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Scuola Media Statale “Dante Alighieri” Ceprano La Favola CORSO FORTIC 2 E-Tutor: Marco Farina FAVOLA La favola è un componimento fantastico avente un contenuto moralistico. La Favola è un componimento breve, protagonisti sono gli animali che rappresentano i vizi e le virtù umane. Uno dei più antichi autori di favole fu Esopo, il quale si servì dei caratteri degli animali per arrivare alle sue conclusioni morali. Tra i maggiori favolisti romani è da ricordare Fedro (che superò la fama dello stesso Esopo, dal quale attinse). ESOPO Esopo è stato un favolista greco del VII o VI sec, a. C., della cui vita pochissimo ci è noto. Probabilmente frigio di nascita, fu dapprima schiavo: poi, liberato da Xanto, compì numerosi viaggi. Una leggenda narra che, incaricato da Creso, re di Lidia, di portare offerte ad Apollo Delfìco, fu profondamente sdegnato dalla corruzione dei sacerdoti del tempio. Essi per vendicarsi nascosero tra i suoi abiti una coppa d'oro accusandolo poi di averla rubata: gli abitanti di Delfo lo condannarono per questo ad essere gettato dalla rocca Jampea. Un'altra leggenda lo dice gobbo e balbuziente. Esopo, dallo spirito argutissimo e geniale, compose numerose favole, spesso riferite agli animali, ma con trasparenti allusioni al mondo degli uomini. Le redazioni a noi giunte delle favole di Esopo sono dell'età ellenistica: si tratta di 400 favole brevi e di stile sobrio, concluse da una breve morale. I personaggi sono per lo più animali, ma anche uomini e dèi, o piante. Fra i maggiori imitatori delle favole esopiche furono Fedro e La Fontaine. La grande fama di Esopo e dei suoi protagonisti è dovuta alla semplicità e freschezza di efficacia educativa, dai temi perennemente vivi delle favole che riflettono la sapienza morale del popolo ma anche dalla forma allegorica. indietro FEDRO Schiavo affrancato da Augusto. F. nacque durante il principato di Augusto, ma fu attivo sotto Tiberio, Caligola e Claudio. E' uno dei pochissimi autori di nascita non libera nella letteratura della I età imperiale: egli era infatti uno schiavo di origine tracia (ma dovette avere una discreta educazione letteraria, se è vero - come egli stesso confessa - che da fanciullo legge Ennio), e nei manoscritti delle sue opere è citato come liberto di Augusto (sembra, quindi, che fosse stato liberato proprio dall'imperatore, da cui avrebbe ricavato il prenome Gaio e il nome Giulio: ma non conosciamo le circostanze dell'affrancamento). indietro Leggi alcune note favole • • • • IL LUPO E L’AGNELLO LA VOLPE E L’UVA LA VOLPE E LA CICOGNA L’AQUILA E LA VOLPE IL LUPO E L’AGNELLO • Un lupo e un agnello, spinti dalla sete, si ritrovarono a bere nello stesso ruscello. Il lupo era più a monte, mentre l'agnello beveva a una certa distanza, verso valle. La fame però spinse il lupo ad attaccar briga e allora disse: "Perché osi intorbidarmi l'acqua?" L'agnello tremando rispose: "Come posso fare questo se l'acqua scorre da te a me?" "E' vero, ma tu sei mesi fa mi hai insultato con brutte parole". indietro "Impossibile, sei mesi fa non ero ancora nato". "Allora" riprese il lupo "fu certamente tuo padre a rivolgermi tutte quelle villanie". Quindi saltò addosso all'agnello e se lo mangiò. Questo racconto è rivolto a tutti coloro che opprimono i giusti nascondendosi dietro falsi pretesti. indietro LA VOLPE E L’UVA • Una volpe affamata vide dei grappoli d’uva che pendevano da un pergolato, e tentò di afferrarli. Ma non ci riuscì. "Robaccia acerba!" disse allora tra sé e sé; e se ne andò. Così, anche fra gli uomini, c’è chi, non riuscendo per incapacità a raggiungere il suo intento, ne dà la colpa alle circostanze. indietro La volpe e la cicogna • Pareva proprio che la volpe e la cicogna fossero buone amiche. Un tempo si vedevano spesso, e un giorno la volpe invitò a pranzo la cicogna; per farle uno scherzo, le servì della minestra in una scodella poco profonda: la volpe leccava facilmente, ma la cicogna riusciva soltanto a bagnare la punta dei lungo becco e dopo pranzo era più affamata di prima. "Mi spiace!" - disse la volpe - "La minestra non è di tuo gradimento?". "Non avere scrupoli; spero anzi che vorrai restituirmi la visita e che verrai presto a pranzo da me" - rispose la cicogna -. Cosi fu stabilito il giorno in cui la volpe sarebbe andata a trovare la cicogna. Sedettero a tavola, ma i cibi erano preparati in vasi dal collo lungo e stretto nei quali la volpe non riusciva a infilare il muso: tutto ciò che poté fare fu leccare l'esterno del vaso. "Non ho scrupoli, per il pranzo" - commentò la cicogna - "ma chi la fa l'aspetti". indietro L'aquila e la volpe • Un’aquila e una volpe, fattesi amiche, stabilirono di abitare una vicina all’altra, pensando che la vita in comune avrebbe rafforzato la loro amicizia. Ed ecco che la prima volò sulla cima di un albero altissimo, e vi fece il suo nido; l’altra strisciò sotto il cespuglio che cresceva ai suoi piedi e qui partorì i suoi piccoli. Ma un giorno, mentre la volpe era uscita a cercar da mangiare, l’aquila, che si trovava a corto di cibo, piombò nel cespuglio, afferrò i volpacchiotti e se ne fece una scorpacciata insieme con i suoi figli. Quando, al suo ritorno, la volpe vide che cosa le avevano fatto, fu colta da un dolore che non era nemmeno tanto grande per la morte dei suoi piccoli, quanto per il pensiero della vendetta: animale di terra, essa non aveva infatti la possibilità di inseguire un volatile. Perciò, immobile, di lontano, unico conforto che rimane ai deboli e agli impotenti, scagliava maledizioni sulla sua nemica. Ma non passò molto e toccò all’aquila scontare il suo delitto contro l’amicizia. Infatti, un giorno che in campagna si offriva in sacrificio una capra agli dei, essa piombò giù e si portò via dall’altare uno dei visceri che stava prendendo fuoco; ma quando l’ebbe trasportato nel suo nido, un forte soffio di vento lo investì e da qualche filo di paglia secca suscitò una una vivida fiammata. Così i suoi piccoli, volatili ancora impotenti, furono bruciati e cascarono al suolo. La volpe accorse e se li divorò tutti sotto gli occhi della madre. La favola mostra come coloro che tradiscono l’amicizia, se anche, per l’impotenza delle vittime, sfuggono alla loro vendetta, non riescono però mai ad evitare la punizione degli dei. indietro Fine