espansione verso
l’esterno, e fintantoché è attiva il tp si deve attendere una reazione terapeutica negativa.
A livello di funzione genitale anche qui troviamo i problemi già affrontati per il carattere orale, con la
differenza che se nel primo la scarica era funzionalmente debole perché mancava il contatto con il suolo
(l’energia fluiva verso l’alto), in questo carattere è la forte contrazione addominale che nega la scarica. Il
masochista spinge il bacino in avanti ma non lo fa oscillare, come invece dovrebbe accadere naturalmente
sotto scarica genitale, perché stringe le natiche ed ha gli addominali contratti. Inoltre le gambe, che
contribuiscono al movimento pelvico, sono molto bloccate, quasi immobilizzate – l’orale invece le ha molto
deboli. Si può vedere quindi come il masochista sacrifica il movimento a favore della sicurezza, cioè
preferisce rimanere saldamente al sicuro, ma fermo, piuttosto che muoversi.
Il Super-Io è molto severo, e dietro i suoi comportamenti ci sono odio e disprezzo. Sono strutturalmente
robusti, sia i maschi che le femmine, di una robustezza simile a quella di un gorilla. E sembrano tali anche
perché tendono ad avere la schiena incurvata sotto il grande sforzo della tensione addominale, che gli
provoca anche una sensazione di esplosione interna imminente.
Non ha avuto problemi con la privazione, anzi ha sentito benissimo che la madre l’ha amato, ma è il modo
con il quale è stato amato ad aver creato la sua conformazione, non certo la sua assenza – come nell’orale.
Si può allora parlare di madri soffocanti e repressive. La repressione viene mascherata da un’eccessiva
attenzione, un’eccessiva protettività e sollecitudine, il tutto per far diventare il piccolo bambino un bravo
ragazzo. Le madri sono molto abili nel minacciare il bambino di non amarlo più se non farà quello che le
richiede. Si determina quindi uno stato confusionale altissimo: la sua tenerezza per l’amore materno gli
impedisce la scarica delle pulsioni aggressive, e di converso l’aggressività (l’andare verso) bloccata
impedisce la tenerezza. Lowen ritiene, come già detto, che nessun altro carattere sperimenti una tale
conflittualità.
Nello sviluppo muscolare il bambino passa da una naturale funzione di movimento ad una di presa
nevrotica, per cui i muscoli si sono sviluppati per trattenere gli impulsi negativi e controllare quelli naturali.
Ciò comporta per esempio gravi tensioni nel collo e nella gola. Perché teme la scarica involontaria e si attiva
per controllarla: il controllo rende il piacere nullo o quantomeno insoddisfacente, quindi ne viene ricercato
altro e altro ancora. È un circolo vizioso per il quale aumenta il desiderio ed aumenta anche il controllo.
Nella secondo capitolo dedicato al masochismo l’autore affronta con più specificità le dinamiche
comportamentali.
Bisogna sempre avere presente la sua sensazione soggettiva di sofferenza ed infelicità, che si trasforma
oggettivamente in lamentela. La sua sofferenza è autentica, come giustificate sono le lagnanze, ma è difficile
convincere questo carattere che se elimina i determinanti del piagnucolio annullerà anche la sofferenza. Le
due dinamiche non sono correlate, lo sono solo apparentemente. Spesso il masochista si lamenta che la
terapia analitica non sia di grande aiuto, nonostante lui faccia dei grandi sacrifici: motivo per il quale la colpa
debba essere ricercata altrove. E più si sforza, più la situazione peggiora, perché si intrappola da solo,
avendo un direzionamento dell’aggressività verso l’interno, piuttosto che verso l’esterno. Diffida del mondo e
del terapeuta, avendo la pretesa che quest’ultimo lo liberi senza muovere un dito, camminando
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contemporaneamente nel mondo con un senso di sfiducia grandissimo. In questo senso Lowen ritiene i
masochisti come i caratteri più sfiduciati di tutta la sua teoria della personalità.
Ma c’è una via analitica percorribile: andando ad analizzare con accuratezza il piagnucolio della voce, si
potrà scoprire che il soggetto in realtà sta evitando di dichiarare il suo vero problema. Lamentandosi di
continuo come un bambino, alla fine provoca l’irritazione del tp: questo lo fa stare bene, perché correla con
la sua dinamica classica di provocazione/punizione. Ti provoco affinché tu mi possa percuotere, ed io possa
godere.
Autolesionismo e autodenigrazione sono altri due elementi caratteriali presenti. Il funzionamento è a livello
intestinale, con la forte tensione nella parte addominale, e a livello inconscio c’è un forte senso di
appartenenza alla terra, per cui difficilmente tengono il corpo in stazione eretta e sembrano sempre
accasciarsi al suolo. L’origine di queste dinamiche comportamentali sta nel profondo senso di umiliazione
provato da piccoli: sono stati fatti sentire inadeguati ed inutile dai propri genitori, colpevolizzandoli molto
anche sulle funzioni di scarica anale, uretrale e genitale che sono quasi sempre considerate sporche. Sin da
piccoli sono stati costretti a guardare con disgusto e riprovazione le parti “sporche” del loro corpo: cercano di
ribellarsi, ma solitamente le madri li hanno in pugno e senza nemmeno esercitare la forza li puniscono
disapprovandoli duramente. Allora si sottomettono e a questo punto la dinamica caratteriale si è innescata,
perciò da quel momento in poi funzionano tendendo ad ottenere l’approvazione di tutti. Tutti i masochisti
mostrano quindi un bisogno smodato di essere approvati. Fanno di tutto per piacere, ed alla lunga
ovviamente vanno incontro al fallimento, essendo diventati nel frattempo molto servili. Questo comporta che
prima o poi scoppino in sfoghi d’ira, nutrendo grande rancore per qualcuno.
È una formazione caratteriale pregenitale, che funziona a livello di scarica soltanto spingendo o spremendo
fuori qualcosa. Ma in questa attività lavora con l’intestino, non con il cuore: sono dei lavoratori alacri, più
degli orali che sono intrinsecamente deboli, ma alla lunga crollano sotto il peso della tensione che mettono in
atto. Nonostante la goffaggine nell’espressione, sono persone molto sensibili ed intelligenti, hanno grande
percezione del comportamento altrui ma non dei motivi, delle forze che determinano questo comportamento,
perché la loro intelligenza è a servizio della loro
Caratteristiche principali: grandi lamentele, bisogno di essere
sfiducia di base. Sono anche consapevoli
approvati, grande senso di colpa associato alla sessualità,
dell’ambivalenza di amore e odio che portano
voglia di soffrire, “non voglio”
dentro di sé, e per questo motivo hanno un
senso di colpa pervasivo nonché un Super-Io
terrificante. A livello muscolare c’è un forte sviluppo, ma non per muoversi bensì per impedire al corpo di
muoversi, in quanto la loro struttura è ipertrofizzata e contratta. Uno dei tratti che più spicca è il collo taurino.
Quando riescono a raggiungere una scarica, essa è minima e comporta grande fatica e contorsione
addominale, perciò resta sempre imprigionata una grande quantità di energia ed eccitazione disponibile.
Da piccoli sono stati umiliati, quindi da grande non rischieranno di nuovo, avvalendosi di un grandissimo
senso del dubbio e della sfiducia. Piangeranno spesso e sentiranno tutta la loro angoscia, ma solo dopo il
pianto trovano sollievo: ecco perché sono convinti che debbano sempre soffrire. Se il carattere orale si ritira
dal mondo, quello masochista riesce a starci, ma la sua sfiducia è tale che si ritrae prima di raggiungere
l’obiettivo. Il primo è caratterizzato da un inconscio “non posso”, mentre il secondo da un inconscio “non
voglio”.
Il carattere isterico
Se l’orale ed il masochista sono strutture mancanti dell’Io, l’isterico deriva invece da una strutturazione ben
ancorata ad una funzione genitale sviluppata, che però si è cristallizzata in un rapporto incestuoso. Lowen
descrive una paziente isterica, e attraverso essa espone le caratteristiche principali dell’isterico. Occorre
precisare che questo carattere è unicamente femminile: il suo corrispondente maschile è il falliconarcisistico, che espone nel capitolo successivo.
Sessualmente si sottomettono per ottenere il favore o l’amore del partner. Spesso hanno una divisione del
corpo ben distinta, per cui ad una parte inferiore molle e cedevole corrisponde una superiore molto rigida.
Sarebbe l’analogo corporeo di una accondiscendenza genitale che non è tale a livello di cuore. La rigidità a
livello genitale determina una modesta capacità di scarica energetica, ed il carattere naviga perennemente a
vista nella relazione metaforicamente incestuosa con il suo partner, non riuscendo ad integrare tenerezza e
sensualità. Una differenza con il carattere masochista è che in quest’ultimo viene represso il contenimento
delle fantasie – che sono consce – mentre invece nell’isterico sono repressi i desideri, che quindi restano per
lo più a livello inconscio.
Quindi viene prodotta energia ma non c’è una grande capacità di scaricarla, come specificato
precedentemente: ciò comporta un accumulo di angoscia, soprattutto in età adolescenziale. Un incremento
improvviso ed acuto della produzione energetica, a sua volta originante dalla liberazione di un affetto
represso, determina quella angoscia impellente che l’attacco isterico cerca di reprimere. Quindi il soggetto
va in attacco isterico per non sentire l’ansia derivante dalla grande scarica energetica. L’attacco è di natura
esplosiva e può essere localizzato in una parte specifica del corpo, determinando una sintomatologia isterica
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come ad esempio una paralisi di un arto. L’esplosività dell’attacco dipende dallo scatenarsi di forze chiuse
all’interno di un sistema rigido, quale appunto la struttura caratteriale isterica: questo processo di
irrigidimento corrisponde in sostanza ad un’armatura. Lowen specifica che in realtà tutti i nevrotici tentano di
corazzarsi contro l’angoscia, ma è altresì vero che il carattere orale e quello masochista ci riescono
parzialmente, e quindi sviluppano altre modalità difensive: la capacità di schermarsi con un’armatura è tipica
soltanto delle formazioni caratteriali che hanno raggiunto la genitalità.
A livello bioenergetico si nota molto bene la rigidità a carico della schiena, con un collo stretto ed un capo
ben eretto, bacino contratto e parte anteriore del corpo molto dura. Psicologicamente l’armatura è l’analogo
funzionale di colui che si irrigidisce di fronte ad un attacco, difendendosi piuttosto che contrattaccare.
Nella seconda parte del capitolo Lowen specifica meglio la natura conflittuale sessuale, derivante da una
situazione edipica irrisolta. Cita Reich che riferiva come per questo carattere sia intenso il senso di
ambivalenza verso l’oggetto sessuale, e si determini una dinamica contorta in cui il desiderio sessuale è
bloccato dalla rabbia repressa del rifiuto dell’oggetto di amore, rabbia che si era bloccata a causa del
desiderio represso. Il carattere isterico si ritrova quindi in una dinamica complicata, e vi reagisce non
andando direttamente verso il proprio partner, ma facendosi inseguire e finendo sottomesso.
Psicologicamente la sottomissione non è un atto d’amore, bensì una strategia per scaricare il senso di
responsabilità dell’atto sessuale sull’altro; questo atteggiamento sembra molto simile al comportamento del
masochista, ma a differenza di esso l’isterico non è passivo, anzi dietro la sottomissione cela una grande
aggressività.
Qualora si riscontri una sottomissione che nasconde dell’aggressività, siamo autorizzati da Lowen ad
attribuire un carattere isterico. La sottomissione si fonda sulla paura, nella fattispecie la paura di andare
incontro ad una grandissima pulsione genitale ed esserne sopraffatti perdendo il controllo. È paragonabile
ad una specie di autodifesa della genitalità da una genitalità vissuta come eccessiva.
A livello bioenergetico ci sono tensioni specifiche nei muscoli vaginali e negli adduttori delle cosce, e
sebbene tutta la struttura corporale sia rigida, il bacino risulta vivo, a differenza che negli orali e nei
masochisti che sono meno caricati energeticamente. Comunque l’isterica risulta asintomatica fintantoché c’è
equilibrio, anche patogeno, fra produzione e scarica di energia. Per questo motivo la terapia con l’isterica
prevede l’aumento della produzione di energia (l’aumento di consapevolezza non porta da sola a risolvere il
problema) e l’acquisizione della tolleranza e dello scarico di questo surplus. Il problema è che se la terapia
sta funzionando, il bacino tenderà a bloccarsi, poiché era abituato a funzionare con un determinato livello di
energia, ed un grande aumento della stessa lo paralizza: dopo poco tempo però e dopo l’attenta
osservazione terapeutica, l’effetto scompare. Si capisce allora che il carattere isterico non teme la genitalità
quanto piuttosto i sentimenti che nascono dal cuore. È per questo motivo che si cerca di arrivare al suo
cuore egli mette in atto una difesa estrema. A livello bioenergetico si traduce in spasmi muscolari del collo e
delle mascelle, che si traducono funzionalmente in figure di orgoglio e determinazione, due elementi che
sono costantemente riscontrabili nel carattere isterico, mentre invece risultano assenti nell’orale e nel
masochista. Questo grande senso di orgoglio deriva dall’offesa primitiva ricevuta dalla bambina che ha
offerto il suo amore alla figura sbagliata – il padre. Dinamica che si ripete in età adolescenziale: in questo
periodo infatti l’individuo vive un grande risveglio della sessualità, a livello genitale soprattutto, e ciò correla
con una discreta paura di subire un nuovo rifiuto. Allora il carattere mantiene l’eccitazione a livello genitale,
senza aprire il cuore alla relazione. Questo però non fa che aumentare il senso di offesa per la doppia ferita
ricevuta, in età infantile ed adolescenziale, e di conseguenza anche l’orgoglio cresce a livello esponenziale.
Questa grande paura di cedere all’amore si manifesta bioenergeticamente come rigidità delle gambe.
La frigidità è sempre un problema del carattere isterico, secondo Lowen. Non si trovano strutture orali o
masochiste con questa fenomenologia, tanto che sempre secondo l’autore è tipico di questi caratteri
sognare l’arrivo di un amante che libera la loro sessualità repressa.
In sostanza comunque l’isteria è un problema di angoscia, perché la tendenza di questi soggetti è quella di
produrre un livello di energia tale e sufficiente per la sola scarica. Tutto ciò che produce più energia di quella
scaricabile determina una grandissima angoscia e di conseguenza un attacco isterico. La rigidità della
struttura dell’Io, la sua armatura muscolare, è differente dalle tensioni specifiche del carattere orale poiché è
un’armatura totale che combacia con tutta la muscolatura. Il carattere orale ha invece solo delle tensioni
specifiche ed è privo dell’ancoraggio alla realtà dell’isterico, mentre quello masochista è già collassato prima
di schermarsi. Questa dinamica di rigidità è una conseguenza della frustrazione genitale del periodo edipico,
dove la bambina si è sentita rifiutata e reagisce chiudendo le porte del suo cuore a qualsiasi altra
esperienza. I primi due caratteri non erano in grado di offrire amore, in quanto l’orale vuole essere amato e
l’altro cerca approvazione: qui invece c’è una discreta capacità di offrire amore, ma è come se fosse
congelata sotto l’armatura.
La rigidità non è patologica in sé e per sé, poiché è sempre una difesa organismica di fronte ad un attacco,
ad un’esperienza di frustrazione: lo diventa nella misura in cui, come sempre, pervade il carattere e diventa
l’unica modalità di comportamento disponibile.
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Il carattere fallico-narcisistico
Nei caratteri genitali il comportamento sessuale è diverso, nonostante la funzione disturbata sia identica:
ecco perché Lowen specifica le due formazioni.
Nel trattamento con un suo paziente l’autore indica le molte rigidità somatiche e di conseguenza caratteriali
di questo tipo. Il soggetto in questione aveva come scopo terapeutico l’acquisizione di un sentimento
spontaneo, che è una contraddizione in termini. La sua volontà infatti veniva tradita da una significativa
rigidità di mascelle, spalle e schiena. Stare sulla pressione, con un aumento della stessa a livello muscolare,
oppure sulla responsabilità e sulla lotta – il famoso cuscino del divano di terapia – non sembra appropriato
con questi pazienti. Bisogna invece seguire la via del pianto: esso infatti provoca i singhiozzi, che sono una
liberazione convulsiva della tensione. Si capisce bene quindi che i fallico-narcisistici non vedono di buon
occhio questa pratica. La tecnica, nell’accezione bioenergetica, è quella di provocare una fortissima
tensione, fino quasi al punto di rottura, e poi ritirarla immediatamente. La difficoltà al pianto derivava da una
storia familiare dove i genitori avevano comunicato più volte la loro infelicità e sofferenza, e questo impediva
al figlio di concedersi un aumento del carico sofferente, con il suo pianto. Le spalle diritte ed ampie sono un
altro chiaro segno di responsabilità prematura, dinamica questa che correla moltissimo con la paura del
fallimento, tipica di questi caratteri.
Molto forte è anche l’aggressività, e Reich riteneva che in queste strutture essa fosse costituzionalmente
più intensa e radicata rispetto ad altre formazioni. L’oscillazione energetica è ancorata al cervello ed alla
funzione genitale, il che determina una buona caricatura energetica – a differenza dell’orale – ed un’assenza
del senso di colpa – a differenza del masochista. L’incanalamento della corrente energetica in queste due
strutture produce rigidità e riduce la flessibilità dell’organismo. La sessualità, benché sia potente, non è in
realtà goduta: spesso i maschi fallici non provano piacere dalle loro attività sessuali. Quindi nasce della
frustrazione, che il fallico può cercare di compensare nell’eccitazione della caccia ad una nuova preda: una
volta trovata una nuova partner, o magari un’amante, si ritorna però nella vecchia dinamica, per cui
nuovamente il piacere sessuale svanisce e ricomincia la ricerca, in un loop continuo. E se la frigidità era
precipua dell’isterica, analogamente l’eiaculazione precoce è tipica del fallico-narcisistico. Una funzione
genitale sana si basa sulla pienezza della scarica, piuttosto che sulla forza dell’erezione: e questa è
precisamente la differenza fra potenza orgiastica e potenza erettiva, differenza in cui cade spesso il maschio
fallico.
Il paziente sviluppò molta paura nei confronti della terapia e altrettanta poca fiducia in Lowen: interessante
è stato il sistema gestaltico (o forse noi veniamo dopo di lui e ci avochiamo ingiustamente la paternità di
questa tecnica così creativa?!) con il quale Lowen acquisisce la fiducia del pz: lo impegna in un tiro alla fune
molto serrato con gli asciugamani di casa, fino a quando non lo lascia vincere. Ciò fece scomparire la
resistenza del pz.
L’autore affronta poi il problema dei caratteri coatti, che è un sottoinsieme di quelli fallici-narcisistici, ma
1
preferisco soprassedere . In generale comunque la rigidità maschile dipende dalla paura inconscia della
punizione paterna, per via dell’attività genitale del bambino. Questo è il funzionamento nevrotico di questa
personalità: di fronte a questa intensa paura il carattere diventa diffidente, ribelle, aggressivo, con
quest’ultima che è sovradeterminata ed ha la funzione di provocare una ritorsione.
Il carattere passivo-femminile
Un breve ritorno sulle modalità orali e masochiste permette di introdurre questo carattere: la prima è
determinata da forte dipendenza e debolezza della funzione aggressiva, mentre la seconda è
apparentemente aggressiva ma in realtà provocatoria. A livello bioenergetico il primo caso è sottocaricato,
mentre il secondo sovracaricato. Può succedere che le pulsioni pregenitali siano ben equilibrate: è il caso
del carattere passivo-femminile. Nonostante l’aggettivazione potrebbe far pensare ad un’attribuzione
soltanto femminile, questa tipologia caratteriale è pensata da Lowen per gli individui di sesso maschile. A
suo parere la caratteristica principale è la voce dolce ed effemminata, nel senso che è priva di risonanze
profonde e dell’asprezza che si può incontrare nei toni maschili.
Questo carattere non crolla mai, ma non è nemmeno fortemente aggressivo, come invece si verifica per il
masochista – che comunque abbiamo visto essere un provocatore più che un aggressore. In un certo senso
sono strutture molto rigide, ed in questa rigidità impediscono il collasso che porterebbe alla scarica
aggressiva. Ad essa infatti è associata un’intensa angoscia di castrazione, mentre la regressione che
potrebbe compiere su se stesso è a sua volta bloccata dalla paura dell’omosessualità. Quindi è ancorato alla
genitalità ma immobilizzato dalla paura. Non è possibile né il movimento in avanti né quello indietro, né in
avanti verso altre forme di carattere pienamente genitali, né quello indietro verso le pregenitali. Per l’autore è
come se la fase dell’organizzazione dell’Io fosse a livello genitale, ma il comportamento conseguente fosse
bloccato da una intensa paura.
1
Per maggiori approfondimenti vedi pagg.260-265
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Il caso di un paziente illustra bene questa formazione: l’individuo aveva un grande conflitto con il padre
autoritario, e lo trasferiva sulla madre e sulle sorelle, accumulando su di esse tutto l’odio che aveva nei
confronti del primo. A tal proposito Lowen differisce questo carattere da quello masochista anche per
l’atteggiamento nei confronti dell’autorità, che in quest’ultimo non è mai eccessivamente sfrontato e sfidante.
Il pz voleva essere una donna, quindi a livello dell’Io mostrava tendenze femminili e a livello genitale era
sessualmente maschile ma passivo. Parlava del padre senza alcun risentimento per la sua rigidità, mentre
tutto l’odio che provava nei confronti della madre non portava da nessuna parte essendo una formazione
difensiva. Allora in terapia si comportava molto educatamente con il tp, in maniera molto accondiscendente:
compito del tp era quello di mostrargli il profondo odio che si celava dietro questo atteggiamento
compiacente, in maniera tale da risolvere il conflitto con la parte maschile. Occorre lavorare
bioenergeticamente sull’energia del pz che non è alta perché altrimenti provocherebbe la scarica aggressiva
e con ciò l’angoscia di castrazione: tale energia deve essere portata verso il basso – Lowen non specifica
ma presuppongo intenda verso la parte genitale – in maniera tale da riaccendere il conflitto edipico.
La paura di questi pz si può notare anche dalle spalle ampie e quadrate: infatti si reagisce alla paura
trattenendo il fiato, tirando indietro il ventre ed alzando le spalle, gonfiando in questo modo il torace e
bloccando l’energia al suo interno. Spalle ampie e quadrate sono un segno primario della passività,
associate a fianchi stretti, come risultato delle gravi tensioni al bacino ed alle cosce che diminuiscono la
capacità pelvica e la conseguente potenza genitale.
La genesi di questi caratteri dipende da una privazione orale nella primissima età e da una frustrazione
genitale che paralizza l’aggressività: ne consegue una povertà di espressione emozionale ed una relativa
immobilità fisica. Superficialmente il conflitto psicologico ruota tutto attorno alla figura della donna, della
quale ha un forte bisogno di contatto (tendenza orale), bisogno che però va in conflitto con l’impulso genitale
di scarica e soddisfacimento (tendenza masochista). Ciò comporta che il maschio passivo-femminile non
riesca mai ad essere l’uomo di una donna, ma quasi sempre o il bambino in una relazione con una donna
più anziana oppure il padre di una ragazza più giovane e dipendente.
Il versante femminile di questo carattere viene affrontato in pochi paragrafi: in sostanza Lowen ritiene
l’analogo femminile di questo carattere quello dei soggetti che hanno un comportamento tendenzialmente
dominato verso la competizione con il maschio. Allora si parla di carattere aggressivo-maschile. Il
parallelismo funzionale è così garantito: l’aggressività è la caratteristica genitale naturale del maschio, in tutti
i mammiferi, e la sua inibizione produce appunto un carattere passivo; nell’animale femmina il corrispettivo è
la ricettività aggressiva, in analogia con la direzione del flusso energetico, che nella donna è verso l’interno
piuttosto che l’esterno. Una donna che non ha sviluppato questa ricettività si trova con un’aggressività
desessualizzata ed al servizio dell’Io, non a servizio dell’apparato genitale.
Il carattere schizofrenico
Entriamo adesso nel campo delle psicosi. Bella la sua metafora della differenza fra nevrosi e psicosi: se
pensiamo alla prima come ad una forma di miopia, possiamo vedere la seconda come una vera e propria
cecità. Per cui non c’è più contatto con la realtà, e non c’è unione tra i vari aspetti della personalità che
spesso sono conflittuali, ma che l’individuo sano o nevrotico riesce a gestire.
Uno dei sintomi più classici di questo fenomeno è la spersonalizzazione, che determina quindi una perdita
di contatto con il proprio corpo e di conseguenza con la realtà. Se non riconosco più il mio corpo, non posso
nemmeno guidarlo o farmi guidare da lui nel mondo che mi circonda. Per lo sdoppiamento di personalità
Lowen avanza un’ipotesi bioenergetica: l’eccitazione dell’individuo raggiunge livelli alti e ciò comporta un
aumento di motilità e della carica energetica dell’individuo. All’ulteriore aumento della carica l’organismo
perde i suoi confini, l’Io viene sommerso e l’Es è a diretto contatto con l’universo circostante. Non si tratta
quindi di una perdita di se stessi ma dei propri confini, e siccome la realtà è un prodotto dell’Io, perdendo i
confini dello stesso si indebolisce il senso della realtà.
L’autore ritiene anche che non si possano paragonare isteria e schizofrenia, infatti la prima è una difesa
dell’Io mentre la seconda è il risultato di una sua disorganizzazione: la scissione della personalità dipende
infatti dalla scissione tra impulsi aggressivi ed Eros, la forza spirituale dell’organismo. La psicosi si
differenzia dalla nevrosi nel senso che la scissione istintuale è totale, laddove invece nel nevrotico è
parziale.
Il contatto oculare è un’altra peculiarità degli psicotici: gestiscono il rapporto con l’altro basandosi
fortemente su questo canale, al contrario della tendenza nevrotica. Fissare l’altro negli occhi maschera una
paura grandissima di perderlo, perché il problema dei caratteri schizofrenici è proprio la mancanza di
identificazione dell’Io – e perciò il bisogno assoluto dell’altro – ed una debolezza conseguente del sistema
muscolare. Se prendiamo per vere queste ipotesi bioenergetiche, vediamo che non è l’Eros l’agente
unificatore dell’organismo, come aveva dichiarato Freud, bensì l’impulso aggressivo-genitale, che spinge
l’individuo verso l’unione con l’universo. Negli schizofrenici e negli schizoidi però il flusso energetico è
interrotto dalle articolazioni, tanto che gli impulsi aggressivi non affiorano alla consapevolezza. Ciò
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determina una rottura secondaria fra pulsione e percezione della pulsione: su questo stesso schema si
applicano le allucinazioni visive ed uditive.
Ancora, è una intensa esperienza di minaccia alla propria esistenza che restituisce l’esperienza di terrore
dello schizofrenico: queste esperienze producono una regressione fortissima, tanto che se il carattere orale
può essere pensato come il bambino aggrappato al seno della madre, quello schizofrenico è il bambino
dentro il suo grembo. È per questo motivo che ha bisogno totalmente dell’altro – come si vede attraverso il
contatto con gli occhi – come l’embrione ha bisogno dell’utero materno. Il problema è che è incapace di
chiederlo.
Lowen ritiene che si possa fare molto per i pz schizofrenici se solo fosse loro consentito di sfasciare vecchi
mobili o cose vecchie in un ambiente controllato: questo potrebbe riattivare in loro il circuito dell’aggressività.
E non è un caso che molte testimonianze schizofreniche parlino proprio di benefici dopo vissuti di distruzione
materiale. D’altronde questi individui vivono una condizione di perenne spasticità muscolare, e l’arrivo di una
forte energia determina una situazione di dolore e di pericolo: sente che qualcosa di grave sta per
succedere, e quindi serra ancora di più i muscoli e incrementa la tensione. Il risultato di ciò è che la tensione
impedisce all’energia di raggiungere il suo organo di bersaglio, per l’effettuazione del movimento, e che il
dolore associato indica un conflitto insanabile tra l’energia e l’ostacolo frapposto al suo scarico regolare.
Secondo l’autore un tp non dovrebbe mai forzare la barriera del dolore, nonostante la tolleranza ad esso sia
la base del principio di realtà.
Si conclude il capitolo tornando sugli occhi dei pz schizofrenici. In generale sono gli occhi dei pz che
restituiscono le sensazioni migliori al tp, e riferisce che in tutta la sua carriera si è sempre fidato di questo
indicatore. Proprio negli occhi dello schizofrenico si può cogliere la sua malattia, perché sono vacui ed
assenti, ed al contempo non sembrano guardarti ma penetrarti. Lo schizofrenico non vede ma guarda, ed il
suo viso è come una maschera. Prova delle sensazioni ma è incapace di focalizzarle sugli altri, e senza il
circuito a feedback delle emozioni un individuo non può vivere.
Il carattere schizoide
Fenichel definì gli schizoidi come quegli individui che, senza avere una vera e propria psicosi, presentano
tratti o meccanismi di tipo schizofrenico. Lowen ritiene valida questa definizione ed aggiunge che gli
schizoidi sono caratterizzati dalla “disposizione psicotica”. Essa è un insieme di quegli atteggiamenti che
individuavano i caratteri, ovvero l’io voglio della struttura rigida, l’io non voglio di quella masochista e l’io non
posso di quella orale. L’attitudine fondamentale degli schizoidi è una negazione dei valori della realtà
materiale, pertanto non c’è nemmeno bisogno di combatterla. Possono sussistere in superficie delle
tendenze orali e masochiste, ma non sono correlate all’Io, perciò non si incontrano nemmeno nella
situazione transferenziale né tantomeno come resistenze. La pressoché totale o la totale assenza di difese
dell’Io è tipica degli schizoidi, e questo per certi versi facilita la terapia con loro, perché appunto non
oppongono inconsciamente le resistenze che invece mettono in campo i nevrotici. Sono cioè privi del
controllo delle reazioni che questi ultimi possiedono.
Si era detto precedentemente che il carattere schizofrenico perde totalmente il rapporto con la realtà,
spersonalizzandosi: nel carattere in questione ciò accade in misura minore, ed è come se il soggetto
trattenesse il suo Io. Questa peculiarità indica la via da seguire per il trattamento, ovvero provocare per
prima cosa un’identificazione con il proprio corpo e con la sensazione cinestesica dello stesso;
successivamente passare ad aumentare il movimento espressivo; infine sviluppare e migliorare il rapporto
con gli oggetti come cibo, oggetti d’amore e di lavoro.
Esternamente gli schizoidi sono riconoscibili per il pendolamento della testa, che non sembra mai attaccata
completamente al corpo, mentre il viso assume le sembianze di una maschera. Un buon osservatore noterà
con il passare del tempo anche assenza totale di gioia e di luminosità, elementi questi che producono una
personalità fredda. Nell’esercizio della percussione del divano sembrano meccanici, come se le loro braccia
fossero staccate dal resto del corpo. Le articolazioni in generale sembrano congelate, ed anche la
respirazione è caratteristica: l’espansione della cassa toracica è accompagnata dalla contrazione della
cavità addominale, il che rende impossibile la discesa del diaframma. Così, sia schizoidi che schizofrenici
respirano con il torace e come se si trovassero in uno stato perenne di terrore, che ritorna anche
nell’espressione degli occhi e del volto.
Dopo aver descritto le caratteristiche schizoidi Lowen si lancia in un’ipotesi molto affascinante sulla genesi
di questo carattere. Ritiene che una sola sia l’esperienza capace di avviare una strutturazione schizoide, ed
è l’odio della madre per il proprio bambino, un odio a livello inconscio, molto dannoso, persistente ed
operante nel primissimo periodo di vita dell’organismo. Com’è definibile un odio di questo tipo? Innanzitutto
differenziandolo dalla collera: quest’ultima è un sentimento caldo che serve per rimuovere un ostacolo che
impedisce il flusso della libido, mentre il primo è un sentimento freddo. Ancora, la collera non vuole
distruggere l’oggetto di attaccamento libidico, mentre l’odio sì, e quando l’ira svanisce è possibile veder
riaffiorare i sentimenti teneri. Freud aveva definito l’odio come totalmente antitetico all’amore: possiamo
allora definire l’amore per comprendere l’altro. Lowen lo ritiene il più forte sentimento di tenerezza espresso
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con la più forte aggressività. È quindi l’espressione più completa di un organismo. Si può definire l’odio come
amore congelato, che si sviluppa grazie a tre fattori: la presenza di una struttura rigida, il freddo e la
pressione. chi odia ha un cuore freddo e duro, quasi di ghiaccio, che diventa tale poiché è stato sottoposto
ad una grande pressione, la pressione di un amore rifiutato. L’autore ritiene che solo le strutture rigide
possono essere in grado di odiare, non quelle orali o masochiste. Il figlio di una donna piena d’odio può
essere soggetto al freddo, al congelamento prima di nascere. Questo congelamento produce una scissione
dell’embrione, per cui l’energia libera dell’organismo si ritira verso il centro, lasciando sguarnita la periferia. Il
nucleo è vivo, mentre gli elementi superficiali congelano, proprio come accade in una soluzione di acqua e
zucchero che viene sottoposta a congelamento. Si noterà che la parte fluida della sostanza si ritrae verso il
centro, mentre la periferia si congela. È una caratteristica questa di tutti i fluidi sottoposti a congelamento. E
se l’ambiente uterino è così complesso, ancora più disastrosa è la situazione del contesto reale non appena
il bambino viene alla luce, con una madre che tendenzialmente sarà ancora più disperata di averlo fatto
nascere. Ciò mette in serio rischio-vita il neonato, e nessuna spiegazione meglio di questa può rendere
conto del profondissimo terrore che questi individui vivono da adulti.
La relazione con il terapeuta è l’unica loro àncora di salvezza. Verso di esso, così come verso tutte le altre
persone da cui dipendono, sviluppano una grandissima sensibilità e riescono a rispondere all’inconscio
dell’organismo che li ha di fronte. Per questo motivo Lowen ritiene che siano in grado di vedere dentro il
terapeuta molto più velocemente di quanto quest’ultimo faccia con loro. E sempre per questo motivo un
professionista che opera con uno schizoide deve mettersi in gioco con umiltà ed onestà, nonché con calore.
Il calore del tp è il fattore che riesce a riportare il pz più profondamente nella realtà, e siccome sono privi di
difese e della sfiducia (tipica dei nevrotici), laddove un tp fornirà calore essi sono in grado di prenderselo
tutto.
Autorizzo l’Istituto Gestalt Firenze srl a pubblicare il presente lavoro a mezzo internet, solo ed
esclusivamente all’url ww.igf-gestalt.it.
Firenze, 29.08.2009
Nicola Sereni
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