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IL SANGUE ED I SUOI COMPONENTI

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IL SANGUE ED I SUOI COMPONENTI
Dott. E. Li Bianchi
U.O. CUBE
Azienda Ospedaliera San Camillo – Forlanini
Roma
SANGUE : SISTEMA BIFASICO
FASE LIQUIDA
PLASMA
SOLUZIONE SALI MINERALI E ORGANICI
FASE SOLIDA
CELLULE NUCLEATE (globuli bianchi)
CELLULE ANUCLEATE (globuli rossi)
FRAMMENTI CITOPLASMATICI (piastrine)
Il sangue è uno dei tre compartimenti liquidi del corpo:
 Compartimento plasmatico: 5 litri.
45% cellule.
65% plasma: 93% acqua; 7% proteine.
 Compartimento intracellulare: 25 litri.
 Compartimento interstiziale: tra i 12 e i 15 litri (è l’unico che
può oscillare).
Il sangue deve essere considerato un sistema dinamico in cui
le variazioni dipendono dall’equilibrio fra produzione e
distribuzione dei suoi componenti. La volemia normale è di
circa 70 ml/kg (pari a circa 1/14 del peso corporeo).
Emocromo
 Contempla il conteggio del numero dei globuli rossi
(eritrociti), dei globuli bianchi (leucociti) e delle
piastrine (trombociti), nonchè la determinazione
quantitativa dell’emoglobina.
 Con la formula leucocitaria si intende la percentuale di
ciascun tipo di globulo bianco (granulociti neutrofili,
eosinofili e basofili monociti, linfociti).
 È detto anche esame emocromocitometrico che
letteralmente significa "misurazione del colore del
sangue e del numero delle sue cellule, cioè dei globuli".
Costituenti normali del sangue
L’esame emocromocitometrico analizza le cellule che si trovano nel
sangue, queste sono:
 Neutrofili: 60%; 1800-7700/l. Citoplasma eosinofilo, granuli fini.






Nucleo polilobato, 5-7 lobi in quelli invecchiati, a ferro di cavallo in
quelli giovani.
Eosinofili: 3%; 0-450/l. Citoplasma eosinofilo, granuli rosso scuro.
Nucleo poco evidente in genere bilobato.
Basofili: 1%; 0-200/l. Granuli azzurro scuro. Nucleo polilobato
Linfociti: 30%; 1000-4800/l.
Monociti: 4%; 0-800/l.
Piastrine: 150000-300000/l. Hanno la forma di un disco di circa 2-3m
di diametro.
Globuli rossi: 4.500.000-5.800.000/l nell’uomo; 4.200.0005.200.000/l nella donna. Hanno la forma di disco biconcavo,
anucleato, con un diametro di circa 7-8m ed uno spessore di 2.5m
alla periferia e 0.8m al centro.
Globuli Rossi
Gli eritrociti (RBC) sono le cellule più numerose del sangue
Caratteristiche dei globuli rossi:
 Colore: dipende dalla emoglobina.
normo/ipo/ipercromico, policromico.
 Dimensione: normo/micro/macrocitico.
 Forma: normalmente è a disco biconcavo. Ogni
variazione si definisce anisopoichilocitosi. La forma,
l’integrità e la flessibilità della membrana sono
controllate dal citoscheletro.
Misure di laboratorio:
 Emoglobina: e’ la proteina che trasporta l’ossigeno ed e’ presente nei
globuli rossi. Il test implica la lisi degli eritrociti.
Uomo: 14-18g/dL; donna: 12-16g/dL.
 Conta eritrocita ria (RBC): numero totale degli eritrociti presenti nel
sangue.
 Ematocrito: misura del volume totale degli eritrociti in rapporto al
volume totale del sangue. Uomo: 0,42-0,52L/L; donna: 0,37-0,47L/L.
 VES: determinazione della velocità di sedimentazione dei GR in un
campione di sangue reso incoagulabile (citrato di sodio). Aumenti
della VES si rilevano in caso di disprotidemia (alterazione
albumina/globuline), ossia in caso di aumento, per esempio di origine
infiammatoria, delle proteine di fase acuta e in caso di alterazioni
qualitative e quantitative dei GR; valori più bassi si rilevano per
esempio in caso di affezioni epatiche e poliglobulie.
Indici eritrocitari:
 MCV: volume corpuscolare medio; ematocrito/RBC. 11.5-
14.5%. Indica la grandezza dei G.R. ed e’ importante per la
diagnosi di anemie.
 MCH: emoglobina corpuscolare media (contenuto di Hb
per cellula); emoglobina/RBC. 27-31 pg.
 MCHC:
concentrazione dell’emoglobina corpuscolare
media (quantità di Hb per volume di GR);
emoglobina/ematocrito. 32-36g/dL. Indica se i G.R.
contengono poca o molta emoglobina.
Emopoiesi
L’emopoiesi è un fenomeno extravascolare che si verifica
nel midollo rosso, quindi nelle ossa della cassa toracica,
del cranio, del cingolo scapolare, della colonna vertebrale,
del bacino e nell’epifisi delle ossa lunghe
Nel midollo sono presenti due tipi di isolotti emopoietici:
 Un tipo è circondato dai macrofagi  eritropoiesi.
 Un tipo è circondato da cellule reticolari mielopoiesi.
Il rapporto tra i due isolotti è di 2:1 a favore di quelli
mielopoietici.
Esiste un progenitore comune per tutte le linee cellulari:
steam-cell o cellula totipotente. Da questa cellula
derivano due cellule pluripotenti (committed-cell):
CFU-S, cellula staminale mieloide:
 Eritrociti
 Leucociti
 Megacariociti
CSL, cellula staminale linfoide:
 Linfociti T
 Linfociti B
Le cellule staminali possono:
1. Duplicarsi steam cell. Una stimolazione di queste
cellule provoca una vera policitemia ( n cellulare). La
capacità proliferativa dipende da domanda e fattori
genetici.
2. Indirizzarsi commited cell (CFU). La stimolazione di
una di queste cellule provoca la policitemia di una sola
linea. La capacità proliferativa dipende da domanda e
fattori genetici.
Fattori emopoietici (CSF: colony stimulating factors):
 G-CSF: per i granulociti.
 GM-CSF: principalmente per i granulociti ed i monociti.
 M-CSF: per i monociti.
 Eritropoietina: per gli eritrociti.
Prodotta dal rene in base allo stato di ossigenazione
tissutale. Essa determina:
 velocità di sintesi della emoglobina negli eritroblasti.
 sintesi proteica non emoglobinica.
 velocità di transito dei precursori dei GR attraverso il
loro ciclo maturativo e rilasciamento in circolo.
 Reticolocita
rilascio della cellula nel sangue.
 Eritrocita maturo
perdita di mitocondri, ribosomi e
quindi della capacità di sintesi emoglobinica.
 Periodo di sviluppo normale da proeritroblasto fino al
reticolocita: 5 giorni; mediante stimolazione con eritropoietina
la trasformazione può avvenire in 2 giorni.
 Trasformazione del reticolocita in eritrocita: 1-2 giorni.
 Emivita degli eritrociti: 120 giorni.
 Una piccola parte degli eritrociti è distrutta di solito già nel
midollo osseo (= eritropoiesi inefficace).
Tra tutte le sostanze necessarie ad una normale eritropoiesi,
due sono particolarmente importanti e indispensabili a tal
punto che la loro carenza provoca malattia:
1. ferro, necessario per il trasporto e l’accumulo di ossigeno (la
cui carenza è responsabile dell’80% delle anemie)
2.vitamina B12 e acido folico, necessari per la sintesi del DNA
(anemie megaloblastiche)
L’eritropoiesi è regolata da un meccanismo O2-dipendente,
tramite un fattore di crescita emopoietico, l’eritropoietina
(EPO), secreta dai reni. Lo stimolo fisiologico per la
formazione di eritropoietina è rappresentato dall’ipossia
tissutale. L’eritropoietina, legandosi al recettore specifico
presente
alla
superficie
cellulare,
promuove
la
differenziazione delle cellule staminali di 1° ordine ad
eritroblasti
nonché
l’ulteriore
differenziazione
dell’eritropoiesi sino a reticolociti ed eritrociti.
Nomenclatura morfologica degli eritrociti
 Anisocitosi = dimensione irregolare degli eritrociti senza modifica di forma








(qualsiasi tipo di anemia)
Schistociti = eritrociti rotti (ad es. Porpora trombotica trombocitopenia)
Macrociti = eritrociti di forma normale ma con diametro maggiore (> 8,5 µ)
e MCV aumentato, spesso ipercromici (carenza di vitamina B12 o acido
folico)
Microciti = eritrociti di forma normale ma con diametro minore (< 6,8 µ),
spesso ipocromici (anemia sideropenica)
Normociti = eritrociti normali, della dimensione di 6,8-7,3 µ, più chiari al
centro
Poichilocitosi = pronunciate modifiche di forma degli eritrociti (tutte le
anemie gravi)
Cellule falciformi = gli eritrociti assumono forma di falce a causa
dell’emoglobina abnorme (HbS) (anemia falciforme)
Sferociti = piccoli, discoidi, a forma rotonda, senza zona chiara centrale
(sferocitosi)
Cellule a bersaglio = eritrociti ipocromici con ispessimento centrale
(talassemia)
Anemie
Definizione
Diminuita concentrazione dell’emoglobina, oppure ridotto
ematocrito, oppure numero degli eritrociti al di sotto della
norma:
 emoglobina (Hb): < 13,5 g/dl (M)
< 12,0 g/dl (F)
 eritrociti:
< 4,3 milioni/µl (M) < 3,9 milioni/µl (F)
 ematocrito (Ht): < 40% (M)
< 37% (F)
I valori di Hb e di Ht sono reciprocamente correlati e sono i
parametri decisivi per la diagnosi di anemia. Il numero degli
eritrociti non sempre si correla al valore di Hb e non è quindi
un parametro sensibile per una definizione di anemia (ad es.
anemia da carenza di ferro con Hb diminuita ma numero di
eritrociti ancora normale).
Gli eritrociti più giovani contengono ancora residui di
RNA sotto forma di sostanza reticolare o filiforme. Tali
cellule, dette reticolociti, hanno una vita media massima
di 2 giorni e rappresentano il 3-18‰ delle emazie. La
quota di reticolociti presenti nel sangue periferico e di
eritroblasti nel midollo può dare indicazioni sul tipo di
anemia:
 iperrigenerativa: reticolociti ed eritroblasti aumentati
 Ipo
o arigenerativa:
diminuiti
reticolociti
ed
eritroblasti
 L’espressione clinica dell’anemia deriva dalla ipossia
tissutale ed i suoi segni peculiari rappresentano le risposte
compensatorie degli apparati cardiovascolare e polmonare
a tale ipossia. I sintomi clinici dipendono dalla gravità e
dalla durata dell’anemia.
 L’anemia grave può essere accompagnata da debolezza,
vertigini, cefalea, ronzii, scotomi (assenza o deficit
circoscritto del campo visivo), facile stancabilità,
sonnolenza, irritabilità e, nei bambini, da diminuzione
delle difese immunitarie. Possono anche manifestarsi
amenorrea, perdita della libido, disturbi gastrointestinali
e, a volte, ittero e splenomegalia. Infine si possono avere
insufficienza cardiaca o shock.
Meccanismi di adattamento (per continuare a fornire O2 ai
tessuti):
  della gittata cardiaca attraverso laa tachicardia. A causa
dell’anemia la viscosità del sangue diminuisce ed
aumenta la velocità di circolo. La pressione sistolica si
mantiene su buoni valori, ma la pressione diastolica
diminuisce, per cui il carico di lavoro sui ventricoli è solo
leggermente aumentato.
 Ridistribuzione del sangue
  della produzione di 2-3 DPG spostamento a dx della
curva di dissociazione
Anemie da eccessiva perdita ematica
Anemia postemorragica acuta:
Poiché la riserva midollare è limitata, un’anemia può conseguire
a una qualsiasi emorragia massiva associata alla rottura
spontanea, traumatica o anche dall’incisione di un vaso
sanguigno di grosso calibro, dall’erosione di un’arteria a causa di
lesioni (p. es., ulcera peptica, processo neoplastico) oppure dalla
compromissione dei normali processi emostatici.
Gli effetti immediati dipendono dalla durata e dall’entità
dell’emorragia. La perdita improvvisa di 1/3 del volume ematico
può essere fatale. Se ne può perdere fino a 2/3 senza correre tale
rischio, se ciò avviene lentamente, in un periodo di 24 h.
I sintomi sono causati dalla improvvisa riduzione del volume
ematico e dalla successiva emodiluizione, con riduzione della
capacità del sangue di trasportare l’O2.
L’andamento dell’emorragia determina l’entità dei
sintomi.
Lipotimia, capogiri, sete, sudorazione, polso debole e
frequente, tachipnea fanno parte del quadro. Un evento
comune è l’ipotensione ortostatica. Se l’emorragia
continua la PA scende a livelli critici e può
sopraggiungere la morte.
Durante e subito dopo l’emorragia, la conta dei GR, l’Hb
e l’HCT sono falsamente alti a causa della
vasocostrizione. Entro poche ore i liquidi tissutali
entrano in circolo, determinando una emodiluizione e
una caduta dei GR e dell’Hb proporzionali alla gravità
dell’emorragia. L’anemia che ne deriva è normocitica.
Anemia postemorragica cronica:
Anemia microcitica provocata da una modica ma
prolungata perdita di sangue, quale si verifica a livello di
una lesione emorragica cronica del tratto gastrointestinale
(p. es., ulcera peptica o emorroidi), oppure di una sede
emorragica dell’apparato genitourinario.
Le caratteristiche cliniche e il trattamento dell’anemia da
emorragia cronica sono quelli propri dell’ anemia
sideropenica.
Anemie da deficit nella produzione eritrocitaria
Tra le anemie da deficit di produzione eritrocitaria
tratteremo le più importanti in termini di frequenza
nella popolazione generale:
 Anemia da carenza di ferro (sideropenica)
 Anemie da carenza di vitamina B12 e acido folico
(anemia megaloblastica).
Anemia sideropenica
In Europa interessa circa il 10% delle donne in età fertile,
più del 50% nei Paesi in via di sviluppo.
È l’anemia più frequente: 80% di tutte le anemie.
L’80% delle anemie sideropeniche si riscontra nelle
donne (perché perdono Fe con la mestruazione; il
fabbisogno di Fe aumenta durante la gravidanza e
l’allattamento).
La carenza di ferro è la
principale forma di
malnutrizione
nel
mondo
colpisce circa 1,5 miliardi
di persone.
Ogni euro speso per
arricchire gli alimenti di
ferro ha un ritorno di 84
euro in
termini
di
aumento
della
produttività e decremento
degli handicap.
La carenza di ferro è
pericolosa soprattutto
per le donne in età
fertile e per i bambini,
per
le
sue
gravi
conseguenze
sulla
salute e sulla capacità di
apprendimento.
Caratteristiche di uno striscio periferico in pz con carenza di ferro
Acantociti: le forme crenate dei GR dipendono dalla osmolarità elevata del plasma
che estrae acqua dalle cellule
GR ipocromici microcitici
Schematicamente, le cause di carenza di ferro sono:
 Carenze dietetiche (in neonati e bambini, vegetariani).
 Assorbimento insufficiente: acloridria, sindrome da
gastroresezione, sindrome da malassorbimento.
 Aumento del fabbisogno (sviluppo, gravidanza,
allattamento, attività sportiva).
 Perdita di ferro: i casi di sideropenia più frequenti (80%)
sono dovuti ad emorragie croniche, tra le quali:
 Emorragie a livello del tratto digerente (ulcera, gastrite erosiva,
emorragia da varici esofagee, ernia iatale,
diverticolosi del colon, emorroidi, ecc.)
 Metromenorragie nella donna
 Emorragie da interventi chirurgici o traumi
carcinoma,
La perdita di Fe con le mestruazioni (media 0,5 mg/die), la
gravidanza (0,5-0,8 mg/die), l’allattamento (0,4 mg/die) e la
perdita di sangue (da malattia, incidenti o prelievo venoso)
conduce subito a una carenza di Fe, che si verifica
progressivamente e culmina nelle deplezione.
 Stadio 1: la perdita di Fe eccede l’assorbimento, causando una
progressiva deplezione dei depositi marziali (rappresentati dal
contenuto del Fe midollare);
 Stadio 2: i depositi di Fe, ormai esauriti, non riescono più a
soddisfare le richieste degli eritroblasti. La concentrazione
sierica del Fe decresce, portando a una progressiva riduzione
del Fe disponibile per l’eritropoiesi.
 Stadio 3: si instaura anemia con GR e indici in apparenza
normali.
 Stadio 4: sono presenti microcitosi e ipocromia.
 Stadio 5: la carenza di Fe intacca i tessuti, determinando
sintomi e segni.
In sostanza la presenza di questa patologia è indicata dai
seguenti parametri di laboratorio:
  Hb, MCHC, MCV, quindi Microcitosi ed Ipocromia.
 Anisopoichilocitosi: GR a matita.
  Sideremia (Valori normali: 37-147 mcg /100 ml).
 Ferritina: Indica la riserva organica di ferro a livello
epatico. Valori inferiori alla norma indicano, con
sicurezza, carenza di ferro e permettono la diagnosi
differenziale tra anemia sideropenica ed anemia
dovuta ad altre cause (valori normali: 20-200
mcg/100ml)
 Poiché la deficienza di Fe limita l’eritropoiesi, si
manifesta reticolocitopenia
Sintomi a carico di cute e mucose:
 Unghie fragili, incavate e concave (coilonichia), perdita diffusa di
capelli, afte orali ricorrenti, disidrosi cutanea e prurito;
 Sindrome di Plummer-Vinson: atrofia sideropenica della mucosa della
lingua, dell’orofaringe e dell’esofago, con dolori urenti e disfagia
dolorosa;
 Ragadi della commissura labiale.
Disturbi aspecifici psichici o neurologici:
 Cefalea, deficit di concentrazione, irritabilità, «restless legs»,
picacismo (abnorme desiderio alimentare di sostanze non
commestibili).
Sintomi generali dell’anemia:
 Pallore della cute (poco significativo) e delle mucose (più significativo);
 Astenia, eventuale dispnea da sforzo (diminuito apporto di O2);
 Eventuale soffio sistolico (dovuto a turbolenza del flusso, da diminuita
viscosità ematica).
Anemie megaloblastiche
Le anemie megaloblastiche sono causate da carenza di
vitamina B12 e/o acido folico, con disturbi nella sintesi
del DNA e nella maturazione del nucleo, nonché
comparsa di megaloblasti.
Le anemie megaloblastiche sono più frequenti per
carenza di vitamina B12. Incidenza: 9/100.000/anno.
Anemia da carenza di vitamina B12: macrociti spesso ovalizzati
Acido folico e vitamina B12 rivestono particolare importanza nella
sintesi dei precursori del DNA.
In mancanza di B12 non si produce DNA ma si continuare a fabbricare
RNA sintesi proteica le cellule divengono sempre più grandi e si
riscontrano nuclei giovani  rimangono tali fino agli ultimi stadi
del n. di GR 2.000.000 L.
Solitamente colpisce gli adulti con età compresa tra i 50 de i 60 anni.
Vitamina B12: la presenza del cosiddetto fattore intrinseco è
premessa necessaria per l’assorbimento di vitamina B12. Si tratta di un
glicopeptide prodotto dalle cellule parietali della mucosa dello
stomaco.
La carenza di fattore intrinseco è causa di anemia megaloblastica.
Acido folico: l’acido folico è contenuto negli alimenti (verdure,
fegato) sotto forma di poliglutammato e viene scisso, a livello
dell’intestino tenue, in monoglutammato. Tale scissione può essere
disturbata dai contraccettivi orali e da alcuni farmaci.
Cause di anemia megaloblastica:
Carenza di vitamina B12
 Carenze dietetiche (alimentazione vegetariana) (rare)
 Carenza di fattore intrinseco
 Esiti di gastroresezione
 Anemia perniciosa: caratterizzata da gastrite atrofica di tipo A con
acloridria, verosimilmente dovuta alla formazione di autoanticorpi contro
le cellule parietali gastriche e contro il fattore intrinseco stesso. È più
frequente negli anziani, F > M.
 Sindrome da malassorbimento
Carenza di acido folico
 Carenze dietetiche (alcoolismo, diete non variate in pazienti anziani)
 Aumentato fabbisogno (emolisi, gravidanza)
 Sindrome da malassorbimento
 Alterazioni del metabolismo dell’acido folico dovuti a particolari farmaci
(difenilidantoina)
 L’anemia è macrocitica, con MCV > 100 fl.
 È presente reticolocitopenia, a meno che il paziente non
sia stato trattato.
 Il midollo osseo mostra iperplasia eritroide con
modificazioni di tipo megaloblastico.
 La bilirubinemia sierica indiretta può essere elevata a
causa
dell’eritropoiesi
inefficace
e
della
sopravvivenza accorciata dei GR.
 L’analisi della vitamina B12 sierica è il metodo più
comunemente utilizzato per stabilire la carenza di
B12 come causa di megaloblastosi. Livelli < 150 pg/ml
indicano con certezza una carenza di B12.
Triade sintomatologica della carenza di vitamina B12
Sindrome ematologica:
 Sintomi generali da anemia: astenia, affaticabilità, pallore.
Sindrome gastrointestinale:
 Gastrite atrofica autoimmune di tipo A con acloridria in caso
di anemia perniciosa.
 Alterazioni trofiche della mucosa, glossite atrofica, lingua
liscia e arrossata e parestesie linguali urenti.
Sindrome neurologica:
 Degenerazione spinale, funicolare e demielinizzazione dei
cordoni posteriori (atassia spinale) e della via piramidale
(paresi spastica, segni piramidali).
 Si manifestano sintomi e segni da polineuropatia con
parestesie dolorose a carico di mani e piedi (formicolio,
andatura atassica). Eventuale areflessia delle estremità
inferiori, occasionalmente anche sintomi psicotici.
Anemie da eccessiva distruzione
eritrocitaria (Anemie emolitiche)
Emolisi: riduzione del tempo di sopravvivenza degli
eritrociti dai normali 120 giorni sino a poche settimane o
giorni.
Si distinguono: emolisi intra- ed extravascolare.
Se un concomitante incremento dell’emopoiesi
mantiene costanti i livelli di emoglobina, si parla di
emolisi compensata; altrimenti si parla di anemia
emolitica.
 Gli eritrociti più vecchi vengono rimossi dal torrente
circolatorio dopo un’emivita di 120 giorni. L’85% di questa
emolisi fisiologica avviene in sede extravascolare nel
sistema reticolo-endoteliale (SRE).
 La sede emocateretica principale è la milza. In caso di
emolisi patologica rilevante, gli eritrociti vengono distrutti
anche nel fegato e nel midollo osseo.
Tutte le emolisi croniche portano ad una stimolazione
dell’eritropoiesi con degli aspetti tipici:
 nel midollo osseo: proliferazione eritroblastica con
maturazione normale. Il rapporto leuco/eritroblastico si
sposta a favore della serie rossa.
 nel sangue periferico: reticolocitosi (a condizione che il
midollo sia normale).
Anemie emolitiche da difetti eritrocitari estrinseci:
Nessuna anomalia dei GR può essere identificata o
implicata nell’emolisi da deficit extraglobulari.
La distruzione dei GR è in rapporto a circostanze
estranee ai GR.
Le cellule del donatore vengono distrutte a una velocità
uguale a quella delle cellule autologhe.
 Anemia da iperattività del SRE (ipersplenismo):
l’ipersplenismo è caratterizzato da un aumento di volume
della milza, accompagnato da una maggiore attività filtrante
e fagocitaria a carico dei GR, leucociti e piastrine.
Malattie associate a iperplasia reticoloendoteliale sono
quelle
maggiormente
implicate
nella
genesi
dell’ipersplenismo, che può anche derivare da qualsiasi
patologia che determina splenomegalia.
La splenomegalia è il segno caratteristico dell’ipersplenismo;
la grandezza della milza è direttamente proporzionale al
grado dell’anemia. Per ogni 2 cm di milza che supera il
margine costale ci si può attendere un calo del’Hb di circa 1 g.
L’anemia e le altre citopenie sono di solito modeste e
asintomatiche, a meno che non coesistano altri meccanismi
responsabili della loro gravità.
 Anemie da alterazioni immunologiche:
 Anemia emolitica autoimmune (AEA):
L’anemia emolitica autoimmune (AEA) è identificata dalla presenza di
autoanticorpi (Ac) che reagiscono contro i GR.
L’anemia emolitica da anticorpi caldi è la forma più comune di AEA. L
’anemia è di solito grave e può essere fatale.
Questi anticorpi possono comparire spontaneamente, in associazione a talune
malattie (LES, linfomi) o dopo stimolo da parte di un farmaco (p. es., a-metildopa,
levodopa).
La malattia da anticorpo freddo (malattia da agglutinina fredda) è un’anemia
emolitica causata da un autoanticorpo che reagisce a una temperature < 37°C (di
solito < 30°C). La malattia è associata a infezioni (soprattutto polmoniti da
micoplasma o mononucleosi) e a stati linfoproliferativi.
 Anemia associata a sensibilità al complemento:
L’emoglobinuria parossistica notturna è un raro disordine caratterizzato da
episodi di emolisi ed emoglobinuria, quest’ultima più accentuata durante il sonno.
Le crisi possono essere scatenate dalle infezioni, dalla somministrazione di Fe, di
vaccini o dalle mestruazioni.
 Anemie da danno meccanico:
 Anemia
emolitica
microangiopatica)
da
trauma
(Anemia
emolitica
I GR si rompono quando sono esposti a deformazione o
turbolenza di circolo eccessive; la diagnosi è data dalla
presenza di frammenti di GR di forma strana nel sangue
periferico (p. es., triangoli o forme a elmetto).
 Anemia emolitica causata da agenti infettivi
Gli agenti infettivi possono provocare emolisi attraverso
un’azione diretta delle tossine (p. es., da Clostridium
perfrigens, da streptococchi alfa o beta emolitici o da
meningococchi) oppure per invasione e distruzione dei GR da
parte del microrganismo (p. es., Plasmodium e Bartonella sp).
Anemie emolitiche da difetti eritrocitari intrinseci:
 Anemie emolitiche da alterazioni della membrana eritrocitaria
(sferocitosi).
La sferocitosi ereditaria è una malattia cronica trasmessa come
carattere dominante e caratterizzata da emolisi di GR sferoidali,
anemia, ittero e splenomegalia. Diverse anomalie a carico delle
proteine di membrana sono responsabili delle modificazioni in
senso sferocitico.
La riduzione dell’area di superficie della cellula si ripercuote
negativamente sulla flessibilità necessaria alla cellula per passare
attraverso il microcircolo splenico. Come risultato, si verifica
emolisi nella milza.
L’ellissocitosi ereditaria (ovalocitosi) è una rara malattia
autosomica dominante nella quale i GR sono ovali o di forma
ellittica o ovalare; l’emolisi è di solito assente o minima, con anemia
modesta o assente. L’anomalia dei GR consegue ad alterazione delle
proteine di membrana.
 Anemie da alterazioni del metabolismo eritrocitario:
Deficit dello shunt degli esosi monofosfati e del metabolismo del
glutadione.
L’unico deficit di rilievo in questa via metabolica è quello della
glucoso-6-fosfato deidrogenasi (G6PD), comunemente
chiamato favismo.
Deficit della glucosio 6-fosfato deidrogenasi protezione contro
gli agenti ossidanti. L’emolisi è prevalentemente intravascolare,
l’Hb precipitata produce corpi di Heinz e conseguente danno
eritrocitario nella microcircolazione.
L’emolisi si evidenzia nella popolazione più vecchia dei GR dopo
esposizione a farmaci o altre sostanze che producono perossidi e
provocano l’ossidazione dell’Hb e della membrana del GR. Questi
agenti comprendono i salicilati, i sulfamidici, i nitrofurani, alcuni
derivati della vitamina K e, in alcuni individui di razza bianca, i
semi di fava. Tuttavia gli eventi scatenanti più comuni oltre ai
farmaci sono la febbre, le infezioni acute virali e batteriche e
l’acidosi diabetica.
 Anemie da difettosa sintesi di emoglobina.
Sono alterazioni genetiche della molecola dell’Hb che si rendono evidenti
attraverso modificazioni delle caratteristiche chimiche, della mobilità
elettroforetica o delle proprietà fisiche della proteina.
Anemia falciforme: anemia emolitica cronica ereditaria che si manifesta
quasi esclusivamente nella razza nera ed è caratterizzata da GR con forma
a falce (nel versante venoso), alterazione dovuta alla presenza di Hb S
nell’individuo omozigote. La forma deossigenata di questa emoglobina
precipita sottoforma di cristalli i quali si attorcigliano tra di loro a spirale.
Cellule falciformi, elettroforesi Hb S.
Talassemie o anemia Mediterranea: gruppo di anemie emolitiche
croniche che si manifestano in popolazioni provenienti dai paesi del
Bacino Mediterraneo e dal Sud-Est Asiatico; esse sono tutte caratterizzate
da una alterazione nella sintesi dell’Hb e da eritropoiesi inefficace.
-talassemia,
-talassemia
Cromatografia bidimensionale di (Emoglobina A) normale e mutante (cellule
falciformi, Emoglobina S)
Anemia falciforme is caused by
the substitution of a single
nucleotide base in the gene
coding for the Beta chain of
hemoglobin.
A single base pair substitution
can cause the normal aa,
glutamate (hydrophilic and
polar) to be replaced with valine
(hydrophobic and non-polar).
Result: hemoglobin is less
water-soluble, especially under
acidic conditions. It crystalizes
when the blood becomes acidic
(as from carbonic acid, during
exertion).
 Emolisi croniche
Emolisi compensata: la bilirubina plasmatica è ancora normale, la
vita media degli eritrociti è diminuita ed è compensata
dall’aumento dell’eritropoiesi (sino a 10 volte il valore normale).
Anemia emolitica: l’emolisi è maggiore della capacità di
compensazione del midollo: segni di emolisi con anemia.
I sintomi principali di emolisi cronica conclamata sono: sintomi
generali (astenia, affaticabilità, dispnea da sforzo, vertigini),
eventuale ittero, splenomegalia e calcolosi biliare pigmentata.
 Crisi emolitica acuta
 febbre, brividi, eventualmente collasso
 ittero, iperbilirubinemia
 emoglobinuria con urina color birra scura: pericolo di insufficienza renale
acuta
 tumefazione e dolore splenico, dolori lombari.
Poliglobulie
 Caratterizzate da  dei GR (6-10 milioni), dell’Hb (>18g/ml) e
dell’ematocrito (>50%).
 In condizioni normali l’eritropoiesi è regolata dall’eritropoietina (EPO),
secreta a livello renale ed il cui principale stimolo alla produzione è
rappresentato dalla ipossia tissutale.
 Un aumento della concentrazione di eritropoietina si riscontra in caso di:
— carenza sistemica di O2 (anemie, insufficienza cardiaca/polmonare)
— carenza locale di O2 (cisti renali, idronefrosi)
— ipernefroma (sintesi paraneoplastica di eritropoietina).
 Concentrazione diminuita di eritropoietina in:
— policitemia vera (proliferazione neoplastica che interessa soprattutto la
linea eritroide)
— insufficienza renale (anemia renale) in cui è assente l’aumento
dell’eritropoietina tipico delle anemie
Policitemia assoluta
 Policitemia primaria (policitemia vera o morbo di Vaquez):
malattia mieloproliferativa cronica ad esito infausto, caratterizzata da un’abnorme
proliferazione di tutte le linee cellulari midollari, in particolare da un aumento della
concentrazione dell’Hb e della massa dei GR (eritrocitosi).
C’è un aumento della produzione e del turnover dei GR, dei neutrofili e delle
piastrine.
I disturbi (debolezza, cefalea, sensazione di testa vuota, disturbi visivi,
affaticamento, dispnea) di solito possono essere attribuiti all’espansione del volume
ematico e all’iperviscosità. La faccia può essere rubizza e le vene retiniche congeste.
Comune è l’epatomegalia e più del 75% dei pazienti presenta splenomegalia.
Infine, l’attività eritropoietica si riduce nel midollo. GB immaturi e precursori dei
GR possono ritrovarsi nel sangue periferico, mentre si sviluppano marcata
anisocitosi, poichilocitosi, con microciti, ellissociti e cellule a goccia.
La PV deve essere considerata negli uomini con Htc > 54% e nelle donne con
Htc > 49%.
Senza trattamento, il 50% dei pazienti sintomatici muore entro 18 mesi dalla
diagnosi.
 Policitemia assoluta secondaria:
è caratterizzata dall’iperproduzione di eritropoietina. Può essere la
conseguenza del soggiorno ad alte quote, di malattie cardiopolmonari croniche, di shunt dx-sx, di riduzione della ventilazione
alveolare, di patologie renali.
Fumo: il fumo può causare un’eritrocitosi reversibile. La
carbossiemoglobina è una conseguenza dell’inalazione del fumo di
tabacco. L’eritrocitosi è causata dall’anossia tissutale.
Ipossiemia arteriosa: i pazienti con patologia polmonare cronica o
con shunt intracardiaci da destra a sinistra con ipossiemia possono
sviluppare un’eritrocitosi. Anche in caso di prolungata esposizione
ad alte quote o nelle sindromi da ipoventilazione centrale, può
esserci un incremento della massa eritrocitaria.
Emoglobinopatie con alta affinità per l’O2
Eritrocitosi associata a tumore: i tumori renali e le cisti possono
causare eritrocitosi dovuta all’aumentata secrezione di
eritropoietina.
Policitemia relativa
Quando l’aumento del numero di GR, dell’Hb e
dell’ematocrito non si associa ad aumento della massa
eritrocitaria totale, ma è dovuta ad una riduzione del
volume plasmatico (poliglobulia da stress, sindrome di
Gaisböck).




Poiché l’Htc è un rapporto dei GR circolanti per unità di volume di sangue
intero, un Htc elevato può essere causato da una riduzione del volume
plasmatico. Quindi, una diagnosi di eritrocitosi vera è basata sulla
dimostrazione di una massa eritrocitaria aumentata.
Nella eritrocitosi relativa (cioè, policitemia da stress, la sindrome di
Gaisböck), la massa è normale e l’aumento dell’Htc è causato da una
riduzione del volume plasmatico.
Più comune è l’eritrocitosi secondaria a patologia polmonare, a
policitemia del fumatore causata da elevati livelli di carbossiemoglobina e
a tumori producenti sostanze eritropoietiche.
Se la concentrazione arteriosa di O2 è < 92%, un’ipossia tissutale può
essere alla base dell’eritrocitosi.
La P50 (pressione parziale di O2 relativa a una saturazione dell’Hb del 50%)
rappresenta una valutazione dell’affinità dell’Hb per l’O2 ed esclude un’alta
affinità dell’Hb (un’anomalia familiare) quale causa di eritrocitosi.
 I pazienti con Policitemia Vera hanno livelli bassi o indeterminabili di
eritropoietina sierica; quelli con eritrocitosi indotta da ipossia hanno
livelli elevati; quelli con eritrocitosi associata a tumore hanno livelli
normali o aumentati.
Malattie dei globuli bianchi
 I leucociti, o globuli bianchi, sono incaricati della difesa
dell'organismo.
 La densità di leucociti nel sangue è di 4000-10000 /mm3.
I leucociti si dividono in due categorie: granulociti e
cellule linfoidi (o agranulociti). Il termine di granulociti
è dovuto alla presenza di granuli nel citoplasma di queste
cellule. I granulociti si distinguono in neutrofili,
eosinofili (o acidofili), basofili. Le cellule linfoidi, invece,
si distinguono in linfociti e monociti.
Granulociti
Derivano dal midollo osseo, il loro citoplasma è ricco di
granuli che assumono colorazioni caratteristiche e che
ne aiutano il riconoscimento. Il nucleo è raggruppato in
masserelle o lobi.
Nel sangue ci sono anche cellule immature. Esse si
distinguono per avere il nucleo meno segmentato.
I neutrofili sono molto attivi nel fagocitare batteri e sono
presenti in grandi quantità nel pus delle ferite.
I neutrofili sono i leucociti più comuni. Hanno un
diametro di 12-15 µm. Si riconoscono per il nucleo
suddiviso in 2-5 lobi. Il citoplasma è trasparente perchè ha
granuli piccoli e debolmente colorati di rosa. Nel nucleo
dei neutrofili delle femmine, è visibile un'appendice a
forma di piccola mazza. E' il secondo cromosoma X,
inattivato.
Gli eosinofili aggrediscono parassiti e fagocitano i
complessi antigene-anticorpo. Gli eosinofili sono
abbastanza rari nel sangue.
La loro dimensione è la stessa dei neutrofili. Il nucleo è
generalmente bilobato, ma sono stati osservati anche
nuclei con 3 o 4 lobi. Il citoplasma è pieno di granuli che
assumono un colore rosa-arancione caratteristico. Il
nucleo risulta ancora ben visibile.
I
basofili
secernono
sostanze
anticoagulanti,
vasodilatatrici come l'istamina e la serotonina. Anche se
possiedono capacità fagocitaria, la loro funzione principale
è quella di secernere sostanze che mediano la reazione di
ipersensibilità.
I basofili sono i leucociti più rari (meno dell'1%). Sono
relativamente piccoli: 9-10 µm di diametro. Il citoplasma è
molto ricco di granuli che prendono una colorazione
porpora scuro. Nei basofili, la quantità di granuli è tale da
nascondere il nucleo, generalmente bi-trilobato.
I granulociti assicurano la difesa cellulare aspecifica, in
particolare contro batteri e funghi.
Normalmente il 90% dei granulociti si trova nel midollo
osseo, solo il 2-3% nel sangue circolante e il resto nei
tessuti. Segnali umorali (ad es. interleuchina-1, fattore
complementare C3) provocano una mobilizzazione dei
granulociti del midollo al sangue.
Nel sangue i granulociti si dividono in un pool marginale
attorno alle pareti dei vasi ed in un pool circolante nel
sangue.
Modificazioni reattive
Una infezione batterica acuta
comporta
tipiche
variazioni a carico dei globuli bianchi e delle proteine
sieriche.
Granulocitosi neutrofila (= neutrofili > 7.500/µl):
 cause fisiologiche: neonati, stress, sovraffaticamento,
gravidanza
 infezioni: soprattutto batteriche: rari sono i casi con quota
leucocitaria normale o diminuita (tifo, brucellosi)
 infiammazione: febbre reumatica, connettiviti, pancreatite,
ascessi
 neoplasie: affezioni mieloproliferative
 necrosi tissutali: infarto cardiaco, polmonare, ustioni ed
altro
 disturbi metabolici: gotta, crisi tireotossica, coma diabetico e
uremico
 farmaci: ad es. steroidi, adrenalina, litio
 altro: in seguito a splenectomia, coliti, emorragia acuta,
emolisi acuta, traumi, shock, fumo (leucocitosi da fumo)
Eosinofilia (= eosinofili > 450/µl):
 fase di guarigione linfocitaria/eosinofila dopo infezioni
batteriche
 malattie allergiche
 malattie parassitarie si manifestano con eosinofilia
marcata (ad es. infestazioni da vermi)
 affezioni cutanee croniche
 neoplasie: ad es. malattia di Hodgkin, malattie mieloproliferative, carcinomi metastatizzati
 altre cause: ad es. sindrome di Churg-Strauss e vasculiti
da ipersensibilità, endocardite di Löffler, malattia di
Addison, ecc.
Neutropenia
 Si definisce leucopenia una riduzione del numero dei GB




circolanti al di sotto di 4000/ml.
Solitamente una leucopenia è caratterizzata da un ridotto
numero di granulociti neutrofili (Granulocitopenia;
agranulocitosi)
La riduzione del numero dei granulociti neutrofili nel
sangue comporta di solito aumentata suscettibilità alle
infezioni batteriche e fungine.
Una classificazione delle neutropenie può essere effettuata
con la conta dei neutrofili (GB totali, percentuale dei
neutrofili e dei precursori) e sul relativo rischio di infezioni:
neutropenie lievi (1000-1500/ml), moderate (500-1000/ml) o
gravi (< 500/ml).
Una neutropenia acuta, grave, secondaria a ridotta
produzione, spesso è pericolosa per la vita del paziente
immunocompromesso.
 La neutropenia acuta (che si manifesta nello spazio di
pochi giorni) spesso si sviluppa quando l'utilizzo dei
neutrofili è rapido e la produzione carente. La
neutropenia cronica (con durata di mesi o anni) in
genere deriva da una ridotta produzione o da un
eccessivo sequestro splenico di neutrofili.
 La neutropenia può essere classificata a seconda che sia
un epifenomeno di fattori estrinseci alle cellule mieloidi
midollari o un difetto intrinseco presente nei
progenitori mieloidi.
Neutropenia secondaria
 La neutropenia indotta da farmaci può essere dovuta a diversi
meccanismi sottostanti (immunologici, tossici, idiosincrasici o reazioni
di ipersensibilità) e deve essere differenziata dalla neutropenia grave
che si sviluppa prevedibilmente dopo la somministrazione di grandi
quantità di farmaci citoriduttivi antineoplastici o a seguito di
radioterapia e da quella causata da infezioni virali.
 La carente produzione di neutrofili può avvenire quando una
leucemia, un mieloma, un linfoma o tumori solidi metastatici (p. es.,
della mammella, della prostata) infiltrano e sostituiscono il midollo
osseo.
 Una neutropenia transitoria spesso accompagna le infezioni virali
(p. es., stadio iniziale della mononucleosi infettiva) e la sepsi è una
causa particolarmente grave di neutropenia.
 Neutropenia cronica spesso accompagna l'infezione da HIV, il
risultato di una carente produzione di neutrofili e di una accelerata
distruzione di neutrofili da parte di anticorpi. Neutropenie
autoimmuni possono associarsi alla presenza di anticorpi circolanti
antineutrofili e possono manifestarsi isolatamente o con malattie
associate.
 Neutropenia causata da difetti intrinseci delle cellule
mieloidi o nei loro precursori: questo tipo di
neutropenia non è comune. La neutropenia ciclica è un
raro disordine granulocitopoietico congenito. Può essere
trasmesso in modo autosomico dominante ed è
caratterizzato da irregolari, periodiche oscillazioni del
numero dei neutrofili periferici.
 La neutropenia cronica idiopatica rappresenta un
gruppo di non comuni disordini che coinvolgono cellule
staminali commissionate della serie mieloide; sono
presenti un normale numero di precursori dei GR e delle
piastrine. Non è presente splenomegalia.
 Il grado di suscettibilità alle infezioni è quasi proporzionale
alla conta ematica dei neutrofili nei pazienti con conte
assolute dei neutrofili < 500/ml.
Alcuni pazienti con neutropenia cronica con conte dei
neutrofili < 200/ml non hanno esperienza di molte
infezioni gravi, probabilmente poiché il resto del sistema
immunitario rimane intatto. Comunemente, tuttavia, i
pazienti con neutropenia ciclica o neutropenia grave
congenita presentano ulcere orali, stomatiti o faringite
associata a ingrandimento linfonodale nel corso degli
stati di grave neutropenia. Si manifestano spesso
polmoniti e periodontiti croniche.
I pazienti la cui neutropenia è secondaria a disordini di
produzione acquisiti, derivanti da cancro o da
chemioterapia, sviluppano con maggiore probabilità
gravi infezioni batteriche, poiché il loro sistema
immunitario è globalmente compromesso.
La diagnosi di neutropenia di solito si sospetta in un
paziente con infezioni frequenti, gravi o usuali e viene
confermata da basse conte ematiche.
Durante l'esame obiettivo, particolare attenzione deve
essere diretta ai più comuni siti primari di infezione:
spesso le superfici mucose, quali il tratto alimentare
(gengive, faringe), dove il danno indotto dalla
chemioterapia può consentire l'invasione di organismi
colonizzanti o la pelle, dove cateteri vascolari possono
fungere da porta di infezione. Altri siti comuni di
infezione includono i polmoni, il peritoneo, i siti di
aspirazione del midollo osseo e di prelievo venoso e le
unghie.
Linfociti
I linfociti hanno la dimensione di 7-15 micrometri con un
nucleo rotondeggiante, un citoplasma scarso e pochi
granuli. Svolgono un ruolo molto importante nel sistema
immunitario: hanno il compito di reagire in modo
specifico nei confronti di qualsiasi agente estraneo, o
antigene. Si parla in questo caso di attivazione del linfocita
e linfociti attivati si possono ritrovare in molti tessuti. I
Linfociti derivano dalla cellula staminale multipotente e a
seconda del luogo, all'interno dell'organismo, nel quale
avviene la maturazione cellulare, si ottengono due linee
linfocitarie ben distinte: i linfociti B e i linfociti T.
Linfociti T
 Prendono nome dal fatto che, dopo essere stati prodotti nel midollo
osseo, migrano nel timo, dove avviene la loro maturazione, per cui i
linfociti T imparano a riconoscere le cellule dell’organismo.
I linfociti T maturi possono essere divisi in due tipi fondamentali.
 I linfociti T helper, che per riconoscere l’antigene devono venire in
contatto con cellule macrofagiche che „presentino“ loro l’antigene.
Quando viene in contatto con il macrofago, il linfocita T helper può
riconoscere specificamente i frammenti della struttura antigenica
demolita ed esposta all’esterno: questo evento attiva il linfocita T
helper, che quando reincontra la struttura antigenica secerne una
inteleuchina-2.
A sua volta, l’interleuchina-2 secreta dai linfociti T helper attiva quei
linfociti T citotossici che abbiano anch’essi riconosciuto lo stesso
antigene, inducendoli a dividersi e a dare origine a un clone di cellule
citotossiche, capaci di uccidere specificamente tutte le cellule che
presentano quell’antigene.
Linfociti B
 Nell’organismo umano, i linfociti B maturano nello stesso organo in cui
nascono, il midollo osseo. In seguito alla loro maturazione passano nel
circolo sanguigno, ma, essendo cellule più sedentarie dei linfociti T,
tendono a localizzarsi nei linfonodi.
 Un linfocita B maturo viene attivato dal contatto con l’antigene che si
lega specificamente alle immunoglobuline della classe IgM e IgD
esposte sulla sua membrana. In seguito a questo contatto specifico, il
linfocita B diviene suscettibile a una serie di molecole segnale
(linfochine) rilasciate da un linfocita helper, che abbia a sua volta
riconosciuto lo stesso antigene. Il legame di queste linfochine con i loro
recettori specifici, espressi sulla membrana dei linfociti B, induce il
linfocita B a dividersi attivamente e a generare un clone di cellule figlie.
Da queste prenderanno origine due tipi di cellule:
 le plasmacellule: cellule a vita breve, capaci di produrre e secernere
una gran quantità di anticorpi, e destinate a morire una volta
cessata questa funzione;
 I linfociti B memoria sono cellule con una vita molto lunga, con il
compito di mantenere il „ricordo“ dell’antigene che è stato
riconosciuto per la prima volta dalla cellula capostipite del clone.
Linfocitosi
 Linfocitosi assoluta (> 4.000/µl):
1. reattiva:
 infezioni virali (ad es. mononucleosi infettiva,
rosolia, ecc.)
 «fase di guarigione linfocitaria» di infezioni
batteriche
 tubercolosi, sifilide, pertosse, malattia di Bang;
spesso i bambini reagiscono a varie infezioni con
una linfocitosi reattiva.
2. neoplastica: leucemia linfatica cronica (LLC).
Linfocitopenia
 Una conta linfocitaria totale < 1000/ml negli adulti
o < 3000/ml nei bambini < 2 anni.
 La conta linfocitaria normale negli adulti è 1000-
4800/ml e nei bambini con meno di due anni,
3000-9500/ml.
 La linfocitopenia congenita può essere associata
a malattie da immunodeficienza congenita, che
possono anche avere un'anomalia quantitativa o
qualitativa della cellula staminale che determina
una linfocitopoiesi insufficiente.
 Limfocitopenia associata ad altre cause, quali la
sindrome di Wiskott-Aldrich, può derivare da una
accelerata distruzione di cellule T. Un meccanismo
simile è presente in pazienti con deficit di
adenosina- deaminasi e deficit di purinnucleoside-fosforilasi.
 La linfocitopenia acquisita si riferisce alle sindromi associate a
deplezione di linfociti ematici non secondaria a malattie congenite.
L'AIDS è la più comune malattia infettiva associata a linfocitopenia, che
deriva da distruzione dei linfociti T CD4+ infettati dall'HIV.
 La linfocitopenia può anche riflettere un'insufficiente produzione e
proliferazione linfocitaria derivante dalla distruzione della normale
architettura timica o linfoide. Altre affezioni virali e batteriche possono
associarsi a linfocitopenia.
 La linfocitopenia jatrogena è causata dalla chemioterapia citotossica,
dalla radioterapia
antilinfocitaria.
e
dalla
somministrazione
di
globulina
 I glucocorticoidi possono causare linfocitopenia attraverso distruzione
cellulare.
 La linfocitopenia, in genere, non causa sintomi ed è generalmente
messa in evidenza durante la diagnosi di altre
particolarmente infezioni virali, fungine o parassitarie.
affezioni,
 I pazienti linfocitopenici sperimentano infezioni ricorrenti, spesso
presentano risposte inusuali ad agenti infettivi benigni o sviluppano
infezioni da organismi inusuali. Una polmonite da Pneumocystis
carinii, da citomegalovirus, da rosolia o da varicella suggerisce una
potenziale immunodeficienza; una polmonite determinata da una di
queste infezioni è spesso fatale.
 Questi pazienti presentano anche una più alta incidenza di tumori
maligni e di disordini autoimmuni. Essi possono avere tonsille o
linfonodi assenti o di ridotte dimensioni, indicativi di
immunodeficienza cellulare; anomalie cutanee, quali alopecia, eczema,
piodermiti o telangiectasia; evidenza di malattia ematologica, come
 La linfocitopenia associata a stress, somministrazione di
corticosteroidi, chemioterapia o irradiazione è, di solito,
reversibile quando è rimosso l'agente o il fattore
scatenante. L'efficace trattamento della malattia di base
associata alla linfocitopenia (p. es., malattia infettiva,
infiammatoria e tumorale maligna) di solito determina un
aumento della conta dei GB.
 Il trattamento ottimale dei pazienti con malattia da HIV
richiede l'identificazione e il trattamento delle infezioni
attive, profilassi primaria e secondaria per prevenire
infezioni opportunistiche e il trattamento dell'infezione
EMOSTASI
 L’emostasi normale è il processo attraverso il quale è mantenuta
la fluidità del sangue nel sistema vascolare ed è consentita,
quando e dove necessario (es. ferite, rotture dei vasi sanguigni),
la rapida formazione di un solido tappo per tamponare
l’emorragia.
 In condizioni di normalità c'è un continuo equilibrio fra fattori
preposti a favorire la coagulazione locale del sangue ed i fattori
che la controbilanciano (fibrinolisi).
 La salvaguardia dell'integrità della circolazione sanguigna è
regolata da un complesso sistema di processi fisiologici
multifattoriali che coinvolgono:
 piastrine
Se per situazioni congenite o acquisite si
verifica una alterazione di questi equilibri si
possono determinare:
 Condizioni di ipercoagulabilità (trombosi)
 Fuoriuscita di sangue dai vasi sanguigni
(emorragie)
Dal punto di vista temporale
dell’emostasi si articola in:
1.
il
meccanismo
Breve periodo di VASOCOSTRIZIONE dovuto a
meccanismi neurogeni riflessi e forse accentuato da
fattori umorali come l’endotelina, un potente
vasocostrittore di origine endoteliale.
Tale contrazione è finalizzata alla riduzione
tempestiva ma momentanea della perdita di sangue
2. La lesione endoteliale espone il tessuto connettivo
subendoteliale altamente trombogenico, al quale le
piastrine
aderiscono
iniziando
la
cosiddetta
attivazione. Le piastrine attivate cambiano forma e
liberano ADP, trombossano A2 e serotonina.
Sono così reclutate altre piastrine, che si aggregano
alle prime e formano il tappo piastrinico: ciò avviene
entro pochi minuti dalla lesione. E’ l’EMOSTASI
3. Il rilascio di fattori tissutali nella sede della lesione attiva
la sequenza della coagulazione del plasma, che culmina
nella formazione della trombina (dalla protrombina).
La trombina converte il fibrinogeno in fibrina, stimolando
un ulteriore reclutamento di piastrine. Tutto ciò richiede
tempo: è l’EMOSTASI SECONDARIA, che porta alla
formazione di una massa solida di fibrina e piastrine
(tappo emostatico) a tamponare stabilmente l’emorragia.

La funzione principale di tutta questa serie di eventi è
quella di fornire una risposta rapida e localizzata che
consenta la formazione di un tappo emostatico efficiente
I meccanismi di regolazione dell’emostasi coinvolgono quindi:
 componenti cellulari e umorali del sangue circolante
componenti cellulari: piastrine e leucociti
componenti umorali:
della fibrinolisi
fattori plasmatici della coagulazione e
sistema delle chinine
sistema
del
complemento
inibitori
 componenti dell’endotelio vasale (cellule endoteliali)
 reazioni
vasomotorie
che
influenzano
l’emodinamica:
La fase vascolare-piastrinica
 A seguito di una lesione vasale e della conseguente soluzione di continuità nelle
strutture dell’endotelio, si verifica una immediata vasocostrizione riflessa
accompagnata dal rallentamento del flusso ematico.
 Segue una immediata adesione delle piastrine all’endotelio attivata dalla
esposizione delle fibrille di collagene della membrana basale dello strato
subendoteliale del vaso (mediata da ADP e dal von Willebrand Factor, vWF)
 L’adesione piastrinica provoca la “metamorfosi delle piastrine” le quali liberano
così sostanze in grado di regolare la vasocostrizione/vasodilatazione del vaso
(serotonina, fosfolipidi), sostanze che facilitano l’aggregazione piastrinica (TG), sostanze che regolano il complesso inibitore AT-III/Eparina (PF4) o che
attivano la cascata coagulatoria (fattore piastrinico P3)
 Segue l’aggregazione delle piastrine con conseguente formazione del cosiddetto
“trombo bianco” che rappresenta il primo tappo emostatico
La fase coagulatoria
 La lesione del vaso provoca l’attivazione a cascata dei processi
che portano alla formazione di un coagulo in grado di riparare
più efficacemente e stabilmente la lesione del vaso stesso.
 L’esposizione di molecole cariche negativamente da parte
del’endotelio danneggiato induce l’attivazione per contatto della
via intrinseca della coagulazione (FXII); la liberazione della
tromboplastina tessutale da parte dei tessuti danneggiati attiva la
via estrinseca (FVII). Per entrambi i processi è fondamentale la
liberazione di fosfolipidi da parte delle piastrine (P3).
 Sia l’attivazione della via intrinseca sia di quella estrinseca
provocano l’attivazione a cascata di numerosi fattori che
La fibrinoformazione
 Il punto finale del processo coagulativo è la produzione del
coagulo di fibrina.
 La Trombina distacca due frammenti polipeptidici dalle
catene Aa e Bb del fibrinogeno (detti FPA e FPB).
 Si ottengono così dei monomeri di fibrina (FM) che
tendono a polimerizzare dando origine a molecole di
fibrina solubile che, per azione del FXIII, si stabilizza in
fibrina insolubile.
 Strettamente connesso al sistema emocoagulativo è il

Il tempo di tromboplastina parziale (PTT): è sensibile a deficit di circa il 30-40% di tutti i
fattori della coagulazione eccetto che per i fattori VII e XIII. Con rare eccezioni, un
risultato normale esclude l’emofilia.
L’eparina prolunga il PTT e quest’ultimo viene utilizzato spesso per il monitoraggio della
terapia eparinica. Un tempo prolungato può anche essere causato da un deficit di uno o
più fattori della coagulazione o dalla presenza di un inibitore di un fattore della
coagulazione (p. es., un anticoagulante che inibisce il fattore VIII) o di un inibitore del
fosfolipide procoagulante.
 Nel test del tempo di protrombina (PT): Il test individua i casi in cui siano presenti
anomalie dei fattori V, VII e X, della protrombina e del fibrinogeno; il PT normale varia
da 10 e 12 sec, in rapporto al particolare reagente impiegato contenente fattore tissutale e
di altri dettagli tecnici. Un PT più lungo di 2 s rispetto al valore normale, di controllo del
laboratorio, deve essere considerato anormale e ne va indagato il motivo.
Il PT è un esame utile per lo screening di disturbi della coagulazione in varie condizioni
acquisite (p. es., carenza di vitamina K, epatopatie, CID). Il PT viene anche impiegato per
controllare la terapia con anticoagulanti cumarinici.
Il range terapeutico del PT dipende dalla tromboplastina utilizzata in ogni laboratorio.
 Il rapporto internazionale normalizzato (INR, valore normale 0,9-1,1) è stato introdotto
dalla WHO per standardizzare internazionalmente il controllo della terapia
anticoagulante. L’INR è il rapporto del PT del paziente rispetto al controllo elevato
Disordini dell’emostasi e della
coagulazione
Malattie caratterizzate da una tendenza al
sanguinamento.
Disordini della coagulazione ereditari
Emofilia
Forme comuni di disordini emorragici ereditari causate da deficit di
fattore VIII, IX o XI della coagulazione.
L’emofilia A (deficienza del fattore VIII), che colpisce circa l’80% degli
emofiliaci e l’emofilia B (deficienza del fattore IX) hanno identiche
manifestazioni cliniche, anomalie dei test di screening, così come identica
trasmissione genetica, legata al cromosoma X. Il dosaggio degli specifici
fattori è necessario per distinguere le due forme.
Poiché i geni dei fattori VIII e IX sono localizzati sul cromosoma X,
l’emofilia colpisce pressoché esclusivamente i maschi. Le figlie degli
emofilici saranno portatrici obbligate, mentre tutti i figli maschi saranno
normali. Ciascun figlio maschio di una portatrice avrà il 50% delle
possibilità di essere emofilico e ciascuna figlia ha il 50% delle possibilità
Malattie coagulative ereditarie rare
Esistono altre condizioni di deficit ereditario di fattori della coagulazione.
La maggior parte è costituita da rari stati di tipo autosomico recessivo che
causano la malattia solo nella condizione omozigote.
Il deficit di Fattore XI è inusuale nella popolazione generale ma comune
nei discendenti degli Ebrei europei (frequenza del gene, 5-9%).
Un disordine emorragico caratterizzato da sanguinamento da lesione
(trauma o chirurgia) si verifica negli omozigoti e nei doppi eterozigoti e
occasionalmente negli eterozigoti.
Un altro importante disordine deriva da una deficienza di α2antiplasmina, il principale inibitore fisiologico della plasmina.
Il dosaggio specifico dell’α2-antiplasmina mostrerà valori dell’1-3% del
range normale. La profilassi con acido δ-aminocaproico o acido
tranexamico correggerà la tendenza emorragica.
Un eterozigote, con un tasso di α2-antiplasmina nel 30-40% del valore
normale, può presentare un eccessivo sanguinamento chirurgico, se si
Coagulopatie
Disordini della
coagulazioneacquisite
correlati a malattie
epatiche
Malattie
epatiche
danneggiando
la
possono
sintesi
dei
disturbare
fattori
l’emostasi
coagulativi,
aumentando la fibrinolisi o causando trombocitopenia.
Nei pazienti con epatite fulminante o con fegato grasso
acuto in corso di gravidanza, l’emostasi è disturbata a
causa della ridotta produzione e del consumo di fattori
della coagulazione nei trombi intravascolari.
Coagulazione intravascolare disseminata (CID, coagulopatia da consumo)
Anomala generazione di fibrina nel sangue circolante.
La coagulazione intravascolare disseminata (CID) consegue generalmente
all’ingresso o alla formazione nel circolo ematico di materiale con attività di
fattore tissutale (TFA), che dà inizio alla coagulazione.
Di solito la CID si verifica in una delle seguenti quattro condizioni cliniche:
1.
In corso di complicanze ostetriche, abruptio placentae, nell’aborto
terapeutico indotto con soluzione fisiologica, nella sindrome da ritenzione
del feto morto e nella fase iniziale dell’embolia amniotica. Materiale uterino
con attività di fattore tissutale ha accesso al circolo materno.
2.
In corso di infezioni, soprattutto da gram -, la cui endotossina causa
generazione di attività di fattore tissutale sulla membrana citoplasmatica dei
monociti e delle cellule endoteliali.
3.
In presenza di neoplasia: particolarmente in caso di adenocarcinomi
secernenti mucina del pancreas e della prostata e della leucemia
Disordini della coagulazione da anticoagulanti circolanti
Gli anticoagulanti circolanti sono sostanze endogene che inibiscono la
coagulazione.
Tali
sostanze
sono
generalmente
anticorpi
che
neutralizzano l’attività di uno dei fattori della coagulazione (p. es., un
anticorpo contro il fattore VIII o il fattore V) o l’attività del fosfolipide
procoagulante.
Raramente gli anticoagulanti circolanti sono glicosaminoglicani con
attività anticoagulante eparino-simile derivante dalla loro capacità di
aumentare l’attività dell’antitrombina III. Tali anticoagulanti eparinosimili si rilevano soprattutto in pazienti con mieloma multiplo o altre
affezioni neoplastiche maligne ematologiche.
Disordini trombotici
Malattie caratterizzate da formazione di un trombo
che ostruisce il flusso ematico vascolare localmente
o che si stacca ed embolizza per interrompere il
flusso ematico a distanza (tromboembolismo).
I trombi sono masse meccaniche che si formano all’interno del sistema
cardiovascolare o sulla superficie endovascolare o protesica denudata. Sono
composti di fibrina insolubile, piastrine depositate, GB che si accumulano e GR
intrappolati in assetti variabili dipendenti dal flusso.
La formazione del trombo è un processo multifattoriale che coinvolge molti fattori
genetici e ambientali mutualmente interattivi.
Dei pazienti con trombosi venosa profonda dimostrata venograficamente, il 2550% presenta un fattore genetico predisponente. Un meccanismo anticoagulante
geneticamente difettoso (p. es., resistenza alla proteina C attivata,
iperomocisteinemia, deficit di proteina C, deficit di proteina S, deficit di
antitrombina III, insufficiente fibrinolisi), quando combinato con uno stimolo
trombotico (p. es., chirurgia, gravidanza, uso di contraccettivi orali, anticorpi
antifosfolipidi), è sufficiente per sviluppare un tromboembolismo venoso.
La terapia antitrombotica include l’uso di farmaci trombolitici, farmaci
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
Resistenza del fattore V alla proteina C attivata
Iperomocisteinemia
Deficit di proteina C
Deficit di proteina S
Carenza di antitrombina
Ridotta fibrinolisi
Sindrome da fosfolipidi
Aterosclerosi




Altri fattori predisponenti:
Stasi
Danno tissutale da trauma e da atto chirurgico
Neoplasie
Processi infiammatori cronici
Piastrine
Le piastrine non sono vere cellule. Sono prodotte per gemmazione
dai megacariociti. Sono dischetti di piccole dimensioni (circa 3
µm).
La principale funzione delle piastrine, o trombociti, è di fermare la
perdita di sangue nelle ferite (emostasi).
Anche se appaiono di forma tondeggiante, le piastrine non sono
propriamente delle cellule.
Negli strisci colorati con il giemsa, hanno un colore porpora
intenso. Il loro diametro è di circa 2-3 µm, quindi sono assai più
piccole degli eritrociti.
Patologie piastriniche possono causare una difettosa
formazione dei coaguli emostatici e sanguinamenti:
 Riduzione
del
numero
delle
piastrine
(trombocitopenia)
 Ridotta
funzione
numero
normale (disfunzione piastrinica).
piastrinica,
nonostante un
Trombocitemia
Una quantità di piastrine sotto il normale range di
140000-440000/ml.
Trombocitemia essenziale (Trombocitemia primitiva)
 Malattia caratterizzata da un aumento delle piastrine, da
iperplasia megacariocitica e da diatesi emorragica o trombotica.
 La trombocitemia primitiva è un’anomalia clonale di una cellula
staminale emopoietica multipotente.
 Si manifesta di solito tra i 50 e i 70 anni e colpisce in ugual
misura sia gli uomini che le donne.
 Il notevole aumento della conta delle piastrine risulta da un
aumento della loro produzione.
 La sopravvivenza delle piastrine è generalmente normale, ma
Trombocitemia secondaria
 La trombocitemia secondaria è un processo reattivo.
 La conta piastrinica è < 1 - 106/µl e la causa può essere ovvia
sulla base dell’anamnesi o dell’esame clinico
 I test di funzione piastrinica di solito risultano normali.
Tuttavia,
in
malattie
mieloproliferative,
un’anomala
aggregabilità piastrinica si rileva in circa il 50% dei
pazienti.
 La terapia della trombocitemia secondaria è rappresentata
Trombocitopenia
Una quantità di piastrine sotto il normale range di
140000-440000/ml.
 Una trombocitopenia può essere espressione di:
 una ridotta produzione piastrinica
 sequestro splenico
 aumentata distruzione
 utilizzazione o diluizione piastrinica.
 Indipendentemente dalla causa, una grave trombocitopenia
provoca un quadro emorragico tipico:
 petecchie multiple cutanee, evidenziabili in particolare verso
l’estremità inferiore delle gambe e di piccole ecchimosi sparse in
seguito a traumi di lieve entità
 sanguinamenti delle mucose (epistassi, emorragie del tratto GI,
Disfunzioni piastriniche
 In alcune malattie la conta piastrinica può risultare
normale, ma le piastrine possono essere incapaci di
formare normalmente coaguli emostatici, prolungando il
tempo di sanguinamento.
 L’alterata funzione piastrinica può conseguire a un difetto
intrinseco piastrinico o a un fattore estrinseco che alteri la
funzione di piastrine per il resto normali.
 I difetti possono essere ereditari o acquisiti. I test delle fasi
della coagulazione dell’emostasi
(p.
es.,
tempo di
tromboplastina parziale e tempo di protrombina [PT])
Difetti ereditari della funzione piastrinica
 Quando dall’anamnesi dell’infanzia di un paziente risulta
una facilità alle ecchimosi e alle emorragie dopo estrazioni
dentarie, tonsillectomia o altri interventi chirurgici, il
rilievo di una normale conta piastrinica con un prolungato
tempo di sanguinamento suggerisce un difetto ereditario
della funzione piastrinica.
 La causa può essere la malattia di Von Willebrand, la più
comune malattia emorragica ereditaria, o un difetto
intrinseco piastrinico ereditario, che è molto meno
Difetti piastrinici acquisiti
 Molti disordini clinici (p. es., malattie mieloproliferative e disordini
mielodisplastici, uremia, macroglobulinemia e mieloma multiplo,
cirrosi e LES) possono anche influenzare la funzione piastrinica.
 L’aspirina, che allunga di poco il tempo di sanguinamento in molte
persone sane, lo può allungare marcatamente in pazienti con una
sottostante disfunzione piastrinica o con una grave alterazione della
coagulazione.
 Le piastrine possono presentare una disfunzione, portando a un
allungamento del tempo di sanguinamento, come si verifica quando il
sangue passa attraverso un ossigenatore a pompa durante interventi
cardiochirurgici di bypass.
 I pazienti con uremia causata da insufficienza renale cronica possono
presentare un lungo tempo di sanguinamento per motivi sconosciuti.
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