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Università degli Studi di Palermo Facoltà di Medicina e Chirurgia Dipartimento di Igiene e Medicina Preventiva Prof. N. Romano LE INFEZIONI OSPEDALIERE Seminario di approfondimento Alagna Giampiero Graceffa Adriana Cangemi Debora La Sala Rosaria Cascio Caterina Lo Cascio Giuseppina Castellana Giuseppe Manna Loredana Cicala Vincenzo Plano Stefania D’Alessandro Antonino Rizza Anna Dioguardi Piero Scaturro Giusi Maria Di Paola Valentina Tutors: Prof.ssa Torregrossa, Dott.ssa Cannova, Dott. Bono DATI EPIDEMIOLOGICI Cicala Vincenzo D’Alessandro Antonino La Sala Rosaria Plano Stefania Scaturro Giusi Maria DEFINIZIONE Per infezione acquisita in Ospedale si definisce un’infezione contratta durante il ricovero in ospedale, che non era manifesta clinicamente né in incubazione al momento dell’ammissione, ma che compare durante o dopo il ricovero e da questo è determinata. Le infezioni acquisite in ospedale comprendono anche le infezioni che il personale ospedaliero può contrarre nell’assistenza ai malati. L’infezione va distinta dalla "colonizzazione", definita come la moltiplicazione a livello locale di microrganismi senza apparenti reazioni tessutali o sintomi clinici. (Circolare Ministero Sanità n. 52/1985 ) Definizione di infezione ospedaliera (NNIS 1988) Una condizione localizzata o sistemica risultante da una reazione avversa alla presenza di un agente infettivo o di sue tossine che rientra nei seguenti criteri: si presenta in un paziente ricoverato nell’ambito della rete di sorveglianza, non vi è evidenza di infezione e di una sua incubazione al momento dell’ammissione a meno che non sia correlata ad un precedente ricovero, deve rientrare nei criteri specifici che definiscono i siti di infezione. Definizione di infezione ospedaliera Con il termine I.O. sia scientificamente che operativamente oggi si intende un campo più vasto che include tutte le infezioni riconducibili a momenti assistenziali, anche non strettamente ospedalieri, e la prevenzione del rischio biologico per il personale sanitario. CENNI STORICI Nella metà del 1800 I. Semmelweiss e J. Simpson furono i pionieri di una raccolta sistematica dei tassi di infezione ospedaliera: Semmelweiss dimostrò efficacemente che l’ospedale poteva rappresentare un rischio per i pazienti (le donne che non partorivano in ospedale avevano un rischio di sepsi puerperale ed una mortalità molto più bassa rispetto a quelle che partorivano in ospedale), che tale rischio era di origine infettiva (i patogeni erano trasmessi dai medici e dagli studenti che, prima di assistere le partorienti, effettuavano riscontri autoptici), che tale evento era prevenibile (lavando le mani con cloruro di calcio). Simpson evidenziò una correlazione diretta tra la mortalità per infezione, dopo amputazione degli arti, e la grandezza dell’ospedale, condizione associata al sovraffollamento, che favoriva la trasmissione delle infezioni da paziente a paziente. … ma il loro lavoro non fu ben accetto dai colleghi del tempo e la sorveglianza epidemiologica e lo sviluppo di una epidemiologia ospedaliera come disciplina si affermò solo negli anni ‘50 L’impulso decisivo fu anche una pandemia causata da S.Aureus resistente alla penicillina sia in ospedali europei che statunitensi in quel periodo. 1955: Colebrook propose rilevazioni di infezioni in ogni grande ospedale. 1959: Moore istituì la figura professionale dell’infermiera addetta al controllo delle infezioni nel suo ospedale, esempio seguito da altri 1970: si delinea una popolazione di pz a ↑ rischio di IO Pz sottoposti a pratiche invasive durante la degenza. Stati Uniti: istituirono i CDC ( Center for Disease Control and Prevention) e la Divisione Infezioni Ospedaliere e ne svilupparono le definizioni standard con l’avvio di un sistema di sorveglianza attiva National Nosocomial Infections Survillance System(NNIS) tutt’oggi funzionante 1980 In Italia: l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) elabora il programma italiano di controllo delle IO.(SIPIO/1984) Emanazione delle circolari del Ministero della Sanità N°52/1985 e N°8/1988 1990: In Italia vengono emanati i decreti legislativi 502/92 e 517/93 per la riorganizzazione delle strutture ospedaliere. Negli Stati Uniti vengono pubblicati i documenti contenenti linee guida tra cui quelle del Hospital Infection Control Practice Advisory Committee (HICPAC) dei CDC 2005: Nell’era del controllo delle infezioni, l’obiettivo da raggiungere è il cambiamento migliorativo dell’intero processo e non della singola attività. Infatti in una situazione di aperta competizione tra le varie aziende solo quelle capaci di differenziarsi in termini di conoscenza di livelli di rischio al loro interno, di bassa incidenza delle IO e di attuazione di misure di sicurezza, potranno raggiungere elevati livelli di qualità DATI EPIDEMIOLOGICI Le infezioni ospedaliere si manifestano con alti tassi di MORBOSITA’ ed incremento della MORTALITA’, contribuendo anche all’aumento dei COSTI di degenza, dei pazienti ospedalizzati. Nonostante la riduzione della durata e del numero dei ricoveri e le ampie conoscenze disponibili in materia, in termini sia di fattori di rischio, sia di metodi appropriati di prevenzione, la frequenza delle infezioni ospedaliere non è generalmente in declino. Frequenza 5%-10% dei pazienti ricoverati in ospedale sviluppa un infezione (Burke Jp, 2003) Il rischio per giornata di degenza è aumentato negli ultimi decenni (Wenstein,1988): l’8%-12% la presenta in un giorno Incidenza/1000 7,2 1975 1995 9,8 0 2 4 6 8 10 12 Il 90% delle infezioni si presenta in forma endemica, il 6% fa parte di cluster epidemici (Wenzel RP, 1987) ed il 4% di epidemie (Wenzel RP, 1983) Localizzazioni più frequenti di infezioni ospedaliere (Moro M.L. Corso ABC infezioni ospedaliere ) L’80% di tutte le infezioni associate all’assistenza si localizza in quattro siti Distribuzione % dei siti di infezione ospedaliera, in USA nel 1975 e nel 1990-96 50 45 33 40 24 30 19 17 20 10 14 13 10 6 0 IVU FER. CH. POLM SEPSI Altro 21 1975 1990-96 OMS 1983-1985: Studio condotto su 47 ospedali di 13 paesi prevalenza 9.9% Stati Uniti 1998: Classificazione e raccolta sui reparti a maggiore rischio: -UTI -Reparti di chirurgia (particolare attenzione alle infezioni della ferita chirurgica) Studio effettuato nel 1979 Svezia Danimarca Norvegia Inghilterra Galles Belgio Spagna Cecoslovacchia La prevalenza oscillava da 6.1% in Cecoslovacchia a 12.3% in Danimarca Studi di Prevalenza Nazioni/Siti di infezione Germania (1994) Galles (1980) UK – Eire (1993 - 94) IVU 42.1% 30.3% 23.8% FC 15.8% 18.9% 10.7% Basse Vie Respiratorie 20.6% 16.8% 22.9% Cute - 13.5% 9.6% Batteriemie 8.3% - - Grecia 1994 (1305 Pz) in 8 ospedali → prevalenza del 6.8% 1995 (1386 Pz) in 8 ospedali → prevalenza del 5.5% 1996 (1279PZ) in 8 ospedali → prevalenza del 5.9% 50 40 30 38,2 32,6 32 21,3 20 10 12 9 0 1994 1995 1996 Inf. Vie Urinarie FC Batteriemie Studio di prevalenza delle EPIIC (European Prevalence of Infection in Intensive Care Study) Fattori più importanti associati a : Durata del ricovero Uso di antibiotici Utilizzo di strumentazioni invasive Spagna 1990 – 1997 (Studio EPINE) condotto su 376.663 Pz di 214 ospedali 12 Average Prevalence 11 10 9,9 9 8,1 8 1990 97 = 8.5% 7 6 5 1990 97 Per descrivere la frequenza di infezioni nel tempo e per specifici gruppi si fa riferimento al Sistema di Sorveglianza Statunitense delle Infezioni Nosocomiali (NNIS), che registra dal 1970 le frequenza delle I.O. ANNI ’80 Altro 8% Polmoniti 16% Infez.ferita chirurgica 20% Infez.vie urinarie 40% Batteremie 6% ANNI ‘90 Altro 20% Infez.vie urinarie 35% Polmoniti 16% Infez.ferita chirurgica 18% Batteremie 11% In Italia, nel 1983, fu effettuato lo Studio Italiano Prevalenza Infezioni Ospedaliere (SIPIO) che coinvolse 142 ospedali (36000 letti) ed evidenziò: - una prevalenza di I.O. del 6,8%. - il 12,3% dei pazienti entra in ospedale già infetto. Tali dati sono stati ulteriormente confermati da successivi studi d’incidenza condotti in alcuni ospedali italiani. La stima numerica annua d’infezioni ospedaliere oltrepassa le 600 mila unità l’anno; tali infezioni prolungano ovviamente la degenza ospedaliera, con un aggravio di costi che oltrepassa i 1000 miliardi/anno. Dalla Gazzetta Ufficiale Regione Siciliana 2001 incidenza I.O. è 5-10%, riconducibile a pratiche diagnostiche e terapeutiche ed applicazione programma di controllo. Nel 2000 uno studio di prevalenza condotto in Italia dalla Dott.ssa Moro fornì i seguenti dati: - prevalenza: 5-8% dei ricoverati - 400.000-700.000 infezioni ……di cui 30% prevenibile=135.000-210.000 Le epidemie di I.O. sono per lo più attribuibili ad errori nelle pratiche assistenziali e, pertanto, EVITABILI!!! Ospedale San Camillo di Roma 2000 Italia : Studio di prevalenza e incidenza delle IO condotto in cardiochirurgia su 64 Pz Pricipali Siti di Infezioni Principali Microrganismi causa di Infezione in % 60,8 ICS 14,5 12 40 Staphylococus Aureus Pseudomonas Aeruginosa Batteriemie Primitive Polmoniti Infezioni Urinarie 18,9 13,5 5,4 ICS dopo dimissione Ospedale San Camillo di Roma 2002 Italia : Studio di prevalenza e incidenza delle IO condotto in cardiochirurgia e UTI su 517 Pz Pricipali Siti di Infezioni Principali Microrganismi causa di Infezione in % 28 ICS 21 Staphylococus Aureus 50 Batteriemie Primitive 12 Polmoniti Pseudomonas Aeruginosa Enterobacter Infezioni Urinarie 20 15 12 3 Isc dopo dimissione Conclusioni Un sistema di sorveglianza nazionale, però, non è ancora attivo. L’indagine conoscitiva svolta dal ISS e dall’ Ospedale Spallanzani, è pubblicata nei rapporti Istisan, in tutti gli ospedali italiani con più di 300 posti letto e su 50% di quelli più piccoli, ha rilevato che solo la metà ha un comitato di controllo attivo, anche se qualche misura di sorveglianza e/o di rilevazione è stata comunque messa in atto in numerosi altri presidi. Nonostante l’esistenza di protocolli scritti di prevenzione, nella maggior parte degli ospedali analizzati mancano misure applicate di controllo e sorveglianza Eziologia e patogenesi delle infezioni ospedaliere Adriana Graceffa Loredana Manna Eziologia Quali sono i principali agenti responsabili delle I.O.? Agenti patogeni tradizionali, quali per esempio il virus influenzale, i virus dell’epatite, le Salmonelle,etc… che,oltre ai pazienti,possono colpire anche il personale di assistenza. Agenti opportunisti, vale a dire tutti quei microrganismi che aggrediscono l’ospite solo quando si determinano condizioni tali da consentire il loro impianto in distretti normalmente sterili e/o quando si verifica una diminuzione a vario livello delle difese dell’ospite. Modalità di trasmissione Il serbatoio di questi microrganismi (habitat naturale e sede di moltiplicazione) è costituito dall’uomo (pz infetti/colonizzati e/o portatori) e dall’ambiente . Affinchè avvenga la trasmissione del m.o. è necessario che vi sia un veicolo . Un veicolo di importanza determinante è costituito dalle MANI degli operatori sanitari,sulle quali colonizzano un numero e una varietà non indifferente di potenziali patogeni. L’importanza di tale veicolo è sottolineato dal fatto che le misure di controllo più efficaci della maggior parte delle I.O. si basano sul lavaggio frequente delle mani. Classificazione Le infezioni ospedaliere relativamente alla provenienza dell’agente eziologico,si distinguono in: 1. ENDOGENE ,quando l’infezione è sostenuta da un agente già da tempo presente nell’organismo del soggetto in causa, in veste di ospite abituale non patogeno, ma che ha acquistato patogenicità e virulenza in seguito a una grave compromissione delle difese dell’organismo; 2. ESOGENE ,sono le infezioni in cui il germe arriva al pz trasmesso da un altro pz (infezione crociata) o dall’ambiente ospedaliero,secondo due principali modalità: Contatto diretto , in cui il pz viene a diretto contatto con la fonte di infezione ( ad es. goccioline di saliva); Contatto indiretto , in cui il m.o. è trasportato dalla fonte di infezione all’ospite recettivo da un veicolo animato o inanimato (per es. endoscopi,strumenti chirurgici,etc…). DEFINIZIONE DI CASO Deve avere un valore predittivo positivo, quindi, deve essere dotata di alta sensibilità ed elevata specificità È utile definire le localizzazioni di IO da sorvegliare, per le quali vengono utilizzate le definizioni di caso riportate sulle raccomandazioni del CDC di Atlanta LOCALIZZAZIONI DA SORVEGLIARE (DEFINIZIONE DI CASO) Batteriemia primitiva: CDC 1988 Infezioni associate a cateteri intravascolari centrali: CDC 1995 e GISIG 1998 Infezioni del sito chirurgico: CDC 1999 Infezioni delle vie urinarie: CDC 1988 Fanno eccezione la polmonite nosocomiale: protocollo europeo HELICS 1997, e la sepsi: consensus conference dell’American College of Chest Physicians and the Society of Critical Care Medicine 1992 Localizzazioni più frequenti VIE URINARIE : secondo uno dei criteri del CDC 1988,USA per parlare di infezioni delle vie urinarie sintomatiche è necessario che vi sia la presenza di almeno uno dei seguenti sintomi/segni,in assenza di altri possibili cause: - febbre (>38°C); -urgenza a urinare; - pollachiuria; - disuria; - tensione sovrapubica. I microrganismi causa di infezione delle vie urinarie possono avere accesso alla vescica in questo modo: 1. 2. 3. 4. Al momento dell’inserzione del catetere Attraverso il lume del catetere Sulla superficie esterna del catetere Dopo la rimozione del catetere Tra i principali fattori che favoriscono lo sviluppo di I.V.U. associate a cateterismo vi è la suscettibilità intrinseca del catetere alla contaminazione. Negli ultimi anni, inoltre, è stato messo in evidenza come alcuni patogeni urinari, quali Pseudomonas e Proteus, abbiano la capacità di produrre una matrice extracellulare di glicocalice batterico che consente loro di aderire alla superfice plastica del catetere. 1. 2. 3. Polmonite nosocomiale, secondo il protocollo HELICS 1997 la polmonite definita o probabile deve corrispondere al seguente criterio: Presenza di infiltrato polmonare nuovo (progressivo) o persistente, Secrezioni tracheali purulente; Almeno uno dei seguenti: - evidenza radiografica di ascesso polmonare e coltura positiva dell’agoaspirato dell’ascesso; - evidenze patologiche di polmonite all’esame istologico ottenuto con biopsia del polmone a cielo aperto o durante il riscontro autoptico subito dopo il decesso,che dimostrino la formazione di un ascesso , oppure un’area di consolidamento con intenso accumulo di leucociti PNM,in associazione a coltura quantitativa positiva del parenchima polmonare; - coltura quantitativa positiva di un campione di secrezioni del tratto respiratorio inferiore; - emocoltura positiva,non correlata ad alcuna fonte di infezione ottenuta entro 48 h dall’isolamentodello stesso ceppo dalle secrezioni del tratto respiratorio inferioree mediante aspirato tracheale; - isolamento dello stesso ceppo da campioni di liquido pleurico e tratto respiratorio inferiore. Non deve essere stata effettuata alcuna procedura invasiva precedente sulla pleura; - isolamento di Legionella dall’espettorato e sierologia specifica positiva. I batteri possono invadere il tratto respiratorio inferiore attraverso quattro meccanismi: Aspirazione di batteri colonizzanti il tratto orofaringeo o gastrico. Inalazione di aerosol contenenti batteri. Diffusione ematogena di batteri da una localizzazione remota (meno frequente rispetto agli altri); Traslocazione batterica dal tratto gastrointestinale (ipotesi più recente!). Infezioni del sito chirurgico, per definire l’infezione della ferita chirurgica secondo il CDC1999,USA è necessario che vi siano i seguenti criteri: L’infezione si sviluppa entro 30 gg dall’intervento; L’infezione interessa soltanto la cute o il tessuto sottocutaneo dell’incisione; Presenza di almeno uno dei seguenti: - secrezione purulenta dall’incisione superficiale; - isolamento di un m.o. da una coltura ottenuta con tecniche asettiche dai fluidi o dai tessuti dell’incisione superficiale; - presenza di almeno uno dei seguenti sintomi/segni: dolore,tensione superficiale,gonfiore localizzato,eritema,etc… La maggior parte delle infezioni della ferita chirurgica viene acquisita durante l’intervento: se una ferita è pulita e asciutta, infatti, nell’arco di poche ore dall’intervento non è più suscettibile all’aggressione da parte di m.o. In fase postoperatoria, le infezioni possono essere acquisite attraverso i drenaggi chirurgici o, nel caso di infezioni non ancora rimarginate al momento della medicazione. Le più comuni fonti per l’infezione chirurgica sono: flora cutanea del pz; tessuti dell’ospite infetti o contaminati nel corso di interventi; mani del personale;drenaggi chirurgici. Importante!! I m.o. patogeni responsabili di I.O. sono nel 70% dei casi resistenti a uno o più antibiotici. Sistemi di tipizzazione epidemiologica E’ un metodo importante per controllare la diffusione di m.o. resistenti agli antibiotici, sia a livello intraospedaliero che interospedaliero. Perché è importante la tipizzazione? Per confermare e delineare i profili di trasmissione di uno o più cloni epidemici, per identificare le fonti e i veicoli di trasmissione di questi cloni e per monitorare i serbatoi dei m.o. epidemici. I Fattori di rischio Castellana Giuseppe Di Paola Valentina Definizione Per fattore di rischio si intende: una condizione generica che: provoca (fattore causale) o, più spesso, facilita (concausa) l’instaurarsi di una malattia. I fattori causali possono essere: - necessari (conditio sine qua non) - sufficienti (quando producono inevitabilmente un particolare effetto) Le concause si dividono in: -predisponenti; -precipitanti; -rinforzanti. Per definire se un fattore è causale nei confronti di una patologia, deve possedere una serie di criteri: Sequenza temporale Plausibilità biologica Forza o grado Consistenza Relazione dose risposta Classificazione fattori intriseci (associati alle condizioni del paziente) fattori estrinseci -associati a procedure invasive e assistenziali -associati alla mancata adozione delle misure generali di prevenzione -associati a caratteristiche organizzative dell’ospedale Fattori di rischio intrinseci • Età Il neonato pretermine presenta un rischio d'infezione particolarmente elevato in ragione dell'immaturità del suo sistema immunitario e di diversi INCIDENZA PER FASCE DIorgani, ETA’come pelle, polmoni o tratto intestinale. Le fasce al di sotto dei 10 anni ed oltre i 65 anni nello maggiormente stesso tempo veicolo dicolpite infezione per altri pazienti sonoSono, quelle (abbondanza di secrezioni respiratorie, l'incontinenza di feci o urina, contatti fisici stretti durante il gioco o nel corso di cure Incidenza ( x 1000/ anno ) mediche). 30 25 L’over 65 presenta, un rischio d'infezione particolarmente elevato in ragione della frequente coesistenza di affezioni degenerative (es.apparato respiratorio), riduzione delle difese immunitarie. 20 15 10 5 0 0 5 10 15 20 25 60 65 70 75 DISTRIBUZIONE PER SESSO UOMINI DONNE 66,7% 33,3% “Sorveglianza delle infezioni del sito chirurgico in Cardiochirurgia INCIDENZA E FATTORI DI RISCHIO” 4 maggio 2004. AZIENDA OSPEDALIERA “SANTA MARIA DELLA MISERICORDIA” DI RILIEVO NAZIONALE E DI ALTA SPECIALIZZAZIONE – UDINE -Obesità • Stato nutrizionale -Denutrizione (stati carenziali) proteine, immunoglobuline, complemento) Aumentano il rischio infettivo di 2-3 volte. Determinano un ritardo nella guarigione delle ferite,con conseguente aumento dell’ospedalizzazione e incremento delle complicanze chirurgiche. •Stato di portatore nasale di Staphylococcus aureus Questo patogeno è presente nelle narici del 20%-30% degli individui sani. Di questi circa il 60,7 % colonizzato da ceppi MRSA (60,7 %). Numerosi studi sottolineano l’associazione tra la presenza di questo microrganismo nel naso dei pazienti prima dell’intervento e la susseguente comparsa di infezione. L’eradicazione è considerata una misura preventiva importante, secondo le Linee Guida CDC 1999. La profilassi antibiotica perioperatoria con cefalosporine riduce soltanto la carica batterica infettante ed è inefficace nei confronti dei Meticillino-Resistenti (MRSA). Pertanto oltre alle misure igieniche preventive è necessario, nei reparti a rischio, un protocollo mirato alla bonifica dei portatori nasali. • Gravi malattie di base •Endocrinopatie •BPCO •Neoplasie •Splenectomizzati •Ustioni estese •IRC •Deficit immunitari(leucemie) •Politraumatismi USO IMPROPRIO DI FARMACI Antibiotici, chemioterapici, immunosoppressori Cause di deficit immunitario Paziente immunocompromesso Diabete Etilismo Denutrizione Neoplasie - solide - ematologiche Trapianti - organo - midollo Diminuzione di Neutrofili linfociti T (CD4+) linfociti B macrofagi alveolari fagociti piastrine AIDS Fattori di rischio estrinseci Associati a procedure invasive e assistenziali •Presenza di cateteri intravascolari Si ricorre al loro impianto,nel corso della degenza, nel 30-50% dei pazienti ospedalizzati. Perché sono considerati fattori di rischio… •corpo estraneo per l’organismo. Rappresentano, un substrato ideale per la colonizzazione microbica ; •materiale: Cateteri polietilene (flebite purulenta e flogosi del sito di inserzione: eritema edema dolore e vena palpabile). Oggi vengono usati cateteri in poliuretano (>biocompatibilità,<colonizzazione microbica,< trombogenicità ). •Manipolazione e tempo di permanenza in sede Il rischio di infezioni è basso se il catetere subisce poche manipolazioni ed è mantenuto in situ per meno di tre giorni. -Applicare il catetere solo in presenza di precise indicazioni cliniche -Rimuovere il catetere appena l’indicazione cessa di esistere -Corretto lavaggio antisettico delle mani prima di Presenza e durata della permanenza del applicare o rimuovere il catetere catetere urinario (UVI) -Corretta detersione dei genitali prima della disinfezione -Utilizzare sempre sacche di drenaggio a circuito chiuso e non scollegare mai la sacca -Utilizzare catetere di calibro il più piccolo possibile (12 o 14 CH) -Garantire una scrupolosa igiene ai pazienti portatori di catetere vescicale. Respirazione assistita con intubazione endotracheale, VAM Indagini invasive a scopo diagnostico (broncoscopie) •Accertati: tricotomia durata dell’intervento (la frequenza di infezione si raddoppia per ogni ora di intervento) tipo di intervento (pulito, contaminato, sporco) classe ASA (ASA score 1-5) Interventi chirurgici •Probabili: interventi chirurgici combinati entità del trauma chirurgico uso di materiali estranei (protesi) emotrasfusioni •Possibili: non effettuare la doccia prima dell’intervento intervento d’urgenza uso di drenaggi. TRICOTOMIA % di infezione Contenere l’area da tricotomizzare inalla sola 30° area di incisione chirurgica giornata Metodo di Epoca di alla dall'intervent • Eseguire la procedura con strumenti rasatura effettuazione dimissione o monouso Il giorno prima evitando di lesionare 6,4 la cute Rasoio dell'intervento 10 • Praticare inLastretta connessione temporale mattina con chirurgico (entro 2-4 ore Rasoiol’intervento dell'intervento 5,2 8,8 dall’inizio dellaprima procedura chirurgica). Il giorno Forbici dell'intervento 4 7,5 Forbici La mattina dell'intervento 1,8 3,2 Durata dell’intervento Esiste un rapporto diretto tra durata dell’intervento e incidenza di infezione postoperatoria. Tra i vari meccanismi, ipotizzati, responsabili ricordiamo: 1)progressiva riduzione della resistenza locale dei tessuti a causa delle manipolazioni chirurgiche, dell’essiccamento e dell’esposizione all’aria; 2) complicanze (anemia, shock,…) dirette responsabili della maggiore durata dell’intervento, in grado di compromettere i meccanismi di resistenza generali. Tipo di intervento % Infezioni Tipo di intervento % Infezioni Interventi sul colon 7,1 Chirurgia vascolare 2,9 trapianti d'organo 6,9 Nefrectomia 2,5 vie biliari,fegato,pancreas 6,2 Chirurgia toracica 2,5 Amputazione di arto 6,1 Protesi articolare 2,4 Chirurgia gastrica 5,8 Craniotomia 2,3 Intestino tenue 5,8 Appendicectomia 2,2 Taglio cesario 4,1 Colecistectomia 2,2 Shunt ventricolare 4,1 Fusione spinale 2,1 Isterectomia addominale 3,8 Mastectomia 1,9 Cardiochirurgia 3,7 Isterectomia vaginale 1,9 Bypass aorta coronarico 3,6 Chirurgia testa collo 1,8 Trapianto di cute 3,4 Riduzione frattura 1,7 Laparotomia 3,1 Ernioraffia 1,2 Splenectomia 3 Prostatectomia 1,2 Entità del trauma chirurgico Una tecnica chirurgica impeccabile in grado di minimizzare il trauma chirurgico, viene considerata di fondamentale importanza per limitare il rischio infettivo e per una corretta guarigione della ferita. •Mantenere un’adeguato apporto di sangue •Effettuare un’emostasi corretta •Allontanare i tessuti devitalizzati •Irrigare il campo operatorio con soluzione fisiologica negli interventi di lunga durata •Usare appropriati materiali per sutura cercando di non determinare eccessiva tensione dei margini. Associati alla mancata adozione di misure generali di prevenzione Carenze strutturali, organizzative, igieniche Lavaggio accurato e metodico delle mani Doccia o bagno preoperatorio (clorexidine) Misure di igiene personale del paziente e del personale Corrette politiche di disinfezione e sterilizzazione (superfici, tute e camici dell’equipe, teli) Ventilazione dell’ambiente operatorioIl livello di contaminazione microbica nell’aria delle sale è direttamente proporzionale al numero di persone che si muovono nella stanza (calcolo della cubatura). Il lavaggio delle mani rappresenta da solo il mezzo più importanti ed efficace per prevenire la trasmissione delle infezioni. Lavaggio sociale delle mani -bagnare mani e polsi con acqua corrente. -Applicare uniformemente 5 ml di soluzione antisettica con detergente -frizionare accuratamente unghie, dita, palmi e dorsi delle mani, polsi e parte degli avambracci per almeno 1-2 minuti -Sciacquare accuratamente sotto l’acqua corrente -Asciugare con salviette monouso (tamponando) -Se non c’è rubinetto a gomito o pedale con la salvietta chiudere il rubinetto. Lavaggio antisettico delle mani - bagnare uniformemente mani e avambracci fino a 2 dita al di sopra della piega dei gomiti, tenendo le mani più alte rispetto ai gomiti; - distribuire uniformemente 5 ml di soluzione antisettica, premendo la leva del diffusore con il gomito - strofinare accuratamente facendo particolare attenzione agli spazi ungueali ed interdigitali per 2 minuti, procedere in un unico senso dalle mani ai gomiti; - risciacquare prima le mani e dopo gli avambracci avendo cura di tenere le mani al disopra del livello dei gomiti per evitare che l’acqua dagli avambracci coli sulle mani. - spazzolare le unghie 30 secondi per mano e ripetere il lavaggio per altre due volte. - risciacquare mani -Asciugare mani e avambracci con un panno sterile. Associati a caratteristiche organizzative dell’ospedale Durata della degenza Carenza del personale Mancanza di informazione e formazione del personale ospedaliero Norme comportamentali DISINFEZIONE E STERILIZZAZIONE Cangemi Debora Cascio Caterina DISINFEZIONE E STERILIZZAZIONE: PREVENIRE LE INFEZIONI OSPEDALIERE La prevenzione dell’insorgenza delle infezioni ospedaliere si basa innanzitutto sulla scrupolosa osservanza dei principi di disinfezione e sterilizzazione. STERILIZZAZIONE Processo che provoca la distruzione dei microrganismi, patogeni e non, sia in forma vegetativa che sporigena. La normativa UNI EN 556 stabilisce che la probabilità di trovare, all’interno di un lotto di sterilizzazione, un microrganismo sopravvivente, deve essere inferiore o uguale ad 1 su un milione S.A.L. (Sterility Assurance Level). DISINFEZIONE Per disinfezione s’intende la distruzione di microrganismi patogeni allo stato vegetativo e ,a differenza del processo di sterilizzazione, non elimina né le spore né le forme non patogene (gli “opportunisti”) Caratteristiche di un buon disinfettante Esteso spettro d’azione Attività germicida. Capacità d’azione anche in presenza di sostanze organiche (sangue ,urine,feci,pus). Maneggevolezza Rapidità d’azione e persistenza nel tempo ( 1-10 minuti). Assenza di tossicità acuta e cronica Caratteristiche di un buon disinfettante Non corrosivo Non irritante (mucose, cute) Non sensibilizzante Non indurre resistenza. Stabilità per diluizioni e tempi consigliati Costo ragionevole Aspetti critici del processo di disinfezione Temperatura: se bassa rallenta la velocità d’azione, se alta può provocare l’inattivazione di alcuni disinfettanti.Temp.ottimale (20°-37°C) Concentrazione: i disinfettanti devono essere utilizzati a concentrazioni standard, se queste sono inferiori alla MIC (minima concentrazione inibente) si può favorire il fenomeno della resistenza batterica. Aspetti critici del processo di disinfezione Tempo di applicazione pH Presenza di sostanze inattivanti: materiale organico (sangue, pus) Natura fisico-chimica del materiale Carica microbica:se elevata riduce l’attività del disinfettante. Necessità di pulizia preventiva. Specie microbica:sensibilità differente dei vari microrganismi. LIVELLI DI ATTIVITA’ DEI DISINFETTANTI ALTO: distruzione di tutti i microrganismi ad eccezione delle spore batteriche. Questi composti possono essere usati come sterilizzanti se il tempo di disinfezione è sufficientemente lungo. Appartengono a questa classe: Glutaraldeide alcalina al 2% e acida al 2%, perossido di idrogeno al 6%+0,85%acido fosforico, acido paracetico all’1%. Si usano su strumenti semicritici. LIVELLI DI ATTIVITA’ DEI DISINFETTANTI INTERMEDIO:Distruzione di batteri allo stato vegetativo. Mancata capacità di distruggere le spore ma efficacia contro mycobacterium tubercolosis, miceti e la maggior parte dei virus. Sono usati per strumenti non critici. I composti usati sono: alcoli,cloroderivati organici,iodofori. LIVELLI DI ATTIVITA’ DEI DISINFETTANTI BASSO: Distruzione della maggior parte dei batteri allo stato vegetativo. Non sono efficaci contro le spore batteriche, mycobacterium t., virus. Si usano su strumenti non critici. Appartengono a questa classe: mercuriali e Sali d’ammonio quaternari. Disinfettanti: principali categorie chimiche Fenoli e derivati fenolici: denaturano le proteine determinando lisi della membrana citoplasmatica. L’Esaclorofene è usato per gli strumenti chirurgici Clorexidina: danneggia la membrana citoplasmatica, viene usata su cute e mucose Alogeni (ioduri): inattivano gruppi SH. Tintura di Iodio: preparazione chirurgica; PVP-J: per cute e strumenti Alcooli: coagulano le proteine e solubilizzano i lipidi di membrana; Etanolo al 60-95%, Isopropanolo Metalli pesanti: inattivano i gruppi SH; nitrato di Ag all’1% Aldeidi: alchilano gruppi polari delle proteine.Sono usati per la disinfezione degli strumenti ospedalieri (Glutaraldeide al 2% per 2-10 min, per 3-10 ore è sporicida), Formaldeide Agenti ossidanti: Perossido d’idrogeno. Composti dell’ammonio quaternario: alterano la membrana per coagulazione proteica, battericidi per Gram+, batteriostatici per Gram-. ( Es.:Benzalconio cloruro). Neutralizzati da saponine e detergenti anionici. Non agiscono su Pseudomonas Aeruginosa. Da Igiene e Medicina Preventiva “ Barbuti-Bellelli-Fara-Giammanco” Disinfettanti Meccanismo d’azione Attività antimicrobica Indicazioni Gram + Gram - Mico batte ri Spore Micet i Virus CLORO Inattiva le proteine enzimatiche a livello dei gruppi -SH +++ +++ ++ ++ ++ ++ Potabilizzazione acqua, disinfezione stovaglie, biancheria, superfici, gabinetti. IODIO Inattiva le proteine enzimatiche a livello dei gruppi -SH +++ +++ ++ ++ ++ ++ Disinfezione cute, strumenti, oggetti, superfici. ++ ++ + + + + +++ +++ ++ + +++ ++ ALCOLI Coagulano le proteine del protoplasma batterico ALDEIDI Determinano alchilazione su gruppi aminici, carbossilici, idrissilici e sulfidrilici delle proteine FENOLI Alterano la membrana cellulare ed a elevate concentrazioni coagulano le proteine del protoplasma batterico DETERGENTI CATIONICI ( composti quaternari dell’ammonio CLOREXIDINA Disinfezione cute e termometri ( da soli o con altri disinfettanti) Come aldeide formica: disinfezione ambientale terminale; come aldeide glutarica: oggetti di gomma e plastica (citoscopi, broncoscopi, ecct.) Disinfezioni mani, oggetti e superfici Attività variabile secondo i composti Alterno la membrana citoplasmatica, inattivano i sistemi enzimatici, denaturano le proteine del protoplasma batterico +++ + () () + + Disinfezione cute Blocca le funzioni della membrana citoplasmatica batterica, favorisce la fuoriuscita di materiale cellulare., inattiva le proteine enzimatiche +++ ++ () () + () Disinfezione mani e cute integra Resistenza dei microrganismi Una caratteristica dei microrganismi è la resistenza ai diversi agenti fisici e chimici Alcuni microrganismi (gonococchi, meningococchi per es.) sono poco resistenti e sono rapidamente inattivati La maggior parte dei virus è più resistente per l’assenza di una membrana che li riveste I micobatteri sono naturalmente resistenti ( bacilli acido-alcool resistenti) Sterilizzazione Sterilizzazione mediante mezzi fisici: Calore Radiazioni UV Raggi gamma Per filtrazione Sterilizzazione con mezzi chimici Calore Agisce alterando le strutture dei microrganismi, soprattutto le proteine con funzioni enzimatiche. I virus (esclusi i virus epatotropici maggiori), i batteri in forma vegetativa, i miceti, i protozoi sono molto sensibili. Le spore di specie termofile ( Clostridium botulinum, Bacillus stearothermophilus) sono più resistenti. Sterilizzazione termica Calore secco: si usano stufe con ventilazione ad aria forzata (convezione), si mantengono 180°C per 30 min o 160°C per 60min; viene usato per materiale metallico e vetro. Calore umido: grazie alle autoclavi si raggiungono temperature inferiori a determinate pressioni, i microrganismi sono più sensibili al calore quando si trovano in ambiente umido, grazie ad una maggiore conducibilità termica in presenza di vapore acqueo. Sterilizzazione in autoclave Materiale Temperatura Tempo Pressione (in C°) (in (in bar) minuti) Tessili, strumenti metallici e vetrerie (confezionati) 134° 7 2,1 Strumenti metallici e vetrerie (non confezionati) 134° 4 2,1 15 1,1 Materiale in gomma o plastica 121° non termolabile Tindalizzazione:uccisione di microrganismi a T<100°C. Si applica ai liquidi che costituiscono un substrato nutritivo per le spore. Si effettua per esposizione a T60°-100°C per 3060 min. in 3 giorni consecutivi. Durante l’intervallo, incubazione a 30-35°C per consentire la germinazione delle spore,uccise poi dal successivo trattamento termico. Radiazione UV La frazione UV-C (200-280nm) ha azione attraverso lesioni del DNA microbico Prodotta con lampade germicide a vapori di mercurio rarefatti Scarso potere di penetrazione Massimo rendimento a 20° Attività contro TBC Utile per: sterilizzazione aria, piani d’appoggio, eliminare Legionella dagli impianti idrici ospedalieri Limite d’azione alla superfici direttamente esposte Raggi gamma Radiazioni ionizzanti prodotti da cobalto60. Alto potere di penetrazione. Sterilizzazione di materiale monouso (siringhe, cateteri, fili di sutura, ecc. ) già confezionati in buste di plastica impermeabili ai microrganismi. Viene effettuata solo in particolari strutture. Sterilizzazione per filtrazione Si applica alle sostanze termolabili, liquide e gassose, per esempio le preparazioni farmacologiche. Il filtro presenta una porosità diversa in relazione alle dimensioni delle particelle da eliminare (virus, batteri). Sterilizzazione chimica Formaldeide: per superfici, oggetti o locali (gas irritante, tossico,poco penetrante) Ozono: adatto per il materiale chirurgico, fortemente ossidante, altera molti materiali Ossido di etilene: per i materiali termolabili (PVC, polietilene, alcune gomme). Può formare miscele esplosive con l’aria. Attualmente non viene più adoperato per la sua tossicità. Gas-plasma Il gas-plasma è il quarto stato della materia, risultato dell’azione di un forte campo energetico sulla materia gassosa che viene disgregata producendo particelle instabili (ioni, atomi, radicali liberi neutri) altamente reattivi. Le tecniche utilizzate sono due: Vapore di perossido d’idrogeno con gas-plasma di perossido d’idrogeno; Vapore di ac. Paracetico/perossido d’idrogeno con gas-plasma di idrogeno, ossigeno ed argon Il ciclo opera ad una temp. di 37°-44°C per 75 minuti, compresa areazione finale. Ha sostituito l’ossido di etilene. CONTROLLI DI STERILITA’ CONTROLLI FISICI. Lettura dei parametri indicati dagli strumenti di misurazione (termometro, manometri, spie luminose, registratore). I più importanti tra i controlli sono (UNI EN 285):Vuoto test che verifica la perfetta tenuta della camera di sterilizzazione ,la prova di umidità residua e il test di Bowie e Dick per la verifica della rimozione dell’aria e della penetrazione del vapore. CONTROLLI CHIMICI. Si basano sull’uso di sostanze (inchiostri , cere) che, applicate sul supporto di carta, sono in grado di reagire a stimoli fisici (calore, pressione, umidità), modificandone il colore e/o la consistenza. CONTROLLI BIOLOGICI Valutano la capacità dell’autoclave di inattivare i microrganismi presenti nelle confezioni (normativa UNI EN 285). Si utilizzano spore altamente resistenti al calore, la cui mancata sopravvivenza è indice che il processo di sterilizzazione è avvenuto. Le spore più comunemente usate sono: Bacillus Sthearotermophilus per la sterilizzazione a vapore e Bacillus Subtiilis,varietà Niger. Il controllo biologico prevede sempre l’effettuazione di una controprova su una confezione di spore dello stesso lotto non sterilizzato, per verificarne la vitalità. SORVEGLIANZA ALAGNA GIAMPIERO LO CASCIO GIUSEPPINA RIZZA ANNA DEFINIZIONE Un dito sul polso della comunità, che indica quando è necessario intervenire La sorveglianza si basa su un sistema formale di raccolta, analisi ed interpretazione di dati Anche informazioni rilevate per vie informali possono essere di grande utilità Peterson, 1970 DEFINIZIONE Un processo dinamico per raccogliere, gestire, analizzare e diffondere dei dati relativi ad eventi che si verificano in una data popolazione Pottinger JM 1997 DEFINIZIONE Raccolta sistematica e progressiva, analisi ed interpretazione di dati sulla salute essenziali alla pianificazione, al miglioramento, alla valutazione di attività in Sanità Pubblica, strettamente integrati con una periodica diffusione a quanti ne hanno necessità. L’obbiettivo finale è l’uso di questi dati per la prevenzione ed il controllo. WHO, 1968; CDC, 1986 OBIETTIVI -1 Dovrebbe garantire informazioni correnti ed accurate sulla distribuzione delle infezioni nella popolazione di pazienti studiata e sui fattori che contribuiscono significativamente all’insorgenza delle infezioni per poterli contenere al fine di poter predisporre ed orientare interventi di prevenzione e controllo OBIETTIVI -2Determinare l’ andamento delle IO nel tempo (definizione dei livelli di endemia) Individuare precocemente le epidemie o comunque eventuali scostamenti rispetto ai livelli endemici Identificare specifici fattori di rischio rispetto a categorie di individui, a procedure/pratiche assistenziali OBIETTIVI -3Informare il personale sanitario sui rischi esistenti rispetto alle procedure che vengono erogate Verificare il raggiungimento degli obiettivi ovvero valutare l’utilità e l’efficienza dei programmi adottati OBIETTIVI –conclusioniDescrivere la frequenza delle infezioni ospedaliere Formulare ipotesi sui fattori di rischio Valutare le misure di controllo adottate Sensibilizzare/coinvolgere gli operatori sanitari Generare ipotesi per specifici progetti di ricerca METODI PER CONDURRE LA SORVEGLIANZA Sorveglianza orientata sul paziente Sorveglianza basata sui dati di laboratorio SORVEGLIANZA ORIENTATA AL PAZIENTE viene svolta in reparto attraverso la revisione di documenti sanitari ed il colloquio con il personale del reparto Si attua attraverso studi di prevalenza ed incidenza SORVEGLIANZA ORIENTATA AL PAZIENTE Estensione Tutto l’ospedale Solo reparti a rischio Per obiettivi Tipo di eventi sotto sorveglianza Tutte le infezioni Infezioni selezionate Variabili di processo Frequenza temporale Continuativa Periodica In relazione all’obiettivo PREVALENZA Si ottiene esaminando i pazienti ricoverati ad un dato momento e rilevando le infezioni presenti La popolazione esaminata è rappresentata dai ricoverati presenti ad un dato momento in ospedale PREVALENZA VANTAGGI Facile sul piano organizzativo Rapida ed economica Identifica le aree di maggiore rischio SVANTAGGI Ridotti periodi di osservazione Le stime ottenute non rappresentano indicatori clinici che consentano il confronto tra ospedali/reparti nel tempo Rischia di offrire una immagine distorta INCIDENZA Si ottiene seguendo i pazienti nel corso del ricovero ospedaliero e, in alcuni casi, anche dopo la dimissione Registra tutti i nuovi casi di infezione insorti La popolazione esaminata è rappresentata dai pazienti che si ricoverano in un determinato periodo di tempo (ad es., 6 mesi) INCIDENZA VANTAGGI Più accurata Possibile stima della frequenza di infezioni in pazienti esposti a procedure invasive Utile ad effettuare confronti nello spazio e nel tempo tra i vari reparti/ospedali SVANTAGGI Tempo Risorse umane Costi SORVEGLIANZA BASATA SUI DATI DI LABORATORIO Consente di descrivere accuratamente le infezioni in termini qualitativi Non è strumento per la rilevazione quantitativa di indicatori specifici indirizzati a gruppi di pazienti e alla esposizione alle procedure a rischio SORVEGLIANZA BASATA SUI DATI DI LABORATORIO OBIETTIVI Identificare microrganismi “pericolosi” (“alert organism”) Identificare epidemie sostenute da un unico microrganismo Monitorare le resistenze SORVEGIANZA BASATA SUI DATI DI LABORATORIO VANTAGGI Fornisce un andamento periodico degli isolamenti e delle resistenze Permette di avere delle soglie di riferimento rispetto agli isolamenti Se disponibili alcune tecniche di biologia molecolare identificano le vie di trasmissione SVANTAGGI Non può essere utilizzata da sola per monitorare l’andamento delle infezioni Identifica solo i casi per i quali sia stato chiesto l’esame colturale Identifica le IO solo se nella richiesta è specificato il sospetto SORVEGLIANZA BASATA SUI DATI DI LABORATORIO PROCEDURE DA STANDARDIZZARE Protocolli di prelievo e trasporto dei campioni Protocolli di indagine microbiologica, da richiedere in presenza di segni/sintomi di infezione Moduli di richiesta esami che contengano alcuni dati di base (data del ricovero, data di insorgenza dei sintomi) Controlli di qualità degli esami di laboratorio FONTI UTILIZZATE PER I DATI Esame del paziente Colloqui con operatori Cartelle cliniche Referti di laboratorio Referti di diagnostica per immagini SDO, DRG, referti ambulatoriali, ecc. Denunce obbligatorie Dati amministrativi Registri interni Medico competente Consumi di farmacia (farmaci e presidi) FLUSSO INFORMATIVO Evento Intervento preventivo o di controllo ICI, DS CIO - reparti Rilevatore Segnalazione al sistema (passiva/attiva) Raccolta ed analisi dati Risultati SORVEGLIANZA PASSIVA Si aspetta che i dati, le notifiche, le informazioni, arrivino senza sollecitazioni dirette I dati vengono ottenuti normalmente tramite segnalazione a chi gestisce la sorveglianza da parte degli addetti all’assistenza SORVEGLIANZA PASSIVA VANTAGGI Economica Costante Richiede meno tempo I dati possono mostrare il trend delle IO SVANTAGGI Identifica il 14-34% delle IO È legata alla sensibilità culturale È poco controllabile Può non essere in grado di evidenziare possibili epidemie Può non essere rappresentativa SORVEGLIANZA ATTIVA I dati e le informazioni vengono prese dagli operatori che si occupano della sorveglianza, in modo più o meno particolareggiato e ad intervalli di tempo prefissati. I dati vengono ottenuti contattando regolarmente da parte di chi gestisce la sorveglianza quanti, singoli e/o istituti, rappresentano le probabili fonti di informazione sull’evento I metodi utilizzabili in reparto sono le indagini di INCIDENZA e PREVALENZA SORVEGLIANZA ATTIVA VANTAGGI Identifica l’85-100% delle IO Tempestiva Qualitativa (completezza ed affidabilità) Controllabile Permette di agire SVANTAGGI Maggiore costo Maggiore tempo Maggiore dispendio energetico PIANIFICARE UNA SORVEGLIANZA Stabilire gli obiettivi Sviluppare la definizione di caso Sviluppare il sistema di raccolta dei dati Sviluppare gli strumenti di raccolta dei dati PIANIFICARE UNA SORVEGLIANZA Sviluppare i metodi di valutazione Sviluppare l’analisi dei dati Determinare il feed-back dei dati Determinare i metodi per la valutazione del sistema CONCLUSIONI Lo studio SENIC ha dimostrato come una frazione pari al 30% di tutte le IO sia prevenibile in presenza di alcuni requisiti organizzativi come un buon sistema di sorveglianza CONCLUSIONI STUDIO SENIC 1985 CONCLUSIONI In Italia non esiste un sistema di sorveglianza standardizzato ed applicato in tutti i presidi ospedalieri. A tal riguardo, il PSN 98-00 rifacendosi alle linee guida dello statunitense NNIS System, ha stabilito delle indicazioni operative per ridurre del 25% le infezioni ospedaliere nel nostro sistema sanitario INDICAZIONI OPERATIVE PSN 98-00 Introdurre misure efficaci Attivare i comitati di controllo delle IO (CIO) Sorvegliare le IO Definire procedure e protocolli condivisi Formare gli operatori Curare l’aggiornamento continuo Ed ora via alle domande??? Sperando di non avervi ridotto così!!