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LA NATURA E IL BAMBINO
Dall’Educazione Ambientale all’Ecopsicologia. Nuovi paradigmi per l’educazione ambientale e le attività di animazione “outdoor” nelle Aree Protette DOCUMENTO INFORMATIVO n°1 (Sintesi delle conoscenze) A cura di: Federico Cipparone Collaborazione di: Elisabetta Salvatorelli Supervisione: Maurilio Cipparone “EQUILIBRI NATURALI” Restituire la Natura ai Bambini e i Bambini alla Natura. Campagna sperimentale nazionale di educazione ambientale e di animazione Promossa da: outdoor Parco Nazionale dei M.ti Sibillini, con la partecipazione di: Area Marina Protetta Plemmirio Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi Parco Nazionale del Circeo Parco Regionale del Po Torinese ARP Agenzia Parchi del Lazio Note introduttive. La Natura come risorsa educativa, la Natura come benessere. D all’inizio degli anni ’70, “Educazione Ambientale” è diventato un termine di uso comune. Promossa, in un primo tempo, dalle sole Associazioni Ambientaliste, con lo sviluppo della consapevolezza dei problemi ambientali l’educazione ambientale è entrata a pieno titolo nelle Istituzioni pubbliche, nel mondo della Scuola, nella Società. Uno degli scenari preferiti in cui le iniziative di educazione si sono svolte e continuano a svolgersi è quello delle Aree Protette: la loro “missione” di conservazione di spazi, di paesaggi e risorse naturali costituisce, infatti, un riferimento dimostrativo concreto dei valori dell’ambiente, della necessità della loro conservazione e dell’importanza della partecipazione, di tutti i cittadini, nelle scelte di politica ambientale. L’Educazione ambientale, oltre che essere stata interpretata anche come modo nuovo di “fare scuola”, è servita soprattutto a promuovere la “partecipazione” attraverso la conoscenza e la consapevolezza, e quindi a contribuire allo sviluppo e alla condivisione, non solo da parte dei bambini, dei principi che sono alla base di comportamenti propri della cittadinanza responsabile. Le numerose Aree Protette italiane, nazionali e regionali, continuano a essere il luogo privilegiato dove nascono iniziative di educazione ambientale sempre nuove e dove si sperimentano percorsi che, sempre più, mirano a coinvolgere “tutti” i cittadini. La “Natura” è, dunque, allo stesso tempo l’oggetto dell’attenzione e il principale attore dello sviluppo di nuovi comportamenti. Sappiamo, però, che essere a stretto contatto con essa non solo è “educativo”, ma è anche certezza di benessere, fisico e mentale. Questa “certezza”, che è alla base di tutti le attività svolte nelle Aree Protette, trova oggi una nuova forma di attenzione e di certificazione. Sono sempre più numerose le ricerche che esplorano la dimensione del rapporto tra natura e benessere e sempre più dati dimostrano che la vita all’aperto, l’educazione outdoor e quindi anche l’educazione ambientale svolta nelle Aree Protette, hanno un valore straordinario nello sviluppo della personalità e negli equilibri psico-fisici, soprattutto dei bambini. Non solo risorsa per l’educazione, dunque, ma certezza di benessere: il Progetto “EQUILIBRI NATURALI-Restituire la Natura ai Bambini e i Bambini alla Natura” vuole esplorare questa dimensione. Il progetto è promosso a titolo sperimentale dal Parco Nazionale dei Monti Sibillini; ad esso hanno aderito l’Area marina Protetta del Plemmirio, il Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, il parco Nazionale del Circeo, il Parco Regionale Fluviale del Po Torinese e l’Agenzia Regionale dei Parchi del Lazio. Questo primo documento informativo, sintetizza conoscenze ed esperienze maturate a livello internazionale ad uso degli operatori dell’educazione ambientale che saranno coinvolti nello sviluppo delle attività. Il rapporto con la natura e la ricerca scientifica Il contributo della psicologia al lavoro degli educatori ambientali “La nostra psiche è costruita in armonia con la struttura dell’universo e ciò che accade nel macrocosmo, accade ugualmente negli infinitesimi e più soggettivi recessi dell’anima” (Jung). Intorno alla fine degli anni Cinquanta e nel corso degli anni Sessanta, nasce negli Stati Uniti un nuovo filone di ricerca nel campo della psicologia, denominato “environmental psychology”, tradotto in italiano con il termine di psicologia ambientale. L’obiettivo della “environmental psychology” è quello di arrivare ad una comprensione migliore della relazione tra comportamento umano e ambiente fisico.(Craik, 1970). La psicologia ambientale, infatti, non considera l’individuo come un “ricevente passivo” degli stimoli ambientali, ma come un “organismo attivo” che trae beneficio dalle relazioni armoniche con l’ambiente (Gergen, Gergen, 1986). La psicologia ambientale si è indirizzata verso due principali aree di ricerca: la prima riguarda il rapporto tra l’uomo e l’ambiente costruito (built environment). La seconda è più legata all’interesse nato dall’incontro tra psicologia, scienze ecologico-naturali e scienze geografiche, e riguarda lo studio del rapporto tra l’uomo e l’ambiente naturale (natural environment) (Bonnes, Secchiaroli, 1992). E’ poi interessante rilevare come l’interesse della psicologia verso l’ambiente si sviluppi nel tempo e produca nuove dimensioni di analisi, introducendo la disciplina dell’Ecopsicologia, come nuovo ambito di studio che unisce l’ecologia e la psicologia. L’Ecopsicologia nasce a Berkeley, in California nel 1989 e rappresenta il frutto delle ricerche e delle riflessioni di Elan Shapiro, Alan Kanner, Mary Gomes e Robert Greenway. Si tratta di un gruppo di accademici che si incontra periodicamente per discutere del contributo che la psicologia può offrire alla comprensione dell’attuale crisi ecologica. Successivamente prende parte al gruppo un altro noto studioso, il Prof. Theodore Roszak. Nel 1992, da Roszak, viene pubblicato “The Voice of the Earth”, il primo testo di riferimento dell’ecopsicologia che contribuisce a delinearne il tracciato essenziale, le motivazioni e le linee per indagare sul rapporto uomo-natura, traslando la psicologia in un contesto ecologico. Il pensiero ecopsicologico svela le profonde connessioni esistenti tra l’essere umano e l’ambiente di cui è parte, arrivando a ridefinire in chiave ecologica il concetto di salute mentale considerando i luoghi di natura di fondamentale importanza per l’equilibrio fisico e psicologico dell’individuo, distinguendo gli effetti benefici che derivano da un contatto diretto con il mondo naturale. L’ecopsicologia invita a considerare il parallelismo che lega “ambiente interno e ambiente esterno” per comprendere che, mentre esterniamo condotte inaccettabili da un punto di vista ambientale, contemporaneamente viviamo in modo insostenibile in termini di equilibrio psicologico. Secondo questa disciplina, esisterebbe quindi una stretta relazione tra la necessità di un maggior contatto con la natura e il bisogno di un rapporto più autentico con se stessi. Questa citazione, di Roszak, riassume compiutamente la particolare visione: “Non possiamo restaurare la nostra salute e il nostro benessere se non restauriamo la salute del pianeta.” IL RUOLO DELL’AMBIENTE NELLO SVILUPPO DEL BAMBINO Le scelte dei luoghi dove passare il tempo libero possono essere viste come una strategia associata a processi di sviluppo quali la formazione di un'identità personale, o di relazioni con il gruppo di pari. Molti ricercatori hanno riscontrato come molti bambini sceglievano un ambiente naturale come luogo preferito per passare il loro tempo libero, . Questa scelta si dimostra fondamentale per lo sviluppo sia delle capacità fisiche e cognitive sia per lo sviluppo dell’identità personale. A questo aspetto sono legati anche il bisogno di sicurezza e di privacy, la pratica delle regole sociali, lo sviluppo dell’identità di luogo e dell’attaccamento al luogo, che, a loro volta, possono portare allo sviluppo di atteggiamenti pro-ambientali. Al giorno d’oggi, gran parte dei bambini sono spinti a sviluppare il senso di meraviglia e costretti a manifestare lo “spirito del luogo” (come lo definisce Berenson) mentre giocano con un videogame o sono rinchiusi all’interno delle quattro mura domestiche per paura che rimangano vittime di un qualche crimine. Quando si chiede loro di indicare il posto che preferiscono, spesso i bambini descrivono la loro cameretta, una soffitta o, comunque, una zona tranquilla. LO SVILUPPO FISICO Lo sviluppo fisico del bambino segue una progressione in fasi, legata ai diversi livelli di età. Per dare ai bambini le migliori opportunità per esercitare e sviluppare le loro capacità fisiche, bisognerebbe dunque, mettere a loro disposizione spazi all’aperto, allestiti per giocare, differenziati per le diverse fasi di crescita, dotati di diverse e stimolanti attrezzature, che includano elementi anche di forma diversa da quella standard (scale per arrampicarsi con componenti mobili, scivoli di varie forme e grandezze) capaci di mantenere costante l’interesse del bambino attraverso le diverse fasi dello sviluppo fisico. Ad esempio la pre-adolescenza, tra i 6 e gli 11 anni, è caratterizzata da un espandersi dell'esplorazione locale, da una cooperazione con gli altri nell'esplorazione e nei giochi, da una identità personale determinata dalla forza fisica, dalla destrezza e dalla creazione di luoghi di gioco. Mentre l'adolescenza, tra i 12 e i 17 anni, è un nuovo periodo in cui si formano nuovi gruppi misti che ruotano attorno alla privacy della casa, o al più lontano centro commerciale, o al centro della città. Numerosi studi sottolineano come il gioco fornisce input benefici e stimoli per il cervello e come l’esperienza ludica influenza lo sviluppo neurologico arrivando a determinare se un bambino crescerà intelligente, socievole e fiducioso. I diversi componenti di uno spazio giochi all’aperto influenzano lo sviluppo emozionale dei bambini in almeno tre direzioni: -l’acquisizione dell’autostima (con il progredire dell’abilità fisica), la sensazione di “riuscire” a svolgere un lavoro, il senso di indipendenza, e quindi la formazione della personalità; -la liberazione delle emozioni (attraverso la “drammatizzazione” ed il coinvolgimento attivo offerti dal gioco), quindi i patterns di interazione e la creazione di gruppi; -la sperimentazione di emozioni diverse nella preparazione del gioco e nella simulazione degli atti del gioco, quindi lo sviluppo del gioco sociale. I bambini vivono attraverso i sensi. Le esperienze sensoriali collegano il mondo esterno a quello interiore, nascosto e affettivo. L’ambiente naturale è la fonte principale della stimolazione sensoriale e, quindi, la libertà di esplorare e giocare con esso attraverso i sensi è essenziale per lo sviluppo sano della vita interiore. Questo tipo di rapporto, nato spontaneamente e autonomo, viene chiamato “gioco libero” e il contenuto dell’ambiente è un fattore cruciale in questo processo. Un ambiente ricco e aperto fornirà sempre delle valide alternative alla creatività, mentre uno chiuso e privo di attrattive limiterà la crescita e lo sviluppo del singolo individuo o del gruppo. LO SVILUPPO COGNITIVO Alcune delle conferme più interessanti di un nesso tra il contatto con gli spazi verdi e lo sviluppo psicologico vengono da studi che hanno preso in esame gli effetti dei programmi all’aria aperta sull’autostima e il senso di sé dei bambini. Persone disabili e i bambini portatori di handicap (autismo, disturbi dell’apprendimento, disabilità sensoriali, cognitive più o meno gravi, fisiche e lesioni cerebrali traumatiche), grazie alla loro esperienza nei campi, acquisivano sia una migliore immagine del proprio corpo sia positivi cambiamenti comportamentali mostrando un accresciuto spirito di iniziativa e autonomia, che poi trasferivano nella loro vita e a scuola. Gli studi sui programmi di educazione all’aperto indirizzati a giovani problematici -soprattutto quelli cui erano stati diagnosticati disturbi mentali- mostrano un chiaro valore terapeutico infatti, i partecipanti ai programmi di “terapia dell’avventura” ricavavano vantaggi in termini di autostima, leadership, personalità e relazioni interpersonali. LA SCELTA DEI LUOGHI PREFERITI I ragazzi spesso vanno nei loro luoghi preferiti dopo esperienze emotive negative che mettono in crisi la loro autostima. Stare in un luogo preferito li aiuta a rilassarsi, a calmarsi, a sgombrare le loro menti, a vedere prospettive per il futuro e ad affrontare argomenti problematici. I luoghi preferiti, insieme alla libertà di espressione e di controllo, spesso offrono una via di fuga dalle pressioni sociali; per questo motivo essi provocano un rilassamento emozionale, sentimenti di benessere e possibilità di concentrazione. La natura accresce le nostre capacità sensoriali, che sono il primo e più importante strumento di autodifesa di un bambino. Se i nostri figli vivono a stretto contatto con la natura, imparando a vedere il mondo direttamente, avranno maggiori possibilità di sviluppare le capacità psicologiche di sopravvivenza che li aiuteranno a individuare il vero pericolo: sarà di conseguenza meno probabile che vedano pericoli dove non ci sono. Giocare nella natura può infondere un’istintiva fiducia in se stessi. LA PRIVACY Con il concetto di “privacy”, s’intende la condizione, non casuale ma ricercata, di stare da soli, separati dagli altri, non osservati, per motivi di intimità (Longman, contemporary English, 1990). Probabilmente la definizione migliore è stata sviluppata da Irwin Altman (1975). La privacy, egli scrive, è “il controllo selettivo di accesso al sè o ad un gruppo”. La definizione di Altman centra l’essenza della privacy, con i due temi che vi sono strettamente connessi, relativi sia alla gestione delle informazioni personali, sia alla gestione delle interazioni sociali. Per i bambini, il significato emozionale della privacy e le conseguenze di un suo mancato ottenimento sono molto importanti. Smith e Parker (2000) hanno potuto osservare che bambini tra i 5 e i 12 anni nei club extra-scolastici in Inghilterra e in Galles, usavano frequentemente una qualche forma di nascondiglio come mezzo per crearsi un luogo privato in una stanza grande, fuori della portata dello sguardo fisso dell'insegnante. Violare il bisogno di privacy del bambino sembra portare sia a un ritiro psicologico, sia all'aggressività, come dimostrato dalle ricerche di Maxwell (1996), il quale studiò bambini americani tra i 3 e i 5 anni di età, trovando che quelli esposti cronicamente al sovraffollamento in casa e negli ambienti di cura, erano molto più suscettibili a disturbi del comportamento come l'aggressività, l'ansia, e l'iper-attività. Dal punto di vista positivo si può dire che la disponibilità di privacy è strettamente correlata al raggiungimento dell'identità personale e dell’autostima (Wolfe, 1976, Newell, 1994). La personalizzazione di spazi privati fornisce ai bambini ed agli adolescenti segni tangibili di essere unici e differenti dagli altri (Rivlin, 1990, Sobel, 1990). “LUOGHI PREFERITI” E AMBIENTI NATURALI Studi statunitensi mostrano come paesaggi naturali con presenza di vegetazione ed eventualmente di acqua sono in assoluto preferiti ai luoghi urbani o comunque edificati. Rispetto a questa preferenza sono state proposte due teorie esplicative: una prima evoluzionistica (Balling e Falk, 1982; Kaplan, 1987) e una seconda costruttivista (Lyons, 1983; Tuan, 1971). La prima posizione rintraccia il significato dell’ambiente naturale in una prospettiva evolutiva, che dà risalto all’importanza della vegetazione per la sopravvivenza della specie. I verdi paesaggi naturali, espressione di abbondanza di risorse, sarebbero per l’uomo rimasti associati alla sicurezza di preservare la vita. La seconda teoria considera invece la preferenza per gli ambienti naturali un atteggiamento culturalmente acquisito, connesso alle attività di gioco che si svolgono all’aperto che caratterizzano il periodo dell’infanzia di molti adulti. Il giudizio di preferenza sarebbe dunque conseguenza di valutazioni cognitive mediate culturalmente. In accordo con l’ipotesi evoluzionistica le ricerche di Wilson (1984) e quelle più recenti di Ulrich (1993) mostrano che la predisposizione dell’uomo verso la natura sembra avere origini genetiche. Questo ci permette di rilevare come il bambino, se messo in condizione di godere di numerose esperienze positive all’aperto, con la guida di idonei modelli di comportamento, può imparare ad avere cura dell’ambiente. La consapevolezza del valore dell’ambiente nasce, infatti, a seguito di esperienze positive e significative a contatto con la natura: costituisce la spinta motivazionale a prendersi cura del mondo naturale e promuove il desiderio e la volontà di impegnarsi per proteggerlo e tutelarlo. L’attaccamento consiste negli aspetti affettivi e i significati personali e sociali associati dalle persone ai luoghi. La frequenza di visita di un ambiente aumenta la dipendenza dal luogo e porta ad un attaccamento emozionale. L’investimento psicologico in un dato luogo può portare lo sviluppo di una vera e propria identità di luogo e allo sviluppo di un comportamento responsabile dal punto di vista ambientale. LO STRESS AMBIENTALE Esaminando il rapporto uomo-ambiente non bisogna dimenticare il fenomeno dello stress ambientale, inteso come gli effetti negativi dei principali “stressori” ambientali quali il rumore, l’inquinamento dell’aria, l’affollamento, il traffico, le variazioni di temperatura. A livello fisiologico lo stress ambientale influisce sull’attivazione del sistema nervoso autonomo (aumento della pressione sanguigna, della conduttanza cutanea, della frequenza respiratoria, della tensione muscolare, variazione del battito cardiaco) e agisce sull’attività ormonale (aumento delle catecolamine e dei corticosteroidi nel sangue). Lo stress inoltre influenza negativamente la prestazione dei soggetti in compiti cognitivi che coinvolgono l’attenzione, la memoria a breve termine, la memoria incidentale. Situazioni stressanti possono Influenzare le relazioni interpersonali e gli affetti. In condizioni di stress recede il livello di altruismo e di cooperazione e si registra un incremento delle condotte aggressive. Sono da includere anche i disordini psicologici e fisici quali la probabilità di contrarre il raffreddore, l’influenza, e le infezioni batteriche. GLI EFFETTI BENEFICI DELLA NATURA “L’uomo che si allontana dalla natura si allontana dalla felicità” (Leopardi) Due teorie dominano il campo in materia di "benessere” e ambiente naturale: la teoria del recupero a breve termine dallo stress psicofisiologico acuto (dovuto agli stressori ambientali) e la teoria del recupero dalla fatica dovuta all'attenzione diretta ed alla concentrazione. Secondo la teoria del recupero da stress, la natura promuove il benessere psicofisico consentendo appunto il recupero da situazioni di stress psicofisiologico. Il recupero è più veloce e completo quando i soggetti sono esposti a paesaggi naturali piuttosto che a paesaggi urbani. Le immagini di natura in cui è presente l’elemento acqua hanno un’influenza positiva sullo stato emotivo dei soggetti e ne catturano più efficacemente l’interesse e l’attenzione. L’ambiente naturale favorisce l’emergere di sentimenti positivi e la scomparsa di sentimenti negativi. La visita di un parco o di un giardino o semplicemente la presenza di piante in un ambiente esercita effetti positivi sulle persone e ne aumenta la resistenza agli stress psicofisici. Una ricerca condotta sui pazienti di uno studio dentistico ha mostrato come la vista di scenari naturali ha l’effetto di ridurre la pressione sanguigna e il livello di ansia dei soggetti. Altre ricerche statunitensi indicano che la presenza di piante nel luogo di lavoro incrementa la produttività e innalza l’umore dei lavoratori mentre contemporaneamente si registra un più basso tasso di assenteismo. Similmente, lavoratori sedentari che hanno la possibilità di godere della vista di ambienti naturali dalla finestra del loro ufficio riportano una maggiore soddisfazione lavorativa, meno tensione e sono meno soggetti ad emicranie. Studi condotti poi nel contesto ospedaliero, sottolineano l’efficacia terapeutica, nel decorso post operatorio, di camere provviste di finestre che si affacciano su scenari naturali: i soggetti che potevano godere della vista di alberi fuori dalla finestra hanno avuto periodi di degenza più brevi e dosaggi inferiori di antidolorifici rispetto ai degenti sistemati in quelle camere dalla cui finestra era visibile soltanto una parete di mattoni. Chi osserva le immagini di paesaggi naturali dopo un’esperienza traumatica si calma in soli cinque minuti e, al contempo, si assiste a una notevole riduzione della tensione muscolare, del battito cardiaco e dei valori della conduttanza della pelle. Questo tipo di ricerche suggerisce quindi che la visione dell’ambiente naturale influisce profondamente sul benessere fisico e mentale. La teoria dell’attenzione rigenerata sostiene invece che l’esposizione agli ambienti naturali ha un effetto rigenerativo sull’attenzione diretta. L’attenzione diretta riguarda la capacità di bloccare o inibire gli stimoli concorrenti, dunque distraenti, durante lo svolgimento di un compito finalizzato ad uno scopo. Lo sforzo mentale necessario a inibire le distrazioni conduce inevitabilmente all’affaticamento dell’attenzione diretta. In conseguenza di quanto descritto, si registra scarsa capacità di concentrazione, limitata abilità nel risolvere problemi, facile irritabilità, e frequente occorrenza di errori e distrazioni. Il contatto con la natura ha l’effetto di liberare la mente dal frastuono e dal sovraccarico cognitivo con l’efficace conseguenza di ristorare l’attenzione diretta. Studiando esperienze negative come lo stress o il deficit di attenzione, si è visto come l'ambiente naturale, rispetto all'ambiente costruito, produce un maggior numero di cambiamenti psicologici nei confronti del rilassamento, ad esempio quello muscolare o della diminuzione della pressione sanguigna ed una grande riduzione di sensazioni negative quali la paura, la rabbia, la tristezza. L’ambiente naturale garantisce una maggiore efficacia nel mantenimento dell'attenzione e più alti livelli di esperienze di benessere, interpretato quest'ultimo come sensazione di fascino, di abbandono, di sentirsi in armonia, di sentirsi un tutt'uno. Da molte altre ricerche effettuate si evince come la natura rappresenti indubbiamente un fattore importante per la salute degli individui. Gli studi presentati hanno importanti implicazioni per la medicina preventiva, in particolare nella progettazione di ambienti e per la realizzazione di programmi terapeutici. Sulla base dei dati relativi al ruolo degli ambienti naturali nel recupero dallo stress, Harting, Mang ed Evans (1991) arrivano a prefigurare una prospettiva terapeutica basata su ambienti costruiti con caratteristiche particolari che prevedano vegetazione, acqua, panorami per poter prevenire e curare l’affaticamento mentale. Analogamente, la letteratura scientifica offre diversi esempi di giardini terapeutici realizzati allo scopo di appoggiare la riabilitazione dei pazienti e ridurne dunque i periodi di degenza (Balsari e Balsari 2000; Eckerling 1996; Leccese 1995; McCormick 1995; Thompson 1998; Stevens 1995; Sutro 1995). COSA ALLONTANA I BAMBINI DALLA NATURA Il timore è ciò che allontana un bambino in crescita dai benefici pieni ed essenziali della natura; si tratta principalmente della paura dei pericoli del traffico, della criminalità, dei “ladri di bambini” e, a volte, della natura stessa. Ma la criminalizzazione dei giochi all’aria aperta a sua volta comporta una diminuzione delle attività ricreative e un aumento parallelo delle ore trascorse davanti al computer ed alla televisione. GLI EFFETTI DELL’ALLONTANAMENTO DALLA NATURA Il numero degli statunitensi adulti in soprappeso è cresciuto di più del 60% tra il 1991 e il 2000. Fra il 1989 e il 1999 si è verificato un incremento pari al 36% dei casi di soprappeso nella fascia di età compresa fra i 2 e i 5 anni. E due giovani americani su dieci sono obesi. Questo valore si è quadruplicato dalla fine degli anni Sessanta. Negli Stati Uniti i ragazzi tra i sei e gli undici anni trascorrono più di trenta ore alla settimana davanti alla televisione o al computer. Il tempo trascorso guardando i programmi televisivi è direttamente correlato ai livelli di grasso corporeo. Le malattie cardiache e gli altri effetti negativi dell’inattività dei giovani si manifestano solitamente dopo diversi decenni. Il dato più sconcertante è che la mancanza di movimento produce un altro risultato, questa volta immediatamente documentabile: la depressione dei bambini. Un’infanzia sedentaria, infatti, condotta tra le quattro mura domestiche comporta lo sviluppo di problemi mentali. Uno studio del 2003, pubblicato sulla rivista “Psychiatric Services”, ha messo in luce una realtà allarmante: il tasso con cui venivano prescritti antidepressivi ai giovani americani era quasi raddoppiato in cinque anni. L’aumento più forte (pari al 66%) si registrava fra i bambini in età prescolare. L’incremento nelle prescrizioni ai ragazzi si è verificato benché questo tipo di farmaci sia vietato ai minori di 18 anni. I risultati furono resi noti un mese dopo che la Food & Drug administration (FDA) aveva chiesto alle società farmaceutiche di aggiungere sulle etichette un avvertimento relativo al presunto rapporto tra gli antidepressivi e il comportamento e i pensieri suicidi, soprattutto nei più piccoli. Nel 2004 l’analisi dei dati raccolti dalla Medic Health Solutions, il maggior gestore di convenzioni farmaceutiche degli stati uniti, ha rivelato che l’utilizzo di psicofarmaci (antipsicotici, benzodiazepine e antidepressivi) ha subito un aumento pari al 49% tra il 2000 e il 2003. Per la prima volta la spesa per questo tipo di medicinali per i bambini (includendo anche quelli per il disturbo dell’attenzione) superava quella per gli antibiotici e i farmaci contro l’asma. Ancora oggi, l’importanza della natura come terapia alternativa e supplementare o preventiva è sottovalutata. Nuove prove a nostra disposizione indicano che il bisogno di un trattamento medico è maggiore se i giovani si sono distaccati dalla natura. Il rapporto con l’ambiente può anche non influire sui casi più gravi di depressione ma è comunque risaputo che le esperienze a contatto con la natura possono attenuare l’impatto di alcuni stress della vita di tutti i giorni, cause principali delle depressione infantile. ADHD: IL DISTURBO IPERATTIVITA’ DA DEFICIT D’ATTENZIONE E Quasi otto milioni di bambini statunitensi soffrono di disturbi mentali e l’ADHD è uno dei più diffusi. Questo problema si presenta spesso prima dei sette anni ed è normalmente diagnosticato a un’età compresa tra gli otto e i dieci anni. I ragazzi affetti da questa sindrome sono irrequieti ed hanno difficoltà nel prestare attenzione, nell’ascoltare, nel seguire indicazioni e nel concentrarsi sui compiti loro affidati. I pazienti potrebbero essere aggressivi o addirittura antisociali e potrebbero avere problemi in ambito scolastico. L’American Psychiatric Association definisce questo stato nei seguenti termini: “La caratteristica principale del disturbo da deficit di attenzione e iperattività è un quadro persistente di incapacità di mantenere l’attenzione e/o iperattività, spesso associate a comportamenti impulsivi, che si manifestano più frequentemente e in maniera più grave rispetto al normale negli individui ad un equivalente livello di sviluppo”. I critici dichiarano apertamente che, benché necessari in molte situazioni, i farmaci stimolanti, come per esempio il metilfenidato o le anfetamine, sono spesso prescritti anche quando non ce n’è l’effettivo bisogno (alcuni stimano nel 10-40% dei casi). Il metilfenidato è uno stimolante del sistema nervoso centrale e produce molti degli effetti farmacologici delle anfetamine, delle metanfetamine e della cocaina. In netto contrasto con le pratiche mediche di altre regioni del mondo, l’uso di questo tipo di sostanze è aumentato del 600% tra il 1990 e il 1995. E il numero continua ancora a crescere, soprattutto per i più piccoli. Fra il 2000 e il 2003 la spesa per le cure del disturbo da deficit di attenzione e iperattività nei bambini in età prescolare è aumentata del 369%. LA NATURA COME TERAPIA PER L’ADHD Il contatto con la natura può ridurre i sintomi del disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) e può migliorare le capacità cognitive e la resistenza agli stress negativi e alla depressione nei bambini. Analizzando gli effetti degli ambienti naturali sull'immaginazione dei bambini e sulle loro capacità di attenzione è stato scoperto che i bambini giocavano di più, in modo più creativo, e avevano più contatti con gli adulti, all'aperto in giardini pubblici ricchi di vegetazione, rispetto a spazi vuoti e costruiti. Stando alle valutazioni fatte dai genitori, bambini dai 7 ai 12 anni, con disturbi da deficit d'attenzione reagivano meglio del solito dopo attività in spazi verdi, e che più verde o naturale era lo spazio di gioco, minori erano i sintomi di deficit di carenza d'attenzione. La natura può rappresentare dunque un’ottima terapia per il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) e può essere un valido completamento o, se indicato, addirittura un sostituto dei farmaci o delle altre cure comportamentali. Oggi alcuni ricercatori raccomandano ai genitori e agli educatori di rendere più accessibili le esperienze nella natura, in particolare negli spazi verdi, per i pazienti affetti da disturbo da deficit di attenzione o iperattività. Questo permette di mantenere la concentrazione su un determinato elemento e minimizzare i sintomi. In base alle ricerche più recenti, in ordine di tempo l’ultima colpevole di questo stato è la televisione. Il primo studio che collega questo passatempo così amato dai più giovani al disturbo da deficit di attenzione e iperattività è stato pubblicato nell’Aprile 2004. Stando alla ricerca condotta dal Children’s Hospital and Regional Medical Center di Seattle, ogni ora passata al giorno davanti alla televisione dai bambini in età prescolare aumenta del 10% la possibilità che sviluppino problemi di concentrazione e altri sintomi tipici del disturbo da deficit di attenzione prima dei sette anni. Per quanto riguarda la possibile influenza di fattori ambientali, secondo una ricerca americana pubblicata sulla rivista Pediatrics svolta su 2500 bambini, la TV ed in particolare le ore trascorse quotidianamente dai bambini di fronte a essa dall’età di 0 fino a 6 anni, influisce significativamente sullo sviluppo di disordini dell’attenzione e iperattività. Secondo i ricercatori statunitensi non sarebbero i contenuti, ma le immagini, irreali e veloci di molti programmi, ad alternare lo sviluppo del cervello. I bambini coinvolti quotidianamente in attività ludiche che avevano luogo in spazi verdi, hanno mostrato un sensibile miglioramento delle funzioni attentive (Taylor, Kuo, Sullivan, 2000). A risultati analoghi giunge anche il lavoro di Wells (2000). IL DISTURBO DA DEFICIT DI NATURA Il termine disturbo da deficit di natura viene utilizzato per facilitare la comprensione dello stato vissuto da numerosi bambini, indipendentemente dal fatto che sia stato diagnosticato loro l’ADHD. Con il termine deficit di Natura si intende una progressiva alienazione dalla natura, che comporta un minore utilizzo dei sensi, causa problemi di attenzione ed un maggiore tasso di malattie fisiche emotive. Il deficit di natura può persino modificare il comportamento delle persone nelle città. Diversi studi mostrano, infatti, la relazione tra l’assenza o, comunque, l’inaccessibilità ai parchi e agli spazi aperti, agli alti tassi di criminalità, alla depressione e ad altre malattie urbane. Il disturbo da deficit di natura può essere riconosciuto e curato sia dal punto di vista individuale sia culturale. Per concludere questo documento informativo, citiamo un articolo tratto dal quotidiano La Repubblica, (Pubblicato il 22 ottobre 2007), redatto da Paolo Pontoniere: Il giornalista ha intervistato Richard Louv, la persona che ha dato vita al movimento “Children and Nature Network”, cui si ispira la campagna nazionale “Equilibri Naturali - restituire la Natura ai Bambini e i Bambini alla Natura”. Cresciamoli sugli alberi. I bambini preferiscono La tv ai parchi. Hanno paura di giocare all'aperto. E si ammalano. Di obesità e di disturbi comportamentali. Parola di un guru Usa. Intervista a Richard Louv. E se l'epidemia di disturbi del comportamento che sembra affliggere i bambini moderni dipendesse in buona parte da un mancato rapporto con la natura, ovvero da una sorta di Nature Deficit Disorder? Se un ritorno alla natura fosse l'unica strada per sconfiggere l'epidema di obesità che devasta i giovani dell'Occidente? Per risanare i nostri piccoli colpiti sempre più da allergie e asma? L'idea è di Richard Louv, autore di 'The Last Child in The Woods, Saving Our Children from Nature-Deficit Disorder' (In Italia: L’ultimo bambino nei boschi, Ed. Rizzoli), ormai un bestseller con oltre 300 mila copie al suo attivo. Louv ha scritto sette libri di pedagogia, di vita familiare ed ecologia sociale; è consigliere del National Scientific Council; fondatore del Children and Nature Network, editorialista del 'New York Times' e del 'Christian Science Monitor'. Ed è convinto che i guai arrivano per forza, quando un bambino riesce a citare a menadito i nomi di tutti i personaggi di un gioco di carte, come Pokemon, o le mosse che deve fare per vincere in un videogame, ma può a malapena distinguere l'erbaccia dai fiori di campo. Quando passa il 90 per cento del suo tempo seduto, a scuola, davanti ai videogame, in macchina nel traffico... La scoperta dell'acqua calda? Certo, intuitivamente tutti i genitori sanno che la vita all'aria aperta fa bene. E che muoversi nei parchi previene l'obesità. Ma Louv va oltre, fino ad affermare che persino disturbi emozionali come la ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder, la sindrome da deficit di attenzione e iperattività) o alcune manifestazioni dell'autismo possano essere attribuiti al rapporto che i giovani hanno con l'ambiente naturale che li circonda ce ne corre. Eppure, il libro di Louv è tutt'altro che rigettato dall'establishment medico, e sta avendo un impatto profondo sulla società americana. Gli abbiamo chiesto di spiegarci come la vede. Cosa è esattamente il “nature deficit disorder”? "Per scrivere 'Childhood's Future', il mio secondo libro, avevo intervistato più di 3 mila genitori e i loro bambini, e c'era un dato che emergeva costantemente: s'era verificato un cambiamento radicale nel rapporto tra i bambini e la natura. Molti bambini mi confessavano di preferire il gioco in casa, sedentario. Un ragazzo, in particolare, mi stupì dicendomi che preferiva giocare a casa perché sapeva dove si trovavano tutte le prese elettriche. Scrissi un articolo su questo fenomeno: esperti di pedagogia cominciarono a usarlo come prova dell'insorgere di un nuovo tipo di disturbo comportamentale". Non le pare azzardato sostenere che l’ADHD e alcune manifestazioni dell'autismo possano dipendere da questa faccenda? "Ricerche dell'Università dell'Illinois dimostrano che anche la minima esposizione all'ambiente naturale riduce significativamente i sintomi dei bambini affetti da ADHD. Ricerche condotte da Andrea Farber Taylor, Frances E. Kuo e William C. Sullivan dimostrano che più è naturale l'ambiente quotidiano di un bambino e più facile diventa gestire i sintomi dell’ADHD. E rilevano che giocare in spazi verdi induce pace, capacità di autocontrollo e autodisciplina nei bambini che provengono da zone urbane svantaggiate, un effetto particolarmente evidente nelle ragazze. Altri ricercatori, come Nancy Wells e Gary Evans, hanno invece confermato il fatto che i panorami verdi e la presenza di boschi riducono lo stress nei bambini, e che più denso è il verde e migliori sono i risultati che si ottengono. Non solo, ma dalle ricerche di Edward O. Wilson, il celebre sociobiologo di Harvard, emerge che i bambini che giocano in un ambiente naturale tendono a essere più creativi e collaborativi di quelli che giocano in ambiente urbano. Wilson inoltre ha notato che tra gli ammalati ospedalieri, coloro che godono d'una vista sulla natura guariscono con maggiore rapidità". E sull'autismo, che evidenze ci sono? "Terapie alternative che includono il contatto con la natura possono essere utilizzate per trattare le condizioni più disparate, e con grande efficacia. Il mio scopo però è quello di cercare nuove soluzioni praticabili per trattare i disturbi della personalità. Misure che vadano oltre la soluzione farmacologica, i Ritalin o i Prozac, e quella della terapia comportamentale. Viviamo in una società in cui i mondi artificiali esercitano un’influenza preponderante e in cui facciamo a meno progressivamente dell'uso dei cinque sensi. Proviamo a riabilitarli. Troveremo le soluzioni". Nel suo libro lei parla di una 'zoopolis' prossima ventura: che cos'è? "Il termine lo ha coniato Jennifer Wolch, docente dell'università della Southern California, e indica una società nella quale la dicotomia tra elemento urbano e natura non esiste più. Dove i bambini sono incoraggiati a diventare attori della conservazione degli ecosistemi, a trarne vantaggio, a diventarne conoscitori. Una società così, produrrebbe bambini più felici, più sani, più intelligenti; bambini che giocano di nuovo sugli alberi e migliorerebbe anche il tenore di vita degli adulti e la conservazione della natura". Informazioni, continuamente aggiornate, sulle dimensioni della “campagna” in corso negli USA possono essere rilevate da questi siti web: http://www.childrenandnature.org/ http://www.cbf.org/site/PageServer?pagename=act_sub_actioncenter_feder al_NCLB http://www.greenhour.org/ http://www.conservationfund.org/children_nature