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Francia - Formez PA

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Francia - Formez PA
QUADERNI FORMEZ
I
I
l Formez-Centro di Formazione Studi ha avuto, da sempre, una
particolare attenzione per le iniziative editoriali. Fin dai
primissimi anni di attività si è impegnato nella produzione e
N
divulgazione di collane e riviste su cui intere generazioni di funzionari
pubblici si sono formate. In seguito al decreto legislativo 285/99, che ha
individuato nel Formez l’Agenzia istituzionale che sostiene e promuove
i processi di trasformazione del sistema amministrativo italiano,
l’attività editoriale del Centro è stata rilanciata e rinnovata nella veste
R
grafica e nei contenuti.
Sono state create quattro nuove linee editoriali: Quaderni, Strumenti,
Ricerche e Azioni di Sistema per la Pubblica Amministrazione. In queste
collane vengono pubblicati soprattutto i risultati delle attività formative
e di ricerca svolte dall’Istituto.
E
Con “Quaderni” e “Ricerche” si diffondono Rapporti e riflessioni
teoriche su temi innovativi per la P.A. mentre, con due collane più
specialistiche quali “Strumenti” e “Azioni di Sistema per la P.A.”, si
mettono a disposizione soprattutto strumenti di lavoro o di
progettazione per quanti lavorano o si occupano di pubblica
D
amministrazione e di sviluppo locale. Tutte le pubblicazioni con un
breve abstract vengono presentate sul sito web (www.formez.it).
Questo volume analizza alcune pratiche di governance realizzate in
Francia da enti locali, dal governo centrale e da agenzie governative.
Le esperienze descritte nel report, quali quella di cooperazione
A
intercomunale dell’Agglomeration di Rouen o di gestione delegata dei
servizi idrici, illustrata nel caso della Communautè Urbane Grand Lyon
(CO.UR.LY), o di concertazione governo centrale-governo locale, quale il
Contrat de plan della regione Nord-Pas de Calais, risultano
particolarmente interessanti per i possibili spunti che offrono
U
alla realtà italiana.
L’analisi del caso francese rientra in una più ampia ricerca condotta dal
Formez sulla governance in alcuni Paesi europei, nata con l’obiettivo di
evidenziare i modelli e gli approcci di governance che rendano efficace
Q
l’operato degli attori della P.A.
Carlo Flamment
Presidente Formez
Formez
30
LA PUBLIC
GOVERNANCE
IN EUROPA
3 Francia
F o r m e z
•
A r e a
P r o g e t t i
E d i t o r i a l i
A cura di
Valeria de Magistris, responsabile Area Diffusione dell’Innovazione, Formez
Andrea Paci, docente di Economia e Gestione delle imprese, Dipartimento di
Scienze aziendali, Università di Firenze
Redazione testi
Barbara Antonioli, Renata Caselli, Monica Gualtieri, Giovanni Maltinti,
Paolo Pantanella, Anna Romiti, Irene Romoli, Luisa Tiraoro
Collaborazione di
Elisabetta D’Agostino, Maria Fiore, Giuseppe Gioioso
Organizzazione editoriale
Paola Pezzuto, Vincenza D’Elia
Premessa
7
L’indagine sulla governance in diversi Paesi europei si colloca all’interno delle
attività di analisi e ricerca che il Formez ha realizzato per conto del
Dipartimento della Funzione Pubblica nell’ambito del Progetto Governance.
Tale indagine nasce dall’esigenza di leggere i fenomeni della governance in
Italia attraverso una chiave di lettura più ampia, quale quella internazionale.
Scopo ultimo è quello di fornire un quadro dei sistemi di regole e di opportunità messi in atto da altri Paesi europei, per offrire servizi, governare il territorio e promuovere lo sviluppo in maniera più efficace, partecipativa e concorrenziale, individuando elementi di analogia con la realtà italiana e fornendo
utili spunti per la potenziale trasferibilità dei diversi strumenti nel contesto
nazionale. A tal fine, l’attività di ricerca è stata affidata a diverse Università/Centri di ricerca italiani con cui si sono definiti gli ambiti d’indagine e i percorsi di analisi per rendere quanto più possibile omogenei i report nazionali.
Ogni Paese è stato esaminato da un gruppo di lavoro diverso e il Formez ha
curato la progettazione e il coordinamento complessivo dell’indagine.
Il lavoro che presentiamo è il report di analisi sulla Francia compiuto da IRPET,
Istituto Regionale di Programmazione Economica della Toscana. Il gruppo di
ricerca, coordinato da Andrea Paci (docente di Economia e Gestione delle
Imprese, Università di Firenze), e composto da Giovanni Maltinti, Renata Caselli,
Barbara Antonioli, Monica Gualtieri, Paolo Pantanella, Anna Romiti, Irene
Romoli e Luisa Tiraoro, ha condotto sia ricerche documentali che sul campo (per
alcuni casi studio) esaminando esperienze originali in termini di governance con
riferimento a livelli di governo centrale e locale.
Valeria de Magistris
INDICE
INTRODUZIONE
11
CAPITOLO 1
Il sistema istituzionale in Francia
15
1.
2.
Una chiave di lettura dei meccanismi
di governance nel sistema francese
Caratteristiche istituzionali e politiche
CAPITOLO 2
La governance interistituzionale
1.
2.
3.
Le relazioni tra Stato ed enti locali
Le relazioni tra enti locali
Le relazioni tra Stato, regioni, autonomie
ed Unione europea
4. Il tema della devolution
Il contrat de plan della regione Nord-Pas
de Calais 2000/2006
Le forme di cooperazione tra enti locali
nella gestione dei servizi ambientali:
l’Agglomération de Rouen Haute-Normandie
CAPITOLO 3
La governance esterna
1.
2.
I livelli di governo nei servizi pubblici
Le forme di esternalizzazione della gestione
nei servizi pubblici
3. La struttura del mercato idrico in Francia
Il ruolo delle Agences de l’Eau
La gestione delegata del servizio idrico:
la Communauté Urbaine Grand Lyon (CO.UR.LY.)
17
18
25
27
34
39
43
48
56
75
77
79
85
87
106
9
CAPITOLO 4
La governance interna
1.
10
Decentramento delle funzioni
e regionalizzazione della pianificazione
2. Pianificazione e controllo della gestione diretta
dei servizi pubblici
Le Agences Régionales
de l’Hospitalisation (ARH)
La Régie Autonome des Transports
Parisiens (RATP)
125
127
130
136
144
CONCLUSIONI
161
BIBLIOGRAFIA E NORMATIVA DI RIFERIMENTO
173
INTRODUZIONE
11
INTRODUZIONE
13
Il rapporto si propone, nell’ambito del Progetto Governance predisposto dal
Formez, di presentare alcune esperienze originali in termini di governance che
emergono con riferimento ai diversi livelli di governo (centrale e locale) in Francia.
L’interpretazione dei casi selezionati è stata condotta con riferimento ai principi di buona governance definiti dall’Unione europea nel Libro Bianco sulla
Governance (apertura, partecipazione, responsabilità, efficacia, coerenza) ed è
stata orientata a collocare queste esperienze originali e significative nell’ambito
delle tre tipologie di governance individuate nel progetto (governance interistituzionale, governance esterna e governance interna), cercando di evidenziare le
eventuali possibilità di adattamento al contesto italiano.
Il gruppo di lavoro coordinato da Andrea Paci è formato da ricercatori di aree
disciplinari e istituzioni di afferenza diversa quali: Giovanni Maltinti e Renata
Caselli (dirigenti dell'Istituto Regionale per la Programmazione Economica della
Toscana - IRPET), Barbara Antonioli (dottore di ricerca in Economia e Istituzioni,
Università di Ferrara), Monica Gualtieri e Paolo Pantanella (Il Riccio srl - Ricerca
e Consulenza per le Istituzioni e le Organizzazioni), Anna Romiti (Università di
Firenze), Irene Romoli (IRPET), Luisa Tiraoro (Ufficio controllo società partecipate e gestione servizi pubblici locali, Comune di Venezia).
L’attività di ricerca è stata almeno in parte svolta direttamente sul territorio
oggetto di indagine (in particolare per quanto riguarda il caso delle Agences de
l’Eau e il caso della Régie Autonome des Transports Parisiens).
La raccolta del materiale oggetto di analisi per la trattazione del caso delle
Agences de l’Eau è stata condotta passando in rassegna la letteratura di riferimento e contattando direttamente le diverse Agences sul territorio nazionale.
Per l’individuazione dei tratti che caratterizzano in termini di governance l’esperienza in questione ci si è avvalsi della professionalità, riconosciuta a livello
internazionale, di Bernard Barraqué, direttore di ricerca del CNRS. Con riferimento all’analisi delle gestioni delegate, si sono approfonditi alcuni aspetti
caratterizzanti l’attività dei maggiori operatori privati francesi (Gruppo VivendiVeolia Environment; Gruppo Lyonnais des Eaux).
INTRODUZIONE
14
Per lo sviluppo del caso relativo alla Régie Autonome des Transports Parisiens, oltre ad una ricerca sulla letteratura di riferimento si è fatto ampio ricorso a colloqui con alcuni referenti interni alla RATP (tra cui Edith Heurgon e
Francois Ascher) e con ricercatori del CNRS e del LATTS1, (tra cui Bernard
Barraqué, Robin Foot e Richard Darbera). Alcune informazioni interessanti sono
state raccolte consultando il sito nazionale della RATP (contenente anche bilanci e documenti di programmazione), nonché i siti nazionali dei relativi soggetti
istituzionali responsabili dell’attività di monitoraggio, programmazione e controllo (ad esempio, www.stp-paris.fr).
Quando non è stato possibile realizzare la ricerca direttamente in Francia
(come nel caso delle Agences Régionales de l’Hospitalisation e del Contrat de
Plan della regione Nord-Pas de Calais 2000/2006) si è provveduto raccogliendo
le informazioni disponibili on desk e cercando comunque contatti informativi
diretti con i responsabili locali.
In alcuni casi relativi all’organizzazione e gestione di servizi di pubblica utilità
in ambito locale nel settore idrico (gestione delegata del servizio idrico nella
Communauté Urbane Grand Lyon) e nel settore dell’igiene ambientale (il caso
della cooperazione tra enti locali nell’Agglomération de Rouen Haute-Normandie)
le ricerche hanno inoltre utilizzato alcuni recenti studi della realtà francese.
In tutti i casi ci si è avvalsi della documentazione disponibile in rete relativa
alla programmazione e alla gestione dei servizi considerati, utilizzando quali
fonti il Ministero dell’Interno, il Ministero dell’Ambiente, l’Agenzia dell’Energia
e dell’Ambiente, l’Associazione OIEAU. Sono stati consultati, inoltre, i siti
nazionali delle associazioni che si occupano di intercomunalità (ad esempio
www.intercommunalites.com, www.agglo.org). Molto utile si è dimostrata la
possibilità di esaminare documenti di programmazione, bilanci e specifici rapporti di attività (come nei casi del Budget 2003 Grand Lyon e del Programme
municipal de Rennes 2001-2007).
La stesura del rapporto, pur essendo il risultato del lavoro dell’intero gruppo
di ricerca, può essere attribuita come segue: P. Pantanella e L. Tiraoro hanno
curato il paragrafo 1.1; I. Romoli ha curato i paragrafi 1.2, 2.1, 2.2, 2.3, 2.4, 4.1,
il caso sul contrat de plan della regione Nord-Pas de Calais e quello sulle
Agences Regionales de l’Hospitalisation; L. Tiraoro ha curato i paragrafi 3.2, 3.3,
il caso sulle forme di cooperazione tra enti locali nella gestione dei servizi
ambientali ed il caso sulla gestione delegata del servizio idrico; B. Antonioli ha
curato i paragrafi 3.1, 3.2, 4.2, il caso sulle Agences de l’Eau e il caso sulla Règie
Autonome Des Transports; A. Paci e P. Pantanella hanno curato le conclusioni.
1
Unité mixte de recherche ENPC, CNRS et Université Paris XII, Cité Descartes.
CAPITOLO 1
IL SISTEMA
ISTITUZIONALE
IN FRANCIA
15
IL SISTEMA ISTITUZIONALE IN FRANCIA
17
1. Una chiave di lettura dei meccanismi di governance nel
sistema francese
L’obiettivo di individuare e analizzare i tratti principali dei modelli di governance prevalenti nell’assetto istituzionale francese sarà perseguito attraverso
una particolare prospettiva di indagine.
Rispetto a una minuziosa focalizzazione di singoli livelli di attribuzione di
poteri e responsabilità, sarà privilegiata la descrizione delle dinamiche relazionali tra livelli istituzionali e territoriali diversi, in modo da definire una interpretazione evolutiva del funzionamento di un assetto complesso e strutturato.
Nello specifico, sia per l’analisi a livello nazionale, sia per lo studio delle relazioni tra livelli di governo locale e centrale, è stato scelto un comune punto di
riferimento nella definizione e comprensione dei meccanismi di gestione di servizi pubblici, di natura industriale (igiene urbana, servizio idrico integrato) o
meno (servizio sanitario).
Le esperienze concrete e le scelte normative hanno portato a definire in modo
assai peculiare il service public nel sistema francese.
È considerata service public ogni attività di un ente pubblico volta a soddisfare un bisogno di interesse generale, e che dà vita a rapporti non regolamentati dal diritto comune, ma sottoposti alla disciplina derogatoria del diritto
amministrativo1. Si tratta dunque di una parte molto vasta dell’azione pubblica, che comprende la gestione degli affari esteri, l’amministrazione della giustizia, ma anche l’organizzazione e la gestione di servizi a carattere industriale.
Così inteso, il concetto comprende sia le funzioni che le prestazioni di utilità
sociale erogate.
Non esiste un vincolo alla natura del soggetto erogatore/gestore di service
public, che può essere, per alcune tipologie di servizi, anche privato.
È in tal senso importante sottolineare la distinzione che il sistema francese ha
1
Per una sintesi sulle varie scuole di pensiero sul concetto di service public, vedi AA. VV., Traité
de droit administratif, Paris, 1992, p. 37 ss.
IL SISTEMA ISTITUZIONALE IN FRANCIA
18
consolidato, muovendo da una datata pronuncia del Tribunal des conflits2, tra
servizio pubblico amministrativo (s.p.a.) e servizio pubblico industriale e commerciale (s.p.i.c.).
I primi sono interamente disciplinati dal diritto amministrativo, tranne i casi
in cui l’amministrazione opti, per soddisfare specifiche necessità, per modelli di
gestione di diritto privato, oppure in cui il servizio sia affidato, quando possibile, a privati.
I secondi sono qualificati come servizi pubblici a gestione privata e sono sottoposti ad un regime misto, in cui si combinano elementi di diritto amministrativo e di diritto privato.
Le specificità di un assetto istituzionale storicamente fondato su uno Stato
centrale molto forte, ma interessato, soprattutto per l’impulso dei principi comunitari, da un’evoluzione profonda, non impediscono di perseguire, come obiettivo di ricerca, l’individuazione di aspetti di potenziale replicabilità di esperienze, orientamenti, scelte e linee di azione nell’esperienza italiana.
2. Caratteristiche istituzionali e politiche
La Repubblica francese si configura come uno Stato unitario, con una tradizione di accentramento amministrativo e politico molto radicata, che muove
dalla concezione dello Stato napoleonico come fattore di compressione assoluta di ogni forma di autonomia locale.
Negli ultimi trent’anni, peraltro, ci sono stati alcuni interventi legislativi di
grande importanza, che hanno caratterizzato la V Repubblica francese quale
struttura istituzionale dotata di istanze locali con una propria specificità politica ed amministrativa, e che hanno permesso alla Francia di ottenere un buon
equilibrio tra l’idea accentratrice e la necessità di delocalizzare i poteri per
meglio amministrarli.
In effetti, esistono delle specifiche ragioni storico-sociali che giustificano la
tendenza centralizzatrice del potere in Francia: esse consistono nella particolare dislocazione del popolo sul territorio e nell’esperienza storica di questa nazione che, a seguito della Rivoluzione e dell’epopea napoleonica, ha visto affermarsi il principio di autorità.
L’idea dello Stato centrale, del resto, è presente nella ratio delle successive
Carte costituzionali promulgate in Francia nel corso del XX secolo. La stessa
Costituzione francese del 1946, all’art. 1, affermava infatti l’indivisibilità della
2
Tribunal des conflits, sent. 22.1.1921, Col. De la Côte-d’Ivoire, in M. Long, P. Weil, G. Braibant,
H. Devolvé, Les grands arrêts de la jurisprudence administrative, 1990, p. 219.
IL SISTEMA ISTITUZIONALE IN FRANCIA
Repubblica, sebbene agli artt. 60 ss. fosse sancita l’esistenza di dipartimenti e
Territori d’Oltremare.
Peraltro, la successiva, ed oggi in vigore, Carta costituzionale del 1958, dopo
aver sottolineato l’importanza del principio dell’unità nazionale, ribadisce l’esistenza di autonomie locali come il comune, i dipartimenti ed i territori d’Oltremare.
Afferma inoltre, all’art. 72, che la creazione di ogni ulteriore collettività è soggetta al principio della riserva di legge, e che la loro amministrazione dovrà
avvenire tramite consigli eletti e nelle condizioni previste dalla legge.
L’art. 34 comma 4, inoltre, afferma che sempre alla legge è riservata la determinazione dei principi fondamentali dell’autonomia degli enti locali, delle loro
competenze e risorse.
Prima di approfondire gli aspetti relativi alle regioni francesi, occorre innanzitutto precisare l’assetto generale istituzionale di questo ordinamento giuridico, caratterizzato ovviamente dalla tradizione centralista.
In Francia esistono quattro livelli territoriali di amministrazione:
- lo Stato
- le regioni
- i dipartimenti
- i comuni.
La legge del 2 marzo 1982, come si dirà più avanti, ha completato la legislazione in tema di assetti istituzionali, precisando i rapporti esistenti, in particolare, tra lo Stato e le regioni, concedendo a queste ultime una maggiore autonomia anche sotto l’aspetto finanziario.
Per quanto riguarda l’ordinamento statale, la Francia è una Repubblica semipresidenziale caratterizzata da un esecutivo bicefalo3 (Presidente della Repubblica e Primo Ministro) e dalla debole posizione del Parlamento.
Il Presidente della Repubblica è eletto, per sette anni, a suffragio universale
secondo la modifica costituzionale voluta dallo stesso de Gaulle e approvata
dai cittadini francesi tramite referendum nel 1962. L’elezione ha luogo con la
maggioranza assoluta dei voti espressi, rinnovando la votazione, se nessun candidato ha ottenuto tale maggioranza, solo per i due candidati più votati al
primo turno.
Il Presidente della Repubblica nomina il Primo Ministro e accetta le dimissioni del governo presentategli dallo stesso; presiede il Consiglio dei Ministri; può
sciogliere l’Assemblea Nazionale dopo aver sentito il Primo Ministro e i
Presidenti delle Camere; indice i referendum; firma i decreti e le ordinanze deli3
AA. VV., Autonomie con l’Europa, Franco Angeli, 1998, p. 50.
19
IL SISTEMA ISTITUZIONALE IN FRANCIA
20
berati in Consiglio dei ministri; è a capo delle forze armate; negozia e ratifica i
trattati internazionali, sia pure dopo una legge di autorizzazione.
Il governo determina e conduce la politica nazionale, disponendo della pubblica amministrazione e delle forze armate, ed è responsabile dinanzi
all’Assemblea Nazionale; il Primo Ministro dirige l’azione del governo stesso,
esercita il potere regolamentare e di nomina degli impieghi civili e militari.
Il Parlamento è formato dall’Assemblea Nazionale e dal Senato. I 577 deputati dell’Assemblea Nazionale sono eletti a suffragio universale, per cinque anni,
in collegi uninominali, richiedendosi la maggioranza assoluta dei voti espressi
al primo scrutinio, e quella relativa nell’eventuale secondo scrutinio, da cui
sono esclusi i candidati che non abbiano ottenuto almeno il 12,5% dei voti validi. Il Senato è composto da 321 membri, eletti per nove anni (con un rinnovo di
1/3 dei membri ogni tre anni), con un procedimento di secondo grado.
L’Assemblea Nazionale ha una netta prevalenza sul Senato a causa del suo
esclusivo controllo politico sul governo, anche se in realtà i rapporti tra
Assemblea e governo risultano squilibrati in favore di quest’ultimo. Infatti la
Costituzione non prevede un voto d’investitura iniziale sul governo da parte
dell’Assemblea, mentre stabilisce che il governo debba presentare le dimissioni
solo se colpito da “mozione di censura” proposta da almeno 1/10 dei deputati e
votata, per appello nominale, dalla maggioranza dell’Assemblea.
Si noti, inoltre, che se il Primo Ministro pone la questione di fiducia su un
semplice progetto di legge, quest’ultimo è senz’altro approvato senza necessità
di un’apposita votazione se, entro le 24 ore seguenti, non viene votata al riguardo una mozione di censura.
Sono inoltre presenti altri organi di rango costituzionale, quali il Consiglio
economico e sociale, il Consiglio Superiore della Magistratura, l’Alta Corte di
Giustizia, il Consiglio costituzionale.
Per quanto concerne l’amministrazione locale, esistono tre diversi livelli di
governo, come sopra indicato, consistenti in regioni, dipartimenti e comuni.
Questi ultimi hanno origine nel 1789 e costituiscono la base dell’organizzazione amministrativa francese.
Attualmente, ne esistono circa 37.000: l’elevato numero di comuni può peraltro essere spiegato poiché non sussistono, nella logica francese, limiti di grandezza territoriale o relativa al numero di abitanti. Cosicché, l’80% di questi
hanno un numero di residenti inferiore ai 1.000 abitanti. Questo ovviamente
spiega anche il gran numero di communautés urbaines e di syndicats intercommunaux – dei quali si dirà meglio nel capitolo sulla governance interistituzionale – principalmente costituiti proprio tra comuni di dimensioni limitate, grazie all’emanazione della legge del 6 febbraio 1992.
Al pari dei dipartimenti e delle regioni, i comuni francesi detengono un loro
IL SISTEMA ISTITUZIONALE IN FRANCIA
specifico potere esecutivo e presentano altresì un organismo deliberativo detto
Consiglio comunale. Ovviamente il Consiglio comunale esprime le proprie decisioni attraverso la maggioranza, oltre a rappresentare il comune nei rapporti con
l’esterno ed a svolgere le funzioni di tenuta dei registri civili anagrafici, di matrimonio, di morte, e dei registri elettorali e quelli relativi al servizio militare.
La maggior parte degli atti emessi dal Consiglio consistono generalmente in
decisioni, solitamente chiamate in esecuzione di quanto disposto dalla legge
statale.
Il numero dei componenti del Consiglio è definito in misura proporzionale
alla popolazione: sono eletti a suffragio universale e il mandato ha durata di sei
anni.
I cento dipartimenti francesi, di cui quattro situati nel Territorio d’Oltremare
(Martinique, Guadeloupe, Réunion e Guyane française), sono stati anch’essi
introdotti nel 1789 ed hanno avuto un ruolo preminente nell’organizzazione
amministrativa dello Stato già a partire dalla Rivoluzione francese, mantenendo
a tutt’oggi importanti prerogative. Le maggiori responsabilità riservate ai dipartimenti consistono essenzialmente in azioni di natura sociale, in interventi relativi alle aree rurali, nonché all’amministrazione delle strade oltre a quella relativa all’insegnamento nelle scuole medie.
Dal 1800 al 1982, data in cui è entrata in vigore la legge sopra richiamata, il
Prefetto ha detenuto il potere esecutivo nel dipartimento: nominato dal governo,
il Prefetto è il rappresentante del potere statale nel dipartimento. Egli pertanto
rappresenta il Primo Ministro e gli altri ministri di gabinetto. Ha autorità sui servizi pubblici di competenza statale, oltre a svolgere un’attività di supervisione
sull’amministrazione del territorio.
Comunque, la legge del 1982 ha conferito potere esecutivo al dipartimento,
che può svolgerlo per mezzo del Presidente del Consiglio Generale di dipartimento. Eletto per un periodo di sei anni, il Presidente prepara e assume le decisioni del Consiglio. Rappresenta il dipartimento in giudizio, ed è pertanto
responsabile per la gestione della proprietà pubblica, anche sotto l’aspetto della
conservazione del demanio.
Quanto al Consiglio Generale, è da precisare che anch’esso svolge il proprio
mandato per sei anni, attraverso l’opera dei consiglieri generali eletti con sistema maggioritario uninominale a doppio turno.
Per quanto concerne infine le regioni, più avanti verrà approfondito il ruolo di
queste istituzioni locali e, in particolare, il loro rapporto con lo Stato centrale.
Secondo il testo costituzionale francese, dunque, le regioni non sono previste
ab origine nel sistema istituzionale. Anzi, spetterebbe proprio al potere legislativo, in virtù della riserva formulata, la determinazione di nuove istanze locali e
dei principi che ne regolino l’amministrazione.
21
IL SISTEMA ISTITUZIONALE IN FRANCIA
22
Ed è forse proprio questa la ragione che ha permesso allo Stato francese di
ottenere un buon mix tra una struttura fortemente centralizzata e la necessità
di istituire, dall’altra parte, istanze tali da mantenere un contatto diretto e stretto con la cittadinanza. Molto probabilmente, cioè, la creazione delle regioni in
un momento successivo alla promulgazione della Carta costituzionale ha consentito al potere legislativo di meglio individuare le esigenze della popolazione e pertanto di provvedere alla creazione di un apparato ad hoc. Così, parallelamente all’intensificarsi dell’attività statale nei settori economico e sociale,
si è manifestata nel corso degli anni una volontà di conferire alle collettività
locali una certa responsabilità per quegli interventi necessari allo sviluppo del
territorio.
In effetti, le istituzioni regionali in Francia svolgono un ruolo di coordinamento essenziale ed indispensabile, attraverso l’amministrazione armoniosa ed
equilibrata del territorio. Esse, infatti, determinano le scelte strategiche e gli
obiettivi dello sviluppo regionale, in quei settori tipici della loro competenza
(insegnamento, trasporti, cultura, turismo), anche attraverso il partenariato con
le altre regioni o con le istanze private. In poche parole, le regioni in Francia
hanno una vera e propria missione pianificatrice4.
Queste sono, brevemente, le principali tappe della creazione delle regioni in
Francia.
1919 – Il Ministro del Commercio, Clémentel, proclama la necessità di costituire quindici gruppi economici regionali in Francia, visti principalmente
come istituzioni di natura prettamente economica volte alla ricostruzione del
dopoguerra.
1954 – È però con la fine della IV Repubblica che le aspirazioni regionaliste di
Clémentel si rafforzano, in ragione principalmente delle necessità relative
all’amministrazione del territorio ed alla pianificazione urbana. Si assiste così
alla creazione di una regionalizzazione funzionale: attraverso lo sviluppo di
numerose associazioni aventi come obiettivo lo sviluppo economico delle
regioni, consacrate poi alla fine di quell’anno sotto forma di Comités d’expansion économique. In particolare, deve ricordarsi il decreto legge 30.6.1955 che
istituì le “Regioni di programma”, create per l’elaborazione di Piani di sviluppo volti ad una duplice funzione: da una parte quella dell’“aménagement” del
territorio, dall’altra quella d’incentivazione economica.
1964 – Con un decreto del 14 marzo viene compiuto un ulteriore passo in
avanti con le Circonscriptions d’action régionale (CAR), che da mere dislocazioni territoriali del potere centrale, divennero veri e propri enti pubblici, istituzionalizzati attraverso l’individuazione di tre organi: il Prefetto della regio4
Le parole sono di J. Blanc, B. Remond, Les collectivités locales, Dalloz, 1994, p. 364.
IL SISTEMA ISTITUZIONALE IN FRANCIA
ne, la Conferenza amministrativa regionale e la Commissione di sviluppo economico regionale.
1972 – Fortemente volute dal Generale De Gaulle, le regioni francesi assistono
ad una loro prima riforma grazie alla legge 5.7.1972, che crea gli
Etablissements Publics Régionaux (EPR), dotati di un organo deliberante, di un
Consiglio, ed assistiti da un’assemblea consultiva e da un Comitato economico e sociale. Il difetto principale di questo provvedimento, peraltro, è quello
di individuare il potere esecutivo regionale rappresentato dal Prefetto, di
nomina statale.
1982 – La vera e propria rivoluzione in favore delle autonomie locali è avvenuta con la riforma del 1982 (L. 2 marzo 1982, n. 213 e successive modifiche),
che ha realizzato un vero e proprio mutamento di impostazione rispetto all’originario sistema di attribuzione agli enti locali degli “affari locali”. Quale provvedimento che ha praticamente dato il via al processo di decentramento in
Francia, la legge sopra citata conferisce alle regioni il proprio statuto, e le riconosce quali collettività territoriali al pari dei dipartimenti e dei comuni. Prevede inoltre il riconoscimento di competenze proprie delle istanze regionali, in
particolare per quanto riguarda la formazione professionale e scolastica.
1986 – La riforma regionalista del 1982 ottiene una maggiore concretezza con
l’elezione del Consiglio regionale a suffragio universale.
2003 – Le regioni francesi acquisiscono finalmente un riconoscimento costituzionale: la legge costituzionale n. 2003-276 del 28 marzo 2003 affianca le
regioni alle altre collettività territoriali già riconosciute (comuni e dipartimenti). L’art. 72 della Costituzione stabilisce infatti che “Le collettività territoriali
della Repubblica sono i comuni, i dipartimenti, le regioni, le collettività a statuto speciale e le collettività d’Oltremare, regolate dall’art. 74. Tutte le altre
collettività territoriali sono create per legge […]”.
23
CAPITOLO 2
LA GOVERNANCE
INTERISTITUZIONALE
25
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
27
1. Le relazioni tra Stato ed enti locali
La riforma delle autonomie locali attuata con la legge del 1982, di cui si è trattato nel precedente capitolo, ha favorito lo sviluppo di tutta una serie di convenzioni tra collettività pubbliche, aventi lo scopo di programmare ed attuare
un’efficiente politica di gestione e sviluppo del territorio.
Le convenzioni alle quali stiamo facendo riferimento consistono nell’utilizzare lo strumento contrattuale al fine di regolare i rapporti tra Stato ed enti locali,
da una parte, e tra enti locali dall’altra; tale strumento prende il nome di “contrat de plan”.
L’espressione “contratto di piano”1 o “pianificazione contrattuale” rappresenta un nuovo strumento di avvicinamento tra Stato, regioni e comunità locali
attraverso la realizzazione di una particolare forma di sussidiarietà2. Il fenomeno della contrattualizzazione in Francia concerne, infatti, tutti i settori del diritto pubblico dell’economia, il diritto urbanistico e la gestione del territorio, la
demanialità e i servizi pubblici3.
Questo fenomeno assume pertanto un ruolo da protagonista nell’analisi della
programmazione in Francia, realizzando un modello di policy-making che, da
una parte, tende a regolamentare il rapporto tra politica nazionale e politica
locale e che, dall’altra, realizza l’obiettivo di new governance diffondendo su
tutto il territorio nazionale ed ai vari livelli di cui questo si compone, la cosiddetta programmazione negoziata.
Le ragioni di fondo nella scelta operata dalla Francia devono ricondursi essenzialmente al fatto che lo strumento contrattuale non solo risulta essere il più
adatto a favorire un coordinamento tra i vari livelli di governo, ma soprattutto
1
2
3
Così V. Pepe, La sussidiarietà nella comparazione giuridica. L’esperienza francese, Napoli,
2002, p. 187.
A. De Laubadere, F. Moderne, H. Delvolvé, Traité des contrats administratifs, Paris, Tomo 1,
1983, p. 432.
Cfr. B. Autin, T. Ribot, Droit administratif, Paris, 1999, p. 167.
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
28
permette di mantenere quel legame con lo Stato centrale tipico della concezione centralista francese4.
Affermare quindi che i rapporti tra lo Stato centrale e le regioni sono contrattualizzati non significa dire che le regioni godono di una piena libertà contrattuale, ma che la pianificazione regionale deve essere realizzata tenendo presente la logica del c.d. Piano della Nazione, di cui si dirà più avanti.
Esiste poi un’altra ragione che giustifica il favore con cui in Francia è stato
accolto lo strumento contrattuale quale mezzo di realizzazione del principio di
sussidiarietà. Essa consiste nel fatto che il sistema francese di amministrazione
dei servizi è caratterizzato da un livello molto intenso di relazioni intergovernative, per cui le convenzioni tra le collettività territoriali appaiono come lo strumento più adatto a far fronte alle questioni più diverse.
È infine da considerare che lo strumento contrattuale supera il problema dell’assenza di gerarchia tra le collettività locali.
In altre realtà istituzionali, lo strumento utilizzato a questo scopo è il regolamento, attraverso il quale l’ente locale gerarchicamente superiore esercita il proprio potere nei confronti dell’ente ad esso sottoposto.
Al contrario, lo strumento contrattuale presuppone una posizione di parità tra
le parti e, conseguentemente, è regolato dall’autonomia negoziale esercitata da
queste.
Per tutte queste ragioni, che realizzano appieno l’idea di sussidiarietà francese,
la contrattualizzazione in questa nazione ha conosciuto uno sviluppo senza precedenti nelle relazioni tra le autonomie locali, e tra Stato ed autonomie locali.
In via di prima analisi, possiamo individuare quattro diversi tipi di contratti:
1. le convenzioni aventi ad oggetto il finanziamento di determinate operazioni,
che richiedono la collaborazione tra il livello centrale e quello locale;
2. i contratti di cooperazione, attraverso i quali le collettività territoriali ed il
livello centrale si accordano per la definizione delle reciproche competenze
per operazioni determinate di interesse comune;
3. i contratti relativi all’esercizio delle competenze, previsti espressamente
dalla legge, attraverso i quali si deroga alle regole generali sulla ripartizione
delle competenze in certi settori per il raggiungimento di un migliore risultato concreto;
4. le convenzioni di assistenza amministrativa e tecnica, attraverso le quali si ha
un interscambio tra i vari livelli di servizi per l’esercizio delle rispettive competenze.
4
Cfr. J.C. Némery (a cura di), Le renouveau de l’aménagement du territoire, Parigi, 1994, p. 372.
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
Al fine di comprendere al meglio natura e funzioni dei contrats de plan, occorre innanzitutto fare riferimento alla legge di riforma n. 82-653 del 29 luglio 1982,
concernente i rapporti tra Stato e regioni in materia di pianificazione, nella
quale lo strumento contrattuale viene preso in considerazione per l’esecuzione
dei piani nazionali e regionali.
La riforma disciplina il sopracitato Piano della Nazione, consistente nel programma di determinazione delle scelte strategiche e degli obiettivi a medio termine di sviluppo economico, sociale e culturale della Nazione, con l’indicazione dei mezzi necessari per realizzarlo.
In tal senso, dunque, i contratti di piano tra Stato e regioni debbono essere considerati innanzitutto come lo strumento chiave della politica e dello sviluppo
territoriale e, in secondo luogo, come elemento di partecipazione attiva dell’ente locale nella scelta e definizione del proprio sviluppo nell’ambito del riconoscimento della propria autonomia.
Essi rappresentano uno strumento particolarmente efficace quando bisogna far
convergere le politiche nazionali, regionali e locali di sviluppo del territorio,
assicurando un intervento coordinato e armonioso delle competenze affidate ai
diversi livelli di governo.
L’art. 11 della L. 82-653 del 1982 definisce la finalità dei contratti, statuendo
che “lo Stato può concludere con le collettività territoriali, le regioni, le imprese pubbliche o private e, eventualmente, con le altre persone giuridiche, contratti di piano, fissando gli impegni reciproci delle parti per l’esecuzione del
piano e dei suoi programmi prioritari”.
La legge, all’art. 12, precisa che i contrats de plan devono contenere soltanto
disposizioni di natura contrattuale, senza dunque stabilire alcuna regola che
esuli dall’autonomia negoziale delle parti.
L’individuazione della natura giuridica dei contrats de plan è stata successivamente precisata da una pronuncia del Consiglio di Stato, che ha giudicato i
contrats de plan Stato-regione quali contratti di natura amministrativa, strumentali alla definizione di obbligazioni reciproche tra le parti5. La decisione
comporta, quale conseguenza immediata, la possibilità per una delle parti
negoziali di avanzare richiesta di risarcimento nell’ipotesi di un eventuale
mancato rispetto delle disposizioni contrattuali ad opera dell’altra parte, qualora ovviamente la dialettica politica non intervenga tempestivamente a risolvere il conflitto.
Alcuni tra i più significativi esempi di contrats de plan Stato-regione sono previsti da norme di rango legislativo, quali la L. 83-8 del 7 gennaio 1983 (art. 29)
sullo sviluppo locale, la L. 90-487 del 4 luglio 1990 sulla partecipazione finan5
Decisione n. 83-160 DC, JO 21 luglio 1983, p. 2251.
29
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
30
ziaria delle autonomie locali allo sviluppo delle costruzioni universitarie, la L.
90-449 del 31 maggio 1990 (art. 3) per il diritto all’alloggio delle persone con
disagio.
Questi esempi dimostrano come lo strumento contrattuale subisca le più
diverse applicazioni a seconda dell’ambito di riferimento, ma chiariscono anche
l’impossibilità di ricondurli completamente allo strumento negoziale di diritto
comune. È stato infatti affermato che “contrat de plan” sia un’espressione a volte
amministrativa, giuridica e finanziaria, ovvero uno strumento inventato dal legislatore francese6.
L’autonomia negoziale dei soggetti coinvolti, cioè le regioni che devono in tale
sede misurarsi con lo Stato, è formalmente stabilita dalla legge, che ne definisce
le competenze e organizza le loro relazioni finanziarie: non può dunque parlarsi di autonomia contrattuale nel significato inteso dal diritto comune.
Di qui, pare corretta la considerazione secondo la quale il rispetto di quanto
statuito in detti contratti non ha un fondamento esclusivamente giuridico, ma
piuttosto una valenza politica7, i cui equilibri fungono da fulcro per una corretta attuazione di quanto definito nel singolo contratto.
Gli esempi sopra indicati, suggeriscono come i contrats de plan siano regolarmente utilizzati per la definizione di piani di intervento comuni tra Stato e
regioni. La loro effettiva funzione deve dunque ricondursi all’individuazione
dell’ambito di operatività della regione compatibilmente con gli obiettivi nazionali (cfr. art. 11 L. 29 luglio 1982).
Secondo l’art. 1 della legge qui esaminata, “il piano determina le scelte strategiche e gli obiettivi dello sviluppo economico, sociale e culturale della Nazione,
così come i mezzi necessari per raggiungerli”.
I contrats de plan, in quanto forme di cooperazione tra Stato e regioni per il
perseguimento di obiettivi comuni in materia di sviluppo economico ed assetto
del territorio, possono essere suddivisi in due categorie: i contratti di “prima
generazione”, che risentono fortemente dell’impronta centralistica dello Stato, i
cui settori di intervento erano limitati a settori di strategia comune (attività produttive, ricerca, formazione, sistemazione territoriale ed altre funzioni collettive
di volta in volta specificate), ed i contratti di “seconda generazione”, che contrariamente ai primi pongono su un piano di maggiore parità lo Stato e le regioni e non presentano particolari settorializzazioni d’intervento, essendo pacifico
che ogni interesse comune può divenire oggetto del piano8.
6
7
8
Cfr. J. M. Pontier, Le contrats de plan entre l’État et le Régions, Paris, 1998, p. 10.
J. C. Némery, op. cit., p. 380.
Cfr. G. Marcou, La démocratie locale en France: aspects juridiques, in CRAPS/CURAPP, La démocratie locale. Partecipation et représentation, espace e l’espace public, Paris, 1999, p. 44, ove si
analizzano i fattori di differenziazione e le diversità dei sistemi d’amministrazione locale.
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
Per quanto riguarda poi il procedimento di elaborazione di un contrat de plan
Stato-regione, questo è stato definito dal decreto n. 32 del 21 gennaio 1983 di
attuazione della legge del luglio 1982.
Secondo tale disposizione, il Presidente del Consiglio regionale ha il compito
di elaborare un progetto di contratto9, da trasmettere al Prefetto della regione,
che a sua volta provvederà ad inviarlo a Parigi, presso il competente comitato
interministeriale all’uopo costituito.
Successivamente si instaura una fase negoziale tra queste due figure, il
Presidente della regione da una parte ed il Prefetto dall’altra. Quest’ultimo avrà
diritto di sottoscrivere il progetto previa approvazione del comitato interministeriale. L’approvazione di quest’ultimo dipenderà naturalmente dal nulla osta
del governo circa la compatibilità dei piani delle regioni tra loro e con il Piano
della Nazione.
Una volta sottoscritto il progetto generale di contrat de plan, saranno sottoscritti altri contratti particolari volti a concretizzare le disposizioni generali contenute nel progetto.
Considerato che i piani sottoscritti dalle parti interessano solitamente un arco
di tempo pluriennale, ogni anno il governo deve sottoporre al Parlamento un
rapporto concernente lo stato di attuazione del piano contrattuale, mentre un
secondo rapporto deve essere rimesso al Parlamento come allegato della legge
finanziaria, in modo da precisare i mezzi finanziari destinati all’attuazione dei
contrats de plan siglati con le regioni10.
Abbiamo già detto dell’autonomia con cui i singoli consigli regionali possono
determinare l’elaborazione e l’approvazione dei piani. L’art. 15 della legge del
1982 precisa d’altra parte che, in questa fase, i consigli regionali debbono procedere alla consultazione dei dipartimenti, del comitato economico e sociale
regionale e delle parti sociali.
Sotto questo aspetto, dunque, dobbiamo evidenziare come la regione abbia,
secondo le disposizioni sopra richiamate, una competenza pianificatrice di
diritto comune11, che le consente di scegliere liberamente i propri interlocutori.
Essa può infatti consultare le imprese pubbliche o gruppi di imprese pubbliche
presenti sul suo territorio sulle scelte da effettuare durante il periodo di applicazione del piano.
9
L’art. 15 della legge del luglio 1983 stabilisce che l’elaborazione e l’approvazione dei piani
regionali avvengono secondo le procedure determinate autonomamente dai singoli consigli
regionali.
10 In questo modo, il Parlamento è in grado di controllare le priorità determinate dall’Esecutivo per
l’attuazione dei programmi determinati con le regioni, così J. Blanc, B. Rémond, Le collectivités
locales, Dalloz, 1994, p. 365.
11 L’espressione è di J. Blanc, B. Rémond, Le collectivités locales, cit., p. 365.
31
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
32
Nel contesto della pianificazione, pertanto, la regione assume un ruolo determinante, infatti:
– diviene l’interlocutore privilegiato della pubblica amministrazione centrale e
l’attore locale per l’elaborazione dei contrats del plan;
– assume la competenza pianificatrice di diritto comune per l’insieme degli
obiettivi di sviluppo economico, sociale e culturale;
– favorisce l’emergere di progetti decentralizzati di sviluppo conformemente
alle proprie scelte di medio termine.
Per le regioni francesi, dunque, l’elaborazione del contrat de plan assume una
preminenza determinante, in quanto è con questo strumento che diviene possibile dare attuazione al programma politico che la maggioranza di governo si
è data.
Nonostante le riflessioni sopra riportate lascino intendere che la riforma del
1982 ha garantito un certo grado di autonomia all’ente regionale nell’ambito
della pianificazione, una breve riflessione sull’aspetto finanziario relativo all’attuazione dei contrats de plan ci riporta alle valutazioni iniziali sulla tradizione
centralista francese.
Deve infatti considerarsi che, per lo meno nei primi anni di attuazione della
riforma, alle regioni è stato riservato un ambito di operatività di scarso rilievo a
causa delle limitate risorse finanziarie messe a disposizione dell’ente regionale.
A questo proposito, può farsi riferimento al fatto che nella primissima attuazione della pianificazione contrattuale disposta dalla riforma in esame12, l’insieme
dei contratti conclusi da tutte le regioni francesi ha impiegato 70 miliardi di
franchi, ripartiti nel seguente modo:
– 42 miliardi riservati allo Stato,
– 28 miliardi riservati alle regioni.
12
Il primo tra i contrats de plan siglato in Francia è del 6 febbraio 1984 (Franche-Comté), mentre
gli altri sono stati conclusi nei mesi successivi.
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
Per il periodo 1989-1992, invece, la ripartizione è avvenuta secondo la tabella
che segue (in milioni di franchi):
Tabella 1
Ripartizione risorse contrat de plan periodo 1989-1992
État
Conseils régionaux
Alsace
1.688,69
2.085,16
Aquitaine
2.151,75
1.528,52
Auvergne
1.356,30
701,45
Bourgogne
1.550,12
1.002,90
Bretagne
3.637,80
1.873,60
Centre
1.578,55
1.092,11
Champagne-Ardennes
1.333,82
1.312,02
502,57
1.312,02
Corse
Franche-Comté
1.357,80
862,07
Île-de-France
8.522,00
14.460,00
Languedoc-Roussillon
2.606,67
1.415,25
Limousine
1.129,29
644,29
Lorraine
3.254,83
1.908,09
Midi-Pyrénées
3.355,00
1.661,00
Basse-Normandie
1.654,50
1.298,33
Haute-Normandie
1.453,32
1.323,82
Pays de la Loire
1.995,87
1.404,12
Picardie
2.131,90
1.442,84
Poitou-Charente
1.697,91
1.257,20
Provence-Alpes-Cote d’Azur
2.860,00
2.326,00
Rhone-alpes
3.807,00
2.590,70
54.956,59
45.984,83
Totale
È dunque incontestabile che le regioni abbiano disposto di mezzi di intervento piuttosto modesti, seppur aumentati progressivamente nel corso degli anni13.
Da una verifica effettuata su base pluriennale, risulta che le somme che i consigli regionali hanno deciso di destinare alla realizzazione dei contrats de plan
si aggirano in media intorno al 40% del budget regionale, dato comunque non
trascurabile. La preminenza del ruolo statale rispetto a quello locale è stata del
resto definita nel luglio e nel dicembre del 1983 in occasione di due riunioni del
Comitato interministeriale per la pianificazione territoriale, durante le quali
venne definito l’ambito di riferimento della negoziazione.
13
Per una verifica circa gli attuali livelli di disponibilità di mezzi finanziari da parte delle regioni, si veda a titolo di esempio il caso della regione Nord-Pas de Calais.
33
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
34
In questo senso, lo Stato è intervenuto a livello nazionale fissando il quadro
generale di riferimento, e determinando il potenziale contenuto dei contrats de
plan.
L’intervento centrale si è d’altra parte risolto in una forte influenza esercitata
sulle regioni, che non hanno avuto altra alternativa che sottoporsi alle scelte statali, piuttosto che abbandonare definitivamente il c.d. tavolo negoziale.
Risulterà dunque interessante valutare quale sia l’attuale livello d’intervento
regionale nell’ambito della negoziazione, attraverso l’analisi del contrat de plan
della regione Nord-Pas de Calais.
Per il momento, può essere sufficiente valutare come la forma di cooperazione tra Stato e collettività territoriali inaugurata con il contrat de plan risenta
sicuramente dell’influenza del principio di sussidiarietà, sancito dall’art. 3B del
Trattato di Maastricht, che consente e legittima l’intervento del livello superiore di governo, nell’ambito di competenze concorrenti, laddove il livello inferiore non sia in grado di assicurare un esercizio efficace delle funzioni14. In questo
modo, viene a realizzarsi non un contrasto, né una sovrapposizione, quanto
piuttosto una cooperazione, un concorso tra il livello locale e quello statale,
nella prospettiva della realizzazione del bene comune.
I contratti di piano, in questa prospettiva, hanno così generato un processo di
contrattualizzazione che si è esteso a macchia d’olio nel corso degli anni, presentando inconvenienti come l’impossibilità di gestire adeguatamente il fenomeno15, in considerazione del fatto che negli ultimi anni si è osservato un incremento circa la conclusione di contratti con altre collettività territoriali.
2. Le relazioni tra enti locali
La legge n. 82-653 del 1982, all’art. 11, definisce la finalità dei contratti di
piano, chiarendo che “lo Stato può concludere con le collettività territoriali, le
regioni, le imprese pubbliche o private e, eventualmente, con altre persone giuridiche, contratti di piano, fissando gli impegni reciproci delle parti per l’esecuzione del piano e dei suoi programmi prioritari”.
Le regioni sono solo uno dei possibili consociati dello Stato, che può concludere contratti anche con altre persone.
In particolare, lo Stato può stipulare contratti con imprese pubbliche, oppure
con altre collettività territoriali, cioè i comuni e i dipartimenti. Sotto quest’ultimo aspetto, è dato però rilevare che fino al 1998 non era stato concluso alcun
14
15
J. Bourjiol, La coopération intercommunale, Paris, 1996, p. 18.
Cfr. V. Pepe, La sussidiarietà, cit., p. 190.
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
contratto tra Stato e dipartimenti o comuni16.
Per quel che qui interessa, occorre prendere in considerazione che la strategia
di pianificazione francese prevede che simmetricamente rispetto al Piano della
Nazione, le regioni possano adottare un piano nonché dei contratti per la sua
applicazione.
L’art. 14 della legge in esame dispone infatti che “il piano della regione determina gli obiettivi per lo sviluppo economico, sociale e culturale delle regioni
per il periodo di applicazione del Piano della Nazione”.
Questo piano prevede poi i programmi di esecuzione che la regione può realizzare sia direttamente, sia “contrattualmente” con lo Stato, con altre collettività locali o con imprese pubbliche o private. L’esistenza dei piani regionali si
pone, quindi, nella sequenza logica della “regionalizzazione” del piano17.
I contratti di piano regionali sono dunque l’espressione di una cooperazione
tra collettività territoriali al pari di quella che si instaura tra Stato e collettività
stesse.
I contratti regionali di piano possono essere definiti come la concretizzazione
della comune volontà di concertazione che emerge nell’adozione del piano della
regione. È però possibile che alcuni comuni o dipartimenti possano essere
esclusi dal processo di adozione, considerato che nella logica istituzionale non
esiste alcun “diritto al contratto”: è alla regione, pertanto, che rimane l’iniziativa di scegliere le parti con cui concludere l’accordo.
I contratti regionali di piano possono essere bilaterali, se conclusi dalla regione
con un’altra persona pubblica o privata, ma possono anche essere multilaterali,
allorquando siano coinvolti, per la realizzazione di un obiettivo comune, una
regione, un dipartimento, uno o più comuni e una o più istituzioni pubbliche.
L’intenzione del legislatore del 1982 è stata dunque quella di riconoscere natura contrattuale ai contratti di piano, affermando che essi possono contenere clausole contrattuali. Questa, sicuramente, è una forma di allargamento del ricorso
all’autonomia negoziale nel settore pubblico che si collega fondamentalmente al
principio di sussidiarietà non solo come partecipazione negoziale, ma anche
come solidarietà, esigenza fondamentale, cui le collettività locali francesi ispirano le loro relazioni.
Da questo punto di vista, è stato autorevolmente affermato che il principio di
sussidiarietà nell’ordinamento costituzionale francese può essere letto quale
espressione della forte tendenza alla diversificazione giuridica e politica che
contraddistingue i livelli locali e regionali in Francia. In quest’ottica i contratti
16
17
La fonte è J. M. Pontier, Les contrats de plan entre l’État et le régions, cit., p. 98.
L. M. Nourry, Le plan régional et les contrats régionaux de plan entre les collectivités locales,
in Cahiers du CNFPT, 1994, p. 35 ss.
35
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
36
di piano rappresentano lo strumento della contrattualizzazione ove le diversità
possono emergere ed essere adeguatamente tutelate18.
Per quanto riguarda l’ambito di collaborazione tra collettività locali, deve farsi
riferimento alla legge n. 95-115 del 5 febbraio 1995 e alla successiva legge del 15
giugno 1999, con le quali il contratto ha assunto un ruolo di strumento essenziale per la gestione del territorio, ovvero un modo per incidere, da parte delle
collettività locali, sullo sviluppo locale.
Queste due leggi prevedono infatti, oltre ai contratti Stato-regioni, altri tipi di
contratti, tutti derivanti dai contratti di piano: contratti oggettivi, contratti del
“pays”, contratti “de ville”, contratti di servizio, contratti di gestione del Parco
naturale regionale. Tutti questi hanno come scopo “l’aménagement du territoire”, che viene ad essere strutturato in tre diversi livelli: le regioni, il “pays” e
l’agglomerazione.
Il principio di sussidiarietà, in questa logica, trova peraltro una forte limitazione a causa della cosiddetta “libera amministrazione delle collettività locali”,
prevista dalla Costituzione del 1958 all’art. 72, comma 2. Questo principio protegge le autonomie locali, ma non dà diritto alle collettività di esercitare tutte le
competenze che queste sarebbero in grado di realizzare.
Le istituzioni locali non sono, infatti, che circoscrizioni amministrative dotate di certi diritti e libertà, ma non di un vero e proprio potere di autogoverno, in
quanto questo appartiene solo allo Stato.
Il blocco di competenze determinato dalla logica francese, spesso provoca una
sorta di eterogenesi dei fini, rendendo pressoché impossibile un funzionamento
compatibile delle rispettive strutture.
Questo è dunque il motivo per cui le collettività locali hanno preferito, al fine
di evitare stalli imbarazzanti per la popolazione nella gestione della cosa pubblica, cooperare tra loro, laddove gli interessi locali travalicassero le competenze specifiche degli enti singolarmente considerati.
Inizialmente, sono stati i comuni ad apparire refrattari alla collaborazione nella
gestione della cosa pubblica, ma ben presto si sono resi conto che le formule di
cooperazione contrattuale potevano risolvere problemi di difficile soluzione19.
Il modello cooperativo, in verità, non è nato del tutto spontaneamente, ma
viene individuato dalla stessa legge di riforma del 1982, come opzione affidata
agli enti locali in una logica di solidarietà, avente la finalità del “buon andamento dell’azione politico-amministrativa”20.
18
19
20
Così H. Baudin, M. Culliere, Principe de subsidiarité et administration locale, Paris, 1995, p. 65.
G. Michel, Intercommunalités locales et gouvernements, Clemecy, 1999, p. 146, ove si intravede
una sorta di sussidiarietà in alcune esplicazioni finanziarie ed economiche dell’intercomunalità.
J. Moquay, Coopération intercommunale et société locale, Lavanzelle, 1998, p. 221.
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
Le tipologie di collaborazione possono essere spontanee o istituzionali, a
seconda che si basino su semplici convenzioni o su apparati aventi il compito
specifico di curare gli interessi trasversali degli enti locali.
Le cooperazioni istituzionali consistono a loro volta in veri e propri accordi fra
enti di vario livello da cui promanano decisioni che hanno la natura di accordi
di secondo grado. Tali accordi possono essere orizzontali, se conclusi tra enti di
pari livello, o verticali se conclusi tra enti di livello diverso.
I primi sono realizzati tra comuni (c.d. cooperazioni intercomunali), tra dipartimenti (le cooperazioni interdipartimentali), e tra regioni (cooperazioni interregionali).
Le cooperazioni intercomunali più significative sono:
– il consorzio di comuni, ente pubblico intercomunale istituito con decreto del
Prefetto della regione. Normalmente viene costituito in vista di opere e servizi di interesse intercomunale ed è amministrato da un comitato composto
da due delegati per ciascun comune; dispone di un bilancio autonomo e
gode di un’entrata derivante dal comune (detta contributo obbligatorio dei
comuni);
– il distretto, ente pubblico intercomunale che ha il compito di curare tutti gli
interessi di volta in volta specificati nell’atto costitutivo. Esso è amministrato da un Consiglio composto da delegati dei comuni, da un Presidente e da
un Bureau; si finanzia mediante entrate diverse (imposte, tasse, contributi
comunali);
– la comunità di comuni, ente intercomunale, con finalità di elaborare progetti comuni di sviluppo e gestione dello spazio. L’amministrazione della comunità è affidata a un Consiglio, a un Presidente e a un Bureau. Il bilancio è
composto da entrate comunali, dipartimentali e statali.
– la comunità urbana, quale ente a struttura chiusa, la cui esistenza è subordinata alla partecipazione di comuni con popolazione superiore ai 2.000 abitanti. Le sue competenze riguardano la pianificazione, le zone industriali,
l’attrezzatura scolastica, i trasporti urbani. L’amministrazione è affidata a un
Consiglio (composto da delegati dei comuni membri), a un Presidente e a un
Bureau.
Tra le cooperazioni interdipartimentali più significative si hanno le istituzioni, previste liberamente da due o più consigli generali di dipartimento (non
limitrofi) delegate all’organizzazione tra le aree dipartimentali.
Anche tra le cooperazioni interregionali si hanno poi le istituzioni, quali enti
istituiti dai Consigli regionali interessati e normalmente aventi finalità specifiche, per cui, una volta raggiunto lo scopo, cessano la loro esistenza.
Tra le cooperazioni verticali, cioè tra enti di livello diverso, vi sono i consorzi
37
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
38
misti, costituiti tra comuni, consorzi di comuni e distretti, o che possono fondarsi su accordi di istituzioni interregionali, regioni, istituzioni interdipartimentali, dipartimenti, comunità di città, comuni, ed altri enti pubblici. Il loro
scopo è quello di realizzare opere e servizi. La loro costituzione deve essere
autorizzata dal rappresentante dello Stato.
Con le sopracitate leggi del 1995 e del 1999 viene inoltre introdotta la figura
di pays, la cui nozione è intesa in senso più ampio rispetto a quella di comune,
visto che il pays può comprendere più comuni che si uniscono per la gestione
del territorio. Allorquando infatti un territorio presenti una coesione geografica,
culturale, economica o sociale, la Commissione dipartimentale della cooperazione intercomunale constata che può formarsi un pays, formulando delle proposizioni di delimitazione.
Il pays esprime la comunità degli interessi economici e sociali, sollecitando
una sempre maggiore solidarietà tra le città e i territori rurali. Nell’ambito del
pays è possibile concertare un progetto comune di sviluppo tra lo Stato e il pays,
non solo per lo sviluppo locale e per realizzare il Piano della Nazione, ma anche
per ottenere l’organizzazione di nuovi servizi dello Stato.
Questa considerazione permette di constatare come con la legge del 1995 si sia
aperta una nuova grande riforma per promuovere lo sviluppo locale e la riorganizzazione e modernizzazione dei servizi pubblici. Con la creazione del pays, la
Francia si è infatti munita di un nuovo strumento di concertazione e contrattualizzazione21.
Per quanto riguarda poi l’aspetto di gestione finanziaria del nuovo assetto di
cooperazione interistituzionale francese, occorre precisare che la legge di riforma, nel disporre il trasferimento di funzioni agli enti locali, ha stabilito che questi ultimi provvedano ex se al mantenimento delle funzioni ad essi trasferite. A
ciò si aggiunge il fatto che il prelievo fiscale è aumentato a seguito del decentramento operato, nonostante l’apparato statale sia rimasto così imponente. Il
pericolo, in sostanza, è quello di vessare la popolazione con tasse ripetitive, provenienti da enti di diverso livello, ma praticamente identiche tra loro.
Per far fronte a questa possibile sovrapposizione fiscale, i comuni, i dipartimenti e le regioni hanno una finanza propria che si accompagna a quella statale e ciascuno di questi enti presenta due tipi di entrate: di funzionamento e di
investimento.
La differenza tra le due tipologie consiste nella diversa destinazione: le prime
sono finalizzate al mantenimento dell’ente e, quindi, costituiscono patrimonio
attivo immediatamente fruibile da parte dell’amministrazione, le seconde sono
21
Cfr. A. Leurquin, La France et la politique de Pays, 1997, Paris, p. 292; L. Richer, Droit des contrats administratifs, Paris, 1999, p. 556.
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
destinate agli investimenti e, quindi, sono sottratte ad una loro utilizzazione
immediata.
Le entrate di funzionamento comprendono, a livello comunale, le entrate
fiscali dirette, obbligatorie, facoltative (imposte sui rifiuti urbani e tassa di pulizia), indirette e da trasferimenti. Ugualmente, le entrate di investimento si
distinguono in fiscali obbligatorie, facoltative e da trasferimento.
Il medesimo schema di entrate qui sopra previsto per i comuni si ripropone
poi a livello dipartimentale e regionale.
3. Le relazioni tra Stato, regioni, autonomie ed Unione europea
Lo sviluppo delle relazioni di cooperazione attraverso lo strumento del contratto di piano, appare sostenuto dalla progressiva affermazione dei principi del
diritto comunitario nel sistema costituzionale francese.
La questione “sussidiarietà” ha infatti fatto emergere un nuovo binomio tra
l’Europa e le regioni22: la regione, pur essendo nelle previsioni del legislatore
degli anni ’80 una collettività locale scarsamente dotata di competenze, ha cioè
giocato un ruolo fondamentale nelle politiche di interesse nazionale, prendendo parte attiva alla loro definizione e realizzazione, utilizzando pienamente i
poteri di iniziativa e la competenza consultiva che detiene.
Muovendosi nell’ottica di integrazione giuridica e politica, l’ordinamento
comunitario tende in effetti a valorizzare le singole identità locali, favorendo la
creazione di strutture locali articolate ed omogenee, idonee, in ogni caso, a realizzare un efficace esercizio dei compiti attribuiti e ad incentivare nuove forme
di associazione o collaborazione aventi il medesimo obiettivo.
Alla base di queste nuove forme di cooperazione tra lo Stato e le collettività
territoriali vi è, sicuramente, l’influenza del principio di sussidiarietà contenuto nel Trattato dell’Unione europea, che determina un’efficace cooperazione tra
il livello locale e quello statale, nella prospettiva della realizzazione del bene
comune.
La realizzazione di tale finalità può dirsi avvenuta in Francia con la legge n.
95-115 del 4 febbraio 1995, secondo la quale in ogni regione è previsto uno
“Schema regionale di pianificazione di sviluppo del territorio” espressione dei
principali orientamenti in materia di ambiente, di sviluppo sostenibile, di grandi infrastrutture per il trasporto e di servizi di interesse regionale.
Tale schema, elaborato ed approvato dal Consiglio regionale, ha il compito di
22
L’espressione è di L. Amirante, Q. Lorelli, G. Scalia, Funzioni e competenze degli enti locali nell’ordinamento della V Repubblica francese, in S. Gambino (a cura di), Stati nazionali e poteri
locali, Rimini, 1998, p. 954.
39
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
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vigilare sulla coerenza dei vari progetti conclusi tra lo Stato e le diverse collettività territoriali.
L’art. 2 della legge sopra richiamata prevede inoltre l’elaborazione di uno
“Schema nazionale di pianificazione e di sviluppo del territorio”, quale quadro
di riferimento per concretizzare la coerenza tra i vari contratti di piano di livello locale, così come richiesta dal principio di sussidiarietà e dalla logica centralista francese.
Lo schema nazionale costituisce la chiave di lettura delle decisioni, che dovrà
orientare l’insieme delle politiche pubbliche, condotte a livello nazionale, regionale o locale23, incidendo sull’organizzazione e lo sviluppo del territorio.
Dalla combinazione di quanto contenuto nella legge n. 82-653 e la sopracitata
normativa del 1995, si ha conferma del fatto che i contratti di piano possono
essere conclusi con tutte le collettività territoriali.
In questo senso, lo strumento contrattuale si inserisce nel quadro della gestione del territorio perseguendo l’obiettivo di valorizzare le singole identità territoriali, tenendo altresì conto delle disuguaglianze attraverso uno sforzo finanziario
teso a realizzare una concreta solidarietà socioeconomica e culturale anche nel
senso della sussidiarietà indicata nell’art. 5 del Trattato di Amsterdam.
Risulta utile constatare a questo proposito che per molti anni la normativa
comunitaria ha manifestato una completa indifferenza in ordine alle distribuzioni delle competenze interne agli Stati membri, ritenuti come unici soggetti
interlocutori dell’Unione europea e responsabili verso di essa. Questo atteggiamento ha del resto subito alcune modifiche negli ultimi anni, poiché le politiche e le normative comunitarie fanno espresso riferimento alle autorità regionali come soggetti ai quali può far capo l’elaborazione dei programmi e l’attuazione degli interventi.
Le regioni, dunque, sono divenute soggetti con i quali gli organismi comunitari instaurano, ormai da tempo, relazioni dirette anche se informali24.
Per comprendere al meglio le relazioni interistituzionali francesi, può essere
di aiuto prendere come ambito di riferimento la politica di sviluppo sostenibile
del territorio.
Sul punto, si deve innanzitutto fare riferimento al programma europeo per
l’ambiente e lo sviluppo sostenibile, ove si afferma che il principio di sussidiarietà di cui al Trattato di Maastricht debba essere applicato anche all’interno dei
singoli ordinamenti statali.
23
24
J. M. Pontier, op. cit., p. 32 ss.
Un ulteriore passo in avanti in questo senso lo si è fatto con l’istituzione del Comitato delle
regioni (cosiddetto CdR), in occasione della ratifica del Trattato di Maastricht, e con il Quinto
programma d’azione della comunità europea, che ha chiarito come il principio di sussidiarietà
debba applicarsi anche all’interno degli ordinamenti degli Stati membri.
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
In tale programma si afferma che nel rispetto della sussidiarietà occorre realizzare politiche e azioni di intervento a livello diverso da quello comunitario,
cioè a livello nazionale, regionale e locale, sulla base di una condivisione delle
responsabilità tra tutti gli attori, siano essi amministrazioni pubbliche, imprese, cittadini, consumatori. L’applicazione del principio di sussidiarietà, infatti,
consente la realizzazione di politiche territoriali appropriate, che tengano
conto delle tradizioni e delle specificità delle diverse aree del territorio comunitario, facendo altresì riferimento ai rapporti costi-benefici delle azioni intraprese.
Nel programma vengono indicati i settori nei quali le regioni e gli enti locali
possono assumere una funzione decisiva: essi sono la pianificazione territoriale, lo sviluppo delle infrastrutture, il controllo dell’inquinamento industriale, la
gestione dei rifiuti, i trasporti, l’informazione ed il controllo ambientale.
Sebbene in Francia sia tuttora molto forte la convinzione che la sussidiarietà
sia un’idea incompatibile con il sistema giuridico francese, le regioni e le collettività territoriali intervengono comunque nella realizzazione della politica
comunitaria, attraverso la partecipazione ai numerosi programmi comunitari nel
campo dello sviluppo regionale, dell’educazione e della formazione, dell’impiego e degli affari sociali, della ricerca di nuove tecnologie e dell’informazione e
della cultura.
In ambito comunitario, dunque, le collettività locali sono riconosciute come
veri e propri attori per l’accesso ai fondi strutturali, e questa partecipazione è
stata riconosciuta anche dallo Stato francese, attraverso il trasferimento di una
parte del potere decisionale dal livello centrale a quello locale.
L’obiettivo dei fondi strutturali è quello di promuovere la coesione economica
e sociale con investimenti diretti a creare occupazione duratura, infrastrutture
essenziali per lo sviluppo economico, servizi nelle infrastrutture scolastiche e
sanitarie, formazione professionale e misure dirette alla promozione dello sviluppo rurale attraverso l’adeguamento delle strutture agrarie e lo sviluppo strutturale delle zone rurali.
I fondi strutturali25 richiedono pertanto un partenariato tra Commissione,
Stato centrale e collettività regionali e locali, supponendo l’implicazione di tutti
i livelli interessati alla preparazione e realizzazione dell’azione comunitaria.
A questo proposito, è stato osservato come, nel rapporto tra fondi strutturali e
regioni in Francia, vi sia una tendenza a marginalizzare le collettività locali ed
25
Tra questi, alcuni esempi sono il Fondo sociale europeo (FSE), relativo allo sviluppo dell’occupazione, della mobilità geografica e della formazione professionale dei lavoratori; il
Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEOGA) previsto direttamente dal Trattato
di Roma del 1957; il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) volto al favorire lo sviluppo
economico e sociale delle aree più arretrate della comunità.
41
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
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a mantenere ad un livello meramente formale il c.d. partenariato26. La Commissione ha più volte proposto, in considerazione di ciò, che il partenariato venga
rafforzato, sia in ordine alla programmazione che alla gestione per una migliore
definizione delle rispettive responsabilità.
La principale caratteristica dei fondi strutturali sta nella complementarità, che
postula un’azione della comunità che integri, senza pretesa alcuna di sostituzione, l’azione dello Stato membro e di altre parti istituzionali del medesimo
(come ad esempio le regioni).
Il principio della complementarità, che include anche quello della addizionalità delle risorse finanziarie, di cui si dirà più avanti, vuole promuovere l’iniziativa locale, sia a livello progettuale che programmatico, in modo da far assumere un ruolo più diretto alle autonomie locali nella politica per lo sviluppo, in
applicazione ovviamente del principio di sussidiarietà.
L’intervento comunitario, attraverso la predisposizione dei piani di programmazione pluriennale, ha rivoluzionato il rapporto tra Stato e collettività locali,
anche a seguito della riforma delle relazioni finanziarie tra questi due livelli. Il
sistema di finanziamento è infatti basato sull’idea di sussidiarietà, attraverso
l’introduzione di una concertazione geografica e funzionale degli interventi
strutturali comunitari. Una relazione di partenariato e di programmazione si
instaura infatti tra le regioni e l’Unione europea: sono i Prefetti delle regioni che,
in concertazione con le collettività locali ed in stretta coordinazione con i contratti di piano, hanno l’incarico di proporre al governo la messa in opera dei programmi europei.
Questo modello di partenariato, che non si pone nell’ottica di assistenza alle
regioni, ma in quella diversa di adattare i crediti europei ai mezzi dello Stato e
di concorrere allo sviluppo economico delle regioni, permette così di dedurre
come queste ultime siano le più idonee a risolvere i loro problemi economici e
a farli conoscere allo Stato, che a sua volta sollecita il concorso dell’UE, nel
pieno rispetto della specificità regionale.
Ancora con riferimento all’aspetto finanziario, è da sottolineare che uno degli
aspetti cardine dei fondi strutturali è quello del cofinanziamento, in base al
quale la realizzazione dei programmi comuni pluriennali dipende dal contributo comunitario che si aggiunge a quello centrale o locale.
In questo senso, le procedure comunitarie prevedono una stretta relazione tra
le collettività locali e gli organismi comunitari, non solo dunque nell’elaborazione dei programmi, ma anche per la gestione finanziaria.
26
Per approfondimenti, v. J. Plainfossé, Les structures et les procédures communautaires d’aides
aux collectivités locales, in H. Portelli (a cura di), Décentralisation française et l’Europe,
Boulogne Billancourt, 1993, p. 77 ss.
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
Talune regioni francesi hanno una propria rappresentanza stabile a Bruxelles,
al fine di rafforzare la propria politica regionale e di controllare il flusso finanziario: queste relazioni dirette, col tempo, tendono sempre di più ad espandersi.
Tale tendenza è resa possibile grazie al fatto che, oltre alle disposizioni del
diritto nazionale e del diritto comunitario (che in ogni caso preservano le competenze degli Stati membri), si è sviluppata un’importante sfera di non-diritto,
costituita dai rapporti di vere e proprie lobby informali costituite tra gli organismi della comunità e le collettività territoriali, sia per la definizione e l’ottenimento dei fondi che per il controllo del loro utilizzo27.
Questo dimostra come l’idea dell’incompatibilità della sussidiarietà con il
sistema centralizzato francese possa essere smentita dalla pratica, attraverso la
messa in atto di meccanismi che rappresentano delle tipiche espressioni, invece, di tale principio e che permettono una più razionale redistribuzione delle
competenze tra lo Stato e le collettività territoriali28.
4. Il tema della devolution
Come già detto, nell’arco degli ultimi quarant’anni si è verificato in Francia un
progressivo ridimensionamento dell’idea dello Stato accentratore e della compressione assoluta di qualsiasi autonomia locale, attraverso provvedimenti legislativi che hanno conferito una propria specificità alle istanze locali, sia a livello politico che istituzionale. Per molti anni il sistema di governo accentrato ha
retto a molteplici pressioni ideologiche, politiche, sociali che provenivano da
più parti, da alcuni viste come un processo di destrutturazione dell’articolazione centralizzata dello Stato e dell’amministrazione, di ispirazione napoleonica.
Questa breve premessa ci consente così di capire l’evoluzione del concetto di
affare locale (cosiddetto affaire local) in Francia, quale specifica competenza
riconosciuta in capo alla collettività locale non definita a livello legislativo, ma
piuttosto lasciata all’individuazione dell’interprete in considerazione della
“vocazione” naturale dell’ente minore a gestire determinate materie.
Questo approccio originario ha determinato dubbi interpretativi: parte della dottrina ha ritenuto infatti che per affare locale dovesse intendersi l’insieme di quegli interessi che hanno una dimensione territoriale limitata; altra parte della dottrina ha criticato questa impostazione, rilevando che l’affare è reso locale dall’interesse che lo caratterizza ed indipendentemente dal suo ambito territoriale29.
27
28
29
Y. Madiot, Aménagement du territoire, Paris, 1996, p. 122.
Cfr. M. Hertzog, Union Européenne et institutions locales. Réflexions prospectives, in H.
Portelli, (a cura di), La décentralisation française et l’Europe, Pouvoirs Locaux, 1992, p. 171.
Sulla nozione di competenze locali e nazionale e su quella di affare locale, v. L. Amirante,
43
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
44
Ci limiteremo in questa sede ad osservare le tendenze più recenti.
Con la più volte richiamata legge del 25 giugno 1999, il legislatore francese ha
cercato di migliorare la disciplina disposta con la precedente normativa del ’95,
gettando le basi per una migliore gestione del territorio30 ed una ridefinizione
del concetto di affare locale.
Con la nuova disciplina, lo Stato fissa a livello nazionale centrale le scelte strategiche di sviluppo per l’insieme del territorio, orientando l’elaborazione di otto
progetti di servizi collettivi in materia di sanità, insegnamento, cultura, informazione comunicazione, trasporti, energia, sport e gestione degli spazi naturali31.
Questi progetti prendono in considerazione le grandi strategie europee di
gestione del territorio, i negoziati con gli amministratori e gli altri partner locali e progettano la gestione del territorio nell’arco di venti anni.
Ed è proprio sulla falsariga di queste linee direttrici che si sviluppano i contratti di piano sottoscritti a livello locale con le autorità e le imprese: essi hanno
dunque lo scopo di orientare le politiche urbanistiche locali e gli investimenti
degli enti territoriali.
I progetti regionali devono essere compatibili con i progetti nazionali e devono svilupparsi in armonia con essi, tenendo conto delle esigenze delle collettività locali pur nel rispetto delle strategie nazionali.
La gestione del territorio attraverso i contratti di piano rappresenta dunque per
i francesi uno strumento per concretizzare una forma di sussidiarietà interna ove
è possibile coordinare le iniziative locali risultanti dal decentramento.
In questo senso, si realizza una nuova dimensione di mescolanza di competenze nazionali e locali, nel cui ambito viene offerta una priorità alle istanze
localistiche nel rispetto delle strategie nazionali: vi è dunque un vero e proprio
potere negoziato, condiviso sulla base anche di argomenti di ordine economico
e finanziario e non solo giuridico.
Sebbene dunque la Francia resti un paese unitario che ripudia qualsiasi forma
di federalismo32, il centralismo si è fortemente evoluto, attraverso un’integrazione con il decentramento e con la sempre maggiore richiesta di libertà ed autonomia delle autorità locali e delle popolazioni.
La devolution, che a noi qui interessa, deve dunque essere osservata attraverso il filtro dei contratti di piano, il cui ambito di operatività permette di com-
30
31
32
L. Ammannati, L’amministrazione locale in Francia, Padova, 1986, p. 71; Conseil d’État,
Rapport public, 1993, in La Documentation française, 1994, p. 45.
Cfr. S. Chabrot, L’organizzazione territoriale, in D. Rousseau (a cura di), L’ordinamento costituzionale della Quinta Repubblica francese, Torino, 2000, p. 378.
Tali progetti, elaborati dal DATAR e convalidati dal CIAT sono adottati con decreto.
L’espressione si trova in AA. VV., Pouvoir, 1992, p. 60, e in L. M. Moreau, Administration régionale, départementale et municipale, Paris, 1999, p. 276.
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
prendere la spartizione delle competenze e dei settori di intervento tra Stato
centrale ed autonomie locali francesi.
Le azioni contenute nei contratti di piano tra lo Stato e le regioni sono molto
diverse da quelle oggetto dei contratti che l’autorità centrale conclude con altri
soggetti, per esempio le imprese pubbliche. Il campo contrattuale, inoltre, è
molto esteso dimostrando che l’intervento delle regioni non è limitato alle competenze che risultano dal testo contrattuale e che lo Stato non ostacola questa
situazione poiché viene sgravato da alcuni suoi compiti. I contratti di piano,
allora, contengono soprattutto azioni risultanti da competenze comuni allo Stato
e alle regioni, anziché quelle risultanti da competenze proprie delle regioni.
Prendendo dunque in considerazione le categorie di riferimento delle azioni
contrattuali, sarà possibile individuare il livello di devoluzione di competenze
concepito nell’ordinamento francese. Queste sono lo sviluppo economico e la
sistemazione del territorio, la formazione professionale e le attività culturali
delle persone, l’identità regionale e la qualità della vita.
All’interno della prima categoria, l’ambito che ha dato vita al maggior numero
di azioni contrattuali è quello riguardante il trasporto ferroviario, la manutenzione stradale e la tutela dell’ambiente33. In questa sede risulta interessante soffermarsi su due degli ambiti sopra indicati:
• La formazione professionale e la politica culturale – La regione è la collettività locale cui è affidata la competenza di diritto comune di realizzare la formazione professionale permanente e l’apprendistato. Essa è incaricata di redigere ogni anno un programma regionale di formazione professionale permanente di concerto con lo Stato, un vero e proprio piano regionale di sviluppo
della formazione dei giovani. I contratti di piano, inoltre, prevedono numerose operazioni che riguardano l’insegnamento superiore e i licei34 e contengono impegni di natura culturale, finalizzati a valorizzare l’identità regionale
della collettività territoriale stipulante35. La politica culturale dei contratti di
piano è inoltre volta alla protezione e valorizzazione del patrimonio culturale, quale elemento essenziale dell’identità regionale.
33
34
35
Le regioni, con la riforma del 1995, hanno infatti ricevuto competenze riguardanti la pianificazione settoriale in materia ambientale: secondo la lettera della legge “ciascuna regione deve
essere coperta da un Piano regionale o interregionale per l’eliminazione dei rifiuti industriali
speciali. Il progetto del Piano è elaborato su iniziativa e sotto la responsabilità dello Stato.
Tuttavia, questa competenza è trasferita, su domanda, al Consiglio regionale”.
Dai contratti di piano Stato-regione del 1984-1988 e 1989-1993 si evincono i numerosi impegni
delle regioni, più informate sulle reali esigenze del loro territorio e più interessate alla creazione di licei o poli universitari, cfr. L. Answorth, Les attributions des collectivités locales en
matière d’enseignement public, in G. Benoit, Les collectivités locales, Paris, 1995, p. 31.
Di particolare interesse, a questo proposito, è la considerazione circa il contenuto di alcuni contratti di piano, come quelli di Alsazia, Bretagna e Corsica, volti all’affermazione della particolarità linguistica di queste regioni e al mantenimento della loro diversità.
45
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
46
I contratti di piano contengono inoltre azioni riguardanti l’insieme delle
“branche” culturali (musica, teatro, cinema, lettura) e la diffusione e la creazione culturale: in alcuni casi, attraverso la partecipazione ad un centro culturale, in altri attraverso la partecipazione finanziaria ad un’associazione.
La particolarità che qui interessa, peraltro, è quella che concerne la considerazione circa l’assenza, in capo alla regione ed alle altre istanze locali, di una
competenza qualsiasi in questo ambito di riferimento. Tale competenza spetta soltanto allo Stato, ma le regioni possono contribuirvi finanziariamente. Del
resto, l’istruzione ed il patrimonio monumentale appartengono allo Stato:
nella logica francese, dunque, sembrerebbe che questi ambiti di intervento
siano concepiti nel senso esclusivo di una partecipazione finanziaria dell’ente locale alle iniziative intraprese, la cui competenza rimane peraltro nelle
mani del livello locale.
• L’ambiente – I contratti di piano manifestano inoltre la volontà delle regioni
di impegnarsi in una politica ambientale in collaborazione con lo Stato.
Tra le varie azioni degne di particolare rilievo ci sono quelle miranti a proteggere il patrimonio naturale, in particolare per quanto riguarda le zone rurali, dove i mezzi finanziari a disposizione delle collettività locali sono piuttosto scarsi. È da tenere inoltre in considerazione che la ratio della politica
ambientale deve ravvisarsi nella finalità dei contratti di piano, che in questo
ambito sono principalmente volti alla valorizzazione dell’ambiente, oltre che
alla sua protezione.
Essi infatti permettono alla regione di ricercare aiuti e fissare un certo numero di obiettivi da raggiungere, visto che la “vocazione”36 dei contratti di
piano, determinata dalla loro stessa natura, è quella di favorire lo sviluppo
della zona interessata37.
Al solito, anche in questo campo lo Stato definisce gli obiettivi primari e
determina gli equilibri, ma oltre ai contratti di piano, le regioni trovano un
coinvolgimento per quanto riguarda le cosiddette zone rurali fragili38.
A titolo di esempio, si può prendere in considerazione il contratto di piano
concluso dalla regione Poitou-Charentes, ove si prevede la protezione della
zona attraverso la realizzazione di varie opere collettive in collaborazione con
le associazioni sindacali autorizzate per lo sviluppo delle attività acquatiche
della salina. Tenuto conto del fatto che la gestione delle acque, nell’ottica di
questo contratto, va di pari passo con la protezione ambientale, sono stati pre36
37
38
Cfr. B. Barraqué, Subsidiarité et politique de l’eau, in Faure, Le syndicat mixte, p. 165.
A questo proposito, è dato rilevare come i contratti del 1989-1992, nei quali l’ambiente appare poco, considerino per la maggior parte il problema delle zone poco sviluppate e delle zone
fragili.
La salina di Poitiers offre un esempio di tali zone.
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
visti degli specifici contratti ulteriori, detti contrats de rivière, volti alla lotta
contro l’inquinamento ed alla valorizzazione turistica, ludica e pedagogica
della costa. In realtà, questi contratti39 consistono più precisamente in programmi negoziati integranti l’azione di più collettività, di organismi pubblici
e di operatori privati.
47
39
Ai quali si affiancano altre tipologie specifiche di contratti: de branche, de pays, de ville moyenne, de bruit, de baie, de vallée, de protection de la nature.
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
Il contrat de plan della
regione Nord-Pas de Calais
2000/2006
48
Come esperienza significativa di cooperazione interistituzionale è stato scelto
il contrat de plan della regione Nord-Pas de Calais, che presenta aspetti particolarmente interessanti circa la rispondenza “pratica” alla descrizione generale
compiuta e, al tempo stesso, spunti di riflessione sulle prospettive di evoluzione di questo strumento.
Il caso qui analizzato è stato scelto tra molti altri di analogo interesse: ciò a
conferma del fatto che il fenomeno della contrattualizzazione in Francia ha
assunto, ed assume, un ruolo da protagonista nella pianificazione, realizzando
un modello di policy-making volto a coordinare i rapporti tra Stato e regioni,
diffondendo su tutto il territorio nazionale la programmazione negoziata.
Il contrat de plan della regione Nord-Pas de Calais mette in risalto, inoltre, il
dinamismo dello strumento contrattuale, così come concepito dalle leggi del 5
febbraio 1995 e del 15 giugno 1999.
Le norme qui richiamate hanno disciplinato lo strumento contrattuale destinandolo ad assumere il ruolo di strumento essenziale per la gestione del territorio e dello sviluppo locale, concedendo alle collettività locali di operare in questi ambiti.
In tale prospettiva, sono state dunque introdotte altre tipologie contrattuali,
seppur derivanti dai contratti di piano, aventi ad oggetto la gestione del territorio e concluse – questo è il dato rilevante – tra regioni e comuni, dipartimenti, e
tra comuni.
Anzitutto occorre peraltro descrivere la procedura costitutiva del contratto,
vale a dire la fase delle trattative tra il Consiglio regionale e lo Stato centrale,
avviatasi intorno alla seconda metà del 1998.
A seguito dell’elaborazione del Document d’orientations régionales, il
Consiglio regionale dava il via, assieme al Prefetto della regione, ad una fase di
esame delle operazioni suscettibili di essere utilizzate per il raggiungimento
degli obiettivi individuati nel documento regionale.
La fase preparatoria del contrat de plan qui analizzato vede dunque la preminenza, all’interno della contrattazione, della definizione degli obiettivi, piuttosto
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
che dei mezzi per raggiungerli: in questo senso, occorre rilevare la valenza politica di questo strumento. Definiti infatti gli obiettivi da raggiungere da parte della
regione, e tenuto conto dell’oggetto della contrattazione, può dirsi che quest’ultima ha la possibilità di “guidare” la controparte statale nella sottoscrizione di un
accordo che, comunque, risulta preconfezionato dalla regione. Cerchiamo dunque di scoprire, dopo alcuni cenni storici, se quanto sopra riportato trovi effettivi riscontri.
Nel dicembre 1998 lo Stato e la regione diedero il via ad un forte e partecipato dibattito pubblico sulla base dei propositi illustrati dai rispettivi documenti
delle parti contrattuali: il documento di “Strategia dello Stato nelle regioni” e il
“Documento di orientamento regionale”.
Questi due lavori prendevano in considerazione le grandi evoluzioni strutturali dovute all’accelerazione della costruzione europea, alla globalizzazione,
all’impatto delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione sull’economia.
In questo contesto, venivano individuati i principali ambiti di operatività della
programmazione negoziata che stava per avviarsi: l’ambizione europeista e transfrontaliera della regione, la conversione del bacino minerario, la costruzione di
un grande stabilimento portuario sul litorale, un piano di aiuti per il Sud, la
promozione degli spazi naturali e rurali.
Sebbene dunque il documento statale ponesse sul tavolo delle trattative una
serie di proposte di carattere generale, è stato quello regionale che ha definito le
reali necessità del territorio e, tra queste, l’ordine di preferenza per soddisfarle.
Il raffronto, iniziato nel 1998, dava vita a risultati sintetizzati in alcuni documenti ufficiali: il Documento d’orientamento dipartimentale (Consiglio generale
di Nord), il Progetto per Pas de Calais (Consiglio generale di Pas de Calais) e il
documento “Nord-Pas de Calais 2020” (Consiglio economico e sociale regionale).
Contemporaneamente alle trattative con la struttura centrale, la regione portava avanti la concertazione con i partner locali: comunità urbana di Lille,
Dunkerque, Arras, syndicats intercomunali, collettività locali e associazioni: il
raffronto con il partenariato si sviluppava anch’esso in un’ottica europeista,
volta alla solidarietà ed alla valorizzazione delle risorse del territorio.
Del resto, la regione Nord-Pas de Calais presenta una forte tradizione di concertazione, fin dal 1984: attraverso la contrattualizzazione, questa regione ha
potuto istituire infrastrutture per la viabilità, potenziare la ricerca e l’insegnamento superiore, oltre ad operare in favore dell’aumento dell’occupazione.
In un simile contesto, sostanzialmente vantaggioso, il contrat de plan può
esprimere al massimo le proprie potenzialità, estendendosi a tutti quegli ambiti
che la regione ritiene meritevoli di tutela.
Quanto detto ci conferma la valenza politica del contrat de plan della regione
49
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
50
Nord-Pas de Calais, costituente il reale fondamento di questo strumento, che
non si limita dunque ad un aspetto meramente giuridico.
La scelta di analizzare questo contratto di piano, attualmente in fase di esecuzione, è stata determinata da un fattore di pura convenienza, in quanto si tratta
di un esempio completo, che mette in luce tutte le potenzialità della c.d. sussidiarietà alla francese, nella quale è possibile osservare un particolare equilibrio
nei rapporti tra Stato ed ente regionale, determinato peraltro dalle scelte che la
stessa regione ritiene opportune.
Del resto, il contratto di piano qui analizzato appartiene a quelli cosiddetti di
seconda generazione che, diversamente da quelli di prima generazione, pongono su di un piano di parità lo Stato e le regioni.
In virtù di questa sostanziale parità tra le parti contrattuali, è possibile constatare, da un punto di vista generale, che tali tipologie di accordi esulano da
qualsiasi settorializzazione d’intervento, estendendosi a qualsiasi ambito la
regione ritenga opportuno.
Dalle prime considerazioni svolte, pare dunque evidente che la fase di elaborazione del contratto sia quella determinante, poiché è il momento in cui la maggioranza di governo ha la possibilità di dare attuazione al proprio programma
politico: sottoscrivere un contratto di piano ha significato infatti per la Regione
Nord-Pas de Calais determinare il futuro della regione per sette anni (2000/2006).
Sostanzialmente è questa la ragione di una così lunga fase di trattative, durante la quale il Consiglio regionale interpella i rappresentanti delle comunità locali, delle parti sociali e dei comitati, oltre ovviamente al Consiglio economico e
sociale della regione.
In effetti, si deve tenere in considerazione che il contratto di piano è un documento di programmazione settennale che impone ai soggetti che lo sottoscrivono
di impiegare risorse finanziarie per azioni determinate e prolungate nel tempo.
Le azioni definite nel contratto di piano possono subire, nel corso della sua
esecuzione, modifiche anche importanti, determinate dall’applicazione pratica
del documento programmatico. Questo risulta d’altra parte piuttosto scontato, se
si tiene conto del fatto che si tratta di una programmazione molto ampia, che
interessa un arco temporale piuttosto lungo.
Per quanto riguarda le risorse finanziarie determinate dal contratto di piano,
queste sono suddivise per programmi di intervento raggruppati, a loro volta, in
azioni più generali.
Le azioni di intervento individuate dal contrat de plan della regione Nord-Pas
de Calais sono le seguenti, articolate nelle singole priorità di intervento.
1. Azione in favore dell’impiego, in vista della costruzione di una regione al
passo con l’Europa:
a) sviluppo in materia di ricerca e d’innovazione;
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
b) sviluppo del tessuto economico della regione;
c) sostegno al turismo come fattore di sviluppo economico;
d) promozione e rafforzamento della qualità e dell’economia dell’agricoltura
e della pesca;
e) adattamento dell’apparato della formazione e dell’apprendistato al servizio dell’impiego.
2. Azione in favore dello sviluppo della solidarietà sociale:
a) lotta contro l’esclusione sociale;
b) incoraggiamento dello sviluppo della solidarietà nell’ambito comunale;
c) miglioramento dello stato di salute della popolazione;
d) democratizzazione dell’accesso all’educazione e alle pratiche culturali e
sportive.
3. Azione per la valorizzazione e lo sviluppo del territorio:
a) sviluppo della società dell’informazione;
b) incremento della mobilità e dell’accessibilità dei trasporti;
c) miglioramento dell’ambiente e del livello di vita;
d) aiuti allo sviluppo dei progetti territoriali.
Tra le varie priorità di intervento individuate dal contratto di piano, si è scelto di analizzare quella di cui alla lettera e) dell’azione n. 1, e cioè l’adattamento
dell’apparato della formazione e dell’apprendistato al servizio dell’impiego.
In una prospettiva di analisi sullo sviluppo economico regionale che questo
progetto si è dato, prendere in considerazione la politica di formazione permanente e di apprendistato risulta interessante poiché questo aspetto coinvolge lo
sviluppo dell’economia regionale, nonché il livello di coesione sociale e di pari
opportunità degli abitanti.
A questo proposito, occorre innanzitutto precisare che gli obiettivi delineati
dal contrat de plan, come sopra indicati, sono poi specificati nell’apposita sezione dedicata alla priorità di intervento oggetto di questo paragrafo.
Il contrat de plan specifica a tal fine che gli sforzi intrapresi dallo Stato e dalla
regione per modernizzare la formazione permanente trovano spiegazione negli
obiettivi fissati in:
• rendere la cittadinanza parte attiva del proprio percorso formativo, dando un
senso effettivo al concetto di formazione permanente;
• rafforzare le competenze dei singoli per mezzo di percorsi di accesso a qualifiche professionali riconosciute a livello nazionale, al fine di ridurre le ineguaglianze interne al mondo del lavoro;
• accompagnare, attraverso la formazione, la creazione di nuove attività e lo sviluppo economico della regione.
51
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
52
La scelta di analizzare la priorità di intervento sopra indicata prende spunto
dal contenuto del precedente contratto di piano della regione Nord-Pas de
Calais, con il quale la regione si era già posta l’obiettivo di migliorare qualitativamente la formazione professionale della cittadinanza.
In quest’ottica, lo Stato e la regione Nord-Pas de Calais hanno riconosciuto il
doppio ruolo assunto dalla formazione professionale: quello educativo e quello
relativo allo sviluppo economico territoriale.
Sotto quest’ultimo profilo, le attività di intervento sono state fissate congiuntamente tra Stato e regione nel predisporre una banca dati sul livello di apprendimento della cittadinanza, e nello sviluppare delle azioni qualitative di apprendimento sostenendo il percorso di accesso alla qualificazione e di rafforzamento delle competenze.
Per quanto riguarda l’obiettivo “souvenir les parcours d’accès à la qualification
et de renforcement des competences”, il contrat de plan specifica che, allo stato
attuale, la ripartizione di competenze presente tra i pubblici poteri ha comportato una contrapposizione di azioni tra loro indipendenti che sicuramente non
hanno facilitato il percorso di accesso alla qualificazione del personale.
Questo genere di azione si riferisce, in particolar modo, ai giovani e al loro
inserimento entro le attività di informazione e di orientamento, con una particolare attenzione alla diversificazione delle scelte professionali entro un’ottica
di parità di chance (cosiddetta pari opportunità).
Le modalità di collaborazione stabilite tra lo Stato e la regione, assieme ai
dipartimenti, sono volte all’individuazione della formazione professionale quale
elemento essenziale di performance economica e di coesione sociale.
I soggetti coinvolti nello svolgimento di tali azioni sono lo Stato, per un totale
di 29,3 milioni di euro (di cui 0,38 per l’agricoltura e 28,9 per il Ministero dell’Impiego e della Solidarietà), la regione, per un totale di 20,1 milioni di euro, ed
il dipartimento Nord per 4,6 milioni di euro.
È stato inoltre istituito un comitato tecnico di programmazione che si occuperà della verifica del raggiungimento degli obiettivi individuati nelle priorità
di intervento relative alla formazione permanente.
I risultati che il contrat de plan si attende da queste azioni consistono nel rafforzamento dell’efficienza dei percorsi formativi, nella mobilitazione dei mezzi di
formazione in adeguamento ai bisogni individuali ed a quelli socioeconomici,
nella presa in considerazione dell’acquisizione di competenze ed esperienze professionali e personali, nonché nell’assicurare la convergenza di interventi e di
finanziamenti volti, appunto, al raggiungimento dell’obiettivo de quo.
Al fine di non deprimere il contrat de plan ad una mera dichiarazione d’intenti, è infine qui da considerare che all’interno dello stesso contratto è prevista
la predisposizione di appositi indicatori di risultato (inserzioni, qualifiche effet-
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
tivamente acquisite, ecc.), di realizzazione (livello di formazione in riferimento
allo stato dell’occupazione, relativamente ai giovani, agli adulti, con apposite
distinzioni tra uomini e donne), nonché di “sviluppo duraturo”.
Quest’ultimo aspetto, in particolare, deve essere tenuto in considerazione
quale modello di buona prassi nell’amministrazione regionale, in particolare per
quanto concerne l’analisi relativa al numero di donne coinvolte nell’ambito di
azioni di formazione di diritto comune in settori tipicamente maschili, come ad
esempio l’industria, i trasporti o l’attività portuale (competenza, questa, che nel
caso italiano è svolta dall’ufficio provinciale per le pari opportunità).
Il modello di governance alla francese qui analizzato appare una delle iniziative più rappresentative della sussidiarietà in Francia, tenuto conto in particolare dello scarso livello di delocalizzazione presente in questo Stato.
A dispetto di tale considerazione, è peraltro da sottolineare che ricondurre i
rapporti di forza tra livello centrale e livello locale ad un piano contrattuale pare
essere il miglior risultato raggiungibile con gli scarsi strumenti di cui le regioni
francesi dispongono.
Già si è detto infatti della possibilità di estendere, a seconda delle necessità,
gli ambiti di riferimento della contrattualizzazione, nonché la sostanziale parità
tra le parti contrattuali (Stato e regione) nel determinare gli obiettivi della programmazione. Anzi, per la verità si è dimostrata l’importanza della fase preparatoria al contratto al fine di permettere al Consiglio regionale di “guidare” lo
Stato nell’individuazione delle priorità del territorio.
Del resto, il contrat de plan non deve essere visto come mera dichiarazione
d’intenti, poiché nel corso degli anni ha svolto una funzione essenziale anche
dal punto di vista politico, quale indice di realizzazione delle promesse fatte in
sede di campagna elettorale.
A riprova di quanto affermato, basti pensare all’ampliamento delle competenze oggetto della contrattualizzazione, nonché alla previsione all’interno dello
stesso contratto di indicatori di realizzazione.
In particolare, la rilevanza di questo caso proviene dall’individuazione di indici di sviluppo durevole, da intendersi quali rivelatori operazionali concernenti
essenzialmente l’impatto delle attività svolte in attuazione degli obiettivi contrattualmente prefissati sul principio di equità sociale, nonché concernenti lo
sviluppo economico del territorio regionale e della popolazione.
La presenza di tali indici di realizzazione dimostra che le azioni poste in essere in attuazione degli obiettivi contrattuali hanno lo scopo di mantenere durevolmente nel tempo i risultati, anche e soprattutto in riferimento alle categorie
di cittadini più deboli.
Le azioni, a tal fine, contribuiscono in particolare allo sviluppo del senso di
responsabilità e di autonomia dei soggetti coinvolti, fornendo un bagaglio cul-
53
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
54
turale di base che gli permette di trovare o di ritrovare un posto di lavoro.
Si legge nella stessa parte descrittiva delle azioni del contrat de plan che la
messa in atto degli obiettivi indicati integra i principi di gestione e decisionali
necessari per ottenere uno sviluppo durevole. In tal senso, la solidarietà sociale
è presa in considerazione attraverso l’identificazione del bisogno di vicinanza
delle strutture pubbliche alla cittadinanza.
Inoltre, la nozione di governance è sviluppata cercando la sinergia dei mezzi
e delle azioni dei partner e la non concorrenza di questi durante l’attuazione
degli obiettivi definiti.
Soltanto attraverso uno stretto e coordinato rapporto tra i partner locali, è possibile trasformare l’intervento predefinito in un vera e propria trasformazione
della situazione occupazionale regionale.
Le modalità di collaborazione stabilite tra lo Stato e la regione, in associazione con i dipartimenti, hanno per obiettivo quello di rendere la formazione permanente un elemento essenziale di performance economica e di coesione sociale per tutto il territorio.
Il rafforzamento delle funzioni di informazione e di orientamento viene operato, pertanto, sulla base di un’organizzazione territoriale che garantisca un susseguirsi di tappe formative facenti parte di un percorso, che si svolge all’interno
dei centri per l’impiego o nelle imprese.
Peraltro, il contratto di piano della regione Nord-Pas de Calais non coinvolge
direttamente alcuna struttura locale o associazione che eserciti effettivamente
sul territorio quelle funzioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Del resto, nel particolare ambito della formazione professionale, la regione è la
collettività locale cui è affidata la competenza per la realizzazione di questo
obiettivo, attraverso appunto la previsione degli obiettivi principali nel contesto
del contratto di piano, poi specificati di anno in anno nel piano annuale di programmazione regionale.
Ciò che occorre tenere in considerazione, piuttosto, riguarda la prevalenza
delle competenze finanziarie della regione rispetto a quelle del dipartimento,
che tra l’altro tendono ad equivalere a quelle dello Stato. Spetta dunque alla
regione, in piena autonomia, scegliere i partner consoni al raggiungimento degli
obiettivi programmati, siano essi associazioni o imprese.
Infatti, la tendenza degli ultimi anni è quella per cui parte dell’attività degli
enti pubblici francesi è analoga alle attività di tipo economico-imprenditoriale
esercitate da privati.
In tal senso, sembrerebbe di potersi affermare che un simile sistema non presenti particolari differenze, dal punto di vista del risultato, rispetto a quello italiano, principalmente regolato da criteri privatistici.
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
È però da rilevare la differenza di base presentata dall’ordinamento francese
rispetto a quello italiano, e cioè la predisposizione di fondi da parte dello Stato
in favore dell’attività della regione.
Di qui l’osservazione circa la necessità di riconoscere in capo a tali strutture
una maggiore autonomia, attuata attraverso la predisposizione di risorse finanziarie proprie, che permettano alla regione di gestire nella maniera più appropriata, ed a seconda delle necessità che progressivamente si manifestano, l’attività volta al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
55
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
Le forme di cooperazione
tra enti locali nella gestione
dei servizi ambientali:
l’Agglomération de Rouen
Haute-Normandie
56
Il contesto normativo e territoriale di diffusione delle forme di
cooperazione intercomunale
L’organizzazione di un servizio pubblico può essere assicurata direttamente
dal comune, sotto la responsabilità del Sindaco e del Consiglio comunale, democraticamente eletti dai suoi abitanti o mediante un’associazione di comuni,
diretta da un Presidente e da un Comitato composto dai delegati dei comuni aderenti che si sono liberamente associati.
Fin dal 1892 la Francia vanta una lunga tradizione di forme di cooperazione
intercomunale. La più frequente è quella del Syndicat Intercommunal, cioè una
forma associativa tra enti di tipo consortile, che può essere:
• à vocation unique (Syndicat Intercommunal per la gestione dei rifiuti urbani,
per la distribuzione dell’acqua, per la gestione degli impianti di depurazione);
• à vocation multiple, in relazione al numero di funzioni delegate dai comuni
aderenti, come nel caso dei Districts e delle Communautés des Communes. I
Syndicats Intercommunaux à Vocation Multiple (SIVOM) hanno la responsabilità di più servizi (acqua potabile, raccolta rifiuti, trasporti, istruzione, ecc.).
Dagli anni ’60 è andata sviluppandosi una forma più evoluta di cooperazione,
la Communauté Urbaine, propria delle aree metropolitane, che prevede forme di
quasi-fusione con la delega di funzioni da parte degli enti locali in merito alle
responsabilità nell’erogazione dei servizi pubblici.
A partire dalle leggi di decentralizzazione del 1982-1983, è aumentato, inoltre,
il ruolo dei Departement nell’erogazione dei servizi, in particolare per le aree
rurali, con funzioni di supporto quali competenze tecniche, sussidi agli investimenti, sistemi integrati di finanziamento. Nel caso in cui il Departement sia
direttamente coinvolto nella gestione del servizio si parla di Syndicat Mixte.
Il processo di concentrazione in atto è stato rafforzato e reso sistematico grazie
anche alla legge Chevènement del 12 luglio 199940 che ha proposto una sempli40
Loi de simplification et de modernisation administrative du territoire français (legge
Chevènement).
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
ficazione e sistematizzazione della cooperazione intercomunale attraverso tre
principali forme:
• Communauté Urbaine, per le aree metropolitane con più di 500mila abitanti;
• Communauté d’Agglomeration, per le aree metropolitane con più di 50mila
abitanti e con una città con più di 15mila abitanti;
• Communauté de Communes, per le aree rurali ed i piccoli comuni.
Tali forme di cooperazione sono definite EPCI, cioè Etablissements Publics de
Coopération Intercommunale e possono assumere facoltativamente le competenze sui servizi ambientali dei comuni membri. I servizi idrici ed ambientali
sono per statuto di competenza delle comunità urbane.
Tabella 2
Le competenze degli EPCI per i servizi idrici ed ambientali
Forma di cooperazione
intercomunale
Competenze statutarie
Competenze
opzionali/facoltative
Communauté de Communes
–
Protezione ambientale
e gestione
Gestione rifiuti, distribuzione
acqua potabile, servizi di
fognatura e depurazione
–
–
Distribuzione d’acqua
potabile; gestione delle
acque reflue;
gestione dei rifiuti
Communauté Urbaine
Communauté d’Agglomeration
Fonte: Thomas Y., Chosson A., 2000 in B. Barraqué, Regulatory Policy in water sector, 2003
Con 2.360 raggruppamenti di comuni a fiscalità propria rilevati al 1° gennaio
2003, la cooperazione intercomunale riguarda attualmente quasi 49 milioni di
abitanti, cioè quattro francesi su cinque, e circa 30.000 comuni, cioè l’80% della
popolazione francese. Vi sono 143 Communautés d’Agglomeration che rappresentano 2.441 comuni e più di 18 milioni d’abitanti: 50 sono state create nel
2000, 40 nel 2001, e 53 nel 2002. In molti casi si è creata anche un’estensione
della forma associativa, attraverso l’adesione di nuovi comuni.
In 4 anni questa forma di cooperazione è stata scelta dagli enti locali, oltre alle
14 Communautés Urbaines costituite fino ad oggi, che raggruppano complessivamente 354 comuni e oltre 6 milioni di abitanti.
Per ciò che attiene il regime fiscale, l’applicazione della TPU (Tax Professionelle
Unique) riguarda oramai il 72% della popolazione raggruppata negli EPCI, all’in-
57
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
58
circa 35,5 milioni di abitanti: tutte le 143 Communautés d’Agglomeration, 11
delle 14 Communautés Urbaines ed altre 763 Communauté des Communes.
Per le forme di cooperazione intercomunale fino al 1999 era possibile usufruire
di una fiscalità solo di tipo addizionale, a partire dal sistema di tassazione degli
enti locali di riferimento. Con il nuovo sistema introdotto con la legge 6 febbraio
1992 e successivamente esteso con la legge Chevènement del 1999, si introduce
un nuovo regime fiscale: la Tax Professionelle Unique che si basa non più su criteri addizionali, ma di specializzazione a livello locale, in modo tale che la cooperazione intercomunale si possa sostituire ai singoli comuni per la sua riscossione, senza più attingere alla fiscalità addizionale sulle imposte comunali. Solo
in alcuni casi permane la presenza di una fiscalità cosiddetta mista. L’obiettivo di
tale sistema è quello di riequilibrare le forti disparità presenti tra comuni contigui, sia con riferimento al gettito complessivo che ai tassi applicati, in ragione del
differente contesto di sviluppo imprenditoriale. Si tratta quindi di applicare un’aliquota uguale su tutto il territorio, partendo da una media dei tassi applicati in
ogni comune dell’Agglomération, mediante un percorso graduale di omogeneizzazione a parità di pressione fiscale sull’intero territorio di riferimento.
Inoltre occorre ricordare che una parte considerevole delle entrate della TPU
dell’Agglomération derivano dalla quota parte delle compensazioni versate
dallo Stato, in continua crescita, e che lo Stato medesimo ha previsto con la
legge 12 luglio 1999 di versare annualmente alle forme intercomunali un trasferimento di risorse di funzionamento (DGF o Dotation Globale de Functionnement). Per le Communautés d’Agglomeration nel 2002 sono stati stanziati in
media 39 euro per abitante, mentre per le Communautés Urbaines circa 81 euro
per abitante. Tale trasferimento varia in funzione del gettito fiscale complessivo
e della capacità di integrazione delle competenze.
Costituzione e funzionamento della Communauté
Con decreto prefettizio del 21 febbraio 1974, all’interno del quadro normativo
previsto dalla legge 16 luglio 1971 sulle associazioni intercomunali, è stato creato il Syndicat Intercommunal à Vocation Multiple (SIVOM) dell’Agglomération
Rouennaise che unisce 33 comuni. La sua missione era legata essenzialmente ai
servizi di emergenza, antincendio e soccorso, al trasporto urbano e all’elaborazione di un piano generale di trattamento dei rifiuti su scala intercomunale.
In occasione delle elezioni comunali del 1995, una larga maggioranza si era
impegnata per il rafforzamento della cooperazione intercomunale con la trasformazione del SIVOM in Distretto, riprendendone le competenze ed aggiungendone di nuove: area della mobilità (costruzione del métro), urbanistica, servizi
ambientali con la progettazione e realizzazione del piano “jeter utile”. Con
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
decreto prefettizio del 22 novembre 1995 il SIVOM è stato trasformato in District
dell’Agglomération Rouennaise. Il District, inoltre, ha allargato le sue competenze nelle aree dello sviluppo economico, della vita sociale, dell’istruzione e
ricerca, delle attività sportive e culturali, della formazione e delle politiche giovanili e del supporto ai comuni di piccole dimensioni.
Nel 1998, a seguito degli incontri tenuti all’Insa che vedevano coinvolti diversi soggetti, viene stabilito lo Statuto dell’Agglomération Rouennaise. L’ultima
tappa del percorso di cooperazione intercomunale è stata la creazione il 1° gennaio 2000 della Communauté d’Agglomération Rouennaise, a seguito della già
citata legge Chevènement del 12 luglio 1999 sul rafforzamento e la semplificazione della cooperazione intercomunale. La legge prevede, infatti, l’abrogazione
dei distretti entro il 1° gennaio 2002 in favore delle Communautés d’Agglomeration. Con i decreti prefettizi del 23 e 30 dicembre 1999 vi è la trasformazione del Distretto in Communauté de l’Agglomération Rouennaise (CAR). Le
funzioni e i relativi campi di intervento obbligatori per statuto in capo alla CAR
sono principalmente lo sviluppo economico e le politiche urbane e di mobilità,
oltre che l’applicazione della Taxe Professionelle Unique, cioè la tassa applicata alle imprese operanti sul territorio. Grazie a questo strumento fiscale, la
comunità evita di tassare direttamente le famiglie, ma innesta un virtuoso circuito di redistribuzione di risorse a partire dalle imprese che possono usufruire
dei servizi prestati dalla comunità all’imprenditoria, sotto forma di beni pubblici efficienti e di prestazioni specifiche.
La Communauté dell’Agglomération Rouennaise diviene l’ente politico ed
amministrativo responsabile di tutte le attività intercomunali. Con decreto prefettizio del 31 gennaio 2002, il comune di Roncherolles-sur-le-Vivier aderisce
alla Communauté. Sono complessivamente 34 i comuni aderenti all’Agglomération di Rouen.
Infine il 1° settembre 2002 vi è un cambiamento di denominazione: la CAR
diviene Agglomération de Rouen.
Tabella 3
Dati di sintesi dell’Agglomération de Rouen
Abitanti totali
391.375
Comuni
33+1
Popolazione attiva sul territorio
148.090
Settore agricolo (% di addetti)
Settore industriale (% di addetti)
Settore edile (% di addetti)
Terziario (% di addetti)
Fonte: INSEE RP 1999
0,3
13,7
5,9
80,1
59
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
60
La struttura politica e decisionale dell’amministrazione è così composta:
• Il Consiglio della Communauté – Riunisce 98 consiglieri scelti e delegati dai
consigli comunali. A loro volta essi eleggono il Presidente ed i vicepresidenti della Communauté. Il Consiglio delibera ed approva i progetti della Communauté d’Agglomération.
• Il Presidente – Viene eletto dal Consiglio, esercita il potere esecutivo, cioè
predispone ed esegue le decisioni del Consiglio. Coordina i servizi della Comunità, ordina e prescrive le spese. È assistito in questi compiti dal Bureau.
• Le Bureau – Il Bureau è composto dal presidente, da 15 vicepresidenti e da
altri 10 membri; è l’organo che definisce gli orientamenti della Communauté.
Ha capacità deliberativa nell’ambito dell’autonomia definita dal Consiglio. Il
terzo vicepresidente ha la delega per l’innovazione e qualità dei servizi pubblici intercomunali, fognatura e depurazione, raccolta dei rifiuti, distribuzione di acqua potabile, trasporto pubblico locale, commissione consultiva dei
servizi pubblici agli utenti.
• Le Commissioni – Hanno il compito di preparare e seguire i progetti sottoposti all’approvazione del Consiglio.
Figura 1
Il funzionamento della Communauté
CONSEIL
COMMUNAUTAIRE
Orientation stratégique
Vote del budgets
Décision sur le
grands projects
COMMISSIONS
Analyses des dossiers
BUREAU
Préparation des décision
Traitement des demandes
Exécution des décision
Délibération pour la mise on
oeuvre des projets
Fonte: www.agglo-rouennaise.com
Traitement des demandes
Travail sur les projets
Proposition des délibérations
pour la mise en oeuvre des
projets
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
Gli obiettivi della cooperazione intercomunale
La legge Chevènement del 1999 ha avuto il principale obiettivo di assegnare
all’Istituzione intercomunale le competenze giuridico-fiscali che le permettano
di gestire un’ampia gamma di iniziative (sviluppo economico, pianificazione
urbanistica e dei trasporti, edilizia e protezione ambientale) e di elaborare una
strategia di sviluppo locale.
La trasformazione del District di Rouen in Communauté d’Agglomération ha
consentito un allargamento delle competenze precedentemente in capo al
District. L’attività della Communauté ed i servizi erogati ai suoi abitanti si articolano in sei grandi settori di intervento (vedi tabella 4).
Tabella 4
I settori di intervento dell’Agglomération de Rouen
Economia
Sviluppo economico
Zenit
Parco delle esposizioni
Gestione del territorio
Pianificazione Urbanistica
Entrate dell’agglomération
I piccoli comuni
Ambiente
Gestione dei rifiuti
Fognatura e depurazione
Protezione ambientale
Trasporti locali
Métrobus
Lisor (Liaison Sud-Ouest Rapide)
Teor (Transport Est-Ouest Rouennais)
Politiche urbane
Edilizia
Pianificazione urbana
PLIE (Plan Local pour l’Insertion et l’Emploi)
Centri di accoglienza nomadi
Vita sportiva e attività culturali
Sport
Cultura
Fonte: www.agglo-rouennaise.com
Alcune competenze sono obbligatorie per statuto: sviluppo economico, pianificazione territoriale, gestione dei trasporti locali, edilizia residenziale, politiche
urbane. Altre sono opzionali: distribuzione dell’acqua potabile, protezione
ambientale. Altre ancora sono facoltative, cioè soggette all’eventuale approvazione da parte del Consiglio della Communauté. Nel caso in esame il Consiglio
ha incluso anche la competenza su viabilità e aree di sosta, fognatura e depurazione, smaltimento rifiuti, gestione dei centri sportivi e culturali.
61
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
62
Uno dei principali obiettivi dell’Agglomération de Rouen è quello del sostegno
al dinamismo economico ed imprenditoriale dell’area, grazie alla creazione di
infrastrutture che consentono un adeguato quadro di sviluppo imprenditoriale.
Inoltre, l’attivazione PLIE (Piano locale per lo sviluppo occupazionale) – lanciato nel 1997 in partenariato con lo Stato, la regione Haute-Normandie, il Dipartimento Seine-Maritime e l’Unione europea – ha costituito un elemento fondamentale per lo sviluppo sociale, all’interno delle scelte dell’Agglomération che
mirano a rispettare innanzitutto l’equilibrio tra i differenti comuni che la costituiscono. Sono infatti numerose le azioni svolte per consentire ai comuni minori di creare legami più forti con gli altri comuni e di beneficiare pienamente dello
sviluppo dell’Agglomération nel suo complesso. Per i 12 comuni che contano
meno di 3.500 abitanti, l’Agglomération ha effettuato fino al 2002 sette specifici
interventi di riqualificazione (lavori di messa a norma, sicurezza, restauro, parcheggi, ecc.). Inoltre, le attività generali dell’Agglomération hanno favorito in particolare alcuni comuni, sia nel campo dei trasporti (attivazione di linee) che delle
opere di fognatura e depurazione, oltre che per la raccolta rifiuti.
In termini di struttura amministrativa e contabile, l’Agglomération de Rouen
presenta sia documenti di budget che a consuntivo; si distingue un bilancio
principale dai bilanci divisionali allegati (annexes), ad esempio per il settore trasporti urbani o per il servizio di fognatura e depurazione.
Il Contrat d’Agglomération
Nell’ottobre del 2000 è stata siglata una convenzione quadro tra 12 comuni
dell’Agglomération, che ha fissato per 6 anni i grandi orientamenti politici della
città di Rouen, sulla base del Contrat de villes en agglomération elaborato nell’ambito del quadro di cooperazione intercomunale. Tale convenzione è completata da alcune convenzioni specifiche sui temi dello sviluppo economico ed
occupazionale, sulla prevenzione e la sicurezza dei cittadini, l’edilizia residenziale pubblica, l’accoglienza dei nomadi, ecc.
Nella continuità della dinamica di cooperazione intercomunale che caratterizza tale area, il Consiglio dell’Agglomération de Rouen ha deciso con delibera del
25 marzo 2002 di avviare l’elaborazione del progetto di agglomération, finalizzato a valorizzare l’area dell’Agglomération in Francia ed in Europa attraverso la
definizione di un Contrat d’Agglomération, in applicazione della legge del 1999
sulla gestione e lo sviluppo sostenibile che ha previsto la possibilità di concludere un Contrat d’Agglomération con lo Stato e la regione sulla base di un progetto territoriale di sviluppo41.
41
Loi d’orientation sur l’aménagement et le développement durable du territoire (LOADDT). La
LOADDT ha profondamente rinnovato la pianificazione del territorio orientandola al sostegno
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
La realizzazione di tale progetto nel periodo 2003-2006 si tradurrà nella conclusione di un Contrat d’Agglomération basato su alcune azioni cardine:
• definire la posizione dell’Agglomération de Rouen sia sul piano nazionale che
comunitario;
• individuare i grandi progetti di sviluppo e le relative infrastrutture;
• assicurare uno sviluppo territoriale equilibrato e solidale.
Il Contrat è elaborato partendo da una fase di concertazione e di consultazione con tutti i comuni aderenti, oltre che con le differenti associazioni e con
membri della società civile. A tal fine, a Rouen è stato costituito un Comitato di
Sviluppo con il compito di aprire il dialogo tra i differenti attori coinvolti nello
sviluppo dell’Agglomération.
Al 31 luglio 2003 erano complessivamente 15 i Contrat d’Agglomération firmati in Francia42. L’esperienza delle realtà intercomunali che hanno portato a
termine tale percorso ha consentito di porre l’attenzione su alcuni aspetti quali
la dimensione interurbana e interregionale del contratto ed i rapporti tra aree
urbane contigue, o il contenuto stesso del contratto che non può definirsi standard, poiché deve adattarsi alle esigenze locali.
Nella maggior parte dei contratti firmati si è inteso potenziare la forza attrattiva della forma dell’Agglomération, in ragione delle maggiori funzioni che essa è
in grado di garantire a livello congiunto (ricerca, formazione, cultura), ma
soprattutto per lo sviluppo delle città con riguardo alle aree depresse o alla valo-
42
di uno sviluppo sostenibile attento alla crescita economica, alla giustizia sociale ed alla qualità
dell’ambiente e rafforzando il ruolo delle procedure contrattuali. La legge, infatti, proponendo
una nuova organizzazione di partenariato basata su tre livelli (Régions, Pays, Agglomérations),
introduce due nuove modalità di contrattualizzazione: i contrats de pays ed i contrats d’agglomerations che si vanno ad inserire all’interno dei contrats de plan État-Régions.
I comuni facenti parte delle agglomerazioni, così come i “pays” (unità territoriali che presentano una coesione geografica, culturale, economica e sociale), sono invitati ad elaborare dei
Projets d’agglomération e delle Chartes de pays allo scopo di determinare una strategia locale di
sviluppo sostenibile e di fissare i grandi orientamenti in materia di crescita economica e di
equità sociale, di pianificazione urbana e dei trasporti, di politica ambientale, come espresso
dall’Agenda 21 di Rio. Citando l’A21L quale strumento da attuare per il perseguimento di uno
sviluppo sostenibile, la legge impone l’integrazione del concetto di sostenibilità all’interno di
tutti i documenti di pianificazione locale (Chartes de pays, Projets d’agglomérations, ecc.) come
conditio sine qua non per ottenere un finanziamento da parte dello Stato.
Il percorso per la stipula del Contrat d’Agglomération prevede le seguenti fasi:
- costituzione della struttura intercomunale;
- elaborazione del progetto d’agglomération;
- costituzione del comitato di sviluppo;
- parere del comitato sul progetto d’agglomération;
- fase di negoziazione del contratto (scelta delle attività, dei soggetti finanziatori e modalità di
finanziamento);
- deliberazione del Consiglio della Communauté e del Consiglio regionale, oltre che degli eventuali ulteriori soggetti coinvolti (Consiglio Generale, comuni);
- stipula del contratto.
63
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
64
rizzazione dei centri storici. Inoltre, si sottolinea la necessità di realizzare azioni di politica cittadina, con particolare riferimento allo sviluppo di nuove forme
di coesione sociale. Talvolta tale contratto si integra, fino a coincidere, con il
Contrat de Ville.
Il Contrat d’Agglomération riesce a dare maggiore peso al progetto di cooperazione intercomunale, perché attraverso la contrattualizzazione sono espresse
chiaramente le politiche dell’agglomération, gli strumenti, le azioni, le modalità
di finanziamento. Per il settore turismo, ad esempio, si tratta di promuovere
insieme un’identità comune, per l’economia locale creare dei poli d’attività
industriale e commerciale, oppure progetti per la realizzazione di una carta
ambientale comune o per la salute pubblica, sempre a livello aggregato.
L’organizzazione e la gestione dei servizi ambientali
Il sistema fognario e depurativo
Dal 1° gennaio 2000 la Communauté d’Agglomeration ha competenza sulla
totalità del sistema di raccolta e trasporto delle acque reflue, oltre che dello
smaltimento dei fanghi. Inoltre, ha la responsabilità della costruzione e gestione
delle opere pubbliche per la gestione delle acque di pioggia, oltre che la gestione e manutenzione delle aree fluviali non demaniali.
La gestione degli impianti di depurazione
Gli impianti situati a Petit-Quevilly, Grand Quevilly, Petit-Couronne et GrandCouronne trattano le acque reflue di 41 comuni.
– 31 milioni di mc d’acqua trattati nei 3 impianti di depurazione.
– Viene eliminato il 96% dell’inquinamento organico ed il 100% dei risultati
dei laboratori sono conformi alla regolamentazione vigente.
– Sono stati prodotte ed incenerite 25.000 tonnellate di fanghi da depurazione.
Le opere di manutenzione ordinaria, straordinaria e di potenziamento
– 600 interventi d’urgenza sulla rete, sui bacini e corsi d’acqua.
– 17 interventi d’urgenza (guasti, arresti di funzionamento) sono stati oggetto di
informativa per i servizi di controllo sulle acque.
– Manutenzione di 146 km di rete.
– Eliminazione di 125 tonnellate di rifiuti dai fiumi (Aubette, Robec e Cailly).
L’impianto di depurazione di Emeraude, situato a Petit-Quevilly, assicura il
trattamento delle acque reflue, delle acque di pioggia, delle acque di prima pioggia e degli scarichi industriali, con un capacità complessiva corrispondente a
550mila abitanti equivalenti. L’impianto integra le tecnologie più evolute secon-
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
do un processo a cinque fasi che va dal pretrattamento allo scarico delle acque
depurate nella Senna, in conformità alle norme europee. All’interno del processo è prevista anche l’attività di incenerimento dei fanghi che vengono preliminarmente disidratati.
Tale attività deriva dallo sviluppo di un progetto congiunto denominato CIBSTEP (Cendres Issues de l’Incinération des Boues de Stations d’Epuration). Il
progetto nasce nel 1997 grazie al lavoro congiunto di ADEME (Agence de
l’Environnement et de la Maîtrise de l’Énergie), Communauté Urbaine Grand
Lyon, Agglomération di Rouen, Centro di ricerca per l’ambiente, l’energia e i
rifiuti (Creed), Eurovia e OTV. I lavori, condotti dal 1999 al 2001, hanno permesso di testare e validare l’utilizzo delle ceneri per il fondo delle carreggiate
stradali e per la produzione di cemento, oltre che l’assenza d’impatto negativo
sull’ambiente. Questi anni di studi hanno dimostrato che le ceneri dei fanghi
non sono inquinanti, e presentano proprietà fisico-chimiche tali da prospettare
usi molteplici per l’edilizia ed i lavori pubblici.
L’impianto di Emeraude produce in media 100 tonnellate di fanghi al giorno,
di cui 30 provenienti da altre amministrazioni; questi fanghi vengono disidratati e poi inceneriti. La produzione è di circa 6-7 tonnellate di ceneri secche al
giorno (da 1.600 a 1.800 tonnellate annue. Attualmente i fanghi sono trasportati
in un apposito centro di discarica (CET – Centre d’Enfouissement Technique)
con un costo pari a circa 150 euro/t.
Lo stato giuridico dei fanghi di depurazione è definito dal decreto 8 dicembre
1997 relativo allo spargimento dei fanghi derivanti dal trattamento delle acque;
secondo tale decreto costituiscono rifiuti ai sensi della legge 15 luglio 1975. Il
produttore dei fanghi è responsabile del loro smaltimento. La legge 13 luglio
1992 vieta lo smaltimento in discarica dei rifiuti “tal quali”, cioè senza che
abbiano subito alcun tipo di trattamento, con l’obiettivo di valorizzare al massimo il recupero o il riciclo. Ciò vale anche per i fanghi da depurazione. Riutilizzandoli, l’Agglomération de Rouen risponde agli obiettivi di protezione dell’ambiente e figura tra le prime Agglomération che riescono ad utilizzare le ceneri per le carreggiate delle strade ed il cemento.
I principali interventi realizzati
– Costruzione di canalizzazioni e opere diverse;
– Costruzione dei bacini di regolazione;
– Costruzione di un bacino d’emergenza di 20.000 mc presso l’impianto di
Petit-Quevilly.
Il principale progetto realizzato dall’Agglomération è stato l’elaborazione del
Piano di Organizzazione e Gestione delle Risorse Idriche (Schéma d’Aména-
65
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
gement et de Gestion des Eaux - SAGE). Il SAGE è il documento generale di
gestione del ciclo idrico a livello di bacino versante. Esso prevede l’elaborazione
di un programma di azioni per prevenire le inondazioni. Il perimetro del SAGE
“Cailly-Aubette-Robec” è stato definito con decreto prefettizio il 7 ottobre 1997.
66
Il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani
La Communauté d’Agglomération de Rouen gestisce fin dal 1990 la programmazione del sistema di raccolta differenziata e di trattamento dei rifiuti (Schema
General de Valorisation des Déchets Ménagers del 1993).
La normativa nazionale di riferimento del settore è la Loi Royal del 13 luglio
1992 che ha prescritto:
• il divieto di conferimento in discarica del rifiuto tal quale;
• l’obbligo di valorizzare tramite il recupero e la termovalorizzazione almeno il
75% degli imballaggi domestici.
La legge 15 luglio 1975 aveva attribuito alle amministrazioni locali la responsabilità di smaltire i rifiuti urbani prodotti all’interno del territorio di riferimento. La Loi Royal ha fissato quale termine ultimo il 1° luglio 2002 per il conferimento in discarica del rifiuto tal quale. Inoltre, è stata messa a punto la predisposizione dei Piani dipartimentali (regionali/provinciali) di smaltimento dei
rifiuti urbani che fissano gli obiettivi in termini di riciclo e recupero energetico
e precisano le modalità di realizzazione dei medesimi. Le collettività locali,
comuni e associazioni intercomunali, sono responsabili della loro applicazione.
Nonostante le prescrizioni normative sull’utilizzo delle discariche, all’inizio
degli anni ’90 il 70% dei rifiuti urbani prodotti veniva smaltito in discarica.
Attualmente la percentuale è fortemente diminuita (40%) ed è in costante crescita la percentuale dei rifiuti differenziati e di quelli smaltiti in impianti di termovalorizzazione.
Con le circolari del 28 aprile e del 26 agosto 1998, il governo ha riorientato la
politica del trattamento dei rifiuti, nel senso di una diminuzione della quantità
termovalorizzata a favore del recupero dei materiali differenziati.
Per ciò che attiene alle modalità di affidamento del servizio di raccolta e trattamento dei rifiuti urbani, circa il 70% degli enti locali in Francia ha optato per
il trasferimento delle funzioni inerenti la gestione dei rifiuti a un’associazione
intercomunale. Il costo del servizio in media è di 116 euro per tonnellata e di
44,3 euro per abitante.
Con riferimento alla gestione dei rifiuti sono stati numerosi gli studi di fattibilità preliminari all’assunzione delle competenti funzioni in capo all’Agglomération, ad esempio un’analisi finanziaria e fiscale sulle conseguenze del
trasferimento delle competenze dai comuni all’Agglomération con riferimento
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
sia alla raccolta che al trattamento dei rifiuti; o, ancora, l’approfondimento del
ruolo della società mista SOTRIVAD (società di trattamento, smaltimento e valorizzazione dei rifiuti di Rouen) all’interno del piano generale di smaltimento dei
rifiuti urbani dell’Agglomération de Rouen.
Il piano generale di valorizzazione dei rifiuti urbani è l’insieme delle misure
per il rispetto dell’ambiente, conformi alla normativa vigente, che permettono l’istituzione ed il funzionamento di un sistema di trattamento dei rifiuti. Adottando
tale piano fin dal 1993, la Communauté de Rouen ha determinato una forte spinta all’innovazione in tale settore, preliminarmente all’assunzione del servizio di
raccolta su scala intercomunale. Le fasi di tale pianificazione possono essere così
sintetizzate:
1993 – Avvio del piano “jeter utile”: la raccolta differenziata mira a limitare
l’incenerimento dei rifiuti, separando tutto ciò che può essere riciclato.
1995 – Attivazione della raccolta del verde nei 15 comuni del SICDOM
(Syndicat Intercommunal pour la Collecte et la Destruction des Ordures Ménagères) che rappresentano 270mila abitanti. Avvio da parte del SICDOM della
raccolta dei rifiuti domestici speciali.
1999 – Creazione di SMÉDAR (Syndicat Mixte d’Élimination des Déchets de
l’Arrondissement de Rouen) che raggruppa 125 comuni e circa 570mila abitanti.
2000 – Costituzione di VESTA (Valorisation Énergétique, site de tri de l’Arrondissement de Rouen), un impianto di grandi dimensioni per la termovalorizzazione dei rifiuti dell’arrondissement de Rouen. Un centro di recupero è stato
integrato all’impianto. Per SMÉDAR, soggetto gestore di VESTA, l’incenerimento dei rifiuti urbani è considerato come residuale rispetto alla valorizzazione dei medesimi attraverso il riciclo.
2000 – Stipula del contratto tra Éco-Emballages e SMÉDAR s’impegna con
Éco-Emballages ad utilizzare l’incenerimento secondo le norme in vigore, a
realizzare un tasso di recupero e valorizzazione del 25% e a sviluppare ulteriormente la raccolta differenziata.
Dal 1° gennaio 2002 l’Agglomération de Rouen ha organizzato una direzione
del servizio di raccolta dei rifiuti urbani ed assimilati, avendo già integrato dal
2000 nel suo statuto la responsabilità delle relative funzioni, dopo quelle relative ai servizi di fognatura e depurazione, gestiti a partire da gennaio 2000. Il servizio di raccolta dei rifiuti è stato attivato mediante l’impiego di 162 addetti e 50
automezzi ed è gestito anche mediante affidamenti a società private che operano per conto dell’Agglomération.
La raccolta dei rifiuti urbani (180 milioni di tonnellate annue) comporta un
budget annuo di circa 34,75 milioni di euro. Tale servizio si inserisce nel più
67
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
68
vasto programma di protezione ambientale sviluppato su tutta l’area
dell’Agglomération.
In questo settore la Communauté di Rouen è la più grande Agglomération che
ha deciso di attivare tale sistema integrato, consentendo:
– una maggiore coerenza del sistema su scala dimensionale elevata (l’Agglomération conta 400mila abitanti);
– la possibilità di estendere il servizio di raccolta differenziata a tutti i comuni
aderenti;
– una maggiore efficacia dei servizi erogati agli utenti e, al contempo, un maggiore controllo dei costi.
I 33 comuni sono raggruppati in 8 EPCI che esercitano tutte o parte delle loro
competenze sul settore rifiuti (valorizzazione, trattamento, recupero). Tra questi
comuni, 15 svolgevano il servizio di raccolta in gestione diretta e gli altri facendo ricorso a soggetti terzi. L’assunzione del servizio di raccolta rifiuti in capo
all’Agglomération de Rouen è stata una reale sfida per garantire agli abitanti e
agli enti locali una qualità del servizio quanto più possibile elevata.
I risultati raggiunti per il servizio di raccolta rifiuti
Il trasferimento della competenza per il servizio di raccolta rifiuti in capo
all’Agglomération – approfondito durante tutto il 2001 ed attivato all’inizio
del 2002 – ha implicato un’analisi degli aspetti finanziari e della gestione delle
risorse umane. Infatti, si è trattato anche di trasferire in capo all’Agglomération il personale dei 15 enti locali che svolgevano il servizio in régie
directe. La Direzione rifiuti urbani ed assimilati ha programmato tale passaggio, tenendo conto dell’estensione del servizio in termini di quantità e di qualità. È stato, infatti, necessario predisporre ed ottimizzare un sistema di raccolta per soddisfare le esigenze di tutti gli abitanti e i comuni aderenti, in un
territorio che presenta una produzione media di rifiuti domestici annui pro
capite pari a 480 kg. Programmare la raccolta dei rifiuti al livello dell’Agglomération ha significato:
– permettere a tutti i cittadini di partecipare alla raccolta differenziata;
– attivare la raccolta del verde nei 33 comuni;
– rafforzare la rete di isole ecologiche per rispondere alla domanda da parte di
tutti i 400mila abitanti (sono state attivate 2 nuove isole ecologiche, 7 in tutto
sul territorio).
Si è inteso potenziare, dunque, l’efficacia del servizio al fine di accrescere il
rispetto dell’ambiente, trasferendo le competenze dai comuni all’Agglomération,
nell’ambito del generale processo di cooperazione intercomunale.
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
Con tale assunzione di funzioni in capo all’associazione intercomunale, l’obiettivo principale è stato innanzitutto quello di eliminare o diminuire il rischio
di disfunzioni del servizio per gli utenti dovute a modificazioni d’orario del passaggio degli automezzi, a cambiamenti dei giorni di raccolta, delle frequenze settimanali per tipologia di materiale, ecc. Pur essendo questi essenziali per la riorganizzazione del circuito di raccolta e la gestione dei nuovi contratti di prestazione con le società private.
In termini di vantaggi per gli utenti, da subito è stata estesa la raccolta settimanale del verde a tutti i comuni, mettendo in atto anche nuovi sistemi, quali
la raccolta del verde e di tutti i rifiuti differenziati porta a porta.
Di concerto con i comuni aderenti, la Communauté ha diffuso su tutto il territorio un insieme di documenti informativi sui cambiamenti in atto (opuscoli e
calendari con gli orari di raccolta) ha attivato un numero verde per rispondere a
tutte le domande su modalità, nuovi orari, ecc. Inoltre ha monitorato il flusso
delle informazioni in ogni comune, in modo che ogni cambiamento venisse
quanto prima comunicato agli abitanti.
In concreto la cooperazione intercomunale consente di portare a termine progetti d’interesse generale ad una dimensione idonea e di ottimizzare le spese ed
i servizi pubblici. Infatti la costituzione delle Communautés d’Agglomération
permette di creare nuove infrastrutture, troppo grandi e costose per un solo
comune, ed evita di creare delle duplicazioni di opere in più comuni, progettando un’opera unica sul territorio della cooperazione. Tutti i progetti delle
nuove infrastrutture vengono realizzati su scala dimensionale idonea, specialmente con riferimento alle attività di depurazione delle acque, di trattamento
dei rifiuti, ed allo sviluppo economico ed occupazionale, integrando le risorse
finanziarie e le competenze tecniche di ciascun comune. La Communauté va a
rafforzare l’azione degli enti locali, permettendo, al contempo, di mantenere la
loro competenza di prossimità.
Elementi di criticità nella realizzazione del progetto d’Agglomération
Il processo di cooperazione intercomunale in Francia è già ad uno stato avanzato, ma il ministero dell’Interno francese, in un recente rapporto, fa riferimento ad alcuni elementi necessari a dare nuovo impulso all’intercomunalità43:
• migliorare la coerenza della mappa intercomunale, grazie alla possibilità di
effettuare la fusione tra EPCI a fiscalità propria. Secondo la normativa vigente, è possibile attivare una procedura di fusione tra enti locali, ma non tra
43
Ministère de l’Intérieur, de la sécurité intérieure et des libertés locales, Intercommunalité: après
l’essor, la consolidation, 2003.
69
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
70
EPCI. Se due forme di cooperazione intendono procedere alla loro unificazione, una delle due deve sciogliersi, affinché i comuni aderenti transitino nell’altra, oppure devono essere sciolte entrambe, con l’obiettivo di costituire un
nuovo EPCI. Tale procedura complessa e delicata dovrebbe, dunque, essere
riformata. Un altro aspetto è legato alla possibilità di trasformare i Syndicat
Intercommunaux in Communauté des Communes, in modo tale che i comuni
possano fare riferimento ad una sola struttura a fiscalità propria;
• rendere più semplice l’esercizio delle competenze da parte degli EPCI; si tratta di trasferire, contestualmente alle competenze sui servizi, anche i relativi
poteri di controllo, specialmente nel caso dei servizi di gestione di viabilità ed
aree di sosta, servizi cimiteriali e dei centri di accoglienza per i nomadi, con
l’obiettivo di rendere più chiaro e facilitare l’esercizio delle responsabilità;
• assicurare agli EPCI le risorse necessarie per l’esercizio delle competenze che
richiedono un impegno finanziario crescente; a tal fine occorre porre particolare attenzione, nel processo di riforma, alle modalità e criteri di calcolo del
DGF (Dotation Globale de Fonctionnement) trasferito dallo Stato. In questa
occasione sarà necessario rivedere anche il coefficiente di integrazione fiscale, parametro determinante per la ripartizione del DGF.
A sostenere tale percorso di sostegno e rafforzamento della dinamica intercomunale, vi sono anche alcune disposizioni contenute in un progetto di legge
costituzionale, quali il diritto a sperimentare la cooperazione intercomunale e la
possibilità di designare un ente locale coordinatore.
Un ulteriore aspetto da valutare con attenzione nel caso di cooperazioni intercomunali riguarda la possibilità per un ente locale di uscire dalla Communauté
di riferimento. Una recente circolare ha precisato le condizioni che consentono
ad un comune di ritirarsi da una Communauté d’Agglomération. Il termine ultimo per tale azione da parte di un ente locale è stato stabilito al 31 dicembre
2004.
Il rappresentante dello Stato può autorizzare il ritiro di un ente se valgono le
seguenti condizioni:
1) La prima è legata alla finalità del ritiro. Quest’ultimo non può avvenire se
non nel caso in cui l’ente locale lasci una Communauté d’Agglomération per
aderire ad un altro EPCI a fiscalità propria. In ogni altro caso, dunque, la
rinuncia non può essere effettuata.
2) La seconda è legata alle condizioni iniziali di adesione dell’ente alla
Communauté d’Agglomération. Infatti il comune non può uscire dalla communauté se non nel caso in cui sia stato incorporato nell’Agglomèration
senza la sua approvazione.
3) La terza condizione è legata alle conseguenze del ritiro. L’ente locale non può
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
creare un’enclave nell’Agglomération da cui intende uscire (attraverso possibili inclusioni nel territorio di altri EPCI).
4) La quarta condizione mira a garantire la sicurezza dell’adesione ad un altro
EPCI. In effetti, è necessario un atto di approvazione da parte della Communauté alla quale il comune intenda aderire o la creazione contestuale di
un nuovo ente di cooperazione.
Punti di forza in termini di governance
L’estrema frammentazione della realtà municipale francese (36.763 comuni)
ha da sempre rappresentato un forte ostacolo per l’attuazione di programmi
organici orientati allo sviluppo locale. In questo senso, la legge Chevènement è
stata indirizzata al sostegno di una nuova realtà territoriale basata sul raggruppamento di più comuni contigui ed in grado di proporsi come accreditato interlocutore all’interno dei contrats de plan tra Stato e regione: la Struttura Intercomunale di Cooperazione.
Nel processo di decentralizzazione in atto, la Communauté d’Agglomeration è
giuridicamente un EPCI che ha come mission rendere disponibili risorse e competenze nell’interesse comune di differenti enti locali. Difatti, si tratta semplicemente di consentire ai comuni che lo desiderano di trarre vantaggio dalla collaborazione e portare a termine una serie di progetti utili per tutti gli abitanti dell’area sostenendo possibilmente minori costi.
La legge Chevènement mira innanzitutto ad assegnare all’Istituzione intercomunale le competenze giuridico-fiscali che le permettano di gestire un’ampia
gamma di iniziative (sviluppo economico, pianificazione spaziale e dei trasporti, habitat e politique de la ville) e di elaborare una strategia di sviluppo locale.
L’Agglomération de Rouen raggruppa attualmente 34 comuni e prevede una
serie di servizi obbligatori – i servizi pubblici fondamentali – e altri facoltativi,
come la protezione dei boschi, la cultura, lo sport. Per sviluppare l’area metropolitana sono necessari notevoli investimenti e nuove infrastrutture che i comuni non sono in grado di sostenere da soli.
L’esigenza di conciliare l’interesse dell’Agglomération e quella dei comuni
membri è derivata dalla necessità di sviluppare progetti che devono rispondere
ai bisogni di una collettività di 400mila abitanti. Senza la cooperazione intercomunale, progetti di trasporto come il métro e il TEOR, o lo Zenit – Parc des
Expositions non avrebbero mai visto la luce.
A questo riguardo, il percorso iniziato con la firma della convenzione quadro
per 12 comuni dell’Agglomération con riferimento al contrat de villes d’agglomération, sta proseguendo e rafforzandosi con l’obiettivo di siglare entro il
2006 il Contrat d’Agglomération, nel quale si esprimono le politiche dell’ag-
71
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
72
glomération, gli strumenti necessari, le azioni e le modalità di finanziamento.
Dunque, i principali progetti verranno inclusi e sviluppati all’interno del suddetto contratto, in aderenza ai principi di responsabilità e coerenza della governance interistituzionale ed a sostegno dei principi guida di proporzionalità e di
sussidiarietà. Difatti, seguendo l’evoluzione della forma di cooperazione intercomunale a Rouen, è emerso sopra tutti il principio di coerenza, poiché al rafforzarsi della forma di cooperazione sono stati incrementati sia il livello di integrazione tra gli enti che le competenze dell’Agglomération medesima, fino al
progetto in atto del Contrat d’Agglomération. Sono aumentate, dunque, le competenze e gli strumenti di governance sul territorio, che hanno consentito di sviluppare congiuntamente progetti di elevato impatto sulla collettività (riassetto
del sistema dei trasporti, gestione del sistema fognario e depurativo, progetti
integrati di protezione ambientale).
Con riferimento alla gestione dei rifiuti, il compito di assicurare il servizio da
parte dell’Agglomération a livello intercomunale ha consentito di potenziare la
protezione dell’ambiente mediante un significativo e costante incremento delle
tonnellate di rifiuti riciclabili. Attraverso un’azione di stretta concertazione con
ogni comune, coerentemente al principio di responsabilità degli enti aderenti,
l’Agglomération è riuscita a mettere in atto un sistema avanzato di raccolta e
trattamento delle acque reflue. È vero anche che le opere realizzate nell’ambito
della prevenzione contro le inondazioni hanno portato dei maggiori vantaggi per
i comuni più a rischio, ma la Communauté opera all’interno di un contesto fondamentale di solidarietà che va costantemente rafforzato.
Anche attraverso le attività quotidiane dell’Agglomération risulta possibile un
reale riequilibrio tra i comuni. Un esempio è il caso del comune di Darnétal. Nel
contesto dello sviluppo specifico dell’ente locale, il medesimo ha stabilito di individuare differenti stanziamenti per rendere operativa la Casa dell’Occupazione e
della Solidarietà, per sviluppare politiche giovanili o, ancora, disporre di un centro di accoglienza di prossimità per aiutare i cittadini in difficoltà.
Per Darnétal si è verificato un incremento della tassa rifiuti (TEOM) più elevato che negli altri comuni dell’Agglomération de Rouen; ciò è semplicemente
la conseguenza della decisione dell’ente di trasferire una parte delle spese del
proprio bilancio sulla TEOM. Al contempo, lo sviluppo del progetto Plan Agglovélo (le piste ciclabili), ha permesso all’Agglomération di partecipare al finanziamento della pista ciclabile “petites Eaux du Robec” e di quella all’uscita di
Darnétal verso Préaux. Inoltre, il comune di Darnétal è stato selezionato per la
costruzione di una delle nuove Maisons de la Forêt et du Bois per l’ulteriore
valorizzazione della Forêt du Bois-du-Roule.
L’obiettivo di svolgere per l’intera collettività dell’Agglomération il servizio di
raccolta rifiuti e, quindi, coordinare il ciclo integrato fino all’attività finale di
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
smaltimento, ha fatto emergere due principali aspetti della governance a livello
interistituzionale. Si intende richiamare il sistema di responsabilità e coerenza
dell’Agglomération medesima, ed anche degli enti aderenti, nel governare il processo di trasferimento delle competenze in capo all’Agglomération; i ruoli sono
stati delineati con chiarezza e vi è stata una decisa assunzione di responsabilità
da parte dell’Agglomération, rispettando il ruolo di prossimità di ciascun ente
coinvolto. Inoltre, è stato seguito il principio di apertura sancito dal Libro
Bianco sulla governance, grazie ad un’efficace azione comunicativa da parte
dell’Agglomération, anche di carattere preventivo, al fine di diminuire al massimo le eventuali disfunzioni derivanti dal cambiamento delle modalità di erogazione del servizio, e grazie al governo e al coordinamento centrale dei flussi
informativi ad esso inerenti.
Punti di particolare interesse per il caso italiano
La normativa francese presenta regole fortemente incentivanti la cooperazione, con un sistema di leggi a livello nazionale emanate già dalla fine degli anni
’60 (legge sulle Communautés Urbaines). La legge 12 luglio 1999 ha rafforzato
e semplificato il processo di cooperazione intercomunale e lo sviluppo dell’intercomunalità, in particolare nelle aree urbane, che proseguono tuttora con
la creazione di nuovi EPCI e l’estensione dei perimetri delle strutture di quelli già esistenti. Non da meno, il fenomeno intercomunale risulta in crescita
anche dal punto di vista qualitativo: nel caso di Rouen, ma non solo, sono
aumentate nel tempo sia le competenze trasferite che la qualità dei servizi pubblici locali erogati.
In Italia le forme di cooperazione intercomunale sono individuate ai sensi del
Capo V del Titolo I del Testo unico sull’ordinamento degli enti locali, D.Lgs. 18
agosto 2000, n. 267 e le regioni devono disciplinare eventuali misure di sostegno dell’associazionismo e della cooperazione intercomunale. I comuni, in
quanto titolari della cura degli interessi delle comunità locali, sono i soggetti primari per l’attivazione di forme d’associazione e di aggregazione intercomunale:
attraverso le convenzioni, i consorzi di funzioni, le comunità montane, le unioni dei comuni e le associazioni intercomunali viene assicurato l’esercizio associato delle funzioni e dei servizi comunali.
Un esempio di normativa regionale è la L.r. Emilia-Romagna n. 11 del 26 aprile 2001 che disciplina le forme associative e altre disposizioni sugli enti locali.
L’art. 16 ha introdotto il nucleo di supporto delle forme associative che ha vari
compiti tra i quali quello di orientare eventuali disponibilità di fondi in bilancio per l’esercizio delle funzioni associate. Inoltre si interfaccia con il Comitato
regionale per lo sviluppo delle gestioni associate, il quale svolge funzioni di
73
LA GOVERNANCE INTERISTITUZIONALE
74
sostegno alla Giunta regionale nell’elaborazione delle politiche di sviluppo alle
forme associative tra comuni.
Nel caso francese, mediante un’efficace normativa nazionale, è stata promossa
la cooperazione intercomunale e la conseguente costituzione degli EPCI; i comuni hanno, pertanto, sviluppato capacità congiunte di regolazione e di gestione in
differenti campi di attività, dallo sviluppo economico ai servizi ambientali, ai
trasporti.
In Italia tali forme di cooperazione sono previste per legge e solo per alcuni
servizi. In particolare, in alcune aree del Centro-Nord, a partire dagli anni ’70, si
era assistito alla costituzione di forme di cooperazione tra enti locali mediante
l’istituzione di consorzi di servizi, divenuti aziende consortili ai sensi della L.
142/90, per la gestione congiunta dei servizi pubblici locali. A seguito dei cambiamenti normativi dell’ultimo decennio, tali consorzi multiservizi sono stati
trasformati in società per azioni a capitale misto, pubblico e privato.
Attualmente la forma di consorzio prevista dal TUEL non è più modalità gestionale dei servizi pubblici, ma consorzio per l’esercizio associato di funzioni (art.
31 D.Lgs. 267/2000). Il comma 7 dell’art. 31 così prevede: “In caso di rilevante
interesse pubblico, la legge dello Stato può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori per l’esercizio di determinate funzioni e servizi. La stessa legge ne
demanda l’attuazione alle leggi regionali”.
Per i servizi pubblici ambientali l’organismo sovracomunale competente di
regolazione individuato dalle leggi di settore è l’Ambito Territoriale Ottimale
(ATO). Tale organismo, sia per il settore idrico che per il settore dei rifiuti, può
essere previsto nelle forme del consorzio o della convenzione tra enti. L’Ambito
ha competenza solo per il servizio idrico o per quello dei rifiuti, in quest’ultimo
caso coincide con la provincia. Non vi è adesione facoltativa da parte dei comuni, a differenza delle realtà intercomunali francesi, ma viene definito con legge
regionale. Inoltre, gli ATO hanno solo la competenza nella programmazione ed
organizzazione del servizio che deve essere affidato ad un soggetto esterno,
responsabile della gestione del ciclo integrato del servizio ambientale in oggetto (servizio idrico integrato, ciclo integrato dei rifiuti). In Francia le
Communauté d’Agglomeration o le Communautés Urbaines assumono anche
competenze gestionali, infatti possono decidere se delegare il servizio a soggetti esterni o organizzare la gestione internamente (gestion en régie autonome
collective).
CAPITOLO 3
LA GOVERNANCE
ESTERNA
75
LA GOVERNANCE ESTERNA
77
1. I livelli di governo nei servizi pubblici
La ripartizione delle funzioni di pianificazione, controllo ed organizzazione
dei servizi pubblici coinvolge differenti livelli di governo: amministrazione centrale, regioni, dipartimenti1 ed amministrazioni locali.
In questo contesto, i poteri dell’amministrazione centrale riguardano quasi
esclusivamente il governo delle risorse naturali ed il controllo della qualità dell’ambiente e trovano applicazione, ad esempio, nell’adozione di provvedimenti
relativi ai prelievi/scarichi, alla definizione di tetti massimi agli agenti inquinanti, ecc. Il tipo di controllo esercitato viene modulato in relazione agli interessi in oggetto: in caso di tematiche afferenti la salute pubblica, si adotta un
approccio regolativo tradizionale come il command and control, mentre per la
tematica ambientale si preferisce un approccio basato su forme di incentive
regulation, in particolare di tipo economico.
Inoltre, l’amministrazione centrale ha inteso circoscrivere la portata delle
competenze degli enti locali attraverso l’attribuzione di poteri ai prefetti, che
rappresentano lo Stato a livello di ciascuno dei 95 dipartimenti.
Solo poche regioni dispongono di significativi poteri in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali, in quanto questi sono di norma esercitati dai
dipartimenti. L’unica eccezione è costituita dall’Île-de-France, in quanto i servizi pubblici, in particolare quelli di natura ambientale, hanno rilievo regionale
piuttosto che locale.
I dipartimenti sono tradizionalmente il livello di governo deputato alla concertazione tra governo centrale (prefetto) e collettività locali rurali (conseils
generaux). A seguito del decentramento datato 1982-1983, il loro ruolo ha registrato una forte crescita in termini di importanza: in passato, solamente alcuni
di essi si erano organizzati per erogare direttamente i servizi pubblici locali.
Attualmente, invece, sono sempre di più i dipartimenti che predispongono
1
I dipartimenti francesi coincidono con le nostre province.
LA GOVERNANCE ESTERNA
78
forme proprie di gestione dei servizi, anche grazie all’utilizzo di appositi fondi.
In linea generale i dipartimenti non sono competenti sui servizi pubblici locali,
ad eccezione dei trasporti interurbani e dei trasporti scolastici.
Infine, i comuni costituiscono l’unità base per l’organizzazione dei servizi
pubblici locali: la fognatura e la depurazione delle acque reflue, la raccolta dei
rifiuti, i servizi cimiteriali, il trasporto urbano, ecc. In relazione alla loro dimensione, spesso troppo limitata, ed alla loro situazione economica, piuttosto debole, gli enti locali spesso preferiscono organizzarsi in consorzi (Syndicat) e delegare la gestione ad operatori privati. Questi ultimi, salvo eccezioni, non hanno
la proprietà delle infrastrutture, che spetta invece agli enti locali. Qualora questi ultimi si riuniscano in Syndicat, la proprietà delle infrastrutture può essere
trasferita al Syndicat stesso.
Coerentemente con questo processo di progressivo decentramento delle competenze per l’organizzazione, la gestione e l’erogazione dei servizi pubblici locali, gli enti locali hanno fatto spesso ricorso a forme di esternalizzazione, a cui
corrisponde la stipula di contratti di gestione delegata2 con operatori privati.
L’esternalizzazione della gestione dei servizi appare ulteriormente enfatizzata
dalla presenza di gruppi industriali di livello nazionale3 che hanno raggiunto
attualmente una dimensione europea ed internazionale.
In effetti il settore privato ha sviluppato in Francia un’industria dei servizi
che, forte dell’esperienza concreta maturata nella gestione quotidiana dei servizi, ed in sinergia con i servizi tecnici dello Stato e degli enti locali, ha potuto
acquisire un forte know-how e realizzare progetti di ricerca che la pongono al
primo posto nel mondo per l’insieme di funzioni integrate necessarie per assicurare i servizi di distribuzione d’acqua potabile o la raccolta e trattamento delle
acque reflue.
Questo capitolo è dedicato alla descrizione ed all’analisi delle differenti modalità di esternalizzazione della gestione dei servizi pubblici locali. Inoltre, in questa prospettiva, particolare attenzione è dedicata alle Agences de l’Eau, come
soggetti funzionali al miglioramento dell’efficacia della gestione delegata nel
settore idrico.
2
3
Secondo il “Rapport de la mission d’évaluation et de contrôle sur le prix de l’eau”, i contratti di
gestione delegata a maggio 2001 erano circa 15.000 (si consideri che in Francia esistono circa
36.000 comuni).
Il rafforzamento di questi soggetti sul territorio nazionale è andato sviluppandosi fin dalla seconda metà dell’Ottocento.
LA GOVERNANCE ESTERNA
2. Le forme di esternalizzazione della gestione nei servizi
pubblici
Come accennato nel paragrafo introduttivo, gli enti locali possono, in alternativa alla gestione diretta, affidare la gestione del servizio a soggetti esterni privati (gestion déléguée). È compito del Consiglio comunale o del Syndicat effettuare tale scelta, dopo uno studio preliminare delle alternative, oltre che delle
condizioni offerte.
Nel caso di gestione delegata, gli enti locali affidano la gestione di tutto o
parte del servizio ad una società privata, all’interno di un contratto con durata
variabile.
In particolare per il settore idrico, le principali tipologie di contratti delegati
sono l’affermage e la concession.
a) Affermage: l’ente locale realizza e finanzia gli investimenti e affida la gestione degli impianti al gestore privato, il quale si remunera attraverso la riscossione della tariffa e ha l’obbligo di trasferire una parte delle entrate tariffarie agli
enti locali che devono affrontare i costi di ammortamento tecnico e finanziario
delle reti ed impianti (la cosiddetta surtaxe). Il rischio imprenditoriale della
gestione è in capo al soggetto privato che gestisce ed effettua la manutenzione
straordinaria sulle infrastrutture; inoltre, il gestore è responsabile della gestione
della fatturazione agli utenti (forma di lease contract o betrieber modell). La
durata media del contratto oscilla tra i 5 ed i 20 anni.
Questo sistema di “gestion déléguée” si è largamente sviluppato in Francia
da oltre un secolo. Il soggetto gestore svolge solo determinati tipi di nuovi
investimenti relativi, ad esempio, alle componenti tecniche ed elettroniche
degli impianti. Rimane comunque esclusa la responsabilità della manutenzione straordinaria e dell’estensione della rete. Viene considerata una modalità
di gestione incentivante rispetto al semplice contratto di gestione (management contract), poiché la responsabilità imprenditoriale conduce ad ottenere
un maggior controllo dei costi operativi di gestione di reti ed impianti del servizio.
79
LA GOVERNANCE ESTERNA
Figura 1
L’affermage
COMMUNE
OU
SYNDICAT
80
CONTRAT
D’AFFERMAGE
DISTRIBUTEUR
PRIVE
FONCTIONNEMENT
INVESTISSEMENT
FACTURE
USAGERS
Fonte: La Gestion de l’Eau en France, in www.oieau.fr, 2003
b) Concession: nel sistema di concession, l’impresa privata investe e gestisce
al contempo il servizio. È il soggetto privato, infatti, che costruisce le opere e le
gestisce a sue spese, remunerandosi attraverso la riscossione delle tariffe. Al
termine del contratto deve trasferire le opere in proprietà agli enti locali. Gli
investimenti non rientrano nel bilancio delle amministrazioni che non devono
pertanto prevedere i relativi finanziamenti. Ecco perché, nella prospettiva di
LA GOVERNANCE ESTERNA
dover affrontare investimenti di una certa entità, l’amministrazione di frequente coglie l’occasione per cambiare la modalità di gestione a favore della concessione. Al contempo, vi è un aumento delle tariffe idriche a carico degli utenti.
Non è solo il cambiamento della modalità di gestione la causa di tale incremento tariffario; le modalità di gestione ed i servizi medesimi sono cambiati. La
direttiva europea del 1991 sulle acque, recepita dalla legislazione francese con
la legge 9/01/92, ha reso obbligatorio ai comuni con più di 15 mila abitanti di
disporre di idonei impianti di depurazione delle acque reflue entro il 2001 ed il
mercato è tuttora in fase di riassetto. La durata media del contratto è di mediolungo periodo (20-50 anni), in ragione del rischio d’impresa più elevato e della
necessità di recuperare gli investimenti. In diversi casi, le concessioni di vecchia
data, nel momento del rinnovo del contratto, sono state trasformate in contratti
di affermage.
Il concession contract trova particolare applicazione nel settore idrico, con le
seguenti declinazioni:
• BOOT (Build-Own-Operate-Transfer): il settore privato progetta, finanzia, costruisce e gestisce l’impianto in proprietà per tutta la durata del contratto. Al
termine, la proprietà ritorna pubblica (ad es: impianti di depurazione).
• BOT (Build-Operate-Transfer): il settore privato progetta, finanzia, costruisce
e gestisce l’impianto per tutta la durata del contratto. Alla fine del periodo,
l’infrastruttura viene trasferita all’ente pubblico (ad es: reti di distribuzione).
• BTO (Build-Transfer-Operate): in questo caso la proprietà dell’infrastruttura
viene trasferita all’ente pubblico nel momento in cui viene completata. Il soggetto privato mantiene la gestione del servizio.
• BOO (Build-Own-Operate): il soggetto privato mantiene la proprietà dell’impianto e lo gestisce sulla base di un contratto. Questa modalità risulta poco
frequente; si può rinvenire, ad esempio, nel caso di impianti di potabilizzazione che rimangono di proprietà del soggetto privato.
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LA GOVERNANCE ESTERNA
Figura 2
La concession
COMMUNE
OU
SYNDICAT
82
TRAITE DE
CONCESSION
DISTRIBUTEUR
PRIVE
FONCTIONNEMENT
INVESTISSEMENT
FACTURE
USAGERS
Fonte: La Gestion de l’Eau en France, in www.oieau.fr, 2003
Esistono comunque differenti situazioni intermedie tra gestione diretta e
gestione delegata.
Gli enti locali possono, ad esempio, decidere di gestire direttamente gli impianti di termovalorizzazione dei rifiuti o di produzione e di grande adduzione d’acqua potabile e affidare a soggetti privati la sola attività di gestione/distribuzione.
Un altro esempio è l’affidamento frequente ai privati di servizi commerciali che
richiedono il rapporto diretto con gli utenti (fatturazione). Con il service contract
il soggetto privato è obbligato ad erogare all’ente pubblico o all’azienda di pro-
LA GOVERNANCE ESTERNA
prietà del medesimo un servizio specificamente individuato dietro corrispettivo
(es: telelettura, fatturazione, gestione interruzioni/guasti, ecc.). Si tratta della
forma più semplice di outsourcing, alla quale si ricorre per superare problematiche contingenti dell’ente e/o assenza di competenze interne. Si tratta di un contratto normalmente di breve durata (da 6 mesi a 3 anni).
In alternativa alla gestione delegata propriamente detta esistono, più raramente, casi di:
– gestione diretta “intéressée”, nella quale un soggetto privato è contrattualmente tenuto a far funzionare il servizio pubblico, ricevendo in cambio una
remunerazione ancorata ai risultati. Il soggetto “regisseur intéressé” gestisce
le opere costruite dalle amministrazioni locali, ma non assume il rischio
imprenditoriale, né ha la possibilità di fissare le tariffe, che sono determinate
dall’amministrazione, responsabile anche della copertura dei costi del servizio in oggetto;
– contratti di gestione in cui l’ente locale versa un corrispettivo al soggetto privato e decide solo la fissazione delle tariffe (gérance o management contract):
la gestione del servizio e la manutenzione ordinaria delle infrastrutture sono
in capo al soggetto privato che non riceve alcuna remunerazione legata ai
risultati; la tariffa pagata dagli utenti viene percepita dall’ente pubblico. Si
tratta di una forma più evoluta di contracting-out relativa ad una gestione
completamente esternalizzata del servizio. La durata media del contratto
oscilla tra i 3 ed i 10 anni. Nelle forme di service contract e management contract il corrispettivo per il servizio reso viene trasferito dall’ente locale al soggetto privato a differenza delle forme di gestione delegata in cui gli utenti
divengono clienti del soggetto privato che si assume il rischio imprenditoriale ed è legalmente responsabile del servizio;
– Société d’Economie Mixte (S.E.M.), cioè una società di capitali nella quale
l’ente pubblico detiene almeno il 51% del capitale ed i soggetti privati detengono almeno il 20% del capitale. Le amministrazioni locali possono pertanto
partecipare alla costituzione di società per azioni miste regolate dalla legge
66-537 del 24/7/66 modificata dalla legge 83-597 del 7/7/83. Nonostante gli
enti locali siano presenti con la maggioranza del capitale nelle SEM, ciò non
sembra essere sufficiente a garantire una buona valutazione del servizio erogato. Infatti, trovandosi al contempo nel ruolo di controllati e controllanti, gli
amministratori locali possono avere alcune esitazioni nell’effettuare analisi
approfondite sulle attività delegate; e ciò comporta una notevole difficoltà
nello stabilire regole generali di valutazione. È una modalità poco diffusa in
Francia per il servizio idrico, mentre è utilizzata per altri servizi pubblici
locali (ad esempio per la gestione dei rifiuti, o per il settore fieristico).
83
LA GOVERNANCE ESTERNA
Figura 3
La Société d’Economie Mixte (S.E.M.)
84
COMMUNE
OU
SYNDICAT
TRAITE DE
CONCESSION
≥ 51%
≥ 20%
DISTRIBUTEURS PRIVES
CAPITAL
SOCIETE
D’ECONOMIE
MIXTE
FONCTIONNEMENT
INVESTISSEMENT
FACTURE
USAGERS
Fonte: La Gestion de l’Eau en France, in www.oieau.fr, 2003
Nell’evidenziare le differenti tipologie di gestione delegata, occorre sottolinearne un aspetto: le modalità sovradelineate non sono rigidamente suddivise,
bensì rientrano tutte nelle possibilità di scelta di esternalizzazione da parte di
un ente locale per i differenti servizi, ed anche per il medesimo servizio; ad
esempio all’interno di un lease contract del servizio idrico (affermage) risulta
possibile stipulare una concessione BOT per la costruzione di un impianto di
depurazione. Tale modalità viene definita avenant concessif (cioè parziale modifica del contratto per una concessione su una sola infrastruttura).
LA GOVERNANCE ESTERNA
3. La struttura del mercato idrico in Francia
Il servizio di distribuzione dell’acqua presenta i caratteri del monopolio naturale; in Francia l’organizzazione della gestione è di competenza degli enti locali a partire dal 1792. I comuni quindi sono maîtres d’ouvrages, cioè titolari della
responsabilità per l’erogazione del servizio idrico e dell’effettuazione degli
investimenti. La responsabilità giuridica e l’autorità per i servizi di distribuzione dell’acqua potabile e di fognatura e depurazione ricade sui circa 36 mila
comuni, di cui più di mille con un numero talmente ridotto di abitanti da non
avere un sindaco, per cui risulta difficile individuare il numero totale di soggetti gestori.
Le tipologie di contratto di cooperazione e gestione sono molteplici, incluse le
forme consortili di acquisizione della risorsa idrica. Secondo stime di IFEN
(Institut Français de l’Environnement) e FNDAE (Fond National pour le Developpement des Adductions d’Eau) operano in Francia all’incirca 16.200 gestioni di distribuzione d’acqua potabile (e fino a 32.000 sistemi tecnici chiamati
UDI, Unité de Distribution) e 16.750 gestioni del sistema fognario e depurativo.
Spesso i comuni tendono a consorziarsi ed affidare la gestione a soggetti privati, i quali, come accennato, a dispetto della loro dimensione, non risultano
essere proprietari delle infrastrutture idriche.
Delle 16mila gestioni esistenti, 12mila rimangono a sé stanti, mentre 4mila
rappresentano forme di cooperazione di 22mila comuni. Gli altri 2mila comuni sono di dimensioni talmente ridotte da non prevedere nemmeno forme di
gestione.
Attualmente in Francia, in relazione al numero di utenti serviti, la distribuzione dell’acqua potabile è in larga parte assicurata dalla gestione delegata
(75%). I servizi di fognatura e depurazione, tradizionalmente gestiti direttamente dagli enti locali, sono progressivamente affidati a soggetti privati (allo stato
attuale più del 35%).
Il settore idrico in Francia è dominato dalla presenza di 3 principali gruppi privati: Vivendi (Général des Eaux), Suez-Lyonnaise des Eaux e SAUR/Bouygues.
Gli stessi soggetti sono, inoltre, i principali operatori a livello internazionale, e
controllano più del 70% del mercato dell’acqua. Inoltre, stanno allargando le loro
competenze nei settori liberalizzati delle telecomunicazioni, dell’energia, dei trasporti, fino alla comunicazione (canali televisivi, stampa).
Gli investimenti vengono di norma finanziati (per una percentuale che oscilla
tra il 30 ed il 50%) dalle Agences de l’Eau, mediante contributi a fondo perduto o mediante concessione di mutui a tasso zero. La rimanente quota viene finanziata dagli operatori mediante strategie di project financing.
In un contesto di elevata esternalizzazione e di ricorso a contratti di gestione
85
LA GOVERNANCE ESTERNA
86
delegata che caratterizza il settore idrico francese, si è ritenuto utile approfondire come lo Stato centrale, a partire dagli anni ’60, abbia deciso di delegare l’organizzazione ed il coordinamento della gestione della risorsa e dei finanziamenti pubblici alle Agences de l’Eau. Le Agences costituiscono dei soggetti terzi
sia rispetto allo Stato sia rispetto alle collettività locali (inclusi i departements)
responsabili della gestione del servizio, e proprio in questa prospettiva si collocano ad un livello intermedio tra i precedenti livelli di governo.
Dal punto di vista giuridico, le Agences sono enti autonomi di diritto pubblico che consentono, tra l’altro, ciascuna per il proprio bacino idrografico, di realizzare i sistemi di pianificazione del servizio (soprattutto in termini di manutenzione ed investimenti) elaborati a livello locale, raccogliendo e convogliando
i finanziamenti pubblici necessari, da erogare sia sotto forma di finanziamenti a
fondo perduto sia sotto forma di finanziamenti a tasso zero.
In questa prospettiva, temperando l’aumento delle tariffe, la razionalità delle
Agences coincide essenzialmente con la volontà di limitare l’impatto delle predette attività di pianificazione sul piano redistributivo.
LA GOVERNANCE ESTERNA
Il ruolo delle Agences de l’Eau
87
Il contesto di riferimento
La legge 64-1245 del 16 dicembre 1964 relativa al regime ed alla ripartizione
degli usi dell’acqua ed alla lotta all’inquinamento è stata definita la grande legge
francese sull’acqua. Essa è finalizzata al miglioramento della qualità delle acque
e dei litorali anche mediante l’adozione di un nuovo approccio economico. Tale
legge ufficializza inoltre il bacino idrografico come campo geografico d’azione
con la creazione dei Comitati di bacino (art. 13) e delle Agenzie finanziarie di
bacino (art. 14): per la prima volta un’entità naturale, il bacino idrografico, determina i confini della corrispondente circoscrizione amministrativa, costituendo
l’oggetto di una gestione specifica.
Il decreto applicativo n. 66-700 del 14 settembre 1966 definisce le sei Agenzie
di bacino che sono, in ordine di importanza finanziaria, Seine-Normandie,
Rhone-Méditerranée-Corse, Rhin-Meuse, Loire-Bretagne, Adour-Garonne e
Artois-Picardie. Le agenzie sono dotate di personalità civile ed autonomia finanziaria, ed hanno il compito di facilitare le azioni di interesse comune a livello di
bacino attraverso la corresponsione di sovvenzioni e prestiti.
Il passo successivo in termini di riorganizzazione del servizio e tutela della
risorsa avviene con l’approvazione della legge 3 gennaio 1992. Tale legge disciplina l’organizzazione del servizio secondo criteri di “gestione equilibrata della
risorsa”.
La legge del 1992 insiste sul regime unificato dell’acqua, su una modalità di
gestione della risorsa idrica volta a conciliare gli interessi pubblici e privati a
scala europea, nazionale e locale4.
Essa modifica inoltre i principi di gestione del servizio idrico. All’art. 1 si
afferma che l’acqua appartiene al patrimonio comune della nazione. La sua protezione, la sua valorizzazione e lo sviluppo della risorsa utilizzabile, nel rispetto degli equilibri naturali, è di interesse generale. In sintesi, la corretta conser4
Le tensioni tra i diversi interessi contrastanti porta a delle negoziazioni complesse che potrebbero prendere il sopravvento sull’obiettivo della conservazione della risorsa.
LA GOVERNANCE ESTERNA
88
vazione della risorsa idrica viene vista come il presupposto indispensabile per
la soddisfazione delle necessità degli utenti.
Le sue disposizioni sono finalizzate ad una gestione equilibrata della risorsa
idrica, conciliando gli interessi legati alla protezione della risorsa con gli interessi economici. In questa prospettiva, i soggetti operanti a livello di bacino (tra
cui rientrano a pieno titolo le Agenzie di bacino) dovranno essere i primi attori
di questa gestione integrata. La legge del 1992 accresce quindi sensibilmente la
decentralizzazione della gestione delle acque rinforzando al contempo la partecipazione delle Agences alla politica dell’acqua.
In relazione all’importante evoluzione dei diversi usi della risorsa ed al conseguente aumento dei conflitti tra gli utilizzatori, la predetta legge ha altresì previsto l’adozione, a partire del 1997, di uno Schéma directeur d’aménagement et
de gestion des eaux (SDAGE) a livello di ciascun bacino o di un raggruppamento di bacini. Di fatto, lo SDAGE è uno strumento di pianificazione di lungo
periodo (dai dieci ai venti anni) che associa tutti gli attori a livello di bacino e
che va oltre la durata quinquennale dei programmi delle Agences. Lo SDAGE
viene elaborato dai Comitati di Bacino, dietro iniziativa del Prefetto coordinatore del bacino, e successivamente approvato dallo Stato. Le Agences de l’Eau5
contribuiscono alla redazione della componente tecnica dello SDAGE. È importante ricordare che tutte le decisioni amministrative a livello di risorsa devono
necessariamente tener conto di quanto previsto dallo SDAGE.
La legge prevede un’applicazione dello SDAGE a livello locale (per un corso
d’acqua, per una riviera, per una nappa acquifera, ecc.) attraverso lo Schéma
d’aménagement et de gestion des eaux (SAGE). I SAGE vengono elaborati di concerto dai rappresentanti locali, dalle associazioni e dallo Stato all’interno di una
“Commission locale de l’eau”. Il SAGE è decisamente più operativo dello
SDAGE: fissa gli obiettivi generali relativi all’utilizzo della risorsa, le modalità
di valorizzazione della medesima, nonché gli obiettivi di protezione quantitativa e qualitativa delle acque superficiali e sotterranee, degli ecosistemi acquatici
e delle zone umide.
Le ragioni sottese alla creazione delle Agences de l’Eau
Le Agences de l’Eau rivestono un ruolo di grande importanza all’interno del
quadro della politica idrica francese, soprattutto per quanto concerne le politiche di finanziamento del servizio e degli investimenti connessi alla realizzazione dello stesso.
5
È proprio in questo testo di legge che le agenzie finanziarie di bacino vengono chiamate per la
prima volta Agences de l’Eau.
LA GOVERNANCE ESTERNA
La situazione problematica determinata dal degrado della qualità delle acque
in Francia all’inizio degli anni ’60 ha determinato la necessità di ripensare le
modalità di approccio alla gestione dell’acqua in termini di globalità, decentralizzazione e finanziamento utilizzando una nuova forma di approccio economico. La Commission de l’Eau aveva constatato un livello di inquinamento crescente, che oltrepassava la naturale capacità di depurazione dei corpi idrici
recettori, trasformando l’acqua in un bene raro, di natura economica, da utilizzare al meglio secondo gli interessi della collettività all’interno di un quadro di
programmi di investimenti volti a contrastare l’inquinamento senza precedenti.
Per quanto concerne l’approccio economico, era necessario che i prezzi della
risorsa naturale riflettessero pienamente il costo opportunità legato al loro utilizzo (gli ideatori delle Agences parlavano di verità dei prezzi). Questo avrebbe
consentito di sopprimere il sistema di sovvenzioni/sussidi e le conseguenti
distorsioni6. Presupposto indefettibile era la creazione di un sistema di entrate
correttamente dimensionate a livello territoriale.
Lo Stato francese ha abbandonato il ricorso alle politiche di sovvenzione del
servizio idrico negli anni ’70. Questo abbandono ha coinciso con la crescita del
ruolo delle Agences de l’Eau, che fin dall’inizio presentavano i caratteri della
mutualizzazione e della perequazione.
L’esperienza francese delle Agences de l’Eau è decisamente diversa da quella
delle Regional Authorities inglesi e delle Confederaciones spagnole. Le Agences
sono delle istituzioni decentralizzate sorte in un Paese di tradizione centralista;
esse sono, in sostanza, il prolungamento di una tradizione di pianificazione e
gestione integrata della risorsa idrica. Le Agences de l’Eau rispondono quindi
alla logica del decentramento della gestione della risorsa idrica.
Gli obiettivi delle Agences
La vera razionalità delle Agences de l’Eau non è tanto quella di dare attuazione al principio del polluter pay7, quanto quella di finanziare la realizzazione di
investimenti finalizzati al miglioramento dell’ambiente. L’obiettivo è più o meno
6
7
“L’intervention des Agences permettra donc, conformément à la politique générale de vérité des
prix et d’allégement de la charge des finances publiques, de supprimer progressivement les subventions automatiques et les distorsions qui en résultent”, A.V. Kneese, H. Levy-Lambert, Economie et gestion de la qualité des eaux, Dunod, 1967.
Si segnala infatti che il polluter pay principle, di matrice tedesca ed anglosassone, è stato introdotto in Francia dall’OECD nel 1971-1972: “Ce principe signifie que le pollueur devrait se voir
imputer les dépenses relatives aux mesures arrêtées par les pouvoirs publics pour que l’environnement soit dans un état acceptable... D’une façon générale de telles mesures ne devraient
pas être accompagnées de subventions susceptibles d’engendrer des distorsions importants dans
le commerce et les investissements internationaux”. Per le Agences de l’Eau si tratta piuttosto
del principio secondo il quale “l’eau doit payer l’eau”.
89
LA GOVERNANCE ESTERNA
90
esplicitamente enunciato all’art. 14-2/18 della sopracitata legge del 1964, laddove si prevede che l’ammontare complessivo delle entrate a livello di singola
Agence debba essere determinato in funzione delle spese sulla stessa gravanti
all’interno di un quadro di programmazione pluriennale degli interventi.
Inoltre, il principio del polluter pay è legato al liberismo ed è finalizzato all’adozione di un meccanismo di mercato per l’internalizzazione delle esternalità,
sostitutivo di un’azione regolamentare dello Stato.
La razionalità sottesa al funzionamento delle Agences è invece diversa ed è la
sussidiarietà, la “comunità”: non si tratta di eliminare l’inquinamento bensì di
gestirlo collettivamente in maniera soddisfacente per la comunità degli utilizzatori. In sostanza, chiunque utilizza la risorsa deve corrispondere agli altri un corrispettivo; il complesso di fondi raccolti (veicolati in una sorta di fondo di compensazione reciproca tra gli utilizzatori della risorsa) viene destinato al finanziamento degli investimenti di lungo periodo di “lavori di interesse comune”
finalizzati al miglioramento dell’ambiente.
Le linee di intervento delle Agences sono essenzialmente due:
a. finanziamento (parziale/totale) di lavori di interesse comune, costruzione e
sfruttamento di opere rispondenti a bisogni individuati dai Comitati di bacino9. I relativi investimenti vengono realizzati dai comuni.
b. attività di studi e ricerche sull’acqua, effettuate direttamente o commissionate a terzi10.
Le Agences de l’Eau come agenzie finanziarie
Come anticipato, coerentemente con le motivazioni legate alla loro istituzione,
il finanziamento degli investimenti costituisce l’obiettivo primario delle
Agences de l’Eau.
Le Agences fissano degli obiettivi a cinque anni, che declinano in differenti
linee di azione, a ciascuna delle quali viene destinato un montante, fissato anticipatamente per il quinquennio. L’insieme delle azioni costituisce quello che
viene chiamato il “programma d’interventi”.
8
Art. 14-2/1: “Le montant global des redevances mises en recouvrement par chaque agence est
déterminé en fonction des dépenses lui incombant dans le cadre d’un programme pluriannuel
d’intervention dressé en conformité avec les orientations du plan de développement économique et social tel qu’annexé à la loi qui en porte approbation”.
9 Art. 14/5: “L’agence attribue des subventions et des prêts aux personnes publiques et privées
pour l’exécution de travaux d’intérêt commun au bassin ou au groupement de bassins directement effectués par elles, dans la mesure où ces travaux sont de nature à réduire les charges financières de l’agence”.
10 Art.14/4: “L’agence contribue, notamment par voie de fonds de concours au budget de l’Etat, à
l’exécution d’études, de recherches et d’ouvrages d’intérêt commun aux bassin et à la couverture de ses dépenses de fonctionnement”.
LA GOVERNANCE ESTERNA
Se la denominazione del programma è la medesima per tutte le Agences, in
realtà il loro peso finanziario è decisamente diverso: esiste un rapporto di uno a
sei tra il programma dell’Agences più piccola (Artois-Picardie) e quella più grande (Seine-Normandie). Quest’ultima mobilizza più del 40% del totale degli aiuti
disponibili. Inoltre, più che nel peso finanziario, la specificità dei programmi
risiede nella loro stessa esistenza. In Francia, la vita degli organismi amministrativi ha un ritmo pressoché annuale, in quanto legata al budget. Al contrario, per
le Agences il budget è pluriennale. Da segnalare che il quinquennio costituisce
una scadenza indefettibile, in quanto alla fine del programma tutto il denaro non
speso viene perduto. Il programma successivo riparte infatti da zero11.
Il sostentamento degli investimenti è finalizzato a:
a) assicurare l’equilibrio fra domanda ed offerta di risorse idriche;
b) raggiungere gli obiettivi di qualità stabiliti dai regolamenti;
c) migliorare ed accrescere le risorse del bacino;
d) assicurare la protezione contro le inondazioni.
Una volta definite le azioni e le linee di operatività dei diversi programmi resta
da definire il dispositivo delle entrate. Si tratta di un’attività di competenza del
consiglio d’amministrazione di ciascuna Agences, che fissa la base imponibile,
le aliquote e le categorie di prelievi indispensabili a compensare gli interventi
preventivati12.
Relativamente all’obiettivo dell’autonomia finanziaria, le principali entrate13
delle Agences sono costituite da:
– riserve in tesoreria di cui le Agences possono fruire, ma all’interno di un limite massimo (di norma non particolarmente elevato);
– rimborsi dei prestiti e risconti. Le Agences, infatti, oltre ad erogare delle sovvenzioni, concedono anche dei prestiti14 di differente durata (a tasso d’interesse zero. Il rimborso si limita quindi alla quota in conto capitale);
11 “Nous sommes donc en présence d’une logique de nature budgétaire, appliquée à un outil qui
n’est pas un budget: le but pour l’Agence est d’atteindre les montants programmés, sans les
dépasser, mais en s’en approchant le plus possible”, Commissariat Général du Plan, Rapport au
Gouvernement, 1997.
12 “Le montant global des redevances à percevoir susceptibles d’etre mises en recouvrement par
l’Agence (…) est fixé en fonction des dépenses de toutes natures devant incomber à l’Agence,
dans le cadre d’un programme pluriennal d’intervention (...)”, articolo 17 decreto n. 66-700.
13 Art. 14/6: “L’agence établit et perçoit sur les personnes publiques ou privées des redevances,
dans la mesure où ces personnes publiques ou privées rendent nécessaire ou utile l’intervention de l’agence ou dans la mesure où elles y trouvent leur intérêt”.
14 “L’Agence attribue des subventions et des prêts aux personnes publiques et privées pour l’exécution de travaux d’intéret commun au bassin ou au groupement de bassins directement effectués par elles, dans la mesure où ces travaux sont de nature à reduire les charges financières de
l’Agence”, articolo 14 della legge dicembre 1964.
91
LA GOVERNANCE ESTERNA
– le entrate (redevances ressource), legate ai prelevamenti ed alle derivazioni
della risorsa, e le entrate legate al deterioramento della qualità della risorsa
(redevance pollution). I soggetti passivi sono tutti gli utilizzatori della risorsa
(città, industrie, agricoltori) che intaccano la quantità e/o la qualità della
risorsa o ne modificano il regime.
92
Per quanto concerne gli scarichi (redevance pollution), il corrispettivo viene
determinato fondamentalmente sulla base della quantità d’inquinamento prodotto in un giorno normale del mese di attività massima15, una sorta di media
di punta.
Il corrispettivo per gli usi domestici o assimilati viene calcolato sulla base del
numero degli abitanti dell’agglomerato urbano, a cui viene aggiunto il numero
degli abitanti stagionali (ponderato per un coefficiente pari a 0,4), il tutto moltiplicato per un coefficiente di agglomerazione che varia da 0,5 per i comuni di
400 abitanti a 1,4 per la città di Parigi. I comuni con meno di 400 abitanti sono
esonerati dal pagamento del corrispettivo.
Il corrispettivo per le industrie viene calcolato sulla base di diversi parametri,
differenti per ciascuna attività (numero di dipendenti, materiali acquistati, ecc.),
e sul volume dell’inquinamento prodotto da ciascun stabilimento.
Per quanto riguarda la redevance prélèvement, relativa ai prelievi ed ai consumi d’acqua, il testo di legge ed i successivi regolamenti non definiscono esattamente la base di calcolo.
Conseguentemente, si registrano situazioni diverse per i differenti bacini, normalmente legate ai diversi tipi di fonte della risorsa ed alla destinazione finale
della stessa. Il corrispettivo viene di conseguenza fissato da ciascuna Agence in
accordo con il Comitato di bacino, in modo da equilibrare i programmi prioritari
d’intervento. Esso è modulato geograficamente in funzione delle priorità e degli
obiettivi di qualità definiti dal Comitato.
15
Art. 14-1/1: “(...) les redevances (…) sont établies et perçues par les agences financières de bassin en fonction de la quantité de pollution produite par les personnes publiques et privées un
jour normal du mois de rejet maximal”. Normalmente, la portata dell’impatto ambientale di uno
scarico è legata alla media di punta e non alla media annuale, almeno per quanto concerne i
fiumi.
LA GOVERNANCE ESTERNA
Figura 4
La struttura della tariffa del servizio idrico in Francia
Fognatura
Redevance pollution
Redevance prelevement
FNDAE
TVA
Acqua
Fonte: La Gestion de l’Eau en France, in www.oieau.fr, 2003
Per quanto concerne i beneficiari dei prestiti/sovvenzioni erogati, il solo vincolo imposto a loro carico riguarda la presentazione sistematica da parte dei
potenziali beneficiari (enti locali, industrie, agricoltori) di un dossier tecnico
descrittivo contenente gli elementi necessari per la sua istruzione. Nessuna
valutazione economica dei progetti è oggetto delle analisi di competenza delle
Agences.
Tra tutti, le collettività locali costituiscono la categoria di beneficiari più
importante.
93
LA GOVERNANCE ESTERNA
Figura 5
La struttura dell’Agence de l’Eau
94
Corrispettivi
sui prelievi
Corrispettivi
sugli scarichi
AGENCE DE L’EAU
Bilancio
Direttore
Programma
quinquennale
Studi
e ricerche
Pianificazione
Finanziamento
Gestione integrata
Pianificazione
Collettività locali
Agricoltori
La tabella 1 e la figura 6 evidenziano la dinamica temporale delle diverse
entrate in corrispondenza del VI, VII ed VIII programma delle Agences.
LA GOVERNANCE ESTERNA
Tabella 1
Andamento e ripartizione settoriale delle entrate
VI progr.
VII progr.
VIII progr.
2756,378
9383,862
6000,329
2303,445
8024,455
5109,034
436,642
1267,035
825,395
16,292
92,372
65,900
Redevences pollution
4482,300
7830,530
4929,580
Redevences ressource
3755,864
1553,977
1070,749
551,276
1563,977
1500,082
460,689
1337,409
1277,259
87,328
211,172
206,349
3,258
15,395
16,475
Redevences pollution
896,460
1305,088
1232,395
Redevences ressource
751,173
258,889
267,687
Total Redevences
Collettività
Industrie
Agricoltori
Media annuale
Collettività
Industrie
Agricoltori
Fonte: Senato francese, 2003
Figura 6
Grafico dell’andamento e ripartizione settoriale delle entrate
1600
1600
1400
1400
1200
1200
1000
1000
800
800
600
600
400
400
200
200
0
0
VIème pgme
Collectivités
Fonte: Senato francese, 2003
VIIème pgme
Industries
VIIIème pgme
Agriculture
Total
95
LA GOVERNANCE ESTERNA
96
In chiusura, è opportuno sottolineare come in caso di affidamento del servizio
mediante concessione spetta al partner privato il finanziamento della quota di
investimenti che non trovano adeguata copertura nei flussi pubblici (normalmente mediante ricorso a strategie di project financing).
Negli altri casi (régie, affermage, gèrances) sono gli enti locali, singolarmente
o raggruppati in Syndicat, che debbono raccogliere i fondi finanziari necessari
alla realizzazione ex novo o al rinnovamento delle opere di loro proprietà.
Per temperare il significativo impatto tariffario conseguente alla realizzazione
degli investimenti di cui al punto precedente (che potrebbero avere delle ricadute negative in termini di sostenibilità/accettabilità sociale), gli enti locali
dispongono di diversi meccanismi di finanziamento pubblico:
• prestiti/finanziamenti erogati dalle Agences de l’Eau;
• Fonds National pour le Développement des adductions d’Eau (FNDAE). Si
tratta di un fondo di solidarietà “città-campagna” volto a finanziare gli investimenti per i villaggi caratterizzati da una elevata dispersione e da una bassa
densità abitativa;
• regioni e dipartimenti: prevedono nei loro bilanci delle partite connesse agli
investimenti che devono essere effettuati dalle comunità rurali, sia sotto
forma di sovvenzione, sia sotto forma di riduzione degli oneri finanziari legati ai prestiti.
Soggetti istituzionali e livelli di governo coinvolti
Negli anni ’60, e in particolare come osservato con la legge del 1964, si è voluto dare un nuovo slancio alla politica dell’acqua in Francia decidendo di organizzare la gestione della risorsa idrica, considerando i bacini idrografici e conservando i tradizionali principi sottesi all’organizzazione delle amministrazioni
pubbliche. La gestione globale della risorsa e del servizio idrico in Francia avviene quindi mediante una sorta di concertazione istituzionale a tre livelli
(Stato, collettività locali, utenti).
Figura 7
Stato
Collettività locali
Utenti
LA GOVERNANCE ESTERNA
A livello nazionale abbiamo il Comité National de l’Eau, a livello di ciascuna
delle sei grandi circoscrizioni di bacino abbiamo il Comité de bassin e le
Agences de l’Eau.
Un tratto notevole del sistema francese è la forte autonomia delle collettività
territoriali ed, in particolare, dei comuni che hanno le responsabilità della distribuzione dell’acqua potabile e delle fognature. I sindaci rivestono un ruolo chiave in termini di regolazione ed hanno poteri di polizia e di autorità politica.
Le altre collettività locali, le regioni ed i dipartimenti, giocano un ruolo di
incitazione, programmazione e sostegno finanziario, ma essenzialmente sotto
forma di aiuti agli enti locali. Il credito riservato ai comuni rurali per i lavori
relativamente ai servizi di distribuzione e fognatura, provenienti dal FNDAE, è
ripartito tra i dipartimenti interessati.
Lo Stato assicura principalmente le funzioni di regolamentazione e di controllo sulle acque. Sul piano operativo, esse sono esercitate a livello dipartimentale dai servizi di controllo dell’acqua e della pesca, dalla Direction régionale de l’environment, dai prefetti, ecc.
Livello nazionale
A livello nazionale la politica per il settore idrico è gestita, relativamente a differenti profili, da diversi ministeri, i quali hanno conservato nel tempo le loro
competenze settoriali nella gestione della risorsa, determinando così la gestione
dell’acqua ad usi irrigui, potabili, industriali, ecc.
Ciascun ministero esercita le proprie competenze in materia coordinata con gli
altri (principio del coordinamento interministeriale); tale coordinamento è istituzionalizzato e gestito dalla Mission Interministerielle de l’Eau.
Nel dettaglio, al Ministero dell’Ambiente spetta il compito di esercitare nel
settore idrico il coordinamento necessario tra diversi soggetti pubblici che operano nel settore idrico. La creazione al suo interno di una Direzione dell’acqua
(1992) ha portato ad una migliore definizione delle sue competenze, rafforzandone il ruolo di punto di riferimento per le diverse amministrazioni centrali.
Livello regionale
La Francia è suddivisa in 22 regioni amministrative, ciascuna delle quali raggruppa 4 o 5 dipartimenti, che dispongono di una propria assemblea con poteri
deliberativi e di una propria amministrazione locale. Lo Stato ha istituito questo
livello amministrativo per coordinare le azioni che coinvolgono una dimensione più ampia di quella dei singoli dipartimenti. A capo dell’amministrazione
regionale si trova il Prefetto, che può disporre di diverse direzioni regionali, ciascuna delle quali è l’emanazione locale dei ministeri centrali.
Il Ministero dell’Ambiente dispone così di una Direzione Regionale del-
97
LA GOVERNANCE ESTERNA
98
l’Ambiente (DIREN), che coordina i problemi relativi al settore idrico e si avvale di un comitato tecnico dell’acqua, che è il punto di riferimento degli altri servizi tecnici a livello regionale. La DIREN è anche un servizio interdipartimentale a disposizione dei singoli Prefetti di dipartimento.
Il livello regionale resta il livello privilegiato dello Stato per contrattare gli
impegni a medio termine nel quadro dei “contratti di piano”; il settore idrico
spesso è l’oggetto di questi contratti dove la regione, lo Stato ed il dipartimento
si impegnano su temi di ampio respiro.
Livello dipartimentale e comunale
Il dipartimento costituisce il livello amministrativo di base per l’azione dello
Stato. Quest’ultimo è rappresentato dal Prefetto, autorità di governo, incaricato
di eseguire l’insieme delle direttive che riceve dai diversi ministri. È il principio del decentramento periferico dei poteri dell’amministrazione centrale, da
non confondere con il vero e proprio decentramento, che definisce invece le
competenze accordate agli organi elettivi locali.
Si può quindi dire che la politica dell’acqua in Francia, nei suoi aspetti di
controllo amministrativo, è in gran parte delegata alle sedi locali dello Stato;
in particolare il meccanismo di autorizzazioni rilasciate dal prefetto, dopo
un’indagine pubblica, lascia al livello locale un ampio potere di intervento e
di giudizio.
Il prefetto, per l’espletamento della propria azione, dispone dell’apporto di
tutti i servizi tecnici dello Stato, tra cui in particolare la Direzione dipartimentale delle opere pubbliche, la Direzione dipartimentale dell’agricoltura e delle
foreste e la Direzione dipartimentale dell’attività sanitaria e sociale.
Il dipartimento ha anche una sua assemblea deliberativa e un consiglio generale composto da membri eletti in rappresentanza dei raggruppamenti di comuni.
Dispone anche di entrate fiscali e quindi di risorse da destinare al finanziamento delle opere. Nel settore idrico, partecipa alla realizzazione di opere di
adduzione o di impianti di potabilizzazione comunali. Infine, può essere coinvolto direttamente attraverso l’istituto dei “Syndicats” (Consorzi) negli interventi di carattere sovracomunale: manutenzione dei corsi d’acqua, costruzione
di reti idriche per il trattamento, depurazione delle acque, ecc.
Livello di bacino idrografico
È sicuramente il livello di bacino idrografico che caratterizza maggiormente la
gestione dei servizi idrici francesi. Infatti, in questo Paese il sistema di gestione
dell’acqua viene, ormai da più di 30 anni, attuato a livello di bacino idrografico
e non a livello di fiume o di porzioni ancora più limitate.
Come anticipato, il territorio nazionale è stato ripartito in sei grandi circoscri-
LA GOVERNANCE ESTERNA
zioni di bacino16, a livello dei quali avviene la gestione globale della risorsa idrica e dei relativi servizi connessi. La razionalità della gestione a livello di bacino
idrografico risiede nell’opportunità di attribuire la gestione della risorsa agli utilizzatori della medesima e, quindi, alle collettività locali che li rappresentano. Il
ruolo dello Stato è limitato ad attività di regolazione mediante concessione di
autorizzazioni sui prelievi e sugli scarichi (legati al ruolo dello Stato come guardiano della risorsa).
Tabella 2
Estensione territoriale delle 6 Agences de l’Eau
Bacino
Adour-Garonne
Superficie (migliaia kmq)
115
Artois-Picardie
21
Loire-Bretagne
155
Rhin-Meuse
Rhone-Mediterranée-Corse
Seine-Normandie
34
130
96
Le Agences de l’Eau sono una per ciascuna circoscrizione di bacino. Esse presentano le caratteristiche di un ente pubblico amministrativo dotato di personalità civile e di autonomia finanziaria.
L’Agence è diretta da un consiglio d’amministrazione che comprende otto rappresentanti delle collettività locali, otto rappresentanti delle differenti categorie
di utilizzatori, otto rappresentanti dello Stato e un rappresentante del personale
dell’Agence.
Il presidente del consiglio d’amministrazione e il direttore dell’Agence sono
nominati dal governo.
Il Comitato di bacino ha un ruolo fondamentale d’orientamento ed impulso. In
particolare:
– elabora ed adotta, dietro parere del Consiglio regionale e generale, lo Schèma
Directeur d’Amènagement et de Gestion des Eaux (SDAGE) che fissa per ciascun bacino o gruppi di bacini, gli orientamenti fondamentali per una gestione equilibrata dell’acqua in termini di quantità e qualità17;
– viene consultato sulla definizione delle aliquote e della base imponibile delle
16
17
Adour e Garonna, Artois e Picardie, Loira e Bretagna, Rhin e Meuse, Rhone Mediterraneo e
Corsica, Senna e Normandia.
Lo SDAGE corrisponde in buona sostanza al nostro Piano d’Ambito.
99
LA GOVERNANCE ESTERNA
tasse18 relative ai prelievi ed agli scarichi applicate dalle Agences de l’Eau
istituite in ciascun bacino, nonché sull’individuazione dei programmi quinquennali d’intervento delle medesime e sulle modalità con cui le Agences
contribuiscono al finanziamento dei predetti interventi.
Figura 8
100
Gli amministratori delle Agences de l’Eau
Presidente
consiglio
di amministrazione
Stato
Direttore
Consiglio di amministrazione dell’Agence
8 rappresentanti dello Stato
1 rappresentante dell’Agence
8 rappresentanti della collettività locale
8 rappresentanti degli utenti
Aliquota
Base di calcolo
Presidente
Comitati di bacino
Parlement de l’Eau
I principali risultati raggiunti
L’esperienza delle Agences de l’Eau francesi ha registrato diversi risultati
alquanto significativi.
La destinazione di una parte delle risorse finanziarie alle Agences allo scopo
di finanziare investimenti a carattere ambientale costituisce un primo tentativo
18
Art. 14/7: “L’assiette et le taux de ces redevances sont fixés sur avis conforme du comité du bassin”.
LA GOVERNANCE ESTERNA
di internalizzare le esternalità ambientali ed ha determinato un sostanziale avvicinamento del prezzo dell’acqua al costo effettivo della risorsa (da rilevare che
il prezzo dell’acqua rimane comunque in linea con la media europea). Conseguentemente, gli utenti hanno migliorato la percezione della scarsità della risorsa, con potenziali benefici effetti in termini di risparmio idrico o comunque con
un’ottimizzazione dell’allocazione della stessa per diversi consumi.
Inoltre, con le risorse di cui al punto precedente, e grazie ad efficienti forme
programmazione, è stato possibile migliorare significativamente la qualità della
risorsa (anche mediante investimenti in Best Available Technologies).
La Agences consentono inoltre di effettuare investimenti concernenti la manutenzione straordinaria e la costruzione di nuove infrastrutture senza gravare sui
bilanci degli enti locali, di norma insufficienti.
Un altro punto particolarmente interessante ed in linea con la tendenza nel
resto d’Europa concerne la gestione corretta della risorsa a livello di bacino. La
gestione a livello di bacino idrografico presenta, come vantaggio economico, la
possibilità di mutualizzare i costi (soprattutto quelli legati agli investimenti) e la
parziale perequazione delle risorse. Occorre comunque ricordare che non si tratta di realizzare un’omogeneizzazione delle tariffe a livello nazionale, in quanto
le stesse debbono necessariamente riflettere le condizioni locali di produzione.
Sempre a livello di bacino idrografico, la presenza delle Agences consente
inoltre di avere delle Authority a livello locale che presentano dei costi di struttura e funzionamento non particolarmente rilevanti.
Infine, la gestione pubblica da parte delle Agences di parte dei flussi finanziari permette una corretta ed adeguata remunerazione dei soggetti (pubblici o privati) che gestiscono il servizio mediante delegazione.
Elementi di criticità nella realizzazione
Il percorso di creazione e sviluppo delle Agences de l’Eau non è stato caratterizzato da particolari difficoltà di realizzazione.
Gli elementi di criticità successivamente elencati non ostacolano infatti una
gestione efficiente ed efficace del servizio.
Tali elementi sono essenzialmente legati:
a) alla discussione sulla presunta incostituzionalità delle Agences. Ai sensi dell’art. 34 della Costituzione francese, solamente le leggi votate dal Parlamento
possono fissare le regole concernenti la base di calcolo, l’aliquota e le modalità di copertura delle imposizioni di qualsivoglia natura.
Sulla base del predetto articolo, il Consiglio costituzionale, con parere del 23
giugno 1982, ha affermato che le entrate delle Agences de l’Eau debbono essere ricomprese nel novero delle imposizioni di cui al punto precedente, non
101
LA GOVERNANCE ESTERNA
102
trovando corrispondenza in servizi direttamente erogati.
Di conseguenza, le predette entrate sarebbero incostituzionali, in quanto stabilite nel dettaglio non dalla legge, ma dalle Agences stesse. Di fatto, non possono esservi imposte fissate liberamente da una collettività locale se queste
non sono il prodotto di un suffragio universale19.
b) Al fatto che le Agences tendono non tanto a finanziare progetti concernenti
la protezione ed il miglioramento dell’ambiente e della qualità della risorsa,
quanto piuttosto azioni necessarie all’adeguamento a quanto prescritto dalle
direttive comunitarie in materia.
c) Al fatto che le Agences non sono sempre organizzate e gestite in maniera tale
da minimizzare i costi. In particolare, relativamente al principio del polluter
pay, si segnala come il medesimo non sia applicato propriamente in senso
economico. Le entrate sono generalmente troppo deboli per essere considerate incitative; esse sono inoltre troppo poco differenziate sul territorio per
permettere una concentrazione sufficiente di fondi nei punti prioritari.
d) Alla carenza di informazioni. Uno degli obiettivi principali delle Agences è
la realizzazione dei loro obiettivi alle migliori condizioni economiche possibili. Questo implica però la presenza di un complesso di indicatori utili e
funzionali a questo tipo di valutazioni. In realtà, non sono stati creati indicatori di questo tipo né per quanto concerne il livello di inquinamento, né per
quanto riguarda l’evoluzione di lungo periodo degli indicatori relativi alla
qualità della risorsa20.
Punti di forza in termini di governance
La governance esterna, o governance del territorio, coincide con l’insieme
delle decisioni politiche relative, ad esempio, alle modalità di gestione ed erogazione dei servizi pubblici locali attraverso il ricorso ad organizzazioni di diritto pubblico o privato, esterne all’ente e dallo stesso eventualmente partecipate.
In questa prospettiva, la descrizione dell’esperienza francese delle Agences de
l’Eau appare decisamente funzionale ad una corretta analisi delle forme di
gestione delegata nel settore idrico.
19
20
“C’est ce qu’on appelle l’indivisibilité de la République, et qui est profondément antinomique
avec la notion même de subsidiarité” (Marcou, 1993).
“Dans ces conditions, instiller de l’efficacité devient nécessaire. Des indicateurs diversifiés, une
meilleure connaissance de l’évolution du milieu aquatique, un marché plus transparent, des
ressources nouvelles, une différenciation plus nette des redevances, une représentativité renouvelée des Comités, une évaluation continue de l’impact des actions soutenues par les Agences:
tout cela peut y contribuer”, Evaluation du dispositif des Agences de l’Eau, Rapport au
Gouvernement, 1997.
LA GOVERNANCE ESTERNA
L’ottimizzazione dei benefici legati all’esternalizzazione dell’erogazione di un
servizio implica, infatti, la presenza di adeguati ed opportuni soggetti istituzionali, quali le Agences, deputati al controllo sia del servizio stesso sia del gestore, nonché di adeguate forme di programmazione degli investimenti necessari e
di redistribuzione e riequilibrio. In alcuni casi, esse arrivano a supplire ad alcune carenze della politica pubblica per il servizio idrico.
I poteri in materia di prelievo fiscale (con autonoma definizione – insieme ai
Comitati di bacino – delle aliquote di prelievo e della base imponibile), la conseguente gestione dei relativi flussi finanziari e l’allocazione degli stessi contribuiscono a definire un quadro di regolazione preciso all’interno del quale il soggetto gestore su rapporto di delega opera, con effetti incentivanti sul comportamento di quest’ultimo limitando i comportamenti opportunistici.
Le Agences, grazie all’ampia presenza al loro interno dei rappresentanti dei
diversi livelli di governo coinvolti, assumono il ruolo di interlocutori privilegiati dei diversi operatori. In questo modo, esse divengono una sorta di spazio
di negoziazione originale, di concertazione e/o mediazione collettiva (con riduzione dei costi di transazione del sistema).
Inoltre, sempre in questa prospettiva, e in chiave di rispondenza del caso in
oggetto ad uno o più principi contenuti nel Libro Bianco europeo sulla governance, si sottolinea come, in primo luogo, la presenza dei rappresentanti degli
utenti e dei diversi livelli di governo nel consiglio d’amministrazione delle
Agences risponda ampiamente ai principi di apertura e partecipazione.
Le Agences costituiscono un dispositivo di gestione collettiva della risorsa
sulla base di una procedura di concertazione e di partenariato, che implica un
potenziale disaccordo tra gli attori interessati. Nel caso specifico, i meccanismi
di aiuto, di finanziamento e di entrate (di compentenza specifica dei Comitati di
bacino) costituiscono il luogo in cui i potenziali conflitti tra utilizzatori trovano
una possibile ricomposizione, eminentemente sotto forma di compromesso
finanziario.
Un altro tratto innovativo delle Agences è il fatto di essere degli strumenti di
concertazione decentralizzata, essendo di fatto il prolungamento della tradizione di pianificazione e gestione integrata della risorsa idrica. Esse tentano al contempo di applicare un approccio economico innovativo in tema di finanziamento delle politiche di investimento, finalizzate al miglioramento della risorsa
e della qualità dell’ambiente, dando in tal modo concreta applicazione al principio di efficacia richiamato dal Libro Bianco.
Ancora, le Agences, operando su territori di riferimento definiti in corrispondenza di differenti bacini idrografici, consentono di dare piena applicazione al
principio della sussidiarietà, in quanto è stato individuato il livello di governo
più adatto per la gestione amministrativa, economica e finanziaria della risorsa
103
LA GOVERNANCE ESTERNA
104
e del servizio. Nel dettaglio, le Agences permettono una gestione collettiva delle
problematiche afferenti il corretto uso della risorsa e la ripartizione della stessa
tra gli usi (al fine di limitare al massimo i conflitti) a livello di collettività degli
utilizzatori.
Infine, le Agences de l’Eau sono soggetti che perseguono contemporaneamente forme di regolazione economica incentivante ed istituzionalizzazione della
comunità di utilizzatori del medesimo bacino idrografico.
Secondo l’opinione di uno dei maggiori esperti francesi in materia21, il loro
punto di forza coincide paradossalmente con la loro principale criticità, ed è
quindi ravvisabile nel fatto che esse sono delle istituzioni pubbliche che gestiscono ingenti quantitativi di denaro pubblico senza che tale potere spetti loro in
quanto rappresentanti degli eletti (normalmente il denaro pubblico viene gestito dallo Stato o dai livelli di governo inferiori). In sostanza, è difficile trovare
delle esperienze caratterizzate dalla presenza di entrambe queste caratteristiche.
In Italia, ad esempio, le Autorità di bacino non dispongono di fondi di derivazioni pubblica da gestire.
Il sistema delle Agences è un sistema mutualistico su due livelli. Al primo
livello la principale funzione delle redevances è quella di raccogliere dei fondi
per finanziare un determinato programma pluriennale di interventi. Al secondo
livello si verifica una sorta di mutualismo, di sussidiazione incrociata tra differenti obiettivi – finanziari ed industriali – e differenti categorie di utilizzatori –
agricoltori e collettività locali –, a condizioni sicuramente più vantaggiose di
quelle che sarebbe possibile ottenere sul mercato finanziario. Questa mutualizzazione assicura un buon livello di “stabilità” dei flussi finanziari. Non a caso,
la Banca Mondiale promuove fortemente quello che viene definito “modello
francese”, applicativo del principio polluter-sociétaire.
Elementi di interesse per il caso italiano
L’esperienza francese delle Agences de l’Eau appare particolarmente interessante in termini di “punti di contatto” con le problematiche sottese al processo
di riorganizzazione del servizio e di migliore tutela della risorsa attualmente in
corso in Italia.
In primo luogo esiste una forte similitudine tra la struttura del settore in Italia
ed in Francia (soprattutto in termini di elevata frammentazione delle gestioni).
In secondo luogo, esiste un’altrettanto forte analogia delle problematiche da
affrontare in termini di politiche di finanziamento del servizio (quota investimenti pro capite indispensabili per il recepimento della direttiva quadro sostan21
Bernard Barraqué, direttore della ricerca del CNRS.
LA GOVERNANCE ESTERNA
zialmente in linea, problema del trade-off tra efficienza del servizio ed equità in
termini di redistribuzione sociale del medesimo).
Inoltre, il finanziamento pubblico di interventi a carattere ”ambientale” ha
consentito in Francia di migliorare sensibilmente il livello della qualità della
risorsa. L’adozione di un analogo meccanismo di finanziamento in Italia potrebbe aiutare a conseguire gli obiettivi degli ultimi provvedimenti legislativi in
materia di tutela delle acque.
Le Agences de l’Eau sono infine uno strumento volto a rafforzare la politica di
effettivo decentramento della gestione del servizio a livello di bacino idrografico (si ricorda come la tendenza in atto in Europa a livello di gestione della risorsa sia proprio quella della scelta del bacino idrografico come territorio ottimale).
In questa prospettiva, si potrebbe ipotizzare di “utilizzare” le Autorità di bacino
alla stregua di Agences de l’Eau.
In definitiva, strutture come le Agences potrebbero divenire degli attori di
rilievo all’interno della politica per il servizio idrico in Italia.
105
LA GOVERNANCE ESTERNA
La gestione delegata
del servizio idrico: la
Communauté Urbaine
Grand Lyon (CO.UR.LY.)
106
Costituzione e funzionamento della Communauté Urbaine Grand Lyon
A fronte dell’elevato numero di enti locali, la Francia ha creato con la legge del
31 dicembre 1966 le Communautés Urbaines per risolvere il gap tra la dimensione delle strutture amministrative di ciascun ente locale e la realtà degli ambiti territoriali sovracomunali. L’obiettivo era quello di gestire i servizi pubblici in modo
più razionale e solidale, pensare allo sviluppo urbano in termini di ambito territoriale e non più comune per comune ed, infine, per programmare, finanziare e
realizzare le infrastrutture necessarie, ma troppo onerose per il singolo ente locale. A seguito della legge sono state create le Communautés Urbaines di Lione,
Lille, Bordeaux e Strasburgo. Dopodiché, sono state create, in forma volontaria e
facoltativa, le Communautés di Alençon, Arras, Brest, Cherbourg, Dunkerque, Le
Creusot-Montceau-les-Mines, Le Mans, Nancy, Marseille e Nantes.
La Communauté Urbaine raggruppa più comuni e oltre 500.000 abitanti; è la
forma più integrata di cooperazione intercomunale, e per legge ha competenza,
oltre che sulle funzioni della communauté d’agglomeration (sviluppo economico, organizzazione delle aree, equilibrio sociale e politiche urbane), anche in
materia di sviluppo e organizzazione economica, sociale e culturale, gestione
servizi alla collettività ed in materia di ambiente.
Dal 1 gennaio 1969, data della costituzione effettiva della Comunità Urbana di
Lione, essa esercita le sue differenti competenze con la volontà di sviluppare la
solidarietà tra comuni e di mettere in comune infrastrutture e competenze, finalizzate alla gestione del territorio.
La comunità, che conta oltre 1,1 milioni di abitanti, ha gestito nel 2002 un
budget di 1,105 miliardi di euro e, forte della presenza di 4.300 addetti, è organizzata mediante un Consiglio della Comunità, un Comitato Direttivo (Bureau)
ed un Presidente. Al fine di migliorare le condizioni di vita dei suoi abitanti, la
Comunità Urbana di Lione gestisce il suo patrimonio, protegge l’ambiente esercitando una molteplicità di competenze, dall’urbanistica – progettazione dei
Piani Regolatori, di Occupazione del Suolo, edilizia popolare – alla gestione dei
servizi cosiddetti “fondamentali”: la gestione della mobilità, la distribuzione di
LA GOVERNANCE ESTERNA
acqua potabile, fognatura e depurazione, raccolta e trattamento dei rifiuti urbani, il macello, i mercati all’ingrosso e la gestione dei servizi cimiteriali.
Il Grand Lyon conta in totale una sessantina di organismi di gestione esterna
che occupano tra i 3 ed i 3.500 addetti. La maggior parte di tali strutture sono
costituite con soggetti della Comunità Urbana: Stato, regione, departement,
camera di commercio, soggetti privati ed istituti finanziari.
Queste differenti strutture possono essere raggruppate a seconda di quattro
macro aree di riferimento:
– mobilità e gestione dei centri urbani;
– sviluppo del territorio;
– servizi pubblici fondamentali;
– altre gestioni specifiche.
Se la Comunità Grand Lyon esercita la maggior parte delle sue competenze
direttamente, cioè attraverso la struttura della comunità e degli enti aderenti,
ha, al contempo, delegato la gestione di alcuni servizi a dei soggetti ed enti
esterni:
– servizio di distribuzione d’acqua potabile;
– edilizia popolare;
– trasporto pubblico locale (Sytral e TCL);
– servizio di mobilità e parcheggi;
– attività di organizzazione e gestione dei mercati all’ingrosso ed attività fieristica (Marché d’Intérêt National).
I principali soggetti esterni che si occupano dei servizi fondamentali sono i
seguenti:
– CGE Affermage (Compagnie Générale des Eaux – Gruppo Vivendi)
Gestione della distribuzione dell’acqua e della rete per 33 comuni della
comunità.
– CGE Concession (Compagnie Générale des Eaux – Gruppo Vivendi)
Costruzione e gestione di un impianto di produzione di acqua per emergenze.
– SDEI (Société de distributions d’eau intercommunales – Gruppo Lyonnais des
Eaux) Gestione della distribuzione dell’acqua e della rete per 15 comuni della
comunità.
– SEREPI (Société d’exploitation de réseaux d’eau potable intercommunaux –
Gruppo Lyonnais des Eaux) Gestione della distribuzione dell’acqua e della
rete per 4 comuni della comunità.
– COPARLY (Comitato di coordinamento per il controllo dell’inquinamento
atmosferico nella regione di Lione) Gestione delle informazioni sull’inquinamento atmosferico per la regione di Lione.
107
LA GOVERNANCE ESTERNA
108
– GRE (Groupement rhôdanien d’épuration) Rinnovo e gestione dell’impianto
di depurazione di Saint-Fons.
– PRODITH (Production et Distributions Thermiques) Produzione e distribuzione pubblica d’energia termica e di raffreddamento urbano.
– SMIRIL (Syndicat mixte des îles et des lônes du Rhône) Valorizzazione del
Rodano en aval de Lyon et de ses espaces naturels.
– SOGELY – Société d’économie Mixte (SEM) per la gestione del Marché
d’Intérêt National di Lione.
– SYMALIM – Syndicat mixte per l’organizzazione e la gestione del parco di
divertimenti e del lago di Miribel-Jonage.
– Syndicat mixte per la tutela e valorizzazione dei Monts d’Or.
– SDIS du Rhône – Servizio del Departement per la protezione contro gli incendi ed altre emergenze, incidenti e catastrofi.
Obiettivi della gestione delegata del servizio idrico
La gestione delegata dei servizi pubblici offre numerosi vantaggi tra i quali la
possibilità di integrare le fasi relative alla progettazione, realizzazione e gestione di un’infrastruttura o di un servizio pubblico affidato; consente, inoltre, di
effettuare investimenti ricorrendo al finanziamento privato, ma senza dover privatizzare, poiché le infrastrutture rimangono di proprietà pubblica. Evita anche
agli amministratori di assumere direttamente la responsabilità di aumenti tariffari o sulla gestione del servizio. Consente, infine, di coniugare i vantaggi del
monopolio e della concorrenza, anche se quest’ultima viene esercitata solamente in fase di rinnovo del contratto.
Tra gli svantaggi principali della gestione delegata emergono l’applicazione di
tariffe medie più elevate da parte dei soggetti privati rispetto alle gestioni dirette, ma soprattutto la ridotta capacità di negoziazione e di controllo dei soggetti
privati da parte delle amministrazioni locali. Nel settore idrico, più che altrove,
è legittimo parlare di “capture du régulateur”da parte delle società private. Tale
fenomeno può estendersi anche agli utenti del servizio, che non hanno la possibilità di scegliere il soggetto gestore del servizio ed hanno una limitata possibilità di intervenire per negoziare le tariffe applicate. Ecco il motivo per cui, in
molte aree della Francia, numerose associazioni dei consumatori hanno intrapreso azioni giudiziarie nei confronti dei soggetti delegatari, che hanno condotto a condanne, risarcimenti o, in alcuni casi, all’annullamento del contratto.
Occorre ricordare, nel valutare vantaggi e svantaggi dell’esternalizzazione in
oggetto, che la Banca Mondiale ed altre istituzioni parlano di “tradizione francese” con riferimento alla gestione delegata analizzata, sia nelle forme della concessione che dell’affermage, poiché si riconosce a livello internazionale che lo
LA GOVERNANCE ESTERNA
sviluppo di tali modalità ha consentito, e tuttora consente, di incrementare gli
investimenti nei servizi pubblici locali – per il servizio idrico grazie anche al
meccanismo virtuoso delle Agences de l’Eau – la flessibilità gestionale, lo sviluppo di un elevato grado di know-how e la possibilità di ricerca avanzata sia
sul fronte tecnologico che gestionale/operativo.
Nel caso in esame – Communauté Urbaine Grand Lyon – si rilevano alcuni tra
gli aspetti principali relativi alla governance esterna nella gestione dei servizi
fondamentali, all’interno di un sistema di cooperazione intercomunale tra i più
estesi della Francia e con un grado di strutturazione già avviato da tempo.
A partire dalla disamina del caso si è inteso fornire qualche spunto di riflessione in ordine alle modalità di affidamento del servizio idrico in Francia, ai
riflessi che tali scelte possono comportare in termini di investimenti infrastrutturali, qualità del servizio erogato e della risorsa idrica, sistema tariffario applicato, con particolare riferimento alle forme di gestione delegata e al relativo contratto di gestione (contrat de délégation) che risulta lo strumento principale di
governance nel caso di esternalizzazioni dei servizi pubblici.
I servizi idrici nella Communauté Urbaine Grand Lyon
La Communauté Grand Lyon ha la responsabilità del ciclo idrico nell’ambito
di riferimento, assicurando:
– il servizio di distribuzione dell’acqua potabile: captazione, potabilizzazione,
distribuzione, manutenzione della rete;
– il servizio di fognatura e depurazione (raccolta, trasporto e trattamento delle
acque reflue e delle acque di pioggia) e la reimmissione delle acque nei fiumi
e corsi d’acqua.
La Comunità del Grand Lyon ha il vantaggio di disporre di abbondanti risorse
idriche di elevato livello qualitativo; nonostante ciò occorre che la risorsa idrica venga distribuita attraverso un complesso sistema di reti. I tecnici controllano 24 ore su 24 il livello dei serbatoi, la pressione dei tubi, il sistema delle canalizzazioni.
L’acqua potabile è captata in una vasta zona di 375 ettari, l’area di CrépieuxCharmy, situata nell’area nord-est dell’agglomération, che risulta essere la più
estesa area d’Europa classificata “réserve naturelle volontaire” che conta all’incirca 114 pozzi. L’acqua raccolta proviene dalla falda provocata dalle recente
alluvione del Rodano. Questa area consente di produrre fino a 550mila mc giornalieri, a fronte di una necessità media dei 265mila abitanti dell’agglomération
di circa 320mila mc/giorno. In caso di inquinamento della falda vengono attivati un impianto di emergenza e sistemi periferici di captazione della risorsa per
109
LA GOVERNANCE ESTERNA
110
mantenere un sistema distributivo di qualità. L’acqua dell’area di Lione non
necessita di alcun trattamento specifico, essendo acqua di qualità. Una leggera
clorazione garantisce la sua qualità nelle fasi di trasporto e canalizzazione.
L’acqua è il prodotto alimentare più controllato: 22 verifiche giornaliere, 8.000
prelievi ogni anno che consentono di effettuare oltre 60.000 analisi, disponibili
presso ogni comune della Comunità.
Dati di sintesi del servizio di acqua potabile
– 265.000 utenti;
– 3.600 km di reti e 800 km di allacciamenti;
– 64 serbatoi d’acqua;
– 100 milioni di mc. sollevati in un anno da 114 pozzi e trivelle;
– consumo medio: 320.000 mc/giorno;
– capacità di produzione: 550.000 mc/giorno;
– 9 aree attive di captazione di emergenza: 75.000 mc/giorno;
– impianto di emergenza: 150.000 mc/giorno (trattamento di ozonizzazione
dal lago di Miribel-Jonage).
La Communauté Urbaine de Lyon ha delegato la gestione dell’insieme degli
impianti di produzione e distribuzione dell’acqua potabile sul suo territorio a 3
soggetti gestori privati:
1. Compagnie Générale des Eaux (CGE – gruppo Vivendi), per 3000 km di rete;
2. Société de Distributions d’Eau Intercommunales (SDEI – Suez Lyonnaise des
Eaux), per 500 km di rete;
3. Société d’Exploitation de Réseaux d’Eau Potable Intercommunaux (SEREPI –
Suez Lyonnaise des Eaux) per 150 km di rete.
La Comunità Urbana ha in essere con le società suindicate 3 differenti contratti
d’affermage, con scadenza il 31 dicembre 2016. Tuttavia, 4 comuni del Grand
Lyon – Marcy l’Etoile, Charly, Solaize e La Tour de Salvagny – sono gestiti da
altri consorzi. Le reti dell’acquedotto sono gestite rispettivamente dai Syndicat
Intercommunal de Distribution d’Eau del Sud Ouest Lyonnais, di MilleryMornant, di Communay et Région e dal Syndicat Intercommunal de Distribution
d’Eau du Val d’Azergues.
LA GOVERNANCE ESTERNA
Figura 9
Le modalità di gestione del servizio di distribuzione di acqua potabile nella
Communauté Urbaine Grand Lyon
111
Affermage CGE
Affermage SDEI
Affermage SEREPI
Régie directe Syndicat
du Val d’Azergues
SIE Sud-Ouest Lyon
SIE Millery-Mornant
SIE Communay et Région
Fonte: www.grandlyon.com
Per fare in modo che il fiume Rodano sia privo di sostanze inquinanti fino al
Mediterraneo, la Comunità di Lyon si è impegnata a raccogliere e trattare le
acque reflue prodotte nell’ambito. La rete fognaria è lunga circa 2.500 km e le
acque reflue sono depurate da 8 impianti di depurazione. Ogni giorno in media
un abitante dell’ambito scarica 200 litri di acque reflue.
Il servizio di fognatura e depurazione è assicurato direttamente dalla Comunità (gestion en régie autonome collective)
LA GOVERNANCE ESTERNA
112
Dati di sintesi del servizio depurazione
– 580 addetti;
– 2.500 km di rete fognaria;
– 8 impianti di depurazione con una capacità complessiva di 1.300.000 abitanti equivalenti (un abitante equivalente scarica in media 200 litri d’acqua
e 60 g. di sostanza organica al giorno);
– 140 milioni di mc di acque reflue trattate in un anno;
– 9.000 tonnellate annue di fanghi inceneriti;
– 34 impianti di sollevamento di acque di pioggia (che sollevano in media 15
milioni di mc in un anno).
La Comunità sta promuovendo differenti ed ambiziosi progetti legati allo sviluppo urbanistico ed imprenditoriale del Grand Lyon; nel campo dei servizi
fondamentali di cui è responsabile, l’obiettivo principale è quello di migliorare
costantemente le proprie competenze. A tal fine i principali progetti conseguiti
nel campo dei servizi idrici nel 2002 sono stati:
– redazione del progetto di gestione del servizio e presentazione ai soggetti esterni coinvolti di strategie di sviluppo sostenibile utili per l’elaborazione dei
documenti di programmazione e dei regolamenti di servizio; controllo del servizio di distribuzione di acqua potabile per una migliore gestione dei contratti in essere (scadenza al 31 dicembre 2016); coordinamento e sviluppo di forme
di autosorveglianza relativamente al servizio di fognatura e depurazione gestito direttamente e adesione a progetti di protezione ambientale;
– elaborazione dello Schema di Organizzazione e Gestione delle Acque (SAGE)
dell’Est-Lyonnais, in collaborazione con lo Stato, il Departement e l’Agence
de l’Eau Rhone-Mediterranée – Corse. Tale documento consente il rispetto
delle falde acquifere dell’area, con progetti sugli usi irrigui, il sistema fognario e il contenimento dell’uso della risorsa. La falda costituisce la seconda
fonte idrica della zona per l’adduzione di acqua potabile;
– creazione della Commissione consultiva dei servizi pubblici locali, un gruppo di lavoro sull’ “acqua” che è stato costituito per affrontare le problematiche dei servizi idrici, privilegiando in particolare i rapporti con gli utenti.
Risultati raggiunti e principali criticità della gestione delegata
Con il mandato 2001-2007, gli amministratori della CO.UR.LY. hanno ribadito
alcuni obiettivi relativi alla gestione della risorsa idrica, con particolare attenzione ad obiettivi di protezione dell’ambiente: “Un Rhone propre vers un
Mediterranée propre” è l’idea centrale attorno alla quale si stanno sviluppando
LA GOVERNANCE ESTERNA
i grandi progetti di depurazione della acque. Inoltre, viene attribuita particolare
attenzione ai rapporti con le società affidatarie del servizio e con gli utenti.
Relativamente ai contratti in essere con i soggetti terzi, la COURLY sta aumentando le proprie capacità di controllo sul servizio esternalizzato, sia sulla qualità della risorsa prodotta, sia sulla gestione del servizio di distribuzione.
Al contempo, le stesse esigenze di gestione rigorosa del bilancio della
Comunità impongono un miglioramento continuo del controllo sulle gestioni
esternalizzate che sono numerose e riguardano differenti servizi: acqua potabile, gestione rifiuti, parcheggi, servizio calore, servizi cimiteriali. Inoltre vi sono
anche società miste (SEM) ed enti pubblici partecipati (ad es. SYTRAL, il
Syndicat per i trasporti pubblici locali). Tale struttura giuridica di partenariato
comporta un elevato grado di complessità nel controllo dei servizi affidati,
soprattutto perché essi nel complesso assumono un peso in termini economici
maggiore rispetto a quello dell’amministrazione medesima. Infine, risulta necessario che le attività di controllo ex ante, la gestione e la verifica costante delle
condizioni contrattuali non siano rigidamente vincolate ai soli regolamenti dell’amministrazione delegante, ma assumano anche una valenza strategica.
La gestione delegata dei servizi pubblici, in particolare del servizio idrico, è
stata utilizzata in Francia per molti anni come modalità di finanziamento di attività politiche e campagne elettorali, andando pertanto a sviluppare pratiche diffuse di corruzione.
Il controllo sui contratti e sulla rendicontazione di bilancio dei servizi pubblici locali veniva di norma svolto dai tecnici dello Stato e dai Prefetti (che rappresentano in questo caso la Direzione delle Autorità locali che fa capo al
Ministero dell’Interno). Il controllo, tuttora effettuato, si basa su aspetti tecnici
ed ambientali, più che su eventuali clausole contrattuali illegali o sulla rendicontazione dei costi del servizio. Inoltre era un controllo svolto a priori sulla
base di un contratto tipo, denominato cahier de charges type. A partire dalle
leggi sul decentramento del 1982 e 1983 le amministrazioni locali sono libere di
adottare differenti forme contrattuali, ma la Corte dei Conti centrale e le sedi
regionali hanno incrementato l’attività di verifica sui contratti del servizio idrico, sviluppando un controllo ex post.
Dal rapporto pubblicato dalla Cour des Comptes nel gennaio 1997 sulla gestione dei servizi idrici emerge come il caso eclatante di remunicipalizzazione del
servizio idrico a Grénoble, per quanto grave, in quanto derivante da episodi di
corruzione politica, non sia isolato poiché problemi simili sono stati riscontrati
in tutta la Francia. I problemi e le irregolarità individuate in modo ricorrente
possono essere riassunti nelle seguenti categorie:
• restrizione della concorrenza: attraverso l’uso ripetuto della trattativa privata, quasi sempre con la stessa società, e l’estensione automatica dell’affida-
113
LA GOVERNANCE ESTERNA
•
•
114
•
•
mento, in modo da dar vita ad una forma di concorrenza “organizzata” che
ha favorito l’attuale struttura oligopolistica del mercato francese;
scarsa trasparenza: mancanza di controllo/supervisione da parte dei concedenti e assenza di trasparenza nella gestione dei servizi;
aumenti tariffari: l’aumento delle tariffe (in media 10% all’anno dal 1992) è
stato associato alla privatizzazione della gestione dei servizi idrici, mettendo
in risalto come in più casi gli aumenti non potessero essere giustificati dal
costo effettivo degli investimenti realizzati;
rapporto asimmetrico tra autorità locali e gestori: tale asimmetria è dovuta al
fatto che le autorità locali spesso non sono in grado di gestire il rapporto con
i tre grandi gruppi francesi, i quali dispongono di un immenso potere politico, economico e finanziario;
corruzione: fatti di corruzione non sono isolati alla sola Grénoble, né vedono
il coinvolgimento di una sola società. Condanne sono state emesse per fatti
di corruzione legati all’affidamento del servizio idrico nell’Isola di Réunion
e ad Angoulême, ed in entrambi i casi erano coinvolti dirigenti del gruppo
Générale des Eaux/Vivendi.
Irregolarità sono state riscontrate anche nel caso di Parigi, così come risulta da
un rapporto della Chambre Régionale des Comptes del febbraio 2000. Nel 1985,
la gestione dell’acqua per l’area della Rive Droite era stata data in affidamento
alla Générale des Eaux mentre quella della Rive Gauche era stata data in affidamento alla Lyonnaise des Eaux. Il rapporto ha messo in evidenza l’“assenza di
trasparenza finanziaria” e le tariffe eccessivamente elevate imposte dai due
gestori: i resoconti finanziari presentati da Lyonnaise des Eaux risultavano infatti di difficile interpretazione e le spese per alcuni degli investimenti venivano
maggiorate rispetto a quanto effettivamente sostenuto, in modo tale che l’utile
risultava essere in realtà due volte e mezzo superiore a quanto dichiarato dalla
società. Da parte sua, la Générale des Eaux aveva trasferito nei conti della società
madre alcuni fondi destinati al finanziamento delle manutenzioni e aveva “gonfiato” il valore dei lavori realizzati nel 1996 e 1997 (dal resoconto finanziario
risultava un valore di FFR 180 milioni invece di FFR 127 milioni).
Inoltre, era stata costituita una società mista (public private partnership) denominata Sagep per la gestione del servizio di adduzione e trasporto di acqua nelle
due zone in cui era stato suddiviso il territorio parigino. La stessa era partecipata dal Comune di Parigi al 70%, la Lyonnaise des Eaux deteneva il 14% ed un
altro 14% era in mano alla Générale des Eaux. Nonostante vi fosse tra i compiti
della società anche il controllo dell’operato dei due gestori privati, il controllore
è stato in questo caso “catturato” dai soggetti controllati (la Chambre Régionale
des Comptes si riferisce alla Sagep come “à la dépendance” dei due gestori pri-
LA GOVERNANCE ESTERNA
vati). In particolare, una serie di irregolarità portavano all’assegnazione dei lavori in subappalto alle imprese già affidatarie nella maggioranza dei casi.
Le criticità emerse dai rapporti sopra menzionati evidenziano le numerose
problematiche che una gestione delegata può comportare, e le recenti controversie che sono nate a seguito dei cambiamenti nell’ultimo decennio. Tra questi
innanzitutto l’emanazione della Loi Sapin, cioè la legge 93-122 del 29 gennaio
1993 sulla prevenzione della corruzione e la trasparenza dell’economia e delle
procedure pubbliche che ha dato il via ad una serie di novità legislative sulla
regolazione della concorrenza nei servizi pubblici fondamentali. Inoltre significativi cambiamenti sono stati determinati dalla modifica degli articoli 1411-1 e
seguenti del Code Général des Collectivités Territoriales (CGCT), a seguito delle
leggi 99-586, 2001-1168 e 2002-1.
Uno dei principali aspetti regolati a partire dalla Loi Sapin è stato quello di
aprire alle procedure ad evidenza pubblica nel caso di rinnovo del contratto dei
servizi pubblici affidati dalle amministrazioni locali, definendo anche la durata
massima del contratto per il settore idrico, pari a 20 anni (con la legge 586/99 la
durata ventennale è stata stabilita anche per il settore rifiuti). Tali modalità
devono essere applicate anche ai contratti in essere, cioè non sono più ritenute
valide le clausole di proroga tacita dei contratti vigenti, che devono essere ricondotti alla nuova disciplina. Il tacito rinnovo viene concesso solo in casi specifici previsti dall’art. 1411-2 del CGCT.
A seguito delle leggi sovracitate, è stato introdotto l’art. 1411-3 del CGCT (Code
Général des Collectivités Territoriales), secondo il quale il soggetto delegatario è
obbligato a redigere entro il 1° giugno di ogni anno, per l’ente delegante, un rapporto sui costi e le attività svolte in merito al servizio affidato, oltre ad un’analisi sulla qualità del servizio. Tale rapporto deve prevedere un allegato per consentire all’ente delegante di valutare le condizioni di erogazione del servizio.
Tra le novità normative più recenti utili al monitoraggio dei contratti di gestione delegata si intende fare riferimento, infine, all’obbligo per le amministrazioni locali di redigere un Rapporto Annuale sull’Acqua. Con l’obiettivo di assicurare una maggiore trasparenza nei settori cosiddetti “sensibili” è stato approvato l’art. L.2224-5 del Code Général des Collectivités Territoriales, a seguito della
“legge Barnier” del 2 febbraio 1995, il quale dispone che il rappresentante legale dell’ente locale o dell’ente pubblico di cooperazione intercomunale “presenti al consiglio un rapporto annuale sul prezzo e la qualità del servizio pubblico
d’acqua potabile…” . Tale previsione deve applicarsi inoltre ai servizi di fognatura e depurazione, oltre che ai servizi di raccolta, smaltimento e trattamento dei
rifiuti urbani. Il rapporto deve obbligatoriamente contenere alcuni indicatori
tecnici ed economici fissati dal decreto 95-635 del 6 maggio 1995, quali indici
di localizzazione delle principali fonti di approvvigionamento, numero di abi-
115
LA GOVERNANCE ESTERNA
116
tanti, tariffe idriche o, ancora, entrate e costo dell’indebitamento.
Si evidenzia che in quest’ultimo decennio i principali risultati della nuova
regolazione non sono stati tanto legati all’avvicendamento tra soggetti gestori,
che rimane comunque un fenomeno limitato, quanto alla riduzione della durata
effettiva dei contratti (la maggior parte degli enti locali ha deciso di affidare il
servizio per massimo 12 anni) e alla contestuale riduzione delle tariffe (in media
tra il 9% ed il 10%).
Punti di forza in termini di governance
“Compete alle amministrazioni pubbliche locali determinare le modalità di
soddisfazione delle proprie necessità. Nei settori dell’acqua potabile e della
fognatura e depurazione, come in altri settori, il ricorso al contratto delegato del
servizio pubblico non implica necessariamente che il contratto attenga al sistema integrato nel suo complesso; esso può riguardare, ad esempio, solo l’approvvigionamento e la produzione di acqua potabile, senza la distribuzione, od ancora non inglobare tutti i lavori…. Ciascuna amministrazione deve dunque definire le sue necessità, determinare le prestazioni che intende far eseguire all’esterno, precisare il contenuto del futuro contratto e fissare la durata del medesimo
in funzione delle prestazioni attese…”. Responso ministeriale, 20 ottobre 1997,
JO AN (Q), 15 juin 1998, p. 3297.
Dall’analisi della gestione intercomunale in oggetto si può rinvenire che l’aggregazione tra gli enti locali riuniti nella Comunità Urbana comporta un maggiore potere contrattuale in capo agli amministratori locali, soprattutto per i comuni
di minori dimensioni. Al contempo, si rileva che 4 dei 55 comuni della Comunità
Grand Lyon gestiscono direttamente il servizio di distribuzione dell’acqua.
Il sistema integrato, quindi, viene inteso soprattutto in termini di responsabilità nella regolazione e coordinamento delle gestioni che possono assumere differenti forme. Coerentemente a quanto affermato nel responso ministeriale del
1997 sopra citato, non viene ritenuto, dunque, necessario individuare un unico
soggetto gestore, e per di più esterno. Per il servizio idrico, ma non solo, la
Comunità Urbana di Lione ha individuato differenti modalità gestionali: l’affermage per la distribuzione dell’acqua, mediante 3 differenti società private, mantenimento della gestione diretta in 4 comuni minori (gestione consortile) e
gestione in economia per il servizio di fognatura e depurazione, che rappresenta la modalità più diffusa nel territorio francese (solo il 35% delle gestioni viene
esternalizzato).
LA GOVERNANCE ESTERNA
Tabella 3
La gestione del sistema idrico nella CO.UR.LY.
Regie Collective
Affermage
Distribuzione di acqua potabile
Fognatura e depurazione
4 comuni mediante appositi
Servizio gestito direttamente
Syndicat Intercommunal
dalla CO.UR.LY.
Contratti con 3 differenti
soggetti gestori privati
Concession
Un contratto di concessione
di costruzione e gestione
Uno dei principali obiettivi raggiunti dalla CO.UR.LY. nel 2002 riguarda la
rinegoziazione quinquennale dei contratti di affermage con le 3 società CGE,
SDEI e SEREPI, che ha consentito una riduzione annuale della tariffa pari a 0,09
euro/mc, in particolare tenendo sotto controllo e contenendo la remunerazione
del capitale dei soggetti privati. Inoltre, a seguito di tale rinegoziazione, è stato
costituito un apposito Fondo di solidarietà per promuovere azioni di sviluppo
sostenibile nel Sud del mondo nel campo dell’acqua potabile.
Tra le differenti misure adottate dalla normativa francese, a partire dalle leggi
sull’obbligo di trasparenza e di adozione di procedure ad evidenza pubblica nel
campo dei servizi pubblici, si intende fare riferimento ad un fondamentale elemento di governance esterna in chiave di apertura e partecipazione, introdotto
con la L. 27 febbraio 1992; si prevede la costituzione di una Commission
Consultative de Services Publics (CCSP), obbligatoria per gli enti con una popolazione superiore ai 3.000 abitanti. Tale struttura rafforza la democrazia di prossimità, poiché la rendicontazione di bilancio, i programmi di investimento e le
tariffe devono essere discussi con i rappresentanti delle associazioni dei consumatori (art. 1413-1 del CGCT).
Ciò spiega, dunque, il motivo per cui in Francia stanno assumendo sempre più
un ruolo preminente, per il controllo sulle tariffe e la qualità del servizio erogato, le associazioni dei consumatori a vario titolo coinvolte dalle amministrazioni locali nel processo di monitoraggio dei servizi pubblici.
Tornando al caso in esame, si rimarca, infatti, il peso crescente dell’associazione dei consumatori CACE (Coordination des Associations de Consommateurs
d’Eau) di Lione. A seguito della pubblicazione del Rapporto della Corte dei
Conti della Regione Rhône-Alpes del 1997, uno dei suoi membri, Jean-Louis
Linossier, ha cominciato ad occuparsi della gestione idrica, andando a verificare il contratto d’affermage vigente tra la Comunità Urbana di Lione (CO.UR.LY.)
117
LA GOVERNANCE ESTERNA
118
e la Compagnie Générale des Eaux (CGE). Nel 1998 Linossier incontra Raymond
Avrillier, responsabile della remunicipalizzazione del servizio idrico a
Grénoble, che aveva portato alle dimissioni del Sindaco dell’epoca, Alain
Carignon. A seguito di tale incontro, egli riesce a comprendere molti aspetti
legati alla gestione e, soprattutto, alla fatturazione del servizio idrico; l’associazione Cace ha deciso, pertanto, di promuovere il ritorno alla gestione diretta del
servizio da parte della Comunità Urbana di Lione, che già svolge in economia il
servizio di fognatura e depurazione, poiché ritiene che sia più conveniente per
la collettività in generale e per gli utenti e che, inoltre, consenta di evitare possibili casi di corruzione politica.
Inoltre la stessa associazione ritiene di poter coinvolgere altre città, comuni,
associazioni intercomunali per la revisione ed, in alcuni casi, la risoluzione dei
contratti di affermage prima della loro scadenza. In Francia si stima che siano
circa 4.000 i contratti d’affermage della distribuzione dell’acqua a scadenza relativamente ravvicinata e la volontà di molte associazioni dei consumatori è quella di convincere i politici locali a tornare alla gestione diretta consortile (régie
collective).
Sicuramente il ruolo delle associazioni dei consumatori ed, in generale, il
sistema decisionale francese di tipo partecipativo ha consentito, e sempre più
consente, di affidare anche alla collettività il ruolo di monitoraggio sui servizi
pubblici fondamentali, ricordando che la struttura intercomunale da un lato, e
l’evoluta capacità contrattuale delle amministrazioni locali dall’altro, mostrano
un sistema di governance già molto strutturato, in grado di fornire una visione
completa dei numerosi elementi caratterizzanti il servizio idrico: esigenze di
adeguamento delle infrastrutture, regolazione dei rapporti tra amministrazione
locali e firmiers, metodologie e verifiche degli incrementi tariffari. È già disponibile, pertanto, per la collettività un sistema di informazioni di base che permette sia alle amministrazioni locali di effettuare eventuali revisioni dei contratti in essere, sia ai politici ed alle associazioni dei consumatori di sviluppare
sistemi di controllo mirati sull’intero sistema idrico integrato.
La scelta della modalità di gestione di un servizio pubblico: il caso
di Rennes
A conclusione del caso in esame si ravvisa l’opportunità di richiamare un
altro esempio di esternalizzazione del servizio idrico che riguarda la sola città
di Rennes, Haute Marne. Il riferimento risulta utile se rapportato a quanto sopra
accennato, relativamente all’azione delle associazioni dei consumatori (azioni
di supporto delle amministrazioni locali per il monitoraggio dei contratti in
essere e l’analisi critica del sistema di gestione) e alla capacità di monitoraggio
LA GOVERNANCE ESTERNA
e rinegoziazione dei contratti in essere da parte delle amministrazioni locali.
L’ente locale ha affidato il servizio di distribuzione di acqua potabile alla
Società Générale des Eaux ed il rapporto viene regolato dal “contrat de délégation de service public” che fissa i ruoli di ciascun soggetto:
– l’ente locale è proprietario dell’insieme di reti ed impianti, di cui finanzia l’estensione o il rinnovamento;
– la società affidataria assicura l’erogazione del servizio a circa 66.800 utenti,
mediante l’impiego di circa cento addetti; i consumi complessivi di acqua a
Rennes sono pari a circa 6 milioni di mc. La società è responsabile della manutenzione ordinaria e della manutenzione straordinaria delle reti (escluso il
rinnovamento e le nuove installazioni).
È operativa una Direzione per i servizi a carattere industriale e commerciale
che controlla l’operato del soggetto affidatario, verificando i vincoli e gli impegni del medesimo in termini economici e di prestazioni ed assicura la funzione
di stazione appaltante per gli investimenti.
La società privata si remunera trattenendo una percentuale sulla tariffa applicata all’utente, fissata per contratto. La tariffa complessiva dell’acqua a Rennes
è pari a 2,60 euro/mc22 (1,47 euro per la parte di acqua potabile e 1,13 euro per
la parte di fognatura e depurazione). La tariffa è incrementata del 37% dal 1991.
Il servizio di fognatura e depurazione è gestito in economia ed organizzato con
un’unità operativa di 100 dipendenti coordinati da un direttore, che organizza
la raccolta ed il trattamento delle acque, 647 km di rete, 51 stazioni di pompaggio, 6 bacini e l’impianto di depurazione. Il servizio è finanziato mediante un
apposito bilancio allegato a quello dell’ente locale, e la maggior parte delle
entrate proviene dal canone di fognatura e depurazione versato dagli utenti tramite la fattura dell’acqua.
Il Consiglio comunale di Rennes ha appena approvato l’affidamento del servizio di distribuzione di acqua potabile alla Società privata Générale des Eaux per
10 anni. Il rinnovo del contratto di gestione del servizio idrico, che giungerà a
scadenza tra un anno, è stato il punto di partenza di una serie di dibattiti intorno ai seguenti interrogativi: chi domani produrrà e distribuirà l’acqua potabile a
Rennes? Servizio in economia, società privata?
Il 31 dicembre 2004 è la data di scadenza del contratto tra l’ente locale e la
Générale des Eaux che gestisce il servizio di produzione e distribuzione di acqua
potabile da oltre un secolo. Ma, a partire dalla data di stipula dell’ultimo contratto (dal 1989, con affidamento del servizio per 16 anni) è cambiata la normativa di riferimento e la Loi Sapin obbliga le amministrazioni locali a seguire
22
Nel gennaio del 2003, sulla base di un consumo medio di 120 mc annui.
119
LA GOVERNANCE ESTERNA
120
regole di concorrenzialità nell’affidamento dei servizi idrici. Per la prima volta,
dunque, nel settembre scorso l’ente locale ha ricevuto offerte da differenti
società private.
Il rinnovo del contratto è divenuto così l’occasione per porsi alcune questioni
sulle modalità di gestione: la scelta tra la gestione diretta (régie) o delegata (délégation de service public)23. Si sottolinea che la città già gestisce direttamente il
servizio di fognatura e depurazione, ma da sempre ha scelto di esternalizzare la
distribuzione dell’acqua potabile.
Si è deciso, innanzitutto, di far realizzare uno studio di fattibilità sul sistema
di gestione diretta da porre a confronto con i risultati delle negoziazioni in atto
con i soggetti privati, previste dalle procedure di selezione. Il Consiglio comunale ha appena deciso sulla modalità gestionale ritenuta ottimale per l’amministrazione – gestione delegata alla Générale des Eaux – quindi un anno prima
della scadenza, in modo tale che, nel caso in cui fosse stata scelta la gestione
diretta24, vi sarebbe stato il tempo necessario per attivare il nuovo sistema ed
organizzare il servizio (soprattutto con riferimento al personale che avrebbe
dovuto essere trasferito all’ente locale dalla società privata).
Inoltre, l’amministrazione ha fatto realizzare una verifica completa sullo
stato di reti ed impianti. Tale indagine si è rilevata molto utile, indipendentemente dalla modalità di gestione prescelta. Nel caso in esame si è deciso di
mantenere la gestione delegata, ma il futuro gestore si troverà di fronte ad una
serie di obblighi stringenti sia dal punto di vista operativo che economicofinanziario; sono stati, infatti, introdotti alcuni elementi con l’obiettivo di
migliorare le capacità di controllo dell’ente locale sulla gestione del servizio
quali la riduzione della durata del contratto di servizio da 16 a 10 anni, il diritto di riscatto sui contatori, la definizione di molteplici indicatori di risultato,
economici e di attività.
Dal 1994 è stata istituita una commissione consultiva “acqua, fognatura e
depurazione” che raggruppa numerose associazioni locali, in particolare le associazioni di consumatori riunite presso la Casa del Consumo e dell’Ambiente
(Commission Consultative de Services Publics – CCSP – istituita ai sensi dell’art. 1413-1 del CGCT). Nel novembre del 2002 la commissione ha dato parere
favorevole al nuovo “cahier des charges” stabilito dall’ente locale per il rinnovo
del contrat de délégation. Inoltre, il lavoro congiunto di ente locale ed associa23
24
“L’intérêt des habitants sera le principe essentiel respecter dans toute recherche ou négociation
du mode de gestion que nous avons comparer et choisir (municipalisation ou affermage), nous
avons le souci de renforcer la maîtrise du service public et d’informer les associations des consommateurs”, Programme municipal de Rennes 2001-2007.
In Francia attualmente circa il 20% delle gestioni di distribuzione dell’acqua è diretta (régie) e
riguarda soprattutto le piccole realtà.
LA GOVERNANCE ESTERNA
zioni ha consentito di ottenere nel 2003 alcuni risultati, prima di tutto la soppressione degli anticipi sui consumi, la semplificazione della fatturazione ed
una migliore comunicazione della stessa in bolletta.
Il calendario delle decisioni sulla modalità di gestione del servizio idrico
a Rennes
– Settembre 2003: scadenza per le offerte da parte dei soggetti privati;
– Ottobre 2003: analisi delle offerte e studio di fattibilità, in parallelo, dello
scenario di “gestione diretta” (régie municipale);
– Novembre 2003: negoziazioni con i candidati a seguito della procedura di
selezione;
– Dicembre 2003: confronto dei risultati delle negoziazioni con l’analisi di
scenario “régie”. Scelta della modalità e scelta della società privata affidatataria (nel caso di mantenimento dell’ipotesi di gestione delegata);
– Gennaio 2004: riunione della Commissione consultiva;
– 19 Gennaio 2004: voto del Consiglio comunale: affidamento del servizio
alla Générale des Eaux;
– 1 Gennaio 2005: data di inizio del nuovo contratto o della gestione diretta.
Il caso qui richiamato può essere considerato una possibile best practice nella
scelta della modalità di gestione del servizio idrico e, in generale, dei servizi
pubblici fondamentali. Si tratta, attraverso tale scelta, di raggiungere l’optimum,
quale punto di equilibrio tra garanzia di qualità del servizio e prezzo per il consumatore. Da alcune indagini condotte dalle associazioni francesi dei consumatori, sembra che la soluzione della gestione diretta comporti prezzi più contenuti, ma i confronti nel settore dell’acqua potabile possono risultare poco attendibili, poiché sono molteplici gli aspetti che occorre tenere in considerazione: la
dimensione territoriale dell’amministrazione locale, la difficoltà di approvvigionamento della risorsa, le esigenze di manutenzione degli impianti.
Non sempre l’esternalizzazione significa perdita del controllo in capo all’ente
locale, specialmente nei casi in cui, come per Rennes, è stata attivata fin dagli
anni ’70 un’apposita unità organizzativa all’interno dell’amministrazione incaricata di controllare il soggetto affidatario. Risulta fondamentale per il sistema di
controllo anche la decisione di individuare vincoli contrattuali più stringenti
per la futura società privata, cioè chiedere, in occasione del rinnovo del contratto, che la società privata sia obbligata, ad esempio, a giustificare i costi sostenuti, le scelte di investimento ed il raggiungimento di alcuni indicatori di risultato, come nel caso già ricordato del rinnovo contrattuale a Lione.
La predisposizione di un adeguato sistema informativo (audit preliminare,
121
LA GOVERNANCE ESTERNA
122
monitoraggio di reti ed impianti), l’attivazione di nuovi vincoli contrattuali e lo
sviluppo di unità organizzative ad hoc interne all’amministrazione locale per il
controllo dei soggetti affidatari sono tutti elementi che consentono lo sviluppo
di un buon sistema di governance esterna, e, in ogni caso, permettono all’amministrazione di poter effettuare la scelta di gestione ritenuta più idonea a soddisfare le esigenze della collettività di riferimento.
Inoltre, è da sottolineare che alcuni risultati positivi per gli utenti del servizio
sono stati ottenuti, oltre che con una rinegoziazione stringente con il soggetto privato, anche a seguito della concertazione degli obiettivi tra ente locale e le associazioni dei consumatori. Tali azioni hanno comportato risultati differenti, con
riguardo agli aspetti tecnici e di qualità del servizio – stretto inquadramento del
programma di investimenti, obbligo di massima trasparenza nella rendicontazione sul servizio erogato – ed anche sul livello delle tariffe che, a seguito del rinnovo del contratto in oggetto, sono diminuite in media del 4,1% per i servizi di
acquedotto, fognatura e depurazione (-7,3% solo per l’acqua potabile). Anche in
questo caso, come per Lione, oggetto fondamentale della contrattazione è stata la
remunerazione del capitale del soggetto privato, passata dal 13% al 9,4%.
Si ritiene, infine, interessante presentare alcuni risultati di un’analisi effettuata dal centro di ricerca Engref di Montpellier, relativi alla rinegoziazione di un
campione di contratti di distribuzione dell’acqua e di fognatura per l’anno 2000.
Tali risultati possono essere così riassunti:
– si registra una diminuzione media del 12% del prezzo al mc corrisposto ai
soggetti delegatari. Beneficiari di tale diminuzione sono essenzialmente le
collettività di medio-grande dimensione (più di 4.000 abitanti); per i comuni
più piccoli si registra invece una sostanziale invarianza dei prezzi;
– la durata media dei contratti di delegazione è passata da 15 ad 11 anni. Il 63%
dei contratti contempla una durata pari a 12 anni;
– il 12% delle procedure ha determinato un cambiamento del soggetto delegatario (contro l’8% del 1998 ed il 18% del 1999). Vivendi, Lyonnaise des Eaux
France e SAUR France si dividono l’89% del volume d’affari per l’anno in
considerazione. Altri operatori si stanno lentamente affacciando sul mercato.
La gestione delegata assume, pertanto, una valenza positiva nel momento in
cui gli amministratori locali riescono ad aumentare la capacità di controllo sulla
medesima. Occorre in sintesi:
– mantenere la possibilità di scelta tra gestione pubblica diretta e gestione privata;
– procedere con regolarità a valutazioni – economiche e di qualità – del servizio erogato sulla base di regole chiare definite ex ante;
– salvaguardare la possibilità di ritornare alla gestione diretta (come nei casi di
LA GOVERNANCE ESTERNA
Rennes, sopra ricordato, e, soprattutto di Grenoble ove è avvenuta una vera e
propria rimunicipalizzazione del servizio);
– essere in grado di mantenere entro ragionevoli limiti la remunerazione del
capitale del soggetto privato (come nel caso analizzato di Lione ove la rinegoziazione del contratto ha favorito una diminuzione delle tariffe);
– limitare il numero di servizi che possono essere gestiti da una medesima
società privata su un arco territoriale definito, di modo che la collettività
possa avere come referenti più soggetti gestori dei servizi pubblici;
– imporre la trasparenza ai gestori dei servizi in modo che le tariffe dei servizi
erogati non servano solo a remunerare i soggetti medesimi.
In sintesi, per quanto attiene alle forme di gestione delegata esaminate – i servizi idrici di Lione e Rennes – il principio e punto di forza della governance a
livello locale che maggiormente può essere richiamato è quello di efficacia della
politica di esternalizzazione, che viene conseguita attraverso la messa a punto
ed il monitoraggio dello strumento principale della governance esterna, cioè il
contrat de délégation.
Tale percorso di esternalizzazione dei servizi pubblici richiede anche che il
sistema decisionale degli amministratori pubblici sia coerente e che, quindi, vi
sia una forte assunzione di responsabilità nella scelta della modalità di gestione,
oltre che una stretta aderenza al principio di proporzionalità, in questo caso
intesa quale coerenza tra gli strumenti da attivare e gli obiettivi perseguiti (ad
esempio, modifica delle clausole contrattuali in caso di rinnovo/revisione del
contratto con l’obiettivo di riduzione della tariffe idriche, come ricordato nei
casi di Lione e Rennes).
Punti di particolare interesse per il caso italiano
Due principali aspetti possono essere evidenziati per un possibile confronto
con il sistema di gestione del servizio idrico in Italia:
– il significato di responsabilità del ciclo integrato delle acque rispetto alla normativa italiana. La responsabilità della funzione del ciclo integrato in Francia
non implica che l’amministrazione locale, cioè l’ente locale o, meglio, l’organo di cooperazione intercomunale, debba obbligatoriamente scegliere un
unico gestore per il servizio idrico integrato. Nel caso in esame, come già
ricordato, la CO.UR.LY. affida il servizio di sola distribuzione a 3 soggetti differenti e consente a 4 comuni membri di mantenere la gestione diretta, pur
aderendo alla cooperazione intercomunale. Nel caso italiano l’organo di cooperazione intercomunale, cioè l’ambito territoriale ottimale istituito obbligatoriamente dalla L. 36/94, deve affidare il servizio idrico integrato caratteriz-
123
LA GOVERNANCE ESTERNA
124
zato dalle attività previste dall’art. 4, comma 1, lettera f): il servizio idrico
integrato è costituito dall’insieme di servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle
acque reflue. Si tratta, quindi di affidare un insieme di servizi integrati, con
l’obiettivo di perseguire l’unitarietà della gestione. Nel caso francese, per converso, la competenza sulla pianificazione e gestione del ciclo idrico integrato
a livello sovracomunale, implica lo sviluppo di maggiori competenze di programmazione e regolazione del servizio, ma, soprattutto, nella modalità di
scelta delle gestioni che possono essere molteplici a seconda dell’analisi condotta sull’efficacia ed efficienza di una opportunità gestionale rispetto ad
un’altra, ed, inoltre, per singole fasi del ciclo integrato: adduzione, distribuzione, fognatura e depurazione, concessione di lavori, ecc.
– La capacità di controllo del soggetto affidatario attraverso il contratto di
gestione (pilotage, suivi): i casi sovra menzionati, la Communauté Urbaine
Grand Lyon e la città di Rennes, evidenziano una struttura organizzativa evoluta di governance dei servizi pubblici a carattere industriale e commerciale,
lo sviluppo di competenze di gestione contrattuale, una costante attenzione
agli utenti e alle associazioni di consumatori, (Rapporto annuale sull’acqua,
obbligo di rendicontazione all’ente delegante, istituzione di apposite commissioni consultive). L’Italia ha sviluppato a livello locale la gestione intercomunale mediante Ambiti Territoriali Ottimali. Solo in pochi casi si è proceduto a selezionare un nuovo soggetto gestore, poiché più frequentemente sono
state salvaguardate le gestioni esistenti, nella maggior parte dei casi società
partecipate dagli stessi enti locali aderenti all’ambito. È stato rallentato, dunque, il processo di governance esterna con particolare riguardo al controllo
dei rapporti contrattuali, nonostante sia crescente l’attenzione nei confronti
dei contratti di servizio in essere tra enti locali e soggetti gestori e/o delle convenzioni di affidamento del servizio idrico integrato. Emergono comunque
difficoltà di regolazione dei rapporti tra ente e società partecipata che possono essere diverse e legate, ad esempio, a problemi di individuazione dei referenti all’interno delle amministrazioni locali, alla definizione e al rispetto
delle clausole dei contratti di gestione (indicatori di qualità, aspetti economici-finanziari, sanzioni), o alla revisione di clausole contrattuali.
CAPITOLO 4
LA GOVERNANCE
INTERNA
125
LA GOVERNANCE INTERNA
127
1. Decentramento delle funzioni e regionalizzazione della
pianificazione
La riforma degli enti locali, avvenuta con legge ordinaria n. 213/1982, presenta un’anomalia di fondo, determinata dal fatto che la creazione delle regioni non
è avvenuta attraverso una revisione costituzionale.
Il mutamento di impostazione determinato dalla riforma incide dunque sul
sistema di attribuzione agli enti locali degli “affari locali” creando il fenomeno
del blocco delle competenze.
Con questa espressione, s’intende fare riferimento ad un insieme di materie
stabilite dalla legge ordinaria, e trasferite dallo Stato agli enti locali: tale trasferimento viene effettuato in modo tale che per ciascuna collettività risultino individuate, tassativamente, le materie di sua competenza.
La tassatività delle materie trasferite agli enti locali trova la propria ratio nell’intento di offrire un rimedio alternativo a quello funzionale degli “affari locali”, che non ha mai costituito, nella logica francese, un fondamento a garanzia di
sicura attribuzione agli enti locali.
In realtà, questo sistema risulta ostacolato dal continuo infittirsi delle relazioni orizzontali e verticali tra le comunità locali: da un tentativo di semplificazione ci si è così trovati di fronte ad una vera e propria complicazione del sistema.
Il c.d. blocco delle competenze, in conformità al dettato costituzionale secondo il quale vige in Francia il principio della “libera amministrazione” delle collettività locali (art. 72), comporta un decentramento delle funzioni politiche ed
amministrative, lasciando a livello centrale la funzione legislativa: in questa
logica, può dunque parlarsi di decentramento delle funzioni.
Sotto questo aspetto, si intende mettere in luce la differenza, a livello dottrinario, tra il concetto di decentramento e quello di deconcentrazione, in modo da
individuare meglio il fenomeno sviluppatosi in Francia.
Secondo alcuni autori, infatti, la deconcentrazione consiste in una semplice
modalità, attuata al fine di ottenere una migliore gestione a livello decentrato,
LA GOVERNANCE INTERNA
128
piuttosto che al livello centrale. Semplicemente, deconcentrazione significa che
certe competenze sono esercitate a livello locale da rappresentanti del livello centrale.
Sotto questo aspetto, dunque, il fenomeno non comporta conseguenze particolari sul piano dei risultati, che comunque rimangono invariati, ma anche su
quello delle competenze, rispetto alle quali non si osserva alcun trasferimento.
Diversamente, il concetto di decentramento consiste nel passaggio dell’esercizio
di determinate funzioni o della gestione di certi affari ad un ulteriore organismo
pubblico, di livello locale, che sostituisce così il preesistente livello centrale.
Il decentramento può essere di più tipi, ed è ritenuto uno strumento di democrazia in quanto può consentire una più larga e diretta partecipazione delle collettività locali all’esercizio delle funzioni amministrative.
In questo senso, il blocco delle competenze ha determinato una sorta di eterogenesi dei fini, rendendo pressoché impossibile un funzionamento compatibile
delle strutture presenti nell’assetto istituzionale francese.
Ed è proprio questa la ragione per cui le varie collettività locali hanno deciso
di cooperare tra loro, attraverso la costituzione di quelle forme di cooperazione
descritte.
La cooperazione attuata presenta, infatti, la finalità di raggiungere nella gestione dell’attività pubblica la cosiddetta efficienza del sistema, in modo tale che il
servizio pubblico reso risponda alle diverse esigenze dell’utenza e sia inoltre in
grado di adattarsi al mutare di queste.
In un simile contesto, appare interessante prendere in considerazione il ruolo
delle agenzie regionali in Francia, quale strumento per ottenere un migliore
risultato in quanto, gestito secondo criteri imprenditoriali, risulta maggiormente in grado di apportare la competenza necessaria per il raggiungimento degli
obiettivi.
Le agenzie regionali si collocano infatti nel quadro della domanda e dell’offerta decentralizzata dei servizi resi dalla pubblica amministrazione, forniscono
pareri agli attori locali ed assistenza nella fase delle negoziazioni.
In particolare, operano nel campo dello sviluppo sostenibile e della pianificazione: esse dunque realizzano l’obiettivo di buon andamento della pubblica
amministrazione, la quale ottiene in questo modo migliori risultati attraverso l’esecuzione delle proprie funzioni in commistione con le agenzie. In altre parole,
le agenzie regionali in Francia fungono da strumenti per una migliore gestione
della cosa pubblica, da realizzarsi attraverso schemi organizzativi tipici dell’attuale idea di New Public Management.
Le agenzie regionali possono infatti partecipare all’attività esecutiva della
gestione della cosa pubblica, in attuazione degli scopi che la collettività locale e
la pubblica amministrazione si sono date nell’ambito della pianificazione.
LA GOVERNANCE INTERNA
Esse dunque si trovano a svolgere delle funzioni che, in origine, erano di competenza delle strutture istituzionali pubbliche.
L’idea sulla quale si basa la devoluzione dei servizi pubblici alle agenzie deve
ravvisarsi nella scelta organizzativa della collettività locale francese, secondo la
quale è indispensabile una relazione di fiducia e di cooperazione tra l’amministrazione ed il privato.
In quest’ottica, la scelta di conferire alle agenzie regionali la gestione di determinati ambiti della cosa pubblica trova il proprio fondamento nella necessità di
raggiungere l’efficienza del sistema.
Il ruolo delle agenzie regionali è infatti quello di promuovere la domanda e l’offerta nel singolo ambito di riferimento (trasporti, sanità, energia, ambiente, occupazione), valorizzando le istanze regionali nel contesto nazionale ed europeo.
In particolare, il ruolo delle agenzie è quello di rendere effettivi gli obiettivi
nazionali, ma non solo: esse infatti, nello svolgere tale attività, devono necessariamente coordinarsi con i programmi europei.
È infatti necessario tenere presente che il ruolo delle agenzie è stato recentemente valorizzato anche in sede comunitaria, ove si sta discutendo l’istituzione
delle agenzie europee di regolazione (Commissione, Comunicazione del
11.12.2002 COM [2002] 718 finale).
Tra le agenzie di livello comunitario, degna di particolare rilievo è la AEA
(Agenzia Europea per l’Ambiente), avente il ruolo di fornire ai livelli statali tutte
le informazioni necessarie per la protezione dell’ambiente.
Le agenzie possono assumere un ruolo di mera consulenza, attraverso studi
particolari, organizzazione di momenti di aggiornamento ed informazione,
oppure attraverso la redazione di pareri per le collettività locali.
In alcuni casi possono assumere vere e proprie funzioni decisionali. In un
simile contesto, l’azione delle agenzie deve collocarsi all’interno degli obiettivi
nazionali ed europei.
In quanto gestite secondo criteri imprenditoriali, esse appaiono come il più
adeguato mezzo per il raggiungimento degli obiettivi.
Ed infatti, la ratio di una simile scelta deve chiaramente ravvisarsi nella maggiore professionalità che queste istanze presentano rispetto alle collettività locali: tale maggiore preparazione tecnica e professionale, rende ovviamente più efficiente l’attività di riferimento. A ciò deve peraltro aggiungersi il dinamismo con
cui riesce ad operare una struttura organizzata sotto forma di agenzia rispetto a
quanto potrebbe fare un ente pubblico.
129
LA GOVERNANCE INTERNA
2. Pianificazione e controllo della gestione diretta dei servizi
pubblici
130
La dimensione funzionale del servizio pubblico è presente da sempre nell’azione pubblica francese; essa è legata alla facoltà propria delle autorità pubbliche di scegliere la forma di gestione a loro avviso più appropriata per l’organizzazione e l’erogazione dei servizi di loro competenza.
Inizialmente, la gestione del servizio pubblico veniva assunta direttamente
dalla collettività pubblica, con personale e mezzi finanziari propri. Successivamente, è divenuta sempre più frequente la creazione di istituzioni di diritto
pubblico specializzate, le régies, alle quali attribuire, per via legislativa o regolamentare, una missione di servizio pubblico.
La régie si declina in tre diverse forme, a seconda dello statuto giuridico
applicato. Le differenze riguardano i diversi gradi di autonomia giuridica e
finanziaria:
– régie directe priva di autonomia finanziaria e personalità morale (la cui creazione è interdetta dal 1926)
– régie dotata di sola autonomia finanziaria (per i servizi pubblici industriali e
commerciali)
– régie dotata di autonomia finanziaria e di personalità morale (établissement
public).
Come premesso, la régie directe costituisce la forma più antica di gestione dei
servizi pubblici, che vengono gestiti in questo modo quando vengono sfruttati
direttamente dal soggetto pubblico da cui dipendono. Nonostante con la régie si
abbia una certa individualizzazione funzionale alle attività svolte è comunque
priva di personalità morale. Si tratta della forma di gestione utilizzata prevalentemente per i servizi pubblici amministrativi (difesa nazionale, giustizia, polizia
nazionale, ecc.).
La régie è comunque parimenti utilizzata per la gestione di servizi pubblici
industriali e commerciali. In tal caso, la régie dispone di norma di una certa
autonomia finanziaria ed ha l’obbligo di redigere un budget annesso a quello
dello Stato o della collettività decentralizzata.
L’autorità pubblica può inoltre decidere di attribuire una migliore autonomia
ad un determinato servizio, in ragione della natura della sua attività. In tal caso,
si ricorre all’établissement public, un’entità dotata di personalità morale di diritto pubblico e distinta dallo Stato o dalla collettività locale da cui dipende.
L’établissement public può avere un proprio budget ed un proprio patrimonio,
nonché una propria capacità giuridica. Analogamente alla collettività locale, l’établissement public è dotato di un organo deliberante (il consiglio d’ammini-
LA GOVERNANCE INTERNA
strazione) e di un’autorità esecutiva.
La fonte della legittimità e della rappresentatività dell’établissement public
non è ravvisabile nel principio elettorale. La tutela dello Stato sugli atti dell’établissement nazionali è significativa, e gli atti più importanti sono sottoposti ad
approvazione del Ministro competente.
Ciò nonostante, la creazione dell’établissement risponde alla volontà di accrescere la responsabilità dei decisori, favorendo al contempo la partecipazione
degli impiegati e degli utenti all’attività dell’établissement stesso.
In tutti e tre i casi, comunque, il comune rimane responsabile degli investimenti e dello sfruttamento del servizio.
La tabella 1 descrive nel dettaglio le caratteristiche delle differenti forme di
régie.
131
LA GOVERNANCE INTERNA
Tabella 1
Régie semplice
L. 2221-8 CGCT
132
Definizione
Servizio comunale
Nessuna autonomia
Ruolo della collettività
Attività indistinte
Organi di gestione
Sindaco e consiglio comunale
Budget
Budget annesso obbligatorio
Tariffe
Consiglio comunale
Organo esecutivo
Sindaco
Contabilità
Dipendente comunale
Patrimonio
Comunale
LA GOVERNANCE INTERNA
Régie dotata di autonomia finanziaria
L. 2221-11 e s.
Régie dotata di autonomia finanziaria
e personalità morale
CGCT L. 2221-10 CGCT
Organo di gestione diretta
La collettività conserva il ruolo di controllo
del servizio
Etablissement public
La collettività conserva il ruolo di
periodico controllo del servizio
Il consiglio comunale delibera su:
• creazione della régie
• organizzazione amministrativa e finanziaria
della régie
• composizione del CdA
• scelta del direttore
Il sindaco:
• presenta il budget al consiglio
• rappresenta la régie all’esterno
• propone i membri del CdA ed il direttore
Il consiglio comunale delibera su:
• creazione della régie
• composizione del CdA
• scelta del direttore
Il sindaco propone i membri del CdA
ed il direttore
CdA
CdA
Budget annesso votato dal consiglio comunale
Budget votato dal consiglio
d’amministrazione
Consiglio comunale
CdA
Sindaco, direttore
Direttore
Dipendente comunale o contabile speciale
Tesoriere o contabile speciale
Comunale
Comunale o patrimonio proprio
133
LA GOVERNANCE INTERNA
La figura successiva evidenzia i diversi gradi di controllo ed ingerenza del settore pubblico relativamente alle diverse forme di régie.
Figura 1
134
Régie
Régie dotata di
autonomia finanziaria
Grado di intervento
nella gestione
Régie dotata di
autonomia finanziaria
e personalità morale
Controllo pubblico
Ancora, con la régie directe, il servizio viene gestito direttamente dall’ente
locale, singolarmente o mediante raggruppamento in syndicat. L’ente locale
incassa il ricavato direttamente dall’utenza ed ha la responsabilità diretta in
materia di realizzazione degli investimenti.
Figura 2
La gestione attraverso régie directe
Comune o
Sindacato
Investimenti
Gestione
Fattura
Utenti
LA GOVERNANCE INTERNA
Con le altre forme di régie, l’ente locale gestisce il servizio attraverso un’istituzione che dipende completamente dall’ente locale medesimo e che quindi non
si configura come soggetto terzo distinto rispetto al medesimo. Come anticipato,
all’ente locale rimane comunque di norma la responsabilità per quanto riguarda
l’effettuazione dei differenti investimenti.
135
Figura 3
Le altre forme di régie
Comune o
Sindacato
Gestione
Régie
Fattura
Utenti
Investimenti
LA GOVERNANCE INTERNA
Le Agences Régionales de
l’Hospitalisation (ARH)
136
Descrizione del contesto
Presenti in ogni regione del territorio francese, le Agences Régionales de
l’Hospitalisation (ARH) sono enti morali di diritto pubblico dotati di autonomia
amministrativa e finanziaria, costituiti sotto forma di centro di interessi pubblici in seno allo Stato e all’assicurazione sanitaria.
Poste sotto la tutela del Ministero della sanità e della sicurezza sociale, le
ARH sono sottoposte al controllo della Corte dei Conti francese e dell’Ispettorato
Generale degli Affari sociali, ma nella loro autonomia organizzativa sono amministrate da un Comitato esecutivo, che delibera ed emette avvisi su questioni di
competenza dell’Agenzia.
Il ruolo ed il funzionamento delle ARH sono stati precisati dalla riforma sanitaria del 1991 attuata dal Codice della sanità pubblica, che dispone tutta una
serie di regole in tema di pianificazione, organizzazione ed attività sanitaria.
La missione delle ARH è in particolare prevista dall’art. L. 6121-1, che stabilisce il triplice compito dell’agenzia.
Il primo, di definizione e messa in atto della politica sanitaria regionale relativamente ai servizi ospedalieri, attraverso la predisposizione di due documenti fondamentali per il funzionamento delle ARH: la Carta sanitaria e lo Schema
Regionale di organizzazione sanitaria. Questi due documenti hanno ad oggetto
la previsione e la predisposizione di quelle misure necessarie per la fornitura
dei servizi al pubblico degli utenti, al fine di rispondere in maniera ottimale alla
richiesta in ambito sanitario.
Il secondo dei compiti delle ARH è quello di analisi e coordinamento delle
attività delle strutture sanitarie, sia per quanto riguarda quelle di proprietà pubblica, che in riferimento alle strutture di proprietà privata.
Il terzo, infine, consiste nella determinazione delle risorse necessarie a tali
strutture per la fornitura del servizio sanitario all’utenza: questa funzione viene
svolta attraverso la predisposizione della c.d. campagne budgétaire.
Dalla descrizione dei triplici compiti riservati alle agenzie sanitarie risulta
evidente che esse hanno acquisito la competenza di gestione del servizio sani-
LA GOVERNANCE INTERNA
tario dal punto di vista della pianificazione dei programmi per l’erogazione del
servizio medesimo: le ARH, dunque, svolgono quelle funzioni che, di per sé,
sarebbero di competenza dell’ente locale. La decentralizzazione del servizio
sanitario, quindi, appare particolarmente evidente, considerato che stiamo trattando un tema di rilevanza pubblicistica particolare, vale a dire il tema della
sanità.
Il servizio sanitario richiede infatti una gestione particolarmente “dinamica”,
nel senso che deve repentinamente adattare le proprie strutture e le proprie
risorse alle mutevoli esigenze dell’utenza. Proprio per questo la scelta, risalente
ormai ad oltre dieci anni fa, di istituire le agenzie sanitarie ha trovato riscontri
particolarmente positivi nel contesto francese. Con la loro istituzione, infatti, è
possibile garantire in ambito sanitario una professionalità organizzativa molto
elevata, ottenuta grazie all’idea di gestione dell’attività dell’agenzia secondo criteri imprenditoriali, che però si muovono in piena commistione con l’amministrazione locale.
In seno all’agenzia, come del resto avviene anche nella realtà italiana, viene
nominato un direttore generale, che presiede il Comitato esecutivo e congiuntamente allo stesso svolge le funzioni deliberative, in applicazione di un preciso
percorso procedurale, che dispone la necessità di un preventivo parere di altre
istanze, come ad esempio il Comitato regionale dell’organizzazione sanitaria.
Le competenze del Comitato esecutivo sono quelle di deliberare sulle autorizzazioni di attivazione dei servizi, sulle erogazioni finanziarie necessarie alle
varie strutture sanitarie, con le quali vengono conclusi accordi per la definizione degli obiettivi e dei relativi mezzi per raggiungerli.
Il comitato esecutivo emette inoltre dei pareri sulla natura e l’importanza dell’istituzione di determinati servizi, necessari per rispondere ai bisogni della
popolazione, sulla base dello schema regionale di organizzazione sanitaria dal
medesimo predisposto. Il Comitato ha infine diritto ad emettere pareri in merito alle deliberazioni dei consigli di amministrazione delle strutture ospedaliere.
Come si vede, dunque, la struttura delle agenzie oggetto del presente caso
risulta assai semplice e snella.
Obiettivi
L’idea di istituire le ARH in Francia muove ovviamente dalla necessità di ottenere la migliore gestione possibile in ambito sanitario, in particolare per quanto
riguarda l’adattabilità dei servizi resi alle mutevoli esigenze dell’utenza.
Esse sono infatti istituite in ogni regione e, come sopra descritto, hanno competenza nel determinare i piani per il futuro, sia per quanto riguarda l’aspetto
finanziario, sia per quanto concerne la qualità e quantità dei servizi sanitari resi:
137
LA GOVERNANCE INTERNA
138
le ARH francesi hanno competenza di pianificazione, per così dire, a tutto
campo, in quanto attraverso le loro deliberazioni stabiliscono in quale direzione
volgerà l’erogazione del servizio sanitario.
In qualità di organismo volto alla pianificazione dell’attività sanitaria nella
regione e delle risorse finanziarie da destinarsi alle strutture sanitarie in essa
presenti, l’ARH predispone i documenti necessari a tal fine.
Per quanto riguarda l’aspetto finanziario della pianificazione, la campagne
budgétaire, com’è facilmente intuibile, predispone le risorse finanziarie da
destinarsi all’attività delle singole strutture, con particolare riferimento alle esigenze di queste e, principalmente, alle necessità della popolazione.
Questa attività viene svolta a seguito della definizione delle risorse disponibili da parte del Parlamento nazionale, che le decide in occasione dell’approvazione della legge di finanziamento (legge finanziaria) della sicurezza sociale.
Per ogni regione viene così definito il budget per l’anno successivo, che ovviamente è misurato in base ai bisogni ed alle peculiarità della singola zona territoriale di riferimento, tenuto conto delle eventuali modifiche nel corso dell’anno (ad esempio, per l’anno 2000 il Ministero dell’economia, finanze e industria
e il Ministero per l’impiego e la solidarietà, con decisione modificativa n. 1
[pubblicata in Gazzetta Ufficiale 6.2.2000], ha deciso che il budget relativo
all’AHR della regione Nord-Pas de Calais doveva essere aumentato di una
somma pari a 753.500 F).
Determinati i finanziamenti da parte statale, questi vengono devoluti dalla ARH
agli ospedali pubblici, agli ospedali privati a scopo non lucrativo e convenzionati con il servizio pubblico. Gli altri ospedali sono invece finanziati per mezzo di
tariffe di prestazione definite proprio grazie ad accordi contrattuali stabiliti con
l’agenzia regionale, nel quadro dei contratti di obiettivo con essi conclusi.
Di particolare interesse risulta peraltro anche l’analisi dei due documenti
sopra citati, relativi all’attività di pianificazione della politica sanitaria regionale: la carta sanitaria e lo schema regionale di organizzazione sanitaria.
La carta sanitaria determina la natura e l’importanza delle scelte circa gli investimenti e le attività necessarie per rispondere ai bisogni dell’utenza, mentre lo
Schema regionale di organizzazione sanitaria (SROS) ha lo scopo di fissare gli
obiettivi da raggiungere in vista del miglioramento dell’accessibilità, della qualità e dell’efficienza del servizio sanitario.
Predisposti previo parere del Comitato regionale dell’organizzazione sanitaria,
sulla base dei bisogni della popolazione, tenuto conto dei dati demografici ed
epidemiologici, nonché dei progressi ottenuti dalla scienza medica, questi due
documenti costituiscono un’approfondita analisi quantitativa e qualitativa dell’offerta necessaria di servizi, avente durata quinquennale, e comunque in ogni
momento modificabile a seconda delle esigenze concrete.
LA GOVERNANCE INTERNA
La definizione degli obiettivi attraverso la predisposizione di tali documenti
consente così alle strutture ospedaliere di condurre una serie di attività di cooperazione e ricomposizione dell’offerta di servizi, attraverso la conclusione con
il Direttore dell’ARH di contratti pluriennali (contrats pluriannuelles des moyens
et des objectifs) che determinano le scelte strategiche della struttura medesima.
In tale ottica, risulta facilmente comprensibile come lo Schema organizzativo
(SROS) acquisisca una preminenza assoluta nell’attività di pianificazione sanitaria, tenuto conto del fatto che esso predispone gli obiettivi da raggiungersi nel
corso dei prossimi cinque anni di attività. In particolare, il SROS fissa gli obiettivi relativi all’organizzazione dei servizi ed all’accesso ai medesimi.
Sotto quest’ultimo profilo, la riflessione riguarda in particolare la compatibilità dell’organizzazione ospedaliera con le urgenze e l’adattabilità del personale
e della struttura alle evoluzioni ed ai bisogni dell’utenza.
Di particolare interesse ai fini dell’adattabilità alle esigenze concrete è sicuramente la possibilità di effettuare in qualsiasi momento una revisione dello
Schema, attraverso la consultazione delle istanze amministrative come il
Comitato regionale dell’organizzazione sanitaria e sociale e la Conferenza sanitaria di settore, nonché del Comitato di orientamento.
Quest’ultimo è un’istanza di consulenza composta da un numero di membri
scelti intuitu personae tra personalità notabili nel settore sanitario, mentre la
Conferenza sanitaria di settore è costituita dall’insieme delle strutture pubbliche
e private e viene obbligatoriamente sentita preventivamente alla redazione definitiva del SROS.
Evidentemente, dunque, il SROS costituisce il documento regionale fondamentale per la pianificazione nel settore sanitario, avente durata quinquennale,
all’interno del quale è addirittura predisposto un calendario dei lavori con indicazione delle scadenze entro le quali gli obiettivi fissati devono ottenere la loro
realizzazione.
Il ruolo delle ARH nel sistema francese ci pone davanti alla “contraddittorietà” di questa nazione, che si manifesta verso l’esterno come un’organizzazione dotata di una forte centralità, ma temperata da elementi tipici della decentralizzazione, come ad esempio il caso della gestione della pubblica amministrazione attraverso le agenzie regionali.
Ebbene, nel caso del sistema nazionale sanitario, la Francia pone da una parte
in capo allo Stato il ruolo principale di amministrazione delle risorse, in quanto garante dell’interesse pubblico e del miglioramento dello stato di salute della
popolazione. Dall’altra, il Codice della Sanità prevede un’influenza determinante delle agenzie poste sul territorio regionale, quale organismo dotato di una
struttura snella, capace di cogliere immediatamente le necessità tipiche di quella regione.
139
LA GOVERNANCE INTERNA
140
Lo Stato, direttamente o indirettamente, assume le decisioni delle problematiche
di carattere generale relative alla salute pubblica, si occupa della formazione del
personale sanitario, partecipa alla definizione delle condizioni di lavoro, ed esercita la propria tutela amministrativa sulle Agences Régionales de l’Hospitalisation.
Può dunque desumersi che le ARH consistono in gruppi di lavoro di interesse
pubblico che si muovono tra lo Stato e le Casse regionali di assicurazione sanitaria, e come tali incarnano quell’istanza necessaria a rendere vicino al cittadino un sistema regolato dall’alto, cioè secondo criteri centralizzati. Esse cioè
segnano la linea di confine tra la gestione centralizzata e le esigenze della singola regione.
Poste infatti sotto la tutela del Ministero della salute e della sicurezza sociale,
le ARH hanno la missione di definire e mettere in pratica la politica regionale di
offerta dei servizi ospedalieri, entro gli orientamenti fissati a livello nazionale.
Nell’analizzare e coordinare le attività delle strutture sanitarie pubbliche e private, le ARH fissano i limiti entro i quali i settori ospedalieri e psichiatrici possono operare, attraverso la predisposizione del SORS, nonché della definizione
dei contratti di obiettivo conclusi con le singole strutture ospedaliere.
Tenuto conto del fatto che le ARH sono in grado di ottenere modifiche al budget nazionale predisposto a livello centrale, determinate principalmente dalla
situazione del caso, pare che la loro realizzazione verta nel senso di una migliore gestione del servizio sanitario ospedaliero. Ciò è reso possibile dal fatto che
l’ARH è in grado di osservare e valutare tempestivamente le necessità del territorio e dell’utenza, provvedendo in tal senso. Nell’esercitare il proprio potere
decisionale l’ARH assume dunque quei provvedimenti che si rendono necessari per far fronte alle necessità della popolazione: è per questo che al loro potere
organizzativo e di gestione, il Codice di Sanità ha affiancato un potere decisionale anche per quel che riguarda la devoluzione dei finanziamenti alle singole
strutture ospedaliere.
La snellezza e rapidità con cui le ARH sono in grado di assumere decisioni e
di provvedere alle necessità della popolazione non potrebbe ovviamente essere
sostituita da un organismo di origine centralizzata, che non avrebbe dalla sua
parte quel collegamento diretto con il territorio e l’utenza che gli consentirebbero una buona gestione del servizio.
Elementi di criticità e spunti di potenziale interesse per il caso
italiano
Per quanto riguarda i rilievi critici, non risultano esservi elementi di criticità.
Tutt’altro: i piani quinquennali conclusi con le singole strutture ospedaliere, la
struttura dinamica e gestita secondo criteri altamente professionali, nonché
LA GOVERNANCE INTERNA
composta da notabili del settore sanitario non possono che essere considerati
elementi positivi per la gestione del servizio sanitario.
Tale positiva valutazione tiene conto del ruolo che le ARH svolgono nel contesto della fornitura del servizio sanitario all’utenza, che le distingue fortemente dalle Agenzie Regionali di Sanità (ARS) italiane in merito alle competenze
rispettivamente riconosciute.
Come già detto, le ARH svolgono un triplice ruolo nel contesto francese, di
definizione ed attuazione della politica sanitaria regionale, di analisi e coordinamento delle attività delle varie strutture sanitarie presenti sul territorio, nonché quello di determinazione delle risorse necessarie per il raggiungimento degli
obiettivi pianificati.
Esse dunque si pongono nell’ambito operativo del settore sanitario, in quanto
pianificano dal punto di vista organizzativo e gestiscono dal punto di vista
finanziario la politica sanitaria della regione, attraverso lo svolgimento delle
competenze decisionali loro riconosciute.
Piuttosto, nel contesto francese è possibile ravvisare una struttura simile alle
italiane agenzie regionali sanitarie nella Direction de l’Hospitalisation et de
l’Organisation des Soin (DHOS), che ha come scopo quello di promuovere le
campagne di miglioramento della qualità dei servizi all’interno delle strutture
sanitarie, nonché di seguire e misurare l’impatto delle procedure e decisioni
disposte dall’ARH. Gli studi condotti dalla DHOS, ad esempio, hanno ad oggetto la ricognizione del buon funzionamento dell’attività professionale sanitaria
all’interno delle strutture, nel senso di chiarire in che misura gli addetti ai lavori seguano le direttive impartite alle varie istituzioni (Ministero, agenzie, ecc.).
In Italia le agenzie sanitarie regionali nascono quale ente di supporto della pianificazione del Servizio Sanitario Regionale, e si distinguono dall’Agenzia per i
Servizi Sanitari Regionali (ASSR), quale ente nazionale con personalità giuridica di diritto pubblico, sottoposto alla vigilanza del Ministero della Salute.
L’ASSR ha principalmente un ruolo di collaborazione con le regioni e le province autonome italiane relativamente alla materia sanitaria, nonché di supporto alle loro iniziative di autocoordinamento. Essa svolge inoltre compiti di rilevazione, analisi, valutazione, proposte in materia di organizzazione dei servizi,
innovazione e sperimentazione di nuovi modelli gestionali, di qualità e costi
dell’assistenza.
Se invece andiamo ad analizzare le competenze delle agenzie regionali sanitarie, vediamo che esse si limitano allo svolgimento di funzioni di supporto e di
consulenza. Principalmente le ARS svolgono attività di supporto tecnico nella
pianificazione delle attività di vigilanza e controllo delle Aziende Sanitarie
Locali, nonché di elaborazione di proposte per definire i parametri di finanziamento delle ASL e degli Istituti di ricovero e cura.
141
LA GOVERNANCE INTERNA
142
In alcuni casi, come ad esempio nell’ipotesi della Puglia e dell’Emilia
Romagna, le agenzie hanno inoltre competenza di elaborazione di una relazione
annuale sull’andamento della gestione delle ASL e degli Istituti sopra citati. In
altri, come ad esempio in Toscana, le ARS forniscono anche dei servizi, ma soltanto previa richiesta delle ASL, delle Aziende ospedaliere o di altri soggetti
pubblici o privati.
Come si vede, dunque, le ARS italiane svolgono un ruolo più limitato rispetto
alle ARH francesi, le quali hanno invece una competenza che incide proprio
sulla definizione programmatica dell’attività sanitaria regionale, e che le pone in
ruolo di coordinamento nell’ambito del servizio sanitario.
Ad esempio, se prendiamo in considerazione la legge regionale Toscana n. 71
del 30 settembre 1998, vediamo che le competenze dell’ARS Toscana riguardano principalmente tre diversi aspetti:
1. funzioni di supporto e di consulenza tecnico-scientifica al Consiglio e alla
Giunta regionale in materia di programmazione sanitaria. In particolare
l’ARS provvede alla predisposizione di studi preparatori per gli atti di programmazione regionale, la definizione degli indicatori sullo stato di salute
della popolazione e sui risultati delle attività del servizio sanitario regionale,
oppure la definizione di strumenti per l’analisi dei bisogni sanitari e per
rispondere alla domanda di prestazione di servizi;
2. attività di consulenza, studio e ricerca su committenza delle Aziende sanitarie, degli enti locali e di altri soggetti pubblici e privati;
3. sopralluoghi per acquisire notizie e documentazioni;
4. acquisizione di dati, attraverso la raccolta diretta e sistematica e l’accesso a
banche dati, nonché loro elaborazione e pubblicazione;
5. gestione di reti di monitoraggio e di altri sistemi di indagine;
6. coordinamento dei centri di eccellenza nei settori di principale interesse
individuando possibili forme di collaborazione con analoghi istituti a livello
nazionale.
Per contro, le ARH svolgono un ruolo di vera e propria gestione dell’attività
sanitario-ospedaliera francese, in particolare per quanto concerne la definizione
e la predisposizione dei servizi necessari all’utenza, con relativa devoluzione
delle risorse finanziarie necessarie, in quanto disponibili.
Tale attività viene posta in essere attraverso la conclusione dei SORS, solitamente riferibili a determinati comprensori, ove risiedono un certo numero di
strutture ospedaliere, siano esse pubbliche o private. Nell’ambito di questi piani
quinquennali l’ARH predispone sia l’organizzazione dei servizi che l’accesso
agli stessi, in modo tale che la politica regionale possa rispondere in maniera
efficace alla situazione presente all’interno del territorio.
LA GOVERNANCE INTERNA
In tal senso, si osservano dunque ipotesi in cui l’ARH predispone scelte relative all’apertura di nuovi complessi ospedalieri, oppure in cui si stabilisce una
complementarità ed una cooperazione tra struttura ospedaliera pubblica e privata, esercitando le proprie funzioni decisionali così come previsto nel Codice
della Sanità, che ne ha definito la sua istituzione.
143
LA GOVERNANCE INTERNA
La Régie Autonome des
Transports Parisiens (RATP)
144
Il contesto di riferimento
Fino agli anni ’60, il servizio di trasporto pubblico locale in Francia era sostanzialmente proficuo.
Successivamente, con l’avvento della mobilità individuale motorizzata, questa
situazione mutò, sino a rendere necessario, tra la fine degli stessi anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, l’intervento delle amministrazioni pubbliche locali. Queste
ultime, tramite i propri uffici o le proprie agenzie, assunsero la responsabilità di
garantire i servizi di trasporto pubblico locale.
I servizi venivano di norma erogati per conto dell’amministrazione locale da
operatori privati sulla base di contratti di gestione delegata (contrats de gerance)
ai sensi dei quali il rischio gravava unicamente sulle amministrazioni pubbliche, con risvolti negativi in termini di stimolo dell’efficienza degli operatori.
Solo verso la fine degli anni Settanta apparvero in Francia i primi contratti che
prevedevano un “rischio” condiviso anche dall’operatore.
Nel 1980 le autorità locali responsabili per i trasporti pubblici si riunirono in
un’associazione per meglio rappresentare e difendere i propri interessi, nonché
scambiare informazioni e conoscenze. Attualmente sono 223 i comuni, i départements e le regioni associate al GART (Groupement des Autorités Responsables
de Transport)1. Per converso, gli operatori sono riuniti nell’Union des
Transports Publics (UTP), un’associazione dotata di una forte influenza politica
ed economica.
Nel 1982 fu licenziata sotto Mitterrand la nuova legge quadro “LOTI” (Loi d’orientation des transports intérieurs2), destinata a regolamentare il settore dei trasporti interni. Questa legge e l’introduzione dei primi nuovi sistemi di metropolitana di superficie a Nantes e Grenoble, indussero a ripensare la mobilità
locale in senso di un maggiore coordinamento territoriale globale, con l’utilizzo
di uno nuovo strumento amministrativo: il piano della mobilità urbana “PDU”
(Plan de Déplacements Urbains).
1
2
www.gart.org
Loi 82-1153 du 30 Décembre 1982 – Loi d’Orientation des Transports Intérieurs.
LA GOVERNANCE INTERNA
Durante gli anni ’80 e ’90 i TPL francesi sono quindi rivoluzionati da una
nuova visione della mobilità urbana, che rivaluta fortemente i servizi ferrometro-tramviari, con una maggiore distinzione tra amministrazione ed operatore, che induce a stipulare contratti che delegano maggiori rischi e responsabilità
all’operatore.
Contemporaneamente si assiste ad una fortissima concentrazione del mercato,
con la crescita di pochi oligopolisti (Via-GTI poi Via-Cariane oggi Keolis,
Transdev, CGEA-Vivendi oggi Connex) che rilevarono gli operatori locali, cercando ben presto sbocchi anche a livello internazionale.
Razionalità ed obiettivi della RATP
La RATP (Régie Autonome des Transport Parisiens) è stata creata con la legge
21 marzo 1948, dopo lunghe discussioni ed il vaglio di circa sei diversi progetti sul tema.
La Francia stava passando attraverso un periodo di grandi difficoltà economiche, era il periodo delle grandi nazionalizzazioni (uno per tutti il caso della
Eléctricité de France), e l’obiettivo del governo dell’epoca era coerentemente
quello di limitare la gestione dei servizi di pubblica utilità da parte di soggetti
privati.
Negli anni immediatamente successivi la sua istituzione, la RATP non dispone di mezzi finanziari sufficienti per la gestione efficiente del servizio e lo sviluppo e la crescita del medesimo sul territorio di riferimento (con particolare
riferimento agli investimenti), soprattutto in considerazione del vincolo del servizio pubblico a cui la RATP viene assoggettata. Il contributo finanziario corrisposto dallo Stato è marginale (il 15% circa del totale delle entrate). Inoltre, l’erogazione del servizio in condizioni di monopolio viene messa in discussione
dalla presenza di operatori privati che gestiscono il servizio nella periferia.
Per evitare il crollo del sistema, interviene il governo De Gaulle con l’adozione dell’ordinanza n. 59-151 del 7 gennaio 1959 che riforma l’intero sistema di
trasporto pubblico locale anche mediante la costituzione del Syndicat Transport
Paris, a cui compete l’organizzazione del servizio sul territorio di riferimento
dell’Île-de-France. Il Syndicat Transport Paris è stato trasformato con la legge 13
dicembre 2000 in Syndicat des Transport d’Île-de-France (STIF).
Relativamente alla missione della RATP è indispensabile ricordare che originariamente, si voleva evitare il proliferare di diverse società private di gestione
del trasporto pubblico locale nella regione parigina. In questa prospettiva, il
principale problema da affrontare concerneva l’assenza di una modalità di
gestione diretta del servizio da parte degli enti locali mediante régie che fosse
credibile sotto il profilo dell’efficienza, dell’efficacia e dell’economicità.
145
LA GOVERNANCE INTERNA
146
Le priorità della politica locale dei trasporti che allo stato attuale la RATP mira
a conseguire sono di conseguenza così sintetizzabili:
a. divenire l’interlocutore di riferimento degli enti locali ed eventualmente di
altri livelli di governo del territorio in tema di gestione del servizio di trasporto;
b. erogare un servizio di buon livello qualitativo, con particolare attenzione al
comfort, all’affidabilità, alla frequenza, alla capacità ed all’informazione ad
un costo abbordabile. Il tema del miglioramento dell’efficienza allocativa, in
termini di costi, produttività e manutenzione, diviene quindi molto importante;
c. praticare una efficace differenziazione delle tariffe in modo da perseguire
obiettivi di redistribuzione sociale ed evitare pericolose scremature di mercato.
Gli obiettivi per il futuro sono sempre più orientati verso il conseguimento di
standard qualitativi sempre più elevati, anche grazie alla contrattualizzazione
dei rapporti tra la RATP e STIF. In particolare:
• miglioramento della viabilità urbana ed extraurbana grazie alla riduzione
degli spostamenti mediante vettura, rendendo di conseguenza più efficiente
il servizio in termini di regolarità, velocità, migliore accessibilità, ed informazioni in tempo reale sul traffico;
• più elevata trasparenza dei risultati e relativa misurabilità delle performances economico-finanziarie e tecniche;
• crescente presenza sul territorio oltre i confini della collettività di riferimento grazie al ricorso a politiche di partenariato con diversi soggetti appartenenti al medesimo settore e dotati di un significativo know-how operanti sul
territorio nonché politiche di sviluppo strategico multiservice grazie alla
creazione di società di scopo ad hoc.
L’organizzazione del servizio
Il trasporto pubblico locale a Parigi e nell’Île-de-France viene effettuato, oltre
che dalla RATP (che quindi non opera in condizioni di monopolio legale), anche
dalla SNCF (Société Nationale Chemins de Fer). Esistono anche degli operatori
privati, organizzati in un consorzio denominato OPTIL. La loro quota di mercato raggiunge il 7,5% circa e il loro ambito di operatività ha ad oggetto soprattutto il traffico extraubano.
LA GOVERNANCE INTERNA
Tabella 2
RATP
SNCF
OPTIL
Numero di viaggiatori
1980
78,3%
16,4%
5,4%
1994
75,8%
17,1%
7,1%
Numero di viaggiatori/Km
1980
53,5%
42,3%
4%
1994
52,2%
42,9%
4,9%
Fonte: Senato, 2001
Il mercato dei servizi di TPL in Francia non è ancora aperto. Si assiste tuttavia
ad una crescita della concorrenza tra gli operatori nazionali presenti sul mercato. A Saint-Etienne, Connex ha recentemente vinto per la gestione di un servizio
a lungo “sfruttato” da Transdev. Resta il dato di fatto che, se il mercato si sta ridisegnando sulla base di nuove strutture proprietarie (SNCF-Keolis) o alleanze
(RATP-Transdev), il mercato francese resta impermeabile alla concorrenza internazionale, nonostante l’aggressiva presenza di operatori francesi all’estero, ed in
particolare in Europa (Svezia, Germania, Gran Bretagna, Italia, ecc.).
Con più di 10 milioni di abitanti, 1.281 comuni e diverse dozzine di strutture
intercomunali, 8 dipartimenti ed un consiglio regionale, il territorio funzionale
di Parigi è estremamente frammentato; questo senza contare le dozzine di organismi e di operatori pubblici che dipendono direttamente dai poteri pubblici
come la Société Nationale des Chemins de Fer Français (SNCF), la Régie
Autonome des Transports Parisiens (RATP), l’Agence Foncière et Technique de
la Région Parisienne (AFTRP), ecc. Nel dettaglio, il comune (e dipartimento) di
Parigi, con 2,1 milioni di abitanti, ha un bilancio di circa 6,1 miliardi di euro e
40.000 funzionari municipali.
Come già anticipato, la RATP è una Régie, ovvero una delle modalità di gestione diretta di un servizio da parte degli enti locali.
La RATP ha la forma giuridica di un ente pubblico a carattere economico (établissement public à caractère industriel et commercial), dotato di autonomia
finanziaria. L’autonomia giuridica è limitata: il presidente ed il direttore generale sono nominati dal Consiglio dei Ministri. I dipendenti della régie sono assoggettati al contratto collettivo del pubblico impiego.
In relazione alle caratteristiche del servizio gestito e soprattutto alla sua
dimensione economica (secondo l’ultimo bilancio approvato, il fatturato annuo
della RATP è pari a 3 miliardi di euro, e il numero di dipendenti è pari a 43.000
147
LA GOVERNANCE INTERNA
148
circa), la Régie Autonome, pur presentando i tratti tipici della forma organizzativa di riferimento, si presenta come necessariamente evoluta.
La RATP è affidataria diretta del servizio di trasporto pubblico per le linee
individuate dalla legge costitutiva3. L’affidamento diretto senza previo espletamento di una procedura di gara per l’assegnazione della concessione è legato
alla natura di ente pubblico della RATP: gli établissement public sono infatti
esclusi dal dettato della Loi Sapin del 19634.
I contratti relativi all’attività di trasporto urbano vengono tradizionalmente
considerati contratti di gestione delegata. Questo non coincide però con la delegazione di servizio pubblico, ovvero con un contratto nel quale la remunerazione del servizio è assicurata dai risultati della gestione (CE 14 aprile 1996, Préfet
des Bouches-du-Rhône c/o Commune de Lambesc; CE 30 giugno 1999, SMITOM). È quindi frequente che le collettività locali deleganti concludano questo
tipo di contratti, che generalmente sottendono una gestione del servizio mediante Régie o Gérance5 (un’altra forma di organizzazione dei servizi pubblici simile alla gestione delegata ma priva dell’assunzione di rischio da parte del gestore), in applicazione della procedura prevista dagli articoli L. 1411-1 e successivi del Codice generale degli enti locali6.
La RATP è amministrata da un consiglio il cui numero dei componenti è fissato per decreto e comprende un rappresentante delle collettività locali. Lo statuto della régie è approvato mediante decreto.
3
4
5
6
Art. 2/1 ordonnance 59-151: “La Régie autonome des transports parisiens, établissement public
à caractère industriel et commercial doté de l’autonomie financière, instituté par la loi du 21
mars 1948, reste chargé de l’exploitation des réseaux et des lignes de trasport en commun de
voyageurs qui lui à été confiée en application de cette loi”.
La trasparenza della procedura di assegnazione del contratto di servizio pubblico è stata definitivamente regolata dalla legge Sapin del 1993, che stabilisce come debba procedere un’amministrazione locale nel caso essa decida di delegare la produzione di servizi pubblici ad una
società, sia essa a capitale pubblico o privato. In tal caso, la legge prevede la pubblicazione di un
bando di gara, la scelta dell’operatore e delle condizioni contrattuali su voto del Consiglio
dell’Ente locale e la stipula di un contratto con una scadenza chiaramente definita (capitolo IV,
articoli 38 e seguenti). La legge Sapin non impedisce tuttavia all’amministrazione pubblica locale di produrre essa stessa i servizi ritenuti necessari.
Secondo il diritto amministrativo dei servizi pubblici locali, la Gérance è infatti “L’habilitation au
terme de laquelle la collectivité organisatrice confie à un opérateur (privé ou public) le soin de
gérer le service public, pour son compte, sur son budget et selon ses directives, moyennant une
rémunération déterminée en fonction de ses compétences mais aussi de la nature et de l’importance des services attendus par les usagers, sans toutefois qu’il en assume les risques financiers”.
“Les contrats relatifs aux transports urbains sont, traditionnellement, considérés comme des
contrats de gestion déléguée. Ils n’en constituent pas pour autant des contrats de délégation de
service public, c’est à dire des contrats dans lesquels la rémunération du cocontractant est substantiellement assurée par les résultats de l’exploitation (CE 14 avril 1996, Préfet des Bouchesdu-Rhône c/ Commune de Lambesc; CE 30 juin 1999, SMITOM). Pourtant, il est fréquent que les
collectivités publiques délégantes concluent ces contrats, généralement qualifiés justement de
contrats de gérance, en application de la procédure prévue aux articles L. 1411-1 et suivants du
Code général des collectivités territoriales”.
LA GOVERNANCE INTERNA
Le entrate della RATP sono costituite da:
a. ricavi diretti da servizio;
b. contributi del sindacato;
c. altre forme di sovvenzione;
d. altre entrate legate a beni affidati alla régie o che la stessa ha acquisito o
costruito;
e. proventi finanziari;
f. proventi legati ad attività accessorie e diverse dal core business.
Gli attori ed i livelli di governo coinvolti
Il sistema di gestione del servizio di trasporto pubblico locale in Francia nella
regione dell’Île de France contempla molteplici attività condotte da diversi soggetti tra loro coordinati: il Syndicat des Transports d’Île-de-France, la RATP ed
il Comité des partenaires.
Figura 4
Comité
des
partenaires
Syndicat
RATP
Nel 1959 l’Office Régional des Transports Parisiens (ORTP) viene sostituito
dal Syndicat des Transport Parisiens (STP), dotato di poteri più incisivi rispetto al suo predecessore7. In particolare, il STP è incaricato dell’organizzazione
del trasporto pubblico locale nella regione dell’Île de France8.
7
8
Sotto la guida del prefetto della regione è stata perseguita una strategie di concertazione che ha
portato all’approvazione della riforma del STP. Tale riforma si è articolata in due passaggi fondamentali: a) una riforma istituzionale (ingresso della regione nel consiglio d’amministrazione
del STP, che diviene STIF, creazione del comitato dei partner, definizione di nuove modalità di
finanziamento). La legge del 13 dicembre 2000 ha definito il quadro di regolazione, ulteriormente precisato dal decreto del 9 ottobre 2001; b) una contrattualizzazione con le imprese di trasporto firmata il 12 luglio 2000.
Art. 1 ordonnance 59-151: “Il est constitué entre l’État, la région d’Île-de-France, la ville de Paris,
les départements des Hauts-de-Seine, de la Seine-Saint-Denis, du Val de Marne, de l’Essonne,
des Yvelines, du Val-d’Oise, et de Seine-et-Marne, un syndicat doté de la personnalité morale,
chargé de l’organisation des transports en commun des voyageurs en Îlé de France. En Île-de
149
LA GOVERNANCE INTERNA
150
Il STP è divenuto con legge del luglio 2000 Syndicat des Transports d’Île-deFrance (STIF).
Il Syndicat des Transports d’Île-de-France riunisce lo Stato, le regioni dell’Îlede-France e gli otto dipartimenti sotto la presidenza del Prefetto di Parigi.
Lo STIF è l’autorità che si occupa di organizzare i servizi nell’Île-de-France
(per un equivalente di circa 12 milioni di persone) con l’obiettivo di perseguire
tre missioni fondamentali.
1. Organizzazione. Lo STIF coordina l’attività della RATP, della SNCF Île-deFrance e dei 90 operatori privati affiliati ad OPTILE. Definisce le condizioni
operative generali, determina la durata e la frequenza dei servizi; assicura l’equilibrio finanziario grazie ad un consistente trasferimento finanziario agli
operatori del settore. Lo STIF ha altresì il compito di fissare le tariffe per il servizio. Infine, approva i contratti triennali che definiscono le obbligazioni reciproche tra STIF (finanziarie) e RATP e SNCF (offerta e qualità del servizio).
2. Ammodernamento. Lo STIF approva i grandi progetti di infrastrutturazione,
cofinanzia al 50% con la regione dell’Île-de-France gli impianti volti a
migliorare la qualità del servizio.
3. Previsione. Lo STIF conduce una politica particolarmente attiva in termini di
ammodernamento ed adattamento delle infrastrutture. Lo STIF osserva inoltre l’evoluzione degli spostamenti ed effettua un’attività di raccolta di dati
statistici e di cartografia. Si occupa inoltre di finanziare le numerose sperimentazioni condotte dagli operatori che gestiscono il servizio.
Lo STIF, dopo la riforma intervenuta nel 1999, è divenuto il perno dell’intero
sistema di organizzazione e finanziamento del settore. Raccoglie i versamenti
dei trasporti, come una provincia, oltre a ricevere le sovvenzioni dello Stato e
delle collettività locali. Le sue relazioni con i gestori del servizio, per i quali
costituisce l’unica fonte di finanziamento pubblico, sono regolate all’interno di
un quadro contrattuale. Lo STIF è il soggetto istituzionale che permette una
gestione efficiente ed efficace del servizio all’interno di una prospettiva di
gestione diretta del medesimo.
France, le syndicat, en conformité des règles de coordination des transports, fixe les relations à
desservir, désigne les exploitants, définit le mode technique d’exécution des services, les conditions générales d’exploitation et la politique tarifaire”.
LA GOVERNANCE INTERNA
Figura 5
TVA
Dipendenti
Versamento
STIF
Dipartimenti
STATO
TVA
su V.T.
TVA
sulle sovvenzioni
e imposte sulla
produzione
Versamento
Trasporti
TVA sulle
sovvenzioni
e imposte
sulla
produzione
151
Indennità
compensativa
APTR
ADATRIF
ecc.
RATP
SNCF
Vendita biglietti
Rimborso Carte
Orange
Ménages
Altre attività
Il Comité Paritaire des Transports Publics è stato previsto dalla legge sulla solidarietà e sul rinnovamento urbano del 13 dicembre 2000. È composto da 24
membri che rappresentano rispettivamente le organizzazioni sindacali, le organizzazioni professionali e padronali, le associazioni dei consumatori e le collettività locali che partecipano al finanziamento dei servizi di trasporto dei viaggiatori nell’Île-de-France.
Il comitato sarà consultato sulle questioni relative all’offerta ed alla qualità dei
servizi di trasporto alla persona, di competenza dello STIF, nonché sull’orientamento della politica tariffaria e sullo sviluppo del sistema di trasporto nell’Îlede-France.
Il comitato dispone di un seggio, con diritto di voto a valore consultivo, nel
Consiglio d’amministrazione del Syndicat.
LA GOVERNANCE INTERNA
Il contratto tra il Syndicat e la RATP
152
Nel luglio del 2000 la RATP ha concluso un contratto di servizio con il Syndicat
des Transports d’Île-de-France. Si tratta di un passaggio decisamente importante
all’interno del quadro di riforma complessiva del sistema in grado di rafforzare
ulteriormente il ruolo di monitoraggio e controllo del Syndicat (e quindi, indirettamente, dei differenti livelli di governo locale in esso rappresentati).
Questo contratto rende la RATP direttamente responsabile dei suoi risultati
economici e finanziari.
Nel dettaglio, i punti chiave riguardano la qualità del servizio declinata a livello di:
– miglioramento del servizio al fine di soddisfare in maniera crescente le aspettative ed i bisogni degli utenti;
– erogazione del servizio previsto, sia in termini di volume che in termini di
qualità;
– garanzia di una qualità ottimale dell’insieme delle prestazioni.
La contrattualizzazione dei rapporti tra lo STIF e le imprese di trasporto private rientra nella norma; allo stato attuale rientrano in una convenzione denominata “carte orange”. Al contrario, la contrattualizzazione tra lo STIF e gli organismi
pubblici di gestione del servizio è invece alquanto innovativa. Prima dell’accordo del 2000 non esisteva per la RATP la descrizione puntuale e precisa del perimetro delle prestazioni da erogare, inoltre senza prescrizioni di sorta in termini
di raggiungimento di un qualsivoglia equilibrio economico-finanziario.
Era paradossalmente piuttosto il sistema dell’indennità compensativa che operava a posteriori (secondo una logica di cost plus regulation) un riequilibrio, per
cui la tariffa per il servizio veniva fissata dal Consiglio d’amministrazione del
Syndicat in modo da portare al pareggio.
Questo meccanismo non presentava caratteristiche incentivanti in quanto se
l’impresa, durante l’anno, riusciva grazie ai suoi sforzi a sviluppare una politica
dinamica di aumento delle entrate e di diminuzione dei costi, l’indennità compensativa che le spettava veniva ridotta di conseguenza, vanificando gli sforzi.
Si è quindi deciso di sostituire a questo sistema un contratto triennale per il
periodo 2000-2003.
Tale contratto si struttura in due parti essenziali, una relativa alla descrizione
dei servizi forniti dalla RATP, l’altra concernente la remunerazione per il servizio erogato.
I termini di erogazione del servizio richiesti dall’autorità organizzatrice dello
stesso comprendono la definizione dei parametri quantitativi e qualitativi che lo
caratterizzano; è importante che il servizio possa essere adeguatamente e tem-
LA GOVERNANCE INTERNA
pestivamente adattato ai possibili mutamenti del contesto di riferimento, al fine
di tenere in giusta considerazione le variazioni dei bisogni dell’utenza di riferimento. Al fine di evitare appesantimenti dell’iter di adeguamento sono state
ridotte le eventualità di ricontrattazione delle obbligazioni tra soggetto erogatore e soggetto regolatore.
Si sono quindi individuate tre tipologie principali di modifiche:
a) modifiche aventi ripercussioni sul piano finanziario (formano oggetti di una
clausola addizionale del contratto);
b) le modifiche di importanza minore ma che vertono su problemi di coordinamento tra gli operatori dipendono da procedure attuali (verificare);
c) le modifiche minori formano oggetto di una semplice informazione allo STIF
cosa che, comunque, non esime il gestore dall’effettuazione di tutte le consultazioni necessarie a livello locale indispensabili per modificare il servizio.
Il contratto comprende una serie di disposizioni attinenti un’offerta completa
del servizio di trasporto come l’informazione ai viaggiatori, il corretto funzionamento dei dispositivi concernenti l’accesso al servizio di persone a mobilità
ridotta, sicurezza e trattamento dei reclami dei viaggiatori. La remunerazione del
servizio è costituita da tre componenti:
1. ricavi totali da traffico, comprendenti gli introiti tariffari per il servizio pagati dall’utenza e le compensazioni tariffarie erogate dallo STIF;
2. una remunerazione sulle vendite corrispondente al 6% del fatturato delle
stesse;
3. una compensazione forfettaria che permette di tenere conto dei vincoli specifici legati alla natura pubblica del gestore (che deve massimizzare non solo
il profitto ma anche il benessere della collettività di riferimento), sia che si
tratti di vincoli al finanziamento degli investimenti sia che si tratti di vincoli sociali.
Il contratto prevede inoltre un doppio meccanismo di incentivazione:
• una riduzione della remunerazione in caso di mancata realizzazione dell’erogazione dell’offerta secondo i parametri quantitativi previsti;
• un sistema di bonus malus legato al raggiungimento della qualità del servizio.
Il principio di fondo è alquanto semplice ed è quello secondo cui le prestazioni oggetto del contratto debbono rispondere alle aspettative della clientela ad
un costo ragionevole9.
9
È un concetto che risponde alla logica del servizio universale di matrice comunitaria; si tratta di
quel servizio la cui accessibilità deve essere garantita a tutti e la cui erogazione deve avvenire ad
un costo ragionevole.
153
LA GOVERNANCE INTERNA
154
Ad esempio, per quanto riguarda il termine di regolarità del servizio di metropolitana, nel 96% almeno dei casi gli utenti debbono attendere al massimo tre
minuti nell’ora di punta; l’operatività delle scale mobili e degli ascensori deve
essere assicurata almeno nove volte su dieci. Se il servizio presenta prestazioni
ancora migliori, la remunerazione corrisposta viene aumentata di un bonus; in
caso contrario si applica un malus.
La durata del contratto rappresenta allo stato attuale uno dei maggiori elementi del contendere tra le amministrazioni francesi e la politica comunitaria. Infatti,
l’introduzione di un regolamento che limiti al massimo cinque (o otto) anni i contratti di servizio pubblico si scontra con la tradizione francese di definire contratti di gestione, spesso gestione delegata, nei quali il rischio commerciale e
industriale è condiviso dall’Amministrazione e dall’operatore, in genere a beneficio di quest’ultimo. È sufficiente pensare ai recenti contratti relativi alla gestione di linee tramviarie, a Strasburgo, Nantes, Orléans, Lione e Montpellier, per i
quali la durata prevista varia tra i venti ed i trent’anni. È evidente che, se da un
lato l’Amministrazione pubblica si affida alla gestione (anche finanziaria) degli
investimenti da parte degli operatori, d’altro canto questo rappresenta una fortissima barriera alla realizzazione di un mercato contendibile in Francia.
L’extraterritorialità della RATP
Ai sensi dell’art. 2 dell’ordinanza 59-151, così come modificata dalla legge 14
dicembre 2000 n. 1208, al di fuori della regione dell’Île-de-France e all’estero la
RATP può gestire il servizio, effettuare investimenti e sfruttare le risorse mediante la costituzione di filiali, che debbono avere la forma giuridica della
società di capitali10. Tali filiali non possono beneficiare di sovvenzioni statali.
Lo sviluppo internazionale della RATP passa eminentemente attraverso il
ricorso a forme di partenariato strategico con altri operatori del settore.
A livello internazionale è sempre più diffusa la tendenza verso la privatizzazione delle società operanti nel settore del trasporto pubblico locale. La RATP si
è organizzata in modo da approfittare delle prospettive di crescita offerte da questo trend essenzialmente attraverso la costituzione di due filiali:
A. RATP I (RATP International), società totalmente partecipata da RATP, che ha
l’obiettivo di sfruttare al massimo le potenzialità del settore anche partecipando alle gare per l’assegnazione del servizio all’estero;
B. RATP II (RATP Investissement International), filiale partecipata da RATP
10
Art. 2 ordonnance 59-151: “En dehors de la région d’Île-de-France et à l’étranger, la Régie autonome des transports parisiens peut également, par l’intermédiaire de filiales, construire, aménager et exploiter des réseaux et des lignes de transport public de voyageurs, dans le respect
réciproque des règles de concurrence. Ces filiales ont le statut de société anonyme”.
LA GOVERNANCE INTERNA
International, Bouygues e EDF, con l’obiettivo di moltiplicare il potenziale
d’investimento riducendo al contempo i rischi, ampliando il campo di competenza e conseguentemente l’attitudine ad aggiudicarsi le concessioni per
l’espletamento del servizio.
I risultati conseguiti
La creazione di una régie per la gestione del sistema di trasporto pubblico locale nella regione dell’Île-de-France ha permesso di raggiungere diversi significativi risultati:
– un buon livello della qualità dei servizi offerti all’utenza, anche grazie all’analisi delle performances legate alla contrattualizzazione del servizio con lo
STIF. La creazione di indicatori di efficienza adeguati, che tengano conto
delle diverse componenti – economiche, ambientali e redistributive – permette di migliorare dinamicamente la gestione;
– un livello delle tariffe ragionevole sul piano redistributivo, anche grazie ai
consistenti finanziamenti corrisposti alla régie (lo Stato e le collettività locali
si assumono parte degli oneri connessi alla presenza del vincolo di servizio
pubblico rinforzando i flussi finanziari); si parla a tal proposito di indennità
compensativa – indemnité compensatrice – versata per il 70% dallo Stato e
per il 30% dalle collettività locali;
– un buon livello di investimenti per il miglioramento della qualità del servizio
ed un miglioramento della capacità di autofinanziamento. La struttura organizzativa del sistema di trasporto e del complesso dei flussi finanziari (contributi ed indennità comprese) rendono la RATP un soggetto sicuro e quindi
valutato positivamente dagli operatori creditizi;
– l’attuazione di programmi di riqualificazione urbana del territorio che cercano, attraverso un modello flessibile basato sulla concertazione fra pubblico e
privato, di dotare il territorio di nuove infrastrutture, servizi, opere di pubblica utilità ed insediamenti produttivi in grado di stimolare processi di sviluppo economico. Tutto ciò, tenendo conto delle esigenze di tutela ambientale,
della salvaguardia del patrimonio storico-culturale e dei risvolti occupazionali che possono accompagnarsi alla realizzazione dei progetti, per un impiego del suolo urbano mirato a creare benefici collettivi;
– il perseguimento di una politica di miglioramento degli standard ambientali
del servizio, con un numero crescente di linee che hanno ottenuto la certificazione ISO. La RATP si sta quindi distinguendo per una crescente attenzione allo sviluppo sostenibile del proprio business, impegnandosi a definire un
modello comportamentale che offra una sempre maggiore credibilità ed affidabilità al comparto.
155
LA GOVERNANCE INTERNA
I punti di forza in termini di governance
156
L’esperienza di organizzazione e regolazione dell’intero sistema di trasporto
pubblico locale a Parigi e nell’Île-de-France mediante una modalità di gestione
diretta quale la régie dotata di autonomia finanziaria e di personalità morale è
complessivamente valutabile in termini decisamente positivi.
Alcune riflessioni incentrate sul tema della governance permettono di verificare come il caso in questione possa essere utilizzato alla stregua di esempio in
termini di strumento di corretta applicazione dei diversi principi elencati nel
Libro Bianco.
In primo luogo, emerge chiaramente la rispondenza dell’esperienza in questione al principio di sussidiarietà.
Come osservato in precedenza, l’organizzazione ed il funzionamento del servizio di trasporto pubblico locale si basano e si sviluppano sul sistema di relazioni che intercorrono tra RATP e STIF. Anche grazie alla tradizione amministrativa francese, ciascuno dei soggetti coinvolti ha un proprio ruolo, la RATP
come gestore, lo STIF come organo di coordinamento, programmazione e controllo, e le relative competenze. Nello STIF trovano adeguata rappresentanza gli
interessi dello Stato, delle regioni e dei dipartimenti, ovvero i soggetti pubblici
coinvolti. Di conseguenza, il livello decisionale tende ad essere sempre ottimale, per cui la scelta del livello al quale intervenire e degli strumenti da utilizzare è proporzionata agli obiettivi perseguiti.
La corretta definizione dei ruoli e delle relative competenze consente inoltre
una migliore definizione dei processi decisionali a cui corrispondono altrettante responsabilità degli attori coinvolti, in omaggio all’omonimo principio previsto nel Libro Bianco.
Nella medesima prospettiva, il crescente coinvolgimento dei differenti livelli
di governo e dei soggetti istituzionali rappresentati nello STIF abbinato alla
recente contrattualizzazione dei rapporti tra le parti coinvolte consente ed
incentiva una gestione efficiente (ed efficace, altro principio del Libro Bianco)
del servizio e delle relative problematiche (incluse le attività di pianificazione,
programmazione e controllo). Tale contrattualizzazione sancisce, di fatto, la realizzazione della separazione tra attività di pianificazione, programmazione e
controllo (STIF) ed attività di gestione concreta del servizio (RATP); da essa
discendono il controllo delle performances, la previsione di una serie di obbligazioni a carico del soggetto gestore ed il potenziamento del ruolo del soggetto
controllante.
Questi aspetti evidenziano la coerenza dell’inclusione del caso in esame all’interno del capitolo dedicato alla governance interna, intesa come diffusione
all’interno delle amministrazioni pubbliche di metodi di programmazione, pia-
LA GOVERNANCE INTERNA
nificazione e controllo degli obiettivi e dei risultati, ai fini del miglior rapporto
tra organi politici titolari dei poteri di indirizzo e dirigenza titolare dei poteri di
amministrazione, per far diventare realtà operativa la famosa distinzione tra
politica e amministrazione di cui tanto si parla ma che a volte nella pratica stenta a funzionare.
La ripartizione delle competenze tra STIF e RATP e la contrattualizzazione
degli obblighi è essenzialmente lo strumento chiave per aiutare a far penetrare
effettivamente nel modo di operare di tutti i giorni delle amministrazioni la logica del servizio al posto della logica dell’adempimento, la logica degli obiettivi e
dei risultati al posto della logica del mero operare nel rispetto formale delle procedure, magari dimentichi degli obiettivi e del servizio che sono la vera ragion
d’essere dell’amministrazione.
Ancora, una gestione diretta e non delegata del servizio favorisce una maggiore attenzione (e conoscenza) ai bisogni della collettività di riferimento nonché
una migliore “individuazione” da parte degli utenti del responsabile del servizio,
aumentando il grado di confidenza. In pratica, RATP si configura come un interlocutore privilegiato con la collettività; è un attore locale, insieme all’ente locale.
In questa prospettiva, si segnala come la RATP abbia creato delle agenzie di
sviluppo territoriale allo scopo di essere più prossima agli operatori economici
e sociali locali migliorando al contempo il dialogo con gli stessi. Questo permette inoltre di migliorare il grado di partecipazione della collettività di riferimento alle scelte decisionali della régie che diviene, in pratica, l’interlocutore
privilegiato degli utenti del servizio nonché di altri soggetti operanti sul territorio di riferimento (ad esempio, il progetto Mobilien è gestito con lo Stato, la direzione regionale per il trasporto dell’Île-de-France, la regione e lo STIF. Spesso
vengono coinvolti anche i comitati degli utenti).
Parallelamente, questo sviluppo reticolare e la partecipazione della collettività
risponde al principio dell’apertura, in virtù del quale gli attori del processo produttivo si adoperano attivamente per rendere sempre più chiaro e trasparente il
processo decisionale e la razionalità economica e giuridica a questo sottesa.
L’importanza di tale principio è cruciale al fine di accrescere la fiducia dei cittadini in istituzioni complesse. Occorre inoltre evidenziare che tale variabile
“fidelity” riveste un ruolo cruciale all’interno della catena del valore delle diverse utilities.
Per quanto riguarda i dettagli dell’organizzazione del servizio, con la régie
dotata di autonomia finanziaria e personalità morale è possibile una gestione
dello stesso da parte degli enti locali in una forma più flessibile rispetto alla
régie semplice senza perdere le caratteristiche di una forma di organizzazione
con una presenza determinante della pubblica amministrazione (a cui consegue
la predetta migliore possibilità di difendere gli interessi degli enti locali ed un
157
LA GOVERNANCE INTERNA
158
elevato coinvolgimento dei differenti livelli di governo – soprattutto di quelli
rappresentati nello STIF).
Infine, si segnalano i vantaggi legati alla possibilità di affiancare attività gestite in maniera diretta sul territorio locale con attività rientranti nel core business
da esercitare al di fuori del territorio di riferimento, nonché una forte presenza
sul territorio (assicurata anche dalla compagine azionaria) anche attraverso
forme di partenariato (public private partnership) con altri soggetti istituzionali
e/o soggetti operatori.
Gli elementi di criticità
Accanto agli indubbi vantaggi in termini di governance e di obiettivi raggiunti, la presente forma organizzativa presenta inevitabilmente delle criticità.
In primo luogo, il meccanismo di compensazione forfettaria (di fatto rispondente ad una logica cost plus) che permette di tenere conto dei vincoli specifici
delle imprese pubbliche incluso nella remunerazione del servizio finisce col
disincentivare la RATP relativamente all’ottimizzazione della qualità dei servizi
offerti, alle politiche di miglioramento dell’efficienza e di riduzione dei costi ed
alla lotta alle frodi. Analogo discorso per l’indennità compensatrice. D’altro
canto, al fine di beneficiare ugualmente di miglioramenti in termini di efficienza allocativa ed in considerazione della natura del servizio, il fenomeno di miopia manageriale potrebbe indurre i soggetti preposti alla gestione del servizio a
ricorrere a forme di drastica riduzione del personale al fine di ridurre significativamente il costo del lavoro (si segnalano le recenti gréves – scioperi).
In secondo luogo, nonostante le previsioni legislative, in alcuni casi si rileva
una certa confusione di ruoli tra i diversi livelli di governo che partecipano
all’organizzazione del servizio sul territorio di riferimento relativamente a determinate competenze. Questa commistione rischia di limitare i benefici connessi
all’adozione dei principi di sussidiarietà, aumentando al contempo i costi di
regolazione del sistema.
Ancora, la condizione di limitata concorrenza del mercato di riferimento della
RATP non favorisce il processo di innovazione della gamma di servizi. In questo contesto, divengono cruciali i meccanismi di regolazione e controllo propri
dello STIF, nonché le politiche di programmazione degli investimenti necessari
(da inserire nel contratto tra le parti soggetto a revisione quadriennale).
Infine, il meccanismo dei flussi finanziari tra soggetti coinvolti è alquanto
complesso per cui si possono rilevare delle sacche di inefficienza legate alla difficoltà di controllarli e gestirli.
LA GOVERNANCE INTERNA
I punti di potenziale interesse per il contesto italiano
Il caso della RATP potrebbe essere decisamente interessante per l’Italia in
quanto si tratta di un modello che consente di ottemperare a quanto previsto
dalle direttive comunitarie in materia senza rinunciare ad una modalità di
gestione che contempla una forte presenza degli enti locali.
In particolare, i ruoli del syndicat e del comité sono assolutamente interessanti in termini di eventuale importabilità degli stessi nel contesto italiano, dove soggetti preposti alla pianificazione ed al controllo rivestono un ruolo cruciale.
Le competenze del syndicat coincidono infatti in buona parte con quelle di
norma proprie delle agenzie locali per la mobilità urbana, previste dalla normativa italiana nazionale e regionale. Evitando di attribuire a queste ultime funzioni attinenti l’erogazione del servizio sarebbe di fatto possibile creare dei soggetti pubblici, nella cui compagine proprietaria potrebbero apparire i diversi
livelli di governo territoriale (enti locali, province, regioni), con il ruolo istituzionale di pianificare le strategie di sviluppo del sistema della mobilità, programmare lo sviluppo delle infrastrutture, del materiale rotabile e delle tecnologie di controllo, programmare la quantità e la qualità del servizio nonché le
risorse per la gestione e gli investimenti del sistema di trasporto collettivo; controllare i risultati di investimento e di gestione conseguiti e proporre miglioramenti alla mobilità urbana.
L’agenzia locale per i trasporti (e quindi l’amministrazione locale), ma in genere la proprietà delle infrastrutture (quali i sistemi tramviari o di metropolitana)
e del materiale rotabile, determina i livelli tariffari e definisce le linee guida per
la produzione dei servizi. Gli operatori risultano invece spesso proprietari del
parco mezzi, ed hanno in genere l’obbligo, contrattualmente definito, di rilevare il personale del predecessore (escluso il management). Inoltre, per ragioni
fiscali è spesso richiesto all’operatore di gestire un fondo di investimento per
conto dell’ente appaltante.
159
CONCLUSIONI
161
CONCLUSIONI
163
La definizione di un quadro analitico di assetti, relazioni, esperienze e risultati che si è cercato di costruire nel percorso di ricerca compiuto permette di formulare alcune riflessioni di sintesi, orientate ad interpretare gli elementi di
generalità e di trasferibilità ad altri contesti dei casi selezionati.
L’aspetto più evidente di criticità potenziale che l’analisi del sistema francese
poteva suggerire riguarda la compatibilità tra una tradizionale polarizzazione
dell’assetto istituzionale a favore di uno Stato forte e accentratore e i principi fissati nel Trattato dell’Unione europea, dove il trasferimento di poteri e responsabilità alle istituzioni locali, espresso nel principio di sussidiarietà, è valorizzato
come principio ispiratore delle relazioni istituzionali.
Il principio di sussidiarietà orienta il modello di ripartizione delle competenze tra Stato e collettività locali, influenza i rapporti tra istituzioni, ma anche i
rapporti tra queste e la società, e infine richiede ampi poteri e strumenti di controllo dell’efficacia del decentramento. Il fine principale è quello di limitare il
potere dello Stato centrale, favorendo una ripartizione delle competenze molto
vicina a quella di uno Stato federale.
Soltanto con il Trattato di Maastricht la Francia, Stato unitario con una lunga
tradizione di accentramento politico amministrativo, ha iniziato a confrontarsi
con questo principio, considerato da alcuni incompatibile con il sistema costituzionale e con i principi di indivisibilità della Repubblica.
La sussidiarietà esige attori responsabili e consapevoli nell’attivare un meccanismo di partecipazione teso a tutelare le diversità locali nell’insieme dell’organizzazione statale. In Francia la sussidiarietà è un tema spesso richiamato rispetto ai rapporti tra Stato ed Unione europea, ma meno considerato con riferimento ai rapporti interni.
Rispetto al principio di sussidiarietà risulta dunque generalmente debole la
rispondenza del caso francese agli obiettivi comunitari, volti principalmente al
rafforzamento delle prerogative locali, per ottenere una maggiore vicinanza delle
istituzioni alla cittadinanza. In tal senso, si può dunque affermare che il sistema
di governance francese non mostra peculiarità significative che meritino di esse-
CONCLUSIONI
164
re applicate al caso italiano, che ha raggiunto un assetto più evoluto in termini
di sussidiarietà e decentramento del potere.
Abbiamo ritenuto di riservare una certa attenzione ad alcuni strumenti, quali
i contrat de plan, che rappresentano per alcuni una forma particolare di traduzione del principio di sussidiarietà, mentre per altri esprimono la competenza
di pianificazione riconosciuta in capo alle regioni, interlocutori privilegiati dell’amministrazione centrale e degli attori locali in fase di pianificazione dello sviluppo economico, sociale e culturale del territorio. È importante sottolineare che
i contrat de plan sono formalmente uno strumento di attuazione del Piano della
Nazione, anche se l’esperienza concreta dimostra come alcuni contratti siano
stati definiti in sostanziale autonomia rispetto a questo. L’autonomia è peraltro
bilanciata dalle possibili revisioni cui è sottoposto il contratto durante la sua
esecuzione, a seguito di controlli disposti per valutare la corrispondenza tra il
progetto e la sua realizzazione. In fase di elaborazione, i Consigli regionali
hanno un certo grado di discrezionalità e libertà di scelta nell’individuazione
degli interlocutori sociali, mentre un pari livello di autonomia non è loro riconosciuto in fase attuativa, per i forti vincoli finanziari posti dall’amministrazione statale.
Lo strumento della contrattualizzazione presenta comunque caratteristiche
positive per quanto riguarda la natura giuridica dei rapporti tra il livello centrale e quello locale. La natura dei contrat de plan è infatti quella di veri e propri
contratti di diritto comune, dove la regione guida il livello centrale nella fase
delle trattative con il livello locale, interpretando le necessità delle comunità
presenti sul territorio.
L’adozione dello strumento contrattuale anche per altri livelli di organizzazione istituzionale (pays, ville, agglomération) non può essere interpretata però
come attribuzione di un autentico potere di autogoverno. Lo stesso concetto di
affaire local, inteso come competenza riconosciuta alla comunità locale e non
definita a livello legislativo, rimane comunque vincolato.
Per ovviare, in parte, a questo limite, le collettività territoriali hanno valorizzato, in parallelo, altri strumenti di cooperazione (établissement public de
coopération intercommunale, nelle forme di communauté e syndicats), previsti
dalla riforma costituzionale del 1982.
I syndicats gestiscono direttamente servizi pubblici locali (nella forma della
régie tradizionale) o stipulano contratti di gestione delegata con operatori privati, anche per singole fasi di filiera. La relazione contrattuale può riguardare
anche la régie nella forma autonoma. La controparte, in questo caso, è un soggetto giuridico pubblico.
Rispetto al principio della partecipazione, il coinvolgimento di utenti e associazioni, la definizione e il controllo del rispetto delle clausole dei contratti di
CONCLUSIONI
gestione (relativamente a indicatori di qualità, aspetti di natura economicofinanziaria, sanzioni), sono i cardini dell’azione dei syndicat.
Nell’attività della pubblica amministrazione in Francia è sicuramente rispettato il principio della responsabilità, poiché l’esecuzione del contrat de plan
avviene in attuazione delle priorità d’intervento in esso definite. Per ogni priorità d’intervento è stabilita anche la misura finanziaria di riferimento, ripartita
tra livello centrale e locale (regione e dipartimento).
Quanto alla coerenza, lo stesso contrat de plan analizzato nel quadro dei casi
di governance interistituzionale evidenzia il collegamento diretto della programmazione regionale con i principi comunitari. L’opzione contrattuale, ai
diversi livelli territoriali, prevede la definizione degli strumenti operativi, delle
azioni e delle modalità di finanziamento. I principali progetti d’area verranno
dunque inclusi e sviluppati all’interno del contratto, in accordo ai principi di
responsabilità e coerenza della governance interistituzionale e ai principi guida
di proporzionalità e di sussidiarietà.
Dall’analisi dei casi è emerso l’importante ruolo della cooperazione intercomunale per la definizione di efficienti strumenti di attuazione di progetti d’interesse generale e di gestione di servizi pubblici locali (come la raccolta dei rifiuti nel caso analizzato dell’Agglomération de Rouen), in una dimensione territoriale efficiente.
La costituzione delle Communautés d’Agglomération – nella forma di
Etablissements Publics de Coopération Intercommunale (EPCI), cioè enti autonomi di diritto pubblico – consente di creare nuove infrastrutture, troppo grandi e costose per un solo comune, ed evita di creare delle duplicazioni di opere,
integrando le risorse finanziarie e le competenze tecniche di ciascun comune.
L’Agglomération va a rafforzare l’azione degli enti locali, permettendo, al contempo, di mantenere la loro competenza sui servizi della comunità locale. Nel
caso analizzato è emerso sopra tutti il principio di coerenza, poiché al rafforzarsi
della forma di cooperazione sono aumentati sia il livello di integrazione tra gli
enti che le competenze dell’Agglomération medesima, fino al progetto in atto del
Contrat d’Agglomération. Sono aumentate, dunque, le competenze trasferite
all’Agglomération e, conseguentemente, sono stati attivati più incisivi strumenti di governance sul territorio, che hanno consentito di sviluppare congiuntamente progetti di elevato impatto sulla collettività (riassetto del sistema dei trasporti, gestione del sistema fognario e depurativo, progetti integrati di protezione ambientale), con l’obiettivo di una maggiore coerenza del sistema su una
scala dimensionale più elevata ed efficiente.
Tale obiettivo è stato inoltre perseguito nel pieno rispetto del principio di
apertura sancito dal Libro Bianco sulla Governance, grazie al governo e al coordinamento dei flussi informativi e ad un’efficace azione comunicativa da parte
165
CONCLUSIONI
166
dell’Agglomération, anche di carattere preventivo, al fine di rendere minime le
possibili disfunzioni derivanti dal cambiamento delle modalità di erogazione
del servizio.
Un elemento di criticità relativo allo sviluppo della governance interistituzionale nel caso di Rouen, che può essere esteso a tutto il sistema francese dell’intercomunalità, attiene alla necessità di agevolare maggiormente l’esercizio delle
competenze da parte degli EPCI. In un recente rapporto del Ministero dell’Interno francese si fa riferimento all’esigenza di trasferire, contestualmente alle
competenze sui servizi, anche i relativi poteri di controllo, con l’obiettivo di rendere più chiara ed efficace l’assegnazione delle responsabilità.
L’analisi dell’esperienza delle Agences de l’Eau, in chiave di governance esterna, consente di evidenziare alcuni elementi caratterizzanti.
In primo luogo, la presenza dei rappresentanti degli utenti e dei diversi livelli di governo nel Consiglio d’amministrazione delle Agences risponde ampiamente ai principi di apertura e partecipazione. Questa composizione del Consiglio configura le Agences come uno spazio di negoziazione originale, di concertazione e/o mediazione collettiva, con benefici effetti in tema di riduzione dei
costi di transazione connessi alla negoziazione. Le Agences costituiscono pertanto un dispositivo di gestione collettiva delle risorse attraverso una procedura di concertazione e di partenariato. Inoltre, interpretano un approccio economico innovativo in tema di finanziamento delle politiche di investimento, finalizzato al miglioramento del servizio e della qualità dell’ambiente, dando in tal
modo concreta applicazione al principio di efficacia richiamato dal Libro
Bianco.
Infine, operando su territori di riferimento definiti in corrispondenza di differenti bacini idrografici, consentono di dare piena applicazione al principio di
sussidiarietà, in quanto corrispondenti al livello di governo più adatto per la
gestione amministrativa, economica e finanziaria della risorsa e del servizio.
Per quanto attiene alle forme di gestione delegata esaminate – i servizi idrici
di Lione e Rennes – il principio più significativo richiamato è quello di efficacia della politica di esternalizzazione. Il sistema di governance esterna nei servizi gestiti dagli enti locali in Francia è da anni fortemente strutturato. A partire dalla Loi Sapin del 1993 sulla prevenzione della corruzione e sulla trasparenza dell’attività economica e delle procedure pubbliche, si è assistito ad un
processo di rafforzamento della capacità di programmazione e controllo delle
gestioni in capo agli enti locali che vengono esternalizzate, reso ancora più efficace in ragione del contestuale sviluppo dell’intercomunalità. Nello specifico, lo
strumento cardine di tale sistema di governance è il contrat de délégation, cioè
il contratto di gestione tra enti locali e soggetti privati.
Il percorso di definizione del contrat de délégation richiede che il sistema
CONCLUSIONI
decisionale degli amministratori pubblici sia coerente e che, quindi, vi sia una
forte assunzione di responsabilità nella scelta delle modalità di gestione, oltre
che una stretta aderenza al principio di proporzionalità, in questo caso intesa
come coerenza tra gli strumenti da attivare e gli obiettivi perseguiti (ad esempio,
modifica delle clausole contrattuali in caso di rinnovo/revisione del contratto,
con l’obiettivo di riduzione della tariffe idriche, come ricordato nei casi di Lione
e Rennes).
Un altro principio del Libro Bianco che può essere richiamato nel caso di
gestione delegata è il principio di partecipazione nell’elaborazione e attuazione
delle politiche di esternalizzazione. Nei casi in esame assumono un ruolo fondamentale le associazioni dei consumatori, a vario titolo coinvolte nel processo
di delega a soggetti privati della gestione di servizi pubblici. In particolare, la
normativa francese ha previsto l’istituzione della Commission Consultative de
Services Publics (CCSP), obbligatoria per gli enti con una popolazione superiore ai 3.000 abitanti. Tale struttura rafforza la democrazia di prossimità, poiché la
rendicontazione di bilancio, i programmi di investimento e le tariffe devono
essere discussi con i rappresentanti delle associazioni dei consumatori.
L’analisi dell’esperienza di governance interna della RATP evidenzia la rispondenza del caso in questione al principio di sussidiarietà. Il crescente coinvolgimento degli enti locali e degli altri livelli di governo e soggetti istituzionali consente una gestione efficiente ed efficace del servizio e delle sue problematiche
gestionali (incluse le attività di pianificazione, programmazione e controllo),
con conseguente determinazione degli strumenti di governo, proporzionati agli
obiettivi da perseguire.
In questa prospettiva, si segnala come la RATP abbia creato delle agenzie di
sviluppo territoriale, allo scopo di essere vicina agli operatori economici e sociali locali. Questo permette di migliorare il grado di partecipazione della collettività di riferimento alle scelte decisionali della régie che diviene, in pratica, l’interlocutore privilegiato degli utenti nonché degli altri soggetti operanti sul territorio di riferimento (ad esempio, il Progetto Mobilien è gestito con lo Stato, la
Direzione Regionale per il Trasporto dell’Île-de-France, la regione e lo STIF.
Spesso vengono coinvolti anche i comitati degli utenti).
Infine, la contrattualizzazione dei rapporti tra RATP e STIF, con la previsione
di strumenti di controllo delle performance, di una serie di obbligazioni a carico del soggetto gestore e con il potenziamento del ruolo del soggetto controllante, costituisce un passo importante verso il miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia del servizio.
Gli elementi più evidenti di confronto e di eventuale trasferibilità alla realtà
italiana, infine, nei casi analizzati di governance intercomunale e gestione delegata dei servizi pubblici, possono essere individuati nella capacità e nelle com-
167
CONCLUSIONI
168
petenze sviluppate dagli enti locali francesi nelle attività di programmazione e
regolazione della gestione del ciclo integrato delle acque e degli altri servizi
pubblici ambientali, nella maggior parte dei casi integrati a livello sovracomunale, mediante l’affidamento di fasi differenti del servizio a più soggetti gestori.
Le municipalità regolano e controllano la gestione del servizio delegato e coordinano la programmazione degli investimenti, utilizzando la struttura degli
EPCI, enti autonomi di diritto pubblico ai quali è delegata, in modo obbligatorio
nel caso delle Comunità Urbane, facoltativo negli altri casi, la responsabilità
delle funzioni inerenti il servizio idrico integrato e di gestione dei rifiuti.
Nel caso del servizio idrico integrato, in Italia la legge 36/94 ha posto l’obbligo di individuare un unico soggetto gestore, mentre nel caso dei rifiuti è possibile affidare le molteplici attività riconducibili al ciclo integrato a più soggetti.
Inoltre, la normativa nazionale non prevede la possibilità che l’organo sovracomunale responsabile della funzione, l’Ambito Territoriale Ottimale, assuma
direttamente competenze gestionali, ma solo di programmazione, attraverso
l’Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale. In Francia la gestione diretta in economia è ancora consentita nella forma di régie autonome, anche collective.
La riforma in atto nel settore dei servizi pubblici in Italia, coerentemente con
un quadro comunitario in via di omogeneizzazione, sembra orientarsi verso un
maggior peso di forme di affidamento in house (in questo senso sono significative le norme introdotte dall’art. 14 della Finanziaria 2004). Queste potrebbero
essere utilizzate per alcune fasi del ciclo dei servizi idrici o dei rifiuti, contestualmente all’esternalizzazione di altre fasi, solamente nel caso in cui fosse
consentita l’unitarietà delle funzioni di programmazione e della responsabilità
negli affidamenti.
In Francia, a fronte di una notevole frammentazione gestionale, superiore
anche a quella italiana, la decisione di mantenere una pluralità di soggetti gestori risponde all’obiettivo del mantenimento delle capacità di controllo all’amministrazione delegante, per evitare fenomeni di cattura del regolatore da parte dei
soggetti privati, specialmente nel caso di un affidamento unico dell’intero ciclo
integrato delle acque per l’intero territorio di riferimento.
Un potenziale elemento di trasferibilità riguarda la capacità degli enti locali
francesi, specialmente nelle forme più avanzate di intercomunalità, di controllo
del soggetto affidatario attraverso il contratto di gestione (pilotage, suivi, control
del contratto di délégation). I casi analizzati, Communauté Urbaine Grand Lyon
e città di Rennes, evidenziano un sistema di governance evoluto per i servizi a
carattere industriale e commerciale, con riguardo ai meccanismi decisionali
delle amministrazioni, alla loro struttura organizzativa, allo sviluppo di competenze di gestione contrattuale e alla costante attenzione agli utenti e alle associazioni di consumatori (obbligo di rendicontazione annuale all’ente delegante,
CONCLUSIONI
istituzione di apposite Commissioni Consultive per i Servizi Pubblici, studio di
specifiche clausole contrattuali per contenere gli incrementi tariffari).
Sarebbe inoltre auspicabile che anche in Italia fosse maggiormente incentivata, a livello regionale e nazionale, la cooperazione intercomunale, favorendo la
creazione di organi sovracomunali con competenze e responsabilità integrate in
più settori di attività, secondo un processo analogo a quello attuato in Francia a
partire dalla legge Chevenement.
Questo percorso, in accordo con i principi di efficacia e coerenza, dovrebbe
essere sviluppato a partire dalla effettiva volontà di cooperazione degli enti locali aderenti e non solamente su basi normative.
In termini di possibile trasferibilità al caso italiano di alcuni aspetti dei casi
analizzati, l’esperienza delle Agences de l’Eau appare particolarmente interessante per le analogie delle problematiche sottese al processo di riorganizzazione
del servizio e di tutela della risorsa. La struttura del settore in Italia ed in Francia
mostra analogie evidenti rispetto alla frammentazione delle gestioni e delle problematiche relative al finanziamento del servizio. L’adozione di un analogo meccanismo di finanziamento pubblico degli investimenti migliorativi della qualità
dell’ambiente potrebbe permettere anche all’Italia di facilitare il raggiungimento degli obiettivi fissati dagli ultimi provvedimenti legislativi in materia di tutela delle acque.
Si ritiene anche che una gestione della politica del servizio decentrata a livello di bacino idrografico consentirebbe di ottimizzare il processo decisionale e di
ripartire in maniera più coerente ed equa i costi del servizio. Si potrebbero pertanto potenziare le Autorità di Bacino per avvicinarle al modello delle Agences
de l’Eau.
Per quanto concerne invece il caso della RATP, l’interesse maggiore sembra
essere riconducibile alla possibilità di ottemperare a quanto previsto dalle direttive comunitarie in materia, senza rinunciare ad una modalità di gestione che
contempli una forte presenza degli enti locali. Inoltre, un altro punto di particolare interesse può essere individuato nella separazione tra attività di programmazione, pianificazione e controllo e attività di gestione del servizio.
Infine, il caso è significativo anche per approfondire il funzionamento delle
Agenzie a livello locale, previste anche in Italia dalla normativa nazionale e
locale, che hanno in genere la proprietà delle infrastrutture e del materiale rotabile, determinano i livelli tariffari e definiscono le linee guida per l’erogazione
dei servizi.
È possibile infine, a conclusione del lavoro di analisi effettuato, individuare
alcuni concetti fondamentali, ben esplicativi delle specificità dei modelli di
governance che si sono affermati in Francia.
Il riferimento per l’individuazione di questi concetti corrisponde sia alla
169
CONCLUSIONI
distribuzione dei poteri tra livelli istituzionali diversi, sia agli strumenti adottati per garantire alle comunità locali l’informazione, la partecipazione e il controllo sull’operato degli organi istituzionali e dei soggetti gestori dei servizi pubblici, se esternalizzati.
170
Comunità di cooperazione intercomunale
La condivisione delle prerogative di elaborazione progettuale e di responsabilità di gestione sui temi dello sviluppo economico locale, della gestione del territorio e dei servizi pubblici, delle attività sociali e culturali tra municipalità
diverse permette di accrescere le opportunità di coordinamento e di realizzazione di interventi ambiziosi. Anche il confronto con le istituzioni centrali può
essere condotto con maggiori possibilità di influenza, per il maggior “potere contrattuale” che deriva dall’aggregazione.
Solidarietà, condivisione di strutture e competenze, con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita degli abitanti delle aree coinvolte, sono i capisaldi
dell’esperienza delle comunità di cooperazione intercomunale. Le loro prerogative in termini di erogazione di servizi possono essere esercitate direttamente (nella forma della régie) o delegate a soggetti gestori terzi (attraverso i contrat
de délégation).
Esternalizzazione partecipata
Qualora la gestione di servizi pubblici sia delegata a soggetti esterni, le istituzioni locali devono garantire ai cittadini la possibilità di coinvolgimento nei processi decisionali più importanti, la disponibilità di strumenti di controllo, la presenza, anche con funzioni consultive, in organismi di gestione e di controllo.
Il principio di partecipazione è concretizzato nell’esperienza francese con la
previsione della presenza di rappresentanti degli utenti all’interno di organismi
di gestione collettiva delle risorse (agencés) e con l’istituzione di commissioni
consultive e forum di partecipazione, dove sono discussi la rendicontazione di
bilancio e i programmi di investimento delle gestioni, le tariffe di erogazione e
il livello della qualità dei servizi esternalizzati.
Esternalizzazione controllata
Lo strumento contrattuale è, nel caso francese, il fulcro della realizzazione del
principio di sussidiarietà, in tutti i settori, sia per la gestione di servizi, sia per
l’esercizio di prerogative di programmazione. Attraverso lo schema contrattuale
è possibile per le amministrazioni locali, singole o in forma di comunità, affidare all’esterno la gestione di servizi (contrat de delegation).
I contratti devono avere una durata compatibile con l’esigenza di mantenere
la possibilità di scelta tra gestione pubblica diretta e gestione privata da parte
CONCLUSIONI
dell’ente locale, prevedere obblighi di natura operativa ed economico-finanziaria e sanzioni efficaci per i gestori, fissare indicatori di qualità ed efficienza del
servizio.
Il monitoraggio dei contratti di gestione delegata da parte dell’ente affidante si
realizza attraverso l’obbligo di rendicontazione da parte del soggetto gestore e
con la redazione di rapporti periodici, a cura delle amministrazioni locali, che
contengano indicatori tecnici e economici e che valutino costi, tariffe e qualità,
presentati agli organi elettivi di livello territoriale.
Regolazione incentivante
L’affidamento all’esterno della gestione di servizi, nella forma della gestione
delegata, si accompagna alla previsione di strumenti a livello contrattuale (poteri in materia di gestione e allocazione di flussi finanziari, definizione di indicatori sulla quantità dei servizi offerti e sulla qualità delle prestazioni, previsione
di sistemi di sanzione in caso di mancato rispetto di clausole), in grado di limitare comportamenti opportunistici da parte degli operatori.
Il carattere totale o parziale dell’affidamento, variabile nelle gestioni delegate,
nonché la durata del contratto, influenza, a sua volta, il livello di responsabilità
imprenditoriale del gestore, in vista del conseguimento di condizioni di equilibrio economico finanziario.
171
BIBLIOGRAFIA
E NORMATIVA
DI RIFERIMENTO
173
BIBLIOGRAFIA E NORMATIVA DI RIFERIMENTO
175
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AA. VV., Autonomie con l’Europa, Franco Angeli, 1998
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www.intercommunalites.com
www.oieau.fr
www.ratp.fr
www.stp-paris.fr
www.ville-rennes.fr
Normativa
Legge 64-1245 del 16 dicembre 1964 costitutiva delle Agences de l’eau e relativo decreto applicativo n. 66-700 del 14 settembre 1966
Loi Sapin, ovvero legge 93-122 del 29 gennaio 1993 sulla prevenzione della corruzione e la trasparenza dell’economia e delle procedure pubbliche
Loi Royal, ovvero la legge di riordino del settore rifiuti del 13 luglio 1992
Legge di riordino del settore idrico del 3 gennaio 1992
Legge del 4 gennaio 1997 relativa allo Schéma directeur d’aménagement et de
gestion des eaux (SDAGE)
Legge Chevènement sulla cooperazione intercomunale del 12 luglio 1999 - Loi
de simplification et de modernisation administrative du territoire français
Loi d’orientation sur l’aménagement et le développement durable du territoire
(LOADDT)
Loi 82-1153 du 30 Décembre 1982 - Loi d’Orientation des Transports Intérieurs
Le collane del Formez
181
Quaderni
1.
Quarto rapporto nazionale sulla formazione nella P.A. – Lo scenario della formazione nel sistema delle autonomie locali
(maggio 2001)
esaurito
2.
La riforma del welfare e le nuove competenze delle amministrazioni regionali e locali
(giugno 2001)
esaurito
3.
Patti territoriali e agenzie di sviluppo
(giugno 2001)
esaurito
4.
Il ruolo delle agenzie locali nello sviluppo territoriale
(luglio 2001)
esaurito
5.
Comuni e imprese – 56 esperienze di Sportello Unico
(ottobre 2001)
6.
Progetto Officina – Sviluppo locale e eccellenza professionale
(febbraio 2002)
esaurito
7.
Quinto rapporto nazionale sulla formazione nella P.A.
Lo scenario della formazione nel sistema delle autonomie locali
(maggio 2002)
esaurito
8.
Lezioni sul nuovo ordinamento legislativo italiano
(ottobre 2002)
esaurito
9.
Le Province nell’attuazione del piano di e-government
(novembre 2002)
esaurito
10. Integrazione dell’offerta formativa – La normativa nazionale
(aprile 2003)
11. Sesto rapporto nazionale sulla formazione nella P.A.
Lo scenario della formazione nel sistema delle autonomie locali
(maggio 2003)
12. L’Amministrazione liberale – Appunti di lavoro
(giugno 2003)
13. La valorizzazione sostenibile della montagna
(giugno 2003)
14. Governare lo sviluppo locale – Le aree protette marine della Sardegna
(giugno 2003)
15. Le Agenzie di sviluppo al Centro Nord – Strategie di rete e comunità professionali
(giugno 2003)
16. Contabilità ambientale negli enti locali
(giugno 2003)
17. Le Agende 21 Locali
(giugno 2003)
18. Integrazione dell’offerta formativa – Normativa regionale
(luglio 2003)
19. Piani di azione e politiche di innovazione – Il caso dello Sportello Unico
(dicembre 2003)
182
20. Le autonomie locali nelle regioni a Statuto speciale e nelle Province Autonome
(marzo 2004)
21.
La Pubblica Amministrazione e il sistema delle imprese – Rapporto di ricerca
(marzo 2004)
22. La comunicazione pubblica – Linee operative
(giugno 2004)
23. La semplificazione amministrativa nelle Regioni
(giugno 2004)
24. Settimo rapporto nazionale sulla formazione nella P.A.
Lo scenario della formazione nel sistema delle autonomie locali
(luglio 2004)
25. La formazione nella P.A. che cambia – L’esperienza del Ministero dell’Ambiente
(luglio 2004)
26. L’attrattività dei territori nelle politiche di internazionalizzazione
(ottobre 2004)
27. La governance dell’internazionalizzazione produttiva – Il laboratorio
(ottobre 2004)
28. La governance dell’internazionalizzazione produttiva – L’osservatorio
(ottobre 2004)
29. La comunicazione interna nella P.A. regionale e locale
(novembre 2004)
Strumenti
1.
Il contenzioso nel lavoro pubblico
(maggio 2001)
esaurito
2.
Modello e strumenti di valutazione e monitoraggio dei corsi RIPAM
(luglio 2001)
esaurito
3.
Appunti di programmazione, bilancio e contabilità per gli enti locali
(gennaio 2002)
esaurito
4.
Project Cycle Management – Manuale per la formazione
(marzo 2002)
esaurito
5.
Il governo elettronico – Rassegna nazionale e internazionale
(marzo 2002)
esaurito
6.
Il governo delle aree protette
(aprile 2002)
7.
Il contenzioso nel lavoro pubblico – L’arbitrato
(aprile 2002)
8.
Common Assessment Framework - Uno strumento di autovalutazione per le Pubbliche
Amministrazioni
(giugno 2002)
9.
Il controllo di gestione negli enti locali
(luglio 2002)
10. Comunità di pratiche, apprendimento e professionali – Una metodologia per la progettazione
(dicembre 2002)
11. Modello e strumenti web-based di valutazione e monitoraggio dei corsi RIPAM
(marzo 2003)
12. L’impresa artigiana e lo Sportello Unico per le attività produttive
(marzo 2003)
13. Programmazione e realizzazione di progetti pubblici locali – Un sistema di monitoraggio degli
interventi
(giugno 2003)
14. Manuale per il responsabile dello Sportello Unico – Regione Lombardia
(giugno 2003)
15. Manuale per il responsabile dello Sportello Unico – Regione Emilia-Romagna
(settembre 2003)
16. Il sistema normativo della protezione civile
(novembre 2003)
17. Il ruolo delle Province in materia di viabilità
(febbraio 2004)
18. Investimenti pubblici e processo decisionale
(maggio 2004)
19. Manuale per il responsabile dello sportello unico – Regione Campania
(maggio 2004)
20. Manuale per il responsabile dello sportello unico – Regione del Veneto
(luglio 2004)
21. Il contratto di servizio – Elementi per la redazione e la gestione
(luglio 2004)
22. Guida alla progettazione dell’offerta formativa integrata
(luglio 2004)
23. Programmazione e gestione della formazione – Il sistema Informal
(novembre 2004)
Ricerche
1.
Dalla contrattazione decentrata alla contrattazione integrativa
(novembre 2001)
esaurito
2.
E-government – Nuovi paradigmi organizzativi e formativi nelle Regioni e negli Enti locali
(maggio 2002)
3.
Pubblica Amministrazione on-line – Esempi di servizi interattivi
(settembre 2002)
esaurito
4.
L’offerta formativa delle università per la Pubblica Amministrazione
(ottobre 2002)
5.
Il concorso pubblico elettronico
(marzo 2003)
6.
I piccoli comuni e la gestione associata di funzioni e servizi
(marzo 2003)
7.
Internazionalizzazione dei sistemi locali di sviluppo – Dalle analisi alle politiche
(aprile 2003)
183
Formez
Area Progetti Editoriali
via Salaria 226, 00199 Roma
tel. 06 85330713
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Formez
Centro di Formazione Studi
Presidenza e Direzione Generale
via Salaria 229, 00199 Roma
tel. 06 84891
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Stampa XPress srl – Roma
Finito di stampare nel mese di dicembre 2004
Pubblicazione non in vendita
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