Il diario dei nostri nonni - Istituto Comprensivo Mazzini Castelfidardo
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Il diario dei nostri nonni - Istituto Comprensivo Mazzini Castelfidardo
Testimonianze dei nostri nonni sulla scuola e la vita del passato Progetto Continuità Classe 2°C A.S. 2012/2013 I. C. Mazzini Castelfidardo Presentazione dell’attività: “Il diario dei nostri nonni” dall’articolo pubblicato sul giornalino d’Istituto La professoressa di lettere aveva portato noi alunni della 2°C in aula di informatica, per svolgere un lavoro al computer. Dovevamo utilizzare un documento Word per trascrivere un'intervista che avevamo precedentemente rivolto ai nostri nonni. Con le informazioni dell'intervista, dovevamo far finta di essere i nostri nonni e scrivere un loro immaginario diario, con una data di tanti anni fa. Con la fantasia si doveva andare indietro nel tempo e immaginare come potesse essere la vita cinquanta o addirittura sessanta anni fa, e aggiungerci poi delle informazioni vere. Questo lavoro a me è piaciuto molto perché è stata una lezione diversa e più divertente, invece che stare sempre in classe, sopra i banchi. Però bisogna fare anche una riflessione: comporre un testo così personale come il diario non è semplice; infatti quel giorno, si poteva notare come qualcuno cercasse di immedesimarsi nel proprio nonno e cercasse di scrivere il diario di sua fantasia, ed altri, invece, erano intenti a capire come funzionasse il documento Word. Questo ci fa riflettere su come oggi il computer si utilizzi soprattutto per stare sui social network e chattare, non per esercitarsi e usare strumenti come la videoscrittura. È per questo che bisogna imparare a utilizzare di più il computer per lavori che potrebbero essere di scuola, piuttosto che passare la giornata su una chat. Francesca Villani La scuola negli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento intervista a nonno Adelelmo Mio nonno si chiama Adelelmo ed è nato a Recanati, nel 1939. Oggi gli ho voluto fare qualche domanda su com’era la scuola nel dopoguerra. Quando hai cominciato ad andare a scuola? Ho cominciato a sei anni, in prima elementare, e ho finito a dodici, in quinta. Però ho perso un anno, infatti ho ripetuto la 4° elementare. Dove sei andato a scuola? Dalla prima alla terza elementare sono andato a scuola a Sambucheto, poi ho fatto la quarta a Montefiore (MC) e, successivamente, io e la mia famiglia ci siamo trasferiti a Castelfidardo, dove ho frequentato per la seconda volta la quarta elementare e la quinta. Come erano le tue maestre e i tuoi maestri? La mia maestra preferita si chiamava Virginia e non era molto severa. Prima di lei, invece, avevo avuto un maestro, molto rigido e autoritario. Quando si scriveva, le mani dovevano stare sopra il banco, ma durante le spiegazioni, le mani si dovevano mettere dietro la schiena e chi non ce le teneva, veniva punito con una bacchettata sulle mani. Come andavi vestito? E cosa portavi con te? Portavo un grembiule nero, che era lungo fino ai piedi ed era lo stesso per tutti i cinque anni; era uguale sia per i maschi che per le femmine dato che la mia classe era mista; sotto il grembiule avevo i calzettoni che arrivavano fino al ginocchio e di solito venivano portati dai maschi. Avevo una cartella fatta di cartone e per scrivere utilizzavo il pennino che veniva intinto nell’inchiostro del calamaio. Le lezioni a che ora iniziavano? E quando finivano? Si entrava a scuola alle 8 e spesso si finiva alle 11; infatti la maestra, a quell’ora, doveva andare a preparare il pranzo e perciò ci lasciava con il figlio, il quale, non sapendo come gestirci, ci faceva giocare con le biglie. Davvero la maestra si assentava, lasciandovi nelle mani del figlio? Sì, comunque la casa della maestra era al piano di sopra; devi sapere, che, a quel tempo, tutte le scuole erano in campagna e avevano al piano terra l’aula e al primo piano c’era l’abitazione dell’insegnante. Ogni classe era costituita da una sola sezione e ognuna era in una casa di campagna diversa. Ti manca quell’età? Sì, perchè ero spensierato e non avevo problemi in testa, nonostante la situazione di povertà che si viveva in quel periodo. Alle volte penso al benessere di oggi e poi do uno sguardo indietro: da un lato era meglio prima perché la vita era più semplice, ma più sana e genuina, e dall’altro penso che quella vita era comunque molto povera. Per noi bambini giocare con una biglia, avere un banco per scrivere, poter mangiare un po’ di pane condito con l’olio, era oro, mentre oggi le cose più semplici sono le meno apprezzate. Grazie nonno per l’intervista. Ciao! Grazie a te. Ciao! Nella scuola degli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso, una maestra svolgeva tutte le materie e i voti venivano espressi, come oggi, con i numeri da uno a dieci. Francesca Villani Il diario di nonno Albino Ciao sono Albino Polverini, ho 77 anni, sono nato nel 1935 e vivo a Castelfidardo. Io ho vissuto la mia infanzia a Montelupone, in provincia di Macerata, in una piccola casetta di campagna. Ho incominciato ad andare a scuola all’età di sette anni perché prima non potevo a causa della Seconda Guerra Mondiale. Ho frequentato la scuola per tre anni. Terminata sono andato a lavorare nei campi con la mia famiglia come la maggior parte delle persone. Alla mattina mi svegliavo alle 4:30, per prima cosa con i due fratelli maggiori andavamo nella stalla a dare il fieno alle mucche e accudire i vitelli; finito questo lavoro ritornavamo a casa per fare colazione con una fetta di pane. Intorno alle 7:00 iniziava la mia giornata lavorativa nei campi. Quando il tempo non lo permetteva si restava in casa o nella stalla a fare i cesti con il vimini, si riparava gli oggetti rotti e gli attrezzi per lavorare i campi. A pranzo si mangiava sempre la polenta e gli ortaggi che ci offriva il terreno. D’estate nelle ore più calde del giorno si faceva un pisolino perché era troppo caldo per lavorare, mentre alla sera si rientrava per la cena più tardi. Viceversa nella stagione invernale si lavorava nel primo pomeriggio e si rientrava a casa quando faceva buio anche perché non c’era la corrente elettrica e si cenava con il lume e con la luce che emetteva il focolare. A me, che ero il più piccolo della famiglia mi era stato assegnato il compito di accudire gli animali da cortile. Quindi al pomeriggio non avevo del tempo libero per giocare studiare e divertirmi con gli amici. Con loro ci incontravamo la domenica alla messa anche perché abitavamo lontani gli uni dagli altri e non c’erano mezzi di trasporto. La sera dopo aver cenato si stava riuniti intorno al camino e si andava a letto verso le ore 8:30. Nei giorni di festa non si lavorava, ma gli animali venivano ugualmente accuditi. La differenza stava nei pasti che erano più ricchi ed abbondanti. Il mio più bel ricordo dell’infanzia era quando nei giorni di festa ci si riuniva con i parenti a festeggiare. Mentre gli adulti giocavano a carte o a bocce, noi bambini ci divertivamo giocando a calcio con una palla di pezza . A me di quei tempi mi manca l’amicizia vera, il rapporto che si creava con i vicini, la disponibilità che c’era nell’ aiutarsi a vicenda anche nei lavori dei campi. Ma anche la cura nei confronti dell’ambiente. Luca Polverini I ricordi di mia nonna Gioconda Io ho vissuto la mia infanzia in una piccola frazione di Osimo, Campocavallo. Ho iniziato la scuola a sei anni ed ho finito a 11 anni, in quinta elementare. Durante l’anno scolastico mi svegliavo alle 7:30 per andare a scuola; per colazione bevevo una grande tazza di latte con una fetta di pane. Fortunatamente avevo la scuola di fronte casa mia ed andavo a scuola a piedi, da sola. Finite le lezioni, verso le 12:30, arrivavo a casa per pranzare con la mia famiglia . Dopo pranzo aiutavo la mia mamma a pulire la cucina per guadagnarmi un gelato, che costava 10 lire, da comprare la domenica. Dopo aver aiutato la mamma, iniziavo a fare i compiti per il giorno seguente; finiti i compiti andavo a giocare in un grande prato con le mie due sorelline e le mie amiche: di solito giocavamo con la corda. Quando faceva buio si rientrava a casa e giocavo un po’ con le mie sorelline al gioco della “mamma”. Quando ritornava mio padre dal lavoro la mia mamma preparava la cena e cenavamo verso le 20:00 con verdura casalinga, uova e salsicce. Verso le nove si giocava a carte davanti al fuoco e si andava a dormire verso le 22:00.Nel giorno di Natale ci svegliavamo, io e le mie sorelle, e trovavamo un albero che i miei genitori avevano addobbato la sera prima con caramelle, cioccolatini e mandarini; per noi era una grande festa! Vicino all'albero c’era anche il presepe, che nostro padre aveva fatto nei giorni precedenti. Per colazione la mia mamma aveva preparato un bel "ciambellone", cioè un dolce. Verso le 11:00 ci preparavamo per andare dalla nonna con l’autobus; lì ci aspettavano i nostri nonni e gli zii per pranzare insieme e per conversare tra di noi. Verso le 16:30 tornavamo a casa sempre con l’autobus e alle 18:00 si andava a messa. Tornati a casa si cenava con poco, perché avevamo mangiato molto a pranzo poi, sul tardi, si andava a letto . Finiti gli studi sono andata per qualche anno da una sarta, per imparare il mestiere. Dopo sono andata a lavorare in una fabbrica che tesseva le maglie. Il ricordo più bello della mia infanzia è il sentimento di unione che provavo nella mia famiglia. Di quell'età mi mancano molto i miei genitori. Mattia Maggiori Il diario di mia nonna Gina 12/02/1955 Caro diario, questa mattina mi sono svegliata presto e ho visto che fuori c’era la neve. Ho fatto una colazione veloce, con pane e caffè d’orzo e poi mi sono preparata per andare a scuola. Sono passata davanti alle case delle mie amiche e ho sentito il buon profumo del ciambellone fumante. Ho posato la mia cartella di pelle e ho preso le scarpe buone che nascondo tutti i giorni in un canneto sulla salita di casa mia. Sono arrivata a scuola in orario, alle ore 8 e poi alle 12 sono uscita dalla classe per ritornare a casa, dove mi aspettava la pasta al pomodoro. Dopo pranzo, avevo il compito di asciugare le forchette, ma io furbetta, per non lavorare, sono andata a nascondermi nella vigna di un nostro vicino. Successivamente, ho svolto i compiti, poi ho aiutato mia madre a prendere l’acqua dalla fonte vicino casa. Solo dopo aver svolto i diversi lavori domestici, ho giocato con la terra e l’ acqua a fare le torte, e poi le ho lasciate asciugare al sole. Questa sera, ho cenato presto, come al solito, e adesso sto andando a dormire. Ovviamente, dormo nel letto dei miei genitori perché gli unici letti, sono già stati assegnati alle mie sorelle maggiori. A presto, Gina. Francesca Villani Il diario di zio Elio 24/10/1935 Caro diario, questa mattina mi sono svegliato all’alba e, nonostante il freddo, sono andato a lavorare nei campi. Ho sistemato per bene tutte le verdure e ho annaffiato le rose, che ancora fioriscono. Il fico sta crescendo, anche se impiegherà ancora diverso tempo … stamattina poi ho dovuto anche prendere dei rametti di rosmarino, che servivano a mamma. Però, per colpa dei crisantemi (che devono assolutamente essere pronti per portarli da zio al cimitero, per la festa dei morti) si è fatto tardi, e quindi invece di camminare con calma questa mattina ho solo corso. E la maestra mi ha sgridato più di una volta questa mattina. Sia per il ritardo (infatti, anche se avevo corso non avevo risolto molto) che per la lezione, che non avevo neanche studiato, come al solito. Ho un po’ di tristezza in queste parole, ma siccome tra poco sarà inverno e bisognerà aver piantato tutte le piante, non ho più tanto tempo per studiare, anche se babbo mi dice che devo farlo lo stesso. Però ho anche bisogno almeno di riposare un po’, altrimenti a scuola crollo! Quindi oggi ho portato a casa un’altra insufficienza, ma babbo non s’è arrabbiato poi così tanto. Credo , almeno. Però mi ha detto che se continuo così mi darà una punizione che non mi scorderò più. Quindi è meglio studiare. Ho mangiato velocemente e in silenzio e, appena finito pranzo, visto che pioveva a dirotto, sono andato a studiare. Sinceramente pensavo ad altro, mentre studiavo: pensavo a come sarebbe stato bello andare a fare una passeggiata al mare e, anche se un po’ noioso, andare a messa a Loreto, ma purtroppo mancano ancora diversi giorni alla domenica...uffa! Appena finito di piovere, però, mi sono precipitato di fuori a zappare la terra e a piantare. Sono stanchissimo, non mi reggo in piedi; tra l’altro stasera ho dovuto rifiutare l’invito di Vitangelo, che mi aveva chiesto di andare a giocare a campana con lui. Ho cenato, mangiando verdure e un tozzo di pane, l’unica cosa che avevamo nella dispensa, purtroppo. Per quattro persone non è molto, però ci accontentiamo … e poi l’orto ci tira un po’ su, almeno! Ora vado a dormire, spero di meritarmelo! Buonanotte! Elio. Elisa Borghetti Il diario di mia nonna Margherita 10/05/1955 Caro diario, oggi è domenica, cioè il giorno più bello di tutta la settimana perché durante la mattinata si va a messa con tutta la famiglia e in seguito facciamo un grande pranzo tutti assieme, anche se non ci sono molti soldi. Infatti,ogni componente della famiglia porta qualcosa da mangiare o da bere e stiamo tutti insieme in compagnia. Di solito,come primo piatto, si mangiano le lasagne fatte in casa da mia nonna; come secondo, la carne di maiale selvatico (cacciato da mio nonno) ed il pesce (pescato da me). Sai, devi sapere che oltre ad essere una brava figlia, sono anche un’ottima pescatrice. Per finire il pranzo in bellezza c’è il famoso dolce di mia zia Anna ... che buono! Mi viene l’acquolina in bocca solo a pensarci ... Infine, facciamo il gioco più tradizionale, ovvero la tombola; credo proprio di vincere oggi, mi sento molto fortunata. Chiara Pierdominici Il diario di mia nonna Rosalba 19/10/1955 Caro diario, questa mattina mi sono alzata alle 5.00 per dare da mangiare agli animali da cortile, subito dopo mi sono recata in cucina a preparare con mia madre la colazione per me e per i miei fratelli, con il latte delle mucche appena munto, pane e marmellata; più tardi ho indossato le scarpe, ho preso la cartellina fatta da mio nonno (dato che è falegname l’ha fatta per tutti i miei fratelli ) e sono partita per il mio solito sentiero per arrivare a scuola in orario. Uff...! Per fortuna sono arrivata in tempo! Alle 8.00, entrata in classe con il fiatone, comincia subito la lezione, con la maestra che effettua la correzione dei compiti; io per fortuna li avevo fatti tutti, come al solito, ma alcuni miei amici non li avevano fatti e la maestra li ha messi in punizione dietro la lavagna, mentre io me ne stavo tutta impaurita nel mio banco. Al termine delle lezioni sono corsa a casa a preparare il pranzo insieme a mia madre. Abbiamo cucinato la polenta, preso i “gobbi” freschi dall’orto e l’acqua dal pozzo vicino casa, raccolto dagli alberi (che condividiamo con i vicini) la frutta. Abbiamo pranzato tutti insieme e io, subito dopo, mi sono recata nella mia stanza, che condivido con i miei quattro fratelli, per fare i compiti. Nel tardo pomeriggio ho giocato con i miei fratelli, poi ho ripassato le materie da studiare ripetendole a mia nonna, mentre preparavamo la cena; infine ho cenato e sono subito andata a dormire. Noemi Mangiaterra Intervista a mio nonno Fabio Dove hai vissuto la tua infanzia? Ho vissuto la mia infanzia in Ancona, nel Rione di Capodimonte, ma sono nato a Camerano il 2 Novembre 1944, perché in Ancona c’era stato il bombardamento sulla città. A che età hai cominciato ad andare a scuola e quando hai smesso? Ho cominciato a 6 anni ad andare a scuola e ho smesso a 14 anni, in seconda media, perché sono stato bocciato un anno. Avevamo i banchi da tre e le classi erano o tutte maschili o tutte femminili; solo alle medie le classi erano miste. Come si svolgeva una giornata di festa? Una giornata di festa si svolgeva in questo modo: la mattina mi alzavo, facevo colazione con latte e un po’ di pane, in seguito andavo in chiesa per la messa poi andavo in oratorio a giocare e infine andavo a pranzo. Nel pomeriggio andavo a giocare a pallone o con le biglie, facevo la pista con i miei amici, oppure andavo al cinema e ci stavo quasi tutto il pomeriggio, finché mia madre mi portava la cena. Quali attività in particolare svolgevi il pomeriggio? Il pomeriggio facevo i compiti, poi andavo a giocare con i miei amici; insieme ci divertivamo a prendere le bici di un nostro amico e i suoi genitori non ci dicevano niente, perché il loro figlio era con noi. Avevi degli amici? Cosa facevi con loro? Sì, avevo degli amici; e finiti i compiti uscivo con loro e andavamo a divertirci o con la fionda o con il pallone; mi divertivo molto perché era l’unico divertimento che avevamo. Terminati gli studi, sei entrato facilmente nel mondo del lavoro? Sì, finiti gli studi sono entrato facilmente nel mondo del lavoro, quando avevo 14 anni. Il mio primo lavoro è stato il meccanico nell’officina riparazioni di moto e biciclette. Qual è il più bel ricordo della tua infanzia? Noi non avevamo problemi, perché quelli li avevano solo i grandi che non coinvolgevano i propri figli, infatti eravamo spensierati e sempre divertiti, mai una volta che uscissimo di casa arrabbiati. I due ricordi più belli sono stati: le scarpe da calcio, che mi ha regalato un mio vecchio amico: erano mezze rotte ma a me non importava, per me era quello l’essenziale; poi un pallone che mi aveva regalato mia mamma, quello è stato il regalo più bello della mia vita. Gabriele Freddoni I ricordi di mia nonna Angela Mia nonna ha vissuto in paese. Ha cominciato la scuola a 6 anni fino al primo magistrale. Durante la settimana mia nonna si alzava presto, puliva casa e si lavava per poi andare a scuola. Ritornata da scuola mangiava e lavava i piatti, poi faceva i compiti e si giocava fino a sera. Durante la domenica si alzava sempre presto, andava a messa, poi faceva una passeggiata con le amiche e la sera andava a dormire. Il pomeriggio faceva il corso d’uncinetto o maglia o ricamo che durava 1-2 ore. Aveva molti amici e giocavano a tombola, giochi di strada, nascondino. Mia nonna non ha trovato lavoro dopo la scuola perché a quel tempo non si voleva lavorare e si restava in casa. Il ricordo della sua infanzia più bello è stato il giorno della sua comunione e di quella età le manca la felicità. Angelo Augello Intervista a mia nonna Aldina Dove hai vissuto la tua infanzia? Ho vissuto la mia infanzia a Casenuove di Monte Torto. A che età hai incominciato ad andare a scuola e quando hai smesso? Ho incominciato ad andare a scuola a 6 anni e ho finito la 5° elementare a 10 anni. Come si svolgeva una tua giornata di scuola da quando ti svegliavi fino a sera? Mi svegliavo alle 7:00, andavo a scuola e verso l’una andavo a casa e mangiavo il pancotto come al solito; poi si andava a guardare i polli poi giù per il campo a raccogliere l’erba medica per i conigli; poi i compiti, alle 17:00 cena e alle 19:00 a dormire. Come si svolgeva una giornata di festa? La domenica ci si incontrava alla messa poi si andava a giocare; alla sera si partecipava alla benedizione e poi tutti a casa propria. Avevi degli amici? Se sì, con loro cosa facevi? Sì, avevo delle amiche e con loro facevo giochi come campana, nascondino, santì. Terminati gli studi, sei entrata facilmente nel mondo del lavoro? Dopo gli studi non ho mai lavorato in un’azienda ma ho sempre aiutato i miei genitori in casa. Qual è il ricordo più bello della tua infanzia? Che cosa ti manca di quella età? Il mio ricordo più bello di quella età è quando si batteva il grano che si stava tutti insieme; mi manca solo questo, che per noi era un festa. Mario Del Vicario Il diario di mia nonna Assunta 01/02/1960 Caro diario , mi chiamo Assunta Sansone, sono nata il 21 Marzo 1959, ho 7 anni e faccio la prima elementare. Vivo a Cancello ad Arnone, un paese in provincia di Caserta. Quest’anno ho cominciato la prima elementare dopo 3 anni di asilo. Questa mattina, come al solito, mi sono svegliata verso le 7: 30 del mattino, ho fatto colazione con latte fresco di mucca, che mi ha portato papà, e biscotti. Mi sono vestita molto bene, con un abito nuovo fatto da mamma, perché oggi è domenica e devo andare a messa. Sotto casa mi aspettavano le mie amiche, Angela e Maria. Dopo la messa delle 11:00 sono ritornata a casa a piedi e sul tavolo mi aspettava un bel piatto di pastasciutta. Dopo aver pranzato ho aiutato mamma nelle pulizie e poi ci siamo messi a giocare tutti insieme a tombola. A cena poi ho mangiato il pollo. Ora sono qui a scriverti, ma devo andare a letto, domani ho un altro giorno di scuola! Ciao da Assunta. Erika Paolo Il diario di mio nonno Leonardo 20/02/1953 Caro diario, questa mattina mi sono svegliato molto presto per aiutare i miei genitori in campagna; poi ho fatto colazione con pane e marmellata fatta in casa, mi sono vestito e, come tutte le sante mattine, sono andato a scuola a piedi. A scuola ho molti amici e, anche se in questi tempi è difficile averli, io sono stato sempre un tipo socievole. La scuola non è molto sviluppata a causa della mancanza di soldi e, di conseguenza, manca anche il materiale. Finita la scuola, cioè alle 12:30, torno a casa, pranzo con tutta la mia famiglia, poi faccio i compiti prima di andare a giocare fuori. Se i genitori mi permettono di andare a giocare fuori io e i miei amici giochiamo a: rincorrerci, nascondino, il gioco del fazzoletto e saltare con la corda. Finito il divertimento, torno a casa a cenare insieme alla mia famiglia con gli avanzi del giorno oppure, se non è rimasto niente, si mangia pane e olio accompagnato con acqua o vino. Verso le 21:00 vado a dormire perché i miei genitori sono molto autoritari e, soprattutto, domani mi aspetta una lunga giornata. Aurora Carancini I ricordi di mio padre Fabio Mio padre Fabio ha vissuto la sua infanzia in campagna, nella periferia di Castelfidardo. Cominciò ad andare a scuola all’età di sei anni, in prima elementare, e smise in terza media. Si svegliava la mattina presto per fare colazione, poi si preparava e andava a scuola a piedi; quando ritornava a casa sua madre gli lasciava il pranzo al caldo. Come finiva di mangiare andava a lavorare nel campo con suo fratello, dei suoi cugini e dei suoi amici. Durante una giornata festiva o anche la domenica si riunivano tutti i familiari e mangiavano insieme facendo un pranzo più lungo del solito. Durante il pomeriggio giocava con i suoi amici o andava a pesca. Aveva degli amici con i quali giocava e andava a fare passeggiate in paese. Ai suoi tempi i soldi in casa erano pochi, quindi smise di andare a scuola per lavorare. Uno dei suoi ricordi di infanzia è quando andava a giocare con i suoi amici; una delle cose che gli manca è la scuola. Daniele Schiavoni Intervista a mia nonna Violetta Dove hai vissuto la tua infanzia? La mia infanzia l’ho vissuta a casa imparando le faccende domestiche. A che età hai cominciato ad andare a scuola e quando hai smesso? Io ho incominciato ad andare a scuola all’età di otto anni ed ho smesso all’età di sedici anni. Come si svolgeva una tua giornata feriale dal momento in cui ti svegliavi fino alla sera? Dopo la scuola, stavo in casa ad aiutare la mia mamma a preparare il pranzo per il mio papà, poi uscivo a farmi una passeggiata con la mia mamma; appena tornavamo, poiché era tardi, preparavo la cena insieme alla mia mamma per papà che tornava dal lavoro. Quali attività svolgevi il pomeriggio? Il pomeriggio lo passavo con le mie compagne di scuola e giocavamo con le trottole, poi andavamo a guardare le capre e le pecore e discutevamo con i contadini e gli allevatori di mucche. Cosa ti è rimasto di quell’infanzia? A me dell’infanzia è rimasto il ricordo di quei giochi che facevo con le mie compagne di scuola. E poi non mi manca più niente di quell’infanzia. Riccardo Litrico Intervista a mia nonna Marisa Dove hai vissuto la tua infanzia? Ho vissuto in campagna. A che età hai cominciato ad andare a scuola e quando hai smesso? Ho iniziato ad andare a scuola a 6 anni ed ho finito a 7, in seconda elementare. Come si svolgeva una tua giornata feriale dal momento in cui ti svegliavi fino alla sera? Alla mattina custodivo gli animali come maiali, galline…, poi facevo colazione e andavo in campagna a coltivare la terra. Di pomeriggio qualche volta giocavo con la corda o con le bambole di pezza che mia madre mi faceva. A sera si cenava con la polenta e poi si pregava attorno al caminetto. La domenica invece si andava alla messa e nel pomeriggio si giocava con le amiche, quindi si lavorava meno. Quali attività svolgevi il pomeriggio? Al pomeriggio da bambina studiavo e, quando sono stata più grande, lavoravo nei campi. Con gli amici andavamo a pascolare le mucche e le pecore e alcune volte giocavamo a nascondino. Terminati gli studi, sei entrata facilmente nel mondo del lavoro? Sì, perché io ho lavorato fino a 35 anni e poi ho fatto la casalinga. Cosa ti è rimasto di quell’infanzia? Di quei tempi mi manca la tranquillità, l'allegria che c’era. Marco Serenelli