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LA MORTE DI PATROCLO

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LA MORTE DI PATROCLO
ITALIANO
EPICA
Iliade
LA MORTE DI PATROCLO
• Dall’8° libro, le sorti della guerra volgono a favore dei troiani, come
Achille aveva previsto durante il suo litigio con Agamennone. Zeus,
come promesso a Teti, appoggia i Troiani sventando i tentativi di Era e
Atena di assicurare la vittoria agli Achei.
• Nei libri 9° 10° proseguono le battaglie i duelli e dEttore diviene
semprte più sicuro si sé e baldanzoso. Il momento è veramente critico
per gli Achei, ma Achille continua a rifiutarsi di rientrarte in battaglia;
cede solo all’insistenza dell’amico Patroclo, consentendogli di portare i
Mirmidoni a combattere sotto la sua guida. Ottiene, inoltre, di poter
indossare le armi di Achille in modo che i Troiani si spaventino all’idea
di doversi misurare nuovamente con il più forte degli eroi greci.
• Inizialmente le gesta di Patroclo sono vittoriose, uccide il licio
Sarpedone, figlio di Zeus, ma quando il dio Apollo lo disarma e lo priva
di ogni vigore, sopraggiunge anche per lui la morte.
LA MORTE DI PATROCLO
ILIADE 16° libro
•
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•
E Patroclo si slanciò sui Troiani
meditando rovina,
Si slanciò per tre volte, simile ad Ares
ardente, pauorsamente gridando: tre
volte ammazzò nove uomini.
Ma quando alla quarta balzò, che un
nume pareva, allora, Patroclo, apparve
la fine della tua vita: Fedo gli mosse
incontro nella mischia selvaggia,
tremendo, ed egli non lo vide venire in
mezzo al tumulto; gli venne incontro
nascosto di molta nebbia. E dietro gli si
fermò, colpì la schiena e le larghe
spalle con la mano distesa: a Patroclo
girarono gli occhi.
•
•
Patroclo si lanciò contro i Troiani
pensando di sterminarli, e vi si buttò
contro per tre volte, simile ad Ares,
figlio di Zeus e di Era e dio della
guerra, gridando tanto che incuteva
paura: per tre volte lo fece ed ammazzò
9 uomini (3 e 9 hanno un valore
sacrale).
Ma quando si preparò a lanciarsi per la
quarta volta, balzando simile ad un dio,
a Patroclo apparve la fine della sua vita:
gli si fece incontro Apollo nella mischia
selvaggia, tremando, ma agli non o vide
perché era nascosto da molta nebbia. Si
fermò dietro a Patroclo e lo colpì alle
spalle e sulla schiena: e Patroclo
svenne, colpito a morte.
•
•
•
E Febo Apollo gli fece cadere l’elmo
giù dalla testa: sonò rotolando sotto
gli zoccoli dei cavalli l’elmo a visiera
abbassata, si sporcarono i pennacchi
di sangue e polvere: mai prima era
stato possibile che il casco chiomato si
sporcasse di polvere, ché d’un uomo
divino la bella fronte e la testa
proteggeva, d’Achille: ma allora Zeus
lo donò a Ettore, da portare sul capo:
e gli era vicina la morte.
Tutta in mano di Patroclo si spezzò
l’asta ombra lunga, greve, solida,
grossa, armata di punta: e dalle spalle
con la sua cinghia di cuoio cadde per
terra lo scudo, gli slacciò la corazza il
sire Apollo, figlio di Zeus.
Una vertigine gli tolse la mente, le
membra belle si sciolsero, si fermò
esterrefatto: e dietro la schiena con
l’asta aguzza in mezzo alle spalle,
dappresso, un eroe dardano lo colpì,
Euforbo di Pàntoo che sui coetanei
brillava per l’asta, per i cavalli e per i
piedi veloci; venti guerrieri gettò giù
dai cavalli appena giunse col cocchio
a imparare la guerra.
•
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•
E Apollo gli fece cadere l’elmo giù dalla
testa:l’elmo con la visiera abbassata risuonò
rotolando sotto agli zoccoli dei cavalli e si
sporcarono di sangue e polvere i pennacchi,
ciuffi di penne usat come ornamenti sugli
elmi: mai prima di allora l’elmo si era
sporcato di polvere, poiché preoteggeva il
capo e la fronte della testa divina di Achille:
ma allora Zeus lo donò ad Ettore da portare in
capo: ma gli era vicina al morte, poiché
chiunque indossi l’elmo di Achille sembra
destinato a morire: Patroclo, Ettore e poi lo
stesso Achille.
In mano di Patroclo si spezzò l’asta a punta di
Achille pesante, solida e grossa: gli cadde
dalle spalle la cinghia di cuoio che reggeva lo
scudo e gli si slacciò la corazza il dio Apollo,
figlio di Zeus.
Un capogiro lo stordì, il suo corpo di
afflosciò, si fermò esterrefatto, stupito: dietro
alla schiena aveva l’asta appuntita conficcata
tra le spalle, ma un eroe troiano (Dardano era
figlio di Zeus e della ninfa Eletra, capostipite
dei troiani), Euforbo, valoroso eroe troiano
figlio di Pantoo e di Frontide, sarà ucciso da
Menelao, che primeggiava sui suoi coetanei
per l’abilità con l’asta e per i cavalli e per la
sua velocità; gettò a terra dai cavalli venti
guerrieri quando giunse con il suo cocchio,
carro a due ruote trainato da cavalli, sul
campo di battaglia la prima volta.
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•
Questi per primo a te lanciò l’asta,
Patroclo cavaliere, ma non t’uccise, e
corse indietro e si mischiò tra la folla,
strappata l’asta di faggio: non seppe
affrontare Patroclo, benché nudo, nella
carneficina.
Ma Patroclo vinto dal colpo del dio e
dell’asta, fra i compagni si trasse
evitando la Chera.
Ettore, come vide il magnanimo
Patroclo tirarsi indietro, ferito dal
bronzo puntuto, gli balzò addosso in
mezzo alle file, lo colpì d’asta al basso
ventre: lo trapassò col bronzo.
Rimbombò stramazzando, e straziò il
cuore all’esercito acheo.
Come quando un leone vince in
battaglia un cinghiale indomabile, essi superbamente han combattuto sui
monti per una piccola polla: volevano
bere entrambi - e infine con la sua forza
il leone vince l’altro che rantola; così il
Meneziale, che già molti ammazzò,
Ettore figlio di Priamo privò della vita
con l’asta, e gli disse vatandosi parole
fuggenti:
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Euforbo per primo ti lanciò l’asta (si rivolge
Omero all’eroe Patroclo), ma non ti uccise e
corse indietro nella mischia dopo aver
strappato l’asta di faggio: non fu in grado di
affrontare Patroclo, anche se ormai privo di
armi nella battaglia.
Ma Patroclo ferito a morte dal colpo inferto
da Apollo, si ritirò tra i suoi compagni
cercando di evitare il destino (Chera divinità
femminile simbolo del destino).
Ma Ettore, quando vide che Patroclo si
ritirave, ferito dalla punta di bronzo dall’asta,
gli balzò contro tra le schiere dei suoi
compagni e lo colpì con l’asta al basso
ventre.
Rimbombò cadendo a terra e si spezzò il
cuore ai soldati dell’esercito acheo.
Come quando un leone vince in una battaglia
un cinghiale indomabile, - i due eroi hanno
combattuto superbamente sui monti per una
piccola sorgente d’acqua: poiché volevano
bere entrambi - ma infine il leone con la sua
forza vince il nemico che respira
affannosamente; così Patroclo figlio di
Menezio, che uccise molti uomini, fu uccisi
da Ettore, figlio di Priamo, con la sua asta e
gli disse vantandosi delle parola veloci:
•
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•
- Patroclo, tu speravi d’abbatere la
nostra città, e alle donne troiane
togliendo libero giorno, condurle sopra
le navi alla tua terra patria, stolto! Per
esse i veloci cavalli d’Ettore si tendono
sopra i garretti a combattere: io con
l’asta eccello fra i Teucri amanti di
guerra: e così li difendo dal giorno
fatale; ma te qui gli avvoltoi
mangeranno.
Pazzo! Achille, per forte che tu sia, non
ti potrà protggere, egli che, forse,
restando, a te che partivi raccomandò
molte cose: “O Patroclo cavaliere, non
mi tornare davanti, alle concave navi,
prima che d’Ettore massacratore
l’insanguinata tunica intorno al petto tu
stracci”.
Così, certo, ti disse, stolto, e persuase il
tuo cuore.
E tu rispondesti, sfinito, Patroclo
cavaliere:- Si, Ettore, adesso vantati: a
te hannpo dato vittoria Zeus Cronide e
Apollo, che m’abbatterono facilmente:
•
•
•
- Patroclo, tu speravi di abbattere la
nostra città e rendere schiave le nostre
donne, e condurle con le tue navi verso
la tua patria, stolto! Per difendere le
nostre donne i miei veloci cavalli si
tendono sulle articolazioni degli arti
posteriori nel combattimento: io con
l’asta eccello tra i Troiani, amanti della
guerra: così li difendo dalla morte; me
te, invece, qui ti mangeranno gli
avvoltoi. Pazzo! Achille, per forte che
sia, non ti potrà proteggere, proprio lui
che, mentre partivi per la battaglia ti
raccomandò forse molte cose:
“O Patroclo, non ritornare in patria
sulle navi, prima di aver ucciso Ettore
massacratore”. Così ti dosse di certo e ti
persuase a combattere.
E tu rispondesti Patroclo sfinito: “Si
Ettore, adesso vanatti: ti hanno fatto
vincere Zeus figlio di Crono e Apollo,
che mi vinsero facilmente ( non mi hai
ucciso tu, ma degli dei!)
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Essi l’armi dalle spalle mi tolsero.
Se anche venti guerrieri come te
m’assalivano, tutti perivano qui, vinti
dalla mia lancia; me uccise destino
fatale e il figliuolo di Latona, e tra gli
uomini Euforbo: tu m’uccidi per terzo.
Altro ti voglio dire e tientelo in mente:
davvero tu non andrai molto lontano,
ma ecco ti s’appressa la morte e il
destino invincibile: cadrai per mano
d’Achille, dell’Eacide perfetto.
Mentre parlava così la morte l’avvolse,
la vita volò via dalle membra e scese
nell’Ade, piangendo il suo destino,
lasciando la giovinezza e il vigore.
Al morto Ettore luminoso rispose:
- Patroclo, perché mi predici abisso e
morte? Chi sa se Achille figlio di Teti
chioma bella non mi preceda nel perder
la vita, colto dalla mia lancia?
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Essi mi hanno tolto le armi dalle spalle.
Ma se anche venti guerrieri come te mi
avessero assalito, li averi uccisi tutti
con la mia lancia; invece, mi hanno
ucciso il destino fatale, e Apollo, figlio
di Latona, e tra gli uomini Euforbo e tu
mi uccidesti solo per terzo.
Ma ti voglio dire un’altra cosa che devi
ricordare: davvero non andrai molto
lontano, perché ti si avvicina la morte
ed il tuo destino ineluttabile: cadrai per
mano di Achille, discendente di Eaco,
padre di Peleo e nonno di Achille.
Ma manetre parlava così lo avvolse la
morte, la sua vita volò via dal suo corpo
e scese all’Ade, regno dei morti,
piangendo il suo destino, lasciando la
giovinezza ed il vigore.
Al morto Patroclo Ettore rispose:
- Perché mi predici la morte? Chi può
sapere se Achille, figlio di Teti bella
chioma, mi precederà nella morte,
magari ucciso dalla mia lancia?
•
•
Dicendo così, l’asta di bronzo dalla
ferita strappò, premendo col piede,
lo rovesciò supino.
Subito con l’asta si gettò su
Automedonte lo scudiero divino del
piede rapido Eacide: bramava
colpirlo, ma lo trascinarono via i
cavalli veloci, immortali, che a
Peleo diedero i numi, dono
stupendo.
•
•
Dicendo così, estrasse l’asta di
bronzo dalla ferita premendo con il
piede il corpo del povero Patroclo
lo rovesciò supino.
Subito si getto con l’asta contro
Automedonte, scudiero divino di
Achille: desiderava colpirlo, ma fu
portato via dai cavalli veloci e
immortali che gli furono regalati
dagli dei, dono stupendo.
IL DOLORE DI
ACHILLE E TETI
• Antiloco, figlio di Nestore, annuncia ad Achille la
morte di Patroclo.
• Forte è il dolore dell’eroe, le sue urla giungono
fino agli abissi del mare, dova la madre Teti, con
le sue compagne ninfe, si unisce al compianto. Teti
raggiunge il figlio nel tentativo di confortarlo.
IL DOLORE DI
ACHILLE E TETI
•
•
•
•
E Achille singhiozzava: s’avvicinò la
madre augusta, e con lamento acuto
prese la testa del figlio e disse
piangendo parole fugaci:
- Creatura perché piangi? Che strazio
ha colto il tuo cuore? Parla, non lo
nascondere! Poiché t’è stato fatto da
Zeus come hai pregato, levando le
mani: che tutti presso le poppe
fuggissero i figli degli Achei, bisognosi
di te, soffrissero casi indegni.
Ma con un gemito grave le disse Achille
piede rapido:
- Madre mia, sì, questo me l’ha fatto il
Cronide; ma che dolcezza è per me, s’è
morto il mio amico, Patroclo, quello
che sopra tutti i compagni onoravo,
anzi alla pari di me? L’ho perduto! Ed
Ettore che l’ha ucciso l’armi giganti ha
spogliato, meraviglia a vederle,
bellissime;
•
•
•
•
E Achille piengeva e singhiozzava: gli si
avvicinò la madree con un pianto forte prese
la testa del figlio e gli disse parole fugaci
(perché volano via e si disperdono nell’aria):
- Creatura mia perché piangi? Quale strazio ti
ha colpito il cuore? Parla, non nasconderti! Ti
è stato arrecato da Zeus, così come tu stesso
hai voluto alzando le mani al cielo (Zeus ha
esaudito le tue preghiere, dopo l’offesa
ricevuta da Agamennone, Teti aveva ottenuto
che Zeus esaudisse il tuo desiderio) : Achille
hai desiderato che gli Achei fossero sconfitti
e messi in fuga, bisognosi del tuo aiuto e che
soffrissero in modo enorme e indegno.
Ma con una gemito triste Achille le disse:
- Madre mia, si questo me l’ha fatto Zeus; ma
che piacere posso provare io, adesso che è
morto il mio amico Patroclo, quello che più di
tutti onoravo, alla pari di me stesso? O ra l’ho
perduto! Ettore l’ha ucciso e lo ha spogliato
delle armi grandiose, che fanno meraviflia a
vederle per la loro bellezza;
•
•
•
•
I numi a Peleo l’avevano date,
nobile dono, il giorno che te fecero
entrare nel letto d’un uomo
mortale. Oh, era meglio che tu
restassi fra le immortali del mare e
Peleo conducesse una sposa
mortale. Ora anche per te sarà
strazio infinito nel cuore, ucciso il
figlio, e non lo potrai riabbracciare
tornato in patria, perché il cuore
non mi spinge a vivere, a stare fra
gli uomini, s’Ettore prima non
perda la vita, colto dalla mia
lancia, l’uccisione non paghi del
Meneziade Patroclo.
Teti allora versando lacrime disse:
- Ah! Sei vicino alla morte,
creatura; come mi parli. Subito
dopo Ettore t’è preparata la Moira.
Ma con gemito grave rispose
Achille piede rapido:
•
•
•
•
Gli dei le avevano date a Peleo, nobile dono,
il giorno che ti indussero a sposare un
mortale. (Teti aveva sposato suo malgrado
Peleo, solo per ubbidire alla volontà di Zeus).
Era meglio che tu restassi fra le ninfe
immortali del nare e Peleo si sposasse una
mortale (Peleo avrebbe avuto un figlio dal
destino simile a quallo di tuti gli altri uomini.
Non come Achille, nato dalla loro unione e
destinato alla gloria ma anche ad una morte
prematura). Ora anche tu sarai presto straziata
dal dolore, quando ti sarà ucciso il figlio
(Achille) e non lo potrai riabbracciare quando
ritornerà in patria, perché il mio cuore non mi
spinge a vivere, a rimanere fra gli uomini se
Ettore prima non riuscirà ad uccidere con la
mia lancia, facendogli pagare l’auccisione di
Patroclo.
Teti allora piangendo disse:
- Ah! Sei prossimo alla morte, creatura; come
mi parli. Subito dopo Ettore Achille morirai
anche tu, come è tuo destino- Moira (Teti sa
che la decisione di Achille di vendicare
l’amico Patroclo lo condurrà alla morte).
Ma con un genito pesante Achille le
rispose:
•
- Potessi morire anche adesso,
poiché non dovevo all’amico
portar soccorso in morte; molto
lontano dalla patria è morto; e io
gli sono mancato, difensore dal
male. E ora, che in patria non devo
tornare mai più, che non fui luce
per Patroclo, né pei compagni, per
gli altri, molti son stati uccisi da
Ettore luminoso, siedo qui presso le
navi, inutile peso della terra, io che
son forte quanto nessuno dei Danai
chitoni di bronzo in guerra. Altri
son migliori in consiglio. Oh!
Perisca la lite fra i numi e fra gli
uomini, e l’ira, che spinge a
infuriarsi anche il più saggio e
molto più dolce del miele stillante
cresce nel petto dell’uomo, come
fumo; così ora m’indusse all’ira il
sire di genti Agamennone.
•
- Potessi morire anche adesso, poiché
era destino che non potessi aiutare il
mio amico nel monento della morte; è
moro molto lontano dalla patria; e io gli
sono mancato come aiuto e difesa dalla
morte. E ora, che so che non farò più
ritorno in patria, che non sono stato in
grado di difendere Patroclo e gli altri
numerosi compagni che il glorioso
Ettore ha ucciso e me ne stavo presso le
navi, inattivo e inutile mentre gli altri
morivano, io che, quanto a valore
guerresco, supero tutti gli altri Achei
dalla corazza di bronzo. Finisca la lite
che c’è tra dei e uomini e l’ira che si
impadronisce dell’uomo e gli riesce più
gradita del miele (spinge ad arrabbiarsi
anche il più saggio fra gli uomini) e
cresce nel suo petto sino ad eccecarlo
come il fumo nero. (Achille si rende
conto dell’origine di un così grande
lutto è la sua contesa con Agamennone,
nata dall’ira e dal suo desiderio di
vendetta).
•
Ma quel che è stato lasciamolo
andare, per quanto dolenti,
vincendo a forza il cuore nel
petto.Ora del caro capo voglio
cercar l’uccisore, Ettore; la Chera
io pure l’accoglierò, quando Zeus
vorrà compierla e gli altri numi
immortali.
•
Ciò che è stato lasciamo che sia,
per quanto tristi e addolorati,
vincendo i sentimenti che si agitano
nel mio cuore. Ora voglio cercare
l’assassino del mio caro amico
Patroclo, Ettore; io pure accoglierò
il mio destino, quando Zeus e le
altre divinità vorranno che si
compia.
IL RISCATTO DEL CORPO DI
ETTORE
•
•
•
•
Entrò non visto il gran Priamo, e
standogli accanto strinse fra le sue
mani i ginocchi d’Achille, baciò
quella mano tremenda, omicida,
che molti figliuoli gli uccise.
Come quando grave colpa ha
travolto un uomo, che, ucciso in
patria qualcuno fugge in altro
paese, in casa d’un ricco, stupore
afferra i presenti;
così Achille stupì, vedendo Piamo
simile ai numi, e anche gli altri
stupirono e si guardarono in faccia.
Ma Priamo prendendo a pregare
gli disse parola:
•
•
•
•
Il grande Priamo senza essere visto
entrò nella tenda di Achille, si
avvicinò a lui stringendo le sue
ginocchia fra le sue mani e poi
bacia le mani di Achille che gli
aveva ucciso tanti suoi figli.
come quando un uomo preso da
una grave colpa fugge in un altro
paese per farsi proteggere da
qualcuno e il suo arrivo stupisce i
presenti;
Così Achille si stupì vedendo
Priamo grande come gli dei e anche
gli altri si stupirono.
Ma Priamo riprese a pregare e
disse:
•
•
•
- Pensa al tuo padre, Achille pari
agli dei, coetaneo mio, come me
sulla soglia tetra della vecchiaia, e
lo tormentano forse i vicini,
standogli intorno, perché non c’è
nessuno che il danno e il male
allontani.
Pure sentendo dire che tu ancora
sei vivo, gode in cuore, e spera
ogni giorno di vedere il figliuolo
tornare da Troia.
Ma io sono infelice del tutto, che
generai forti figli nell’ampia Troia,
e non me ne resta nessuno.
•
•
•
•
Pensa a tuo padre o Achille che è
simile agli dei , mio coetaneo, sulla
soglia della tetra vecchiaia e forse
la gente che gli sta attorno lo
tormenta perché nessuno è capace
di levare il male da te che sei suo
figlio.
Achille è destinato a morire.
Sentendo dire che sei ancora vivo è
molto contento e ogni giorno spera
di vederti tornare dalla guerra di
Troia.
Ma io sono infelice più di tutti
perché nonostante avessi generato
tanti figli non ne ho più nessuno,
sono tutti morti.
• Cinquanta ne avevo quando
vennero i figli dei Danai, e
diciannove venivano tutti da un
seno, gli altri altre donne me li
partorirono in casa: ma Ares
furente ha sciolto i ginocchi di
molti, e quello che solo restava,
che proteggeva la rocca e la
gente, tu ieri l’hai ucciso,
mentre per la sua patria
lottava, Ettore…
• Per lui vengo ora alle navi dei
Danai, per riscattarlo da te, ti
porto doni infinti.
•
•
Io avevo 50 figli quando gli Achei
vennero qui a combattere, 19 erano
di Ecuba gli altri di altre donne che
avevo in casa ma Ares ha fatto in
modo che molti morissero e quello
che restava unico solo è stato
ucciso da te giorni fa mentre
lottava per la sua patria.
Adesso vengo presso le navi degli
Achei, per poterlo riscattare e a te ti
offro grandi doni.
• Achille, rispetta i numi, abbi
pietà di me, pensando al padre
tuo: ma io son più misero, ho
patito quanto nessun altro
mortale, portare alla bocca la
mano dell’uomo che ha ucciso i
miei figli!
• Disse così, e gli fece nascere
brama di piangere il padre:
allora gli prese la mano e
scostò piano il vecchio;
entrambi pensavano e uno
piangeva il padre, e ogni tanto
anche Patroclo; s’alzava per la
dimora quel pianto.
• O Achille rispetta la volontà
degli dei (che sia sepolto), abbi
pietà di me, pensa a tuo padre.
Io sono ben più misero di tuo
padre e ora voglio baciare la
mano di quell’uomo che ha
ucciso tutti i miei figli.
• Queste parole fecero nascere il
desiderio di piangere ad
Achille, che prese le mani del
vecchio e lo spostò di poco,
entrambi pensavano e
piangevano e Achille piangeva
per suo padre e per Patroclo;
per la tenda si alzava il pianto
doloroso.
•
•
•
•
Ma quando Achille glorioso si fu
goduto i singhiozzi, passò dal cuore
e dalle membra la brama, s’alzò
dal seggio a un tratto e rialzò il
vecchio per mano, commiserando
la testa canuta, il mento canuto, e
volgendosi a lui parlò parole
fugaci:
Ah misero, quanti mali hai patito
nel cuore! E come hai potuto alle
navi dei Danai venire solo, sotto gli
occhi d’un uomo che molti e
gagliardi figliuoli t’ha ucciso? Tu
hai cuore di ferro.
Ma via, ora siediti sul seggio e i
dolori lasciamoli dentro
nell’animo, per quanto afflitti:
Nessun guadagno si trova nel
gelido pinto.
•
•
•
•
Ma quando Achille si fu sfogato dal
pianto si alzò dalla sedia prese il
vecchio per mano, lo fece alzare
avendo compassione della testa e
della sua barba bianca e
rivolgendosi a lui disse:
- o povero, quanto dolore hai
dovuto patire, come hai potuto
venire qui da solo alle navi dei
Danai, alla presenza di quell’uomo
che ha ucciso tutti i tuoi figli? Hai
un grande coraggio.
Ma via ora siediti e lasciamo
perdere i nostri dolori per quanto
siano grandi non pensiamoci.
Non si guadagna niente dal pianto.
•
•
•
Gli dei filarono questo per i mortali
infelici: vivere nell’amarezza: essi
invece son senza pene.
Due vasi son piantati sulla soglia
di Zeus, dei doni chedà, dei cattivi
uno e l’altro dei buoni.
A chi mescolando ne dia Zeus che
getta le folgori, incontra a volte un
male e altre volte un bene; ma chi
dà solo dei tristi, lo fa disprezzato,
e mala fame lo insegue per la terra
divina, va errando senza onore né
dagli dei né dagli uomini.
• Gli dei decretarono (le Moire
che filano la vita dell’uomo
decidendone il destino e il
momento della morte) per i
mortali infelici questo: vivere
nell’amarezza. Essi invece
vivono felici.
• Due vasi sono piantati sulla
torre di Zeus, pieni di doni che
egli dà. Uno contiene dei doni
buoni, uno dei doni cattivi.
• Ma a chi dà solo il male lo
rende disprezzato e lo rende
sempre affamato di bene.
•
•
Così a Peleo doni magnifici fecero
i numi fin dalla nascita; splendeva
su titti i mortali per beata
ricchezza; regnava sopra i
Mirmidoni, e benché fosse mortale
gli fecero sposa una dea.
Ma col bene, anche un male gli
diede il dio, che non ebbe nel suo
palazzo stirpe di figli nati a
regnare, un figlio solo ha generato,
che morrà presto: e io non posso
aver cura del vecchio perché
lontano dalla mia patria qui in
Troia siedo, a te dando pene e ai
tuoi figli.
•
•
Così successe a Peleo, che ebbe
doni magnifici fin dalla nascita, era
re dei Mirmidoni e, benché fosse
un mortale, gli dei vollero dare una
dea in moglie (Teti, la Nereide
madre di Achille).
Ma insieme a quei beni Zeus gli
diede anche un male: poiché ebbe
un solo figlio, Achille, e nessun
altro a cui lasciare il regno, e
questo figlio è destinato a morire: e
continuo a dare dei dolori a te e ai
tuoi figli.
•
•
E anche tu, vecchio - sappiamo fosti felice prima: quanto paese di
sopra limita Lesbo, la sede di
Macaro, e di sotto la Frigia e lo
sconfinato Ellesponto, su tutti,
raccontano, o vecchio, per figli del
cielo ti diedero, sempre battaglie vi
sono intorno alla rocca e stragi
d’uomini.
Sopporta, dunque, e non gemere
senza posa nel cuore: nulla otterrai
piangendo il figlio, non lo farai
rivivere, potrai piuttosto patire altri
mali.
•
•
E anche tu o vecchio prima fosti
molto felice, avevi un paese
sconfinato, l’isola di Lesto, la
Frigia, l’Ellesponto e tu eri
superiore a tutti sia per i figli che
per le ricchezze. Da quando invece
gli dei hanno deciso di darti dei
mali continuarono a combinare
delle battaglie intorno a te.
E non piangere più sopporta quello
che ti è stato assegnato dagli dei,
non ti serve piangere tuo figlio, lui
non tornerà e potrai solo piangere
altri dolori.
• E il vecchio Priamo pari ai
numi rispose:
• - Non farni sedere sul seggio,
figlio di Zeus, finché senza cure
Ettore giace straziato nella tua
tenda, ma subito rendimelo, che
possa vederlo: e accetta il
riscatto abbondante che porto:
e tu possa goderne, e tornare
nella tua patria terra, tu che mi
lasci vivere ancora, veder la
luce del sole.
• Il vecchio Priamo, pari agli dei
rispose:
• - Non farmi accomodare prima
di avermi restituito il corpo di
mio figlio, ma rendimelo subito
in maniera che possa vederlo e
accetta il grande riscatto che ti
ho portato: e che tu possa
tornare nella tua terra, proprio
tu che mi lasci ancora vivere e
vedere la luce del sole.
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