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Presentazione di PowerPoint
Università degli Studi di Palermo
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Dipartimento di Igiene e Medicina Preventiva
Prof. N. Romano
LE INFEZIONI OSPEDALIERE
Seminario di approfondimento
Alagna Giampiero
Graceffa Adriana
Cangemi Debora
La Sala Rosaria
Cascio Caterina
Lo Cascio Giuseppina
Castellana Giuseppe
Manna Loredana
Cicala Vincenzo
Plano Stefania
D’Alessandro Antonino
Rizza Anna
Dioguardi Piero
Scaturro Giusi Maria
Di Paola Valentina
Tutors: Prof.ssa Torregrossa, Dott.ssa Cannova, Dott. Bono
DATI EPIDEMIOLOGICI
Cicala Vincenzo
D’Alessandro Antonino
La Sala Rosaria
Plano Stefania
Scaturro Giusi Maria
DEFINIZIONE
Per infezione acquisita in Ospedale si definisce
un’infezione contratta durante il ricovero in ospedale, che
non era manifesta clinicamente né in incubazione al
momento dell’ammissione, ma che compare durante o
dopo il ricovero e da questo è determinata.
Le infezioni acquisite in ospedale comprendono anche le
infezioni che il personale ospedaliero può contrarre
nell’assistenza ai malati.
L’infezione va distinta dalla "colonizzazione", definita come
la moltiplicazione a livello locale di microrganismi senza
apparenti reazioni tessutali o sintomi clinici.
(Circolare Ministero Sanità n. 52/1985 )
Definizione di infezione ospedaliera
(NNIS 1988)

Una condizione localizzata o sistemica risultante
da una reazione avversa alla presenza di un agente
infettivo o di sue tossine che rientra nei seguenti
criteri: si presenta in un paziente ricoverato
nell’ambito della rete di sorveglianza, non vi è
evidenza di infezione e di una sua incubazione al
momento dell’ammissione a meno che non sia
correlata ad un precedente ricovero, deve rientrare
nei criteri specifici che definiscono i siti di
infezione.
Definizione di infezione ospedaliera

Con il termine I.O. sia scientificamente che
operativamente oggi si intende un campo più
vasto che include tutte le infezioni riconducibili
a momenti assistenziali, anche non
strettamente ospedalieri, e la prevenzione del
rischio biologico per il personale sanitario.
CENNI STORICI


Nella metà del 1800 I. Semmelweiss e J. Simpson furono i
pionieri di una raccolta sistematica dei tassi di infezione
ospedaliera:
Semmelweiss dimostrò efficacemente che l’ospedale poteva
rappresentare un rischio per i pazienti (le donne che non
partorivano in ospedale avevano un rischio di sepsi puerperale
ed una mortalità molto più bassa rispetto a quelle che
partorivano in ospedale), che tale rischio era di origine
infettiva (i patogeni erano trasmessi dai medici e dagli
studenti che, prima di assistere le partorienti, effettuavano
riscontri autoptici), che tale evento era prevenibile (lavando le
mani con cloruro di calcio).
Simpson evidenziò una correlazione diretta tra la mortalità per
infezione, dopo amputazione degli arti, e la grandezza
dell’ospedale, condizione associata al sovraffollamento, che
favoriva la trasmissione delle infezioni da paziente a paziente.
… ma il loro lavoro non fu
ben accetto dai colleghi del
tempo e la sorveglianza
epidemiologica e lo sviluppo
di una epidemiologia
ospedaliera come disciplina
si affermò solo negli anni ‘50
L’impulso decisivo fu anche una pandemia causata da S.Aureus resistente alla
penicillina sia in ospedali europei che statunitensi in quel periodo.
 1955: Colebrook propose rilevazioni di infezioni in ogni grande ospedale.
 1959: Moore istituì la figura professionale dell’infermiera addetta al controllo
delle infezioni nel suo ospedale, esempio seguito da altri

1970: si delinea una popolazione di pz a ↑ rischio di IO
Pz sottoposti a pratiche invasive durante la degenza.
Stati Uniti: istituirono i CDC ( Center for Disease Control and Prevention) e la
Divisione Infezioni Ospedaliere e ne svilupparono le definizioni standard con
l’avvio di un sistema di sorveglianza attiva National Nosocomial Infections
Survillance System(NNIS) tutt’oggi funzionante

1980

In Italia: l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) elabora il programma
italiano di controllo delle IO.(SIPIO/1984)
Emanazione delle circolari del Ministero
della Sanità N°52/1985 e N°8/1988

1990:

In Italia vengono emanati i decreti legislativi 502/92 e 517/93
per la riorganizzazione delle strutture ospedaliere.

Negli Stati Uniti vengono pubblicati i documenti contenenti
linee guida tra cui quelle del Hospital Infection Control Practice
Advisory Committee (HICPAC) dei CDC
2005:
Nell’era del controllo delle infezioni, l’obiettivo
da raggiungere è il cambiamento migliorativo
dell’intero processo e non della singola attività.
Infatti in una situazione di aperta competizione tra
le varie aziende solo quelle capaci di
differenziarsi in termini di conoscenza di livelli
di rischio al loro interno, di bassa incidenza
delle IO e di attuazione di misure di sicurezza,
potranno raggiungere elevati livelli di qualità
DATI EPIDEMIOLOGICI
Le infezioni ospedaliere si manifestano con alti
tassi di MORBOSITA’ ed incremento della
MORTALITA’, contribuendo anche
all’aumento dei COSTI di degenza, dei
pazienti ospedalizzati.
 Nonostante la riduzione della durata e del
numero dei ricoveri e le ampie conoscenze
disponibili in materia, in termini sia di fattori
di rischio, sia di metodi appropriati di
prevenzione, la frequenza delle infezioni
ospedaliere non è generalmente in declino.

Frequenza


5%-10% dei pazienti ricoverati in ospedale sviluppa un
infezione (Burke Jp, 2003)
Il rischio per giornata di degenza è aumentato negli ultimi
decenni (Wenstein,1988):
l’8%-12% la presenta in un giorno
Incidenza/1000
7,2
1975
1995
9,8
0
2
4
6
8
10
12
Il 90% delle infezioni si presenta in forma endemica, il 6% fa
parte di cluster epidemici (Wenzel RP, 1987) ed il 4% di
epidemie (Wenzel RP, 1983)
Localizzazioni più frequenti di infezioni
ospedaliere (Moro M.L. Corso ABC infezioni ospedaliere )

L’80% di tutte le infezioni associate all’assistenza si
localizza in quattro siti
Distribuzione % dei siti di infezione
ospedaliera, in USA nel 1975 e nel 1990-96
50
45
33
40
24
30
19
17
20
10
14
13
10
6
0
IVU
FER. CH.
POLM
SEPSI
Altro
21
1975
1990-96
OMS 1983-1985:
Studio condotto su 47 ospedali di 13 paesi
prevalenza 9.9%
Stati Uniti 1998:
Classificazione e raccolta sui reparti a
maggiore rischio:
-UTI
-Reparti di chirurgia (particolare attenzione
alle infezioni della ferita chirurgica)
Studio effettuato nel 1979
Svezia
Danimarca
Norvegia
Inghilterra
Galles
Belgio
Spagna
Cecoslovacchia
La prevalenza oscillava da
6.1% in Cecoslovacchia a
12.3% in Danimarca
Studi di Prevalenza
Nazioni/Siti di
infezione
Germania
(1994)
Galles
(1980)
UK – Eire
(1993 - 94)
IVU
42.1%
30.3%
23.8%
FC
15.8%
18.9%
10.7%
Basse Vie
Respiratorie
20.6%
16.8%
22.9%
Cute
-
13.5%
9.6%
Batteriemie
8.3%
-
-
Grecia
1994 (1305 Pz) in 8 ospedali → prevalenza del 6.8%
1995 (1386 Pz) in 8 ospedali → prevalenza del 5.5%
1996 (1279PZ) in 8 ospedali → prevalenza del 5.9%
50
40
30
38,2
32,6
32
21,3
20
10
12
9
0
1994
1995
1996
Inf. Vie Urinarie
FC
Batteriemie
Studio di prevalenza delle EPIIC
(European Prevalence of Infection in Intensive Care Study)
Fattori più importanti associati a :



Durata del ricovero
Uso di antibiotici
Utilizzo di strumentazioni
invasive
Spagna 1990 – 1997 (Studio EPINE) condotto su 376.663 Pz di 214 ospedali
12
Average
Prevalence
11
10
9,9
9
8,1
8
1990
97
=
8.5%
7
6
5
1990
97

Per descrivere la frequenza di infezioni nel tempo e per
specifici gruppi si fa riferimento al Sistema di Sorveglianza
Statunitense delle Infezioni Nosocomiali (NNIS), che
registra dal 1970 le frequenza delle I.O.
ANNI ’80
Altro 8%
Polmoniti 16%
Infez.ferita
chirurgica 20%
Infez.vie urinarie
40%
Batteremie 6%
ANNI ‘90
Altro 20%
Infez.vie
urinarie 35%
Polmoniti 16%
Infez.ferita
chirurgica 18%
Batteremie 11%
In Italia, nel 1983, fu effettuato lo Studio Italiano
Prevalenza Infezioni Ospedaliere (SIPIO) che coinvolse
142 ospedali (36000 letti) ed evidenziò:
- una prevalenza di I.O. del 6,8%.
- il 12,3% dei pazienti entra in ospedale già infetto.
Tali dati sono stati ulteriormente confermati da successivi
studi d’incidenza condotti in alcuni ospedali italiani.
 La stima numerica annua d’infezioni ospedaliere
oltrepassa le 600 mila unità l’anno; tali infezioni
prolungano ovviamente la degenza ospedaliera, con un
aggravio di costi che oltrepassa i 1000 miliardi/anno.


Dalla Gazzetta Ufficiale Regione Siciliana 2001
incidenza I.O. è 5-10%, riconducibile a pratiche
diagnostiche e terapeutiche ed applicazione
programma di controllo.

Nel 2000 uno studio di prevalenza condotto in
Italia dalla Dott.ssa Moro fornì i seguenti dati:
- prevalenza: 5-8% dei ricoverati
- 400.000-700.000 infezioni
……di cui 30% prevenibile=135.000-210.000
Le epidemie di I.O. sono per lo più attribuibili ad
errori nelle pratiche assistenziali e, pertanto,
EVITABILI!!!
Ospedale San Camillo di Roma

2000 Italia :
Studio di prevalenza e incidenza delle IO condotto in
cardiochirurgia su 64 Pz
Pricipali Siti di Infezioni
Principali Microrganismi causa di Infezione
in %
60,8
ICS
14,5
12
40
Staphylococus
Aureus
Pseudomonas
Aeruginosa
Batteriemie
Primitive
Polmoniti
Infezioni Urinarie
18,9
13,5
5,4
ICS dopo
dimissione
Ospedale San Camillo di Roma

2002 Italia :
Studio di prevalenza e incidenza delle IO condotto in
cardiochirurgia e UTI su 517 Pz
Pricipali Siti di Infezioni
Principali Microrganismi causa di Infezione
in %
28
ICS
21
Staphylococus
Aureus
50
Batteriemie
Primitive
12
Polmoniti
Pseudomonas
Aeruginosa
Enterobacter
Infezioni Urinarie
20
15
12
3
Isc dopo
dimissione
Conclusioni
Un sistema di sorveglianza nazionale, però, non è ancora attivo.
L’indagine conoscitiva svolta dal ISS e dall’ Ospedale
Spallanzani, è pubblicata nei rapporti Istisan, in tutti gli
ospedali italiani con più di 300 posti letto e su 50% di quelli
più piccoli, ha rilevato che solo la metà ha un comitato di
controllo attivo, anche se qualche misura di sorveglianza e/o di
rilevazione è stata comunque messa in atto in numerosi altri
presidi.
Nonostante l’esistenza di protocolli scritti di prevenzione, nella
maggior parte degli ospedali analizzati mancano misure
applicate di controllo e sorveglianza
Eziologia e patogenesi delle
infezioni ospedaliere
Adriana Graceffa
Loredana Manna
Eziologia
Quali sono i principali agenti
responsabili delle I.O.?

Agenti patogeni tradizionali, quali per esempio il virus
influenzale, i virus dell’epatite, le Salmonelle,etc… che,oltre
ai pazienti,possono colpire anche il personale di assistenza.

Agenti opportunisti, vale a dire tutti quei microrganismi che
aggrediscono l’ospite solo quando si determinano condizioni
tali da consentire il loro impianto in distretti normalmente
sterili e/o quando si verifica una diminuzione a vario livello
delle difese dell’ospite.
Modalità di trasmissione
Il serbatoio di questi microrganismi
(habitat naturale e sede di moltiplicazione) è costituito dall’uomo
(pz infetti/colonizzati e/o portatori) e dall’ambiente .
Affinchè avvenga la trasmissione del m.o. è necessario che vi sia un veicolo
.
Un veicolo di importanza determinante è costituito dalle MANI degli
operatori sanitari,sulle quali colonizzano un numero e una varietà non
indifferente di potenziali patogeni.
L’importanza di tale veicolo è sottolineato dal fatto che le misure di
controllo più efficaci della maggior parte delle I.O. si basano sul lavaggio
frequente delle mani.
Classificazione
Le infezioni ospedaliere relativamente alla provenienza dell’agente eziologico,si
distinguono in:
1.
ENDOGENE ,quando l’infezione è sostenuta da un agente già da tempo
presente nell’organismo del soggetto in causa, in veste di ospite abituale
non patogeno, ma che ha acquistato patogenicità e virulenza in seguito a
una grave compromissione delle difese dell’organismo;
2.
ESOGENE ,sono le infezioni in cui il germe arriva al pz trasmesso da un
altro pz (infezione crociata) o dall’ambiente ospedaliero,secondo due
principali modalità:

Contatto diretto , in cui il pz viene a diretto contatto con la fonte di
infezione ( ad es. goccioline di saliva);

Contatto indiretto , in cui il m.o. è trasportato dalla fonte di infezione
all’ospite recettivo da un veicolo animato o inanimato (per es.
endoscopi,strumenti chirurgici,etc…).
DEFINIZIONE DI CASO
Deve avere un valore predittivo positivo,
quindi, deve essere dotata di alta sensibilità
ed elevata specificità
 È utile definire le localizzazioni di IO da
sorvegliare, per le quali vengono utilizzate
le definizioni di caso riportate sulle
raccomandazioni del CDC di Atlanta

LOCALIZZAZIONI DA SORVEGLIARE
(DEFINIZIONE DI CASO)





Batteriemia primitiva: CDC 1988
Infezioni associate a cateteri intravascolari
centrali: CDC 1995 e GISIG 1998
Infezioni del sito chirurgico: CDC 1999
Infezioni delle vie urinarie: CDC 1988
Fanno eccezione la polmonite nosocomiale:
protocollo europeo HELICS 1997, e la sepsi:
consensus conference dell’American College of
Chest Physicians and the Society of Critical Care
Medicine 1992
Localizzazioni più frequenti

VIE URINARIE : secondo uno dei criteri del CDC
1988,USA per parlare di infezioni delle vie urinarie sintomatiche è
necessario che vi sia la presenza di almeno uno dei seguenti
sintomi/segni,in assenza di altri possibili cause:
- febbre (>38°C);
-urgenza a urinare;
- pollachiuria;
- disuria;
- tensione sovrapubica.
I microrganismi causa di infezione delle vie
urinarie possono avere accesso alla vescica
in questo modo:
1.
2.
3.
4.
Al momento dell’inserzione del catetere
Attraverso il lume del catetere
Sulla superficie esterna del catetere
Dopo la rimozione del catetere
Tra i principali fattori che favoriscono lo
sviluppo di I.V.U. associate a cateterismo vi è
la suscettibilità intrinseca del catetere alla
contaminazione. Negli ultimi anni, inoltre, è
stato messo in evidenza come alcuni patogeni
urinari, quali Pseudomonas e Proteus,
abbiano la capacità di produrre una matrice
extracellulare di glicocalice batterico che
consente loro di aderire alla superfice plastica
del catetere.

1.
2.
3.
Polmonite nosocomiale,
secondo il protocollo HELICS 1997
la polmonite definita o probabile deve corrispondere al seguente criterio:
Presenza di infiltrato polmonare nuovo (progressivo) o persistente,
Secrezioni tracheali purulente;
Almeno uno dei seguenti:
- evidenza radiografica di ascesso polmonare e coltura positiva dell’agoaspirato
dell’ascesso;
- evidenze patologiche di polmonite all’esame istologico ottenuto con biopsia del
polmone a cielo aperto o durante il riscontro autoptico subito dopo il decesso,che
dimostrino la formazione di un ascesso , oppure un’area di consolidamento con intenso
accumulo di leucociti PNM,in associazione a coltura quantitativa positiva del
parenchima polmonare;
- coltura quantitativa positiva di un campione di secrezioni del tratto respiratorio
inferiore;
- emocoltura positiva,non correlata ad alcuna fonte di infezione ottenuta entro 48 h
dall’isolamentodello stesso ceppo dalle secrezioni del tratto respiratorio inferioree
mediante aspirato tracheale;
- isolamento dello stesso ceppo da campioni di liquido pleurico e tratto respiratorio
inferiore. Non deve essere stata effettuata alcuna procedura invasiva precedente sulla
pleura;
- isolamento di Legionella dall’espettorato e sierologia specifica positiva.
I batteri possono invadere il tratto respiratorio
inferiore attraverso quattro meccanismi:
 Aspirazione di batteri colonizzanti il tratto
orofaringeo o gastrico.
 Inalazione di aerosol contenenti batteri.
 Diffusione ematogena di batteri da una
localizzazione remota (meno frequente rispetto
agli altri);
 Traslocazione batterica dal tratto
gastrointestinale (ipotesi più recente!).

Infezioni del sito chirurgico, per definire l’infezione
della ferita chirurgica secondo il CDC1999,USA è necessario che vi siano i
seguenti criteri:

L’infezione si sviluppa entro 30 gg dall’intervento;

L’infezione interessa soltanto la cute o il tessuto sottocutaneo dell’incisione;

Presenza di almeno uno dei seguenti:
- secrezione purulenta dall’incisione superficiale;
- isolamento di un m.o. da una coltura ottenuta con tecniche asettiche dai fluidi
o dai tessuti dell’incisione superficiale;
- presenza di almeno uno dei seguenti sintomi/segni: dolore,tensione
superficiale,gonfiore localizzato,eritema,etc…
La maggior parte delle infezioni della
ferita chirurgica viene acquisita durante
l’intervento: se una ferita è pulita e
asciutta, infatti, nell’arco di poche ore
dall’intervento non è più suscettibile
all’aggressione da parte di m.o.
In fase postoperatoria, le infezioni possono
essere acquisite attraverso i drenaggi
chirurgici o, nel caso di infezioni non ancora
rimarginate al momento della medicazione.
Le più comuni fonti per l’infezione chirurgica
sono:
 flora cutanea del pz;
 tessuti dell’ospite infetti o contaminati nel
corso di interventi;
 mani del personale;drenaggi chirurgici.
Importante!!
I m.o. patogeni responsabili di I.O.
sono nel 70% dei casi resistenti a
uno o più antibiotici.
Sistemi di tipizzazione
epidemiologica
E’ un metodo importante per controllare la
diffusione di m.o. resistenti agli
antibiotici, sia a livello intraospedaliero
che interospedaliero.
Perché è importante la tipizzazione?
Per confermare e delineare i profili di
trasmissione di uno o più cloni epidemici, per
identificare le fonti e i veicoli di trasmissione
di questi cloni e per monitorare i serbatoi dei
m.o. epidemici.
I Fattori di rischio
Castellana Giuseppe
Di Paola Valentina
Definizione
Per fattore di rischio si intende:
una condizione generica che:
provoca (fattore causale) o, più spesso, facilita
(concausa) l’instaurarsi di una malattia.
I fattori causali possono essere:
- necessari (conditio sine qua non)
- sufficienti (quando producono inevitabilmente un
particolare effetto)
Le concause si dividono in:
-predisponenti;
-precipitanti;
-rinforzanti.
Per definire se un fattore è causale nei confronti di una
patologia, deve possedere una serie di criteri:
Sequenza temporale
Plausibilità biologica
Forza o grado
Consistenza
Relazione dose risposta
Classificazione
fattori intriseci
(associati alle condizioni del
paziente)
fattori estrinseci
-associati a procedure
invasive e assistenziali
-associati alla mancata
adozione delle misure
generali di prevenzione
-associati a caratteristiche
organizzative
dell’ospedale
Fattori di rischio intrinseci
• Età
Il neonato pretermine presenta un rischio d'infezione
particolarmente elevato in ragione dell'immaturità del suo
sistema immunitario
e di diversi
INCIDENZA
PER FASCE
DIorgani,
ETA’come pelle, polmoni o
tratto intestinale.
Le fasce
al di sotto dei 10 anni ed oltre i 65 anni
nello maggiormente
stesso tempo veicolo dicolpite
infezione per altri pazienti
sonoSono,
quelle
(abbondanza di secrezioni respiratorie, l'incontinenza di feci o
urina, contatti fisici stretti durante il gioco o nel corso di cure
Incidenza
( x 1000/ anno )
mediche).
30
25
L’over 65 presenta, un
rischio d'infezione
particolarmente elevato
in ragione della frequente
coesistenza di affezioni
degenerative (es.apparato
respiratorio), riduzione
delle difese immunitarie.
20
15
10
5
0
0
5
10
15
20
25
60
65
70
75
DISTRIBUZIONE PER SESSO
UOMINI
DONNE
66,7%
33,3%
“Sorveglianza delle infezioni del sito chirurgico in Cardiochirurgia INCIDENZA E FATTORI DI
RISCHIO” 4 maggio 2004.
AZIENDA OSPEDALIERA “SANTA MARIA DELLA MISERICORDIA” DI RILIEVO NAZIONALE E DI
ALTA SPECIALIZZAZIONE – UDINE
-Obesità
• Stato nutrizionale
-Denutrizione (stati carenziali)
proteine, immunoglobuline,
complemento)
Aumentano il rischio infettivo di 2-3 volte.
Determinano un ritardo nella guarigione delle
ferite,con conseguente aumento
dell’ospedalizzazione e incremento delle
complicanze chirurgiche.
•Stato di portatore nasale di Staphylococcus aureus
Questo patogeno è presente nelle narici del
20%-30% degli individui sani. Di questi circa il
60,7 % colonizzato da ceppi MRSA (60,7 %).
Numerosi studi sottolineano l’associazione tra la
presenza di questo microrganismo nel naso dei
pazienti prima dell’intervento e la susseguente
comparsa di infezione.
L’eradicazione è considerata una misura preventiva
importante, secondo le Linee Guida CDC 1999.
La profilassi antibiotica perioperatoria con cefalosporine riduce soltanto la
carica batterica infettante ed è inefficace nei confronti dei Meticillino-Resistenti
(MRSA).
Pertanto oltre alle misure igieniche preventive è necessario, nei reparti a
rischio, un protocollo mirato alla bonifica dei portatori nasali.
• Gravi malattie di base
•Endocrinopatie
•BPCO
•Neoplasie
•Splenectomizzati
•Ustioni estese
•IRC
•Deficit immunitari(leucemie)
•Politraumatismi
USO
IMPROPRIO DI
FARMACI
Antibiotici,
chemioterapici,
immunosoppressori
Cause di deficit immunitario
Paziente immunocompromesso
Diabete
Etilismo
Denutrizione
Neoplasie
- solide
- ematologiche
Trapianti
- organo
- midollo
Diminuzione di
Neutrofili
linfociti T (CD4+)
linfociti B
macrofagi alveolari
fagociti
piastrine
AIDS
Fattori di rischio estrinseci
Associati a procedure invasive e assistenziali
•Presenza di cateteri intravascolari
Si ricorre al loro impianto,nel corso della degenza, nel 30-50%
dei pazienti ospedalizzati.
Perché sono considerati fattori di rischio…
•corpo estraneo per l’organismo. Rappresentano, un substrato ideale per
la colonizzazione microbica ;
•materiale:
Cateteri polietilene (flebite purulenta e flogosi del sito di inserzione:
eritema edema dolore e vena palpabile). Oggi vengono usati cateteri in
poliuretano (>biocompatibilità,<colonizzazione microbica,<
trombogenicità ).
•Manipolazione e tempo di permanenza in sede
Il rischio di infezioni è basso se il catetere subisce poche manipolazioni
ed è mantenuto in situ per meno di tre giorni.
-Applicare il catetere solo in presenza di precise
indicazioni cliniche
-Rimuovere il catetere appena l’indicazione cessa di
esistere
-Corretto lavaggio antisettico delle mani prima di
Presenza
e durata
della permanenza del
applicare
o rimuovere
il catetere
catetere
urinario
(UVI)
-Corretta detersione
dei genitali
prima
della disinfezione
-Utilizzare sempre sacche di drenaggio
a circuito chiuso e
non scollegare mai la sacca
-Utilizzare catetere di calibro il più
piccolo possibile (12
o 14 CH)
-Garantire una scrupolosa igiene ai pazienti portatori di
catetere vescicale.
Respirazione assistita con intubazione
endotracheale, VAM
Indagini invasive a scopo diagnostico (broncoscopie)
•Accertati:
tricotomia
durata dell’intervento (la frequenza di infezione si
raddoppia per ogni ora di
intervento)
tipo di intervento (pulito, contaminato, sporco)
classe ASA (ASA score 1-5)
Interventi chirurgici
•Probabili:
interventi chirurgici combinati
entità del trauma chirurgico
uso di materiali estranei (protesi)
emotrasfusioni
•Possibili:
non effettuare la doccia prima dell’intervento
intervento d’urgenza
uso di drenaggi.
TRICOTOMIA
% di
infezione
Contenere l’area da tricotomizzare inalla
sola
30°
area di incisione chirurgica
giornata
Metodo
di
Epoca
di
alla
dall'intervent
• Eseguire
la procedura
con strumenti
rasatura
effettuazione
dimissione
o
monouso
Il giorno prima
evitando
di lesionare 6,4
la cute
Rasoio
dell'intervento
10
• Praticare inLastretta
connessione temporale
mattina
con
chirurgico (entro
2-4 ore
Rasoiol’intervento
dell'intervento
5,2
8,8
dall’inizio
dellaprima
procedura chirurgica).
Il giorno
Forbici
dell'intervento
4
7,5
Forbici
La mattina
dell'intervento
1,8
3,2
Durata dell’intervento
Esiste un rapporto diretto tra durata dell’intervento e
incidenza di infezione postoperatoria.
Tra i vari meccanismi, ipotizzati, responsabili
ricordiamo:
1)progressiva riduzione della resistenza locale dei
tessuti a causa delle manipolazioni chirurgiche,
dell’essiccamento e dell’esposizione all’aria;
2) complicanze (anemia, shock,…) dirette
responsabili della maggiore durata dell’intervento, in
grado di compromettere i meccanismi di resistenza
generali.
Tipo di intervento
% Infezioni
Tipo di intervento
% Infezioni
Interventi sul colon
7,1
Chirurgia vascolare
2,9
trapianti d'organo
6,9
Nefrectomia
2,5
vie biliari,fegato,pancreas
6,2
Chirurgia toracica
2,5
Amputazione di arto
6,1
Protesi articolare
2,4
Chirurgia gastrica
5,8
Craniotomia
2,3
Intestino tenue
5,8
Appendicectomia
2,2
Taglio cesario
4,1
Colecistectomia
2,2
Shunt ventricolare
4,1
Fusione spinale
2,1
Isterectomia addominale
3,8
Mastectomia
1,9
Cardiochirurgia
3,7
Isterectomia vaginale
1,9
Bypass aorta coronarico
3,6
Chirurgia testa collo
1,8
Trapianto di cute
3,4
Riduzione frattura
1,7
Laparotomia
3,1
Ernioraffia
1,2
Splenectomia
3
Prostatectomia
1,2
Entità del trauma chirurgico
Una tecnica chirurgica impeccabile in grado di minimizzare il
trauma chirurgico, viene considerata di fondamentale
importanza per limitare il rischio infettivo e per una corretta
guarigione della ferita.
•Mantenere un’adeguato apporto di sangue
•Effettuare un’emostasi corretta
•Allontanare i tessuti devitalizzati
•Irrigare il campo operatorio con soluzione fisiologica negli
interventi di lunga durata
•Usare appropriati materiali per sutura cercando di non
determinare eccessiva tensione dei margini.
Associati alla mancata adozione di misure generali di prevenzione
Carenze strutturali, organizzative, igieniche
Lavaggio accurato e metodico delle mani
Doccia o bagno preoperatorio (clorexidine)
Misure di igiene personale del paziente e del
personale
Corrette politiche di disinfezione e sterilizzazione
(superfici, tute e camici dell’equipe, teli)
Ventilazione dell’ambiente operatorioIl
livello di contaminazione microbica nell’aria delle sale è
direttamente proporzionale al numero di persone che si
muovono nella stanza (calcolo della cubatura).
Il lavaggio delle mani rappresenta da solo il mezzo più
importanti ed efficace per prevenire la trasmissione delle
infezioni.
Lavaggio sociale delle mani
-bagnare mani e polsi con acqua corrente.
-Applicare uniformemente 5 ml di soluzione antisettica con
detergente
-frizionare accuratamente unghie, dita, palmi e dorsi delle
mani, polsi e parte degli avambracci per almeno 1-2 minuti
-Sciacquare accuratamente sotto l’acqua corrente
-Asciugare con salviette monouso (tamponando)
-Se non c’è rubinetto a gomito o pedale con la salvietta
chiudere il rubinetto.
Lavaggio antisettico delle mani
- bagnare uniformemente mani e avambracci fino a 2 dita al di sopra della
piega dei gomiti, tenendo le mani più alte rispetto ai gomiti;
- distribuire uniformemente 5 ml di soluzione antisettica, premendo la leva
del diffusore con il gomito
- strofinare accuratamente facendo particolare attenzione agli spazi ungueali
ed interdigitali per 2 minuti, procedere in un unico senso dalle mani ai
gomiti;
- risciacquare prima le mani e dopo gli avambracci avendo cura di tenere le
mani al disopra del livello dei gomiti per evitare che l’acqua dagli
avambracci coli sulle mani.
- spazzolare le unghie 30 secondi per mano e ripetere il lavaggio per altre
due volte.
- risciacquare mani
-Asciugare mani e avambracci con un panno sterile.
Associati a caratteristiche organizzative dell’ospedale
Durata della degenza
Carenza del personale
Mancanza di informazione e formazione del personale
ospedaliero
Norme comportamentali
DISINFEZIONE
E STERILIZZAZIONE
Cangemi Debora
Cascio Caterina
DISINFEZIONE E
STERILIZZAZIONE:
PREVENIRE LE INFEZIONI
OSPEDALIERE

La prevenzione dell’insorgenza delle
infezioni ospedaliere si basa innanzitutto
sulla scrupolosa osservanza dei principi di
disinfezione e sterilizzazione.
STERILIZZAZIONE


Processo che provoca la distruzione dei
microrganismi, patogeni e non, sia in forma
vegetativa che sporigena.
La normativa UNI EN 556 stabilisce che la
probabilità di trovare, all’interno di un lotto di
sterilizzazione, un microrganismo sopravvivente,
deve essere inferiore o uguale ad 1 su un milione
S.A.L. (Sterility Assurance Level).
DISINFEZIONE
Per disinfezione s’intende la
distruzione di microrganismi patogeni
allo stato vegetativo e ,a differenza del
processo di sterilizzazione, non elimina
né le spore né le forme non patogene
(gli “opportunisti”)
Caratteristiche di un buon disinfettante






Esteso spettro d’azione
Attività germicida.
Capacità d’azione anche in presenza di sostanze
organiche (sangue ,urine,feci,pus).
Maneggevolezza
Rapidità d’azione e persistenza nel tempo ( 1-10
minuti).
Assenza di tossicità acuta e cronica
Caratteristiche di un buon disinfettante






Non corrosivo
Non irritante (mucose, cute)
Non sensibilizzante
Non indurre resistenza.
Stabilità per diluizioni e tempi consigliati
Costo ragionevole
Aspetti critici del processo di
disinfezione


Temperatura: se bassa rallenta la velocità
d’azione, se alta può provocare
l’inattivazione di alcuni
disinfettanti.Temp.ottimale (20°-37°C)
Concentrazione: i disinfettanti devono essere
utilizzati a concentrazioni standard, se queste
sono inferiori alla MIC (minima
concentrazione inibente) si può favorire il
fenomeno della resistenza batterica.
Aspetti critici del processo di
disinfezione






Tempo di applicazione
pH
Presenza di sostanze inattivanti: materiale
organico (sangue, pus)
Natura fisico-chimica del materiale
Carica microbica:se elevata riduce l’attività del
disinfettante. Necessità di pulizia preventiva.
Specie microbica:sensibilità differente dei vari
microrganismi.
LIVELLI DI ATTIVITA’ DEI
DISINFETTANTI



ALTO: distruzione di tutti i microrganismi ad
eccezione delle spore batteriche.
Questi composti possono essere usati come
sterilizzanti se il tempo di disinfezione è
sufficientemente lungo.
Appartengono a questa classe: Glutaraldeide
alcalina al 2% e acida al 2%, perossido di
idrogeno al 6%+0,85%acido fosforico, acido
paracetico all’1%. Si usano su strumenti
semicritici.
LIVELLI DI ATTIVITA’ DEI
DISINFETTANTI
INTERMEDIO:Distruzione di batteri allo
stato vegetativo. Mancata capacità di
distruggere le spore ma efficacia contro
mycobacterium tubercolosis, miceti e la
maggior parte dei virus.
 Sono usati per strumenti non critici. I
composti usati sono: alcoli,cloroderivati
organici,iodofori.

LIVELLI DI ATTIVITA’ DEI
DISINFETTANTI
BASSO: Distruzione della maggior parte
dei batteri allo stato vegetativo. Non sono
efficaci contro le spore batteriche,
mycobacterium t., virus.
 Si usano su strumenti non critici.
 Appartengono a questa classe: mercuriali e
Sali d’ammonio quaternari.

Disinfettanti:
principali categorie chimiche



Fenoli e derivati fenolici: denaturano le proteine
determinando lisi della membrana citoplasmatica.
L’Esaclorofene è usato per gli strumenti chirurgici
Clorexidina: danneggia la membrana
citoplasmatica, viene usata su cute e mucose
Alogeni (ioduri): inattivano gruppi SH. Tintura di
Iodio: preparazione chirurgica; PVP-J: per cute e
strumenti




Alcooli: coagulano le proteine e solubilizzano i
lipidi di membrana; Etanolo al 60-95%,
Isopropanolo
Metalli pesanti: inattivano i gruppi SH; nitrato di
Ag all’1%
Aldeidi: alchilano gruppi polari delle proteine.Sono
usati per la disinfezione degli strumenti ospedalieri
(Glutaraldeide al 2% per 2-10 min, per 3-10 ore è
sporicida), Formaldeide
Agenti ossidanti: Perossido d’idrogeno.

Composti dell’ammonio quaternario:
alterano la membrana per coagulazione
proteica, battericidi per Gram+,
batteriostatici per Gram-. ( Es.:Benzalconio
cloruro). Neutralizzati da saponine e
detergenti anionici. Non agiscono su
Pseudomonas Aeruginosa.
Da Igiene e Medicina Preventiva “ Barbuti-Bellelli-Fara-Giammanco”
Disinfettanti
Meccanismo
d’azione
Attività antimicrobica
Indicazioni
Gram +
Gram -
Mico
batte
ri
Spore
Micet
i
Virus
CLORO
Inattiva le proteine enzimatiche a
livello dei gruppi -SH
+++
+++
++
++
++
++
Potabilizzazione acqua,
disinfezione stovaglie,
biancheria, superfici, gabinetti.
IODIO
Inattiva le proteine enzimatiche a
livello dei gruppi -SH
+++
+++
++
++
++
++
Disinfezione cute, strumenti,
oggetti, superfici.
++
++
+
+
+
+
+++
+++
++
+
+++
++
ALCOLI
Coagulano le proteine del
protoplasma batterico
ALDEIDI
Determinano alchilazione su gruppi
aminici, carbossilici, idrissilici e
sulfidrilici delle proteine
FENOLI
Alterano la membrana cellulare ed a
elevate concentrazioni coagulano le
proteine del protoplasma batterico
DETERGENTI
CATIONICI
( composti quaternari
dell’ammonio
CLOREXIDINA
Disinfezione cute e termometri
( da soli o con altri
disinfettanti)
Come aldeide formica:
disinfezione ambientale
terminale; come aldeide
glutarica: oggetti di gomma e
plastica (citoscopi,
broncoscopi, ecct.)
Disinfezioni mani, oggetti e
superfici
Attività variabile secondo i composti
Alterno la membrana citoplasmatica,
inattivano i sistemi enzimatici,
denaturano le proteine del
protoplasma batterico
+++
+
()
()
+
+
Disinfezione cute
Blocca le funzioni della membrana
citoplasmatica batterica, favorisce la
fuoriuscita di materiale cellulare.,
inattiva le proteine enzimatiche
+++
++
()
()
+
()
Disinfezione mani e cute
integra
Resistenza dei microrganismi




Una caratteristica dei microrganismi è la
resistenza ai diversi agenti fisici e chimici
Alcuni microrganismi (gonococchi,
meningococchi per es.) sono poco resistenti e sono
rapidamente inattivati
La maggior parte dei virus è più resistente per
l’assenza di una membrana che li riveste
I micobatteri sono naturalmente resistenti ( bacilli
acido-alcool resistenti)
Sterilizzazione

Sterilizzazione mediante mezzi fisici:


Calore
Radiazioni




UV
Raggi gamma
Per filtrazione
Sterilizzazione con mezzi chimici
Calore



Agisce alterando le strutture dei microrganismi,
soprattutto le proteine con funzioni enzimatiche.
I virus (esclusi i virus epatotropici maggiori), i
batteri in forma vegetativa, i miceti, i protozoi
sono molto sensibili.
Le spore di specie termofile ( Clostridium
botulinum, Bacillus stearothermophilus) sono più
resistenti.
Sterilizzazione termica


Calore secco: si usano stufe con ventilazione ad
aria forzata (convezione), si mantengono 180°C
per 30 min o 160°C per 60min; viene usato per
materiale metallico e vetro.
Calore umido: grazie alle autoclavi si
raggiungono temperature inferiori a determinate
pressioni, i microrganismi sono più sensibili al
calore quando si trovano in ambiente umido,
grazie ad una maggiore conducibilità termica in
presenza di vapore acqueo.
Sterilizzazione in autoclave
Materiale
Temperatura Tempo Pressione
(in C°)
(in
(in bar)
minuti)
Tessili, strumenti metallici e
vetrerie (confezionati)
134°
7
2,1
Strumenti metallici e vetrerie
(non confezionati)
134°
4
2,1
15
1,1
Materiale in gomma o plastica 121°
non termolabile


Tindalizzazione:uccisione di microrganismi a
T<100°C. Si applica ai liquidi che costituiscono
un substrato nutritivo per le spore.
Si effettua per esposizione a T60°-100°C per 3060 min. in 3 giorni consecutivi. Durante
l’intervallo, incubazione a 30-35°C per consentire
la germinazione delle spore,uccise poi dal
successivo trattamento termico.
Radiazione UV







La frazione UV-C (200-280nm) ha azione attraverso
lesioni del DNA microbico
Prodotta con lampade germicide a vapori di mercurio
rarefatti
Scarso potere di penetrazione
Massimo rendimento a 20°
Attività contro TBC
Utile per: sterilizzazione aria, piani d’appoggio, eliminare
Legionella dagli impianti idrici ospedalieri
Limite d’azione alla superfici direttamente esposte
Raggi gamma
Radiazioni ionizzanti prodotti da cobalto60.
 Alto potere di penetrazione.
 Sterilizzazione di materiale monouso
(siringhe, cateteri, fili di sutura, ecc. ) già
confezionati in buste di plastica
impermeabili ai microrganismi.
 Viene effettuata solo in particolari strutture.

Sterilizzazione per filtrazione
Si applica alle sostanze termolabili, liquide
e gassose, per esempio le preparazioni
farmacologiche.
 Il filtro presenta una porosità diversa in
relazione alle dimensioni delle particelle da
eliminare (virus, batteri).

Sterilizzazione chimica



Formaldeide: per superfici, oggetti o locali (gas
irritante, tossico,poco penetrante)
Ozono: adatto per il materiale chirurgico,
fortemente ossidante, altera molti materiali
Ossido di etilene: per i materiali termolabili (PVC,
polietilene, alcune gomme). Può formare miscele
esplosive con l’aria. Attualmente non viene più
adoperato per la sua tossicità.
Gas-plasma


Il gas-plasma è il quarto stato della materia, risultato
dell’azione di un forte campo energetico sulla materia
gassosa che viene disgregata producendo particelle
instabili (ioni, atomi, radicali liberi neutri) altamente
reattivi.
Le tecniche utilizzate sono due:




Vapore di perossido d’idrogeno con gas-plasma di perossido
d’idrogeno;
Vapore di ac. Paracetico/perossido d’idrogeno con gas-plasma di
idrogeno, ossigeno ed argon
Il ciclo opera ad una temp. di 37°-44°C per 75 minuti,
compresa areazione finale.
Ha sostituito l’ossido di etilene.
CONTROLLI DI STERILITA’

CONTROLLI FISICI.

Lettura dei parametri indicati dagli strumenti di
misurazione (termometro, manometri, spie
luminose, registratore).
I più importanti tra i controlli sono (UNI EN
285):Vuoto test che verifica la perfetta tenuta della
camera di sterilizzazione ,la prova di umidità
residua e il test di Bowie e Dick per la verifica
della rimozione dell’aria e della penetrazione del
vapore.

CONTROLLI CHIMICI.
 Si basano sull’uso di sostanze (inchiostri ,
cere) che, applicate sul supporto di carta,
sono in grado di reagire a stimoli fisici
(calore, pressione, umidità), modificandone
il colore e/o la consistenza.

 CONTROLLI
BIOLOGICI
Valutano la capacità dell’autoclave di
inattivare i microrganismi presenti nelle
confezioni (normativa UNI EN 285).
 Si utilizzano spore altamente resistenti al
calore, la cui mancata sopravvivenza è
indice che il processo di sterilizzazione è
avvenuto.



Le spore più comunemente usate sono: Bacillus
Sthearotermophilus per la sterilizzazione a vapore
e Bacillus Subtiilis,varietà Niger.
Il controllo biologico prevede sempre
l’effettuazione di una controprova su una
confezione di spore dello stesso lotto non
sterilizzato, per verificarne la vitalità.
SORVEGLIANZA
ALAGNA GIAMPIERO
LO CASCIO GIUSEPPINA
RIZZA ANNA
DEFINIZIONE
Un dito sul polso della comunità, che indica
quando è necessario intervenire
 La sorveglianza si basa su un sistema
formale di raccolta, analisi ed
interpretazione di dati
 Anche informazioni rilevate per vie
informali possono essere di grande utilità
Peterson, 1970

DEFINIZIONE

Un processo dinamico per raccogliere,
gestire, analizzare e diffondere dei dati
relativi ad eventi che si verificano in una
data popolazione
Pottinger JM 1997
DEFINIZIONE


Raccolta sistematica e progressiva, analisi ed
interpretazione di dati sulla salute essenziali alla
pianificazione, al miglioramento, alla valutazione
di attività in Sanità Pubblica, strettamente
integrati con una periodica diffusione
a quanti ne hanno necessità.
L’obbiettivo finale è l’uso di questi dati per
la prevenzione ed il controllo.
WHO, 1968; CDC, 1986
OBIETTIVI -1
Dovrebbe garantire informazioni correnti ed
accurate sulla distribuzione delle infezioni
nella popolazione di pazienti studiata e sui
fattori che contribuiscono
significativamente all’insorgenza delle
infezioni per poterli contenere al fine di
poter predisporre ed orientare interventi di
prevenzione e controllo
OBIETTIVI -2Determinare l’ andamento delle IO nel
tempo (definizione dei livelli di endemia)
 Individuare precocemente le epidemie o
comunque eventuali scostamenti rispetto ai
livelli endemici
 Identificare specifici fattori di rischio
rispetto a categorie di individui, a
procedure/pratiche assistenziali

OBIETTIVI -3Informare il personale sanitario sui rischi
esistenti rispetto alle procedure che vengono
erogate
 Verificare il raggiungimento degli obiettivi
ovvero valutare l’utilità e l’efficienza dei
programmi adottati

OBIETTIVI –conclusioniDescrivere la frequenza delle infezioni
ospedaliere
 Formulare ipotesi sui fattori di rischio
 Valutare le misure di controllo adottate
 Sensibilizzare/coinvolgere gli operatori
sanitari
 Generare ipotesi per specifici progetti di
ricerca

METODI PER CONDURRE LA
SORVEGLIANZA

Sorveglianza orientata sul paziente

Sorveglianza basata sui dati di laboratorio
SORVEGLIANZA ORIENTATA AL
PAZIENTE
viene svolta in reparto attraverso la revisione di
documenti sanitari ed il colloquio con il
personale del reparto
Si attua attraverso studi di prevalenza ed incidenza
SORVEGLIANZA ORIENTATA AL
PAZIENTE
Estensione
 Tutto l’ospedale
 Solo reparti a rischio
 Per obiettivi
Tipo di eventi sotto sorveglianza
 Tutte le infezioni
 Infezioni selezionate
 Variabili di processo
Frequenza temporale
 Continuativa
 Periodica
 In relazione all’obiettivo
PREVALENZA
Si ottiene esaminando i pazienti ricoverati
ad un dato momento e rilevando le
infezioni presenti
 La popolazione esaminata è rappresentata
dai ricoverati presenti ad un dato momento
in ospedale

PREVALENZA



VANTAGGI
Facile sul piano
organizzativo
Rapida ed economica
Identifica le aree di
maggiore rischio



SVANTAGGI
Ridotti periodi di
osservazione
Le stime ottenute non
rappresentano indicatori
clinici che consentano il
confronto tra
ospedali/reparti nel tempo
Rischia di offrire una
immagine distorta
INCIDENZA



Si ottiene seguendo i pazienti nel corso del
ricovero ospedaliero e, in alcuni casi, anche dopo
la dimissione
Registra tutti i nuovi casi di infezione insorti
La popolazione esaminata è rappresentata dai
pazienti che si ricoverano in un determinato
periodo di tempo (ad es., 6 mesi)
INCIDENZA



VANTAGGI
Più accurata
Possibile stima della
frequenza di infezioni in
pazienti esposti a
procedure invasive
Utile ad effettuare
confronti nello spazio e
nel tempo tra i vari
reparti/ospedali



SVANTAGGI
Tempo
Risorse umane
Costi
SORVEGLIANZA BASATA SUI DATI
DI LABORATORIO
Consente di descrivere accuratamente le
infezioni in termini qualitativi
 Non è strumento per la rilevazione
quantitativa di indicatori specifici indirizzati
a gruppi di pazienti e alla esposizione alle
procedure a rischio

SORVEGLIANZA BASATA SUI
DATI DI LABORATORIO
OBIETTIVI
Identificare microrganismi “pericolosi”
(“alert organism”)
 Identificare epidemie sostenute da un unico
microrganismo
 Monitorare le resistenze

SORVEGIANZA BASATA SUI DATI
DI LABORATORIO
VANTAGGI
 Fornisce un andamento
periodico degli isolamenti
e delle resistenze
 Permette di avere delle
soglie di riferimento
rispetto agli isolamenti
 Se disponibili alcune
tecniche di biologia
molecolare identificano le
vie di trasmissione



SVANTAGGI
Non può essere utilizzata
da sola per monitorare
l’andamento delle
infezioni
Identifica solo i casi per i
quali sia stato chiesto
l’esame colturale
Identifica le IO solo se
nella richiesta è
specificato il sospetto
SORVEGLIANZA BASATA SUI DATI DI
LABORATORIO
PROCEDURE DA STANDARDIZZARE




Protocolli di prelievo e trasporto dei campioni
Protocolli di indagine microbiologica, da
richiedere in presenza di segni/sintomi di
infezione
Moduli di richiesta esami che contengano alcuni
dati di base (data del ricovero, data di insorgenza
dei sintomi)
Controlli di qualità degli esami di laboratorio
FONTI UTILIZZATE PER I DATI





Esame del paziente
Colloqui con operatori
Cartelle cliniche
Referti di laboratorio
Referti di diagnostica
per immagini






SDO, DRG, referti
ambulatoriali, ecc.
Denunce obbligatorie
Dati amministrativi
Registri interni
Medico competente
Consumi di farmacia
(farmaci e presidi)
FLUSSO INFORMATIVO
Evento
Intervento preventivo
o di controllo
ICI, DS
CIO - reparti
Rilevatore
Segnalazione al sistema
(passiva/attiva)
Raccolta ed analisi dati
Risultati
SORVEGLIANZA PASSIVA
 Si aspetta che i dati, le notifiche, le
informazioni, arrivino senza sollecitazioni
dirette
 I dati vengono ottenuti normalmente tramite
segnalazione a chi gestisce la sorveglianza
da parte degli addetti all’assistenza
SORVEGLIANZA PASSIVA




VANTAGGI
Economica
Costante
Richiede meno tempo
I dati possono mostrare il
trend delle IO





SVANTAGGI
Identifica il 14-34% delle
IO
È legata alla sensibilità
culturale
È poco controllabile
Può non essere in grado di
evidenziare possibili
epidemie
Può non essere
rappresentativa
SORVEGLIANZA ATTIVA



I dati e le informazioni vengono prese dagli
operatori che si occupano della sorveglianza, in
modo più o meno particolareggiato e ad intervalli
di tempo prefissati.
I dati vengono ottenuti contattando regolarmente
da parte di chi gestisce la sorveglianza quanti,
singoli e/o istituti, rappresentano le probabili fonti
di informazione sull’evento
I metodi utilizzabili in reparto sono le indagini di
INCIDENZA e PREVALENZA
SORVEGLIANZA ATTIVA





VANTAGGI
Identifica l’85-100% delle
IO
Tempestiva
Qualitativa (completezza
ed affidabilità)
Controllabile
Permette di agire



SVANTAGGI
Maggiore costo
Maggiore tempo
Maggiore dispendio
energetico
PIANIFICARE UNA SORVEGLIANZA
 Stabilire
gli obiettivi
 Sviluppare la definizione di caso
 Sviluppare il sistema di raccolta dei dati
 Sviluppare gli strumenti di raccolta dei
dati
PIANIFICARE UNA SORVEGLIANZA
 Sviluppare
i metodi di valutazione
 Sviluppare l’analisi dei dati
 Determinare il feed-back dei dati
 Determinare i metodi per la
valutazione del sistema
CONCLUSIONI
Lo studio SENIC ha dimostrato come una
frazione pari al 30% di tutte le IO sia
prevenibile in presenza di alcuni requisiti
organizzativi come un buon sistema di
sorveglianza
CONCLUSIONI
STUDIO SENIC
1985
CONCLUSIONI
In Italia non esiste un sistema di sorveglianza
standardizzato ed applicato in tutti i presidi
ospedalieri. A tal riguardo, il PSN 98-00
rifacendosi alle linee guida dello statunitense
NNIS System, ha stabilito delle indicazioni
operative per ridurre del 25% le infezioni
ospedaliere nel nostro sistema sanitario
INDICAZIONI OPERATIVE
PSN 98-00
Introdurre misure efficaci
 Attivare i comitati di controllo delle IO
(CIO)
 Sorvegliare le IO
 Definire procedure e protocolli condivisi
 Formare gli operatori
 Curare l’aggiornamento continuo

Ed ora via alle domande???
Sperando di non avervi ridotto così!!
Fly UP