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Loda - Grazia D`Auria

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Loda - Grazia D`Auria
Torquato Tasso (Loda la signora Maria d’Avalos)
Questa del puro ciel felice imago
nobilissima terra, e ‘l mar Tirreno,
specchio lucente di splendor sereno,
là dove il sol di rimirarsi è vago,
1
han voi per l’altro, e non errante o vago,
né per occaso mai v’attende in seno;
ma sedendo illustrate il bel terreno,
e lui ch’ora somiglia un queto lago.
5
E fate illustri ancor sublimi ingegni,
né v’alberga Leone o Tauro1 o mostro,
ma dal suo cerchio Astréa2 per voi discende.
E rilucete qui per tanti segni,
quante belle virtù l’animo vostro,
che ‘n varie forme a noi riluce e splende.
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Prof.ssa Grazia D’Auria - web: www.graziadauria.it - mailto: [email protected]
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Torquato Tasso (Loda la signora Maria d’Avalos)
Note
1. Leone o Tauro possono essere considerate personificazioni di animali selvaggi e pericolosi.
2. Astrea è nella mitologia greca una vergine stellare simboleggiante la Giustizia.
Secondo il mito era figlia di Zeus e di Temi; scesa tra i mortali nell'età dell’oro, diffuse i sentimenti di giustizia, come fece la
madre prima di lei, e di bontà; ma poi, disgustata dalla degenerazione morale del genere umano, dapprima si rifugiò nelle
campagne, e poi al principio dell’età del ferro risalì definitivamente in cielo, dove splende sotto l'aspetto della costellazione
della Vergine.
In seguito venne identificata con la dea Diche.
Astrea aveva anche una sorella Pudicizia che lasciò la terra insieme alla sorella.
Si credeva inoltre che fosse madre di Ipno (dio del Sonno).
Schema metrico
Sonetto, quartine a rima incrociata (ABBA, ABBA) e terzine a rima ripetuta (CDE, CDE)
Ai versi 4 e 5 è presente una rima equivoca: vago/vago, (consiste nel far rimare tra di loro due parole dallo stesso suono ma
di diverso significato).
Parafrasi
Questa nobilissima terra, felice immagine di un cielo sereno, ed il mar Tirreno, specchio lucente di un cielo senza nubi, là
dove il sole è desideroso di specchiarsi, hanno voi come termine di paragone e non errabondo o incerto, né vi attende mai in
seno il tramonto (= né mai la vostra bellezza potrà sfiorire); ma sedendo rendete luminosa ( = abbellite) la bella terra (di
Napoli), e lui ( = il mar Tirreno) che ora assomiglia ad un lago calmo.
Ed illuminate le menti nobili, né vi trova alloggio il leone, il toro o un mostro, e attraverso di voi Astréa discende dalla sua
costellazione.
E risplendete attraverso tanti pregi quante sono le belle qualità del vostro animo, che brilla ( = si distingue per la bellezza) e
risplende per noi in vaie forme.
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Torquato Tasso (Loda la signora Maria d’Avalos)
Commento
Nel marzo del 1588 il Tasso, ripreso il frenetico peregrinare tra le corti e le città italiane, ritornò a Napoli dove intendeva
risolvere felicemente le cause contro i parenti per il recupero della dote paterna, consistente in 3500 ducati, e contro il fisco,
che aveva incamerato i beni del padre Bernardo. Benché potesse contare sulla parentela e sull'amicizia con la nobiltà
partenopea (i Carafa di Nocera, i Gesualdo, i Caracciolo di Avellino, i Manso), preferì accettare l'ospitalità dei frati Olivetani, in
onore dei quali dette inizio al "Monte Oliveto", poemetto rimasto interrotto al I libro.
La permanenza a Napoli produsse graditissima impressione all'animo avvilito del Tasso per la magnificenza dei monumenti,
esaltati in una lettera al cardinale Antonio Carafa (Se la patria si potesse eleggere con i padroni, io non avrei eletta altra che
Napoli, la più riguardevole città del mondo) e per la leggiadria delle donne napoletane e in particolare di Maria d'Avalos,
moglie di Carlo Gesualdo, principe di Venosa, alla quale dedicò il sonetto Questa del puro ciel felice imago.
Nella lirica è presente il campo semantico della luce: specchio lucente, di splendor sereno, sol, illustri, dal suo cerchio (=
costellazione), rilucete, riluce, splende, Maria d’Avalos = sole
Il sonetto svolge il motivo della lode di Maria d’Avalos, parlando prima di Napoli e della sua bellezza dicendola immagine del
cielo, poi paragona la bellezza di Maria d’Avalos al sole.
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Torquato Tasso (Loda la signora Maria d’Avalos)
Approfondimento
Il madrigale
Nasce nel Trecento; è una forma poetica e musicale
Il madrigale trecentesco (o antico) è un componimento breve composto prevalentemente da endecasillabi, talvolta usati con i
settenari. Si struttura come una serie di terzine - comunemente da due a cinque - variamente rimate e non necessariamente
uguali fra loro, che concludono in uno o più distici finali. L'insieme dei distici è detto ritornello.
A volte i distici possono rimanere separati rimanere separati o fusi in una quartina (DEDE).
Le forme più comuni sono:
ABC ABC DD
ABA BCB CC
ABB CDD EE
ABA CDC EE
ABB ACC DD
ABA CBD EFF GG
ABB CDD EE FF
Nel corso del 500 e del 600 si sviluppa un madrigale dalla struttura molto più libera e legata alla forma musicale.
In generale è composto da una sola strofa che varia dai cinque ai quindici versi, alternando liberamente endecasillabi e
settenari.
Libera è anche la proporzione tra settenari ed endecasillabi: è sufficiente che sia presente almeno un settenario.
Libera è la disposizione delle rime; è possibile che siano presenti anche versi senza rima.
Sono spesso presenti negli ultimi due versi una coppia di endecasillabi, ma ogni autore spesso segue uno schema suo del
tutto originale.
Autori famosi che hanno scritto madrigali sono Petrarca e Tasso.
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