Perdifumo, ecco la radio che allontana i cinghiali dall`orto
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Perdifumo, ecco la radio che allontana i cinghiali dall`orto
www.hotelesplanade.com www.hotelsavoybeach.it tel 0828 720100 tel 0828 851043 € 1,00 Editore: Calore s.r.l. Sede Legale: Via S. Giovanni, 86 - Villa Littorio - Laurino (Sa); Sede Redazionale: Via della Repubblica, 177 - Capaccio-Paestum (Sa) - Poste Italiane - Spedizione in a.p. - 45% - art. 2 comma 20/b legge 662/96 - Dir. Com. Business Salerno - Abb. annuale 25,00€ 0828.720114 - unicosettimanale.it - [email protected] Anno XII n° 38 del 23 Ottobre 2010 CAPACCIO Cilento senza socialismo L’EX HERA ARGIVA SUPERMERCATO DELL’ORRORE. di Giuseppe Liuccio CHI DEVE INTERVENIRE? L’AVANTI! è una tesata storica. Ha registrato le battaglie generose della classe operaia, che, in un secolo, è passata dalle trincee delle leghe contadine alla “stanza dei bottoni” dell’Italia repubblicana. Fu la palestra dove mi addestrai al “mestiere” che esercito con dignità da una vita. Non avevo ancora vent’anni con la testa piena di sogni e con il cuore gonfio di ideali alla conquista del “sol dell’avvenire”, CONTINUA A PAGINA PASQUALE QUAGLIA A PAGINA 6 AGROPOLI I CORNUTI A QUATTRO ZAMPE DEL 2 CATELLO NASTRO A PAGIANA 9 PIANA DEL SELE Trent’anni dal terremoto GLI INDIANI DONANO IL SANGUE IN MASSA di Aurelio Di Matteo E CI DANNO UNA Il prossimo 23 novembre saranno passati trent’anni dal sisma che sconvolse il territorio della Campania e la vita civile e sociale delle nostre comunità. È l’occasione dopo tanti anni per riflettere sulle soluzioni date ai fini della ricostruzione del tessuto economico e sociale; soprattutto su cosa quel comportamento politico e quello “stile” amministrativo abbiano comportato per la classe politica meridionale e per il com CONTINUA A PAGINA LEZIONE DI CIVILTÀ ARTICOLO A PAGINA 11 EBOLI COME MELCHIONDA CERCA DI EVITARE 21 BATTIPAGLIA Iniquo e solidale Perdifumo, ecco la radio che allontana i cinghiali dall’orto La questione è irta e delicata, appartiene a quella branca di materie - tipo calcio, musica, religione, politica, tutto di cui in Italia c’è pieno così di esperti, per cui poco male sbagli una parola rischi o il linciaggio o il ridicolo. O, ti andasse proprio bene, l’incomprensibilità assoluta. Ergo, in finale: tutto un discorso da prendere con le pinze. 21 IL CRAC DEL MUNICIPIO FRANCESCO FAENZA A PAGINA 18 di Ernesto Giacomino CONTINUA A PAGINA CILENTO La segnalazione ci arriva da Giovanni Farzati, giornalista “scalzo” cilentano, ovvero orgoglioso irregolare di questa professione. L’argomento è sempre quell’emergenza cinghiali. E di un rimedio molto originale. Una radio accesa giorno e notte, appesa ad un albero, per ogni raccolto, uva, fichi, olive, ortaggi; ascoltata da...cinghiali, cani randagi, civette e altri animali notturni; niente veleno, lacci, fucilate, solo nottate di musica e parole. Quando la radio mette in moto la fantasia...è proprio il caso di dirlo. Contadino di Perdifumo ha piazzato una radio, con altoparlante, su un albero per tenere lontani i cinghiali dal suo terreno; CONTINUA A PAGINA 12 CILENTO GALZERANO: “NOI NON ABBIAMO MAI AMATO I BORBONI” ARTICOLO A PAGINA 15 Primo piano 2 N°38 del 23 Ottobre 2010 “Avanti”, dalle lotte dei lavoratori alle ville di Berlusconi. Dal socialismo al berlusconismo Le esperienze opposte ma speculari di Mucciolo e Lavitola DALLA PRIMA come si cantava sulle piazze e nei cortei sull’onda delle canzoni cariche di un po’ di retorica ma anche di valori. Ne era direttore Pietro Nenni,che mi indicò, giovanissimo, alla re- dazione provinciale. Poi venne la stagione delle inchieste all’estero tra le baraccopoli degli emigranti,che, nelle periferie delle città del Nord Europa, ingoiavano “lacrime e birra” e bullovano marchi, fiorini e franchi con l’occhio acceso a nostalgia di paesi lontani che covavano amori lacerati.. E fu, per me, conquista di prestigio professionale la rubrica di “notista” di cultura e di turismo nella “terza pagina” con direttori che si chiamavano Gaetano Arfè e Antonio Ghirelli. E, intanto, il Socialismo, organizzato in Partito, sommava successi e consensi nell’Italia assetata di riforme. Cresceva, anzi dilagava, qui da noi con Quaranta e Conte, che seminavano il territorio di scialo di fioritura alla “primavera socialista”. Nell’abbondanza si inserirono anche piante spurie e velenose, che ne inquinarono splendore e profumo. E venne la stagione di tangentopoli con i leader feriti nei sospetti di contiguità equivoche, con militanti sgomenti a interrogarsi su sentenze di tribunali che giustiziavano dirigenti e valori, con faccendieri in fuga alla ricerca di postazioni più sicure e redditizie. A seguire il socialismo di risulta di Mucciolo e compagni, che, nella speranza/illusione di tenere viva la fiammella, si avventurarono nella pratica del clientelismo dei portaborse e dei famigli. E fu deserto di idee e di progetti nel Cilento senza socialismo.. E perdura, purtroppo, con il Pd, forza, anche questa residuale,a fusione fredda, senza cuore, tra riformismo socialista e cattolico, a protettorato poco illuminato e senza segno di futuro di vecchi baroni di provincia che ,inconsapevolmente, recitano il ruolo di cacicchi di un potentato in via di estinzione. Ed il vecchio “Avanti!” con un L in più è finito nelle mani di Lavitola, un personaggio discusso,discutibile ed equivoco del sottobosco berlusconiano, che si aggira con destrezza e padronanza per il Centroamerica, sbarca nei paradisi fiscali di Santa Lucia e tiene bordone ad operazioni di dossieraggi che inquinano le istituzioni dell’Italia repubblicana. E taccio per carità professionale su certe testate nazionali, regionali, provinciali e locali attente in maniera quasi maniacale a fare, soprattutto queste ultime, le pulci a sindaci e assessori senza indicare, quasi mai, obiettivi di progettualità di ampio respiro a conquista di futuro. Ora leggo che un gruppo agguerrito di militanti reclama legittimamente di riappropriarsi del vecchio “Avanti!” per dargli la dignità di protesta e di proposta nel nome e nel segno del Socialismo. Magari e fosse!!! Tornerei con generoso entusiasmo alle origini per gonfiarmi di emozioni per i paesi della mia terra, il Cilento, dove imperversano personaggi tronfi di alterigia e vuoti di ideali a discettare, con l’approssimazione dei dilettanti, di turismo e beni culturali, di agricoltura e biodiversità e, qualche volta, si avventurano,sprovveduti, per i complicati percorsi della storia, che richiederebbe ben altre analisi che i balbettii da riassunto di Bignami approntato da incolti portaborse ad audace avventura di interpretazione ed attualizzazione di eventi prestigiosi. E sì, perchè nella ricorrenza dei 150 anni dell’Unità d’Italia, è di moda riscoprire ed esaltare carboneria e filadelfi, moti rivoluzionari a protagonismo di borghesi illuminati, preti liberali e briganti con la vocazione di eroi e si sciupa la retorica sul Canonico De Luca, su Costabile Carducci e su Carlo Pisacane, che organizzarono sommosse nel nome della libertà e della giustizia sociale, anticipando negli scritti, oltre che nell’azione eroica, valori ed ideali di Socialismo. Di tanto in tanto qualche politico incolto e senza scrupoli li trasforma in personaggi da baraccone per dare visibilità turistica (!) ai paesi e sciocco protagonismo a se stesso proteso a caccia di consenso elettorale. E tutto si sfilaccia in un territorio che l’Unesco ha proclamato patrimonio dell’umanità per gli straordinari valori ambientali ed il Parco, deputato per statuto a difenderlo, si appantana e muore; dove uno scienziato di grande valore, Ancel Keys, riscoprì e teorizzò “la dieta mediterranea”, che l’Unesco ancora una volta si accinge a pro- clamare patrimonio dell’umanità, come straordinario “bene immateriale”, ma si fa morire l’apposito “museo”,orfano del motivato presidente scomparso da qualche anno, con la complice latitanza dell’Assessorato provinciale all’Agricoltura. Quello stesso assessorato che ignora la rivoluzione delle zone interne, dove è nata una fitta rete di agriturismi, che hanno trasformato campagne e borghi in opportunità di vacanza nuova ed alternativa all’insegna del relax, della buona cucina e della calda accoglienza nello scenario di un incomparabile scenario verde. Avrebbero solo bisogno di essere messi in rete con un progetto di offerta d’insieme, come consiglia, proprio in questi giorni, il TCI con il lancio dell’iniziativa “L’Italia 10 e lode” e l’assegnazione delle “bandiere arancione” agli agriturismi virtuosi, nella consapevolezza che l’agriturismo non è solo vacanza all’aria aperta, contemplazione della natura, ma anche difesa dell’ambiente e motore dello sviluppo. Ma nel Cilento tutto è affidato allo spontaneismo ed al coraggio dell’imprenditoria fai da sè, perché qui il Parco è morto, l’Assessorato provinciale all’Agricoltura, come quello al Turismo e alla Cultura sono latitanti non si sa bene se più per incapacità o per deliberata scelta. Altrove con questo patrimonio di ricchezza a disposizione farebbero faville!Ma forse chiediamo troppo alla politica di casa nostra, perché “nemo dat quod non habet”, tanto per dirla con la vecchia massima di Aristotele o con quella più efficace e colorita nella sonorità del nostro dialetto”quanno mai le macchie e li fringi àno fatto vino?”. Ah, se tornasse il vecchio “Avanti!” con la sua carica di protesta e di proposta nel nome del Socialismo! Ah, se tornasse la Politica con la P maiuscola di qualsiasi colore e ci liberasse dai ciarlatani venditori di fumo di quest’ultima stagione! Giuseppe Liuccio [email protected] N°38 del 23 Ottobre 2010 Cultura 3 Nel 1892 il capaccese di adozione Terenzio Agnetti diventa deputato al Parlamento Fu sindaco e deputato. Sposò Elisa Bellelli Non molto tempo addietro Liuccio, proprio dalle colonne di UNICO, confessò di invidiarmi la passione per la storia di casa nostra, da me sempre coltivata, perché, a suo dire, questa mi consente di “rifugiarmi nel passato, che, con tutti i suoi limiti, ebbe stagioni esaltanti di impegno, di dibattiti fecondi e di creativa progettualità a fronte di un presente in cui è morta la Politica, si è impantanato il dibattito e prosperano clientelismo, familismo, nepotismo, e, qualche volta, anche il malaffare, nella totale assenza di ideali”. Sostanzialmente questo è vero. Spesso la ricerca ti prende talmente tanto da farti evadere dal tempo e dallo spazio nei quali vivi. Talvolta, però, succede anche che più ti imbatti in personaggi e momenti esaltanti del nostro passato più lo stridente divario esistente con “la morta gora” in cui oggi viviamo ti indigna. Il che potrebbe essere anche un bene per i cittadini che amano davvero il proprio paese. Ma, al di là degli effetti che la storia può produrre sulle coronarie di chi scrive e di eventuali lettori, io preferisco, comunque, continuare a guardare al passato per rivisitare ed approfondire eventi e personaggi che hanno contrassegnato la storia di casa nostra. Questa volta la mia attenzione è rivolta ad un personaggio non locale che per la prima volta a Capaccio riesce a contrarre un matrimonio esogamico, tra persone, cioè, di ANGELO CAPO gruppi sociali diversi, che assume un significato ancora più dirompente se si pensa che lo stesso fece immediato seguito all’altro di tipo allora sempre praticato nell’Ottocento in tutta la Piana del Sele, cioè l’endogamico, che nel caso specifico riguardò addirittura consanguinei molto stretti, quali furono i due cugini diretti, Enrico ed Elisa Bellelli, in quanto figli, cioè, di due fratelli, rappresentanti della famiglia latifondista più ricca e potente di allora. Il suo nome è Terenzio Agnetti. Egli, nato a Berceto di Parma nel 1847 ed avviato dal padre Giuseppe alla carriera militare, ben presto diventò ufficiale del III Reggimento Piemonte Reale. Conosciuta Elisa, rimasta vedova il 7 maggio 1872 di suo cugino Enrico, il più grosso proprietario terriero di Capaccio unitamente all’ex feudatario, Francesco Doria, IX Principe D’Angri, la sposò il 16 giugno 1877. CONTINUA A PAGINA 6 LA POLEMICA.“È l’invidia che li fa parlare perché sono tardi e non sanno dove andare” Al Sud, dove il Nord è già di casa… Nelle regioni meridionali e centrali, l’uso dell’idioma dialettale è ampiamente diffuso e intercalato nelle conversazioni quotidiane sia nell’ambito familiare, dove si apprende, sia nelle relazioni sociali: commercio, uffici, pubblici e aziende private. Ovviamente, l’uso della lingua italiana o altra lingua comunitaria è ampiamente diffuso. Quindi il salvataggio del dialetto non è affidato a scuole o improbabili centralini comunali che dovrebbero “imporlo” a chi non lo ha mai parlato, ma all’abitudine e la cultura che ne ha impedito l’estinzione. Altra questione è quella della criminalità organizzata. È opinione diffusa che “go- verna” e “controlla” le regioni meridionali. Infatti, è innegabile che mafia, ndrangheta, nuova corona unita e camorra siano ben insediate al sud. Come è facile costatare che dette “aziende” criminali si siano ingrossate grazie agli investimenti fatti nel nord dell’Italia, in Europa e, prima ancora, in America. Tutti gli esperti affermano che l’impresa criminale non può vivere e prosperare tranquilla se non è collaterale con gli amministratori o con i governanti. Infatti, nel ’92, quando a Milano scoppiò il sistema della “dazione ambientale” che portò all’inchiesta “mani pulite” ci fu un’impennata d’orgoglio in tutto il paese. Tangenti e favo- ri erano all’ordine del giorno… lo scoperchiamento della pentola causò un terremoto politico e uno tsunami economico. Produsse anche la reazione della mafia che portò l’attacco nelle regioni “anime belle” come la Lombardia, il Lazio e la Toscana con attentati clamorosi. Al sud, invece, la reazione della criminalità organizzata fu ancora più feroce: ammazzò chi combatteva la mafia a casa sua, la Sicilia. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, come Carlo Alberto Dalla Chiesa, restarono sul campo di battaglia di una guerra che stavano combattendo a viso aperto a nome dello stato che, tra Roma e Milano, stava trattando con la “cupola”.Infine, c’è la questione dell’assistenzialismo. È una piaga sociale che infetta la nazione, ma si ha l’impressione che solo quello praticato al sud è da estirpare. Quando, poi, lo stato è costretto a pagare milioni di euro per le multe sulle quote latte per favorire le aziende bovine padane che hanno, deliberatamente e consapevolmente, barato, allora si tratta di “difendere” il popolo… Per non parlare della pratica politica di favorire amici e famigli degli amministratori locali: al sud è clientelismo, al nord è presidio del territorio… per ascoltare, ovviamente, sempre il popolo! moncil Sede 84020 ROSCIGNO (SA) tel 0828963131- fax 0828963247 Sede Amm.va e Filiale: 84037 SANT’ARSENIO (SA) - tel 0975 398611 - fax 0975 398630 Filiali: 84065 PIAGGINE (SA) - tel 0974 942700 - fax 0975 942238 84069 TEGGIANO (SA) - tel 0975 510610 - fax 0975 510608 84036 S. CONSILINA (SA) - tel 0975 521282 - fax 0975 21949 84057 LAURINO (SA) - tel 0974 941252 - fax 0974 941544 84070 ROFRANO (SA) - tel 0974952511 - fax 0974 952433 85052 MARSICO NUOVO (PZ) - tel 0975 344244 - fax 0975 342431 Capaccio 4 IL PUNTO Caropreso “ripresa” Sull’argomento dell’avvenire dell’Ospedale della Valle del Calore occorre evitare di dividersi tra ottimisti (una volta erano socialisti, ricordate la canzone di Venditti?) e catastrofisti (gli sconfitti del centrosinistra) e, soprattutto isolare, i detentori di medaglie di latta che pur di dare sprint alla loro carriera non si fermerebbero davanti a niente. Gli avvenimenti dell’ultima settimana sono lì a testimoniarlo. Ad una Sara Caropreso, novella Madonna Pellegrina portata in processione di ringraziamento, per la verità un po’ anticipata, dal Pdl locale, ha subito risposto Francesco De Simone, manager dell’azienda sanitaria unica. Con un’intervista al “Mattino” il professore mette i paletti all’azione della “project manager” Caropreso, incaricata del progetto ospedale unico del Sele. La Caropreso incontra primari e sindacati..., lo provoca il giornalista Gianni Colucci. «Leggete il decreto di nomina. Lei deve proporre all’azienda i provvedimenti per arrivare all’accorpamento. È giovane è entusiasta, va oltre i suoi confini». Invece che dovrebbe fare?, chiede Colucci «Le ho chiesto di preparare la bozza di piano. Me lo deve dare entro il 23, perché il 29 io avrò approntato l’atto aziendale». Non vi parlate? «Ho fatto una lettera, basta. Se lei non gradisce il mio percorso per gli accorpamenti di strutture o che io metta i direttori di struttura dove servono, non posso farci molto. Lei si mette a dialogare con sindacati e dirigenti, dico che non può nemmeno farlo». De Simone è chiaro. «Farò quel che dice il piano Zuccatelli. Quella è una legge». E Zuccatelli di Roccadaspide non parla proprio. Vuol dire se non chiusura forte ridimensionamento. Non cambia una virgola del piano Zuccatelli? «Il piano è stato fatto, si possono cambiare delle cose? Ma i politici hanno avuto il tempo per farlo. Ora che fanno? Cambiano la legge?». Questo è il professore Francesco De Simone, preside della facoltà di Farmacia, colui che deciderà dell’avvenire del plesso ospedaliero di Roccadaspide. Ed ai nostrani eroi?: “Bancarelle giostre giochi luci orchestre tenorili zum pa pa. Noccioline torroncini lecca lecca palloncini zum pa pa”, come canta Tosca D’Acquino nel “Terzo Fuochista”, su parole di Massimo Venturiello. Oreste Mottola Altri articoli a pagina 14 N°38 del 23 Ottobre 2010 Veleni nel piatto. Con l’esperto di ambiente Antonio Franco Il più pericoloso è l’acido solforico L’inquinamento è una modificazione dell’ambiente fisico – chimico e biologico, che causa danni irreparabili alla flora ed alla fauna terrestre. I suoi effetti si manifestano tempestivamente e sono chiaramente visibili, ad esempio se del petrolio finisce in un corso d’acqua o nel mare o sulla costa, molti animali che vivono in quell’ecosistema o in quella nicchia ecologica sono ricoperti dal materiale vischioso dei derivati del petrolio, e possono facilmente morire se non si puliscono immediatamente, molte volte non si fa in tempo ad intervenire, o il disastro avviene in zone di difficile accesso la superficie inquinata si allarga a dismisura. Le sostanze inquinanti più comuni sono derivate dagli scarichi industriali. Altra fonte causa di tanti guai, è rappresentata dalla bruciatura di derivati del carbone (fossile), il cui gas è trasportato dal vento a notevoli distanze e le particelle in sospensione con le piogge cadono sulla superficie terrestre, il più pericoloso è certamente l’acido solforico. Alcuni gas possono sostare in determinati settori dell’atmosfera e rendere l’aria irrespirabile, altre come l’anidride carbonica mista a particelle in sospensione possono, anzi, provocano” l’effetto serra”. Alcune sostanze impiegate in agricoltura in modo scorretto o eccessivo vanno ad inquinare le falde acquifere sotterranee, mentre altre entrano con gli alimenti nella catena alimentare degli uomini e degli animali; Altra pratica usuale in qualche zona è quella della bruciatura dei polistiroli usati come fitocelle per le piantine, che spesso sono abbandonate in prossimità d’argini di fossi e di canali e spesso smaltiti con il buttarli nel corso d’acqua o bruciati sul posto, immettendo nell’aria i prodotti tossici in loro contenuti, l’aria calda salendo trasporta gli inquinanti a notevole distanza. Un prodotto molto dannoso per l’ambiente è il clorofluorocarburo (cfc) gas che da solo causa disastri enormi, primo fra tutti la distruzione dell’ozono, filtro contro i tumori causati dalle radiazioni solari, il cfc era largamente utilizzato nella costruzione dei frigoriferi, ma, di recente il suo uso è stato in molte Nazioni proibito. In certi paesi in via di sviluppo o paesi poveri il liquame degli animali e degli uomini provoca spesso forme d’inquinamento che causano epidemie tipo colera e febbre tifoide, alti inquinanti sono prodotti da residui di metalli pesanti quali: rame, zinco e cromo che entrano facilmente nelle catene alimentari. Alcuni prodotti come il D. D. T. non sono facilmente biodegradabili e restano in decomposti per lunghissimi periodi, basti pensare che circa cinquanta anni fa fu proibito ed ancora oggi si trovano dei residui nel fegato di foche e pinguini al polo. Dagli anni settanta si è evidenziato, soprattutto nei paesi nordici un fortissimo danno alle foreste dovuto alle piogge acide. Responsabile di tale disastro è l’inquinamento atmosferico contente ozono, biossido di zolfo e sostanze azotate in eccesso. Lo stato di salute della terra si trova ad un bivio, aggravato dagli scempi continui compiuti con troppa leggerezza in nome di una presunta libertà di inquinare ( Stati Uniti d’America ), che non vogliono saperne di CONTINUA A PAGINA 7 EMITTENTE LOCALE. Sulla scena ora c’è Stile Tv. Anche in digitale terrestre Alfonso va sull’onda con Vairo e Sabetta Da pochi giorni, StileTV è anche un canale televisivo su digitale terrestre, fiore all’occhiello del nostro network d’informazione territoriale che comprende già il magazine cartaceo Tribuna Stampa ed il portale Internet www.stiletv.it con l’annessa web-tv, implementata in live streaming e on demand. Il segnale sul digitale terrestre di StileTV copre l’intera provincia di Salerno, lambendo anche le confinanti aree della provincia di Napoli, di Avellino e dell’Alta Calabria, per un’utenza potenziale (stimata su dati demografici) di circa 1,9 milioni di persone. Per garantire un elevato standard di trasmissione, StileTV ha scelto di collocarsi nel mux dell’operatore di rete LiraTv di Saler- ALFONSO STILE, FA PARTE DELLO STAFF DEL SINDACO PASQUALE MARINO COME ADDETTO STAMPA no. La sede della nostra emittente è sita nel comune di Capaccio Paestum, che per la prima volta, dunque, ospita un’emittente televisiva autonoma, indipendente, dotata di una redazione giornalistica operativa e di studi propri dove realizzare e trasmettere, anche in diretta, i format e le produzioni inserite nel proprio palinsesto, tra cui spiccano: 5 edizioni giornaliere del Tg Stile (ore 13:55, 17:00, 19:00, 20:30, 23:00), 5 edizioni del Tg Flash (ore 10:00, 12:00, 13:30, 16:00, 18:00) e 2 edizioni della Rassegna Stampa mattutina (ore 09:00, 10:15), condotti in studio dai giornalisti Marco Rizzo e Anna Vairo. Per impreziosire l’offerta informativa, ogni settimana andranno in onda: il talk show di approfondimento Detto con Stile (ogni venerdì - ore 21:15), i programmi sportivi Galietta Gol e Galietta Sport (condotti da Franco Galietta e Giovanna Veltri, in onda il martedì e il giovedì alle ore 21:15), il format d’inchiesta e attualità Pri- sma (condotto da Angela Sabetta, in onda il mercoledì alle ore 21:15) ed altre trasmissioni mirate alla promozione territoriale, nonché al coinvolgimento ed alla partecipazione di esperti di vari ambiti e, soprattutto, dei cittadini. Tra gli opinionisti di punta, Carmine Caramante, Luciano Farro, Antonio Marino e Rosario Buccella. I quattro mezzi mediatici del network StileTV (magazine, portale, web-tv e digitale terrestre) s’interfacceranno fra loro attraverso aggiornamenti h24 e in tempo reale: la redazione web è coordinata da Angela De Rosa; il responsabile dell’area tecnica è Ivan De Rosa, coadiuvato in regia da Ferdinando Massanova. N°38 del 23 Ottobre 2010 Capaccio 5 Il 21 e 22 ottobre a “Porta Sirena” incontro ambientalista Natura e territorio. Più che un convegno Nell’ambito della prima rassegna provinciale del Volontariato e della Solidarietà, realizzata dal Centro Servizi al Volontariato “Sodalis” di Salerno, venerdì 22 si terrà a Capaccio, presso l’agriturismo Porta Sirena in Via Ponte Marmoreo nella località Spinazzo, l’iniziativa “Natura e territorio”. Il CSV che da pochi mesi vede ha eletto a suo presidente il capaccese Pasquale Longo, mira a radicarsi sempre più nei territori della provincia. La rassegna “23 passi verso una società solidale” consta in 23 appuntamenti su tutto il territorio salernitano. Le 160 associazioni socie di Sodalis sono chiamate quindi ad unirsi e a lavorare gomito a gomito per rafforzare l’opera del volontariato nei territori. A realizzare l’incontro del 22 il circolo FreeLegambiente Paestum, che terrà una tavola rotonda alle ore 16.00 sulle aree protette della provincia di Salerno. Coinvolti i circoli Legambiente che da anni curano le oasi: Pontecagnano e il Parco Eco-archeologico, Eboli e l’oasi dunale, Valle dell’Irno e l’oasi montana di Frassineto e Paestum appunto con l’oasi Torre Mare. Prima però, alle ore 15.00 il geologo Rocco Tasso illustrerà la sua ricerca sulle criti- cità e le risorse della fascia costiera pestana. L’iniziativa vedrà invece nella mattinata del 22 la messa a dimora di nuovi alberi – con la partecipazione dei bambini delle scuole elementari di Capaccio – nella pineta devastata lo scorso 20 giugno da una tromba d’aria. A partecipare alla tavola rotonda ci saranno Raffaele Del Giudice, direttore di Legambiente Campania, insieme al responsabile nazionale aree protette dell’associazione ambientalista Antonio Nicoletti e quello regionale Pasquale Raia. Con loro Domenico Nicoletti, presidente della Riserva foce Sele Tanagro, il presidente del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano Amilcare Troiano, il presidente del Parco ei Picentini Anna Savarese e i sindaci di Eboli e Capaccio, Martino Melchionda e Pasquale Marino. Politici e tecnici a confronto, dunque, per indirizzare le politiche di sviluppo delle aree protette in provincia di Salerno. Il territorio a sud di Salerno, sebbene poco antropizzato, va sempre più tutelato e difeso davanti all’avanzare del cemento e delle speculazioni. Un’oasi può fare molto, ma è la politica a dover fare di più. L’APPUNTAMENTO. Il 24 ottobre a di nuovo a“Cento Conche” dove viene promosso una enogastronomia slow prettamente cilentana e l’osservazione di un agro – ecosistema rispettoso dell’ambiente e del bestiame. Le escursioni realizzate sino ad oggi hanno dato la possibilità di vivere una splendida giornata all’insegna dello sport, della tipicità e della socialità ad oltre 90 trekkers di ogni fascia d’età, sia stranieri, grazie alla partecipazione di Legambiente Paestum, sia locali. PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA Prenotazioni e info +39 338 1758063 [email protected] Fattoria Cavallo propone un’escursione Domenica 24 ottobre ’10 l’associazione Humi Anima promuove il territorio di Capaccio Capoluogo con un escursione in montagna, che prevede il raggiungimento della località Cento Conche. L’associazione nasce in seguito ad un’escursione realizzata in maggio e sostenuta dalla Fattoria Cavallo che ha visto percorrere il sentiero per Polveracchio da numerosi appassionati locali. Alcuni di loro, colpiti dalla bellezza dei luoghi, dalla varietà del percorso e dal poli- morfo habitat, si sono associati al fine di promuovere le escursioni su Monte Soprano e migliorarne i tracciati. L’associazione ha ottenuto la collaborazione di numerosi volontari motivati dall’amore per il proprio territorio e dal desiderio di interazione sociale. In tal modo si è instaurato un clima gioioso e laborioso tale da rendere piacevole il faticoso lavoro di ripristino dei sentieri e l’acquisizione di nuovi. Sottolineiamo orgogliosi il recupero e l’inserimento nel- Via Magna Graecia 281, 84040 Capaccio Scalo tel 0828 724949 fax 0828 720775 l’itinerario della vecchia mulattiera, particolarmente suggestiva. La mulattiera fu realizzata agli inizi del ‘900 per collegare una zona agricola montana al centro abitato di Capaccio Capoluogo. Questa, insieme alle numerose sistemazioni idrauliche presenti, assolve ad un importante compito di gestione delle acque, garantendo ancora oggi un deflusso non rovinoso per il centro storico.Il tratto ripristinato dalla Humi Anima si conclude in un’area di degustazione, Francesco Marino Nicola Cavallo Capaccio-Paestum 6 N°38 del 23 Ottobre 2010 LAURA. Il villaggio abbandonato, vero supermercato dell’orrore. Chi deve intervenire? Sconcertante lo stato dell’ex Hera Argiva, un pericolo pubblico La puoi raggiungere dalla litoranea venendo da Salerno, da Agropoli passando Paestum e Licinella, da Capaccio Scalo oppure dal mare, attraversando le quattro vie che s’intersecano nell’incrocio, il distintivo della contrada Laura. Già perché è l’incrocio, il vero simbolo della contrada, il suo segno di riconoscimento ed è lì che si sviluppa la vita o quel poco che rimane, è lì che ci trovi gli abitanti, indigeni e stranieri, mancano solo i turisti. E’, dunque l’incrocio la vera identità del paese. Tuttavia per chi passa le giornate in questo posto, facendo avanti e indietro, percorrendolo e scrutandolo da cima a fondo, senza mai sederti, non perché sei talmente allenato da non stancarti ma per il semplice motivo che non sai dove puoi sederti oppure senza mai incontrare nessuno di nuovo con cui comunicare, almeno che non possiedi un traduttore simultaneo, ecco che allora hai la ne- IL VILLAGGIO ABBANDONATO DELLA LAURA DI PAESTUM cessità di cercare dell’altro, di ricercare qualcosa che altri non vedono o meglio fanno finta di non vedere, forse perché quello che ci appare mo- stra già tutta la sua parte degradante da non spingerci a osservare meglio. Invece basta allontanarsi un po’ dall’incrocio, addentrarsi all’interno, vi- vere la contrada per accorgerci che l’incrocio è solo una piccola percentuale del degrado. Si va dalla pineta, al litorale, dalle case confiscate alla camorra in stato di abbandono, solo ora occupate dagli extracomunitari, dalle case d’appuntamento dove ci trovi trans e donne, da Varolato e da tanti altri posti simili. Quello che voglio descrivere ora è il villaggio abbandonato, situato sul mare, nella stessa strada del lido Clorinda. Mi recai in questo luogo tempo fa, con un gruppo di amici. Entrare non fu per niente difficile poiché la recinzione era completamente fatiscente e alcuni cancelli erano aperti. Lo scenario che si presentò era raccapricciante: casupole che cadevano a pezzi, roulotte smembrate o incendiate, per non parlare degli edifici principali pericolanti, che sicuramente erano a tempo debito direzione e ristorante. Non è difficile inoltre intuire AGNETTI. Il deputato che sconfisse Gaetano Giuliani che si rifece con Giolitti Conservatore e sonniniano, erede di don Enrico SEGUE DA PAGINA 3 Si trovò così ad amministrare una proprietà immensa, valutata 808.585 £ e dislocata, oltre che a Capaccio, anche nei Comuni di Eboli, di Monte Cicerale e di Buccino. Il suo patrimonio complessivo, anche grazie agli acquisti fatti con i proventi derivatigli dalla gestione dell’intera eredità di Don Enrico Bellelli, durata 17 anni, ammontò a ben 535 ha. Conquistata una notevole posizione sociale ed entrato nel novero delle famiglie più potenti e prestigiose di Capaccio, egli pensò bene di conquistare anche il potere politico adeguato e consono al livello socioeconomico da lui raggiunto. Diventò Sindaco il 24 novembre 1886 e rimase, per quasi un quadriennio, a capo dell’Amministrazione comunale, fino al 9 maggio del 1890. Il 6 novembre del 1892 fu la data fissata per le elezioni della XVIII Legislatura ed Agnetti pensò bene di puntare alla scalata politica ponendo la sua candidatura al Parlamento nazionale nel raggruppamento facente capo al conservatore Sonnino. Questa competizione elettorale va ricordata in particolare per il ritorno al Collegio uninominale, approvato con la Legge del 5 maggio 1891 che abolì, dopo l’esistenza travagliata di un decennio, lo scrutinio di lista e nel contempo segnò l’ingresso nella scena politica di Giovanni Giolitti, uomo nuovo, monarchico ed esponente della Sinistra liberale che avrebbe improntato di sé tutto il fine-inizio secolo, diventato Capo del governo appena sei mesi prima. In Italia, come nel Salernitano, la scena politica non cambiò molto. Novità, invece, si registrarono a Capaccio, che contava ormai 4.242 abitanti, dove a spuntarla fu proprio il conservatore sonniano Agnetti. Fu eletto con 1.881 preferenze contro le 1.407 riportate dal giolittiano Cavaliere Gaetano Giuliani a seguito di un’inchiesta sull’errato conteggio dei 3.354 voti complessivamente espressi dai 4.534 aventi diritto. Gli Atti parlamentari ci dicono che egli sedette a sinistra e che non fu molto assiduo ai lavori. Nelle successive votazioni per la XIX Legislatura, tenutasi il 25 maggio 1895, e per la XX Legislatura del 21 marzo 1897, egli si candidò di nuovo. Ma né i suoi meriti, niente affatto eccezionali, da lui conquistati nei due anni e mezzo di lavoro parlamentare, né l’appoggio mas- siccio di Sonnino, risultarono sufficienti a farlo confermare come Deputato al Parlamento nazionale dove andò a sedere in entrambe le tornate il suo avversario Giuliani. Nel 1904 puntò di nuovo a conquistare un seggio parlamentare e pose ancora una volta la sua candidatura contro il potente giolittiano Giuliani. Si impegnò al massimo, profondendo energie e risorse finanziarie di ogni tipo nella campagna elettorale. Nell’occasione dette vita anche ad un giornale, Il Risveglio, dalle cui colonne attaccava l’avversario e magnificava l’elettorato che, però, non rispose al suo appello e non gli dette il consenso sufficiente a farlo rieleggere. Il sistema col quale Giolitti manipolava le elezioni attraverso i prefetti ed i suoi mazzieri, con la complicità al che ciò che rimane è ora la dimora di numerosi extra-comunitari, soprattutto dopo lo sgombero da Varolato, infatti, l’immondizia che regna è incredibile, una discarica a cielo aperto nel cuore della pineta e in riva al mare. Un vero e proprio supermercato dell’orrore: bottiglie di alcolici sparsi fuori e dentro le abitazioni, confezioni di alimenti vari, vestiti, pezzi di ferramenta, ruote e batterie delle auto, tubi, scaldabagni, mobili, carte, per non parlare delle feci che qualche “abitante” aveva lasciato nelle catapecchie. Sui muri inoltre, anche annunci “lavorativi”, che richiedevano operai per le pulizie abili nello “scopare”. Insomma qualcosa di sconcertante e impensabile, un esteso pezzo di terra immerso nella natura lasciato in condizioni pietose, che rappresenta uno dei tanti luoghi caratteristici di Laurocco e del suo celebre degrado. Pasquale Quaglia Sud della mafia e della camorra, e per questo “Ministro della malavita” per Salvemini, si rivelò ancora una volta vincente ed il ministerialissimo Giuliani seppe bene impersonare il prototipo di deputato che voleva il piemontese. Così lo dipingeva Agnetti nel suo giornale: “Gaetano Giuliani... in breve fu il compare di tutti i paesi che lo formavano: non c’era battesimo, matrimonio, fatto più o meno privato o pubblico senza “il buon signore”... Lo abbiamo veduto tante volte carico di pacchi, abiti, cappelli, gingilli, poiché egli è lo spenditore del collegio. Giolittiano di ferro... tutti i gabinetti si lodano del suo perfetto ministerialismo”. Sconfitto al Parlamento, però, non volle rinunciare al potere tant’è che puntò di nuovo alla carica di Sindaco che ottenne e mantenne dal 27 novembre 1905 al 25 luglio 1906. Quando morì, nel 1929, lasciò al figlio Federico (18791958) un patrimonio terriero di 535 ha. Angelo Capo LOGISTICA LETTIERI S.r.l. Ritiro e consegna in tutta Italia entro 48 ore Packaging & Catering Concessionario Velo Carteria Lucchese S.p.a. MONOSERVIZIO IN CARTA E PLASTICA DETERGENTI E DISINFETTANTI IMBALLAGGI E CONFEZIONAMENTO ATTREZZATURE PER ALBERGHI, BAR, PIZZERIE Battipaglia via Brondolini Info&contatti 0828 304763 0828 340183 tel 0828 742699 fax 0828 943356 [email protected] Contatti Via della Lusa, 10 Loc. Fonte di Roccadaspide (Sa) N°38 del 23 Ottobre 2010 Capaccio-Paestum 7 AMBIENTE. Occorre maggiore vigilanza sui corsi d’acqua Positivo l’intervento sulle fogne del Vallone di Monte Sottano SEGUE DA PAGINA 4 ridurre le loro immissioni di inquinanti nell’atmosfera, in nome degli intessi industriali con la falsa scusa di affrontare troppe spese per il disinquinamento, ma, non si rendono conto che i danni dovuti agli effetti provocati dagli inquinamenti stanno causando danni irreversibili e che si va sempre più verso un disastro di portata mondiale, con la conseguente catastrofe per il genere umano e la conseguente distruzione della flora e della fauna a carattere mondiale. Nell’ultimo decennio sono scomparse dal pianeta circa 600 specie viventi. L’inquinamento causa moltissimi tipi di tumori, con la conseguente moria di specie animali e vegetali. Altro importante fenomeno dovuto al degrado ambientale e quello dei ghiacciai che stanno arretrando rapidamente , l’effetto serra sta causando già immani disastri dovuti all’aumento del CO2 ed aumento consequenziale della temperatura. Ci siamo meravigliati che l’anticiclone delle Azzorre quest’anno non si è portato sul Mediterraneo, la conseguenza è stata quella di una pazza estate senza sole e molto piovosa. Non si pensa che beni come l’aria e l’acqua, sono indispensabili alla sopra vivenza dell’uomo questi , sono, beni presi in prestito dai nostri figli e che ad essi bisogna riconsegnarli come c’è li hanno prestati. Mi si potrà accusare di troppo allarmismo e catastrofismo ma il fenomeno del degrado ambientale non ha più la fisionomia di una teoria, ma, di una concretissima realtà. Per fortuna esistono persone ed associazioni che si battono per un ambiente migliore, che ci consigliano di come difenderci dagli inquinatori, per il momento sono pochi i difensori della natura ma per fortuna la presa di coscienza ambientalista sta rapidamente crescendo. In molti paesi si sta espandendo il fenomeno delle coltivazioni biologiche, ed il mangiare biologico ci riporta alle antiche tradizione dei cibi genuini, alla riscoperta degli antichi sapori. Anche le pubbliche amministrazioni hanno finalmente capito, che, bisogna fare una sana politica per la salva- guardia dell’ambiente per il rispetto primario della qualità della vita dei propri amministrati e della loro. Sta finalmente nascendo anche se in modo molto lento il fenomeno del riciclaggio delle sostanze che si mandano alle discariche, che oltre a produrre un risanamento ambientale, creano posti di lavoro e ricchezza per le comunità. Ci si augura che anche nel nostro Comune si possa finalmente attuare una sana politica di risanamento ambientale, si spera che la Pubblica Amministrazione voglia farsi carico nel propagandare presso i cittadini e presso le varie istituzioni scolastiche dei programmi di risanamento ed educazione alla conservazione delle risorse na- turali. Siamo sicuri che una tale politica possa fare annoverare il nostro Comune fra i comuni italiani più attenti alla salvaguardia della salute dei propri amministrati. Si auspica anche una maggiore vigilanza dei corsi d’acqua onde evitare scarichi abusi di liquami vari e di controllare le strade di campagna affinché non vengano depositati polistiroli, fitocelle, e materiali plastici ed evitare che gli stessi vengano bruciati da parte di persone sconsiderate ed ignoranti del pericolo che dette sostanze rappresentano per l’intera collettività. Di recente c’è stata nella Pubblica Amministrazione una presa di coscienza del pericolo rappresentato dai rifiuti abbandonati o smaltiti in modo scorretto ed è stata avviata una raccolta differenziata per alcuni prodotti, ma, non ancora sufficiente, perché bisogna abituare le persone a separare i rifiuti secchi da quelli umidi e raccoglierli in giorni diversi. Altro merito va agli amministratori capaccesi ed quello di aver deviati gli scarichi fognari dal Vallone di Montesottano nelle fogne comunali inviandoli verso la depurazione, ma, restano ancora alcuni scarichi da controllare. Si spera anzi ci si auspica che a breve tutti le problematiche ambientali vengano risolte con notevole beneficio dei cittadini e del turismo che finalmente meglio potrà gustare le bellezze del nostro amato paese. Antonio Franco 8 Agropoli-Castellabate N°38 del 23 Ottobre 2010 La mostra dell’artista Sergio Vecchio, nel castello dell’abate “Paesaggi della memoria, Castellabate in inchiostro” Il nuovo evento espositivo è stato inaugurato lo scorso 15 ottobre e dopo il successo ottenuto lo scorso anno con la mostra antologica “Il castello dell’infanzia”, sta a rappresentare il ritorno dell’artista nella sua terra d’origine. Vecchio, infatti, è nato a Castellabate, paese natio al quale è sempre rimasto saldamente legato, nonostante l’arte lo abbia condotto lontano. Le opere del maestro Sergio Vecchio sono state esposte in svariate città italiane, europee e americane e di lui parlano le maggiori riviste specializzate e i quotidiani. Le sue performances, scritture, pitture e calcografie hanno la capacità di catturare immagini mediterranee e simboli antichi: le sue tele e le sue preziose carte di Acireale si popolano di templi, simboli SERGIO VECCHIO mitici, elmi di guerrieri e profili antichi. Il suo linguaggio, fatto di tecnica, passione, co- lori ed eleganza affascina lo spettatore, parlando direttamente all’anima. L’obiettivo della mostra organizzata dal Comune di Castellabate è quello di promuovere la conoscenza del territorio, attraverso le opere che questo pittore ha messo a disposizione, riprodotte e raccolte anche in un volume. I paesaggi marini, i vicoli, i palazzi del centro storico, i bastioni del castello dell’abate, colti dall’occhio attento dell’artista e da lui tratteggiati con maestria, diventano in questo modo immagini che si fissano nell’immaginario collettivo e individuale. «La mostra si inserisce nel calendario di eventi organizzato per ricordare i 20 anni della morte di monsignor Alfonso Maria Farina – spiega il sindaco Maurano intervenuto all’inaugurazione – per sottolineare uno dei suoi insegnamenti: l’impegno e la passione nel valorizzare, insegnare, trasmettere, diffondere e proteggere il nostro patrimonio culturale. Cultura è paesaggio, natura, architettura. Cultura è musica, teatro, opere d’arte, opere che monsignor Farina ha preservato dall’incuria del tempo e che l’artista Sergio Vecchio realizza con straordinaria maestria. Questo pittore dialoga con la storia, il mito e la memoria. Fonde le volumetrie degli edifici storici e i paesaggi delle Marine, animali misteriosi e profili antichi, in un racconto senza tempo che diventa storia universale. In questo modo è l’arte stessa che diventa ambasciatrice di Castellabate». Serena Sgroi AGROPOLI. Arriva Striscia la notizia, il tg satirico di Antonio Ricci Ferite lievi per la troupe e manette agli aggressori Lo staff della trasmissione di Canale 5, ad Agropoli per un servizio sul maltrattamento degli animali, in un’azienda agricola già posta sotto sequestro dalla Guardia Forestale (dopo il ritrovamento di diversi capi di bestiame privi di autorizzazione stipati all’interno di un capannone), in località Moio, è stato aggredito proprio dalle persone al centro dell’inchiesta. Fortunatamente solo ferite lievi per l’inviato di Striscia, da sempre impegnato nella tutela degli animali. Ma non è la prima volta che Eduardo Stoppa subisce atti intimida- tori e aggressioni e nel Cilento aveva già condotto altre inchieste (l’infelice situazione del canile di Cicerale, ad esempio): lo scorso febbraio ignoti diedero fuoco al suo cottage nella campagna di Reggio Emilia. Dopo aver raccontato la vicenda ai carabinieri, la scorsa settimana, lo staff della trasmissione di Canale 5 ha lasciato Agropoli, mentre sono finiti in manette marito e moglie che dopo aver aggredito Stoppa e i cameramen si erano impossessati delle videocamere. SerSgro UN MOMENTO DELL’AGGRESSIONE ALLA TROUPE DI STRISCIA LA NOTIZIA “ MARMI PIETRE E MATERIALI RICOMPOSTI NELLE NUOVE ESPRESSIONI DELL’ARCHITETTURA MODERNA” PRODOTTI PER Bar, Ristoranti, Pizzerie, Osterie, Pub, Wine Bar, Birrerie, Rummerie, Alberghi e Discoteche INFO&CONTATTI lunedì/venerdì tel 0828 730510 8.00 - 13.00 fax 0828 72805 14.30 - 19.30 S.S 18, Km 89,700 sabato Capaccio 8.00 - 13.00 [email protected] ORARIO APERTURA S.S 18 Km 91,150 > 84047 Capaccio Paestum (Sa) tel +39 0828 723617 > fax +39 0828 723618 www.marmisacco.it > [email protected] www.planetbeverage.it Agropoli N°38 del 23 Ottobre 2010 9 Così il sindaco Alfieri alla posa della prima pietra del cineteatro di Agropoli “Un giorno storico per la nostra città” Nei pressi del Palazzetto dello sport “Di Concilio”. È lì, in via Taverne, che sorgerà il cineteatro di Agropoli. Alla cerimonia di posa della prima pietra, lo scorso 16 ottobre, il sindaco Franco Alfieri parla di un’“opera epocale”, e della “realtà di un sogno”. “È un giorno storico per la nostra città. Agropoli ha bisogno di spazi per la cultura”. Con queste parole, insieme agli amministratori comunali, a tantissimi cittadini e ai rappresentanti delle associazioni culturali e delle compagnie teatrali cittadine, il sindaco ha espresso il suo pensiero e le sue emozioni per l’inizio dei lavori del cineteatro di Agropoli che finalmente, dopo tanti anni di at- FRANCO ALFIERI, SINDACO DI AGROPOLI tese e promesse, vede concretizzarsi la possibilità di avere a breve uno spazio dedicato alla cultura. La prima fase dei lavori riguarderà la demolizione dell’ex Mattatoio comunale, sulla cui area sarà costruito il cineteatro. “Da tanto, troppo tempo, sostiene Alfieri - sono arrivate richieste per un teatro comunale. Oggi, finalmente, siamo qui per dare il via ai lavori di una struttura moderna, pensata e progettata per riuscire ad essere funzionale sia per spettacoli teatrali, sia per proiezioni cinematografiche. Non sarà soltanto il cineteatro di Agropoli, ma il cineteatro di un intero comprensorio che potrà avere, a breve, la sua giusta dignità e collocazione nel panorama degli spettacoli teatrali regionali e nazionali. Lo sviluppo, la qualità della vita, la crescita umana e sociale di una comunità è caratterizzata anche dall’offerta di spazi ade- guati per la cultura». Il primo lotto del progetto, di 1,5 milioni di euro, è stato finanziato con fondi comunali. Il cineteatro avrà una sala da 500 posti a sedere con un ampio palcoscenico capace di ospitare la prosa, opere liriche, danza, commedie musicali o concerti. Prevista anche la buca per l’orchestra ai piedi del palcoscenico. «Il cineteatro - sottolinea il primo cittadino Franco Alfieri - sorgerà anche in una zona che diverrà il cuore pulsante della città, anche grazie alla progettazione di interventi significativi e ai lavori già in cantiere o ultimati come il Palazzetto dello sport do Agropoli». SerSgro A PARER MIO DI CATELLO NASTRO I cornuti a quattro zampe del Cilento Per non correre rischi, ci occuperemo in questo articolo dei cornuti del Cilento a quattro zampe. Essi, pur non producendo latte, servono alla riproduzione della specie. Pensate che ci sono alcuni esemplari selezionati, di sesso maschile, che hanno delle quotazioni altissime. Un toro bufalino, sul mercato dei riproduttori può anche superare i diecimila euro. Questo tizio a quattro zampe, sebbene dotato di corna, serve a mettere incinte alcune dozzine di giovani bufale che, oltre a fornire il latte che è il fiore all’occhiello della economia e della gastronomia cilentana, devono anche provvedere alla nuova generazione. Se la figlia è femmina viene allevata e curata, se invece il figlio è maschio gli aspetta un triste destino. Al contrario di quello che, si dice, avveniva in Cina. Se nasceva un figlio maschio veniva cresciuto, se la figlia era femmina di solito veniva non tanto gradita perché non serviva per i duri lavori nei campi. Leggenda o realtà, limitiamoci al solo Cilento, territorio nel quale viviamo ed amiamo. Un dieci anni fa si verificò un caso strano. Un allevatore bufalino, produttore di latte e provvisto di noto caseificio, comperò da una rinomata ditta del Lazio un toro bufalino da monta. Un esemplare studiato nei minimi termini per assicurare il proseguimento di una razza pura, come ai tempi di Hitler. Dopo un anno si scoprì che il quadrupede cornuto, della fattispecie bufalina non faceva il suo dovere e come maschio non serviva proprio. Probabilmente era gay… Dopo mesi di cause e muggiti legali, il compratore fu rimborsato ed il povero toro bufalino, cornuto ed impotente, venne irrevocabilmente inviato al macello. Il toro bovino, cornuto pure lui, anche se il suo rapporto sessuale dura solamente pochi secondi, mentre altri animali arrivano anche a tre ore al giorno (leggasi a tal proposito “IL BESTIARIO CILENTANO” di Catello Nastro (sempre io!) che conseguì due anni fa il primo premio “Città di Bellizzi”, ed edito dalla Libera Università Internazionale di arte, lettere, musica e storia onlus, del Cilento e del Vallo di Diano). Il Toro è anche il simbolo della squadra del Torino, ma questo con i cornuti c’entra solo se l’arbitro si comporta male ed il pubblico urlando lo pone non nella categoria dei tori, ma dei cornuti. Fino ad alcuni anni fa questi grossi bovini si vedevano liberi nei pascoli, ma l’allevamento intensivo ha modificato anche la loro vita. Rinchiuso in un recinto vive la sua vita di casalingo. Passiamo ai caprini. “Lu zemmaro” è il caprone di sesso maschile che vivendo in un gregge con molte capre può praticare il libero sesso. Le sue corna sono delle vere e proprie sculture arte di madre natura. Cornuto ma bello! Col termine “piecuro”, maschile di pecora, viene indicato anche un uomo cornuto con la moglie che fa la porca. I porci non hanno le corna, ma se la mo- glie fa la porca diventa pure lui un cornuto virtuale. In un’ultima casistica di cornuti potrebbero rientrare anche gli “zirri”, lumache che si trovano nei prati e che rappresentano, sapientemente cucinate, delle vere e proprie leccornie per i buongustai. Per indicare un marito abbondantemente cornificato dalla moglie si usa il vecchio detto: “ Tene cchiù ccorna iddu ca’ ‘na sporta re maruzze!” Tradotto in italiano per i miei lettori che non conoscono il cilentano:” Ha più corna lui che una cesta di lumache!”. Altri quadrupedi non cornuti verranno trattati prossimamente. 10 Altavilla-Albanella N°38 del 23 Ottobre 2010 MATINELLA. Un inquietante episodio di violenza “domestica” Parcheggio abusivo con seguito di vetri fracassati e scazzottata Dopo i recenti casi di violenza scaturiti da più o meno gravi diverbi accaduti nella nostra penisola (ricordiamo l’uccisione dell’infermiera ucraina nella capitale per un pugno sferratogli da un ragazzo italiano; l’aggressione al tassista nel milanese colpevole di aver investito un cane; l’uccisione di una guardia giurata per un sorpasso nel napoletano), anche nella piccola comunità di Albanella si registra l’ennesimo caso di violenza fra cittadini. Origine di questo episodio di violenza, questa volta, un “parcheggio selvaggio” di un’auto dinanzi l’ingresso di un’abitazione, episodio molto frequente e sempre impunito in paese (infatti non pochi residenti hanno segnalato questo sopruso). Ma procediamo per gradi. La scena è sempre la stessa: frenesia mattutina, via vai di auto che si spostano per lavoro, par- cheggi selvaggi (spesso le auto stazionano per diverse ore nei parcheggi a sosta oraria!), auto in doppia fila, a volte in tripla e di sbieco, ma soprattutto davanti ai passi carrabili. Ed è stato proprio questo il fattore scatenante dell’episodio di violenza del 17 Ottobre scorso: un’auto in sosta davanti un passo carrabile di un tranquillo cittadino matinellese. A far spazientire il cittadino matinellese è stata, per l’ennesima volta, la presenza di un’autovettura sconosciuta davanti al suo passo carrabile nonostante l’ingresso fosse segnalato con tanto di cartello. Una routine che ormai si ripete da anni, rientro a casa, suonare il clacson per attirare l’attenzione del “distratto”, scendere dall’auto, mettersi alla ricerca del proprietario dell’auto “fuorilegge” e chiedere di spostarla. Nella maggior parte dei casi (se si è fortunati!), tutto si risolve in pochi minuti ma questa volta non è stato così! Erano da poco passate le 21.00 quando l’uomo con sua moglie, a bordo della propria auto, rientravano a casa. Dinanzi l’abitazione, la consueta sorpresa: un’auto sbarrava l’ingresso. Dopo qualche minuto di attesa in auto e strombazzate di clacson nessuno si faceva vivo. Allora, armata di tanta pazienza, la moglie scendeva dall’auto alla ricerca del proprietario. Prima nel pub lì vicino (senza nessun risultato) e poi qualche metro più giù, nel bar. Qui, nonostante con garbo la signora chiedeva se qualcuno conoscesse il proprietario dell’auto” che bloccava l’accesso alla propria proprietà, nessuno rispondeva: del proprietario neanche l’ombra! Scocciato, innervosito e infastidito dall’ennesimo sopruso costretto a subire, parcheggiata la sua auto altrove, il cittadino ALBANELLA. La signora Carrano ama fare lunghe passeggiate In festa per i 100 anni di nonna Artemisia Le prime cento candeline di nonna Artemisia sono state rose rosse. Festeggiata da tutti i suoi familiari la nonnina centenaria ha espresso il suo ringraziamento ai sui tre figli ed i suoi nipoti a cui va il suo pensiero più grande. Artemisia Carrano del 1910, qualche giorno fa ha compiuto i suoi primi 100 anni; festeggiata da tutti i suoi familiari si è buttata alle spalle un secolo di vita e guarda avanti felice e speranzosa “tra 9 anni devo cambiare le batterie del mio pace maker – scherzosamente confessa”. A festeggiare nonna Artemisia anche il sindaco del comune di Albanella, Giuseppe Capezzuto, il quale le ha donato una pergamena ricordo. “Faccio i miei più sinceri auguri alla longeva e simpatica nonna Artemisia, esempio di genuinità e salubrità del nostro territorio, infatti non è la prima nonnina ad abbattere il muro dei 100 anni. Per questo motivo abbiamo istituito un apposito registro di tutti coloro che sono riusciti a raggiungere questo ambitissimo traguardo – ci dice il sindaco Capezzuto”. Nonna Artemisia ha tre figli, Giuseppe, Giovanni e Pietro; vive con il figlio Giuseppe e la nuora Teresa, che insieme alla nipote Artemisia, la accudiscono amorevolmente. Ha cinque nipoti e sette pronipoti. Quale sarà il segreto della sua longevità? Sicuramente la vita regolare, il vivere in luoghi in- contaminati, il lavoro e la genuinità dei cibi infatti come ci dicono, nonna Artemisia vive dei soli alimenti che fornisce la sua terra, prodotti genuini quindi. “Ai miei tempi non c’era tanto benessere, ci si accontentava dei prodotti che la terra donava e si mangiavano soprattutto ceci, fagioli, verdure e tanta frutta”. La nonna di Albanella racconta che ama fare lunghe passeggiate con le cognate Giovanna e Sofia (275 anni in tre!) e con altre amiche con le quali parla dei bei ricordi di gioventù. GerPi rientrava nella sua abitazione, si armava di un oggetto contundente e fracassava i lunotti dell’auto parcheggiata (gesto che lo stesso, pentitosi, ha poi dichiarato “assolutamente vandalico”, ma che non è riuscito a frenare nell’impulso frenetico dettato dalla rabbia). Dopo il gesto vandalico ritornava nella propria dimora. Il proprietario dell’auto, questa volta avvertito di quello che era accaduto ed indirizzato verso chi gli aveva frantumato i vetri, sfondava a suon di calci il portone dell’abitazione del disperato cittadino. Il cittadino, allarmato dal rumore, si precipitava dal terzo piano, giù per le scale fino alla porta che si trovava al piano intermedio. Apertala, si è ritrovato il tizio davanti. Inevitabile la colluttazione e la rocambolesca caduta dalle scale fino a fuori l’abitazione. Scesi in strada, la colluttazione è continuata e solo con l’intervento delle rispettive consorti i due si sono separati. Contestualmente l’arrivo delle forze dell’ordine ha riportato la calma. Ad avere la peggio, il cittadino di Matinella, il quale durante la notte è stato portato in ospedale per i forti dolori. I medici del nosocomio gli riscontravano, oltre a varie contusioni ed escoriazioni, una frattura al metatarso che necessiterà di un intervento chirurgico per la ricomposizione. Dall’altra parte, danni all’auto ed una multa verbalizzata dai carabinieri per divieto di sosta! Due gli auguri: una rapida guarigione del concittadino e maggiore rispetto delle regole stradali e del vivere civile al fine di evitare ulteriori episodi spiacevoli. Gerardo Picilli Via Giunta 15 Borgo San Cesareo Albanella 0828944855/984816 www.caseificioledelizie.it [email protected] Albanella N°38 del 23 Ottobre 2010 11 Sono gli addetti ai nostri allevamenti bufalini. Ora ci danno una grande lezione di civiltà Maxidonazione di sangue degli indiani del Punjab Centinaia di indiani in fila per donare il sangue. E’ accaduto a Matinella, frazione di Albanella, presso una struttura mobile organizzata dall’Avis di Giungano, diretta da Ennio Francia, e dal centro trasfusionale dell’ospedale di Eboli, con i medici Saragnano e Botti. “E’ una nostra tradizione ma anche il modo di dimostrare gratitudine alle comunità che ci ospitano”, racconta “Roberto” Manjeet Singh Bhadal Thuha, presidente nazionale dell’associazione “Saheed Bhagat Singh Nozwan Sabha“, attualmente occupato presso un’azienda bufalina della piana di Altavilla Silentina, organizzatore dell’iniziativa. Quest’anno la Piana del Sele è stata scelta per radunarsi da coloro che provenienti dalla regione italiana del Punjab, 53 milioni di abitanti, hanno trovato lavoro prevalentemente negli allevamenti di bufale della Campania e di Latina e presso le aziende di mucche del bresciano. Il 12 set- tembre si è tenuta una grande festa con l’esibizione di gruppi musicali etnici. Ieri, domenica, sono tornati per questa donazione alla quale tengono particolarmente. “Sono tutti colti, gentili e generosi. Ci hanno cercato loro”, ribadisce il responsabile Avis Ennio Francia. “Già preso accordi per ripetere l’iniziativa”. Di loro si parla poco: “ La nostra è una vita dura. La prima mungitura dalle 4 alle 8. Poi le pulizie della zona di stabulazione e le altre attività nei campi. La seconda mungitura dalle 14 alle 18. Poi si prepara il pastone per l’indomani. Sono passate 14 ore”, è quello che un po’ tutti raccontano. Quattro anni fa, ad Altavilla, ci fu il primo indiano morto sul lavoro, Gianni Arbans Singh. Quando a Salerno ci fu il rapimento della signora Basso due di loro furono coinvolti, involontariamente. “I nostri del tutto estranei”, ribadiscono cortesemente alla do- Quattordici ragazzi imbarcati per tre giorni sul brigantino Al via il progetto “Albero Maestro” E’ la “Nave Italia”, il brigantino a vela più grande del mondo, ad ospitare il progetto “Albero Maestro” realizzato dall’Associazione “Il Disegno” di Albanella in partenariato con il Comune di Albanella (Sa), il Master Universitario di II livello in Direzione delle Aziende e delle Organizzazioni Sanitarie (DAOSan) dell’Università degli Studi di Salerno e l’Associazione “AssoDAOSan” di Salerno (associazione di volontariato che riunisce esperti nella gestione delle organizzazioni sanitarie), e grazie al finanziamento della Comunità Montana Calore salernitano. L’iniziativa è resa possibile dalla Fondazione Tender To Nave Italia che, insieme alla Marina Militare Italiana (che provvede all’equipaggio di Nave Italia) e lo Yacht Club Italiano, mette a disposizione una nave a vela di 61 metri: non un semplice albergo galleggiante, ma un luogo dove si realizzano progetti di ricerca, educazione, terapia. È anche la prima nave scuola ad affrontare con professionalità la formazione di chi opera a contatto con il disagio. Un’università corsara, insomma, mobile, che si affianca alle strutture esi- 14 RAGAZZI MENTRE SI STANNO IMBARCANDO SULLA “NAVE ITALIA” stenti per essere punto di incontro e scambio di esperienze diverse ed internazionali: un ambasciatore dell’Italia educante, formativa e solidale nei mari del mondo. Nello specifico, il progetto Albero Maestro vede coinvol- ti 13 ragazzi del comune di Albanella e dei comuni limitrofi appartenenti alla comunità montana calore salernitano e 5 operatori sociali già impegnati in servizi socio-educativi; attraverso alcune giornate di vera e propria navi- manda. Attualmente quasi tutti abitano, con il loro nucleo familiare, presso le stesse aziende agricole ed i loro figli si inseriscono facilmente nelle scuole locali dove spesso strabiliano per le loro non comuni competenze matematiche. “D’altronde c’è anche una seconda emigrazione fatta di scienziati, con tanti ingegneri, matematici e fisici”, aggiunge Dalvir Kainth, il giornalista indiano che per conto di cinque testate on line, segue le vicende dei suoi connazionali e che scriverà anche di questa giornata. E’ appena stato a Nettuno dove il sindaco ha ridotto da 30 mila euro originariamente promessi poco più di 5mila gli euro di risarcimento per il connazionale bruciato nella stazione da balordi italiani. gazione sulla Nave Italia, si vuole offrire la possibilità di un’esperienza educativa “particolare”, diversa ed unica, a contatto con il mare e con la natura, I ragazzi saranno coinvolti nelle attività che quotidianamente si svolgono sulla nave (pulizia delle cabine, preparazione dei pasti) con lo scopo di acquisire alcune piccole autonomie che potranno poi trasferire a casa. Essi faranno parte dell’equipaggio di Nave Italia insieme agli operatori sociali, anch’essi coinvolti, alla pari, nelle attività e chiamati a condividere questa esperienza significativa per una crescita responsabile dell’intera “ciurma” e per la comprensione reciproca. L’Assessore Carmelo Suozzo, che ha fortemente incentivato e voluto la realizzazione di tale progetto, afferma: “L’esperienza di Nave Italia sarà, per i nostri ragazzi, un’esperienza significativa sia dal punto di vista educativo che di socializzazione, utile per comprendere che attraverso l’impegno personale e l’aiuto del gruppo ogni difficoltà potrà essere affrontata con speranza, senza arrendersi ai limiti della propria situazione personale o contestuale. Ciò è importante che venga compreso dai ragazzi; ma tanto più anche da chi è chiamato a seguirli: da condividere, pertanto, la decisione strategica di coinvolgere anche alcuni operatori del settore sociale.” Cilento 12 N°38 del 23 Ottobre 2010 L’analisi del poeta-scrittore. Ecco la sua ricetta Il Cilento interno verso lo spopolamento, come fermarlo Nel penultimo numero di questo settimanale Franco La Tempa, già presidente della locale Comunità Montana, lancia l’allarme:”La Valle del Calore è a rischio spopolamento!”: Anzi usa un termine ancora più forte. “desertificazione”. E documenta la sua preoccupata analisi, riportando i dati anagrafici dal 1991 ad oggi. “In vent’anni, scrive, il territorio ha perso quasi 4.000 abitanti, circa 2000 negli ultimi nove. I comuni superiori a 1.000 abitanti da sette sono passati a tre e nessun comune supera i 2.000. Gli indici demografici sottolineano un forte invecchiamento della popolazione ed una debole presenza di popolazione attiva”. L’analisi, spietata ma vera, dovrebbe destare notevoli preoccupazioni nella “Politica” del territorio, ammesso che ce ne sia una. Non va meglio se si sposta l’analisi nei paesi sul versante Alento e sono convinto che analoghe indagini negli altri paesi del Cilento interno darebbero gli stessi risultati. Di fronte a questo fenomeno sconcertante, a dir poco, c’è da fare una riflessione sul passato ed una proposta per il futuro, chiamando in causa responsabilità di rappresentanti delle istituzioni a tutti i livelli. Ci provo, senza sconti pelosamente amicali per nessuno, che,oltretutto, non risolverebbero il problema ed aggraverebbero la situazione. Bisogna registrare fin da subito il fallimento delle Comunità Montane, quella del Calore e quella degli Alburni, se paesi ridenti e carichi di storia, che dalle colline dell’uno e l’altro versante scivolano sul fiume, non sono riusciti a trattenere la popolazione attiva con investimenti che monetizzassero la biodiversità con l’agricoltura biologica, sostenessero l’attività silvopastorale che era, ed in parte ancora è, vanto dell’intero territorio, incoraggiassero l’artigianato, promuovessero il turismo verde, che poteva contare, e lo potrebbe ancora, sui Beni Culturali di Laurino e Sacco, di Sant’Angelo a Fasanella e Roscigno, come sulle tradizioni religiose di Aquara (San Lucido), Castel San Lorenzo (San Cosma e Damiano), Laurino (Sant’Elena), Valle dell’Angelo (il culto rupestre della grotta sui monti e San Barbato) come su quelle civili di impronta sociologica (le saghe dei briganti nelle grotte e l’economia e gli amori lungo le vie della transumanza dal Cervati al mare). E non hanno decollato attività economiche che pure esaltavano produzioni tipiche (i vini di Castello, le castagne di Rocca e Stio, per citare le più conosciute). Alla Valle fa da sfondo e quinta la più alta montagna della Campania, il Cervati delle leggende e dei pianori, regno dei lupi, delle volpi, dei falchi pellegrini e, qualche volta, delle aquile reali, e sulle cui faggete si accumula la neve per diversi mesi all’anno: Un paradiso per gli amanti del trekking, una straordinaria opportunità per il turismo invernale (ma anche estivo), che pure fu promesso e megafonato con interventi a fior di milioni di euro da un assessore regionale al turismo, portato fin quassù come madonna pellegrina, icona dei miracoli, da un politico locale in vena di spot preelettorali. Non sono arrivati i finanziamenti né i conseguenti interventi risolutori. I problemi restano, se mai incancreniti. I valligiani non credono più alle favole e in assenza di turisti lasciano casa e poveri averi e scendono verso la pianura ed il mare di Paestum o, addirittura, puntano su Salerno. Non so se dormono sonni tranquilli i tanti presidenti della comunità montana, succedutisi nei decenni e che non hanno saputo o, peggio ancora, voluto dare respiro all’Ente, interpretandone ed applicandone al meglio i compiti statutari e spendendo il meglio delle loro energie imbarcando impiegati e forestali con inaudite e, a volte, scandalose logiche lottizzatorie, dilapidando le risorse pubbliche, né se sono in pace con la coscienza consiglieri provinciali e regionali, per non parlare di deputati e senatori, che hanno mietuto consensi a piene mani con promesse mai mantenute. Mi sono sempre chiesto e mi chiedo ancora cosa racconteranno a giovani curiosi o più semplicemente a figli e nipoti se un giorno in vena di confessioni di complicità dovessero chiedere loro cosa lasciano in eredità della loro attività al territorio. Come bloccare l’emorragia e ridare speranza di futuro ai tanti che sono rimasti e ai gio- vani che non se la sentono di recidere il cordone ombelicale con la terra dei Padri? Tanto per cominciare liberando la Valle e le zone interne da un asfissiante isolamento con una efficace infrastrutturazione viaria: 1- La “Fondovalle”, che sconta tempi biblici tra interventi di magistrati a caccia di responsabili di tangenti negli appalti, inspiegabili liti di paesi sul tracciato, borsa pubblica che interrompe a intermittenza il flusso dei finanziamenti, annunzi roboanti di politici a conquista di facili consensi. Ed intanto il collegamento tra pianura e montagna con il nastro d’asfalto a lambire i paesi appollaiati tra gli uliveti ed i vigneti delle colline per rianimare agricoltura, zootecnia e turismo sulle sponde del fiume è ancora al di là da venire. E tra i valligiani cresce l’insofferenza e muore la speranza: 2- La “Transcilentana”, che dalla superstrada all’imbocco di Vallo della Lucania costeggi le propaggini del Gelbison, s’imbuti nella valle di Campora e sbuchi nella luminosità di Laurino per proseguire alla scalata del Corticato e planare nel Vallo del Diano a congiungimento con la Salerno-Reggio Calabria. Faceva parte di un progetto che con rete viaria a T rompesse l’isolamento interno per contagiare di sviluppo paesi e territori,che riservano sorprese per i grandi pregi ambientali e per le calde e radicate tradizioni, ancorate ai valori della civiltà contadina/pastorale. Ero ancora giovane quando, con cuore e mente aperti alla speranza, partecipavo a dibattiti e tavole rotonde sul tema. Son passati un bel po’ di decenni. 3- E’ rimasto sulla carta anche il progetto del collegamento tra l’attuale cilentana all’altezza della Diga di Piano della Rocca, tra Perito e Cicerale, e i paesi del basso ed alto Alento fino a Stio per poi innestarsi virtuosamente a sinergia di CONTINUA A PAGINA 13 Cilento N°38 del 23 Ottobre 2010 MEDUSA CHA CHA CHA 13 di VALENTINA DEL PIZZO Il borgo di San Severino di Centola Il Borgo che ci accingiamo a visitare sovrasta la valle del Mingardo e respira la salsedine del golfo di Policastro e del golfo di Salerno. Discreto si offre alla vista dalla SS 18 in direzione sud, all’altezza dell’uscita Poderia-Palinuro. Il colle che lo ospita, alto poco meno di 150 m s.l.m., guarda verso Centola, il Comune di cui è parte, mentre con la mano destra vi accompagna fin sulla costa cilentana di Camerota e più a sud di Palinuro e con al sinistra si affianca al lussureggiante Monte Bulgheria. Ai suoi piedi la forra del Diavolo, tagliata dal reiterato passaggio del Mingardo lungo le pareti rocciose, che si precipitano a picco nell’acqua,, trattenendo i ruderi e tutto quel che resta del borgo di San Severino. Di fondazione medievale (VII sec.), questo insediamento è stato soggetto ad un graduale abbandono, lento in misura inversamente proporzionale alla velocità acquisita dagli spostamenti lungo la linea ferroviaria Pisciotta – Castrocucco, in funzione dal lontano 1888. Ogni fischio di locomotiva a quei tempi è dovuto risuonare come il gingle della modernità, una tromba squillante a rompere la piatta sonorità della valle e con essa la timorosa esigenza, ormai unta di consuetudine, di proteggersi da anacronistiche incursioni nemiche. Gli abitanti di San Severino non poterono redimersi dall’accogliere questo invito informale ad aprirsi ai contatti e così nell’arco di cinquant’anni, scivolarono a valle, mentre pietra su pietra ricostruivano la propria identità in un nuovo borgo. Ancora negli anni ‘60 alcune case erano abitate e nella metà degli anni ‘70 la Chiesa principale era ancora il riferimento di tutti, anche se ridotta nelle dimensioni. Oggi i due borghi si guardano l’un l’altro. L’altro però è meta di turisti e teatro di eventi programmati dalla Associazione no profit “Il Borgo” e da altri gruppi impegnati sul territorio a far rivivere questa fetta di mondo antico. L’abitato ha la fisionomia di un castello, ben difeso su due lati dai costoni rocciosi e sugli altri dalle abitazioni disposte a mo’ di cortina, e come castrum è menzionato nei suoi registri da Federico II, il quale dispose la costruzione delle mura di fortificazione e vi costruì la chiesa ampia a picco sullo strapiombo della Tragara. Prima del 1189, il Borgo era stato conteso aspramente tra i Longobardi, per i quali era stato una necessaria roccaforte verso il meridione, ed i Normanni, che poi lo cedettero agli Svevi appunto, indi fu degli Angioini, secondo la migliore tradizione del sud. Con i Sanseverino, signori del borgo durante il regno Aragonese, l’insediamento conobbe un notevole incremento grazie all’estrazione del gesso. Ormai perduta l’importanza strategica che gli era propria e fuggiti finanche i proprietari, a metà del ‘500 il borgo, che di Sanseverino ormai conservava solo il nome, fu smantellato in tanti piccoli suffeudi venduti a signori lontani. La popolazione, angariata dalle vessazioni e dalla peste, nel 1624 fu a tal punto decimata dal morbo, ma anche dalla povertà, che la chiesa cattedrale fu consacrata, come ancora è, a Santa Maria degli Angeli, per auspicarne la difesa. Poi, per gli stessi motivi, fu abbandonata anche la Chiesa, ridotta ad una piccola cappella e alla fine il Borgo stesso, che agli inizi del ‘900 registrava circa 400 abitanti. Medusa Cha Cha Cha Liuccio, “Parco” in coma La radio sconfigge Cilento desertificato Musica contro i cinghiali SEGUE DA PAGINA 12 sviluppo nella vallata di Laurino con tra transcilentana. Sarebbe ora di riprenderlo e metterlo in cantiere per innescare un’autentica rivoluzione, dando così respiro di produttività alla diga, vincendo qualche residua resistenza dei fondamentalismi della museificazione del territorio. Sarebbe questa la prima fondamentale battaglia su cui concentrare dibattiti ed attivare iniziative. Se ne facciano promotori sindaci e società civile dei territori interessati chiamando al responsabile impegno Provincia e Regione. E la sensibilità su questi problemi non dovrebbe mancare ai consiglieri regionali, che su questo territorio vivono e ne hanno avuto i consensi (Valiante, Cobellis, Mucciolo, Pica), gli assessori provinciali Miano e Feola (che governano rispettivamente l’Agricoltura e i Lavori Pubblici e che conoscono bene il territorio per esserci nati, l’uno a Roccadaspide, l’altro a Campora), i consiglieri provinciali, a cominciare da Pasquale Caroccia, che, guarda caso, è anche presidente della Comunità Montana “Calore Salernitano” e sindaco di Stio. Ora i cilentani dell’interno sanno su chi fare pressione per una responsabilizzazione fattiva garantendo o un premio dovuto o una condanna senza appello a fine mandato.Per la verità ci sarebbe da chiamare in causa anche il Parco, se solo avesse metabolizzato il suo ruolo di motore dello sviluppo puntando sulla enorme risorsa dell’ambiente. Ma sarebbe tempo sprecato. Ormai si tratta di una istituzione in coma preagonico con una “governance” che si accanisce a non staccare la spina. Giuseppe Liuccio [email protected] DALLA PRIMA fuggono impauriti dal continuo vociare della radio, stanno alla larga dal terreno, non danneggiano le reti di plastica per la raccolta delle olive che si fa in questo mese. Vendere l’idea? ma dai!, risponde un suo amico, “la trovata - radio sempre accesa e appesa ad un albero- “è det- tata dalla disperazione, quando arrivi la mattina e trovi tutto distrutto dai cinghiali, butteresti tutto all’aria, non se ne può, hanno vinto i cinghiali, solo la radio li ferma” dice. Funziona, allora. Chissà che il contadino di Perdifumo non possa trovare degli imitatori. Calore 14 N°38 del 23 Ottobre 2010 OSPEDALE/1. Gennaro Mucciolo guida la mobilitazione Antonio Valiante: “Polo unico del Sele, un aborto” I consiglieri regionali del centro sinistra affermano che il piano ospedaliero cancelli Roccadaspide e che l’ospedale e la Sanità non abbiano ‘colore politico’…“Difendiamo l’ospedale di Roccadaspide” è la denominazione del relativo comitato promosso dall’avvocato Pasquale Mucciolo, di Castel San Lorenzo, figlio dell’On. Gennaro. Iniziativa sfociata in un incontro, circa il piano ospeda- liero, svoltosi il 15 ottobre, presso l’hotel Panorama di Roccadaspide. Il dibattito, davanti ad uno scarso pubblico, si è incentrato sul destino del presidio rocchese una volta confluito nell’ospedale unico del Sele, insieme ad Eboli, Battipaglia e Oliveto Citra. Secondo Mucciolo: «L’ospedale di Rocca assiste anche pazienti fuori del territorio, ma è un vaso di coccio rispetto agli altri plessi dell’ospedale unico del Sele, esordisce il coordinatore del comitato. Il piano prevede il potenziamento dei reparti di eccellenza, ma non è spiegato il relativo criterio di razionalizzazione. Ad esempio, quale cardiologia verrà chiusa?». E’ seguito l’ intervento il sindaco di Roccadaspide, Girolamo Auricchio. «L’ospedale ha i requisiti per essere potenziato, ma prima ha rischiato con la legge 16, poi era dentro con la prima proposta Zuccatelli circa l’aumento a 100 posti letto, per poi essere depennato nella seconda proposta. Dopo la realizzazione della struttura unica del Sele che non avverrà mai, le terapie intensive da 24 passeranno a 8. Dove verranno chiuse, rimarranno la chirurgia e l’ortopedia? Bisogna tagliare anche sulle cliniche private». Per Luigi Cobellis, consigliere tiche sociali, Sebastiano Odierna, i sindaci del comprensorio, medici e operatori dell’ospedale. regionale del’Udc. « Bisogna eliminare le case di cura private non convenzionate e i reparti doppioni degli ospedali». Per Antonio Valiante « L’ospedale del Sele è spuntato come un fungo: avrei concepito l’ospedale del Cilento e del Vallo di Diano. Il piano ospedaliero, inoltre, non è stato fatto a Napoli, ma a Roma, mentre deve essere fatto in consiglio regionale dove bisogna dire che al di sotto di queste strutture e prestazioni non si va. Ed eliminare il blocco delle assunzioni e i conseguenti stipendi d’oro». Per Anna Petrone, vice presidente della commissione regionale sanità. «Questo piano è stato pensato da chi non conosce questa realtà e non garantisce una sicurezza sociale perché mancando l’emergenza a Roccadaspide, verranno meno i livelli essenziali di assistenza». Il consigliere Gianfranco Valiante ha lamentato «l’assenza della maggioranza e di coesione. Ai tempi della legge 16, bene o male che fu, lavorammo per 40 giorni. Il centro sinistra ha commesso degli errori, ma anche il centro destra. Il primo ha fallito con la sanità ed ha pagato perdendo le elezioni, mentre il secondo lascerà i morti sulla strada. Perché non stabilire la sede dell’ospedale del Sele a Fonte di Roccadaspide? Nessuno sa dove sarà costruito, ma ognuno seguirà i propri interessi». Per Gennaro Mucciolo « Salerno è l’unica provincia a subire questo smantellamento dell’emergenza. Noi se non vogliamo morire dobbiamo farci ascoltare». Sono intervenuti, inoltre, i consiglieri regionali di opposizione Dario Barbirotti e Donato Pica. FraPaz Francesca Pazzanese OSPEDALE/2. Centrodestra coordinato da Claudio Pignataro Caropreso rasserena. Auricchio: “Tagliate i privati” I consiglieri regionali e gli assessori provinciali del centro destra affermano che il piano ospedaliero abbia salvato Roccadaspide e che l’ospedale e la Sanità non abbiano ‘colore politico’… Il 18 ottobre, Sara Caropreso, project manager dell’ospedale unico della Piana del Sele, è venuta a Roccadaspide per illustrare il progetto sanitario riguardante l’ospedale. La manager ha effettuato una breve visita al presidio per poi partecipare ad un convegno molto seguito, presso l’aula consiliare, intitolato “Ospedale di Roccadaspide. Abrogazione della legge 16, l’odissea è finita”, promosso dal gruppo Pdl di Roccadaspide, coordinato da Claudio Pignataro. «Spero che la Caropreso ci rassereni, esordisce il sindaco di Roccadaspide, Girolamo Auricchio. Uno dei motivi per cui l’ospedale deve rimanere, come lei ha potuto vedere, è la distanza da altri centri. Un altro motivo riguarda il fatto che il nostro presidio non abbia inciso sul deficit sanitario e che l’Asl Sa 3 sia in attivo». E la Caropreso «L’ospedale non solo resterà aperto, non solo manterrà l’emergenza, ma dovrà migliorare nei servizi anche perché in questi territori avviene l’11% della migrazione sanitaria dalla Campania. Il progetto dell’ospedale unico con l’integrazione funzionale sarà aperto, una sorta di cornice in cui verranno coinvolti i sindaci per valorizzare le domande dei territori». La manager, inoltre, spiega l’inserimento nell’ospedale unico di Roccadaspide. «Non è stato facile inserire Roccadaspide e Oliveto perché, inizialmente, erano previsti solo Eboli e Battipaglia. Io conoscevo il territorio e alla fine abbiamo fatto bene a non chiuderlo e non condivido gli slogan “Salveremo l’ospedale” perché è già salvo». Claudio Pignataro ha affermato che «il decreto 49 della Regione Campania ha superato la legge 16». Per l’assessore provinciale rocchese Mario Miano «nell’integrazione funzionale dei quattro presidi, Roccadaspide non deve essere penalizzata perché si trova in un territorio disagiato». Per il consigliere politico e ortopedico dell’ospedale, Antonio Caronna «resta il problema dei dializzati da inserire nell’ospedale, sempre se è possibile. Sono circa 30, uno per ogni paese. La nefrologa Caropreso si occupava di dialisi per i bambini». Per l’assessore provinciale ai lavori pubblici, Marcello Feola «L’ospedale non verrà chiuso e tra pochi giorni riprenderanno i lavori per la Fondovalle nonostante i dissesti delle amministrazioni precedenti e delle inesattezze di alcune locandine». Per il consigliere regionale, Giovanni Baldi «Nella prima proposta Zuccatelli, per Roccadaspide erano previsti 0 posti letto e poi la denominazione di ospedale di comunità gestito dai medici di base con 20 posti letto. Il sub commissario non aveva visto il territorio perché indicava come tempi di percorrenza 15 minuti e poco più, mentre la realtà era ben diversa». Sono intervenuti, inoltre, il consigliere regionale Giovanni Fortunato, l’assessore provinciale alle poli- SARA CAROPRESO, PROJECT MANAGER DELL’OSPEDALE DEL UNICO SELE. IL PROFESSORE FRANCESCO DE SIMONE NE HA STOPPATO L’INIZIATIVA N°38 del 23 Ottobre 2010 Cilento&Diano 15 Lo storico editore cilentano va oltre la moda revisionista “Il Cilento rivoluzionario fu contro i borboni” «Volevano la Costituzione francese, ottennero la repressione e le loro teste furono esposte davanti alle case dei parenti. La rivolta cilentana del 1828 è fondamentale per capire il Risorgimento al sud. E per combattere la nostalgia dei Borboni». A colloquio con l’editore Giuseppe Galzerano, ispiratore del film «Noi credevamo» di Mario Martone. Il racconto di una terra poco conosciuta Il Cilento è oggi una terra di grandi potenzialità inespresse, a dispetto del gran parlare che si fa di ambiente, cibi genuini, mare pulito. Non tutto è come si dipinge e i mostri o mostriciattoli urbanistici si contano a centinaia. Del resto la stessa costituzione di un Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano non ha prodotto quel passaggio a un futuro del tutto nuovo, dove ambiente, mari puliti, aria pura non possono che coniugarsi con un “nuovo modello di sviluppo”. Un nuovo modello che pochi vogliono davvero, perché pochi sono disposti a lottare e pagare i prezzi per averlo. Tuttavia la contraddizione tra passato, dove il cemento, meglio l’ “ideologia del cemento”, la fa da padrone e futuro reinventato a misura di un uomo nuovo, esiste ed è pane quotidiano per tutti. Forse è anche la contraddizione che ha portato alla morte, esattamente un mese fa, il sindaco di PollicaAcciaroli Angelo Vassallo. Acciaroli, piccolo porto del Cilento, è diventato, dopo l’assassinio del suo sindaco, punto di riferimento per tanti. Ma la serata di martedì 21 settembre è forse quella che resterà nella memoria del luogo come esempio incoraggiante di rapporto cittadini-artistiistituzioni. È stato presentato, in una delle anteprime nazionali previste prima dell’uscita nelle sale a novembre, il film di Mario Martone “Noi credevamo”, epopea del nostro Risorgimento che ha nel Cilento una delle sue locations e dei suoi riferimenti storici. Grande emozione ha suscitato il film nelle sue tre ore e venti di proiezione, con un pubblico foltissimo e attento. Tra i più entusiasti della serata vi è Giuseppe Galzerano, editore cilentano di Casalvelino Scalo. Giuseppe è un figlio del tutto particolare di questa terra, a cui ha dedicato studi e ricerche in ambito di storia e memoria popolare. Soprattutto studi di scavo nella realtà rivoluzionaria di un territorio tra i più interessanti nella storia del nostro paese. Il film ha, del resto, preso molti spunti da un testo pubblicato da Galzerano nel 1998, le “Memorie di Antonio Galotti” che riportano in auge la storia dimenticata della rivolta del Cilento del 1828. Galzerano ha anche avuto una piccola parte nel film, nel ruolo di Galotti. La nostra discussione parte proprio dal senso che può avere una storia ricca di testimonianze rivoluzionarie preunitarie, in un periodo in cui si festeggiano in malo modo i 150 anni dell’Unità d’Italia, in un territorio cerniera tra la Napoli del Regno borbonico e il resto del Sud. Una discussione che può anche avere un senso sulla storia di oggi? Galzerano pensa di sì, a condizione che l’oggi sia quello politico, non il miscuglio tra episodi che non vanno assolutamente confusi come l’assassinio probabilmente camorristico del sindaco Vassallo e una storia che ha un valore del tutto politico. «Il rischio - dice - è che si aggiunga confusione a confusione senza far capire le origini vere di un’unità italiana concepita in modo del tutto opposto alla conclusione dei Savoia. Cioè un’unità repubblicana vera, non un’annessione. E questo senza nulla concedere al regime oppressivo borbonico di allora e alle revisioni interessate e neoborboniche di oggi». Il Cilento torna alla grande col film di Martone a ricordarci le sue radici e le sue origini sovversive. Tu che ne hai studiato i movimenti e le carte, cos’hai da aggiungere? Vedi, c’è un punto da cui non si può prescindere per capire le origini del Risorgimento al Sud e non solo. Questo punto è la rivolta del 1828, episodio da cui parte non a caso anche il film di Martone. La rivolta, organizzata dai filadelfi di Antonio Galotti e appoggiata anche dalla Francia, scoppia nel giugno del 1828 con l’assalto al forte di Palinuro. In pratica gli insorti chiedono due cose: la riduzione del prezzo del sale e la concessione della Costituzione Francese. Il re borbonico incarica il maresciallo Francesco Saverio Del Carretto, ex carbonaro pentito, della repressione, che fu durissima e spietata. Del Carretto usa una tecnica che oggi chiameremmo nazista, in stile eccidio di Mar- zabotto. Il maresciallo decide di radere al suolo e bruciare il Comune di Bosco, reo di aver accolto con benevolenza e allegrezza gli insorti. Il militare arriva anche ad incendiare la montagna di Monteforte Cilento per catturare i fratelli Capozzoli. Istituito un tribunale militare, gli insorti vengono condannati a morte, le loro teste staccate dal cadavere ed esposte in gabbie di ferro sopra colonne innalzate di fronte alle vie e alle piazze dove abitavano i parenti degli uccisi. Ironia del linguaggio, queste macabre costruzioni vennero chiamate dalla polizia borbonica «monumenti di giustizia». Soltanto nel 1860, con l’arrivo di Garibaldi, questi monumenti all’orrore saranno abbattuti. Perché consideri così importante la rivolta del 1828? Perché è uno degli episodi più significativi e perché ritornerà sempre in seguito come memoria e insegnamento per gli altri, in una sorta di “linea repubblicana” che il miglior Risorgimento ha sempre avuto. In fondo gli insorti, oltre all’abbassamento del prezzo del sale, chiedono la Costituzione Francese. Poi va detto che è una rivolta partecipata. Non ci sono numeri ufficiali ma al sindaco di Roccagloriosa, raggiunta dopo Palinuro, gli insorti chiedono provvigioni per cinquecento persone. Nel frattempo comincia la manipolazione, tipica di un potere dispotico. A San Giovanni a Piro, comune borbonico, accusano Antonio Galotti di furti di beni preziosi. È forse il pretesto per la dura repressione. CONTINUA A PAGINA 16 Azienda dolciaria Diano 16 IN FARMACIA L’antibiotico che mette a rischio la vista! La telitromicina presente nella specialità medicinale (Ketek) è un antibiotico indicato per il trattamento di polmoniti, tonsilliti/faringiti, sinusite acuta. Recentemente sono stati segnalati disturbi visivi associati alla terapia con telitromicina. In effetti già in scheda tecnica è stato riportato che la telitromicina può causare disturbi visivi, rallentando in particolare la capacità di accomodazione e di adeguare correttamente l’accomodazione visiva. I disturbi visivi includono visione offuscata, difficoltà di focalizzazione e diplopia. La maggior parte dei casi era di grado lieve e moderato, tuttavia sono stati osservati anche casi gravi. Sono stati eseguiti degli studi clinici per valutare la reversibilità dei disturbi visivi della telitromicina: uno studio osservazionale della durata di 7 anni ha riportato 20 segnalazioni di disturbi visivi su un totale di 52 segnalazioni relative alla telitromicina. Non è stato chiarito il reale meccanismo alla base degli effetti collaterali visivi ed è stato ipotizzato un effetto reversibile della telitrimicina sul corpo ciliare: probabilmente ritardando il rilassamento muscolare viene alterata l’accomodazione. Non ci sono evidenze cliniche che la telitromicina sia più efficace degli altri antibiotici della stessa categoria (eritromicina, azitromicina, claritromicina) ma è sicuramente accertato che presenta tutti gli effetti collaterali del gruppo soprattutto i disturbi gastrointestinali (diarrea, nausea, vomito, dolori addominali e dispepsia) e neurologici (cefalea e vertigini). La telitromicina a dosi standard può anche provocare danno epatico, prolungamento dell’intervallo QT, aggravare la miastenia grave e causare perdita di conoscenza. Inoltre gli effetti secondari visivi anche se di solito sono secondari e transitori possono creare problemi durante la guida di macchina o di macchinari pesanti. Per questi motivi deve essere evitato l’uso di telitromicina farmaco per il quale è stato ormai verificato un bilancio rischio-beneficio sfavorevole. Alberto Di Muria [email protected] N°37 del 16 Ottobre 2010 Lo storico editore cilentano rilegge la nostra storia Il Cilento che non fu borbonico... SEGUE DA PAGINA 15 Tieni presente che il Cilento è una sorta di terra di cerniera nel Regno di Napoli. La repressione è da manuale: si distrugge e incendia Bosco, comune autonomo, per sottometterlo come frazione al comune di San Giovanni A Piro, che era di assoluta fedeltà borbonica. Nel rapporto al re Del Carretto scrive cinicamente di «spettacolo maestoso tra le fiamme». La repressione continua anche contro le donne che a Montano Antilia aspettavano gli insorti cucendo le coccarde bianche simbolo dei rivoltosi. Alessandrina Tambasco, che la polizia borbonica indica come amante di Galotti ma in realtà fu una delle eroine della rivolta cilentana, viene condannata a dieci anni di prigione insieme alla madre e a due sorelle con l’accusa delle coccarde. Sorte peggiore toccherà al marito, condannato a 25 anni e morto nel carcere di Vallo della Lucania. La repressione continua anche dopo, quando, alle persone di Bosco che implorano il sovrano di poter ricostruire la propria casa, il re non si degna di una risposta. Ecco, bisognerebbe ricordare tutte queste cose ai neoborbonici di oggi e a tutti quelli che minimizzano la brutalità e la repressione borbonica nel Regno di Napoli. Come finì quella rivolta? La fine di quella rivolta è da manuale perché, se ovviamente non raggiunse i suoi scopi, ebbe una risonanza enorme in Europa, e dette uno scacco terribile al Regno di Napoli. Dunque, quando gli insorti scappano perché hanno perduto, restano in sette: i tre fratelli Capozzoli (che poi ritorneranno in Cilento nel 1829, dove verranno arrestati e fucilati a Palinuro), Antonio Galotti, Domenico Antonio Caterina (antenato di Mario Martone per parte di madre), Pasquale Rossi e un certo Ciardella. Riescono a fuggire da Paestum verso Livorno. Da lì si dirigono verso la Corsica, dove vengono arrestati. Il governo napoletano chiede l’estradizione di Galotti per reati comuni (il famoso furto), GIUSEPPE GALZERANO ma in Francia si parla sui giornali dei patrioti cilentani, della distruzione di Bosco, e molti chiedono il diritto d’asilo. Il governo napoletano riesce a corrompere un prefetto corso che permette a degli emissari borbonici di arrivare al carcere e sequestrare il prigioniero, violando quindi la sovranità della Francia. Nel frattempo la Francia ha riconosciuto agli insorti i diritti politici perché hanno in fondo lottato per la Costituzione Francese. Quest’ultima chiede quindi, con vibrata protesta, l’estradizione di Galotti, nel frattempo condannato a morte a Napoli. Il re borbonico, per placare le ire dei francesi, tramuta la condanna a morte in dieci anni di esilio all’isola di Favignana. Ma la Francia non ci sta e pretende il prigioniero indietro. Il governo di Napoli è costretto a cedere e Galotti ritorna dapprima in Corsica e poi in Francia come uomo libero. Lì scrive il suo libro, che ha successo nelle edicole francesi ed è un grande smacco per il Regno di Napoli. Ritroveremo il nostro Galotti a Napoli nel 1848, ritornato a continuare la lotta. Poi ancora lo ritroveremo nella Repubblica Romana con Mazzini e Garibaldi a combattere contro il Papa. Quando la Repubblica Romana viene sconfitta nel 1849 ritorna in Francia dove muore. La rivolta del 1828 ebbe ripercussioni enormi in Francia, ma anche la vicenda Capozzoli richiamò attenzioni oltralpe, a dimostrazione che la storia del Cilento e delle sue rivolte non fu mai possibile rinchiuderla in ambito locale. Certamente, è uno degli aspetti della nostra storia. Tanto per stare ai documenti, c’è quello straordinario del giornalista francese Charles Didier che viene mandato nel Cilento da Mazzini (lo presenta agli amici come «un nostro compagno di lotta») a interessarsi dei fratelli Capozzoli. Didier scende in Cilento ma viene arrestato a Vallo della Lucania e non riesce quindi ad incontrare i Capozzoli. Nel 1931 pubblica in Francia un saggio sulle rivolte cilentane sulla Revue des deux mondes. Riscrive poi un altro saggio sul Cilento in un libro dell’anno dopo. E si tratta davvero di un reportage molto bello. Scrive, tra l’altro sui martiri decapitati e sulla loro macabra esposizione: «Vallo della Lucania ha parecchi di questi terrificanti trofei. Ve ne sono in tutti i paesi e persino sul poetico promontorio di Palinuro. Ho visto la testa di un vecchio i cui capelli bianchi macchiati di sangue sventolavano dall’alto del palo su cui era piantata davanti alla sua abitazione». La rivolta del 1828 con Galotti e gli altri, quella del 1848 con Costabile Carducci e altri liberali, quella di Carlo Pisacane nel 1857, sono alcune delle più importanti tra quelle che precedono l’arrivo di Garibaldi e la nascita della nuova nazione. Perché s’è parlato così poco del Cilento? La risposta sarebbe lunghissima. Tieni presente che il libro di Galotti fu pubblicato in Francia ma non da noi. L’ho pubblicato io in anteprima in Italia ma soltanto nel 1998, cioè circa 150 anni dopo. Adesso, grazie al film “Noi credevamo” di Mario Martone, si può riprendere una storia più in termini di massa e meno di élite. Martone, del resto, mi diceva scherzando che partiva dal Cilento per ricostituire il Risorgimento italiano. Le lotte sono state eroiche e sacrosanti ma l’unità d’Italia ha seguito già da subito strade spesso opposte a quelle di tanti martiri del Risorgimento. Perché? Anche qui la risposta sarebbe lunghissima, e del resto va detto che la storia non si fa con i se. Pensa a cosa sarebbe accaduto se Pisacane fosse sfuggito all’eccidio. Probabilmente tutta la storia sarebbe stata diversa. Pisacane viene per proclamare la Repubblica del Sud (parla di Repubblica socialista) non la cessione del Sud ai Savoia. E lo stesso Garibaldi, che cede il sud al nuovo regno, mi potrebbe pure stare bene, se avesse posto condizioni. Io sono assolutamente contro i Borboni senza se e senza ma e per l’Unità d’Italia. Ma altrettanto sono critico con la monarchia dei Savoia, che è stata ingrata con gli stessi uomini che l’avevano aiutata. Michele Fumagallo fonte il manifesto BUON COMPLEANNO MARIELLA Travolta dall’affetto dei suoi familiari, sommersa da una montagna di regali e abbrac- ci calorosi, Mariella Di Lucia festeggia oggi il suo 40esimo compleanno. A lei vanno gli auguri del marito, Roberto Gargiulo, dei figli Vincenzo e Alessandro. N°38 del 23 Ottobre 2010 Diano 17 PADULA. Nasce il forum sul turismo culturale nel Diano Cittadinanza Attiva detta la ricetta L’ingiusto che travolge Dove fuggì quel destino funesto che posò per un attimo su quel giglio maledetto che sconvolse il mio cuore nel petto e stridente l’anima già dolente al trabocco del male! Tra l’angoscia e il pianto mi volgo per sentire o vedere: mordace quel vuoto, che mi prostra e mi respinge! Indimenticabile cuor di nonno non negasti mai la mia voce E quella dei nonni tutti che colmi d’amor pianto, pregheranno. Or che t’involi nell’immenso consolidatola un silenzio amico Guardi le stelle, che con fili dorati ricamano il cielo! Lasci i tuoi cari, gli amici sinceri, il pegno d’amore che non muore È una zia prediletta, che diede bene, amore e cultura, e, fece di te un professore. Tu che te ne vai in quel sommo divino Non c’è alba e non c’è notte Tutto sfolgora nella certezza che iddio la rivela. Tanti sono i ... ..sentieri infiniti, pur tanti i giardini rifioriti E una magica musica, intona le sfere del mondo! “Una voce chiamo una mano che stringe un fiore” e una folgore di viva luce scende su di te evidenzia una figura celestiale serbata in un antro di cielo; “appare trepidante!” E con fulgido passo si avvicina Il tuo cuore rivive ell’attesa! “E’ lei! la mamma ... già gli è accanto” un passo ancora..e lì ... è, dinanzi ... ti cinge di sua chioma ... ti sfiora,..e, poi, ti...tocca!E guardandoti negli occhi, ti stringe al suo corpo! Nonno. Michele Gorga padre di Santina Sè tenuta alla presenza di un pubblico numeroso che affollava la sala consiliare della Certosa di San Lorenzo, il primo incontro per la costituzione del Forum del turismo locale. All’incontro, organizzato dal comitato Cittadinanza Attiva Padula, hanno partecipato molti esperti del settore, operatori turistici e rappresentanti delle associazioni locali. Tra gli interventi più attesi quelli, dell’ex curatrice della Certosa di Padula Vega De Martini, attualmente responsabile della sezione storico-artistica della soprintendenza delle province di Caserta e Benevento, e del direttore del dipartimento di scienze economiche dell’Università di Salerno, Pasquale Persico. Il primo ad intervenire è stato Settimio Rienzo del comitato Cittadinanza Attiva Padula, il quale ha fatto un’ampia panoramica degli interventi compiuti negli anni scorsi nel settore turistico locale e dei risultati raggiunti finora. In particolare, dalla ricostruzione fatta da Rienzo, è emersa la mancanza di una pianificazione turistica, un’insufficiente strutturazione e qualità dei servizi, ed una scarsa ricaduta economica dei fondi strutturali investiti a Padula e nell’intero comprensorio valdianese. I risultati di queste indagini effettuate dal comitato Cittadinanza Attiva Padula sono stati raccolti in una pubblicazione, diffusa nel corso dell’incontro di ieri. All’incontro ha partecipato anche il nuovo soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici per le provincie di Salerno e Avellino, Gennaro Miccio. Quest’ultimo ha illustrato le prime iniziative che saranno a breve attuate per rilanciare CERTOSA DI PADULA l’immagine del complesso monastico, dopo i pesanti cali di presenze turistiche degli ultimi anni. Su questo punto è intervenuta anche De Martini, la quale ha criticato alcune scelte di promozione della Certosa compiute negli ultimi anni che, a suo avviso, non sono servite ad incrementare le presenze turistiche. De Martini ha poi sottolineato la necessità di pianificare il turismo, di fare delle scelte qualitative, di restituire alle Certosa il suo valore. L’intervento di De Martini ha suscitato molto entusiasmo tra i presenti, tanto da ricevere un lungo ed intenso applauso. Il calore che il pubblico le ha riservato è legato anche al fatto che, nel corso dei diciotto anni da lei trascorsi in Certosa (1982-2000), il complesso monumentale viveva una stagione di successi turistici e culturali, testimoniati dal fatto che le presenze annuali superavano ampiamente quota 200.000. Anche Pasquale Persico ha ricordato ai presenti il lavoro svolto quattordici anni fa, quasi in contemporanea con De Martini, in occasione della redazione del piano di sviluppo del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, al centro del quale fu inserita la Certosa. Già allora, ha ricordato Persico, l’obiettivo era quello di legare il concetto di sviluppo a quello di identità, un elemento, quest’ultimo, introdotto da Rienzo nel suo intervento. Persico ha concluso il suo intervento sottolineando l’importanza del Forum nel processo di sviluppo e di rielaborazione identitaria. Prima delle conclusioni, Rienzo ha raccolto le adesioni al Forum da parte degli operatori turistici, delle associazioni, della Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici per le provincie di Salerno e Avellino, della comunità parrocchiale, della Provincia di Salerno e del Comune di Padula, rappresentato dal sindaco Giovanni Alliegro. A breve, come ha sottolineato lo stesso Rienzo, i rappresentanti delle diverse categorie saranno convocati per l’elaborazione del documento programmatico. di DOMENICO MARINO e GIUSEPPE TROTTA Trentinara (SA) Via Roma 181 - bivio info 330 502757 329 6329525 Cerca per i propri clienti: appartamenti, ville, negozi, capannoni, attività commerciali Via Magna Graecia, 335 / Capaccio Paestum / tel 0828 1842558 - 345 7740236 [email protected] CARNI provenienti da allevamenti del Cilento SALUMI di produzione propria SPECIALITAʼ Eboli 18 N°38 del 23 Ottobre 2010 Vendere tutto per evitare il fallimento. Le banche di Perugia, l’ultima spiaggia Sanità e finanze in rosso. Autunno nero a Eboli In principio furono Silvio Berlusconi e Fedele Confalonieri. Vendevano lavatrici, per sbarcare il lunario. Ora Martino e Gianfranco, amici come cane e gatto, girano l’Italia per evitare il fallimento del comune di Eboli. Sono andati a Perugia. Hanno girato il centro Italia. A caccia di banche. Di garanzie per creditori. Hanno incontrato alcuni dirigenti. Presentato i beni disponibili. I 13 immobili comunali. A.A.A., vendiamo sedie e banchi, alberi non ancora abbattuti, sanpietrini del centro storico, edicole votive, segnali stradali sbagliati, semafori spenti, rotatorie sbagliate, la fabbrica Pezzullo, la metà dei reparti dell’ospedale, i parcheggi della Multiservizi, le telecamere contro i vandali (mai accese). Chi più ne ha, più ne venda. Bisogna evitare il fallimento, questo la mission del Tronchetti Provera di santa Croce. E così, in soli quattro giorni, Martino Melchionda ha bruciato mille chilometri. Senza il suo vecchio autista, finito a fare il parcheggiatore per punizione. Nel centro Italia, con il fido Gianfranco (Masci, ndr), ha contattato banche e istituti di credito. Vendiamo l’oro di famiglia, i beni degli ebolitani. Aiutat il comune, fate la carità. Il fallimento, un disastro sarebbe. Telefonini usati, uscite autostradali, pannelli fotovoltaici, lidi sequestrati, ombrelloni scambiati, lembi di pineta. Il comune si vende. Per l’opposizione, si svende. Forza e coraggio. Fate la vostra offerta. Mille euro per il Nokia di Melchionda. Mille e uno, mille e due, mille e tre…aggiudicato. “Vogliamo scherzare? Il mio telefonino si è proprio rotto” an- MARTINO MELCHIONDA, SINDACO DI EBOLI nuncia Melchionda, rilassato, quasi abbronzato, appena rientrato a Eboli. Troppe telefonate, troppi creditori: “si è rotto il come si chiama…(il jack)…del caricabatteria. Sono isolato. Ma che piacere, senza telefonino. Ti godi la vita. La giornata è meno stressante”. Senza Nokia, senza squillo, non sei nessuno. Meglio così, sospira Melchionda. I guai a Eboli se li stanno piangendo i suoi assessori. Al rione Pescara, la ditta ha installato la nuova fogna. Ma non ha finito gli allacciamenti. Mancano 20 mila euro all’appello. Il cantiere sta per essere smontato. Trovare tanti euro per tutti, non è mica semplice. Davanti la porta di Melchionda, la fila di creditori è da Salerno Reggio Calabria. Ci sono tutti. Tranne un fornitore, parente di un assessore. A lui hanno pagato tutto. Pure gli scatoli e le buste delle forniture. A disperarsi per il futuro, ci sono gli addetti alle pulizie. I fornitori della mensa dell’asilo. I cittadini che non fanno niente, se non aspettare il reddito di cittadinanza. Tre o quattro famiglie senza casa. Parecchi disoccupati che urlano, ma che di lavorare non hanno voglia. Allora, questo fallimento come lo evitiamo? “Abbiamo un business plan”. Parli come mangia… “abbiamo una lista di beni- spiega meglio Melchionda-. Li abbiamo presentati alle banche. Aspettiamo una loro risposta. Siamo fiduciosi? Aspettiamo a dirlo”. E’ scottato. Come uno svedese all’inizio di luglio che va a mare senza protezione. E’ scottato, Melchionda, dai terreni del rione Pescara, rimasti invenduti. Aveva fatto i conti troppo presto. Tirato la riga delle somme in anticipo. Il venditor Melchionda. “Abbiamo 13 beni immobili. Dobbiamo aspettare le stime”. Per il palazzo La Francesca si parla di 500 mila euro. Le caserme dei carabinieri, dei vigili del fuoco, della finanza e della polstrada vennero già messe sul mercato. Vent’anni fa. Nessuno le comprò. L’opposizione ora urla allo scandalo: “Melchionda vuole svendere il patrimonio comu- nale”. Lui getta acqua sul fuoco: “non venderemo mica tutto. Solo quello che ci serve per evitare il dissesto. Per pagare le sentenze di condanna. Per soddisfare i creditori”. Ancora loro. Sempre loro. Melchionda va a letto con il loro incubo. Con i conti da pagare. Non venderemo tutto, promette Melchionda. Non svenderemo Eboli, garantisce il sindaco. E allora? “Ripartiremo dai terreni del rione Pescara. Con un prezzo più basso. Una base d’asta più appetibile”. Il problema? E’ il piano regolatore. Melchionda dice che è antistorico, è contro il mercato: “ci sono troppi vincoli. Troppi freni. Così lo sviluppo ce lo sogniamo”. Ne riparleremo, non mancherà occasione. Tredici beni in vendita per un totale di 19 milioni di euro. E’ la stima di Pasquale Lettera, il commercialista assessore di Melchionda. Cosa vendere? “Ora vediamo le stime. Poi decideremo”. Appunto, le stime. Quanto vale la caserma dei carabinieri? Quanto produrrà la caserma delle fiamme gialle? “Aspettiamo, poi decideremo”. Nel frattempo, i cariellini di destra minacciano di dare battaglia in aula: “facciano il loro mestiere, ma dicano la verità. Il segretario del Nuovo Psi, Cosimo Pio Di Benedetto, sta giocando in modo scorretto. Dice cose false. I consiglieri comunali corrono rischi patrimoniali, se non coprono i debiti fuori bilancio”. Basta conti. Parliamo del Pd. Un partito mai nato. Melchionda ha costituito la Eboli Patrimoni. C’è un presidente, un collegio sindacale, una società per la vendita dei beni comunali. Mancano i contiani. Così come nel cda della Multiservizi, non c’è traccia di contiani nella Eboli Patrimoni. Anzi, con i suoi nominati, Melchionda fa di tutto per mandarli in bestia. “Io non ho scelto niente. Quei nomi mi sono stati indicati dai capigruppo”. Chi abbia prescelto Carmine Campagna, resterà un mistero. Con Melchionda non si parla da un mese, forse due. Pare che il sindaco lo abbia ipnotizzato. Avrà letto il suo pensiero. Mah. Il Pd non esiste. E forse non è mai esistito. Le correnti di maggioranza (Melchionda-Cuomo) vanno avanti a carroarmato. Conte non digerisce di stare all’opposizione. Tra sgambetti e colpi bassi, per ora il risultato è questo. Il gruppo consiliare è nelle mani del sindaco: “Fatti per Eboli non è ancora nel Pd? Ah, non lo sono. Non ho seguito questa vicenda. Mi sembra così assurda” ribatte Melchionda. A proposito di crisi, ma chi le pagherà tutte queste uscite autostradali? “Bella domanda, chiedetelo all’opposizione. Il Nuovo Psi parla di due, tre uscite nuove. Ma quale progetto hanno visto? Dove sono i soldi? Pensate davvero che l’Anas spenderà tutti questi milioni di euro su Eboli. Non c’è alcun progetto”. A sentire quelli del Nuovo Psi, faranno un uscita a Eboli ogni duecento metri. Melchionda se la ride. Poi si preoccupa. Una settimana di polemiche: “sul nulla. Hanno raccontato solo bugie questi dell’opposizione. Che bufala. Che schifezza”. Un’altra uscita a Eboli non ci sarà. E nemmeno a Battipaglia sud, nella zona industriale. Lo assicura Melchionda. CONTINUA A PAGINA 19 Eboli N°38 del 23 Ottobre 2010 19 Le pagelle ebolitane di Francesco Faenza Urbanistica e sanità. La settimana ebolitana si raccoglie intorno a due polemiche, nonchè a due brillanti operazioni delle forze dell’ordine. Sei arresti in sette giorni. Protagonisti della settimana, sono personaggi usuali e tipici della nostra rubrica. Cosimo Cicia, voto 5: presenta un progetto per 450 case a Sant’Andrea. Si tratta di un pua-pucpuf-pit. Linguaggio urbanistico, treno da Bim Bum Bam. Meriterebbe la promozione in toto, l’assessore San Berardiniano, se non fosse per il silenzio tombale sulla Casarsa. Sull’abuso imbarazzante, sull’ordinanza mai eseguita, sul giallo che tutti conoscono, sul mistero già compreso. Sarà che l’ufficio urbanistica, tra puc e pua, pit e stop, non ha ancora avuto tempo di spiegare a Cicia qual è l’abuso alla Casarsa, chi è il titolare della villa, che faccia abbia l’ìnnominabile e baffuto inquilino. Cosa sia successo davvero, lo sanno tutti. Ma a Cicia nessuno lo racconta. Possibile? Dobbiamo credere che l’ingegnere Rossi non abbia avuto il tempo e il fiato per salire i due piani che la separano dall’ufficio cosimino. O viceversa, che un galantuomo come Cicia, non abbia avuto l’accortezza e il coraggio di scivolare lungo la scala a chioccia, l’equivalente di quattro rampe, per andare a trovare la signora Rossi (Lucia, nome vero). Tanto ci vuole per risolvere il rovello dell’opposizione? Ma cosa vuoi che sia l’ordinanza 69 del comune di Eboli, rispetto alle telefonate di Bertolaso con la massaggiatrice brasiliana? Melchionda l’ha firmata, l’ordinanza. E se ne è dimenticato. Cicia sa cos’è, e vorrebbe dimenticarsene. La Rossi conosce il fascicolo, ma qualcuno la frena e la invita a non salire ai piani alti? In tutto questo, l’abuso resta impunito. Un lodo Alfano, tutto ebolitano. Nel silenzio dei politici e delle istituzioni. Attendiamo fiduciosi. Le cose più difficili. La costruzione dei 450 alloggi a sant’Andrea. Magari abbasseranno anche gli indegni prezzi del mercato immobiliare ebolitano. Aspettiamo poi l’abbattimento Sanità e finanze in rosso. Autunno nero a Eboli SEGUE DA PAGINA 18 Già con il pensiero altrove. Dopo i creditori che lo assillano, c’è la Caropreso che lo preoccupa: “la manager deve rapportarsi con i territori e le istituzioni. Prima di decidere sul futuro dell’ospedae unico della Piana del Sele, deve fare questi passaggi necessari”. Prima di chiudere i reparti ebolitani, prima di accorpare i servizi doppioni, prima di promuovere l’ospedale di Battipaglia, la Caropreso dovrà vedersela con il popolo ebolitano. Il sindaco ha chiesto un incontro ufficia- le. E più facile vincere 180 milioni di euro al superenalotto, piuttosto che capire il futuro dell’ospedale di Eboli. Nel 2015, si candiderà in Parlamento? “Molti partiti mi corteggiano, non solo il Pdl. Nel 2015 voglio staccare la spina. Riprendermi e godermi la vita. Magari a Perugia, con mio figlio”. Tra cinque anni, tutti avvisati. Melchionda si ritira. E se ne va a Perugia. Senza Masci, senza creditori, senza le caserme da vendere, senza i 13 milioni di euro da pagare. Francesco Faenza dell’abuso innominabile, al rione Casarsa. Un 10 in pagella all’assessore puc e pit, puf e pua, nessuno lo negherà. Ripristiniamo però la legalità. Altrimenti tra Pd e Pdl quale lodo di differenza c’è? Mario Minervini, voto 3: sette giorni dopo, a villa Minervini (ex ospedale di Eboli) ancora si chiedono: ma i 72 mila euro di multa per eccesso di straordinari, perché dovrebberoo pagarli gli ebolitani e non Minervini? A ciascuno il suo. Con lo stipendio che ha, l’opulento Minervini arriverà comunque a fine mese. Di fame, non morirà. La multa è tutta sua. Ci inquieta il suo concetto di legalità: “la multa degli ispettori del lavoro? La paga l’azienda”. Bulldozer di un Minervini. Ma come ti viene un’idea del genere. Scenario secondo. Se arrivassero i Nas a rivisitare il reparto di nefrologia, nei locali dichiarati inidonei ad aprile, cosa gli spieghiamo? Che nessuno ha voluto cedere stanze e spazi dell’ospedale non utilizzati? Se ci scappa un’altra multa, nell’ipotesi migliore, la pagano sempre gli ebolitani? La chiusura del reparto non sembra preoccupare Minervini. Ne hanno già accorpati otto. Reparto più, reparto meno. Riassumiamo. Se arriva la multa? Minervini è legibus solutus, ci verrebbe da pensare, sentendo le sue parole fuori dalla grazia di Dio e da ogni codice morale. Più scudato di Berlusconi, più ghedinato di Silvio. Una corazza corazzata. Uno che ragiona così, poi, sai quanto se ne frega se i tempi per un banale intervento chirurgico assumono attese bibliche? Le multe si pagano. Altrimenti Minervini cambi mestiere. E così appassionato di critica giornalista, potrebbe provare a fare il cronista. Durerebbe mezz’ora. Dietro l’angolo c’è chi lo aspetta. Fernando Zara è pronto a “scippargli” la poltrona. E’ vero che super Mario deve pagare lo “stipendio” alla figlia, per l’opera d’arte in formina, fatta in pediatria. Ma non dimentichiamo le esenzioni privilegiate di cui gode. Nel parcheggio al multipiano, Minervini sosta gratis col Mercedes. E’ esentato, per grazia ricevuta dalla Multiservizi. Una proposta a Minervini la facciamo. Venda l’auto, paghi la multa agli ispettori e vada a piedi. Mens sana in corpore sano. Vedrà che medici e infermieri la stimeranno di più. Così nessuno si incazzerà, per la multa provocata dalla bulimia di Minervini sugli straordinari. Inquietati restiamo dalla risposta della Cisl Fps, sezione Mario Minervini di Eboli: “l’eccesso di straordinario era necessario, non è stata una scelta sbagliata” afferma Vito Sparano, il “madonnaro” di Minervini. E si, lui viola la legge e noi dobbiamo pagare. La Cisl può beatificare chi gli pare. Ma non deve bestemmiare, quando di mezzo c’è una legge. Gli costruisca pure un altarino, al direttore che tutto accorpa e nessun reparto riapre, signor Sparano, ma si ricordi che il tetto sugli straordinari ha una sua logica. Normativa e sanitaria. Un po’ di senso del ridicolo, non guasta. Così come la buona educazione. Il signor Minervini richiami all’ordine i suoi fedelissimi servitori, esperti del nulla, promossi chissà perché. L’ospedale di Eboli non è la sezione distaccata della Gestapo. Entrare nei reparti senza camice, senza rispettare la privacy, violando l’asetticità dei locali, è uno spettacolo indecente. Chi lavora nel settore amministrativo dell’ospedale dovrebbe saperlo. Tanto più se è a contatto con rifiuti particolari, come se la ridono in molti in ospedale. E per cosa, s’agita la dipendente amministrativa? Con il primario “Aldoooooo”. Colpevole di quale Avretano e abietto reato? Aver dimenticato una porta aperta. Se ognuno restasse al proprio posto, si evitano figuracce e altre violazioni normative. La buona educazione e il rispetto dei ruoli, almeno quest’obiettivo il salernitano campagnese, parcheggiatore senza ticket, potrebbe raggiungerlo. Minervini insegni un po’ di bon ton ai suoi isterici “ispettori”, del nulla esperti. I pazienti dell’ospedale di Eboli meritano più rispetto. I medici e i primari, soprattutto. Polizia di Stato, voto 7: sei arresti in sette giorni. Non è un pacchetto aereo per il ponte del 1 novembre. Ma il bilancio di due operazioni. Nella prima, vengono arrestati 4 ragazzi della Eboli bene. Per Eboli bene si intendono ragazzi incensurati, con genitori borghesi, cud da 50 mila euro all’anno a testa (stima minima), evasione fiscale dignitosa, società off shore a disposizione, villa a mare, baita in montagna, Suv con vetri fumè, 13 metri di barca e mono sci in soffitta. Risultato: figli viziati, annoiati e vandali. Quattro ragazzi della Eboli bene, dicevamo, sfasciano l’ingresso della Fiera Campionaria. Le telecamere comunali spente non riprendono niente. Uno dei vandali, terrorizzato da non si sa cosa, va alla polizia e spiffera tutto. Poche ore dopo, scattano quattro denunce. Inchiesta chiusa. I genitori dalle “Maldive” fanno sapere che ripagheranno tutto loro. Al rientro. L’operazione della polizia maschera due inadempienze. L’incapacità del comune di avviare le telecamere anti vandali, costate 600 mila euro. Gli straordinari alla Multiservizi che non verranno più pagati. E quindi, l’attenzione dei dipendenti calerà, fino a scemare. La seconda Police Operation va in porto in autostrada. Due spacciatori ebolitani vengono bloccati. Tentano una fuga, ridicola. Gettano la droga dal finestrino, ritrovata. Fermati e arrestati, nei pressi dell’area di servizio Salerno Ovest (nomignolo sinistro, ci riporta alla Germania con il muro), i due spacciatori compaiono davanti al giudice e vengono rilasciati. Uno a piede libero. L’altro agli arresti domiciliari. Il processo è stato fissato per il 2 novembre, numero sinistro. La condanna sembra scontata. Le prove sono granitiche. Droga e spaccio, come alternativa alla disoccupazione, ha un grande seguito. Assicurazioni e investimenti Via Nazionale 64, Omignano Scalo Tel 0974 64150 Fax 0974 64054 Via Amendola 3, Agropoli Tel 0974 829433 Fax 0974 827691 [email protected] Battipaglia 20 N°38 del 23 Ottobre 2010 Lascaleia unico candidato… per ora. Si contrapporrà Angelo Marsico Il Pd va a congresso per rinascere, ma quante difficoltà Nel quadro di una situazione amministrativa di calma apparente e di salute precaria, il Partito Democratico di Battipaglia s’appresta ad andare a congresso il prossimo week end. Un congresso che arriva in uno dei momenti più critici dei democrat battipagliesi. Ridotti all’osso in consiglio comunale, dopo l’abbandono di 4 dei 6 consiglieri eletti, e stritolati da un’amministrazione che poco li ascolta, malgrado un sindaco “di area”. Il partito negli ultimi due anni è stato terra di conquista da un lato e pezza d’appoggio dall’altra. Il boom elettorale che lo vide secondo solo al Pdl, appena un anno e mezzo fa, fu un artifizio dovuto alla presenza in lista di oltre 10 “indipendenti”, provenienti soprattutto dall’opposto schieramento, quattro dei quali raggiunsero l’elezione in consiglio comunale. Il risultato attuale resti- IL CANDIDATO LUCA LASCALEIA CON BERSANI tuisce un partito rappresentato in giunta da assessori “mai iscritti” al partito e che rappresentano solo i consiglieri che li hanno indicati. Una situazione che sta tenendo fuori il partito dalle scelte importanti che si discutono in giunta e in consiglio. “Pari dignità” all’amministrazione chiede, dunque, l’unico candidato venuto fuori sinora, Luca Lascaleia. Il fratello minore di Piero, capogruppo in Consiglio comunale, sembra determinato ad assurgere alla guida politica del Pd cittadino. Incassato l’appoggio dell’altro consigliere Mirra e quello – per ora personale - di alcuni esponenti di “Area democratica” la corrente di Fran- Scrivere il Piano triennale è come leggere il libro dei sogni 80 milioni per il solo 2011 Centosessantatre milioni di euro per 122 opere pubbliche in tre anni, di cui 41 nel solo 2011. C’è di tutto e di più nel Piano triennale delle opere pubbliche deliberato dalla giunta comunale lo scorso 7 ottobre. Un porto canale (sul Tusciano?), un canile municipale, il quarto ponte sul Tusciano e poi ancora due piscine comunali, un nuovo sottopasso in Via Rosario, alcune rotatorie, i restyling di piazze marciapiedi, scuole e strade. Ottanta milioni di euro previsti per il 2011. La spesa maggiore è riservata però per il “centro integrato d’interscambio modale” per il trasporto delle persone che si svilupperà attorno allo scalo ferroviario, ancora in fase di ristrutturazione. Venticinque milioni di euro più circa un milione per la “sicurezza” dell’area. Un piano complessivamente difficile da realizzare, alla luce della scarsità economica di un Ente appena uscito da un “pre-dissesto” e che a fatica paga gli stipendi di impiegati e dipendenti e della difficile situazione del traffico, già intasato di suo e oggi stretto nella morsa dei cantieri già aperti in città, su tutti quello dell’uscita autostradale. In più l’assessore al ramo, Anzalone, che a dire il vero ha segnato una netta inversione di rotta nel settore dei lavori pubblici, dopo l’immobilismo dei decenni passati (ricordate la sag(r)a delle incompiute?), è oggi nell’occhi del ciclone. Al centro delle critiche di “Etica per il buongoverno” sulla scarsa sicurezza dei cantieri aperti dall’Amministrazione e reo, secondo la vulgata popolare, di non prevenire i disagi causati dall’apertura contemporanea di più cantieri. Si sa che i Piani triennali spesso si riducono ad essere elenchi disorganizzati di desideri, proposizioni disarticolate di sogni, liste delle lavandaie. Auguriamoci non sia questo il caso, o per lo meno non del tutto. ceschini e Veltroni, Lascaleia junior si propone di “far ritornare la politica a Battipaglia”, proprio come indicò lo stesso Santomauro nel comizio con cui si presentò per la prima volta alla città. “Aprire il partito alla società civile e alla partecipazione attiva degli iscritti”, questa la bandiera della sua campagna. Campagna per ora solitaria, visto che l’altra corrente, quella che fa riferimento a De Luca – Lascaleia appartiene invece alla vecchia area Bassolino-Valiante – a poche ore dall’apertura del congresso non ha ufficializzato un proprio candidato. Voci interne al partito parlano di Angelo Marsico, già capogruppo consiliare dei Ds quale ipotetico candidato. L’interessato però smentisce, auspicando una soluzione unitaria. Unità che potrebbe in definitiva comporsi proprio attorno al candidato Lascaleia. Quattrocento iscritti o giù di lì che, alla presenza del segretario provinciale Nicola Landolfi, saranno chiamati, sabato 23 e domenica 24 presso il centro sociale, a votare per la rinascita di un partito che da mesi è senza guida (dopo le dimissioni di Alfonso Pace) e da due anni senza nemmeno una sede. “Sarà la priorità: il partito deve avere una casa riconosciuta e riconoscibile, per gli iscritti e per i cittadini”, afferma Lascaleia. Prima, però, va ricercato un segretario che, unitario o no, sia comunque autorevole e riconosciuto. Tutta in salita pare la strada per il gruppo dirigente che si comporrà. Una salita che però va affrontata, costi sudore e fatica. Valerio Calabrese Battipaglia N°38 del 23 Ottobre 2010 21 Trent’anni fa il terremoto. Ecco il primo di una serie di articoli Rossi Doria, la lezione disattesa SEGUE DALLA PRIMA plessivo rapporto con l’Italia del Nord. Non è fuori luogo notare che la nascita della Lega Nord (4 dicembre 1989), pur non legata a essi, coincise con i primi risultati emersi dalla relazione della Commissione parlamentare d’Inchiesta sul terremoto, presieduta dall’On. Scalfaro e istituita nell’aprile del 1989 dopo aspre polemiche da parte dei parlamentari campani. Clemente Mastella, che della segreteria democristiana era il portavoce, vide nella richiesta avanzata da radicali e liberali un segno di “razzismo moralista che vuole criminalizzare il Mezzogiorno”. C’era molta retorica nel giudizio di Mastella, rivolto più a proteggere il partito e il suo leader De Mita che a delineare un’analisi; ma è certo che da quel momento il Sud è stato guardato con occhi diversi dalla politica nazionale. E intanto la classe politica meridionale, e per quel che ci riguarda campana, non ha fatto niente per dimostrare il contrario, oltre il continuo piagnisteo e una sterile e retorica contrapposizione ai “nordisti”. Anche oggi, in occasione dei 150 anni dell’unità nazionale si ripercorre la storia non con gli occhi dello “storico” e del meridionalismo propositivo, che in quel periodo era proprio di un grande studioso come Manlio Rossi Doria, ma con la penna affabulatrice della retorica anti nordi- sta di una “narrativa” di fatto separatista e conservatrice. A distanza di tanti anni è possibile, senza polemiche “sudiste”, chiedersi se fosse fondata l’accusa di falsificazioni, sperperi, ruberie e allegra amministrazione innescata in quel periodo contro la gestione della “ricostruzione”? Cominciamo con il ricordare cosa avvenne già dopo i primi sei mesi dall’evento. In conseguenza delle pressioni del politico di riferimento e con intese trasversali, l’area del sisma fu giuridicamente allargata a paesi e città che del terremoto avevano sentito soltanto l’eco. Al febbraio 1981 l’area terremotata comprendeva, ufficialmente, soltanto 316 Comuni, ripartiti nelle tre fasce di danno; quando fu approvata la Legge per la ricostruzione, maggio 1981 (L. 219), i comuni terremotati erano diventati ben 643. Gli è che la normativa che doveva finanziare la ricostruzione dei centri danneggiati dal sisma diventò per tutta l’area campana e lucana una nuova Cassa per il Mezzogiorno, un canale permanente di finanziamento, un accesso all’intervento pubblico da utilizzare indiscriminatamente per ogni tipologia di opera pubblica, non escluse, in comuni di soli mille abitanti, costosissime piscine olimpioniche subito lasciate nel degrado e nell’abbandono. A questo allargamento ingiustificato dell’area si accompagnò lo spreco delle aree industriali e delle infrastrutture. La Commissione d’inchiesta accertò numerosissimi eclatanti casi di truffa ed esorbitanti costi per infrastrutture propagandate come strategiche. Per far riferimento alla nostra Provincia, esemplari furono i casi dello stadio del comune di San Gregorio Magno (poco più di 3.000 abitanti) costato quasi come quello olimpico e la strada Fondo Valle del Sele con i suoi circa 23 miliardi di lire a chilometro. Insomma un mare di cemento buono solo per distruggere ambiente e corrompere coscienze, utile per impinguare le tasche di imprenditori e gruppi di affari! La soluzione data fu l’esatto contrario di quanto aveva ipotizzato e sostenuto Manlio Rossi Doria, grande studioso e appassionato meridionalista. Nel gennaio del 1981, dopo soli due mesi dall’evento sismico, mentre tutta la classe politica brancolava nel buio delle soluzioni, uscì il suo volume Situazione, problemi e prospettive dell’area più colpita dal terremoto del 23 novembre 1980. Era un’articolata proposta riassumibile, per la zonizzazione, nella “delimitazione” dell’area, per il metodo, nell’espressione “per problemi diversi, politiche diverse”, per gli interventi, nello slogan “ricostruzione e sviluppo”. Tutto il dibattito del primo anno fu dominato dall’analisi e dalla proposta illu- strata in questo sintetico ed esemplare studio. Per tutti, studiosi e politici, apparve come una novità e una scoperta, subito accolta e sostenuta, ma novità non lo era per chi, come me e tanti altri, aveva avuto la fortuna di una sua continua frequentazione dalla fine degli anni sessanta, quando il collegio elettorale di Sant’Angelo dei Lombardi si onorò di averlo candidato e di eleggerlo Senatore della Repubblica. Peccato che le sue proposte siano state trasversalmente subito disattese dalla classe politica dirigente! Il primo atto di “tradimento” fu l’allargamento ingiustificato dell’area danneggiata, il secondo la disseminazione indiscriminata dei “prefabbricati leggeri” dal cui pericolo e spreco egli aveva messo in guardia in un convegno promosso dai giornali “Il Mondo” e “Il Mattino”. Sugli altri ritornerò in successivi intereventi. E gli amministratori furono così giudicati in base al numero di prefabbricati che erano riusciti ad ottenere e collocare sul proprio territorio, senza malignare sui costi e sulle modalità di acquisto. Tanto era tutto giustificato dall’emergenza! Cominciarono da questi “tradimenti” i fallimenti e gli sprechi della ricostruzione, la desertificazione delle aree interne, lo spopo- lamento dei centri storici minori, i gravi errori economici di un’inesistente o errata politica di sviluppo e non ultimo lo scempio ambientale ed etico. Si crearono così le premesse perché successivamente il Sud venisse a ragione criminalizzato. Aurelio Di Matteo già sindaco di Andretta (AV) dal 1981 al 1993 Iniquo solidale di ERNESTO GIACOMINO DALLA PRIMA Provandoci, allora: da un lato, come denunciano in questi giorni le associazioni dedicate, l’evidenza dice che a Battipaglia i posti auto riservati ai disabili non sono sufficienti. Dall’altro, però, fra il chiaro e l’ombra, il mugugnato e lo smentito, va ad aggiungersi un diffuso sospetto che tale insufficienza discenda sì da uno scarso numero di parcheggi dedicati, ma abbia come alleato occulto l’utilizzo improprio degli stessi da parte di gente che, di fatto, non ne avrebbe diritto. E non si parla – non solo, voglio dire - dei soliti incivili che ignorano le ben visibili e segnalate strisce gialle (quelli che alzano il dito in giro, dicono “un attimo, grazie”, spariscono ore per bar e boutique e poi sbarellano quando si trovano la macchina sul carro attrezzi), bensì di chi l’autorizzazione ce l’ha ma – vattelo a guardare bene – non si capisce a che titolo. Si comincia dall’imbroglio clas- sico, quello del “chi utilizza l’auto di chi?”, fenomeno per cui vado in centro con la macchina di quel mio zio disabile che tanto non la usa, espongo per bene il talloncino, frattanto faccio chilometri di shopping e pubbliche relazioni e happy hour totalizzando un duplice danno sociale: il furto di varie ore di parcheggio e la sottrazione del posto ad un avente diritto. Si prosegue col permesso sotto casa, spesso non per sé ma per il “familiare trasportato”, che in realtà trasportato non lo è mai: anziani e conviventi vari con problemi di deambulazione che fruttano assegni di accompagnamento e posti auto riservati, ma che – altro che accompagnati e trasportati – grazie a tutto ‘sto affetto, dedizione e spirito di sacrificio dei parenti vivono da anni da reclusi in casa, con le badanti pagate in nero e la televisione fissa sulle soap opere. E, a finire, ultimo e ben più grave caso di malcostume, i casi di falsa invalidità, appartenenti al paragrafo “oltre il danno, la beffa”: truffa aggravata ai danni dello Stato con contorno di presa in giro – bollino sul cruscotto – per i più diffidenti. Chiaro che una cosa non soccorre l’altra, per cui disquisire sulla validità dei permessi concessi e concedibili di certo non risolve né sminuisce il dramma della carenza dei posti auto a disposizione dei disabili. E ben venga, se condivisa dall’amministrazione comunale, l’ipotesi di concedere un “passi” per poter parcheggiare gratuitamente anche nelle zone a pagamento. Ma sarebbe parimenti necessario e doveroso, per una gestione a tutto tondo della problematica, intervenire anche laddove malcostume e furberie creano situazioni ambigue. L’impressione generale è che i vari regolamenti comunali non consentano un controllo bello pregno in materia (e ciò non solo nei piccoli centri, sia chiaro: a Roma, ad esempio, per il rinnovo periodico del posto riservato basta dimostrare che il titolare è ancora in vita), con l’aggravante della difficoltà di smascheramento degli abusi in questione se non nelle ipotesi di flagranza (ad auto regolarmente parcheggiata, provvista di bollino e senza conducente è praticamente impossibile rilevare alcunché). Il rischio che quotidianamente ci siano in giro impostori che millantano diritti altrui, insomma, non è demagogia da palchetto ma triste cronaca di tutti i giorni; parimenti, quello di una certa, passata faciloneria nell’assegnazione tanto dei certificati che dei posti è avallato da una serie storica di irregolarità analoghe osservate in edilizia, sanità, lavoro e, in generale, in qualunque campo necessiti a monte di permessi e attestazioni di stato. Poi, se qualcuno si fingerà scandalizzato da questi miei sospetti, delle due l’una: o finora ha vissuto altrove, o l’ho fatto io. VISIBILE A Sele 22 N°38 del 23 Ottobre 2010 DARIO DEL GAIS. Da “stampella occulta” all’aperto sostegno a Sica Identikit di un voltagabbana in salsa nostrana Dario Del Gais è l’ennesima banderuola della politica nostrana, non è il primo e né l’ultimo ma di certo sarà ricordato per la sua scarsa incisività politica: da sindaco nonostante la forte maggioranza fu costretto alle dimissioni e da capo della segreteria politica, propostogli dall’assessore regionale Ernesto Sica, ha dovuto assistere all’espulsione dello stesso all’indomani dello scandalo Caldoro. Oggi Del Gais è passato al Pdl ed appare più vicino che mai al suo ex “nemico” Sica, lo denuncia il Pd di Pontecagnano all’interno del quale il politico ha militato sostenuto dai giovani del partito, in un comunicato al vetriolo che chiede a viva voce le sue dimissioni. «E’ un atto vergognoso da parte di chi si era candidato a “fare la differenza” rispetto al centrodestra di Sica: contro una politica finalizzata ai propri interessi, al clientelismo, alla gestione del potere e non allo sviluppo della nostra città.- tuona il coordinamento cittadino del Partito e il gruppo consiliare- Per questo motivo il Pd chiede con forza le dimissioni di Dario Del Gais dal Consiglio comunale. Egli dovrebbe scusarsi con tutti gli elettori che per anni lo hanno sostenuto e che ora si sentono traditi!» Ma chi è Dario Del Gais? Ripercorriamo le sue vicende politiche cercando di delineare l’identikit di un voltagabbana: nato a Pontecagnano il 30 ottobre 1970 è stato eletto Sindaco nel 2005 con una coalizione di sinistra costituita da la Margherita, Sdi, Uniti a Sinistra, Udeur, Ds, Verdi e Democrazia federalista con l’80% dei voti, un successo determinato sicuramente dal lascito di Ernesto Sica che aveva guidato la cittadina dal 2000 al 2005 e aveva lasciato la carica al suo delfino per candidarsi al Consiglio Regionale della Campania. Del Gais non aveva però la stessa stoffa o la dialettica di Sica e solo due anni dopo è indotto dal suo stesso gruppo consiliare alle dimissioni a causa di quello che all’epoca definì “l’ennesimo tentativo di sciacallaggio da parte di alcu- DARIO DEL GAIS ni consiglieri”, allora egli parlò di “insostenibili spinte individualiste” accusando Ernesto Sica di voler continuare a governare attraverso di lui: insomma si dichiarò vittima di un vero e proprio boicottaggio da parte del suo sostenitore “un ridicolo teatrino”, disse. Alle elezioni successive si presentò con il Pd portando avanti una campagna elettorale incentrata sull’ingiustizia subita e sulle pressioni del suo ex alleato che gli avevano impedito di governare la città; vinse Ernesto Sica, schierato con il centrodestra, con il 50% delle preferenze contro il 28% di Del Gais il quale fu eletto consigliere comunale. Da allora si è fatto portavoce della minoranza con numerosi attacchi a Sica e alla sua gestione fino alla sconfitta alle consultazioni provinciali nel 2009 che lo hanno condotto successivamente ad uscire dal gruppo consiliare Pd in primavera. Si trattò della prima avvisaglia del riavvicinamento che si è concretizzata con la proposta di Sica a di un incarico come capo della segreteria politica prima della bufera del dossier anti-Caldoro. Ad ufficializzare il passaggio arriva ora un comunicato in cui Del Gais e Marcello Ferro (consigliere dei Riformisti Uniti) spiegano i motivi della scelta dettata dalla «crisi economica che ha colpito l’Italia ed in particolar modo il Mezzogiorno» e da una analisi della stessa «non più procrastinabile». Come l’opposizione abbia contribuito alla crisi del Paese non è dato saperlo ma a Del Gais fa comodo par- CAMPAGNA. Progetto multimediale “I segni dell’acqua” Chiena: tradizione, devozione e sacralità Sabato 9 ottobre, nella Sala Convegni “Gelsomino D’Ambrosio” del Comune di Campagna, l’Associazione di Volontariato “The Way to the Indies - Argillateatri”, di Ivan Cozzi e Isabella Moroni, iscritta nell’Albo delle Associazioni Culturali del Comune di Campagna, ha incontrato cittadini ed istituzioni per illustrare il Progetto “Campagna e i segni dell’acqua: tradizione, devozione e sacralità”. Argillateatri sarà di nuovo a Campagna nel corso di questi giorni per completare il suo lavoro con ulteriori registrazioni ed interviste a cittadini e referenti di associazioni locali ed istituzioni. Infatti hanno tenuto a sottolineare: “Stiamo cercando di raccontare quello che stiamo facendo, per coinvolgere gli abitanti detentori della memoria storica, gli studiosi ed ogni altra persona che voglia mettere a disposizione del progetto documenti, foto, ricordi; che abbia voglia di apparire in un’intervista o intenda proporre un intervento, affinché queste voci possano aiutarci a realizzare il progetto, rendendolo più solido e partecipato”. Ha detto, tra l’altro, Ivan Cozzi: “La nostra passione per la Città di Campagna e per la sua storia è nata nel 1993, quando partecipammo come artisti alla ‘Rassegna Internazionale dell’Acqua’, vincendo il primo premio della giuria popolare per il nostro spettacolo su trampoli dal titolo ‘Sinergie d’Acqua’. Da allora abbiamo continuato a conoscere ed esplorare Campagna, le sue tradizioni ed i suoi segreti, scoprendo un patrimonio culturale immateriale di grande importanza, che offre infiniti spunti per nuove ricerche e studi. E conoscendo studiosi e personalità del territorio che questo lavoro portano avanti da anni con perizia e passione”. Nel 2007 “Argillateatri” ha prodotto “I Fucanoli”, un oggetto multimediale costituito da un Dvd e da un booklet, che approfondiscono la tradizione sacra e profana dei Fucanoli, della festa di S. Antonio Abate e della figura del Santo. Ha, poi, iniziato il Progetto legato a “’a Chiena”, che, però, nell’approfondimento, ha fatto scoprire il rapporto speciale fra la Città di Campagna e l’elemento acqua, che nel passato ha costituito la spina dorsale economica del paese. Il Progetto si è ampliato e diversificato, soprattutto perché, nel corso delle riprese, l’associazione capitolina ha incontrato molteplici legami fra acqua e sacro, in gran parte nella memoria conservata dalle numerose Confraternite presenti sul territorio, che in molti casi serbano le vestigia di un culto dei morti ancestralmente legato all’acqua (come, ad esempio, la Confraternita di S. Maria del Soccorso nella cui cripta scorrono tre piccoli fiumi sotterranei o la Confraternita del Monte dei Morti che custodisce un antico cimitero sulle acque del fiume). Il progetto multimediale “Campagna - I Segni dell’Acqua”, pronto presumibilmente per il prossimo 15 Dicembre 2010, sarà una ricerca sulle “vie dell’acqua”, i percorsi, i segni dell’acqua quali sono stati e come si sono manifestati nell’arco dei secoli nella Città di Campagna e lungo il letto dei suoi due fiumi, il Tenza e l’Atri. Sarà una Raccolta di testimonianze, memorie e tradizioni che getta uno sguardo completo ed articolato sul rapporto sacro, economico e vitale di Campagna con l’elemento acqua e si pone l’obiettivo di diffondere, grazie anche all’Archivio-Laboratorio del patrimonio immateriale che l’Associazione “Argillateatri” ha costruito in oltre 35 anni di lavoro, anche al di fuori dei confini, i significati e le storie legati a questa della manifestazione nella sua interezza. Il prodotto sarà costituito da un Dvd contenente un documentario, delle interviste, ed un booklet, che illustra la natura simbolica ed antropologica dell’acqua, la parte storicotradizionale della città di Campagna nel suo atavico rapporto con l’acqua e con la ricorrenza de “’a Chiena”. Mario Onesti monesti.blog.tiscali.it lare della Provincia di Salerno e di come Cirielli abbia «impresso una svolta radicale ai vecchi equilibri riscattandone orgoglio e senso di appartenenza delle comunità», per tornare ad affermare il suo sostegno all’amico di sempre Ernesto Sica smettendo di essere «la “stampella occulta” (e neanche tanto)» come ha scritto il consigliere Pd Enrico Vergato che ha definito l’atto di trasformismo un semplice accordo basato su interessi, ancora poco chiari, con chi detiene il potere e dal quale è possibile ottenere qualcosa. Per ora si tratta solo di congetture fatte dai soliti malpensanti, non si esclude comunque che dietro questa storia ci sia veramente la preoccupazione di Del Gais per la crisi del Mezzogiorno o, meglio ancora, che si tratti semplicemente di una bellissima storia di amicizia ritrovata. Tiziana Troisi Tel 0828.720114 Fax 0828.720859 e-mail: [email protected] url: www.unicosettimanale.it Direttore Responsabile Bartolo Scandizzo Condirettore Oreste Mottola Grafica ed Impaginazione grafica Stampa Faiella Raffaele Eboli (Sa) Iscritto nel Registro della Stampa periodica del Tribunale di Vallo della Lucania al n.119 Responsabile Trattamento Dati Bartolo Scandizzo Abbonamento annuale 25,00 Euro Conto corrente postale num. 53071494 intestato a Calore s.r.l. Tiratura: 5000 copie Gli arretrati € 2,00 + le spese di spedizione N°38 del 23 Ottobre 2010 Gastronomia 23 Viaggi e Assaggi I migliori ristoranti salernitani secondo la guida dell’Espresso 2011 Ottobre, tempo di guide enogastronomiche. Annualmente in questo periodo si aspettano le guide del settore per vedere i punteggi che sono stati assegnati ai vari ristoranti, alberghi, trattorie, vini e così via. Una buona recensione vuol dire spesso entrata di denaro, difatti sono in molti che per scegliere un ristorante o acquistare un vino si affidano a questi strumenti. La guida che ho preso in esame su queste righe è “I Ristoranti d’Italia 2011” edita dall’Espresso, secondo me quella più affidabile e professionale in questo settore. Per questa guida ogni anno, oltre cento gastronomi, quando possibile sconosciuti, sempre “inattesi” e “paganti”, visitano migliaia di ristoranti, trattorie, osterie ed enotavole d tutta Italia. Nel 2011 sono stati recensiti circa 2.500 locali. A ciascuno di essi è stato assegnato un voto espresso in ventesimi, che riguarda esclusivamente la cucina. Qui, faccio una parentesi in quanto un ristorante non si può valutare solo per la buona cucina, escludendo il servizio, la carta dei vini, il rapporto qualità prezzo e l’insieme della professionalità. Sappiamo bene che un piatto cucinato divinamente, se servito maldestramente o dopo lunghissime attese non dà l’effetto sperato. O ancora un piatto preparato male, anche se portato a tavola con i tutti i carismi della professionalità, non è quello che il cliente si attente. Questo atteggiamento della maggior parte delle guide, sta facendo in modo che i ristoratori e gli albergatori investono sempre di più sul personale in cucina trascurando il servizio di sala. Ora, sono in molti a lamentarsi di non riuscire a trovare camerieri qualificati. Sfogliando la guida ho voluto portare alla vostra attenzione il meglio della ristorazione salernitana. Il miglior ristorante della provincia, secondo la guida dell’Espresso”, è in modo incontrastato “La Caravella” di Amalfi con il punteg- gio di 17. Ecco qualche stralcio della guida: “…questo ristorante continua ad essere il luogo dell’anima. La passione per la ceramica di Antonio Dipino, patron in equilibrio tra la feconda presenza in cucina e la regia della sala, negli anni ha trasformato gli ambienti in un museo con oggetti d’arte introvabili. …i piatti che hanno reso famosa questa Caravella nel mondo dei gourmet e che restano in carta: su tutti, l’alice ripiena di provola con salsa alla colatura ed il trito di pesce aromatizzato al finocchietto in foglia di limone. Formidabile la cantina che ha pochi pari per Piemonte e Francia. Conto intorno ai 90 euro”. Con il punteggio di 16/20 troviamo, Pappacarbone a Cava dei Tirreni: “Tutto funziona una volta varcato l’uscio dell’antica falegnameria trasformata in ristorante da Rocco Iannone: dall’accoglienza cordiale e gentile, al servizio attento e puntuale. Menu del giorno: tutto pesce, ma quello vivo che il cuoco va a cercare direttamente in riva al mare, viaggiando in lungo e in largo. …Sui 60 euro”; Il Faro di Capo d’Orso di Maiori: “Bisogna venirci al tramonto per godere della vista struggente da questo ristorante aggrappato alla roccia nello scorcio più suggestivo della costiera amalfitana…. Infine c’è Pierfranco Ferrara, una sorta di Guido Reni dei fornelli, cuoco dal carattere molto riflessivo e capace di rimodernare a propria misura e con equilibrio concetti talvolta difficili da conciliare. … Ampia la carta dei vini affidata a Pio Ferrara. Conto intorno agli 80 euro”; poi, l’Hotel San Pietro di Positano: “La precisione nordica di Alois Varlangeneaker e i sapori della Costiera trovano l’equilibrio della maturità: leggerezza e spunti golosi. ... La Via S. Pio X (nei pressi dell’ospedale) Agropoli 0974 829451 cifra stilistica, più del mare, è costituita dalla passione per l’orto, quello coltivato sui terrazzamenti scippati alla roccia. … ampia e colta carta dei vini e servizio di autentica, calda ma sempre professionale ospitalità. Sui 100 euro”. Al 5° posto, con il punteggio di 15/20, troviamo, Casa del Nonno 13 a Mercato San Severino: “Il bello di palazzo Angrisani, storica dimora della frazione di Sant’Eustacchio, sta tutto racchiuso tra il cortile e la cantina, dove il proprietario Raffaele Vitale ha avuto l’idea di allestire un affascinante percorso del gusto: dalla bottega dei prodotti tipici campani alla grotta in cui si affinano i formaggi, passando dinnanzi alla cucina a vista per giungere fin giù tra i tavoli, il forno e il soppalco che aspettano gli ospiti. … Sui 45 euro. L’Hotel Palazzo Sasso Rossellinis di Ravello: “E’ difficile trovare uno chef, dopo tanto tempo impegnato a guidare lo stesso ristorante, sia mosso da un simile entusiasmo: Pino Lavarra si dedica a rafforzare le basi del suo dominio,a partire dalla selezione delle materie prime… Sommelier eccellente, chiamato a proporre vini un po’ troppo cari. Degustazioni da 80, 95 e 125 euro. Alla carta sui 120 euro”; poi, ecco il primo ristorante a sud di Salerno, Masseria della Nocciola Rispoli a San Cipriano Picentino: “Composta creatività e pulizia di esecuzione sono le due caratteristiche di questa cucina di ispirazione neoclassica alle porte di Salerno, nel Parco Regionale dei Picentini. … Sui 50 euro”. Ecco, questi sono i primi sette ristoranti salernitani, secondo la guida dell’Espresso. Come si può ben notare sono completamente assenti nei primi posti i locali della Piana del Sele e del Cilento. Per poter respirare aria di casa nostra, bisogna scendere a 14,5/20 con il Papavero di Eboli e a 14/20 con il Tre Olivi del Savoy Beach Hotel. Per chi vuol saperne di più la guida è in vendita in tutte le librerie e le edicole a 22 euro. Diodato Buonora LA RICETTA Risotto con zucca e pancetta Ingredienti per 4 persone: 400 di riso per risotti, 800 di zucca, 1 cipolla piccola tritata, ½ bicchier di vino bianco, 100 g di pancetta tagliata a grosse listarelle, caciocavallo stagionato non piccante grattugiato, prezzemolo, brodo vegetale, olio extravergine d’oliva del Cilento, 40 g di burro, sale e pepe. Preparazione: Riducete a pezzetti la polpa della zucca. Insaporite in una padella, con dell’olio extravergine d’oliva, la cipolla, aggiungete la zucca e rosolate per 1 min. Unite il riso e tostatelo a fiamma viva senza smettere di mescolare. Bagnate con il vino lasciando evaporare, insaporite con sale e pepe e prezzemolo, mescolate e versare il brodo fino a cottura. In una padella fate rosolare le fettine di pancetta fino a quando diventeranno leggermente croccanti. Togliete dal fuoco il risotto e mantecate con caciocavallo grattugiato e qualche fiocco di burro poi impiattate e aggiungete la pancetta. Vino abbinato: Fiano di Avellino Docg 2009, Di Prisco, Fontanarosa (AV)