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per i docenti - dossier Parole e Sassi
COLLETTIVO PROGETTO ANTIGONE PAROLE E SASSI Materiali di approfondimento e tracce di lavoro per insegnanti “L’arte di narrare le storie è sempre quella di saperle rinarrare agli altri … Il narrare, semplice eppur magica attività umana. Narrare è l’arte di scambiare esperienze.” (W. Benjamin) “ Là dove giocano i bambini, è sepolto un segreto.” “ Già la metà dell’arte di narrare sta nel lasciare libera una storia, nell’atto di riprodurla, da ogni sorta di spiegazioni.” (W. Benjamin) “ La gente che ha avventure è poi quella che le sa raccontare “(H. James) 1 “Una volta ho conosciuto un vecchio che sapeva raccontare le storie. Quello era proprio un dono, perché imbastiva una storia con niente e tu stavi lì a bocca aperta e con la paura che tra poco sarebbe finita e magari era soltanto la storia di una gallina bianca che aveva fatto un uovo scuro. Ti raccontava una cosa che sapevi da una vita e tu credevi che fosse nuova di zecca. Nel cervello di quell’uomo non c’era vecchiaia: è questo il segreto.” ( J. Stephens) “I narratori tradizionali narrano sempre le stesse storie, mentre gli attori sono bravi a imparare le cose velocemente e a fare proprio un racconto appena dopo averlo incontrato. Ma questa rapidità rappresenta anche un punto debole per gli attori, perché i narratori tradizionali, raccontando tutta la vita la stessa storia, ogni volta che la ripetono pongono a quella storia una nuova domanda .” (P. Brook) SULLA STORIA, SUL PERSONAGGIO E L’AUTORE Ali Smith in “La storia di Antigone” riscritta per bambini1 “Le storie sono una specie di nutrimento. Ne abbiamo bisogno, e il fatto che la storia di Antigone continui ad essere raccontata, dimostra che abbiamo bisogno di questa storia, e che in essa c’è qualcosa capace di nutrirci, nonostante sia molto cupa e triste. … L’immaginario del dramma originale, è zeppo di corvi e cani. Gli uccelli e i cani sono nominati di continuo, perché si parla di quel che accade a un cadavere insepolto. Sofocle ci fa intravvedere un rapporto speciale tra gli umani e le altre creature viventi, introducendo il personaggio di Tiresia, una specie di santone attraverso il quale sia il mondo spirituale che quello naturale possono esprimersi allo stesso tempo. E lungo tutto il dramma ci sono domande che, sebbene non esplicite, riguardano i confini tra le cose, tra la sfera umana, animale e spirituale . Domande sul selvatico e sull’addomesticato, domande sul civilizzato e l’incivile, su cos’é naturale e cosa non lo è, su cosa è spirituale e cosa no. La cosa più facile è stabilire che qualcun altro è diverso da noi, e può essere comandato o reso inferiore, espropriato o escluso. Questa è la base per ogni conflitto di potere. In realtà, è la base della storia di Antigone, e di tutte le domande sulla natura e la natura umana. 1 Collana SAVE THE STORY - Grandi scrittori, piccoli lettori – storie immortali. Scuola Holden/La Biblioteca di RepubblicaL’Espresso “Save the story è un progetto editoriale dedicato ai ragazzi, una collana di grandi classici, anche per adulti, riscritti per piccoli lettori, è una scialuppa che porta in salvo, nel nostro millennio, qualcosa che sta naufragando nel passato. Gli oggetti che, come questo libro, portano il marchio Save the Story sono specie in via di estinzione” 2 Antigone è una figura della mitologia greca. Uno dei modi più famosi in cui la sua storia è stata narrata e rinarrata nei secoli è un bellissimo dramma, una tragedia scritta da Sofocle attorno al 442 a. C. Sofocle era un celebre tragediografo (e anche un generale dell’esercito greco), autore di più di cento drammi, la maggior parte dei quali sono andati perduti. Ne sono rimasti solo sette e uno di questi è Antigone. Antigone è uno dei tre drammi noti come Drammi Tebani; gli altri due sono su Edipo, il padre di Antigone, e si chiamano Edipo a Colono e Edipo Re. Sembra che Antigone sia stato scritto per primo, anche se le cose che vi sono narrate accadono dopo quelle raccontate negli altri due. Sofocle era molto affascinato dal personaggio di Antigone. Nei secoli, il dramma profondo che fece emergere dalla sua storia, la storia di tutti coloro che si oppongono alle regole e alla politica, è stato messo in scena, riscritto e adattato, e non ha mai perso di interesse e di potenza. Questo perché alcune cose non cambiano mai, indipendentemente dal punto della storia in cui ci troviamo…” SUL NARRARE Walter Benjamin ne “Il narratore “ “…Anima, occhio e mano sono collocati, nell’osservazione artistica, in un solo e medesimo nesso. Influenzandosi reciprocamente, essi determinano una prassi. Oggi questa prassi non ci è più consueta. La parte della mano nella produzione si è fatta più modesta, e il posto che teneva nella narrazione è vuoto. (Poiché la narrazione, nel suo lato materiale, non è già opera della voce sola. Nell'autentico narrare interviene bensì anche la mano, che coi suoi gesti, sperimentati nel lavoro, sostiene in cento modi le parole). Questa antica connessione di anima, occhio e mano, è quella artigianale, che ritroviamo dove è di casa l'arte di narrare. Possiamo anzi proseguire e chiederci se il rapporto che il narratore ha con la sua materia, la vita umana, non sia anch'esso un rapporto artigianale. Se il suo compito non sia proprio quello di lavorare la materia prima delle esperienze - altrui e proprie - in modo solido, utile e irripetibile. È una lavorazione di cui può dare, forse, la migliore idea il proverbio, se lo si considera come ideogramma di un racconto. Si potrebbe dire che i proverbi sono rovine che stanno al posto di antiche storie, e in cui, come l'edera intorno a un resto di muro, una morale si avvolge intorno a un gesto.” Simone Weil propone la tragedia greca alle masse popolari come strumento di coscienza di classe “…Rendere accessibili alle masse popolari i capolavori della poesia greca…” Simone Weil pensava di fare uso dei capolavori della grande cultura per rimuovere con l’ignoranza uno degli ostacoli alla realizzazione di una organizzazione più umana nella fabbrica. E niente più della poesia greca le sembra vicina al popolo, poiché in questa, a differenza di tanta letteratura moderna, trovava espresso con il più alto grado di lucidità, di purezza, di semplicità la condizione umana sottoposta al duro dominio della forza. Lei cercò un vero metodo divulgativo; in questo caso un modo di raccontare storie emblematiche dei rapporti di potere tra gli individui…” SULL’ OBBEDIENZA 3 "L'obbedienza non è più una virtù" (1965) di don Lorenzo Milani “Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto.” Nota Don Milani ricostruisce le vicende della storia d'Italia e delle sue guerre, mettendo in luce come la difesa della patria sia stata spesso il pretesto impiegato dal potere statale per commettere aggressioni, distruzioni e stragi. Per questa sua presa di posizione contro il militarismo statale don Milani fu denunciato all'autorità giudiziaria da un gruppo di ex-combattenti. L'intervento di don Milani fu originato da un ordine del giorno dei cappellani militari in congedo che gettava disprezzo sugli obiettori di coscienza. L'ordine del giorno dei cappellani militari in congedo della Toscana Nell'anniversario della conciliazione tra la Chiesa e lo Stato italiano, si sono riuniti ieri, presso l'Istituto della Sacra Famiglia in via Lorenzo il Magnifico, i cappellani militari in congedo della Toscana. Al termine dei lavori, su proposta del presidente della sezione don Alberto Cambi, è stato votato il seguente ordine del giorno: «I cappellani militari in congedo della regione toscana, nello spirito del recente congresso nazionale della associazione, svoltosi a Napoli, tributano il loro riverente e fraterno omaggio a tutti i caduti per l'Italia, auspicando che abbia termine, finalmente, in nome di Dio, ogni discriminazione e ogni divisione di parte di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le divise che morendo si sono sacrificati per il sacro ideale di Patria. Considerano un insulto alla patria e ai suoi caduti la cosiddetta "obiezione di coscienza" che, estranea al comandamento cristiano dell'amore, è espressione di viltà.» L'assemblea ha avuto termine con una preghiera di suffragio per tutti i caduti. [da La Nazione del 12 Febbraio 1965] Lettera di don Lorenzo Milani ai cappellani militari toscani che hanno sottoscritto il comunicato dell'11 Febbraio 1965 Da tempo avrei voluto inviare uno di voi a parlare ai miei ragazzi della vostra vita. Una vita che i ragazzi e io non capiamo. Avremmo però voluto fare uno sforzo per capire e soprattutto domandarvi come avete affrontato alcuni problemi pratici della vita militare. Non ho fatto in tempo a organizzare questo incontro tra voi e la mia scuola. Io l'avrei voluto privato, ma ora che avete rotto il silenzio voi, e su un giornale, non posso fare a meno di farvi quelle stesse domande pubblicamente. Primo perché avete insultato dei cittadini che noi e molti altri ammiriamo. E nessuno, ch'io sappia, vi aveva chiamati in causa. A meno di pensare che il solo esempio di quella loro eroica coerenza cristiana bruci dentro di voi una qualche vostra incertezza interiore. Secondo perché avete usato, con estrema leggerezza e senza chiarirne la portata, vocaboli che sono più grandi di voi. Nel rispondermi badate che l'opinione pubblica è oggi più matura che in altri tempi e non si contenterà né d'un vostro silenzio, né d'una risposta generica che sfugga alle singole domande. Paroloni sentimentali o volgari insulti agli obiettori o a me non sono argomenti. Se avete argomenti sarò ben lieto di darvene atto e di ricredermi se nella fretta di scrivere mi fossero sfuggite cose non giuste. Non discuterò qui l'idea di Patria in sé. Non mi piacciono queste divisioni. Se voi però avete diritto 4 di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso; io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto. Abbiamo dunque idee molto diverse. Posso rispettare le vostre se le giustificherete alla luce del Vangelo o della Costituzione. Ma rispettate anche voi le idee degli altri. Soprattutto se son uomini che per le loro idee pagano di persona. Certo ammetterete che la parola Patria è stata usata male molte volte. Spesso essa non è che una scusa per credersi dispensati dal pensare, dallo studiare la storia, dallo scegliere, quando occorra, tra la Patria e valori ben più alti di lei. Non voglio in questa lettera riferirmi al Vangelo. È troppo facile dimostrare che Gesù era contrario alla violenza e che per sé non accettò nemmeno la legittima difesa. Mi riferirò piuttosto alla Costituzione. Articolo 11. «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli...». Articolo 52. « La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino ». Misuriamo con questo metro le guerre cui è stato chiamato il popolo italiano in un secolo di storia. Se vedremo che la storia del nostro esercito è tutta intessuta di offese alle Patrie degli altri dovrete chiarirci se in quei casi i soldati dovevano obbedire o obiettare quel che dettava la loro coscienza. E poi dovrete spiegarci chi difese più la Patria e l'onore della Patria: quelli che obiettarono o quelli che obbedendo resero odiosa la nostra Patria a tutto il mondo civile? Basta coi discorsi altisonanti e generici. Scendete nel pratico. Diteci esattamente cosa avete insegnato ai soldati. L'obbedienza a ogni costo? E se l'ordine era il bombardamento dei civili, un'azione di rappresaglia su un villaggio inerme, l'esecuzione sommaria dei partigiani, l'uso delle armi atomiche, batteriologiche, chimiche, la tortura, l'esecuzione d'ostaggi, i processi sommari per semplici sospetti, le decimazioni (scegliere a sorte qualche soldato della Patria e fucilarlo per incutere terrore negli altri soldati della Patria), una guerra di evidenti aggressioni, l'ordine d'un ufficiale ribelle al popolo sovrano, le repressioni di manifestazioni popolari? Eppure queste cose e molte altre sono il pane quotidiano di ogni guerra. Quando ve ne sono capitate davanti agli occhi o avete mentito o avete taciuto. O volete farci credere che avete volta volta detto la verità in faccia ai vostri « superiori » sfidando la prigione o la morte? se siete ancora vivi e graduati è segno che non avete mai obiettato a nulla. Del resto ce ne avete dato la prova mostrando nel vostro comunicato di non avere la più elementare nozione del concetto di obiezione di coscienza. Non potete non pronunciarvi sulla storia di ieri se volete essere, come dovete essere, le guide morali dei nostri soldati. Oltre a tutto la Patria, cioè noi, vi paghiamo o vi abbiamo pagato anche per questo. E se manteniamo a caro prezzo (1000 miliardi l'anno) l'esercito, è solo perché difenda colla Patria gli alti valori che questo concetto contiene: la sovranità popolare, la libertà, la giustizia. E allora (esperienza della storia alla mano) urgeva più che educaste i nostri soldati all'obiezione che alla obbedienza. L'obiezione in questi 100 anni di storia l'han conosciuta troppo poco. L'obbedienza, per disgrazia loro e del mondo, l'han conosciuta anche troppo. Scorriamo insieme la storia. Volta volta ci direte da che parte era la Patria, da che parte bisognava sparare, quando occorreva obbedire e quando occorreva obiettare. 1860. Un esercito di napoletani, imbottiti dell'idea di Patria, tentò di buttare a mare un pugno di 5 briganti che assaliva la sua Patria. Fra quei briganti c'erano diversi ufficiali napoletani disertori della loro Patria. Per l'appunto furono i briganti a vincere. Ora ognuno di loro ha in qualche piazza d'Italia un monumento come eroe della Patria. A 100 anni di distanza la storia si ripete: l'Europa è alle porte. La Costituzione è pronta a riceverla: «L'Italia consente alle limitazioni di sovranità necessarie...». I nostri figli rideranno del vostro concetto di Patria, così come tutti ridiamo della Patria Borbonica. I nostri nipoti rideranno dell'Europa. Le divise dei soldati e dei cappellani militari le vedranno solo nei musei. La guerra seguente 1866 fu un'altra aggressione. Anzi c'era stato un accordo con il popolo più attaccabrighe e guerrafondaio del mondo per aggredire l'Austria insieme. Furono aggressioni certo le guerre (1867-1870) contro i Romani i quali non amavano molto la loro secolare Patria, tant'è vero che non la difesero. Ma non amavano molto neanche la loro nuova Patria che li stava aggredendo, tant'è vero che non insorsero per facilitarle la vittoria. Il Gregorovius spiega nel suo diario: « L'insurrezione annunciata per oggi, e stata rinviata a causa della pioggia ». Nel 1898 il Re « Buono » onorò della Gran Croce Militare il generale Bava Beccaris per i suoi meriti in una guerra che è bene ricordare. L'avversario era una folla di mendicanti che aspettavano la minestra davanti a un convento di Milano. Il Generale li prese a colpi di cannone e di mortaio solo perché i ricchi (allora come oggi) esigevano il privilegio di non pagare tasse. Volevano sostituire la tassa sulla polenta con qualcosa di peggio per i poveri e di meglio per loro. Ebbero quel che volevano. I morti furono 80, i feriti innumerevoli. Fra i soldati non ci fu né un ferito né un obiettore. Finito il servizio militare tornarono a casa a mangiare polenta. Poca perché era rincarata. Eppure gli ufficiali seguitarono a farli gridare « Savoia » anche quando li portarono a aggredire due volte (1896 e 1935) un popolo pacifico e lontano che certo non minacciava i confini della nostra Patria. Era l'unico popolo nero che non fosse ancora appestato dalla peste del colonialismo europeo. Quando si battono bianchi e neri siete coi bianchi? Non vi basta di imporci la Patria Italia? Volete imporci anche la Patria Razza Bianca? Siete di quei preti che leggono la Nazione? Stateci attenti perché quel giornale considera la vita d'un bianco più che quella di 100 neri. Avete visto come ha messo in risalto l'uccisione di 60 bianchi nel Congo, dimenticando di descrivere la contemporanea immane strage di neri e di cercarne i mandanti qui in Europa? Idem per la guerra in Libia. Poi siamo al '14. L'Italia aggredì l'Austria con cui questa volta era alleata. Battisti era un Patriota o un disertore? È un piccolo particolare che va chiarito se volete parlare di Patria. Avete detto ai vostri ragazzi che quella guerra si poteva evitare? Che Giolitti aveva la certezza di poter ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con 600.000 morti? Che la stragrande maggioranza della Camera era con lui (450 su 508)? Era dunque la Patria che chiamava alle armi? E se anche chiamava, non chiamava forse a una «inutile strage»? (l'espressione non è d'un vile obiettore di coscienza ma d'un Papa). Era nel '22 che bisognava difendere la Patria aggredita. Ma l'esercito non la difese. Stette a aspettare gli ordini che non vennero. Se i suoi preti l'avessero educato a guidarsi con la Coscienza invece che con l'Obbedienza «cieca, pronta, assoluta» quanti mali sarebbero stati evitati alla Patria e al mondo (50.000.000 di morti). Così la Patria andò in mano a un pugno di criminali che violò ogni legge umana e divina, e riempiendosi la bocca della parola Patria, condusse la Patria allo sfacelo. In quei tragici anni quei sacerdoti che non avevano in mente e sulla bocca che la parola sacra « Patria », quelli che di quella parola non avevano mai voluto approfondire il significato, quelli che parlavano come parlate voi, fecero un male immenso proprio alla Patria (e, sia detto incidentalmente, disonorarono anche la Chiesa). Nel '36 cinquantamila soldati italiani si trovarono imbarcati verso una nuova infame aggressione. 6 Avevano avuto la cartolina di precetto per andar «volontari» a aggredire l'infelice popolo spagnolo. Erano corsi in aiuto d'un generale traditore della sua Patria, ribelle al suo legittimo governo e al popolo suo sovrano. Coll'aiuto italiano e al prezzo d'un milione e mezzo di morti riuscì a ottenere quello che volevano i ricchi: blocco dei salari e non dei prezzi, abolizione dello sciopero, del sindacato, dei partiti, d'ogni libertà civile e religiosa. Ancora oggi, in sfida al resto del mondo, quel generale ribelle imprigiona, tortura, uccide (anzi garrota) chiunque sia reo d'aver difeso allora la Patria o di tentare di salvarla oggi. Senza l'obbedienza dei « volontari » italiani tutto questo non sarebbe successo. Se in quei tristi giorni non ci fossero stati degli italiani anche dall'altra parte, non potremmo alzar gli occhi davanti a uno spagnolo. Per l'appunto questi ultimi erano italiani ribelli e esuli dalla loro Patria. Gente che aveva obiettato. Avete detto ai vostri soldati cosa devono fare se gli capita un generale tipo Franco? Gli avete detto che agli ufficiali disobbedienti al popolo loro sovrano non si deve obbedire? Poi dal '39 in là fu una frana: i soldati italiani aggredirono una dopo l'altra altre sei Patrie che non avevano certo attentato alla loro (Albania, Francia, Grecia, Egitto, Jugoslavia, Russia). Era la guerra che aveva per l'Italia due fronti. L'uno contro il sistema democratico. L'altro contro il sistema socialista. Erano e sono per ora i due sistemi politici più nobili che l'umanità si sia data. L'uno rappresenta il più alto tentativo dell'umanità di dare, anche su questa terra, libertà e dignità umana ai poveri. L'altro il più alto tentativo dell'umanità di dare, anche su questa terra, giustizia e eguaglianza ai poveri. Non vi affannate a rispondere accusando l'uno o l'altro sistema dei loro vistosi difetti e errori. Sappiamo che son cose umane. Dite piuttosto cosa c'era di qua dal fronte. Senza dubbio il peggior sistema politico che oppressori senza scrupoli abbiano mai potuto escogitare. Negazione d'ogni valore morale, di ogni libertà se non per i ricchi e per i malvagi. Negazione d'ogni giustizia e d'ogni religione. Propaganda dell'odio e sterminio d' innocenti. Fra gli altri lo sterminio degli ebrei (la Patria del Signore dispersa nel mondo e sofferente). Che c'entrava la Patria con tutto questo? e che significato possono più avere le Patrie in guerra da che l'ultima guerra è stata un confronto di ideologie e non di Patrie? Ma in questi cento anni di storia italiana c'è stata anche una guerra « giusta » (se guerra giusta esiste). L'unica che non fosse offesa delle altrui Patrie, ma difesa della nostra: la guerra partigiana. Da un lato c'erano dei civili, dall'altro dei militari. Da un lato soldati che avevano obbedito, dall'altro soldati che avevano obiettato. Quali dei due contendenti erano, secondo voi, i « ribelli » quali i « regolari »? È una nozione che urge chiarire quando si parla di Patria. Nel Congo per esempio quali sono i «ribelli»? Poi per grazia di Dio la nostra Patria perse l'ingiusta guerra che aveva scatenato. Le Patrie aggredite dalla nostra Patria riuscirono a ricacciare i nostri soldati. Certo dobbiamo rispettarli. Erano infelici contadini o operai trasformati in aggressori dall'obbedienza militare. Quell'obbedienza militare che voi cappellani esaltate senza nemmeno un « distinguo » che vi riallacci alla parola di san Pietro: « Si deve obbedire agli uomini o a Dio? ». E intanto ingiuriate alcuni pochi coraggiosi che son finiti in carcere per fare come ha fatto San Pietro. In molti paesi civili (in questo più civili del nostro) la legge li onora permettendo loro di servire la Patria in altra maniera. Chiedono di sacrificarsi per la Patria più degli altri, non meno. Non è colpa loro se in Italia non hanno altra scelta che di servirla oziando in prigione. Del resto anche in Italia c'è una legge che riconosce una obiezione di coscienza. È proprio quel Concordato che voi volevate celebrare. Il suo terzo articolo consacra la fondamentale obiezione di coscienza dei Vescovi e dei Preti. In quanto agli altri obiettori, la Chiesa non si è ancora pronunziata né contro di loro né contro di voi. La sentenza umana che li ha condannati dice solo che hanno disobbedito alla legge degli uomini, non che son vili. Chi vi autorizza a rincarare la dose? E poi a chiamarli vili non vi viene in mente che non s'è mai sentito dire che la viltà sia patrimonio di pochi, l'eroismo patrimonio dei più? Aspettate a insultarli. Domani forse scoprirete che sono dei profeti. Certo il luogo dei profeti è 7 la prigione, ma non è bello star dalla parte di chi ce li tiene. Se ci dite che avete scelto la missione di cappellani per assistere feriti e moribondi, possiamo rispettare la vostra idea. Perfino Gandhi da giovane l'ha fatto. Più maturo condannò duramente questo suo errore giovanile. Avete letto la sua vita? Ma se ci dite che il rifiuto di difendere sé stesso e i suoi secondo l'esempio e il comandamento del Signore è « estraneo al comandamento cristiano dell'amore » allora non sapete di che Spirito siete! che lingua parlate? come potremo intendervi se usate le parole senza pesarle? se non volete onorare la sofferenza degli obiettori, almeno tacete! Auspichiamo dunque tutto il contrario di quel che voi auspicate: auspichiamo che abbia termine finalmente ogni discriminazione e ogni divisione di Patria di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le divise che morendo si son sacrificati per i sacri ideali di Giustizia, Libertà, Verità. Rispettiamo la sofferenza e la morte, ma davanti ai giovani che ci guardano non facciamo pericolose confusioni fra il bene e il male, fra la verità e l'errore, fra la morte di un aggressore e quella della sua vittima. Se volete diciamo: preghiamo per quegli infelici che, avvelenati senza loro colpa da una propaganda d'odio, si son sacrificati per il solo malinteso ideale di Patria calpestando senza avvedersene ogni altro nobile ideale umano. Lorenzo Milani SULLE PAROLE E SUI SASSI Mircea Eliade nel “Trattato di storia delle religioni” “Per la coscienza religiosa del primitivo, la durezza, la ruvidità e la permanenza della materia sono una ierofania. Non v'è nulla di più immediato e di più autonomo nella pienezza della sua forza, e non v'è nulla di più nobile e di più terrificante della roccia maestosa, del blocco di granito audacemente eretto. IL SASSO, ANZITUTTO, E'. Rimane sempre se stesso e perdura; cosa più importante di tutte, COLPISCE. Ancor prima di afferrarla per colpire, l'uomo urta contro la pietra, non necessariamente col corpo, ma per lo meno con lo sguardo. In questo modo ne constata la durezza, la ruvidità e la potenza. La roccia gli rivela qualche cosa che trascende la precarietà della sua condizione umana: un modo di essere assoluto. La sua resistenza, la sua inerzia, le sue proporzioni, come i suoi strani contorni, non sono umani: attestano una presenza che abbaglia, atterrisce e minaccia. Nella sua grandezza e nella sua durezza, nella sua forma o nel suo colore, l'uomo incontra una realtà e una forza appartenenti a un mondo DIVERSO da quel mondo profano di cui fa parte.” SASSO come sacro, sasso come antico, sasso come ferma parole, sasso come azione. La Narratrice ha un piccolo patrimonio di sassi nelle tasche del cappotto. Sassi che usa come parole, ma anche come sassi veri e propri. Le PAROLE servono per raccontare. I nomi dei personaggi scritti sui sassi servono al pubblico per fissarli e ricordarseli. Le parole sono nell’aria, viaggiano nelle teste delle persone, vanno in giro e non stanno ferme, Invece i SASSI sono come dei “ferma parole”. La Narratrice riconosce al tatto i sassi che ha nelle diverse tasche; nella tasca sinistra ha i sassi che appartengono alla famiglia (i 4 fratelli) ghenos, geni-genetica, sangue, tradizione ecc.; nella tasca 8 destra ha Creonte, Emone, la Guardia, i rappresentanti della polis, il potere, il patrimonio, il posto ecc., nella tasca interna, sul cuore, ha Tiresia. Le forme dei sassi nel Racconto di Antigone: Antigone è un sasso un po’ a piramide con una base larga, è il più piccolo di tutti. Ismene: il suo sasso è di forma simile a quello di Antigone, ma un po’ più alto, è la sorella maggiore. Tiresia: Il suo sasso è curvo o storto o rugoso. Abbastanza grande. Tiresia è vecchio, saggio, pulito, puro, luminoso, in pace, splendente, sacro, popolare, è descritto vestito di bianco, il suo è un bianco che porta consiglio, luce, presagi. Creonte: il suo sasso è il più grande di tutti, è il più potente, è a punta, a piramide come la gerarchia, come se sopra ci fosse una corona. E’ Re. Ha le rughe per i molti pensieri e perché fa le guerre. Emone: è un sasso squadrato. Polinice e Eteocle: sono sassi che non stanno in piedi, sono i due corpi senza vita. Guardia: è un sasso quadrato, non tanto grande. POSSIBILI NUCLEI TEMATICI DA SVILUPPARE CON I BAMBINI - Essere senza i propri genitori: orfanità, separazioni, lontananze. Trovarsi sotto l'autorità di figure adulte diverse. - Fiducia, sfiducia, obbedienza, disobbedienza alle figure adulte (Antigone, Ismene, Emone). - Rapporto tra fratelli e sorelle, affetto e rivalità, somiglianze e differenze, gelosie, alleanze e conflitti. (Antigone vuole affermare la sua giustizia a qualunque costo. Ismene accetta la propria debolezza per continuare a vivere) - Bisogni, desideri e diritti. Regole e norme: norme radicate, legate alla tradizione, alla cultura, all'etica, alla religione e norme "nuove", legate al funzionamento della società-gruppo (non sentite come universali, ma a protezione di una parte della società-gruppo). - Patti, accordi, promesse, giusto e ingiusto. - Il potere che deriva dall'essere adulti (sui bambini e i ragazzi), maschi (sulle femmine), forti (sui deboli). - Conflitti (perché lottano i fratelli?) e strumenti per risolvere i conflitti fra pari e con chi ha il potere (autorità): violenza, punizioni, guerra, altre possibili strade non violente. - Avere sentimenti amorosi per la vita e gli esseri viventi: prendersi cura di sé (Ismene) e degli altri (Antigone). POSSIBILI PISTE DI LAVORO PER GLI INSEGNANTI Definizioni e differenze fra tragedia e fiaba/favola Possibilità di introdurre il concetto di irrimediabilità di alcune situazioni narrate, che vedono intrecci 9 complessi terminare con la morte e la rovina dei protagonisti "positivi" a causa di ingiustizia e uso indebito del potere, in cui morte e rovina sono ferite che non si possono risanare, ma potranno essere "utili" solo alle generazioni future come esempio e monito. Peraltro, la narrazione della Shoah e l'esperienza dei lager nazisti viene già proposta in questi termini ai bambini anche piccoli (ferma restando la differenza fra fatti storici e narrazione di eventi immaginati) Confronto fra i concetti di giustizia e ingiustizia grande tema dei bisogni, diritti, doveri, leggi, regole, patti e punizioni...... su cui è necessario avere grande apertura e chiarezza mentale per non trasmettere messaggi "chiusi" ai bambini del tipo: "bisogna sempre rispettare le regole e le leggi....", e nello stesso tempo riaffermare ad ogni occasione la necessità di un continuo "patto sociale" all’interno dei gruppi di esseri umani, a tutela dei più deboli e di tutti, patto che potrà/dovrà essere sempre rivisto, modificato, rinegoziato con una discussione aperta e paritaria fra i partecipanti al patto. Confronto fra i concetti di utopia e di realtà tenendo conto che il pensiero dei bambini tende "naturalmente" a vedere come possibili soluzioni positive, cambiamenti, aggiustamenti..... domanda cruciale: è più importante salvaguardare questo ottimismo, rinforzando l'idea che volendo, si può sempre cambiare la condizione umana (e quali strumenti sono legittimi per questo cambiamento?) o è necessario condurre al più presto i bambini all'accettazione di una realtà dura e più grande di noi e spesso immodificabile? Prendersi cura importanza nodale di indirizzare i bambini all’attitudine del prendersi cura: di se stessi, degli altri (prossimi e lontani), della natura e del mondo nella consapevolezza di una prossimità e correlazione fra tutte le creature viventi con atteggiamenti diffusi di empatia e benevolenza rispetto agli interessi egoistici, le regole disumanizzanti del potere e il primato della forza. Con i sassi Pietre come personaggi L'uso di pietre, nell'attività narrativa e teatrale, al posto di burattini, immagini, ecc. può aprire molte strade fertili. Partendo dall'esperienza di “PAROLE e SASSI”, si potrebbe iniziare una ricerca per accumulo, protratta nel tempo, di personaggi-pietre, attraverso ricerche e scoperte da parte dei bambini da soli o della classe intera, in uscite verso spiagge di mare o di fiume, zone rocciose, campi..... Per cercare “bene” le pietre bisogna aver chiari i caratteri dei personaggi, occorre parlarne a fondo insieme e intanto affinare lo sguardo sul mondo, per trovare le connessioni metaforiche e poetiche tra le caratteristiche fisiche delle pietre e le sfaccettature dei personaggi. Man mano che si trovano, ogni pietra potrebbe essere “provata“ dai bambini nella sua parte, con improvvisazioni che possono diventare molto interessanti. Questo teatro di sassi potrebbe essere una modalità costante delle classi che scelgono di privilegiare, nelle loro attività teatrali, la storia, i personaggi e il testo di parole, rispetto alla costruzione materiale di burattini, scenografie..... Terra, fuoco, aria, acqua Una piccola meditazione-visualizzazione sulla pietra – roccia, ascoltata e immaginata e magari danzata con il corpo a terra, nella penombra, ad occhi socchiusi, con le musiche adatte e le parole che raccontano. All'inizio c'era solo materia incandescente, indistinta, gas e minerali, vapori.... il calore mescola e trasforma la materia, la cuoce, la fa evaporare, e la materia senza forma si muove, si arrotola, si dilata, esplode, diventa più pastosa, perde calore, si solidifica piano piano fino a diventare una massa pesante e scura, ancora molto calda, ma già quasi bloccata nel movimento 10 dal suo peso e dalla sua consistenza...fino a fermarsi e raffreddarsi, a prendere i colori definitivi dei suoi elementi mescolati, la consistenza, la qualità.... per un tempo lunghissimo la roccia resta immobile e come imprigionata nella sua stessa forma, in un riposo pesante e uguale, sotto i raggi del sole e nel buio freddo della notte ma intorno tutto è mutamento e movimento, l'acqua evapora, forma nubi che tornano sulla terra in piogge torrenziali, che a volte diventano neve e poi ghiaccio che si infila in ogni fessura della roccia e inizia a spaccarla... l'aria intorno è calda e piena di gas che corrodono, intaccano la roccia, a volte l'aria corre veloce sulla superficie della terra formando grandi tempeste di vento che accarezzano rudemente la roccia, la consumano, staccano frammenti che diventano minuscoli scalpelli che spaccano, lisciano, cambiano forma alla roccia….... la roccia si sbriciola in sassi, pietre, ciottoli, sabbia che viaggia con il vento e con l'acqua, la roccia è qui e molto lontano in mille punti diversi della terra, nei deserti, nelle pianure coperte di vegetazione, nell'acqua dei fiumi e dei mari......e ogni frammento di roccia si consuma e si modifica, si liscia, si spacca, si arrotonda, si mescola: i granelli di sabbia di molte rocce diventano un'unica spiaggia dorata, rosa, grigia.... BREVE BIBLIOGRAFIA Antigone di Sofocle Antigone di Jean Anouilh Antigone di Bertolt Brecht (volume unico Antigone variazioni sul mito, a cura di M. G. Ciani, Ed. Marsilio) La storia di Antigone raccontata da Ali Smith, Ed. Scuola Holden, La Biblioteca di Repubblica – L’Espresso Sofocle ANTIGONE adattamento di Gita Wolf e Sirish Rao , Lapis Edizioni Il racconto di Antigone e Elettra di Simone Weil Ed. Il Melangolo Il Narratore di Walter Benjamin Ed. Einaudi consigliata anche la lettura di: “Da lontano era un'isola” di Bruno Munari (mondi, punti di vista nuovi e stimoli didattici sempreverdi) 11