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BOTTICELLI Botticelli, soprannome del pittore Sandro Filipepi (1445

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BOTTICELLI Botticelli, soprannome del pittore Sandro Filipepi (1445
BOTTICELLI
Botticelli, soprannome del pittore Sandro Filipepi (1445-1510), è l’artista fiorentino che più
contribuì alla crescita del Rinascimento, dopo l’eroica stagione di Brunelleschi, Donatello e
Masaccio, nei primi decenni del Quattrocento. Tutta la sua attività si è svolta nel capoluogo toscano,
all’ombra dei Medici e nel clima neoplatonico che caratterizzò la cultura fiorentina di quegli anni.
Firenze è ora una città matura, ricca, consapevole della propria superiorità. L’arte è una
affermazione di serena perfezione, e così è anche la pittura di Botticelli, il quale contribuì in
maniera determinante anche ad un’altra inversione di tendenza: la pittura diviene ora sempre più di
moda rispetto alla scultura che, fino a questo momento, aveva avuto quasi il primato nella
produzione artistica figurativa.
Dopo un apprendistato condotto probabilmente presso la bottega di qualche orafo, iniziò l’attività
pittorica come aiuto di Filippo Lippi. Da quest’ultimo, così come da Andrea Verrocchio e da
Antonio del Pollaiolo, subì notevoli influenze nella sua prima attività, ma da subito il suo stile si
rivelò per essere superiore a quello dei suoi maestri. A 25 anni realizzò la sua prima opera
importante, «La Fortezza», eseguita nel 1470 su commissione dell’Arte della Mercanzia. Intanto
entrava nell’orbita della famiglia Medici, e tramite loro veniva in contatto con la migliore società
intellettuale fiorentina di quel tempo, quali il Poliziano, Marsilio Ficino e molti altri.
Nel 1472 realizzò il dittico di «Giuditta e Oloferne», e successivamente una serie di ritratti, tra cui
quelli di Giuliano de’ Medici, e il ritratto di giovane con medaglia. Nel 1477 dipinse per la chiesa di
Santa Maria Novella l’«Adorazione dei Magi».
Dal 1478 ebbe inizio la serie delle allegorie e dei miti antichi: «La Primavera» del 1478, «Pallade
doma il centauro» del 1482, «Venere e Marte» del 1483 e la «Nascita di Venere» del 1484. In
questo stesso periodo, 1481-82, venne chiamato a Roma per collaborare agli affreschi della
Cappella Sistina. Sono questi gli unici lavori che realizzò lontano da Firenze. In seguito la sua
produzione pittorica continuò con costanza, ma senza grandi variazioni, restando sempre ancorata al
suo stile fatto di atmosfere di raffinata eleganza e di affascinanti figure. La scelta dei soggetti subì
invece una variazione, tornando a prevalere i soggetti religiosi sui temi mitologici, sintomo questo
anche di una variazione dei tempi, quando, con la scomparsa di Lorenzo de’ Medici (1492),
conobbe una pausa d’arresto quell’umanesimo più antichizzante e laico che aveva caratterizzato la
corte del Magnifico.
OPERE
1) LA NASCITA DI VENERE
In quest’opera Venere viene descritta secondo la narrazione canonica: nasce da una conchiglia e
viene portata a terra dai venti propizi che soffiano alle sue spalle; sta per essere accolta a terra nel
drappo fiorito tenuto da una fanciulla. Il volto di tale fanciulla evoca il volto di Flora (rappresentato
nella Primavera), a sinistra i volti delle due figure evocano quelli di Zeffiro e Claris (anch’essi
raffigurati nella Primavera).
Quando Botticelli realizza quest’opera, sono passati alcuni anni dalla Primavera: si osserva una
semplificazione e una riduzione alla bidimensionalità. Questo si può osservare nelle onde del mare,
le quali risultano dalla somma di una serie di V che non danno però un senso di profondità ma di
piattezza; questo appiattimento è visibile anche nel corpo di Venere. Per esaltare la bellezza di
Venere, Botticelli mette in atto i suoi processi di trasformazione: le mani e gli arti sono studiati e
composti in modo artificioso. Le braccia di Venere sono infatti esageratamente lunghe, così come le
spalle sono cadenti, vi sono esagerazioni nella struttura dei piedi, che però nell’insieme rendono la
figura bella ed unica. L’associazione di Venere alla conchiglia è legato anche a questo: le perle più
belle contengono de
lle deformazioni, per cui le imperfezioni di Venere la rendono espressione di bellezza rara.
2) PALLADE DOMA IL CENTAURO
Fa parte del trittico con la Primavera e la Nascita di Venere. Il centauro sembra timoroso e pentito
nei confronti della dea che, imperturbabile lo trattiene per i capelli e lo domina. Pallade ha un abito
che simula la natura: rami di alloro decorano la parte superiore. Il centauro, nella mitologia classica,
rappresenta l’istinto che non viene governato dalla ragione (infatti il centauro è caratterizzato dalla
parte inferiore di animale e quella superiore di uomo). I centauri compaiono in altre famose
raffigurazioni come nel Partenone (metope). I greci consideravano centauri i nemici, per cui ne
veniva accentuata la bruttezza, la bestialità. In quest’opera si vuole insegnare che ragione ed
equilibrio devono sempre avere la meglio sull’istinto, quindi l’opera ha una valenza morale. Il volto
di Pallade Atena in realtà è un chiaro calco di un volto famoso, ossia quello di Lorenzo dei Medici,
considerato espressione dell’equilibrio e della diplomazia fatta persona. Quindi Botticelli adegua il
volto di Pallade usando i tratti di quello dei Lorenzo dei Medici, attribuendo anche un valore
politico all’opera. Le decorazioni sull’abito di Pallade nella parte inferiore sono degli anelli con il
diamante, uno degli attributi dell’araldica dei Medici, quindi Botticelli vuole esaltare tutti i Medici e
il loro valore.
3) LA CALUNNIA (1492-1493): si trova nella galleria degli Uffizi.
È una riproposta in chiave rinascimentale di un’opera antica di un autore greco, Apelle. Botticelli
parte dalla traduzione di un testo di Luciano fatta da Leon Battista Alberti. La calunnia è una
maldicenza che compromette l’onore di chi è vittima ed è fondata sulla falsità. In quest’opera si
parla di una maldicenza che ha condotto una persona (Apelle) davanti ad un giudice subendo una
condanna ingiusta. Botticelli dà forma e visibilità ad una storia: in quest’opera sono rappresentati un
uomo con orecchie grandissime, ai cui lati vi sono due femmine, una chiamata Ignoranza l’altra
Sospetto; più avanti c’è un’altra donna, Calunnia, di bell’aspetto, che traina un garzonetto che
stende le mani al cielo; altre due femmine accompagnano la Calunnia (Insidia e Frode); dietro segue
Penitenza, vestita con vesti da funerale e dietro ancora una fanciulletta tutta vergognosa, la Verità. I
personaggi quindi sono tutte personificazioni di stati d’animo.
Vediamo ora che significato hanno i vari personaggi: il cattivo giudice è re Mida, con le orecchie
d’asino, in cui soffiano l’Ignoranza e il Sospetto, che dominano la mente impedendo un giudizio
giusto. Davanti il giudice c’è chi deve essere giudicato, preda della calunnia. La calunnia è bella
d’aspetto ma astuta, perché la calunnia deve piacere per diffondersi. La calunnia nasce a causa del
livore, stato d’animo rancoroso, invidioso, nasce dal risentimento: il livore è rappresentato come un
uomo nero, sporco, sembra un soldato di ventura dimagrito per gli sforzi. La calunnia è
accompagnata da due figure che le intrecciano i capelli: l’insidia e la frode. Fare nodi
nell’iconografia antica significa fare intrighi, complottare. La verità potrà trionfare solo nell’aldilà,
nel mondo ideale. La fanciulla nuda (la verità) rimanda alla tipologia di Venere ma è l’immagine
della nuda verità che quindi non ha abiti, non ha niente da nascondere. Sullo sfondo si vedono
elementi architettonici: si vedono archi romani; nell’elaborazione di Botticelli c’è un intreccio di
elementi antichi, greci e romani. Nel Rinascimento infatti non si vede la differenza tra mondo greco
e romano, c’è solo l’antico, che viene ricomposto.
Questo dipinto dà una serie di segnali su un cambiamento delle modalità espressive di Botticelli: la
serenità della Primavera, del Magnificat, l’equilibrio, l’eleganza, diminuiscono; Botticelli lavora su
soggetti più inquietanti e difficili; inizia un ripensamento dell’antico, che guarda in modo diverso
fino ad abbandonare i soggetti classici e mitologici, legati a un passato pagano, fino a considerare
solo soggetti con significato religioso e cristiano. La calunnia, infatti, è espressione di una crisi di
valori, di una crisi morale.
Da qui in avanti Botticelli elabora un nuovo stile: esempi:
4) NATIVITA’ MISTICA
rappresenta appunto la natività; alla base del dipinto, si vedono uscire dal terreno dei diavoli.
La Vergine Maria è molto alta. La prospettiva è ribaltata: le figure in basso sono più piccole
della Madonna che è in secondo piano. Botticelli rappresenta una natività che rappresenta
l’inizio dei tempo nuovo e il giudizio, la fine del mondo (che spiega la spaccatura della
terra). C’è la volontà di escludere la prospettiva e la mancanza delle proporzioni che
diventano gerarchiche come nell’arte medievale (la Madonna e il Bambino sono più grandi
perché sono i personaggi più importanti). Botticelli torna ad un’idea dell’arte delle origini
per sentirla più autentica, egli rifiuta il Rinascimento perché lo interpreta come un periodo di
corruzione, quindi egli riacquista quei valori della rappresentazione caratteristici dell’arte
medievale. E’ il motivo per cui per molto tempo Botticelli è stato dimenticato, perché è stato
visto come un ritorno all’arcaico.
5) ANNUNCIAZIONE: la vergine è in un atteggiamento di incertezza (corpo arretrato), ma
ancora l’inquadramento prospettico è corretto.
6) IL COMPIANTO:
è inquadrato in uno spazio chiuso, la parte superiore è governata da blocchi massicci di rocce che
sembrano schiacciare le figure verso il basso; in primo piano vi sono Santi e figure in più,
raggruppate per occupare tutto lo spazio; la struttura è una sorta di trapezio che inquadra le figure
femminili che trattengono la testa del Cristo; il corpo del Cristo è allungato ed esasperato; i volti
sono improntati alla sofferenza. La scelta del soggetto indica la scelta di temi come il dolore, la
disperazione, consoni all’atteggiamento spirituale del Botticelli. L’uomo che si percuote il petto con
il sasso è S. Girolamo, quello con la spada è S. Paolo, quello a destra è S. Pietro. L’aggiunta di tre
santi è arbitraria ed estende la riflessione a cose che arrivano in seguito, cioè non contemporanee
alla scena principale, come se l’autore desse visione di sue riflessioni inferiori. Botticelli non
rappresenta cioè in modo preciso gli episodi evangelici, ma introduce varianti, indicative di una
profonda meditazione dei temi che vuole descrivere. I colori diventano sempre più intensi e
smaltati. Sono quasi cangianti, con effetti di luminescenza. Le figure tendono ad inarcarsi.
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