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Abelardo, L`universale come concetto
Abelardo, L'universale come concetto dalla Logica ingredientibus Testo (1) Viste le ragioni per le quali le cose né singolarmente né collettivamente prese si posson dire universali, in quanto l'universale si predica di molti, resta che attribuiamo l'universalità solo alle parole. Come dunque certi nomi son detti dai grammatici appellativi, e certi altri proprii, così dai dialettici certe espressioni semplici son dette universali, certe altre particolari, ossia singolari. L'universale è un vocabolo trovato in modo da esser capace di esser predicato singolarmente di molti, come per esempio il nome uomo è unibile ai nomi particolari degli uomini, per la natura dei soggetti reali ai quali è imposto. Il singolare invece è quello che è predicatile di uno solo, come per esempio Socrate, quando è preso come nome di un uomo solo. [...] Ora, dopo aver data la definizione della parola universale e singolare, esaminiamo diligentemente la proprietà dei nomi universali. [...] Analisi (1) Attribuiamo l'universalità solo alle parole Abelardo inizia con lo stabilire dialetticamente, mediante la confutazione delle ipotesi contrarie, la propria sententia: solo alle parole (voces), non alle cose (res), può essere attribuito il carattere della universalità. Segue il chiarimento terminologico, che fa corrispondere la distinzione operata dai logici (dialettici) fra termini universali (per esempio "uomo") e particolari o singolari (per esempio "Socrate") a quella dei grammatici fra nomi appellativi (o comuni) e nomi propri. Il termine universale può essere predicato singolarmente di molti ("Tizio, Caio, Socrate è un uomo"); quello particolare, di uno solo ("quest'uomo è Socrate"). Testo (2) Ora, dopo aver data la definizione della parola universale e singolare, esaminiamo diligentemente la proprietà dei nomi universali. [...] Pare che gli universali non abbiano nessun significato riferibile alle cose, dato specialmente che non costituiscono una intenzione reale. Ma non è così. Infatti, col nominarle, significano in qualche modo le cose diverse, non costituendo un oggetto inteso che nasca dalle cose stesse, ma che tuttavia si riferisce alle singole cose. Per esempio la parola uomo nomina i singoli uomini per una causa comune, cioè perché sono uomini, in virtù della quale si dice universale, e costituisce un significato (intellectum) comune, non proprio, che si riferisce ai singoli dei quali concepisce una similitudine comune. Analisi (2) La distinzione tra "nominatio" e "significatio" Abelardo affronta quindi una difficoltà: pare che gli universali non abbiano alcuna significatio valida, non potendosi riferire né alle cose in se stesse, né alle loro proprietà (l'oggetto inteso dal termine universale, il suo contenuto intenzionale, non è infatti una proprietà della cosa, non è — in questo senso — una "intenzione reale"). Egli la risolve distinguendo fra nominatio e significatio: tra la funzione appellativa e quella significativa dei termini. Per esempio "uomo" si riferisce appellativamente a "Socrate" (nel giudizio: "Socrate è un uomo"), ma significa: "animale razionale". La causa dell'imposizione a più individui del nome di "uomini" è il loro status di uomini, la loro "similitudine comune", intesa non come una somiglianza di essenza o di natura (così la intendevano i realisti), ma come il semplice fatto di convenire in un significato ideale comune. Testo (3) Visto il significato degli universali, ossia delle cose attraverso la loro denominazione, e mostrata la causa dell'imposizione del nome universale, vediamo quali siano le loro intellezioni, vediamo quali concetti costituiscano nella nostra mente. E prima parliamo della natura di tutte le intellezioni in generale. Poiché dunque tanto i sensi quanto l'intelletto sono qualità dell'anima, la loro differenza è questa: i sensi si esercitano solo attraverso strumenti corporei e percepiscono solo i corpi o le loro determinazioni, per esempio la vista percepisce una torre o le sue qualità visibili. L'intelletto invece, come non ha bisogno di strumento corporeo, così non ha bisogno di aver un corpo su cui esercitarsi, ma gli basta la similitudine della cosa, similitudine che l'animo stesso si foggia e verso la quale dirige l'azione della sua intelligenza. E perciò, se la torre è distrutta o allontanata, la sensazione ad essa diretta perisce; resta invece l'intellezione, poiché è ritenuta nell'animo la similitudine della cosa. [...] Analisi (3) La natura di tutte le intellezioni Si passa a esaminare l'aspetto psicologico della conoscenza degli universali. A tale scopo è ripresa la distinzione aristotelica tra conoscenza sensibile e intellettiva, considerate in relazione all‘anima, organo di cui costituiscono due distinte operazioni. La differenza sta nel fatto che, mentre i sensi hanno bisogno di uno strumento corporeo o di un oggetto fisico su cui esercitarsi, l'intelletto è in grado di dirigersi intenzionalmente verso un oggetto ideale, che rappresenta il carattere comune a più individui, la loro similitudo, in grado di conservarsi immutato pur nel variare o nel perire degli oggetti singoli e particolari da cui è stato formato. Testo (4) Vista la natura delle intellezioni in generale, distinguiamo ora l'intellezione degli universali da quella dei singolari. La distinzione è questa: l'intellezione del nome universale concepisce una immagine comune e confusa di molti, l'intellezione generata dalla parola singolare comprende la forma propria e quasi singolare di una cosa sola, cioè quella che si riferisce ad una persona soltanto. Perciò, quando odo la parola uomo, mi sorge nell‘animo un modello che sta ai singoli uomini come comune a tutti e proprio di nessuno; quando invece odo Socrate, mi sorge nell'animo una forma che esprime la similitudine di una determinata persona. E perciò questo vocabolo Socrate, che mi mette nell'animo la forma di una cosa sola indica e determina una cosa; la parola uomo, invece, la cui intellezione si sforza verso la forma comune di tutti, per la sua stessa comunità dà luogo a confusione, sì che non intendiamo una cosa determinata fra tutte. Onde rettamente non si dice che la parola uomo significa Socrate o un altro, perché nessuno è significato determinatamente in forza del nome uomo, che tuttavia nomina i singoli uomini. Socrate, invece, o qualsiasi termine singolare, non solo è capace di nominare i soggetti ai quali si applica, ma determina questo soggetto. Analisi (4) Il diverso valore dei termini universali e singolari Viene infine preso in considerazione il diverso valore logico dei termini universali e singolari. I primi forniscono solo un'immagine communis et confusa della cosa cui si riferiscono; i secondi colgono invece la forma propria e singolare di una cosa. Alla maggiore indeterminatezza del concetto universale non corrisponde tuttavia una minore validità sul piano del significato. Come si dimostrerà in seguito, i termini universali concepiscono la cosa aliter quam sit (mediante l'astrazione dai particolari), ma non per questo alfa quam sit, ossia costituiscono una conoscenza obiettiva e valida (anche se meno adeguata) delle stesse cose alle quali si riferiscono più intuitivamente i nomi individuali. Esercizio • Come si distinguono "nominatio" e "significatio"? Come le puoi tradurre? • Quali aspetti della dottrina gnoseologica di Aristotele vengono ripresi da Abelardo? • Ha più valore la conoscenza dell'universale o quella del particolare?