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Perdifumo, ecco la radio che allontana i cinghiali dall`orto

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Perdifumo, ecco la radio che allontana i cinghiali dall`orto
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€ 1,00
Editore: Calore s.r.l. Sede Legale: Via S. Giovanni, 86 - Villa Littorio - Laurino (Sa); Sede Redazionale: Via della Repubblica, 177 - Capaccio-Paestum (Sa) - Poste Italiane - Spedizione in a.p. - 45% - art. 2 comma 20/b legge 662/96 - Dir. Com. Business Salerno - Abb. annuale 25,00€
0828.720114 - unicosettimanale.it - [email protected] Anno XII n° 38 del 23 Ottobre 2010
CAPACCIO
Cilento senza
socialismo
L’EX HERA ARGIVA
SUPERMERCATO
DELL’ORRORE.
di Giuseppe Liuccio
CHI DEVE INTERVENIRE?
L’AVANTI! è una tesata storica. Ha registrato le battaglie generose della
classe operaia, che, in un secolo, è passata dalle trincee delle leghe contadine alla “stanza dei bottoni” dell’Italia
repubblicana. Fu la palestra dove mi
addestrai al “mestiere” che esercito
con dignità da una vita. Non avevo
ancora vent’anni con la testa piena di
sogni e con il cuore gonfio di ideali
alla conquista del “sol dell’avvenire”,
CONTINUA A PAGINA
PASQUALE QUAGLIA A PAGINA 6
AGROPOLI
I CORNUTI
A QUATTRO ZAMPE
DEL
2
CATELLO NASTRO A PAGIANA 9
PIANA DEL SELE
Trent’anni dal
terremoto
GLI INDIANI DONANO IL
SANGUE IN MASSA
di Aurelio Di Matteo
E CI DANNO UNA
Il prossimo 23 novembre saranno passati trent’anni dal sisma che sconvolse il
territorio della Campania e la vita civile e sociale delle nostre comunità. È
l’occasione dopo tanti anni per riflettere sulle soluzioni date ai fini della ricostruzione del tessuto economico e sociale; soprattutto su cosa quel comportamento politico e quello “stile” amministrativo abbiano comportato per la
classe politica meridionale e per il com
CONTINUA A PAGINA
LEZIONE DI CIVILTÀ
ARTICOLO A PAGINA 11
EBOLI
COME MELCHIONDA
CERCA DI EVITARE
21
BATTIPAGLIA
Iniquo e solidale
Perdifumo, ecco la radio che
allontana i cinghiali dall’orto
La questione è irta e delicata, appartiene a quella branca di materie - tipo calcio, musica, religione, politica, tutto di cui in Italia c’è pieno così di esperti,
per cui poco male sbagli una parola rischi o il linciaggio o il ridicolo. O, ti andasse proprio bene, l’incomprensibilità
assoluta. Ergo, in finale: tutto un discorso da prendere con le pinze.
21
IL CRAC
DEL MUNICIPIO
FRANCESCO FAENZA A PAGINA 18
di Ernesto Giacomino
CONTINUA A PAGINA
CILENTO
La segnalazione ci arriva da Giovanni Farzati, giornalista “scalzo” cilentano, ovvero orgoglioso irregolare di questa professione. L’argomento è sempre quell’emergenza cinghiali. E di un rimedio molto originale. Una radio accesa giorno
e notte, appesa ad un albero, per ogni raccolto, uva, fichi, olive, ortaggi; ascoltata da...cinghiali, cani randagi, civette e altri animali notturni; niente veleno, lacci,
fucilate, solo nottate di musica e parole. Quando la radio mette in moto la fantasia...è proprio il caso di dirlo. Contadino di Perdifumo ha piazzato una radio,
con altoparlante, su un albero per tenere lontani i cinghiali dal suo terreno;
CONTINUA A PAGINA
12
CILENTO
GALZERANO:
“NOI NON ABBIAMO
MAI AMATO I
BORBONI”
ARTICOLO A PAGINA 15
Primo piano
2
N°38 del 23 Ottobre 2010
“Avanti”, dalle lotte dei lavoratori alle ville di Berlusconi. Dal socialismo al berlusconismo
Le esperienze opposte ma speculari di Mucciolo e Lavitola
DALLA PRIMA
come si cantava sulle piazze e
nei cortei sull’onda delle canzoni cariche di un po’ di retorica ma anche di valori. Ne era
direttore Pietro Nenni,che mi
indicò, giovanissimo, alla re-
dazione provinciale. Poi venne
la stagione delle inchieste all’estero tra le baraccopoli degli
emigranti,che, nelle periferie
delle città del Nord Europa, ingoiavano “lacrime e birra” e
bullovano marchi, fiorini e
franchi con l’occhio acceso
a nostalgia di paesi lontani
che covavano amori lacerati.. E fu, per me, conquista
di prestigio professionale la
rubrica di “notista” di cultura e di turismo nella
“terza pagina” con direttori che si chiamavano Gaetano Arfè e Antonio Ghirelli.
E, intanto, il Socialismo, organizzato in Partito, sommava successi e consensi
nell’Italia assetata di riforme. Cresceva, anzi dilagava, qui da noi con Quaranta e Conte, che seminavano
il territorio di scialo di fioritura alla “primavera socialista”. Nell’abbondanza
si inserirono anche piante
spurie e velenose, che ne inquinarono splendore e profumo. E venne la stagione
di tangentopoli con i leader
feriti nei sospetti di contiguità equivoche, con militanti sgomenti a interrogarsi su sentenze di tribunali
che giustiziavano dirigenti
e valori, con faccendieri in
fuga alla ricerca di postazioni più sicure e redditizie.
A seguire il socialismo di risulta di Mucciolo e compagni, che, nella speranza/illusione di tenere viva la
fiammella, si avventurarono nella pratica del clientelismo dei portaborse e dei
famigli. E fu deserto di idee
e di progetti nel Cilento
senza socialismo.. E perdura, purtroppo, con il Pd,
forza, anche questa residuale,a fusione fredda,
senza cuore, tra riformismo
socialista e cattolico, a protettorato poco illuminato e
senza segno di futuro di
vecchi baroni di provincia
che ,inconsapevolmente, recitano il ruolo di cacicchi di
un potentato in via di estinzione.
Ed il vecchio “Avanti!” con
un L in più è finito nelle
mani di Lavitola, un personaggio discusso,discutibile
ed equivoco del sottobosco
berlusconiano, che si aggira
con destrezza e padronanza
per il Centroamerica, sbarca nei
paradisi fiscali di Santa Lucia e
tiene bordone ad operazioni di
dossieraggi che inquinano le
istituzioni dell’Italia repubblicana.
E taccio per carità professionale su certe testate nazionali, regionali, provinciali e locali attente in maniera quasi maniacale a fare, soprattutto queste
ultime, le pulci a sindaci e assessori senza indicare, quasi
mai, obiettivi di progettualità
di ampio respiro a conquista di
futuro.
Ora leggo che un gruppo agguerrito di militanti reclama legittimamente di riappropriarsi
del vecchio “Avanti!” per dargli la dignità di protesta e di
proposta nel nome e nel segno
del Socialismo. Magari e
fosse!!! Tornerei con generoso
entusiasmo alle origini per
gonfiarmi di emozioni per i
paesi della mia terra, il Cilento, dove imperversano personaggi tronfi di alterigia e vuoti
di ideali a discettare, con l’approssimazione dei dilettanti, di
turismo e beni culturali, di
agricoltura e biodiversità e,
qualche volta, si avventurano,sprovveduti, per i complicati percorsi della storia, che richiederebbe ben altre analisi
che i balbettii da riassunto di
Bignami approntato da incolti
portaborse ad audace avventura di interpretazione ed attualizzazione di eventi prestigiosi.
E sì, perchè nella ricorrenza dei
150 anni dell’Unità d’Italia, è di
moda riscoprire ed esaltare carboneria e filadelfi, moti rivoluzionari a protagonismo di borghesi illuminati, preti liberali e
briganti con la vocazione di
eroi e si sciupa la retorica sul
Canonico De Luca, su Costabile Carducci e su Carlo Pisacane, che organizzarono sommosse nel nome della libertà e
della giustizia sociale, anticipando negli scritti, oltre che
nell’azione eroica, valori ed
ideali di Socialismo. Di tanto in
tanto qualche politico incolto e
senza scrupoli li trasforma in
personaggi da baraccone per
dare visibilità turistica (!) ai
paesi e sciocco protagonismo a
se stesso proteso a caccia di
consenso elettorale. E tutto si
sfilaccia in un territorio che
l’Unesco ha proclamato patrimonio dell’umanità per gli
straordinari valori ambientali
ed il Parco, deputato per statuto a difenderlo, si appantana e
muore; dove uno scienziato di
grande valore, Ancel Keys, riscoprì e teorizzò “la dieta mediterranea”, che l’Unesco ancora una volta si accinge a pro-
clamare patrimonio dell’umanità, come straordinario “bene
immateriale”, ma si fa morire
l’apposito “museo”,orfano del
motivato presidente scomparso da qualche anno, con la
complice latitanza dell’Assessorato provinciale all’Agricoltura.
Quello stesso assessorato che
ignora la rivoluzione delle
zone interne, dove è nata una
fitta rete di agriturismi, che
hanno trasformato campagne e
borghi in opportunità di vacanza nuova ed alternativa all’insegna del relax, della buona
cucina e della calda accoglienza nello scenario di un incomparabile scenario verde. Avrebbero solo bisogno di essere
messi in rete con un progetto di
offerta d’insieme, come consiglia, proprio in questi giorni, il
TCI con il lancio dell’iniziativa
“L’Italia 10 e lode” e l’assegnazione delle “bandiere arancione” agli agriturismi virtuosi,
nella consapevolezza che
l’agriturismo non è solo vacanza all’aria aperta, contemplazione della natura, ma anche
difesa dell’ambiente e motore
dello sviluppo.
Ma nel Cilento tutto è affidato
allo spontaneismo ed al coraggio dell’imprenditoria fai da sè,
perché qui il Parco è morto,
l’Assessorato provinciale all’Agricoltura, come quello al
Turismo e alla Cultura sono latitanti non si sa bene se più per
incapacità o per deliberata scelta. Altrove con questo patrimonio di ricchezza a disposizione farebbero faville!Ma
forse chiediamo troppo alla politica di casa nostra, perché
“nemo dat quod non habet”,
tanto per dirla con la vecchia
massima di Aristotele o con
quella più efficace e colorita
nella sonorità del nostro dialetto”quanno mai le macchie e li
fringi àno fatto vino?”. Ah, se
tornasse il vecchio “Avanti!”
con la sua carica di protesta e
di proposta nel nome del Socialismo! Ah, se tornasse la Politica con la P maiuscola di
qualsiasi colore e ci liberasse
dai ciarlatani venditori di fumo
di quest’ultima stagione!
Giuseppe Liuccio
[email protected]
N°38 del 23 Ottobre 2010
Cultura
3
Nel 1892 il capaccese di adozione Terenzio Agnetti diventa deputato al Parlamento
Fu sindaco e deputato. Sposò Elisa Bellelli
Non molto tempo addietro
Liuccio, proprio dalle colonne
di UNICO, confessò di invidiarmi la passione per la storia di casa nostra, da me sempre coltivata, perché, a suo
dire, questa mi consente di “rifugiarmi nel passato, che, con
tutti i suoi limiti, ebbe stagioni esaltanti di impegno, di dibattiti fecondi e di creativa
progettualità a fronte di un
presente in cui è morta la Politica, si è impantanato il dibattito e prosperano clientelismo, familismo, nepotismo, e,
qualche volta, anche il malaffare, nella totale assenza di
ideali”. Sostanzialmente questo è vero. Spesso la ricerca ti
prende talmente tanto da farti
evadere dal tempo e dallo spazio nei quali vivi. Talvolta,
però, succede anche che più ti
imbatti in personaggi e momenti esaltanti del nostro passato più lo stridente divario
esistente con “la morta gora”
in cui oggi viviamo ti indigna.
Il che potrebbe essere anche
un bene per i cittadini che
amano davvero il proprio
paese.
Ma, al di là degli effetti che la
storia può produrre sulle coronarie di chi scrive e di eventuali lettori, io preferisco, comunque, continuare a guardare al passato per rivisitare
ed approfondire eventi e personaggi che hanno contrassegnato la storia di casa nostra.
Questa volta la mia attenzione è rivolta ad un personaggio
non locale che per la prima
volta a Capaccio riesce a contrarre un matrimonio esogamico, tra persone, cioè, di
ANGELO CAPO
gruppi sociali diversi, che assume un significato ancora
più dirompente se si pensa
che lo stesso fece immediato
seguito all’altro di tipo allora
sempre praticato nell’Ottocento in tutta la Piana del Sele,
cioè l’endogamico, che nel
caso specifico riguardò addirittura consanguinei molto
stretti, quali furono i due cugini diretti, Enrico ed Elisa
Bellelli, in quanto figli, cioè, di
due fratelli, rappresentanti
della famiglia latifondista più
ricca e potente di allora.
Il suo nome è Terenzio Agnetti. Egli, nato a Berceto di
Parma nel 1847 ed avviato dal
padre Giuseppe alla carriera
militare, ben presto diventò
ufficiale del III Reggimento
Piemonte Reale. Conosciuta
Elisa, rimasta vedova il 7 maggio 1872 di suo cugino Enrico,
il più grosso proprietario terriero di Capaccio unitamente
all’ex feudatario, Francesco
Doria, IX Principe D’Angri, la
sposò il 16 giugno 1877.
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6
LA POLEMICA.“È l’invidia che li fa parlare perché sono tardi e non sanno dove andare”
Al Sud, dove il Nord è già di casa…
Nelle regioni meridionali e
centrali, l’uso dell’idioma dialettale è ampiamente diffuso e
intercalato nelle conversazioni quotidiane sia nell’ambito
familiare, dove si apprende,
sia nelle relazioni sociali: commercio, uffici, pubblici e aziende private. Ovviamente, l’uso
della lingua italiana o altra lingua comunitaria è ampiamente diffuso. Quindi il salvataggio del dialetto non è affidato
a scuole o improbabili centralini comunali che dovrebbero
“imporlo” a chi non lo ha mai
parlato, ma all’abitudine e la
cultura che ne ha impedito
l’estinzione.
Altra questione è quella della
criminalità organizzata.
È opinione diffusa che “go-
verna” e “controlla” le regioni meridionali. Infatti, è innegabile che mafia, ndrangheta,
nuova corona unita e camorra
siano ben insediate al sud.
Come è facile costatare che
dette “aziende” criminali si
siano ingrossate grazie agli investimenti fatti nel nord dell’Italia, in Europa e, prima ancora, in America. Tutti gli
esperti affermano che l’impresa criminale non può vivere e
prosperare tranquilla se non è
collaterale con gli amministratori o con i governanti. Infatti, nel ’92, quando a Milano
scoppiò il sistema della “dazione ambientale” che portò
all’inchiesta “mani pulite” ci
fu un’impennata d’orgoglio in
tutto il paese. Tangenti e favo-
ri erano all’ordine del giorno… lo scoperchiamento della
pentola causò un terremoto
politico e uno tsunami economico. Produsse anche la reazione della mafia che portò
l’attacco nelle regioni “anime
belle” come la Lombardia, il
Lazio e la Toscana con attentati clamorosi. Al sud, invece,
la reazione della criminalità
organizzata fu ancora più feroce: ammazzò chi combatteva la mafia a casa sua, la Sicilia. Giovanni Falcone e Paolo
Borsellino, come Carlo Alberto Dalla Chiesa, restarono sul
campo di battaglia di una
guerra che stavano combattendo a viso aperto a nome
dello stato che, tra Roma e Milano, stava trattando con la
“cupola”.Infine, c’è la questione dell’assistenzialismo.
È una piaga sociale che infetta
la nazione, ma si ha l’impressione che solo quello praticato
al sud è da estirpare. Quando,
poi, lo stato è costretto a pagare milioni di euro per le
multe sulle quote latte per favorire le aziende bovine padane che hanno, deliberatamente e consapevolmente, barato, allora si tratta di “difendere” il popolo…
Per non parlare della pratica
politica di favorire amici e famigli degli amministratori locali: al sud è clientelismo, al
nord è presidio del territorio… per ascoltare, ovviamente, sempre il popolo!
moncil
Sede
84020 ROSCIGNO (SA) tel 0828963131- fax 0828963247
Sede Amm.va e Filiale:
84037 SANT’ARSENIO (SA) - tel 0975 398611 - fax 0975 398630
Filiali:
84065 PIAGGINE (SA) - tel 0974 942700 - fax 0975 942238
84069 TEGGIANO (SA) - tel 0975 510610 - fax 0975 510608
84036 S. CONSILINA (SA) - tel 0975 521282 - fax 0975 21949
84057 LAURINO (SA) - tel 0974 941252 - fax 0974 941544
84070 ROFRANO (SA) - tel 0974952511 - fax 0974 952433
85052 MARSICO NUOVO (PZ) - tel 0975 344244 - fax 0975 342431
Capaccio
4
IL PUNTO
Caropreso
“ripresa”
Sull’argomento dell’avvenire
dell’Ospedale della Valle del
Calore occorre evitare di dividersi tra ottimisti (una volta
erano socialisti, ricordate la
canzone di Venditti?) e catastrofisti (gli sconfitti del centrosinistra) e, soprattutto isolare, i detentori di medaglie di
latta che pur di dare sprint alla
loro carriera non si fermerebbero davanti a niente. Gli avvenimenti dell’ultima settimana sono lì a testimoniarlo. Ad
una Sara Caropreso, novella
Madonna Pellegrina portata in
processione di ringraziamento,
per la verità un po’ anticipata,
dal Pdl locale, ha subito risposto Francesco De Simone, manager dell’azienda sanitaria
unica. Con un’intervista al
“Mattino” il professore mette i
paletti all’azione della “project
manager” Caropreso, incaricata del progetto ospedale unico
del Sele. La Caropreso incontra
primari e sindacati..., lo provoca il giornalista Gianni Colucci.
«Leggete il decreto di nomina.
Lei deve proporre all’azienda i
provvedimenti per arrivare all’accorpamento. È giovane è
entusiasta, va oltre i suoi confini». Invece che dovrebbe
fare?, chiede Colucci «Le ho
chiesto di preparare la bozza di
piano. Me lo deve dare entro il
23, perché il 29 io avrò approntato l’atto aziendale». Non
vi parlate? «Ho fatto una lettera, basta. Se lei non gradisce il
mio percorso per gli accorpamenti di strutture o che io
metta i direttori di struttura
dove servono, non posso farci
molto. Lei si mette a dialogare
con sindacati e dirigenti, dico
che non può nemmeno farlo».
De Simone è chiaro. «Farò quel
che dice il piano Zuccatelli.
Quella è una legge». E Zuccatelli di Roccadaspide non parla
proprio. Vuol dire se non chiusura forte ridimensionamento.
Non cambia una virgola del
piano Zuccatelli? «Il piano è
stato fatto, si possono cambiare delle cose? Ma i politici
hanno avuto il tempo per farlo.
Ora che fanno? Cambiano la
legge?». Questo è il professore Francesco De Simone, preside della facoltà di Farmacia,
colui che deciderà dell’avvenire del plesso ospedaliero di
Roccadaspide. Ed ai nostrani
eroi?: “Bancarelle giostre giochi luci orchestre tenorili zum
pa pa. Noccioline torroncini
lecca lecca palloncini zum pa
pa”, come canta Tosca D’Acquino nel “Terzo Fuochista”, su
parole di Massimo Venturiello.
Oreste Mottola Altri articoli a pagina 14
N°38 del 23 Ottobre 2010
Veleni nel piatto. Con l’esperto di ambiente Antonio Franco
Il più pericoloso è l’acido solforico
L’inquinamento è una modificazione dell’ambiente fisico –
chimico e biologico, che causa
danni irreparabili alla flora ed
alla fauna terrestre. I suoi effetti si manifestano tempestivamente e sono chiaramente
visibili, ad esempio se del petrolio finisce in un corso d’acqua o nel mare o sulla costa,
molti animali che vivono in
quell’ecosistema o in quella
nicchia ecologica sono ricoperti dal materiale vischioso
dei derivati del petrolio, e
possono facilmente morire se
non si puliscono immediatamente, molte volte non si fa
in tempo ad intervenire, o il
disastro avviene in zone di
difficile accesso la superficie
inquinata si allarga a dismisura. Le sostanze inquinanti più
comuni sono derivate dagli
scarichi industriali. Altra fonte
causa di tanti guai, è rappresentata dalla bruciatura di derivati del carbone (fossile), il
cui gas è trasportato dal vento
a notevoli distanze e le particelle in sospensione con le
piogge cadono sulla superficie
terrestre, il più pericoloso è
certamente l’acido solforico.
Alcuni gas possono sostare in
determinati settori dell’atmosfera e rendere l’aria irrespirabile, altre come l’anidride carbonica mista a particelle in sospensione possono, anzi, provocano” l’effetto serra”. Alcune sostanze impiegate in agricoltura in modo scorretto o eccessivo vanno ad inquinare le
falde acquifere sotterranee,
mentre altre entrano con gli
alimenti nella catena alimentare degli uomini e degli animali; Altra pratica usuale in
qualche zona è quella della
bruciatura dei polistiroli usati
come fitocelle per le piantine,
che spesso sono abbandonate
in prossimità d’argini di fossi
e di canali e spesso smaltiti
con il buttarli nel corso d’acqua o bruciati sul posto, immettendo nell’aria i prodotti
tossici in loro contenuti, l’aria
calda salendo trasporta gli inquinanti a notevole distanza.
Un prodotto molto dannoso
per l’ambiente è il clorofluorocarburo (cfc) gas che da solo
causa disastri enormi, primo
fra tutti la distruzione dell’ozono, filtro contro i tumori
causati dalle radiazioni solari,
il cfc era largamente utilizzato nella costruzione dei frigoriferi, ma, di recente il suo
uso è stato in molte Nazioni
proibito. In certi paesi in via di
sviluppo o paesi poveri il liquame degli animali e degli
uomini provoca spesso forme
d’inquinamento che causano
epidemie tipo colera e febbre
tifoide, alti inquinanti sono
prodotti da residui di metalli
pesanti quali: rame, zinco e
cromo che entrano facilmente
nelle catene alimentari. Alcuni
prodotti come il D. D. T. non
sono facilmente biodegradabili e restano in decomposti
per lunghissimi periodi, basti
pensare che circa cinquanta
anni fa fu proibito ed ancora
oggi si trovano dei residui nel
fegato di foche e pinguini al
polo. Dagli anni settanta si è
evidenziato, soprattutto nei
paesi nordici un fortissimo
danno alle foreste dovuto alle
piogge acide. Responsabile di
tale disastro è l’inquinamento
atmosferico contente ozono,
biossido di zolfo e sostanze
azotate in eccesso. Lo stato di
salute della terra si trova ad
un bivio, aggravato dagli
scempi continui compiuti con
troppa leggerezza in nome di
una presunta libertà di inquinare ( Stati Uniti d’America ),
che non vogliono saperne di
CONTINUA A PAGINA
7
EMITTENTE LOCALE. Sulla scena ora c’è Stile Tv. Anche in digitale terrestre
Alfonso va sull’onda con Vairo e Sabetta
Da pochi giorni, StileTV è
anche un canale televisivo su
digitale terrestre, fiore all’occhiello del nostro network
d’informazione territoriale che
comprende già il magazine
cartaceo Tribuna Stampa ed il
portale Internet www.stiletv.it
con l’annessa web-tv, implementata in live streaming e on
demand.
Il segnale sul digitale terrestre
di StileTV copre l’intera provincia di Salerno, lambendo
anche le confinanti aree della
provincia di Napoli, di Avellino e dell’Alta Calabria, per
un’utenza potenziale (stimata
su dati demografici) di circa
1,9 milioni di persone. Per garantire un elevato standard di
trasmissione, StileTV ha scelto
di collocarsi nel mux dell’operatore di rete LiraTv di Saler-
ALFONSO STILE, FA PARTE
DELLO STAFF DEL SINDACO
PASQUALE MARINO COME
ADDETTO STAMPA
no. La sede della nostra emittente è sita nel comune di Capaccio Paestum, che per la
prima volta, dunque, ospita
un’emittente televisiva autonoma, indipendente, dotata di
una redazione giornalistica
operativa e di studi propri
dove realizzare e trasmettere,
anche in diretta, i format e le
produzioni inserite nel proprio palinsesto, tra cui spiccano: 5 edizioni giornaliere del
Tg Stile (ore 13:55, 17:00, 19:00,
20:30, 23:00), 5 edizioni del Tg
Flash (ore 10:00, 12:00, 13:30,
16:00, 18:00) e 2 edizioni della
Rassegna Stampa mattutina
(ore 09:00, 10:15), condotti in
studio dai giornalisti Marco
Rizzo e Anna Vairo. Per impreziosire l’offerta informativa, ogni settimana andranno
in onda: il talk show di approfondimento Detto con Stile
(ogni venerdì - ore 21:15), i
programmi sportivi Galietta
Gol e Galietta Sport (condotti
da Franco Galietta e Giovanna Veltri, in onda il martedì e
il giovedì alle ore 21:15), il format d’inchiesta e attualità Pri-
sma (condotto da Angela Sabetta, in onda il mercoledì alle
ore 21:15) ed altre trasmissioni
mirate alla promozione territoriale, nonché al coinvolgimento ed alla partecipazione
di esperti di vari ambiti e, soprattutto, dei cittadini. Tra gli
opinionisti di punta, Carmine
Caramante, Luciano Farro,
Antonio Marino e Rosario
Buccella. I quattro mezzi mediatici del network StileTV
(magazine, portale, web-tv e
digitale terrestre) s’interfacceranno fra loro attraverso aggiornamenti h24 e in tempo
reale: la redazione web è coordinata da Angela De Rosa;
il responsabile dell’area tecnica è Ivan De Rosa, coadiuvato
in regia da Ferdinando Massanova.
N°38 del 23 Ottobre 2010
Capaccio
5
Il 21 e 22 ottobre a “Porta Sirena” incontro ambientalista
Natura e territorio. Più che un convegno
Nell’ambito della prima rassegna provinciale del Volontariato e della Solidarietà, realizzata
dal Centro Servizi al Volontariato “Sodalis” di Salerno, venerdì
22 si terrà a Capaccio, presso
l’agriturismo Porta Sirena in Via
Ponte Marmoreo nella località
Spinazzo, l’iniziativa “Natura e
territorio”.
Il CSV che da pochi mesi vede
ha eletto a suo presidente il capaccese Pasquale Longo, mira a
radicarsi sempre più nei territori della provincia.
La rassegna “23 passi verso una
società solidale” consta in 23
appuntamenti su tutto il territorio salernitano. Le 160 associazioni socie di Sodalis sono chiamate quindi ad unirsi e a lavorare gomito a gomito per rafforzare l’opera del volontariato nei
territori. A realizzare l’incontro
del 22 il circolo FreeLegambiente Paestum, che terrà una
tavola rotonda alle ore 16.00
sulle aree protette della provincia di Salerno. Coinvolti i circoli Legambiente che da anni curano le oasi: Pontecagnano e il
Parco Eco-archeologico, Eboli e
l’oasi dunale, Valle dell’Irno e
l’oasi montana di Frassineto e
Paestum appunto con l’oasi
Torre Mare. Prima però, alle ore
15.00 il geologo Rocco Tasso illustrerà la sua ricerca sulle criti-
cità e le risorse della fascia costiera pestana. L’iniziativa vedrà
invece nella mattinata del 22 la
messa a dimora di nuovi alberi
– con la partecipazione dei
bambini delle scuole elementari di Capaccio – nella pineta devastata lo scorso 20 giugno da
una tromba d’aria. A partecipare alla tavola rotonda ci saranno
Raffaele Del Giudice, direttore
di Legambiente Campania, insieme al responsabile nazionale aree protette dell’associazione ambientalista Antonio Nicoletti e quello regionale Pasquale Raia.
Con loro Domenico Nicoletti,
presidente della Riserva foce
Sele Tanagro, il presidente del
Parco Nazionale del Cilento e
Vallo di Diano Amilcare Troiano, il presidente del Parco ei Picentini Anna Savarese e i sindaci di Eboli e Capaccio, Martino
Melchionda e Pasquale Marino.
Politici e tecnici a confronto,
dunque, per indirizzare le politiche di sviluppo delle aree protette in provincia di Salerno. Il
territorio a sud di Salerno, sebbene poco antropizzato, va
sempre più tutelato e difeso davanti all’avanzare del cemento
e delle speculazioni.
Un’oasi può fare molto, ma è la
politica a dover fare di più.
L’APPUNTAMENTO. Il 24 ottobre a di nuovo a“Cento Conche”
dove viene promosso una
enogastronomia slow prettamente cilentana e l’osservazione di un agro – ecosistema rispettoso dell’ambiente
e del bestiame. Le escursioni
realizzate sino ad oggi
hanno dato la possibilità di
vivere una splendida giornata all’insegna dello sport,
della tipicità e della socialità ad oltre 90 trekkers di
ogni fascia d’età, sia stranieri, grazie alla partecipazione
di Legambiente Paestum, sia
locali.
PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA Prenotazioni e info
+39 338 1758063 [email protected]
Fattoria Cavallo propone un’escursione
Domenica 24 ottobre ’10
l’associazione Humi Anima
promuove il territorio di Capaccio Capoluogo con un
escursione in montagna, che
prevede il raggiungimento
della località Cento Conche.
L’associazione nasce in seguito ad un’escursione realizzata in maggio e sostenuta dalla Fattoria Cavallo che
ha visto percorrere il sentiero per Polveracchio da numerosi appassionati locali.
Alcuni di loro, colpiti dalla
bellezza dei luoghi, dalla varietà del percorso e dal poli-
morfo habitat, si sono associati al fine di promuovere le
escursioni su Monte Soprano
e migliorarne i tracciati. L’associazione ha ottenuto la
collaborazione di numerosi
volontari motivati dall’amore per il proprio territorio e
dal desiderio di interazione
sociale. In tal modo si è instaurato un clima gioioso e
laborioso tale da rendere
piacevole il faticoso lavoro
di ripristino dei sentieri e
l’acquisizione di nuovi. Sottolineiamo orgogliosi il recupero e l’inserimento nel-
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l’itinerario della vecchia mulattiera, particolarmente suggestiva. La mulattiera fu realizzata agli inizi del ‘900 per
collegare una zona agricola
montana al centro abitato di
Capaccio Capoluogo. Questa, insieme alle numerose
sistemazioni idrauliche presenti, assolve ad un importante compito di gestione
delle acque, garantendo ancora oggi un deflusso non rovinoso per il centro storico.Il
tratto ripristinato dalla Humi
Anima si conclude in
un’area di degustazione,
Francesco Marino
Nicola Cavallo
Capaccio-Paestum
6
N°38 del 23 Ottobre 2010
LAURA. Il villaggio abbandonato, vero supermercato dell’orrore. Chi deve intervenire?
Sconcertante lo stato dell’ex Hera Argiva, un pericolo pubblico
La puoi raggiungere dalla litoranea venendo da Salerno, da
Agropoli passando Paestum e
Licinella, da Capaccio Scalo
oppure dal mare, attraversando le quattro vie che s’intersecano nell’incrocio, il distintivo
della contrada Laura.
Già perché è l’incrocio, il vero
simbolo della contrada, il suo
segno di riconoscimento ed è
lì che si sviluppa la vita o quel
poco che rimane, è lì che ci
trovi gli abitanti, indigeni e
stranieri, mancano solo i turisti. E’, dunque l’incrocio la
vera identità del paese. Tuttavia per chi passa le giornate in
questo posto, facendo avanti e
indietro, percorrendolo e scrutandolo da cima a fondo, senza
mai sederti, non perché sei talmente allenato da non stancarti ma per il semplice motivo
che non sai dove puoi sederti
oppure senza mai incontrare
nessuno di nuovo con cui comunicare, almeno che non
possiedi un traduttore simultaneo, ecco che allora hai la ne-
IL VILLAGGIO ABBANDONATO DELLA LAURA DI PAESTUM
cessità di cercare dell’altro, di
ricercare qualcosa che altri
non vedono o meglio fanno
finta di non vedere, forse perché quello che ci appare mo-
stra già tutta la sua parte degradante da non spingerci a osservare meglio. Invece basta
allontanarsi un po’ dall’incrocio, addentrarsi all’interno, vi-
vere la contrada per accorgerci che l’incrocio è solo una
piccola percentuale del degrado. Si va dalla pineta, al litorale, dalle case confiscate alla
camorra in stato di abbandono,
solo ora occupate dagli extracomunitari, dalle case d’appuntamento dove ci trovi trans
e donne, da Varolato e da tanti
altri posti simili. Quello che
voglio descrivere ora è il villaggio abbandonato, situato sul
mare, nella stessa strada del
lido Clorinda.
Mi recai in questo luogo tempo
fa, con un gruppo di amici. Entrare non fu per niente difficile
poiché la recinzione era completamente fatiscente e alcuni
cancelli erano aperti. Lo scenario che si presentò era raccapricciante: casupole che cadevano a pezzi, roulotte
smembrate o incendiate, per
non parlare degli edifici principali pericolanti, che sicuramente erano a tempo debito
direzione e ristorante.
Non è difficile inoltre intuire
AGNETTI. Il deputato che sconfisse Gaetano Giuliani che si rifece con Giolitti
Conservatore e sonniniano, erede di don Enrico
SEGUE DA PAGINA 3
Si trovò così ad amministrare
una proprietà immensa, valutata 808.585 £ e dislocata, oltre
che a Capaccio, anche nei Comuni di Eboli, di Monte Cicerale e di Buccino. Il suo patrimonio complessivo, anche grazie
agli acquisti fatti con i proventi
derivatigli dalla gestione dell’intera eredità di Don Enrico
Bellelli, durata 17 anni, ammontò a ben 535 ha.
Conquistata una notevole posizione sociale ed entrato nel novero delle famiglie più potenti e
prestigiose di Capaccio, egli
pensò bene di conquistare
anche il potere politico adeguato e consono al livello socioeconomico da lui raggiunto.
Diventò Sindaco il 24 novembre 1886 e rimase, per quasi un
quadriennio, a capo dell’Amministrazione comunale, fino al
9 maggio del 1890.
Il 6 novembre del 1892 fu la
data fissata per le elezioni della
XVIII Legislatura ed Agnetti
pensò bene di puntare alla scalata politica ponendo la sua
candidatura al Parlamento nazionale nel raggruppamento facente capo al conservatore Sonnino. Questa competizione elettorale va ricordata in particolare per il ritorno al Collegio uninominale, approvato con la
Legge del 5 maggio 1891 che
abolì, dopo l’esistenza travagliata di un decennio, lo scrutinio di lista e nel contempo
segnò l’ingresso nella scena politica di Giovanni Giolitti, uomo
nuovo, monarchico ed esponente della Sinistra liberale che
avrebbe improntato di sé tutto il
fine-inizio secolo, diventato
Capo del governo appena sei
mesi prima. In Italia, come nel
Salernitano, la scena politica
non cambiò molto. Novità, invece, si registrarono a Capaccio,
che contava ormai 4.242 abitanti, dove a spuntarla fu proprio il conservatore sonniano
Agnetti. Fu eletto con 1.881 preferenze contro le 1.407 riportate dal giolittiano Cavaliere Gaetano Giuliani a seguito di un’inchiesta sull’errato conteggio dei
3.354 voti complessivamente
espressi dai 4.534 aventi diritto.
Gli Atti parlamentari ci dicono
che egli sedette a sinistra e che
non fu molto assiduo ai lavori.
Nelle successive votazioni per
la XIX Legislatura, tenutasi il 25
maggio 1895, e per la XX Legislatura del 21 marzo 1897, egli
si candidò di nuovo. Ma né i
suoi meriti, niente affatto eccezionali, da lui conquistati nei
due anni e mezzo di lavoro parlamentare, né l’appoggio mas-
siccio di Sonnino, risultarono
sufficienti a farlo confermare
come Deputato al Parlamento
nazionale dove andò a sedere
in entrambe le tornate il suo avversario Giuliani.
Nel 1904 puntò di nuovo a conquistare un seggio parlamentare
e pose ancora una volta la sua
candidatura contro il potente
giolittiano Giuliani. Si impegnò
al massimo, profondendo energie e risorse finanziarie di ogni
tipo nella campagna elettorale.
Nell’occasione dette vita anche
ad un giornale, Il Risveglio,
dalle cui colonne attaccava l’avversario e magnificava l’elettorato che, però, non rispose al
suo appello e non gli dette il
consenso sufficiente a farlo rieleggere. Il sistema col quale
Giolitti manipolava le elezioni
attraverso i prefetti ed i suoi
mazzieri, con la complicità al
che ciò che rimane è ora la dimora di numerosi extra-comunitari, soprattutto dopo lo
sgombero da Varolato, infatti,
l’immondizia che regna è incredibile, una discarica a cielo
aperto nel cuore della pineta e
in riva al mare.
Un vero e proprio supermercato dell’orrore: bottiglie di alcolici sparsi fuori e dentro le abitazioni, confezioni di alimenti
vari, vestiti, pezzi di ferramenta, ruote e batterie delle auto,
tubi, scaldabagni, mobili,
carte, per non parlare delle feci
che qualche “abitante” aveva
lasciato nelle catapecchie. Sui
muri inoltre, anche annunci
“lavorativi”, che richiedevano
operai per le pulizie abili nello
“scopare”. Insomma qualcosa
di sconcertante e impensabile,
un esteso pezzo di terra immerso nella natura lasciato in
condizioni pietose, che rappresenta uno dei tanti luoghi
caratteristici di Laurocco e del
suo celebre degrado.
Pasquale Quaglia
Sud della mafia e della camorra,
e per questo “Ministro della malavita” per Salvemini, si rivelò
ancora una volta vincente ed il
ministerialissimo Giuliani seppe
bene impersonare il prototipo di
deputato che voleva il piemontese. Così lo dipingeva Agnetti
nel suo giornale: “Gaetano Giuliani... in breve fu il compare di
tutti i paesi che lo formavano:
non c’era battesimo, matrimonio, fatto più o meno privato o
pubblico senza “il buon signore”... Lo abbiamo veduto tante
volte carico di pacchi, abiti,
cappelli, gingilli, poiché egli è
lo spenditore del collegio. Giolittiano di ferro... tutti i gabinetti si lodano del suo perfetto ministerialismo”. Sconfitto al Parlamento, però, non volle rinunciare al potere tant’è che puntò
di nuovo alla carica di Sindaco
che ottenne e mantenne dal 27
novembre 1905 al 25 luglio
1906. Quando morì, nel 1929,
lasciò al figlio Federico (18791958) un patrimonio terriero di
535 ha.
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N°38 del 23 Ottobre 2010
Capaccio-Paestum
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AMBIENTE. Occorre maggiore vigilanza sui corsi d’acqua
Positivo l’intervento sulle fogne del Vallone di Monte Sottano
SEGUE DA PAGINA 4
ridurre le loro immissioni di inquinanti nell’atmosfera, in nome degli intessi industriali con la falsa scusa di affrontare troppe spese per il disinquinamento, ma, non si rendono conto
che i danni dovuti agli effetti provocati dagli inquinamenti stanno causando danni irreversibili e che si va
sempre più verso un disastro di portata mondiale, con la conseguente catastrofe per il genere umano e la conseguente distruzione della flora e della
fauna a carattere mondiale. Nell’ultimo decennio sono scomparse dal pianeta circa 600 specie viventi. L’inquinamento causa moltissimi tipi di tumori, con la conseguente moria di specie animali e vegetali.
Altro importante fenomeno dovuto al
degrado ambientale e quello dei ghiacciai che stanno arretrando rapidamente , l’effetto serra sta causando già immani disastri dovuti all’aumento del
CO2 ed aumento consequenziale della
temperatura. Ci siamo meravigliati
che l’anticiclone delle Azzorre quest’anno non si è portato sul Mediterraneo, la conseguenza è stata quella di
una pazza estate senza sole e molto
piovosa. Non si pensa che beni come
l’aria e l’acqua, sono indispensabili
alla sopra vivenza dell’uomo questi ,
sono, beni presi in prestito dai nostri
figli e che ad essi bisogna riconsegnarli
come c’è li hanno prestati. Mi si potrà
accusare di troppo allarmismo e catastrofismo ma il fenomeno del degrado
ambientale non ha più la fisionomia di
una teoria, ma, di una concretissima
realtà. Per fortuna esistono persone ed
associazioni che si battono per un ambiente migliore, che ci consigliano di
come difenderci dagli inquinatori, per
il momento sono pochi i difensori
della natura ma per fortuna la presa di
coscienza ambientalista sta rapidamente crescendo. In molti paesi si sta
espandendo il fenomeno delle coltivazioni biologiche, ed il mangiare biologico ci riporta alle antiche tradizione
dei cibi genuini, alla riscoperta degli
antichi sapori.
Anche le pubbliche amministrazioni
hanno finalmente capito, che, bisogna
fare una sana politica per la salva-
guardia dell’ambiente per il rispetto
primario della qualità della vita dei
propri amministrati e della loro. Sta finalmente nascendo anche se in modo
molto lento il fenomeno del riciclaggio delle sostanze che si mandano alle
discariche, che oltre a produrre un risanamento ambientale, creano posti di
lavoro e ricchezza per le comunità. Ci
si augura che anche nel nostro Comune si possa finalmente attuare una
sana politica di risanamento ambientale, si spera che la Pubblica Amministrazione voglia farsi carico nel propagandare presso i cittadini e presso
le varie istituzioni scolastiche dei programmi di risanamento ed educazione alla conservazione delle risorse na-
turali. Siamo sicuri che una tale politica possa fare annoverare il nostro Comune fra i comuni italiani più attenti
alla salvaguardia della salute dei propri amministrati. Si auspica anche una
maggiore vigilanza dei corsi d’acqua
onde evitare scarichi abusi di liquami
vari e di controllare le strade di campagna affinché non vengano depositati polistiroli, fitocelle, e materiali plastici ed evitare che gli stessi vengano
bruciati da parte di persone sconsiderate ed ignoranti del pericolo che dette
sostanze rappresentano per l’intera
collettività.
Di recente c’è stata nella Pubblica Amministrazione una presa di coscienza
del pericolo rappresentato dai rifiuti
abbandonati o smaltiti in modo scorretto ed è stata avviata una raccolta
differenziata per alcuni prodotti, ma,
non ancora sufficiente, perché bisogna
abituare le persone a separare i rifiuti
secchi da quelli umidi e raccoglierli in
giorni diversi. Altro merito va agli amministratori capaccesi ed quello di
aver deviati gli scarichi fognari dal
Vallone di Montesottano nelle fogne
comunali inviandoli verso la depurazione, ma, restano ancora alcuni scarichi da controllare. Si spera anzi ci si
auspica che a breve tutti le problematiche ambientali vengano risolte con
notevole beneficio dei cittadini e del
turismo che finalmente meglio potrà
gustare le bellezze del nostro amato
paese.
Antonio Franco
8
Agropoli-Castellabate
N°38 del 23 Ottobre 2010
La mostra dell’artista Sergio Vecchio, nel castello dell’abate
“Paesaggi della memoria, Castellabate in inchiostro”
Il nuovo evento espositivo è
stato inaugurato lo scorso 15
ottobre e dopo il successo ottenuto lo scorso anno con la
mostra antologica “Il castello
dell’infanzia”, sta a rappresentare il ritorno dell’artista
nella sua terra d’origine. Vecchio, infatti, è nato a Castellabate, paese natio al quale è
sempre rimasto saldamente legato, nonostante l’arte lo abbia
condotto lontano. Le opere del
maestro Sergio Vecchio sono
state esposte in svariate città
italiane, europee e americane
e di lui parlano le maggiori riviste specializzate e i quotidiani. Le sue performances,
scritture, pitture e calcografie
hanno la capacità di catturare
immagini mediterranee e simboli antichi: le sue tele e le sue
preziose carte di Acireale si
popolano di templi, simboli
SERGIO VECCHIO
mitici, elmi di guerrieri e profili antichi. Il suo linguaggio,
fatto di tecnica, passione, co-
lori ed eleganza affascina lo
spettatore, parlando direttamente all’anima.
L’obiettivo della mostra organizzata dal Comune di Castellabate è quello di promuovere
la conoscenza del territorio, attraverso le opere che questo
pittore ha messo a disposizione, riprodotte e raccolte anche
in un volume. I paesaggi marini, i vicoli, i palazzi del centro storico, i bastioni del castello dell’abate, colti dall’occhio attento dell’artista e da
lui tratteggiati con maestria,
diventano in questo modo immagini che si fissano nell’immaginario collettivo e individuale. «La mostra si inserisce
nel calendario di eventi organizzato per ricordare i 20 anni
della morte di monsignor Alfonso Maria Farina – spiega il
sindaco Maurano intervenuto
all’inaugurazione – per sottolineare uno dei suoi insegnamenti: l’impegno e la passione nel valorizzare, insegnare,
trasmettere, diffondere e proteggere il nostro patrimonio
culturale. Cultura è paesaggio,
natura, architettura. Cultura è
musica, teatro, opere d’arte,
opere che monsignor Farina
ha preservato dall’incuria del
tempo e che l’artista Sergio
Vecchio realizza con straordinaria maestria. Questo pittore
dialoga con la storia, il mito e
la memoria. Fonde le volumetrie degli edifici storici e i paesaggi delle Marine, animali
misteriosi e profili antichi, in
un racconto senza tempo che
diventa storia universale. In
questo modo è l’arte stessa che
diventa ambasciatrice di Castellabate».
Serena Sgroi
AGROPOLI. Arriva Striscia la notizia, il tg satirico di Antonio Ricci
Ferite lievi per la troupe e manette agli aggressori
Lo staff della trasmissione di
Canale 5, ad Agropoli per un
servizio sul maltrattamento
degli animali, in un’azienda
agricola già posta sotto sequestro dalla Guardia Forestale (dopo il ritrovamento di
diversi capi di bestiame privi
di autorizzazione stipati all’interno di un capannone),
in località Moio, è stato aggredito proprio dalle persone al centro dell’inchiesta.
Fortunatamente solo ferite
lievi per l’inviato di Striscia,
da sempre impegnato nella
tutela degli animali. Ma non
è la prima volta che Eduardo
Stoppa subisce atti intimida-
tori e aggressioni e nel Cilento aveva già condotto
altre inchieste (l’infelice situazione del canile di Cicerale, ad esempio): lo scorso
febbraio ignoti diedero fuoco
al suo cottage nella campagna di Reggio Emilia. Dopo
aver raccontato la vicenda ai
carabinieri, la scorsa settimana, lo staff della trasmissione di Canale 5 ha lasciato
Agropoli, mentre sono finiti
in manette marito e moglie
che dopo aver aggredito
Stoppa e i cameramen si
erano impossessati delle videocamere.
SerSgro
UN MOMENTO DELL’AGGRESSIONE ALLA TROUPE DI
STRISCIA LA NOTIZIA
“ MARMI PIETRE E MATERIALI
RICOMPOSTI NELLE NUOVE
ESPRESSIONI
DELL’ARCHITETTURA MODERNA”
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Agropoli
N°38 del 23 Ottobre 2010
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Così il sindaco Alfieri alla posa della prima pietra del cineteatro di Agropoli
“Un giorno storico per la nostra città”
Nei pressi del Palazzetto dello
sport “Di Concilio”. È lì, in via
Taverne, che sorgerà il cineteatro di Agropoli. Alla cerimonia
di posa della prima pietra, lo
scorso 16 ottobre, il sindaco
Franco Alfieri parla di
un’“opera epocale”, e della “realtà di un sogno”. “È un giorno
storico per la nostra città. Agropoli ha bisogno di spazi per la
cultura”. Con queste parole, insieme agli amministratori comunali, a tantissimi cittadini e ai
rappresentanti delle associazioni culturali e delle compagnie
teatrali cittadine, il sindaco ha
espresso il suo pensiero e le sue
emozioni per l’inizio dei lavori
del cineteatro di Agropoli che finalmente, dopo tanti anni di at-
FRANCO ALFIERI, SINDACO DI AGROPOLI
tese e promesse, vede concretizzarsi la possibilità di avere a
breve uno spazio dedicato alla
cultura. La prima fase dei lavori riguarderà la demolizione dell’ex Mattatoio comunale, sulla
cui area sarà costruito il cineteatro. “Da tanto, troppo tempo, sostiene Alfieri - sono arrivate richieste per un teatro comunale.
Oggi, finalmente, siamo qui per
dare il via ai lavori di una struttura moderna, pensata e progettata per riuscire ad essere funzionale sia per spettacoli teatrali, sia per proiezioni cinematografiche. Non sarà soltanto il cineteatro di Agropoli, ma il cineteatro di un intero comprensorio che potrà avere, a breve, la
sua giusta dignità e collocazione nel panorama degli spettacoli teatrali regionali e nazionali.
Lo sviluppo, la qualità della vita,
la crescita umana e sociale di
una comunità è caratterizzata
anche dall’offerta di spazi ade-
guati per la cultura». Il primo
lotto del progetto, di 1,5 milioni
di euro, è stato finanziato con
fondi comunali. Il cineteatro
avrà una sala da 500 posti a sedere con un ampio palcoscenico
capace di ospitare la prosa,
opere liriche, danza, commedie
musicali o concerti. Prevista
anche la buca per l’orchestra ai
piedi del palcoscenico. «Il cineteatro - sottolinea il primo cittadino Franco Alfieri - sorgerà
anche in una zona che diverrà il
cuore pulsante della città, anche
grazie alla progettazione di interventi significativi e ai lavori
già in cantiere o ultimati come il
Palazzetto dello sport do Agropoli».
SerSgro
A PARER MIO
DI
CATELLO NASTRO
I cornuti a quattro zampe del Cilento
Per non correre rischi, ci occuperemo in questo articolo dei
cornuti del Cilento a quattro
zampe. Essi, pur non producendo latte, servono alla riproduzione della specie. Pensate che ci sono alcuni esemplari selezionati, di sesso maschile, che hanno delle quotazioni altissime. Un toro bufalino, sul mercato dei riproduttori può anche superare i diecimila euro. Questo tizio a
quattro zampe, sebbene dotato di corna, serve a mettere incinte alcune dozzine di giovani bufale che, oltre a fornire
il latte che è il fiore all’occhiello della economia e della gastronomia cilentana, devono
anche provvedere alla nuova
generazione. Se la figlia è femmina viene allevata e curata,
se invece il figlio è maschio gli
aspetta un triste destino. Al
contrario di quello che, si dice,
avveniva in Cina. Se nasceva
un figlio maschio veniva cresciuto, se la figlia era femmina
di solito veniva non tanto gradita perché non serviva per i
duri lavori nei campi. Leggenda o realtà, limitiamoci al solo
Cilento, territorio nel quale viviamo ed amiamo. Un dieci
anni fa si verificò un caso strano. Un allevatore bufalino,
produttore di latte e provvisto
di noto caseificio, comperò da
una rinomata ditta del Lazio
un toro bufalino da monta.
Un esemplare studiato nei minimi termini per assicurare il
proseguimento di una razza
pura, come ai tempi di Hitler.
Dopo un anno si scoprì che il
quadrupede cornuto, della fattispecie bufalina non faceva il
suo dovere e come maschio
non serviva proprio. Probabilmente era gay… Dopo mesi di
cause e muggiti legali, il compratore fu rimborsato ed il povero toro bufalino, cornuto ed
impotente, venne irrevocabilmente inviato al macello. Il
toro bovino, cornuto pure lui,
anche se il suo rapporto sessuale dura solamente pochi secondi, mentre altri animali arrivano anche a tre ore al giorno (leggasi a tal proposito “IL
BESTIARIO CILENTANO” di
Catello Nastro (sempre io!)
che conseguì due anni fa il
primo premio “Città di Bellizzi”, ed edito dalla Libera Università Internazionale di arte,
lettere, musica e storia onlus,
del Cilento e del Vallo di
Diano). Il Toro è anche il simbolo della squadra del Torino,
ma questo con i cornuti c’entra solo se l’arbitro si comporta male ed il pubblico urlando
lo pone non nella categoria dei
tori, ma dei cornuti. Fino ad
alcuni anni fa questi grossi bovini si vedevano liberi nei pascoli, ma l’allevamento intensivo ha modificato anche la
loro vita. Rinchiuso in un recinto vive la sua vita di casalingo. Passiamo ai caprini.
“Lu zemmaro” è il caprone di
sesso maschile che vivendo in
un gregge con molte capre
può praticare il libero sesso. Le
sue corna sono delle vere e
proprie sculture arte di madre
natura. Cornuto ma bello! Col
termine “piecuro”, maschile di
pecora, viene indicato anche
un uomo cornuto con la moglie che fa la porca. I porci non
hanno le corna, ma se la mo-
glie fa la
porca diventa pure lui
un cornuto
virtuale. In
un’ultima
casistica di cornuti potrebbero
rientrare anche gli “zirri”, lumache che si trovano nei prati
e che rappresentano, sapientemente cucinate, delle vere e
proprie leccornie per i buongustai. Per indicare un marito
abbondantemente cornificato
dalla moglie si usa il vecchio
detto: “ Tene cchiù ccorna
iddu ca’ ‘na sporta re maruzze!” Tradotto in italiano per i
miei lettori che non conoscono
il cilentano:” Ha più corna lui
che una cesta di lumache!”.
Altri quadrupedi non cornuti
verranno trattati prossimamente.
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Altavilla-Albanella
N°38 del 23 Ottobre 2010
MATINELLA. Un inquietante episodio di violenza “domestica”
Parcheggio abusivo con seguito di vetri fracassati e scazzottata
Dopo i recenti casi di violenza
scaturiti da più o meno gravi
diverbi accaduti nella nostra
penisola (ricordiamo l’uccisione dell’infermiera ucraina nella
capitale per un pugno sferratogli da un ragazzo italiano; l’aggressione al tassista nel milanese colpevole di aver investito un cane; l’uccisione di una
guardia giurata per un sorpasso nel napoletano), anche nella
piccola comunità di Albanella
si registra l’ennesimo caso di
violenza fra cittadini.
Origine di questo episodio di
violenza, questa volta, un “parcheggio selvaggio” di un’auto
dinanzi l’ingresso di un’abitazione, episodio molto frequente e sempre impunito in paese
(infatti non pochi residenti
hanno segnalato questo sopruso). Ma procediamo per gradi.
La scena è sempre la stessa: frenesia mattutina, via vai di auto
che si spostano per lavoro, par-
cheggi selvaggi (spesso le auto
stazionano per diverse ore nei
parcheggi a sosta oraria!), auto
in doppia fila, a volte in tripla e
di sbieco, ma soprattutto davanti ai passi carrabili. Ed è
stato proprio questo il fattore
scatenante dell’episodio di violenza del 17 Ottobre scorso:
un’auto in sosta davanti un
passo carrabile di un tranquillo cittadino matinellese.
A far spazientire il cittadino
matinellese è stata, per l’ennesima volta, la presenza di
un’autovettura sconosciuta davanti al suo passo carrabile nonostante l’ingresso fosse segnalato con tanto di cartello.
Una routine che ormai si ripete
da anni, rientro a casa, suonare
il clacson per attirare l’attenzione del “distratto”, scendere
dall’auto, mettersi alla ricerca
del proprietario dell’auto “fuorilegge” e chiedere di spostarla.
Nella maggior parte dei casi (se
si è fortunati!), tutto si risolve
in pochi minuti ma questa
volta non è stato così!
Erano da poco passate le 21.00
quando l’uomo con sua moglie,
a bordo della propria auto,
rientravano a casa. Dinanzi
l’abitazione, la consueta sorpresa: un’auto sbarrava l’ingresso. Dopo qualche minuto
di attesa in auto e
strombazzate di
clacson nessuno
si faceva vivo.
Allora, armata di
tanta pazienza, la
moglie scendeva
dall’auto alla ricerca del proprietario. Prima
nel pub lì vicino
(senza nessun risultato) e poi
qualche metro
più giù, nel bar.
Qui, nonostante
con garbo la signora chiedeva se qualcuno conoscesse il proprietario dell’auto” che bloccava l’accesso
alla propria proprietà, nessuno
rispondeva: del proprietario
neanche l’ombra!
Scocciato, innervosito e infastidito dall’ennesimo sopruso costretto a subire, parcheggiata la
sua auto altrove, il cittadino
ALBANELLA. La signora Carrano ama fare lunghe passeggiate
In festa per i 100 anni di nonna Artemisia
Le prime cento candeline di
nonna Artemisia sono state rose
rosse. Festeggiata da tutti i suoi
familiari la nonnina centenaria
ha espresso il suo ringraziamento ai sui tre figli ed i suoi nipoti a cui va il suo pensiero più
grande.
Artemisia Carrano del 1910,
qualche giorno fa ha compiuto
i suoi primi 100 anni; festeggiata da tutti i suoi familiari si è
buttata alle spalle un secolo di
vita e guarda avanti felice e speranzosa “tra 9 anni devo cambiare le batterie del mio pace
maker – scherzosamente confessa”. A festeggiare nonna Artemisia anche il sindaco del comune di Albanella, Giuseppe
Capezzuto, il quale le ha donato una pergamena ricordo.
“Faccio i miei più sinceri auguri alla longeva e simpatica
nonna Artemisia, esempio di
genuinità e salubrità del nostro
territorio, infatti non è la prima
nonnina ad abbattere il muro
dei 100 anni. Per questo motivo
abbiamo istituito un apposito
registro di tutti coloro che sono
riusciti a raggiungere questo
ambitissimo traguardo – ci dice
il sindaco Capezzuto”.
Nonna Artemisia ha tre figli,
Giuseppe, Giovanni e Pietro;
vive con il figlio Giuseppe e la
nuora Teresa, che insieme alla
nipote Artemisia, la accudiscono amorevolmente. Ha cinque
nipoti e sette pronipoti.
Quale sarà il segreto della sua
longevità? Sicuramente la vita
regolare, il vivere in luoghi in-
contaminati, il lavoro e la
genuinità dei cibi infatti
come ci dicono, nonna Artemisia vive dei soli alimenti che fornisce la sua
terra, prodotti genuini quindi.
“Ai miei tempi non c’era
tanto benessere, ci si accontentava dei prodotti che
la terra donava e si mangiavano soprattutto ceci, fagioli, verdure e tanta frutta”.
La nonna di Albanella racconta che ama fare lunghe
passeggiate con le cognate
Giovanna e Sofia (275 anni
in tre!) e con altre amiche
con le quali parla dei bei ricordi di gioventù.
GerPi
rientrava nella sua abitazione,
si armava di un oggetto contundente e fracassava i lunotti
dell’auto parcheggiata (gesto
che lo stesso, pentitosi, ha poi
dichiarato “assolutamente vandalico”, ma che non è riuscito
a frenare nell’impulso frenetico dettato dalla rabbia). Dopo
il gesto vandalico ritornava
nella propria dimora.
Il proprietario dell’auto, questa
volta avvertito di quello che era
accaduto ed indirizzato verso
chi gli aveva frantumato i vetri,
sfondava a suon di calci il portone dell’abitazione del disperato cittadino. Il cittadino, allarmato dal rumore, si precipitava dal terzo piano, giù per le
scale fino alla porta che si trovava al piano intermedio.
Apertala, si è ritrovato il tizio
davanti. Inevitabile la colluttazione e la rocambolesca caduta
dalle scale fino a fuori l’abitazione. Scesi in strada, la colluttazione è continuata e solo con
l’intervento delle rispettive
consorti i due si sono separati.
Contestualmente l’arrivo delle
forze dell’ordine ha riportato la
calma. Ad avere la peggio, il
cittadino di Matinella, il quale
durante la notte è stato portato
in ospedale per i forti dolori. I
medici del nosocomio gli riscontravano, oltre a varie contusioni ed escoriazioni, una
frattura al metatarso che necessiterà di un intervento chirurgico per la ricomposizione.
Dall’altra parte, danni all’auto
ed una multa verbalizzata dai
carabinieri per divieto di sosta!
Due gli auguri: una rapida
guarigione del concittadino e
maggiore rispetto delle regole
stradali e del vivere civile al
fine di evitare ulteriori episodi
spiacevoli.
Gerardo Picilli
Via Giunta 15
Borgo San Cesareo
Albanella
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Albanella
N°38 del 23 Ottobre 2010
11
Sono gli addetti ai nostri allevamenti bufalini. Ora ci danno una grande lezione di civiltà
Maxidonazione di sangue degli indiani del Punjab
Centinaia di indiani in fila per
donare il sangue. E’ accaduto a
Matinella, frazione di Albanella, presso una struttura mobile
organizzata dall’Avis di Giungano, diretta da Ennio Francia,
e dal centro trasfusionale dell’ospedale di Eboli, con i medici Saragnano e Botti. “E’ una
nostra tradizione ma anche il
modo di dimostrare gratitudine
alle comunità che ci ospitano”,
racconta “Roberto” Manjeet
Singh Bhadal Thuha, presidente nazionale dell’associazione
“Saheed Bhagat Singh Nozwan
Sabha“, attualmente occupato
presso un’azienda bufalina
della piana di Altavilla Silentina, organizzatore dell’iniziativa. Quest’anno la Piana del
Sele è stata scelta per radunarsi da coloro che provenienti
dalla regione italiana del Punjab, 53 milioni di abitanti,
hanno trovato lavoro prevalentemente negli allevamenti di
bufale della Campania e di Latina e presso le aziende di mucche del bresciano. Il 12 set-
tembre si è tenuta una grande
festa con l’esibizione di gruppi
musicali etnici. Ieri, domenica, sono tornati per questa donazione alla quale tengono
particolarmente. “Sono tutti
colti, gentili e generosi. Ci
hanno cercato loro”, ribadisce
il responsabile Avis Ennio Francia. “Già preso accordi per ripetere l’iniziativa”. Di loro si
parla poco: “ La nostra è una
vita dura. La prima mungitura
dalle 4 alle 8. Poi le pulizie
della zona di stabulazione e le
altre attività nei campi. La seconda mungitura dalle 14 alle
18. Poi si prepara il pastone per
l’indomani. Sono passate 14
ore”, è quello che un po’ tutti
raccontano. Quattro anni fa, ad Altavilla, ci
fu il primo indiano morto sul
lavoro,
Gianni
Arbans
Singh. Quando a Salerno ci fu
il rapimento della signora
Basso due di loro furono coinvolti, involontariamente. “I nostri del tutto estranei”, ribadiscono cortesemente alla do-
Quattordici ragazzi imbarcati per tre giorni sul brigantino
Al via il progetto “Albero Maestro”
E’ la “Nave Italia”, il brigantino a vela
più grande del mondo, ad ospitare il
progetto “Albero Maestro” realizzato
dall’Associazione “Il Disegno” di Albanella in partenariato con il Comune
di Albanella (Sa), il Master Universitario di II livello in Direzione delle
Aziende e delle Organizzazioni Sanitarie (DAOSan) dell’Università degli
Studi di Salerno e l’Associazione “AssoDAOSan” di Salerno (associazione di
volontariato che riunisce esperti nella
gestione delle organizzazioni sanitarie), e grazie al finanziamento della
Comunità Montana Calore salernitano.
L’iniziativa è resa possibile dalla Fondazione Tender To Nave Italia che, insieme alla Marina Militare Italiana (che
provvede all’equipaggio di Nave Italia)
e lo Yacht Club Italiano, mette a disposizione una nave a vela di 61 metri:
non un semplice albergo galleggiante,
ma un luogo dove si realizzano progetti di ricerca, educazione, terapia. È
anche la prima nave scuola ad affrontare con professionalità la formazione
di chi opera a contatto con il disagio.
Un’università corsara, insomma, mobile, che si affianca alle strutture esi-
14 RAGAZZI MENTRE SI STANNO IMBARCANDO SULLA “NAVE ITALIA”
stenti per essere punto di incontro e
scambio di esperienze diverse ed internazionali: un ambasciatore dell’Italia educante, formativa e solidale nei
mari del mondo. Nello specifico, il
progetto Albero Maestro vede coinvol-
ti 13 ragazzi del comune di Albanella
e dei comuni limitrofi appartenenti alla
comunità montana calore salernitano
e 5 operatori sociali già impegnati in
servizi socio-educativi; attraverso alcune giornate di vera e propria navi-
manda. Attualmente quasi tutti
abitano, con il loro nucleo familiare, presso le stesse aziende agricole ed i loro figli si inseriscono facilmente nelle
scuole locali dove spesso strabiliano per le loro non comuni
competenze matematiche. “D’altronde c’è anche una seconda emigrazione fatta di
scienziati, con tanti ingegneri,
matematici e fisici”, aggiunge Dalvir Kainth, il giornalista
indiano che per conto di cinque testate on line, segue le vicende dei suoi connazionali e
che scriverà anche di questa
giornata. E’ appena stato a Nettuno dove il sindaco ha ridotto
da 30 mila euro originariamente promessi poco più di 5mila
gli euro di risarcimento per il
connazionale bruciato nella
stazione da balordi italiani.
gazione sulla Nave Italia, si vuole offrire la possibilità di un’esperienza
educativa “particolare”, diversa ed
unica, a contatto con il mare e con la
natura, I ragazzi saranno coinvolti nelle
attività che quotidianamente si svolgono sulla nave (pulizia delle cabine, preparazione dei pasti) con lo scopo di acquisire alcune piccole autonomie che
potranno poi trasferire a casa. Essi faranno parte dell’equipaggio di Nave
Italia insieme agli operatori sociali, anch’essi coinvolti, alla pari, nelle attività e chiamati a condividere questa
esperienza significativa per una crescita responsabile dell’intera “ciurma” e
per la comprensione reciproca.
L’Assessore Carmelo Suozzo, che ha
fortemente incentivato e voluto la realizzazione di tale progetto, afferma:
“L’esperienza di Nave Italia sarà, per i
nostri ragazzi, un’esperienza significativa sia dal punto di vista educativo che
di socializzazione, utile per comprendere che attraverso l’impegno personale e l’aiuto del gruppo ogni difficoltà potrà essere affrontata con speranza, senza arrendersi ai limiti della propria situazione personale o contestuale. Ciò è importante che venga compreso dai ragazzi; ma tanto più anche
da chi è chiamato a seguirli: da condividere, pertanto, la decisione strategica di coinvolgere anche alcuni operatori del settore sociale.”
Cilento
12
N°38 del 23 Ottobre 2010
L’analisi del poeta-scrittore. Ecco la sua ricetta
Il Cilento interno verso lo spopolamento, come fermarlo
Nel penultimo numero di questo settimanale Franco La
Tempa, già presidente della locale Comunità Montana, lancia l’allarme:”La Valle del Calore è a rischio spopolamento!”: Anzi usa un termine ancora più forte. “desertificazione”. E documenta la sua preoccupata analisi, riportando i
dati anagrafici dal 1991 ad
oggi. “In vent’anni, scrive, il
territorio ha perso quasi 4.000
abitanti, circa 2000 negli ultimi nove. I comuni superiori a
1.000 abitanti da sette sono
passati a tre e nessun comune
supera i 2.000. Gli indici demografici sottolineano un forte
invecchiamento della popolazione ed una debole presenza
di popolazione attiva”. L’analisi, spietata ma vera, dovrebbe
destare notevoli preoccupazioni nella “Politica” del territorio,
ammesso che ce ne sia una.
Non va meglio se si sposta
l’analisi nei paesi sul versante
Alento e sono convinto che
analoghe indagini negli altri
paesi del Cilento interno darebbero gli stessi risultati.
Di fronte a questo fenomeno
sconcertante, a dir poco, c’è da
fare una riflessione sul passato
ed una proposta per il futuro,
chiamando in causa responsabilità di rappresentanti delle
istituzioni a tutti i livelli. Ci
provo, senza sconti pelosamente amicali per nessuno,
che,oltretutto, non risolverebbero il problema ed aggraverebbero la situazione. Bisogna
registrare fin da subito il fallimento delle Comunità Montane, quella del Calore e quella
degli Alburni, se paesi ridenti e
carichi di storia, che dalle colline dell’uno e l’altro versante
scivolano sul fiume, non sono
riusciti a trattenere la popolazione attiva con investimenti
che monetizzassero la biodiversità con l’agricoltura biologica, sostenessero l’attività silvopastorale che era, ed in parte
ancora è, vanto dell’intero territorio, incoraggiassero l’artigianato, promuovessero il turismo verde, che poteva contare, e lo potrebbe ancora, sui
Beni Culturali di Laurino e
Sacco, di Sant’Angelo a Fasanella e Roscigno, come sulle
tradizioni religiose di Aquara
(San Lucido), Castel San Lorenzo (San Cosma e Damiano),
Laurino (Sant’Elena), Valle dell’Angelo (il culto rupestre della
grotta sui monti e San Barbato)
come su quelle civili di impronta sociologica (le saghe dei
briganti nelle grotte e l’economia e gli amori lungo le vie
della transumanza dal Cervati
al mare). E non hanno decollato attività economiche che pure
esaltavano produzioni tipiche
(i vini di Castello, le castagne
di Rocca e Stio, per citare le
più conosciute). Alla Valle fa da
sfondo e quinta la più alta
montagna della Campania, il
Cervati delle leggende e dei
pianori, regno dei lupi, delle
volpi, dei falchi pellegrini e,
qualche volta, delle aquile
reali, e sulle cui faggete si accumula la neve per diversi mesi
all’anno: Un paradiso per gli
amanti del trekking, una straordinaria opportunità per il turismo invernale (ma anche estivo), che pure fu promesso e
megafonato con interventi a
fior di milioni di euro da un assessore regionale al turismo,
portato fin quassù come madonna pellegrina, icona dei miracoli, da un politico locale in
vena di spot preelettorali. Non
sono arrivati i finanziamenti né
i conseguenti interventi risolutori. I problemi restano, se mai
incancreniti. I valligiani non
credono più alle favole e in assenza di turisti lasciano casa e
poveri averi e scendono verso
la pianura ed il mare di Paestum o, addirittura, puntano su
Salerno. Non so se dormono
sonni tranquilli i tanti presidenti della comunità montana,
succedutisi nei decenni e che
non hanno saputo o, peggio
ancora, voluto dare respiro all’Ente, interpretandone ed applicandone al meglio i compiti statutari e spendendo il meglio delle loro energie imbarcando impiegati e forestali con
inaudite e, a volte, scandalose
logiche lottizzatorie, dilapidando le risorse pubbliche, né
se sono in pace con la coscienza consiglieri provinciali
e regionali, per non parlare di
deputati e senatori, che hanno
mietuto consensi a piene mani
con promesse mai mantenute.
Mi sono sempre chiesto e mi
chiedo ancora cosa racconteranno a giovani curiosi o più
semplicemente a figli e nipoti
se un giorno in vena di confessioni di complicità dovessero
chiedere loro cosa lasciano in
eredità della loro attività al territorio.
Come bloccare l’emorragia e
ridare speranza di futuro ai
tanti che sono rimasti e ai gio-
vani che non se la sentono di
recidere il cordone ombelicale
con la terra dei Padri?
Tanto per cominciare liberando la Valle e le zone interne da
un asfissiante isolamento con
una efficace infrastrutturazione
viaria:
1- La “Fondovalle”, che sconta
tempi biblici tra interventi di
magistrati a caccia di responsabili di tangenti negli appalti,
inspiegabili liti di paesi sul tracciato, borsa pubblica che interrompe a intermittenza il flusso dei finanziamenti, annunzi
roboanti di politici a conquista
di facili consensi. Ed intanto il
collegamento tra pianura e
montagna con il nastro d’asfalto a lambire i paesi appollaiati
tra gli uliveti ed i vigneti delle
colline per rianimare agricoltura, zootecnia e turismo sulle
sponde del fiume è ancora al
di là da venire. E tra i valligiani cresce l’insofferenza e
muore la speranza:
2- La “Transcilentana”, che
dalla superstrada all’imbocco
di Vallo della Lucania costeggi
le propaggini del Gelbison,
s’imbuti nella valle di Campora e sbuchi nella luminosità di
Laurino per proseguire alla scalata del Corticato e planare nel
Vallo del Diano a congiungimento con la Salerno-Reggio
Calabria. Faceva parte di un
progetto che con rete viaria a T
rompesse l’isolamento interno
per contagiare di sviluppo
paesi e territori,che riservano
sorprese per i grandi pregi ambientali e per le calde e radicate tradizioni, ancorate ai valori
della civiltà contadina/pastorale. Ero ancora giovane quando,
con cuore e mente aperti alla
speranza, partecipavo a dibattiti e tavole rotonde sul tema.
Son passati un bel po’ di decenni.
3- E’ rimasto sulla carta anche
il progetto del collegamento tra
l’attuale cilentana all’altezza
della Diga di Piano della
Rocca, tra Perito e Cicerale, e i
paesi del basso ed alto Alento
fino a Stio per poi innestarsi virtuosamente a sinergia di
CONTINUA A PAGINA
13
Cilento
N°38 del 23 Ottobre 2010
MEDUSA CHA CHA CHA
13
di VALENTINA DEL PIZZO
Il borgo di San Severino di Centola
Il Borgo che ci accingiamo a visitare sovrasta la valle del Mingardo e respira la salsedine del
golfo di Policastro e del golfo di
Salerno. Discreto si offre alla
vista dalla SS 18 in direzione
sud, all’altezza dell’uscita Poderia-Palinuro.
Il colle che lo ospita, alto poco
meno di 150 m s.l.m., guarda
verso Centola, il Comune di cui
è parte, mentre con la mano
destra vi accompagna fin sulla
costa cilentana di Camerota e
più a sud di Palinuro e con al
sinistra si affianca al lussureggiante Monte Bulgheria. Ai suoi
piedi la forra del Diavolo, tagliata dal reiterato passaggio del
Mingardo lungo le pareti rocciose, che si precipitano a
picco nell’acqua,, trattenendo i
ruderi e tutto quel che resta del
borgo di San Severino.
Di fondazione medievale (VII
sec.), questo insediamento è
stato soggetto ad un graduale
abbandono, lento in misura inversamente proporzionale alla
velocità acquisita dagli spostamenti lungo la linea ferroviaria
Pisciotta – Castrocucco, in funzione dal lontano 1888. Ogni
fischio di locomotiva a quei
tempi è dovuto risuonare come
il gingle della modernità, una
tromba squillante a rompere la
piatta sonorità della valle e con
essa la timorosa esigenza,
ormai unta di consuetudine, di
proteggersi da anacronistiche
incursioni nemiche. Gli abitanti di San Severino non poterono redimersi dall’accogliere
questo invito informale ad
aprirsi ai contatti e così nell’arco di cinquant’anni, scivolarono a valle, mentre pietra su pietra ricostruivano la propria
identità in un nuovo borgo. Ancora negli anni ‘60 alcune case
erano abitate e nella metà degli
anni ‘70 la Chiesa principale
era ancora il riferimento di tutti,
anche se ridotta nelle dimensioni. Oggi i due borghi si guardano l’un l’altro. L’altro però è
meta di turisti e teatro di eventi programmati dalla Associazione no profit “Il Borgo” e da
altri gruppi impegnati sul territorio a far rivivere questa fetta
di mondo antico. L’abitato ha la
fisionomia di un castello, ben
difeso su due lati dai costoni
rocciosi e sugli altri dalle abitazioni disposte a mo’ di cortina,
e come castrum è menzionato
nei suoi registri da Federico II, il
quale dispose la costruzione
delle mura di fortificazione e vi
costruì la chiesa ampia a picco
sullo strapiombo della Tragara.
Prima del 1189, il Borgo era
stato conteso aspramente tra i
Longobardi, per i quali era stato
una necessaria roccaforte verso
il meridione, ed i Normanni,
che poi lo cedettero agli Svevi
appunto, indi fu degli Angioini,
secondo la migliore tradizione
del sud. Con i Sanseverino, signori del borgo durante il regno
Aragonese, l’insediamento conobbe un notevole incremento
grazie all’estrazione del gesso.
Ormai perduta l’importanza
strategica che gli era propria e
fuggiti finanche i proprietari, a
metà del ‘500 il borgo, che di
Sanseverino ormai conservava
solo il nome, fu smantellato in
tanti piccoli suffeudi venduti a
signori lontani. La popolazione,
angariata dalle vessazioni e
dalla peste, nel 1624 fu a tal
punto decimata dal morbo, ma
anche dalla povertà, che la
chiesa cattedrale fu consacrata,
come ancora è, a Santa Maria
degli Angeli, per auspicarne la
difesa. Poi, per gli stessi motivi,
fu abbandonata anche la Chiesa, ridotta ad una piccola cappella e alla fine il Borgo stesso,
che agli inizi del ‘900 registrava circa 400 abitanti.
Medusa Cha Cha Cha
Liuccio, “Parco” in coma
La radio sconfigge
Cilento desertificato
Musica contro i cinghiali
SEGUE DA PAGINA 12
sviluppo nella vallata di Laurino con tra transcilentana. Sarebbe ora di riprenderlo e metterlo in cantiere per innescare
un’autentica
rivoluzione,
dando così respiro di produttività alla diga, vincendo qualche residua resistenza dei fondamentalismi della museificazione del territorio. Sarebbe
questa la prima fondamentale
battaglia su cui concentrare dibattiti ed attivare iniziative. Se
ne facciano promotori sindaci
e società civile dei territori interessati chiamando al responsabile impegno Provincia e Regione. E la sensibilità su questi problemi non dovrebbe
mancare ai consiglieri regionali, che su questo territorio vivono e ne hanno avuto i consensi (Valiante, Cobellis, Mucciolo, Pica), gli assessori provinciali Miano e Feola (che governano rispettivamente l’Agricoltura e i Lavori Pubblici e
che conoscono bene il territorio per esserci nati, l’uno a
Roccadaspide, l’altro a Campora), i consiglieri provinciali,
a cominciare da Pasquale Caroccia, che, guarda caso, è
anche presidente della Comunità Montana “Calore Salernitano” e sindaco di Stio. Ora i
cilentani dell’interno sanno su
chi fare pressione per una responsabilizzazione fattiva garantendo o un premio dovuto
o una condanna senza appello a fine mandato.Per la verità
ci sarebbe da chiamare in
causa anche il Parco, se solo
avesse metabolizzato il suo
ruolo di motore dello sviluppo
puntando sulla enorme risorsa
dell’ambiente. Ma sarebbe
tempo sprecato. Ormai si tratta di una istituzione in coma
preagonico con una “governance” che si accanisce a non
staccare la spina.
Giuseppe Liuccio
[email protected]
DALLA PRIMA
fuggono impauriti dal continuo vociare della radio, stanno alla larga dal terreno, non
danneggiano le reti di plastica
per la raccolta delle olive che
si fa in questo mese.
Vendere l’idea? ma dai!, risponde un suo amico, “la trovata - radio sempre accesa e
appesa ad un albero- “è det-
tata dalla disperazione, quando arrivi la mattina e trovi
tutto distrutto dai cinghiali,
butteresti tutto all’aria, non se
ne può, hanno vinto i cinghiali, solo la radio li ferma”
dice. Funziona, allora. Chissà
che il contadino di Perdifumo
non possa trovare degli imitatori.
Calore
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N°38 del 23 Ottobre 2010
OSPEDALE/1. Gennaro Mucciolo guida la mobilitazione
Antonio Valiante: “Polo unico del Sele, un aborto”
I consiglieri regionali del centro sinistra affermano che il
piano ospedaliero cancelli Roccadaspide e che l’ospedale e la
Sanità non abbiano ‘colore politico’…“Difendiamo l’ospedale di Roccadaspide” è la denominazione del relativo comitato promosso dall’avvocato Pasquale Mucciolo, di Castel San
Lorenzo, figlio dell’On. Gennaro. Iniziativa sfociata in un incontro, circa il piano ospeda-
liero, svoltosi il 15 ottobre,
presso l’hotel Panorama di
Roccadaspide. Il dibattito, davanti ad uno scarso pubblico,
si è incentrato sul destino del
presidio rocchese una volta
confluito nell’ospedale unico
del Sele, insieme ad Eboli, Battipaglia e Oliveto Citra. Secondo Mucciolo: «L’ospedale di
Rocca assiste anche pazienti
fuori del territorio, ma è un
vaso di coccio rispetto agli altri
plessi dell’ospedale unico del
Sele, esordisce il coordinatore
del comitato. Il piano prevede
il potenziamento dei reparti di
eccellenza, ma non è spiegato
il relativo criterio di razionalizzazione. Ad esempio, quale
cardiologia verrà chiusa?». E’
seguito l’ intervento il sindaco
di Roccadaspide, Girolamo Auricchio. «L’ospedale ha i requisiti per essere potenziato, ma
prima ha rischiato con la legge
16, poi era dentro con la prima
proposta Zuccatelli circa l’aumento a 100 posti letto, per poi
essere depennato nella seconda proposta. Dopo la realizzazione della struttura unica del
Sele che non avverrà mai, le terapie intensive da 24 passeranno a 8. Dove verranno chiuse,
rimarranno la chirurgia e l’ortopedia? Bisogna tagliare
anche sulle cliniche private».
Per Luigi Cobellis, consigliere
tiche sociali, Sebastiano Odierna, i sindaci del comprensorio,
medici e operatori dell’ospedale.
regionale del’Udc. « Bisogna
eliminare le case di cura private non convenzionate e i reparti doppioni degli ospedali». Per
Antonio Valiante « L’ospedale
del Sele è spuntato come un
fungo: avrei concepito l’ospedale del Cilento e del Vallo di
Diano. Il piano ospedaliero,
inoltre, non è stato fatto a Napoli, ma a Roma, mentre deve
essere fatto in consiglio regionale dove bisogna dire che al di
sotto di queste strutture e prestazioni non si va. Ed eliminare il blocco delle assunzioni e i
conseguenti stipendi d’oro».
Per Anna Petrone, vice presidente della commissione regionale sanità. «Questo piano è
stato pensato da chi non conosce questa realtà e non garantisce una sicurezza sociale perché mancando l’emergenza a
Roccadaspide, verranno meno
i livelli essenziali di assistenza». Il consigliere Gianfranco
Valiante ha lamentato «l’assenza della maggioranza e di coesione. Ai tempi della legge 16,
bene o male che fu, lavorammo
per 40 giorni. Il centro sinistra
ha commesso degli errori, ma
anche il centro destra. Il primo
ha fallito con la sanità ed ha pagato perdendo le elezioni, mentre il secondo lascerà i morti
sulla strada. Perché non stabilire la sede dell’ospedale del
Sele a Fonte di Roccadaspide?
Nessuno sa dove sarà costruito, ma ognuno seguirà i propri
interessi». Per Gennaro Mucciolo « Salerno è l’unica provincia a subire questo smantellamento dell’emergenza. Noi
se non vogliamo morire dobbiamo farci ascoltare». Sono intervenuti, inoltre, i consiglieri
regionali di opposizione Dario
Barbirotti e Donato Pica.
FraPaz
Francesca Pazzanese
OSPEDALE/2. Centrodestra coordinato da Claudio Pignataro
Caropreso rasserena. Auricchio: “Tagliate i privati”
I consiglieri regionali e gli assessori provinciali del centro destra affermano che il piano
ospedaliero abbia salvato Roccadaspide e che l’ospedale e la
Sanità non abbiano ‘colore politico’… Il 18 ottobre, Sara Caropreso, project manager dell’ospedale unico della Piana del
Sele, è venuta a Roccadaspide
per illustrare il progetto sanitario riguardante l’ospedale. La
manager ha effettuato una
breve visita al presidio per poi
partecipare ad un convegno
molto seguito, presso l’aula consiliare, intitolato “Ospedale di
Roccadaspide. Abrogazione
della legge 16, l’odissea è finita”, promosso dal gruppo Pdl
di Roccadaspide, coordinato da
Claudio Pignataro. «Spero che
la Caropreso ci rassereni, esordisce il sindaco di Roccadaspide, Girolamo Auricchio. Uno
dei motivi per cui l’ospedale
deve rimanere, come lei ha potuto vedere, è la distanza da
altri centri. Un altro motivo riguarda il fatto che il nostro presidio non abbia inciso sul deficit
sanitario e che l’Asl Sa 3 sia in
attivo». E la Caropreso «L’ospedale non solo resterà aperto,
non solo manterrà l’emergenza,
ma dovrà migliorare nei servizi
anche perché in questi territori
avviene l’11% della migrazione
sanitaria dalla Campania.
Il progetto dell’ospedale unico
con l’integrazione funzionale
sarà aperto, una sorta di cornice
in cui verranno coinvolti i sindaci per valorizzare le domande
dei territori». La manager, inoltre, spiega l’inserimento nell’ospedale unico di Roccadaspide. «Non è stato facile inserire
Roccadaspide e Oliveto perché,
inizialmente, erano previsti solo
Eboli e Battipaglia. Io conoscevo
il territorio e alla fine abbiamo
fatto bene a non chiuderlo e non
condivido gli slogan “Salveremo l’ospedale” perché è già
salvo». Claudio Pignataro ha affermato che «il decreto 49 della
Regione Campania ha superato
la legge 16». Per l’assessore provinciale rocchese Mario Miano
«nell’integrazione funzionale
dei quattro presidi, Roccadaspide non deve essere penalizzata
perché si trova in un territorio
disagiato». Per il consigliere politico e ortopedico dell’ospedale, Antonio Caronna «resta il
problema dei dializzati da inserire nell’ospedale, sempre se è
possibile. Sono circa 30, uno per
ogni paese. La nefrologa Caropreso si occupava di dialisi per
i bambini». Per l’assessore provinciale ai lavori pubblici, Marcello Feola «L’ospedale non
verrà chiuso e tra pochi giorni
riprenderanno i lavori per la
Fondovalle nonostante i dissesti delle amministrazioni precedenti e delle inesattezze di alcune locandine».
Per il consigliere regionale, Giovanni Baldi «Nella prima proposta Zuccatelli, per Roccadaspide erano previsti 0 posti letto
e poi la denominazione di ospedale di comunità gestito dai medici di base con 20 posti letto. Il
sub commissario non aveva
visto il territorio perché indicava come tempi di percorrenza
15 minuti e poco più, mentre la
realtà era ben diversa». Sono intervenuti, inoltre, il consigliere
regionale Giovanni Fortunato,
l’assessore provinciale alle poli-
SARA CAROPRESO,
PROJECT MANAGER
DELL’OSPEDALE
DEL
UNICO
SELE.
IL PROFESSORE
FRANCESCO DE SIMONE
NE HA STOPPATO
L’INIZIATIVA
N°38 del 23 Ottobre 2010
Cilento&Diano
15
Lo storico editore cilentano va oltre la moda revisionista
“Il Cilento rivoluzionario fu contro i borboni”
«Volevano la Costituzione
francese, ottennero la repressione e le loro teste furono
esposte davanti alle case dei
parenti. La rivolta cilentana
del 1828 è fondamentale per
capire il Risorgimento al sud.
E per combattere la nostalgia
dei Borboni». A colloquio con
l’editore Giuseppe Galzerano,
ispiratore del film «Noi credevamo» di Mario Martone. Il
racconto di una terra poco conosciuta
Il Cilento è oggi una terra di
grandi potenzialità inespresse, a dispetto del gran parlare
che si fa di ambiente, cibi genuini, mare pulito. Non tutto
è come si dipinge e i mostri o
mostriciattoli urbanistici si
contano a centinaia. Del resto
la stessa costituzione di un
Parco Nazionale del Cilento e
del Vallo di Diano non ha prodotto quel passaggio a un futuro del tutto nuovo, dove
ambiente, mari puliti, aria
pura non possono che coniugarsi con un “nuovo modello
di sviluppo”. Un nuovo modello che pochi vogliono davvero, perché pochi sono disposti a lottare e pagare i prezzi per averlo. Tuttavia la contraddizione tra passato, dove
il cemento, meglio l’ “ideologia del cemento”, la fa da padrone e futuro reinventato a
misura di un uomo nuovo,
esiste ed è pane quotidiano
per tutti. Forse è anche la contraddizione che ha portato
alla morte, esattamente un
mese fa, il sindaco di PollicaAcciaroli Angelo Vassallo.
Acciaroli, piccolo porto del Cilento, è diventato, dopo l’assassinio del suo sindaco,
punto di riferimento per tanti.
Ma la serata di martedì 21 settembre è forse quella che resterà nella memoria del luogo
come esempio incoraggiante
di rapporto cittadini-artistiistituzioni. È stato presentato,
in una delle anteprime nazionali previste prima dell’uscita
nelle sale a novembre, il film
di Mario Martone “Noi credevamo”, epopea del nostro Risorgimento che ha nel Cilento
una delle sue locations e dei
suoi riferimenti storici. Grande emozione ha suscitato il
film nelle sue tre ore e venti di
proiezione, con un pubblico
foltissimo e attento. Tra i più
entusiasti della serata vi è
Giuseppe Galzerano, editore
cilentano di Casalvelino Scalo.
Giuseppe è un figlio del tutto
particolare di questa terra, a
cui ha dedicato studi e ricerche in ambito di storia e memoria popolare. Soprattutto
studi di scavo nella realtà rivoluzionaria di un territorio
tra i più interessanti nella storia del nostro paese.
Il film ha, del resto, preso
molti spunti da un testo pubblicato da Galzerano nel 1998,
le “Memorie di Antonio Galotti” che riportano in auge la
storia dimenticata della rivolta del Cilento del 1828. Galzerano ha anche avuto una piccola parte nel film, nel ruolo
di Galotti. La nostra discussione parte proprio dal senso
che può avere una storia ricca
di testimonianze rivoluzionarie preunitarie, in un periodo
in cui si festeggiano in malo
modo i 150 anni dell’Unità
d’Italia, in un territorio cerniera tra la Napoli del Regno
borbonico e il resto del Sud.
Una discussione che può
anche avere un senso sulla
storia di oggi? Galzerano
pensa di sì, a condizione che
l’oggi sia quello politico, non
il miscuglio tra episodi che
non vanno assolutamente
confusi come l’assassinio probabilmente camorristico del
sindaco Vassallo e una storia
che ha un valore del tutto politico. «Il rischio - dice - è che
si aggiunga confusione a confusione senza far capire le origini vere di un’unità italiana
concepita in modo del tutto
opposto alla conclusione dei
Savoia. Cioè un’unità repubblicana vera, non un’annessione. E questo senza nulla
concedere al regime oppressivo borbonico di allora e alle
revisioni interessate e neoborboniche di oggi».
Il Cilento torna alla grande
col film di Martone a ricordarci le sue radici e le sue origini sovversive. Tu che ne hai
studiato i movimenti e le
carte, cos’hai da aggiungere?
Vedi, c’è un punto da cui non
si può prescindere per capire
le origini del Risorgimento al
Sud e non solo. Questo punto
è la rivolta del 1828, episodio
da cui parte non a caso anche
il film di Martone.
La rivolta, organizzata dai filadelfi di Antonio Galotti e appoggiata anche dalla Francia,
scoppia nel giugno del 1828
con l’assalto al forte di Palinuro. In pratica gli insorti
chiedono due cose: la riduzione del prezzo del sale e la concessione della Costituzione
Francese. Il re borbonico incarica il maresciallo Francesco
Saverio Del Carretto, ex carbonaro pentito, della repressione, che fu durissima e spietata. Del Carretto usa una tecnica che oggi chiameremmo
nazista, in stile eccidio di Mar-
zabotto. Il maresciallo decide
di radere al suolo e bruciare il
Comune di Bosco, reo di aver
accolto con benevolenza e allegrezza gli insorti.
Il militare arriva anche ad incendiare la montagna di Monteforte Cilento per catturare i
fratelli Capozzoli. Istituito un
tribunale militare, gli insorti
vengono condannati a morte,
le loro teste staccate dal cadavere ed esposte in gabbie di
ferro sopra colonne innalzate
di fronte alle vie e alle piazze
dove abitavano i parenti degli
uccisi. Ironia del linguaggio,
queste macabre costruzioni
vennero chiamate dalla polizia borbonica «monumenti di
giustizia». Soltanto nel 1860,
con l’arrivo di Garibaldi, questi monumenti all’orrore saranno abbattuti.
Perché consideri così importante la rivolta del 1828?
Perché è uno degli episodi più
significativi e perché ritornerà sempre in seguito come
memoria e insegnamento per
gli altri, in una sorta di “linea
repubblicana” che il miglior
Risorgimento ha sempre
avuto. In fondo gli insorti,
oltre all’abbassamento del
prezzo del sale, chiedono la
Costituzione Francese. Poi va
detto che è una rivolta partecipata. Non ci sono numeri ufficiali ma al sindaco di Roccagloriosa, raggiunta dopo Palinuro, gli insorti chiedono
provvigioni per cinquecento
persone. Nel frattempo comincia la manipolazione, tipica di un potere dispotico. A
San Giovanni a Piro, comune
borbonico, accusano Antonio
Galotti di furti di beni preziosi. È forse il pretesto per la
dura repressione.
CONTINUA A PAGINA
16
Azienda dolciaria
Diano
16
IN FARMACIA
L’antibiotico
che mette a
rischio la vista!
La telitromicina presente nella specialità
medicinale (Ketek) è
un antibiotico indicato per il trattamento di polmoniti,
tonsilliti/faringiti, sinusite acuta.
Recentemente sono stati segnalati disturbi visivi associati alla terapia con telitromicina. In effetti
già in scheda tecnica è stato riportato che la telitromicina può causare disturbi visivi, rallentando in
particolare la capacità di accomodazione e di adeguare correttamente l’accomodazione visiva. I
disturbi visivi includono visione
offuscata, difficoltà di focalizzazione e diplopia. La maggior parte
dei casi era di grado lieve e moderato, tuttavia sono stati osservati anche casi gravi. Sono stati
eseguiti degli studi clinici per valutare la reversibilità dei disturbi
visivi della telitromicina: uno studio osservazionale della durata di
7 anni ha riportato 20 segnalazioni di disturbi visivi su un totale di
52 segnalazioni relative alla telitromicina. Non è stato chiarito il
reale meccanismo alla base degli
effetti collaterali visivi ed è stato
ipotizzato un effetto reversibile
della telitrimicina sul corpo ciliare: probabilmente ritardando il rilassamento muscolare viene alterata l’accomodazione. Non ci sono
evidenze cliniche che la telitromicina sia più efficace degli altri antibiotici della stessa categoria (eritromicina, azitromicina, claritromicina) ma è sicuramente accertato che presenta tutti gli effetti collaterali del gruppo soprattutto i
disturbi gastrointestinali (diarrea,
nausea, vomito, dolori addominali e dispepsia) e neurologici (cefalea e vertigini). La telitromicina
a dosi standard può anche provocare danno epatico, prolungamento dell’intervallo QT, aggravare la miastenia grave e causare
perdita di conoscenza. Inoltre gli
effetti secondari visivi anche se di
solito sono secondari e transitori
possono creare problemi durante
la guida di macchina o di macchinari pesanti. Per questi motivi
deve essere evitato l’uso di telitromicina farmaco per il quale è
stato ormai verificato un bilancio
rischio-beneficio sfavorevole.
Alberto Di Muria
[email protected]
N°37 del 16 Ottobre 2010
Lo storico editore cilentano rilegge la nostra storia
Il Cilento che non fu borbonico...
SEGUE DA PAGINA 15
Tieni presente che il Cilento è
una sorta di terra di cerniera
nel Regno di Napoli. La repressione è da manuale: si distrugge e incendia Bosco, comune autonomo, per sottometterlo come frazione al comune di San Giovanni A Piro,
che era di assoluta fedeltà borbonica. Nel rapporto al re Del
Carretto scrive cinicamente di
«spettacolo maestoso tra le
fiamme». La repressione continua anche contro le donne
che a Montano Antilia aspettavano gli insorti cucendo le
coccarde bianche simbolo dei
rivoltosi.
Alessandrina Tambasco, che la
polizia borbonica indica come
amante di Galotti ma in realtà
fu una delle eroine della rivolta cilentana, viene condannata
a dieci anni di prigione insieme alla madre e a due sorelle
con l’accusa delle coccarde.
Sorte peggiore toccherà al marito, condannato a 25 anni e
morto nel carcere di Vallo della
Lucania. La repressione continua anche dopo, quando, alle
persone di Bosco che implorano il sovrano di poter ricostruire la propria casa, il re non
si degna di una risposta. Ecco,
bisognerebbe ricordare tutte
queste cose ai neoborbonici di
oggi e a tutti quelli che minimizzano la brutalità e la repressione borbonica nel Regno
di Napoli.
Come finì quella rivolta?
La fine di quella rivolta è da
manuale perché, se ovviamente non raggiunse i suoi scopi,
ebbe una risonanza enorme in
Europa, e dette uno scacco terribile al Regno di Napoli. Dunque, quando gli insorti scappano perché hanno perduto,
restano in sette: i tre fratelli Capozzoli (che poi ritorneranno
in Cilento nel 1829, dove verranno arrestati e fucilati a Palinuro), Antonio Galotti, Domenico Antonio Caterina (antenato di Mario Martone per
parte di madre), Pasquale
Rossi e un certo Ciardella. Riescono a fuggire da Paestum
verso Livorno.
Da lì si dirigono verso la Corsica, dove vengono arrestati. Il
governo napoletano chiede
l’estradizione di Galotti per
reati comuni (il famoso furto),
GIUSEPPE GALZERANO
ma in Francia si parla sui giornali dei patrioti cilentani, della
distruzione di Bosco, e molti
chiedono il diritto d’asilo. Il
governo napoletano riesce a
corrompere un prefetto corso
che permette a degli emissari
borbonici di arrivare al carcere
e sequestrare il prigioniero,
violando quindi la sovranità
della Francia. Nel frattempo la
Francia ha riconosciuto agli insorti i diritti politici perché
hanno in fondo lottato per la
Costituzione
Francese.
Quest’ultima chiede quindi,
con vibrata protesta, l’estradizione di Galotti, nel frattempo
condannato a morte a Napoli.
Il re borbonico, per placare le
ire dei francesi, tramuta la condanna a morte in dieci anni di
esilio all’isola di Favignana.
Ma la Francia non ci sta e pretende il prigioniero indietro. Il
governo di Napoli è costretto
a cedere e Galotti ritorna dapprima in Corsica e poi in Francia come uomo libero. Lì scrive
il suo libro, che ha successo
nelle edicole francesi ed è un
grande smacco per il Regno di
Napoli. Ritroveremo il nostro
Galotti a Napoli nel 1848, ritornato a continuare la lotta.
Poi ancora lo ritroveremo nella
Repubblica Romana con Mazzini e Garibaldi a combattere
contro il Papa. Quando la Repubblica Romana viene sconfitta nel 1849 ritorna in Francia
dove muore.
La rivolta del 1828 ebbe ripercussioni enormi in Francia, ma anche la vicenda Capozzoli richiamò attenzioni
oltralpe, a dimostrazione che
la storia del Cilento e delle
sue rivolte non fu mai
possibile rinchiuderla
in ambito locale.
Certamente, è uno
degli aspetti della nostra storia. Tanto per
stare ai documenti, c’è
quello straordinario del
giornalista francese
Charles Didier che
viene mandato nel Cilento da Mazzini (lo
presenta agli amici
come «un nostro compagno di lotta») a interessarsi dei fratelli Capozzoli. Didier scende
in Cilento ma viene arrestato a Vallo della Lucania e non riesce quindi ad incontrare i Capozzoli. Nel 1931
pubblica in Francia un saggio
sulle rivolte cilentane sulla
Revue des deux mondes. Riscrive poi un altro saggio sul
Cilento in un libro dell’anno
dopo. E si tratta davvero di un
reportage molto bello. Scrive,
tra l’altro sui martiri decapitati e sulla loro macabra esposizione: «Vallo della Lucania ha
parecchi di questi terrificanti
trofei. Ve ne sono in tutti i
paesi e persino sul poetico promontorio di Palinuro. Ho visto
la testa di un vecchio i cui capelli bianchi macchiati di sangue sventolavano dall’alto del
palo su cui era piantata davanti alla sua abitazione».
La rivolta del 1828 con Galotti e gli altri, quella del 1848
con Costabile Carducci e altri
liberali, quella di Carlo Pisacane nel 1857, sono alcune
delle più importanti tra quelle che precedono l’arrivo di
Garibaldi e la nascita della
nuova nazione. Perché s’è
parlato così poco del Cilento?
La risposta sarebbe lunghissima. Tieni presente che il libro
di Galotti fu pubblicato in
Francia ma non da noi.
L’ho pubblicato io in anteprima in Italia ma soltanto nel
1998, cioè circa 150 anni dopo.
Adesso, grazie al film “Noi
credevamo” di Mario Martone, si può riprendere una storia più in termini di massa e
meno di élite.
Martone, del resto, mi diceva
scherzando che partiva dal Cilento per ricostituire il Risorgimento italiano.
Le lotte sono state eroiche e
sacrosanti ma l’unità d’Italia
ha seguito già da subito strade spesso opposte a quelle di
tanti martiri del Risorgimento. Perché?
Anche qui la risposta sarebbe
lunghissima, e del resto va
detto che la storia non si fa con
i se. Pensa a cosa sarebbe accaduto se Pisacane fosse sfuggito all’eccidio. Probabilmente
tutta la storia sarebbe stata diversa. Pisacane viene per proclamare la Repubblica del Sud
(parla di Repubblica socialista)
non la cessione del Sud ai Savoia. E lo stesso Garibaldi, che
cede il sud al nuovo regno, mi
potrebbe pure stare bene, se
avesse posto condizioni. Io
sono assolutamente contro i
Borboni senza se e senza ma e
per l’Unità d’Italia. Ma altrettanto sono critico con la monarchia dei Savoia, che è stata
ingrata con gli stessi uomini
che l’avevano aiutata.
Michele Fumagallo
fonte il manifesto
BUON COMPLEANNO
MARIELLA
Travolta dall’affetto dei suoi
familiari, sommersa da una
montagna di regali e abbrac-
ci calorosi, Mariella Di Lucia
festeggia oggi il suo 40esimo
compleanno. A lei vanno gli
auguri del marito, Roberto
Gargiulo, dei figli Vincenzo
e Alessandro.
N°38 del 23 Ottobre 2010
Diano
17
PADULA. Nasce il forum sul turismo culturale nel Diano
Cittadinanza Attiva detta la ricetta
L’ingiusto
che travolge
Dove fuggì quel destino funesto
che posò per un attimo su quel
giglio maledetto che sconvolse il
mio cuore nel petto e stridente
l’anima già dolente al trabocco
del male! Tra l’angoscia e il
pianto mi volgo per sentire o vedere: mordace quel vuoto, che
mi prostra e mi respinge! Indimenticabile cuor di nonno non
negasti mai la mia voce E quella dei nonni tutti che colmi
d’amor pianto, pregheranno.
Or che t’involi nell’immenso
consolidatola un silenzio amico
Guardi le stelle, che con fili dorati ricamano il cielo! Lasci i
tuoi cari, gli amici sinceri, il
pegno d’amore che non muore È
una zia prediletta, che diede
bene, amore e cultura, e, fece di
te un professore. Tu che te ne vai
in quel sommo divino Non c’è
alba e non c’è notte Tutto sfolgora nella certezza che iddio la
rivela. Tanti sono i ... ..sentieri
infiniti, pur tanti i giardini rifioriti E una magica musica, intona le sfere del mondo! “Una
voce chiamo una mano che
stringe un fiore” e una folgore
di viva luce scende su di te evidenzia una figura celestiale serbata in un antro di cielo; “appare trepidante!” E con fulgido
passo si avvicina Il tuo cuore rivive ell’attesa! “E’ lei! la
mamma ... già gli è accanto” un
passo ancora..e lì ... è, dinanzi ...
ti cinge di sua chioma ... ti sfiora,..e, poi, ti...tocca!E guardandoti negli occhi, ti stringe al suo
corpo! Nonno.
Michele Gorga
padre di Santina
Sè tenuta alla presenza di un
pubblico numeroso che affollava la sala consiliare della
Certosa di San Lorenzo, il
primo incontro per la costituzione del Forum del turismo
locale. All’incontro, organizzato dal comitato Cittadinanza Attiva Padula, hanno partecipato molti esperti del settore, operatori turistici e rappresentanti delle associazioni
locali. Tra gli interventi più attesi quelli, dell’ex curatrice
della Certosa di Padula Vega
De Martini, attualmente responsabile della sezione storico-artistica della soprintendenza delle province di Caserta e Benevento, e del direttore del dipartimento di scienze economiche dell’Università di Salerno, Pasquale Persico.
Il primo ad intervenire è stato
Settimio Rienzo del comitato
Cittadinanza Attiva Padula, il
quale ha fatto un’ampia panoramica degli interventi
compiuti negli anni scorsi nel
settore turistico locale e dei risultati raggiunti finora. In
particolare, dalla ricostruzione fatta da Rienzo, è emersa
la mancanza di una pianificazione turistica, un’insufficiente strutturazione e qualità dei
servizi, ed una scarsa ricaduta economica dei fondi strutturali investiti a Padula e nell’intero comprensorio valdianese.
I risultati di queste indagini
effettuate dal comitato Cittadinanza Attiva Padula sono
stati raccolti in una pubblicazione, diffusa nel corso dell’incontro di ieri. All’incontro
ha partecipato anche il nuovo
soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici per le
provincie di Salerno e Avellino, Gennaro Miccio. Quest’ultimo ha illustrato le
prime iniziative che saranno
a breve attuate per rilanciare
CERTOSA DI PADULA
l’immagine del complesso
monastico, dopo i pesanti cali
di presenze turistiche degli
ultimi anni. Su questo punto
è intervenuta anche De Martini, la quale ha criticato alcune scelte di promozione della
Certosa compiute negli ultimi
anni che, a suo avviso, non
sono servite ad incrementare
le presenze turistiche.
De Martini ha poi sottolineato
la necessità di pianificare il turismo, di fare delle scelte qualitative, di restituire alle Certosa il suo valore. L’intervento di De Martini ha suscitato
molto entusiasmo tra i presenti, tanto da ricevere un
lungo ed intenso applauso. Il
calore che il pubblico le ha riservato è legato anche al fatto
che, nel corso dei diciotto anni
da lei trascorsi in Certosa
(1982-2000), il complesso monumentale viveva una stagione di successi turistici e culturali, testimoniati dal fatto
che le presenze annuali superavano ampiamente quota
200.000. Anche Pasquale Persico ha ricordato ai presenti il
lavoro svolto quattordici anni
fa, quasi in contemporanea
con De Martini, in occasione
della redazione del piano di
sviluppo del Parco nazionale
del Cilento e Vallo di Diano,
al centro del quale fu inserita
la Certosa. Già allora, ha ricordato Persico, l’obiettivo
era quello di legare il concetto di sviluppo a quello di
identità, un elemento, quest’ultimo, introdotto da Rienzo nel suo intervento. Persico
ha concluso il suo intervento
sottolineando l’importanza
del Forum nel processo di sviluppo e di rielaborazione
identitaria. Prima delle conclusioni, Rienzo ha raccolto le
adesioni al Forum da parte
degli operatori turistici, delle
associazioni, della Soprintendenza ai Beni architettonici e
paesaggistici per le provincie
di Salerno e Avellino, della comunità parrocchiale, della
Provincia di Salerno e del Comune di Padula, rappresentato dal sindaco Giovanni Alliegro. A breve, come ha sottolineato lo stesso Rienzo, i rappresentanti delle diverse categorie saranno convocati per
l’elaborazione del documento
programmatico. di DOMENICO MARINO
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Eboli
18
N°38 del 23 Ottobre 2010
Vendere tutto per evitare il fallimento. Le banche di Perugia, l’ultima spiaggia
Sanità e finanze in rosso. Autunno nero a Eboli
In principio furono Silvio Berlusconi e Fedele Confalonieri.
Vendevano lavatrici, per sbarcare il lunario. Ora Martino e
Gianfranco, amici come cane e
gatto, girano l’Italia per evitare il fallimento del comune di
Eboli. Sono andati a Perugia.
Hanno girato il centro Italia. A
caccia di banche. Di garanzie
per creditori. Hanno incontrato
alcuni dirigenti. Presentato i
beni disponibili. I 13 immobili
comunali. A.A.A., vendiamo
sedie e banchi, alberi non ancora abbattuti, sanpietrini del
centro storico, edicole votive,
segnali stradali sbagliati, semafori spenti, rotatorie sbagliate, la fabbrica Pezzullo, la
metà dei reparti dell’ospedale,
i parcheggi della Multiservizi,
le telecamere contro i vandali
(mai accese). Chi più ne ha, più
ne venda. Bisogna evitare il fallimento, questo la mission del
Tronchetti Provera di santa
Croce. E così, in soli quattro
giorni, Martino Melchionda ha
bruciato mille chilometri.
Senza il suo vecchio autista, finito a fare il parcheggiatore per
punizione. Nel centro Italia,
con il fido Gianfranco (Masci,
ndr), ha contattato banche e
istituti di credito. Vendiamo
l’oro di famiglia, i beni degli
ebolitani. Aiutat il comune, fate
la carità. Il fallimento, un disastro sarebbe. Telefonini usati,
uscite autostradali, pannelli fotovoltaici, lidi sequestrati, ombrelloni scambiati, lembi di pineta. Il comune si vende. Per
l’opposizione, si svende. Forza
e coraggio. Fate la vostra offerta. Mille euro per il Nokia di
Melchionda. Mille e uno, mille
e due, mille e tre…aggiudicato.
“Vogliamo scherzare? Il mio telefonino si è proprio rotto” an-
MARTINO MELCHIONDA, SINDACO DI EBOLI
nuncia Melchionda, rilassato,
quasi abbronzato, appena rientrato a Eboli. Troppe telefonate, troppi creditori: “si è rotto il
come si chiama…(il jack)…del
caricabatteria. Sono isolato. Ma
che piacere, senza telefonino. Ti
godi la vita. La giornata è meno
stressante”. Senza Nokia, senza
squillo, non sei nessuno. Meglio così, sospira Melchionda. I
guai a Eboli se li stanno piangendo i suoi assessori. Al rione
Pescara, la ditta ha installato la
nuova fogna. Ma non ha finito
gli allacciamenti. Mancano 20
mila euro all’appello. Il cantiere sta per essere smontato. Trovare tanti euro per tutti, non è
mica semplice. Davanti la porta
di Melchionda, la fila di creditori è da Salerno Reggio Calabria. Ci sono tutti. Tranne un
fornitore, parente di un assessore. A lui hanno pagato tutto.
Pure gli scatoli e le buste delle
forniture. A disperarsi per il futuro, ci sono gli addetti alle pulizie. I fornitori della mensa
dell’asilo. I cittadini che non
fanno niente, se non aspettare
il reddito di cittadinanza. Tre o
quattro famiglie senza casa. Parecchi disoccupati che urlano,
ma che di lavorare non hanno
voglia. Allora, questo fallimento come lo evitiamo? “Abbiamo un business plan”. Parli
come mangia… “abbiamo una
lista di beni- spiega meglio
Melchionda-. Li abbiamo presentati alle banche. Aspettiamo
una loro risposta. Siamo fiduciosi? Aspettiamo a dirlo”. E’
scottato. Come uno svedese all’inizio di luglio che va a mare
senza protezione. E’ scottato,
Melchionda, dai terreni del
rione Pescara, rimasti invenduti. Aveva fatto i conti troppo
presto. Tirato la riga delle
somme in anticipo. Il venditor
Melchionda. “Abbiamo 13 beni
immobili. Dobbiamo aspettare
le stime”. Per il palazzo La
Francesca si parla di 500 mila
euro. Le caserme dei carabinieri, dei vigili del fuoco, della finanza e della polstrada vennero già messe sul mercato. Vent’anni fa. Nessuno le comprò.
L’opposizione ora urla allo
scandalo: “Melchionda vuole
svendere il patrimonio comu-
nale”. Lui getta acqua sul
fuoco: “non venderemo mica
tutto. Solo quello che ci serve
per evitare il dissesto. Per pagare le sentenze di condanna.
Per soddisfare i creditori”. Ancora loro. Sempre loro. Melchionda va a letto con il loro incubo. Con i conti da pagare.
Non venderemo tutto, promette Melchionda. Non svenderemo Eboli, garantisce il sindaco.
E allora? “Ripartiremo dai terreni del rione Pescara. Con un
prezzo più basso. Una base
d’asta più appetibile”. Il problema? E’ il piano regolatore.
Melchionda dice che è antistorico, è contro il mercato: “ci
sono troppi vincoli. Troppi
freni. Così lo sviluppo ce lo sogniamo”. Ne riparleremo, non
mancherà occasione. Tredici
beni in vendita per un totale di
19 milioni di euro. E’ la stima
di Pasquale Lettera, il commercialista assessore di Melchionda. Cosa vendere? “Ora vediamo le stime. Poi decideremo”.
Appunto, le stime. Quanto vale
la caserma dei carabinieri?
Quanto produrrà la caserma
delle fiamme gialle? “Aspettiamo, poi decideremo”. Nel frattempo, i cariellini di destra minacciano di dare battaglia in
aula: “facciano il loro mestiere,
ma dicano la verità. Il segretario del Nuovo Psi, Cosimo Pio
Di Benedetto, sta giocando in
modo scorretto. Dice cose false.
I consiglieri comunali corrono
rischi patrimoniali, se non coprono i debiti fuori bilancio”.
Basta conti. Parliamo del Pd.
Un partito mai nato. Melchionda ha costituito la Eboli Patrimoni. C’è un presidente, un
collegio sindacale, una società
per la vendita dei beni comunali. Mancano i contiani. Così
come nel cda della Multiservizi, non c’è traccia di contiani
nella Eboli Patrimoni. Anzi,
con i suoi nominati, Melchionda fa di tutto per mandarli in
bestia. “Io non ho scelto niente. Quei nomi mi sono stati indicati dai capigruppo”. Chi
abbia prescelto Carmine Campagna, resterà un mistero. Con
Melchionda non si parla da un
mese, forse due. Pare che il sindaco lo abbia ipnotizzato. Avrà
letto il suo pensiero. Mah. Il Pd
non esiste. E forse non è mai
esistito. Le correnti di maggioranza (Melchionda-Cuomo)
vanno avanti a carroarmato.
Conte non digerisce di stare all’opposizione. Tra sgambetti e
colpi bassi, per ora il risultato
è questo. Il gruppo consiliare è
nelle mani del sindaco: “Fatti
per Eboli non è ancora nel Pd?
Ah, non lo sono. Non ho seguito questa vicenda. Mi sembra così assurda” ribatte Melchionda. A proposito di crisi,
ma chi le pagherà tutte queste
uscite autostradali? “Bella domanda, chiedetelo all’opposizione. Il Nuovo Psi parla di
due, tre uscite nuove. Ma quale
progetto hanno visto? Dove
sono i soldi? Pensate davvero
che l’Anas spenderà tutti questi
milioni di euro su Eboli. Non
c’è alcun progetto”. A sentire
quelli del Nuovo Psi, faranno
un uscita a Eboli ogni duecento metri. Melchionda se la ride.
Poi si preoccupa. Una settimana di polemiche: “sul nulla.
Hanno raccontato solo bugie
questi dell’opposizione. Che
bufala. Che schifezza”. Un’altra uscita a Eboli non ci sarà. E
nemmeno a Battipaglia sud,
nella zona industriale. Lo assicura Melchionda.
CONTINUA A PAGINA
19
Eboli
N°38 del 23 Ottobre 2010
19
Le pagelle ebolitane
di Francesco Faenza
Urbanistica e sanità. La settimana ebolitana si raccoglie intorno a due polemiche, nonchè
a due brillanti operazioni delle
forze dell’ordine. Sei arresti in
sette giorni. Protagonisti della
settimana, sono personaggi
usuali e tipici della nostra rubrica.
Cosimo Cicia, voto 5: presenta
un progetto per 450 case a Sant’Andrea. Si tratta di un pua-pucpuf-pit. Linguaggio urbanistico,
treno da Bim Bum Bam. Meriterebbe la promozione in toto,
l’assessore San Berardiniano, se
non fosse per il silenzio tombale sulla Casarsa. Sull’abuso imbarazzante, sull’ordinanza mai
eseguita, sul giallo che tutti conoscono, sul mistero già compreso. Sarà che l’ufficio urbanistica, tra puc e pua, pit e stop,
non ha ancora avuto tempo di
spiegare a Cicia qual è l’abuso
alla Casarsa, chi è il titolare della
villa, che faccia abbia l’ìnnominabile e baffuto inquilino. Cosa
sia successo davvero, lo sanno
tutti. Ma a Cicia nessuno lo racconta. Possibile? Dobbiamo credere che l’ingegnere Rossi non
abbia avuto il tempo e il fiato
per salire i due piani che la separano dall’ufficio cosimino. O
viceversa, che un galantuomo
come Cicia, non abbia avuto
l’accortezza e il coraggio di scivolare lungo la scala a chioccia,
l’equivalente di quattro rampe,
per andare a trovare la signora
Rossi (Lucia, nome vero). Tanto
ci vuole per risolvere il rovello
dell’opposizione? Ma cosa vuoi
che sia l’ordinanza 69 del comune di Eboli, rispetto alle telefonate di Bertolaso con la massaggiatrice brasiliana? Melchionda l’ha firmata, l’ordinanza. E se ne è dimenticato. Cicia
sa cos’è, e vorrebbe dimenticarsene.
La Rossi conosce il fascicolo, ma
qualcuno la frena e la invita a
non salire ai piani alti? In tutto
questo, l’abuso resta impunito.
Un lodo Alfano, tutto ebolitano.
Nel silenzio dei politici e delle
istituzioni. Attendiamo fiduciosi. Le cose più difficili. La costruzione dei 450 alloggi a sant’Andrea. Magari abbasseranno
anche gli indegni prezzi del
mercato immobiliare ebolitano.
Aspettiamo poi l’abbattimento
Sanità e finanze in rosso.
Autunno nero a Eboli
SEGUE DA PAGINA
18
Già con il pensiero altrove.
Dopo i creditori che lo assillano, c’è la Caropreso che lo preoccupa: “la manager deve rapportarsi con i territori e le istituzioni. Prima di decidere sul
futuro dell’ospedae unico della
Piana del Sele, deve fare questi passaggi necessari”. Prima
di chiudere i reparti ebolitani,
prima di accorpare i servizi
doppioni, prima di promuovere l’ospedale di Battipaglia, la
Caropreso dovrà vedersela con
il popolo ebolitano. Il sindaco
ha chiesto un incontro ufficia-
le. E più facile vincere 180 milioni di euro al superenalotto,
piuttosto che capire il futuro
dell’ospedale di Eboli. Nel
2015, si candiderà in Parlamento? “Molti partiti mi corteggiano, non solo il Pdl. Nel
2015 voglio staccare la spina.
Riprendermi e godermi la vita.
Magari a Perugia, con mio figlio”. Tra cinque anni, tutti avvisati. Melchionda si ritira. E se
ne va a Perugia. Senza Masci,
senza creditori, senza le caserme da vendere, senza i 13 milioni di euro da pagare.
Francesco Faenza
dell’abuso innominabile, al
rione Casarsa. Un 10 in pagella
all’assessore puc e pit, puf e pua,
nessuno lo negherà. Ripristiniamo però la legalità. Altrimenti tra
Pd e Pdl quale lodo di differenza c’è?
Mario Minervini, voto 3: sette
giorni dopo, a villa Minervini (ex
ospedale di Eboli) ancora si
chiedono: ma i 72 mila euro di
multa per eccesso di straordinari, perché dovrebberoo pagarli
gli ebolitani e non Minervini? A
ciascuno il suo. Con lo stipendio che ha, l’opulento Minervini arriverà comunque a fine
mese. Di fame, non morirà. La
multa è tutta sua. Ci inquieta il
suo concetto di legalità: “la
multa degli ispettori del lavoro?
La paga l’azienda”. Bulldozer di
un Minervini. Ma come ti viene
un’idea del genere. Scenario secondo. Se arrivassero i Nas a rivisitare il reparto di nefrologia,
nei locali dichiarati inidonei ad
aprile, cosa gli spieghiamo? Che
nessuno ha voluto cedere stanze
e spazi dell’ospedale non utilizzati? Se ci scappa un’altra multa,
nell’ipotesi migliore, la pagano
sempre gli ebolitani? La chiusura del reparto non sembra preoccupare Minervini. Ne hanno
già accorpati otto. Reparto più,
reparto meno. Riassumiamo. Se
arriva la multa? Minervini è legibus solutus, ci verrebbe da
pensare, sentendo le sue parole
fuori dalla grazia di Dio e da
ogni codice morale. Più scudato
di Berlusconi, più ghedinato di
Silvio. Una corazza corazzata.
Uno che ragiona così, poi, sai
quanto se ne frega se i tempi per
un banale intervento chirurgico
assumono attese bibliche? Le
multe si pagano. Altrimenti Minervini cambi mestiere. E così
appassionato di critica giornalista, potrebbe provare a fare il
cronista. Durerebbe mezz’ora.
Dietro l’angolo c’è chi lo aspetta. Fernando Zara è pronto a
“scippargli” la poltrona.
E’ vero che super Mario deve pagare lo “stipendio” alla figlia, per
l’opera d’arte in formina, fatta in
pediatria. Ma non dimentichiamo le esenzioni privilegiate di
cui gode. Nel parcheggio al
multipiano, Minervini sosta gratis col Mercedes. E’ esentato, per
grazia ricevuta dalla Multiservizi. Una proposta a Minervini la
facciamo. Venda l’auto, paghi la
multa agli ispettori e vada a
piedi. Mens sana in corpore
sano. Vedrà che medici e infermieri la stimeranno di più. Così
nessuno si incazzerà, per la
multa provocata dalla bulimia di
Minervini sugli straordinari. Inquietati restiamo dalla risposta
della Cisl Fps, sezione Mario Minervini di Eboli: “l’eccesso di
straordinario era necessario, non
è stata una scelta sbagliata” afferma Vito Sparano, il “madonnaro” di Minervini. E si, lui viola
la legge e noi dobbiamo pagare. La Cisl può beatificare chi gli
pare. Ma non deve bestemmiare, quando di mezzo c’è una
legge. Gli costruisca pure un altarino, al direttore che tutto accorpa e nessun reparto riapre, signor Sparano, ma si ricordi che
il tetto sugli straordinari ha una
sua logica.
Normativa e sanitaria. Un po’ di
senso del ridicolo, non guasta.
Così come la buona educazione. Il signor Minervini richiami
all’ordine i suoi fedelissimi servitori, esperti del nulla, promossi chissà perché. L’ospedale di
Eboli non è la sezione distaccata della Gestapo. Entrare nei reparti senza camice, senza rispettare la privacy, violando
l’asetticità dei locali, è uno spettacolo indecente. Chi lavora nel
settore amministrativo dell’ospedale dovrebbe saperlo.
Tanto più se è a contatto con rifiuti particolari, come se la ridono in molti in ospedale. E per
cosa, s’agita la dipendente amministrativa? Con il primario “Aldoooooo”. Colpevole di quale
Avretano e abietto reato? Aver
dimenticato una porta aperta. Se
ognuno restasse al proprio
posto, si evitano figuracce e altre
violazioni normative. La buona
educazione e il rispetto dei ruoli,
almeno quest’obiettivo il salernitano campagnese, parcheggiatore senza ticket, potrebbe
raggiungerlo. Minervini insegni
un po’ di bon ton ai suoi isterici
“ispettori”, del nulla esperti. I
pazienti dell’ospedale di Eboli
meritano più rispetto. I medici e
i primari, soprattutto.
Polizia di Stato, voto 7: sei arresti in sette giorni. Non è un pacchetto aereo per il ponte del 1
novembre. Ma il bilancio di due
operazioni. Nella prima, vengono arrestati 4 ragazzi della Eboli
bene. Per Eboli bene si intendono ragazzi incensurati, con genitori borghesi, cud da 50 mila
euro all’anno a testa (stima minima), evasione fiscale dignitosa, società off shore a disposizione, villa a mare, baita in
montagna, Suv con vetri fumè,
13 metri di barca e mono sci in
soffitta. Risultato: figli viziati, annoiati e vandali.
Quattro ragazzi della Eboli
bene, dicevamo, sfasciano l’ingresso della Fiera Campionaria.
Le telecamere comunali spente
non riprendono niente. Uno dei
vandali, terrorizzato da non si sa
cosa, va alla polizia e spiffera
tutto. Poche ore dopo, scattano
quattro denunce. Inchiesta chiusa. I genitori dalle “Maldive”
fanno sapere che ripagheranno
tutto loro. Al rientro. L’operazione della polizia maschera due
inadempienze. L’incapacità del
comune di avviare le telecamere anti vandali, costate 600 mila
euro. Gli straordinari alla Multiservizi che non verranno più pagati. E quindi, l’attenzione dei
dipendenti calerà, fino a scemare. La seconda Police Operation
va in porto in autostrada. Due
spacciatori ebolitani vengono
bloccati. Tentano una fuga, ridicola. Gettano la droga dal finestrino, ritrovata. Fermati e arrestati, nei pressi dell’area di servizio Salerno Ovest (nomignolo
sinistro, ci riporta alla Germania
con il muro), i due spacciatori
compaiono davanti al giudice e
vengono rilasciati. Uno a piede
libero. L’altro agli arresti domiciliari. Il processo è stato fissato
per il 2 novembre, numero sinistro. La condanna sembra scontata. Le prove sono granitiche.
Droga e spaccio, come alternativa alla disoccupazione, ha un
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Battipaglia
20
N°38 del 23 Ottobre 2010
Lascaleia unico candidato… per ora. Si contrapporrà Angelo Marsico
Il Pd va a congresso per rinascere, ma quante difficoltà
Nel quadro di una situazione
amministrativa di calma apparente e di salute precaria, il
Partito Democratico di Battipaglia s’appresta ad andare a
congresso il prossimo week
end. Un congresso che arriva
in uno dei momenti più critici
dei democrat battipagliesi. Ridotti all’osso in consiglio comunale, dopo l’abbandono di
4 dei 6 consiglieri eletti, e stritolati da un’amministrazione
che poco li ascolta, malgrado
un sindaco “di area”. Il partito negli ultimi due anni è stato
terra di conquista da un lato e
pezza d’appoggio dall’altra. Il
boom elettorale che lo vide secondo solo al Pdl, appena un
anno e mezzo fa, fu un artifizio dovuto alla presenza in
lista di oltre 10 “indipendenti”, provenienti soprattutto
dall’opposto schieramento,
quattro dei quali raggiunsero
l’elezione in consiglio comunale. Il risultato attuale resti-
IL CANDIDATO LUCA LASCALEIA CON BERSANI
tuisce un partito rappresentato in giunta da assessori “mai
iscritti” al partito e che rappresentano solo i consiglieri
che li hanno indicati. Una situazione che sta tenendo fuori
il partito dalle scelte importanti che si discutono in giunta e in consiglio. “Pari dignità” all’amministrazione chiede, dunque, l’unico candidato
venuto fuori sinora, Luca Lascaleia. Il fratello minore di
Piero, capogruppo in Consiglio comunale, sembra determinato ad assurgere alla
guida politica del Pd cittadino. Incassato l’appoggio dell’altro consigliere Mirra e
quello – per ora personale - di
alcuni esponenti di “Area democratica” la corrente di Fran-
Scrivere il Piano triennale è come leggere il libro dei sogni
80 milioni per il solo 2011
Centosessantatre milioni di
euro per 122 opere pubbliche
in tre anni, di cui 41 nel solo
2011. C’è di tutto e di più nel
Piano triennale delle opere
pubbliche deliberato dalla
giunta comunale lo scorso 7
ottobre. Un porto canale (sul
Tusciano?), un canile municipale, il quarto ponte sul Tusciano e poi ancora due piscine comunali, un nuovo sottopasso in Via Rosario, alcune rotatorie, i restyling di
piazze marciapiedi, scuole e
strade. Ottanta milioni di euro
previsti per il 2011. La spesa
maggiore è riservata però per
il “centro integrato d’interscambio modale” per il trasporto delle persone che si
svilupperà attorno allo scalo
ferroviario, ancora in fase di
ristrutturazione. Venticinque
milioni di euro più circa un
milione per la “sicurezza”
dell’area.
Un piano complessivamente
difficile da realizzare, alla
luce della scarsità economica
di un Ente appena uscito da
un “pre-dissesto” e che a fatica paga gli stipendi di impiegati e dipendenti e della difficile situazione del traffico, già
intasato di suo e oggi stretto
nella morsa dei cantieri già
aperti in città, su tutti quello
dell’uscita autostradale. In più
l’assessore al ramo, Anzalone,
che a dire il vero ha segnato
una netta inversione di rotta
nel settore dei lavori pubblici,
dopo l’immobilismo dei decenni passati (ricordate la
sag(r)a delle incompiute?), è
oggi nell’occhi del ciclone. Al
centro delle critiche di “Etica
per il buongoverno” sulla
scarsa sicurezza dei cantieri
aperti dall’Amministrazione e
reo, secondo la vulgata popolare, di non prevenire i disagi
causati dall’apertura contemporanea di più cantieri. Si sa
che i Piani triennali spesso si
riducono ad essere elenchi disorganizzati di desideri, proposizioni disarticolate di
sogni, liste delle lavandaie.
Auguriamoci non sia questo il
caso, o per lo meno non del
tutto.
ceschini e Veltroni, Lascaleia
junior si propone di “far ritornare la politica a Battipaglia”,
proprio come indicò lo stesso
Santomauro nel comizio con
cui si presentò per la prima
volta alla città. “Aprire il partito alla società civile e alla
partecipazione attiva degli
iscritti”, questa la bandiera
della sua campagna. Campagna per ora solitaria, visto che
l’altra corrente, quella che fa
riferimento a De Luca – Lascaleia appartiene invece alla
vecchia area Bassolino-Valiante – a poche ore dall’apertura
del congresso non ha ufficializzato un proprio candidato.
Voci interne al partito parlano
di Angelo Marsico, già capogruppo consiliare dei Ds quale
ipotetico candidato. L’interessato però smentisce, auspicando una soluzione unitaria.
Unità che potrebbe in definitiva comporsi proprio attorno al
candidato Lascaleia.
Quattrocento iscritti o giù di lì
che, alla presenza del segretario provinciale Nicola Landolfi, saranno chiamati, sabato 23
e domenica 24 presso il centro
sociale, a votare per la rinascita di un partito che da mesi è
senza guida (dopo le dimissioni di Alfonso Pace) e da due
anni senza nemmeno una
sede. “Sarà la priorità: il partito deve avere una casa riconosciuta e riconoscibile, per gli
iscritti e per i cittadini”, afferma Lascaleia.
Prima, però, va ricercato un
segretario che, unitario o no,
sia comunque autorevole e riconosciuto. Tutta in salita pare
la strada per il gruppo dirigente che si comporrà. Una salita che però va affrontata,
costi sudore e fatica.
Valerio Calabrese
Battipaglia
N°38 del 23 Ottobre 2010
21
Trent’anni fa il terremoto. Ecco il primo di una serie di articoli
Rossi Doria, la lezione disattesa
SEGUE DALLA PRIMA
plessivo rapporto con l’Italia del
Nord. Non è fuori luogo notare
che la nascita della Lega Nord (4
dicembre 1989), pur non legata
a essi, coincise con i primi risultati emersi dalla relazione della
Commissione parlamentare d’Inchiesta sul terremoto, presieduta
dall’On. Scalfaro e istituita nell’aprile del 1989 dopo aspre polemiche da parte dei parlamentari campani. Clemente Mastella, che della segreteria democristiana era il portavoce, vide nella
richiesta avanzata da radicali e
liberali un segno di “razzismo
moralista che vuole criminalizzare il Mezzogiorno”. C’era
molta retorica nel giudizio di
Mastella, rivolto più a proteggere il partito e il suo leader De
Mita che a delineare un’analisi;
ma è certo che da quel momento il Sud è stato guardato con
occhi diversi dalla politica nazionale. E intanto la classe politica meridionale, e per quel che
ci riguarda campana, non ha
fatto niente per dimostrare il contrario, oltre il continuo piagnisteo
e una sterile e retorica contrapposizione ai “nordisti”. Anche
oggi, in occasione dei 150 anni
dell’unità nazionale si ripercorre la storia non con gli occhi
dello “storico” e del meridionalismo propositivo, che in quel
periodo era proprio di un grande studioso come Manlio Rossi
Doria, ma con la penna affabulatrice della retorica anti nordi-
sta di una “narrativa” di fatto separatista e conservatrice. A distanza di tanti anni è possibile,
senza polemiche “sudiste”, chiedersi se fosse fondata l’accusa di
falsificazioni, sperperi, ruberie e
allegra amministrazione innescata in quel periodo contro la
gestione della “ricostruzione”?
Cominciamo con il ricordare
cosa avvenne già dopo i primi
sei mesi dall’evento. In conseguenza delle pressioni del politico di riferimento e con intese trasversali, l’area del sisma fu giuridicamente allargata a paesi e
città che del terremoto avevano
sentito soltanto l’eco. Al febbraio 1981 l’area terremotata comprendeva, ufficialmente, soltanto 316 Comuni, ripartiti nelle tre
fasce di danno; quando fu approvata la Legge per la ricostruzione, maggio 1981 (L. 219), i
comuni terremotati erano diventati ben 643. Gli è che la normativa che doveva finanziare la
ricostruzione dei centri danneggiati dal sisma diventò per tutta
l’area campana e lucana una
nuova Cassa per il Mezzogiorno,
un canale permanente di finanziamento, un accesso all’intervento pubblico da utilizzare indiscriminatamente per ogni tipologia di opera pubblica, non
escluse, in comuni di soli mille
abitanti, costosissime piscine
olimpioniche subito lasciate nel
degrado e nell’abbandono. A
questo allargamento ingiustificato dell’area si accompagnò lo
spreco delle aree industriali e
delle infrastrutture. La Commissione d’inchiesta accertò numerosissimi eclatanti casi di truffa
ed esorbitanti costi per infrastrutture propagandate come
strategiche. Per far riferimento
alla nostra Provincia, esemplari
furono i casi dello stadio del comune di San Gregorio Magno
(poco più di 3.000 abitanti) costato quasi come quello olimpico e la strada Fondo Valle del
Sele con i suoi circa 23 miliardi
di lire a chilometro. Insomma un
mare di cemento buono solo per
distruggere ambiente e corrompere coscienze, utile per impinguare le tasche di imprenditori e
gruppi di affari! La soluzione
data fu l’esatto contrario di quanto aveva ipotizzato e sostenuto
Manlio Rossi Doria, grande studioso e appassionato meridionalista. Nel gennaio del 1981,
dopo soli due mesi dall’evento
sismico, mentre tutta la classe
politica brancolava nel buio
delle soluzioni, uscì il suo volume Situazione, problemi e prospettive dell’area più colpita dal
terremoto del 23 novembre
1980. Era un’articolata proposta
riassumibile, per la zonizzazione, nella “delimitazione” dell’area, per il metodo, nell’espressione “per problemi diversi, politiche diverse”, per gli
interventi, nello slogan “ricostruzione e sviluppo”. Tutto il dibattito del primo anno fu dominato
dall’analisi e dalla proposta illu-
strata in questo sintetico ed
esemplare studio. Per tutti, studiosi e politici, apparve come
una novità e una scoperta, subito accolta e sostenuta, ma novità non lo era per chi, come me e
tanti altri, aveva avuto la fortuna
di una sua continua frequentazione dalla fine degli anni sessanta, quando il collegio elettorale di Sant’Angelo dei Lombardi si onorò di averlo candidato e di eleggerlo Senatore
della Repubblica. Peccato che
le sue proposte siano state trasversalmente subito disattese
dalla classe politica dirigente!
Il primo atto di “tradimento”
fu l’allargamento ingiustificato dell’area danneggiata, il secondo la disseminazione indiscriminata dei “prefabbricati leggeri” dal cui pericolo e
spreco egli aveva messo in
guardia in un convegno promosso dai giornali “Il Mondo”
e “Il Mattino”. Sugli altri ritornerò in successivi intereventi.
E gli amministratori furono
così giudicati in base al numero di prefabbricati che
erano riusciti ad ottenere e
collocare sul proprio territorio, senza malignare sui costi
e sulle modalità di acquisto.
Tanto era tutto giustificato dall’emergenza! Cominciarono
da questi “tradimenti” i fallimenti e gli sprechi della ricostruzione, la desertificazione
delle aree interne, lo spopo-
lamento dei centri storici minori,
i gravi errori economici di
un’inesistente o errata politica di
sviluppo e non ultimo lo scempio ambientale ed etico. Si crearono così le premesse perché
successivamente il Sud venisse a
ragione criminalizzato.
Aurelio Di Matteo
già sindaco di Andretta (AV)
dal 1981 al 1993
Iniquo solidale
di ERNESTO GIACOMINO
DALLA PRIMA
Provandoci, allora: da un lato,
come denunciano in questi
giorni le associazioni dedicate,
l’evidenza dice che a Battipaglia i posti auto riservati ai disabili non sono sufficienti. Dall’altro, però, fra il chiaro e l’ombra, il mugugnato e lo smentito,
va ad aggiungersi un diffuso sospetto che tale insufficienza discenda sì da uno scarso numero di parcheggi dedicati, ma
abbia come alleato occulto
l’utilizzo improprio degli stessi
da parte di gente che, di fatto,
non ne avrebbe diritto. E non
si parla – non solo, voglio dire
- dei soliti incivili che ignorano
le ben visibili e segnalate strisce gialle (quelli che alzano il
dito in giro, dicono “un attimo,
grazie”, spariscono ore per bar
e boutique e poi sbarellano
quando si trovano la macchina
sul carro attrezzi), bensì di chi
l’autorizzazione ce l’ha ma –
vattelo a guardare bene – non
si capisce a che titolo.
Si comincia dall’imbroglio clas-
sico, quello del “chi utilizza
l’auto di chi?”, fenomeno per
cui vado in centro con la macchina di quel mio zio disabile
che tanto non la usa, espongo
per bene il talloncino, frattanto
faccio chilometri di shopping e
pubbliche relazioni e happy
hour totalizzando un duplice
danno sociale: il furto di varie
ore di parcheggio e la sottrazione del posto ad un avente
diritto. Si prosegue col permesso sotto casa, spesso non per
sé ma per il “familiare trasportato”, che in realtà trasportato
non lo è mai: anziani e conviventi vari con problemi di deambulazione che fruttano assegni di accompagnamento e
posti auto riservati, ma che –
altro che accompagnati e trasportati – grazie a tutto ‘sto affetto, dedizione e spirito di sacrificio dei parenti vivono da
anni da reclusi in casa, con le
badanti pagate in nero e la televisione fissa sulle soap opere.
E, a finire, ultimo e ben più
grave caso di malcostume, i
casi di falsa invalidità, appartenenti al paragrafo “oltre il
danno, la beffa”: truffa aggravata ai danni dello Stato con
contorno di presa in giro – bollino sul cruscotto – per i più diffidenti. Chiaro che una cosa
non soccorre l’altra, per cui disquisire sulla validità dei permessi concessi e concedibili di
certo non risolve né sminuisce
il dramma della carenza dei
posti auto a disposizione dei disabili. E ben venga, se condivisa dall’amministrazione comunale, l’ipotesi di concedere un
“passi” per poter parcheggiare
gratuitamente anche nelle zone
a pagamento. Ma sarebbe parimenti necessario e doveroso,
per una gestione a tutto tondo
della problematica, intervenire
anche laddove malcostume e
furberie creano situazioni ambigue. L’impressione generale è
che i vari regolamenti comunali non consentano un controllo
bello pregno in materia (e ciò
non solo nei piccoli centri, sia
chiaro: a Roma, ad esempio,
per il rinnovo periodico del
posto riservato basta dimostrare che il titolare è ancora in
vita), con l’aggravante della difficoltà di smascheramento degli
abusi in questione se non nelle
ipotesi di flagranza (ad auto regolarmente parcheggiata, provvista di bollino e senza conducente è praticamente impossibile rilevare alcunché). Il rischio che quotidianamente ci
siano in giro impostori che millantano diritti altrui, insomma,
non è demagogia da palchetto
ma triste cronaca di tutti i giorni; parimenti, quello di una
certa, passata faciloneria nell’assegnazione tanto dei certificati che dei posti è avallato da
una serie storica di irregolarità
analoghe osservate in edilizia,
sanità, lavoro e, in generale, in
qualunque campo necessiti a
monte di permessi e attestazioni di stato. Poi, se qualcuno si
fingerà scandalizzato da questi
miei sospetti, delle due l’una:
o finora ha vissuto altrove, o
l’ho fatto io.
VISIBILE A
Sele
22
N°38 del 23 Ottobre 2010
DARIO DEL GAIS. Da “stampella occulta” all’aperto sostegno a Sica
Identikit di un voltagabbana in salsa nostrana
Dario Del Gais è l’ennesima banderuola della politica nostrana,
non è il primo e né l’ultimo ma
di certo sarà ricordato per la sua
scarsa incisività politica: da sindaco nonostante la forte maggioranza fu costretto alle dimissioni e da capo della segreteria
politica, propostogli dall’assessore regionale Ernesto Sica, ha
dovuto assistere all’espulsione
dello stesso all’indomani dello
scandalo Caldoro. Oggi Del Gais
è passato al Pdl ed appare più
vicino che mai al suo ex “nemico” Sica, lo denuncia il Pd di
Pontecagnano all’interno del
quale il politico ha militato sostenuto dai giovani del partito,
in un comunicato al vetriolo che
chiede a viva voce le sue dimissioni. «E’ un atto vergognoso da
parte di chi si era candidato a
“fare la differenza” rispetto al
centrodestra di Sica: contro una
politica finalizzata ai propri interessi, al clientelismo, alla gestione del potere e non allo sviluppo della nostra città.- tuona
il coordinamento cittadino del
Partito e il gruppo consiliare-
Per questo motivo il Pd chiede
con forza le dimissioni di Dario
Del Gais dal Consiglio comunale. Egli dovrebbe scusarsi con
tutti gli elettori che per anni lo
hanno sostenuto e che ora si sentono traditi!» Ma chi è Dario Del
Gais? Ripercorriamo le sue vicende politiche cercando di delineare l’identikit di un voltagabbana: nato a Pontecagnano il
30 ottobre 1970 è stato eletto Sindaco nel 2005 con una coalizione
di sinistra costituita da la Margherita, Sdi, Uniti a Sinistra,
Udeur, Ds, Verdi e Democrazia
federalista con l’80% dei voti, un
successo determinato sicuramente dal lascito di Ernesto Sica
che aveva guidato la cittadina
dal 2000 al 2005 e aveva lasciato
la carica al suo delfino per candidarsi al Consiglio Regionale
della Campania. Del Gais non
aveva però la stessa stoffa o la
dialettica di Sica e solo due anni
dopo è indotto dal suo stesso
gruppo consiliare alle dimissioni a causa di quello che all’epoca definì “l’ennesimo tentativo
di sciacallaggio da parte di alcu-
DARIO DEL GAIS
ni consiglieri”, allora egli parlò
di “insostenibili spinte individualiste” accusando Ernesto
Sica di voler continuare a governare attraverso di lui: insomma si dichiarò vittima di un vero
e proprio boicottaggio da parte
del suo sostenitore “un ridicolo
teatrino”, disse. Alle elezioni
successive si presentò con il Pd
portando avanti una campagna
elettorale incentrata sull’ingiustizia subita e sulle pressioni del
suo ex alleato che gli avevano
impedito di governare la città;
vinse Ernesto Sica, schierato con
il centrodestra, con il 50% delle
preferenze contro il 28% di Del
Gais il quale fu eletto consigliere comunale. Da allora si è fatto
portavoce della minoranza con
numerosi attacchi a Sica e alla
sua gestione fino alla sconfitta
alle consultazioni provinciali nel
2009 che lo hanno condotto successivamente ad uscire dal gruppo consiliare Pd in primavera. Si
trattò della prima avvisaglia del
riavvicinamento che si è concretizzata con la proposta di Sica a
di un incarico come capo della
segreteria politica prima della
bufera del dossier anti-Caldoro.
Ad ufficializzare il passaggio arriva ora un comunicato in cui
Del Gais e Marcello Ferro (consigliere dei Riformisti Uniti)
spiegano i motivi della scelta
dettata dalla «crisi economica
che ha colpito l’Italia ed in particolar modo il Mezzogiorno» e
da una analisi della stessa «non
più procrastinabile». Come l’opposizione abbia contribuito alla
crisi del Paese non è dato saperlo ma a Del Gais fa comodo par-
CAMPAGNA. Progetto multimediale “I segni dell’acqua”
Chiena: tradizione, devozione e sacralità
Sabato 9 ottobre, nella Sala
Convegni “Gelsomino D’Ambrosio” del Comune di Campagna, l’Associazione di Volontariato “The Way to the Indies - Argillateatri”, di Ivan
Cozzi e Isabella Moroni, iscritta nell’Albo delle Associazioni
Culturali del Comune di Campagna, ha incontrato cittadini
ed istituzioni per illustrare il
Progetto “Campagna e i segni
dell’acqua: tradizione, devozione e sacralità”. Argillateatri
sarà di nuovo a Campagna nel
corso di questi giorni per completare il suo lavoro con ulteriori registrazioni ed interviste
a cittadini e referenti di associazioni locali ed istituzioni.
Infatti hanno tenuto a sottolineare: “Stiamo cercando di
raccontare quello che stiamo
facendo, per coinvolgere gli
abitanti detentori della memoria storica, gli studiosi ed ogni
altra persona che voglia mettere a disposizione del progetto documenti, foto, ricordi;
che abbia voglia di apparire in
un’intervista o intenda proporre un intervento, affinché queste voci possano aiutarci a realizzare il progetto, rendendolo
più solido e partecipato”. Ha
detto, tra l’altro, Ivan Cozzi:
“La nostra passione per la Città
di Campagna e per la sua storia è nata nel 1993, quando
partecipammo come artisti alla
‘Rassegna
Internazionale
dell’Acqua’, vincendo il primo
premio della giuria popolare
per il nostro spettacolo su
trampoli dal titolo ‘Sinergie
d’Acqua’. Da allora abbiamo
continuato a conoscere ed
esplorare Campagna, le sue
tradizioni ed i suoi segreti,
scoprendo un patrimonio culturale immateriale di grande
importanza, che offre infiniti
spunti per nuove ricerche e
studi. E conoscendo studiosi e
personalità del territorio che
questo lavoro portano avanti
da anni con perizia e passione”.
Nel 2007 “Argillateatri” ha
prodotto “I Fucanoli”, un oggetto multimediale costituito
da un Dvd e da un booklet,
che approfondiscono la tradizione sacra e profana dei Fucanoli, della festa di S. Antonio Abate e della figura del
Santo. Ha, poi, iniziato il Progetto legato a “’a Chiena”,
che, però, nell’approfondimento, ha fatto scoprire il rapporto speciale fra la Città di
Campagna e l’elemento acqua,
che nel passato ha costituito la
spina dorsale economica del
paese.
Il Progetto si è ampliato e diversificato, soprattutto perché,
nel corso delle riprese, l’associazione capitolina ha incontrato molteplici legami fra
acqua e sacro, in gran parte
nella memoria conservata
dalle numerose Confraternite
presenti sul territorio, che in
molti casi serbano le vestigia
di un culto dei morti ancestralmente legato all’acqua
(come, ad esempio, la Confraternita di S. Maria del Soccorso nella cui cripta scorrono tre
piccoli fiumi sotterranei o la
Confraternita del Monte dei
Morti che custodisce un antico cimitero sulle acque del
fiume).
Il
progetto
multimediale
“Campagna - I Segni dell’Acqua”, pronto presumibilmente
per il prossimo 15 Dicembre
2010, sarà una ricerca sulle
“vie dell’acqua”, i percorsi, i
segni dell’acqua quali sono
stati e come si sono manifestati nell’arco dei secoli nella
Città di Campagna e lungo il
letto dei suoi due fiumi, il
Tenza e l’Atri.
Sarà una Raccolta di testimonianze, memorie e tradizioni
che getta uno sguardo completo ed articolato sul rapporto sacro, economico e vitale di
Campagna con l’elemento
acqua e si pone l’obiettivo di
diffondere, grazie anche all’Archivio-Laboratorio del patrimonio immateriale che l’Associazione “Argillateatri” ha
costruito in oltre 35 anni di lavoro, anche al di fuori dei confini, i significati e le storie legati a questa della manifestazione nella sua interezza.
Il prodotto sarà costituito da
un Dvd contenente un documentario, delle interviste, ed
un booklet, che illustra la natura simbolica ed antropologica dell’acqua, la parte storicotradizionale della città di Campagna nel suo atavico rapporto con l’acqua e con la ricorrenza de “’a Chiena”.
Mario Onesti
monesti.blog.tiscali.it
lare della Provincia di Salerno e
di come Cirielli abbia «impresso una svolta radicale ai vecchi
equilibri riscattandone orgoglio
e senso di appartenenza delle
comunità», per tornare ad affermare il suo sostegno all’amico di
sempre Ernesto Sica smettendo
di essere «la “stampella occulta”
(e neanche tanto)» come ha scritto il consigliere Pd Enrico Vergato che ha definito l’atto di trasformismo un semplice accordo
basato su interessi, ancora poco
chiari, con chi detiene il potere e
dal quale è possibile ottenere
qualcosa. Per ora si tratta solo di
congetture fatte dai soliti malpensanti, non si esclude comunque che dietro questa storia ci sia
veramente la preoccupazione di
Del Gais per la crisi del Mezzogiorno o, meglio ancora, che si
tratti semplicemente di una bellissima storia di amicizia ritrovata.
Tiziana Troisi
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N°38 del 23 Ottobre 2010
Gastronomia
23
Viaggi e Assaggi
I migliori ristoranti salernitani secondo la guida dell’Espresso 2011
Ottobre, tempo di
guide enogastronomiche. Annualmente in questo
periodo si aspettano le guide del settore per vedere i
punteggi che sono stati assegnati ai vari ristoranti, alberghi,
trattorie, vini e così via. Una
buona recensione vuol dire
spesso entrata di denaro, difatti
sono in molti che per scegliere
un ristorante o acquistare un
vino si affidano a questi strumenti. La guida che ho preso in
esame su queste righe è “I Ristoranti d’Italia 2011” edita dall’Espresso, secondo me quella
più affidabile e professionale in
questo settore. Per questa guida
ogni anno, oltre cento gastronomi, quando possibile sconosciuti, sempre “inattesi” e “paganti”, visitano migliaia di ristoranti, trattorie, osterie ed enotavole d tutta Italia. Nel 2011
sono stati recensiti circa 2.500
locali. A ciascuno di essi è stato
assegnato un voto espresso in
ventesimi, che riguarda esclusivamente la cucina. Qui, faccio
una parentesi in quanto un ristorante non si può valutare solo
per la buona cucina, escludendo il servizio, la carta dei vini, il
rapporto qualità prezzo e l’insieme della professionalità. Sappiamo bene che un piatto cucinato divinamente, se servito
maldestramente o dopo lunghissime attese non dà l’effetto
sperato. O ancora un piatto preparato male, anche se portato a
tavola con i tutti i carismi della
professionalità, non è quello
che il cliente si attente. Questo
atteggiamento della maggior
parte delle guide, sta facendo in
modo che i ristoratori e gli albergatori investono sempre di
più sul personale in cucina trascurando il servizio di sala. Ora,
sono in molti a lamentarsi di
non riuscire a trovare camerieri
qualificati. Sfogliando la guida
ho voluto portare alla vostra attenzione il meglio della ristorazione salernitana. Il miglior ristorante della provincia, secondo la guida dell’Espresso”, è in
modo incontrastato “La Caravella” di Amalfi con il punteg-
gio di 17. Ecco qualche stralcio
della guida: “…questo ristorante continua ad essere il luogo
dell’anima. La passione per la
ceramica di Antonio Dipino, patron in equilibrio tra la feconda
presenza in cucina e la regia
della sala, negli anni ha trasformato gli ambienti in un museo
con oggetti d’arte introvabili. …i
piatti che hanno reso famosa
questa Caravella nel mondo dei
gourmet e che restano in carta:
su tutti, l’alice ripiena di provola con salsa alla colatura ed il
trito di pesce aromatizzato al finocchietto in foglia di limone.
Formidabile la cantina che ha
pochi pari per Piemonte e Francia. Conto intorno ai 90 euro”.
Con il punteggio di 16/20 troviamo, Pappacarbone a Cava
dei Tirreni: “Tutto funziona una
volta varcato l’uscio dell’antica
falegnameria trasformata in ristorante da Rocco Iannone: dall’accoglienza cordiale e gentile,
al servizio attento e puntuale.
Menu del giorno: tutto pesce,
ma quello vivo che il cuoco va
a cercare direttamente in riva al
mare, viaggiando in lungo e in
largo. …Sui 60 euro”; Il Faro di
Capo d’Orso di Maiori: “Bisogna venirci al tramonto per godere della vista struggente da
questo ristorante aggrappato alla
roccia nello scorcio più suggestivo della costiera amalfitana…. Infine c’è Pierfranco Ferrara, una sorta di Guido Reni
dei fornelli, cuoco dal carattere
molto riflessivo e capace di rimodernare a propria misura e
con equilibrio concetti talvolta
difficili da conciliare. … Ampia
la carta dei vini affidata a Pio
Ferrara. Conto intorno agli 80
euro”; poi, l’Hotel San Pietro di
Positano: “La precisione nordica di Alois Varlangeneaker e i
sapori della Costiera trovano
l’equilibrio della maturità: leggerezza e spunti golosi. ... La
Via S. Pio X (nei pressi
dell’ospedale) Agropoli
0974 829451
cifra stilistica, più del mare, è
costituita dalla passione per l’orto, quello coltivato sui terrazzamenti scippati alla roccia. …
ampia e colta carta dei vini e
servizio di autentica, calda ma
sempre professionale ospitalità.
Sui 100 euro”. Al 5° posto, con
il punteggio di 15/20, troviamo,
Casa del Nonno 13 a Mercato
San Severino: “Il bello di palazzo Angrisani, storica dimora
della frazione di Sant’Eustacchio, sta tutto racchiuso tra il
cortile e la cantina, dove il proprietario Raffaele Vitale ha avuto
l’idea di allestire un affascinante percorso del gusto: dalla bottega dei prodotti tipici campani
alla grotta in cui si affinano i formaggi, passando dinnanzi alla
cucina a vista per giungere fin
giù tra i tavoli, il forno e il soppalco che aspettano gli ospiti.
… Sui 45 euro. L’Hotel Palazzo
Sasso Rossellinis di Ravello: “E’
difficile trovare uno chef, dopo
tanto tempo impegnato a guidare lo stesso ristorante, sia
mosso da un simile entusiasmo:
Pino Lavarra si dedica a rafforzare le basi del suo dominio,a
partire dalla selezione delle materie prime… Sommelier eccellente, chiamato a proporre vini
un po’ troppo cari. Degustazioni da 80, 95 e 125 euro. Alla
carta sui 120 euro”; poi, ecco il
primo ristorante a sud di Salerno, Masseria della Nocciola Rispoli a San Cipriano Picentino:
“Composta creatività e pulizia
di esecuzione sono le due caratteristiche di questa cucina di
ispirazione neoclassica alle
porte di Salerno, nel Parco Regionale dei Picentini. … Sui 50
euro”. Ecco, questi sono i primi
sette ristoranti salernitani, secondo la guida dell’Espresso.
Come si può ben notare sono
completamente assenti nei
primi posti i locali della Piana
del Sele e del Cilento. Per poter
respirare aria di casa nostra, bisogna scendere a 14,5/20 con il
Papavero di Eboli e a 14/20 con
il Tre Olivi del Savoy Beach
Hotel. Per chi vuol saperne di
più la guida è in vendita in tutte
le librerie e le edicole a 22 euro.
Diodato Buonora
LA RICETTA
Risotto con zucca
e pancetta
Ingredienti per 4 persone:
400 di riso per risotti,
800 di zucca,
1 cipolla piccola tritata,
½ bicchier di vino bianco,
100 g di pancetta tagliata a
grosse listarelle,
caciocavallo stagionato non
piccante grattugiato,
prezzemolo,
brodo vegetale,
olio extravergine d’oliva del
Cilento,
40 g di burro,
sale e pepe.
Preparazione:
Riducete a pezzetti la polpa
della zucca. Insaporite in una
padella, con dell’olio extravergine d’oliva, la cipolla, aggiungete la zucca e rosolate
per 1 min.
Unite il riso e tostatelo a fiamma viva senza smettere di mescolare. Bagnate con il vino lasciando evaporare, insaporite
con sale e pepe e prezzemolo,
mescolate e versare il brodo
fino a cottura.
In una padella fate rosolare le
fettine di pancetta fino a quando diventeranno leggermente
croccanti.
Togliete dal fuoco il risotto e
mantecate con caciocavallo
grattugiato e qualche fiocco di
burro poi impiattate e aggiungete la pancetta.
Vino abbinato: Fiano di Avellino Docg 2009, Di Prisco,
Fontanarosa (AV)
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